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Rota Virgilio

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La Rota Vergilii (o Virgilii [1] o Doctrina de los Estilos [2] ) es una concepción literaria que floreció durante la Edad Media , según
la cual existen tres niveles estilísticos (simple, medio, alto) a los que debe adherirse el letrado. Esta doctrina toma su nombre
de Virgilio ya que los tres grados estilísticos corresponden a las tres obras ( Bucólica , Geórgica y Eneida ) del erudito latino.

Índice

Historia …

antigüedad clásica …

La doctrina de los estilos, que encontró su máxima aplicación en la Divina Comedia de Dante
Alighieri , fue una teoría literaria ampliamente difundida en la Edad Media, que tenía sus raíces
en los cánones estilísticos de la edad antigua. De hecho, ya había sido elaborado [2] , durante
el siglo I aC , en la Rhetorica ad Herennium [3] , seguida luego por el Orador de Cicerón [4] y
finalmente por el Ars Poetica de Horacio [5] . Posteriormente, el gramático tardoantiguo Elio
Donato , en los Commentarii de Eclogas (perteneciente a laCommentarii Vergiliani ) vinculó
las tres obras virgilianas mencionadas anteriormente a los tres estilos [6] :

( LA ) ( ES ) Publio Virgilio Marone

"Credibile erit Vergilium, aquí en omni "Sería creíble que Virgilio, que sobresalió
genus praevaleret, Bucolica ad primum en todos los géneros literarios, hubiera
modum, Georgica ad secundum, Aeneidem querido atribuir las Bucólicas al primer
ad tertium voluisse conferre". estilo, las Geórgicas al segundo y la Eneida
al tercero".

( Comentarios en Eclogas , 9 )

Donato atribuye las Bucólicas al género inferior ( humilis ), las Geórgicas al medio ( mediocria ) y la Eneida al superior ( alto ). A
partir del siglo IV , gracias al impulso dado también por el comentario de Servio Mario Onorato y a la fortuna concomitante de
Virgilio durante la Edad Media [7] , la Rota Vergilii se impuso en la cultura, convirtiendo a Virgililo en una auctoritas indiscutible
en la alta Edad Media. literatura, como lo atestigua Scholia Vindobonensia a Horatii Artem poeticam , comentarios carolingios
sobreArs poetica [2] en el que [8] está escrito :

( LA ) ( ES )

“Humile genus est, sí cuando res viles sibi convenienteibus «Un genere si definisce basso, allorché le cose basse si
vocibus designantur, ut cum qui diceret ardentem testam: riferiscono a sé stesse con termini convenienti, come quando
excepción vilem rem, id est testam, proprio nomine colui che dice "lampada a olio [lett. "vaso che brucia"]":
nominavit. Mediocre est, ut si dicas lucernam, quia lucerna ecco che ha definito un concetto basso col proprio nome,
non tantum minorum sicut testa est, sed etiam majorum. cioè "lampada". [Un genere] si definisce mediocre, come se
Grave est si dixeris aureos lynchnos, aquí pertinente tantum proferisci la parola "lanterna": poiché la lanterna non è un
ad potentes. termine tanto basso come "lampada", ma è anche più alto di
questo. [Un genere] è elevato se dici "aurei lumi", termine
che si rifà ai concetti eruditi.»

Presso la critica letteraria italiana moderna, la Rota Vergilii è stata oggetto di studio da parte del filologo italiano Cesare Segre, il
quale ha dato questa definizione della tripartizione stilistica in voga presso i medievali, definizione estremamente utile per
comprendere il terreno su cui operò stilisticamente Dante nella sua produzione poetica:

«Non ci si fermava qui: nella famosa Rota Virgilii si può osservare l’esemplificazione di una corrispondenza fra i tre stili, i tipi
di personaggi, i nomi propri, gli animali, gli strumenti, la residenza e le piante che a loro si possono più opportunamente
attribuire. La rota ha come punti di riferimento le Bucoliche, le Georgiche e l’Eneide, assunti come modelli dei tre generi in cui
si realizzano i tre stili.»

(Segre, pp. 310-311)

La Divina Commedia …
L'epistola a Cangrande della Scala

Lo stesso argomento in dettaglio: Epistola XIII a Cangrande della Scala.

Nella tredicesima epistola, Dante espone al signore di Verona, Cangrande della Scala, la lettura corretta della sua Commedia.
La lettera, la cui attribuzione a Dante è ancora oggi messa, in alcuni punti, in discussione, espone la dottrina della Rota Vergilii,
attraverso l'analisi etimologica dello stesso titolo, Comedìa[9]. Dopo, il poeta parte con l'analisi differenziale tra il genere comico
e quello tragico, prendendo spunto dall'auctoritas di Orazio:

«Similiter differunt in modo loquendi: elate et sublime tragedia; comedia vero remisse et humiliter; sicut vult Oratius in sua
Poetria...»

(Epistola XIII, 30 )

La spiegazione per cui l'opera, nonostante questa diversità stilistica, si chiama Commedia, è dovuta al fatto che la tragedia fa
iniziare la trama in un clima sereno, per poi terminare in malo modo; al contrario, la commedia inizia tragicamente, per terminare
nella pace e nella risoluzione del problema originario[10]

L'Inferno

Lo stesso argomento in dettaglio: Inferno (Divina Commedia).

Dante, nella stesura della Commedia, seguì la dottrina degli stili, ancora all'apice tra il XIII e il
XIV secolo (come testimoniato dallo stesso De Vulgari Eloquentia, II 4[2]). Secondo la critica,
le tre cantiche corrisponderebbero ai tre stili umile, elegiaco e tragico, deducendo ciò dalle
stesse dichiarazioni dell'Alighieri nel corso del sommo poema. Nella cantica dell'Inferno,
Dante cita due il termine Comedìa per indicare il più basso dei tre livelli stilistici, cioè lo stile
comico, per l'appunto: la prima volta in If XVI, 128-129[11], nel girone dei sodomiti; la seconda
volta, in If XXI, 1-3[12], il secondo dei tre canti in cui Dante e Virgilio sono accompagnati dalla
''masnada'' di Malacoda e degli altri diavoli suoi compagni. In entrambi i casi, si è in presenza Gustave Doré, Inferno canto XXI.
della trattazione di argomenti bassi, vili, in cui il degrado morale dovuto al dominio del male e L'incisione riporta l'incontro con i
del peccato trasfigura la realtà circostante; ancor di più, però, il canto XXI, con le zuffe tra i Malebranche, episodio facente
parte più in generale dei "canti dei
diavoli e Ciampolo di Navarra, rievoca fortemente la corruzione civica e i tranelli che i mercanti
barattieri" caratterizzato da una
escogitavano a danno del prossimo[13]. In generale, l'intera cantica infernale è caratterizzata forte vena comico-realistica.
da questa tonalità narrativa, anche se non mancano degli episodi in cui il lirismo dantesco si
svincola dallo stile comico: gli incontri con Paolo e Francesca, con Farinata e Cavalcanti e con Ulisse sono delle eccezioni. Il
critico Erich Auerbach è stato il primo a sottolineare questa "confusione degli stili", specialmente nell'episodio di Farinata, ove
alla sua solennità si contrappone la pateticità di Cavalcanti:

«I soggetti che la Commedia presenta, offrono una mescolanza di sublime e di infimo che agli antichi sarebbe sembrata
mostruosa.»

(Auerbach, p. 200)

Il Purgatorio

Lo stesso argomento in dettaglio: Purgatorio (Divina Commedia).

«"Per correr miglior acque alza le vele / omai la navicella del mio ingegno"

"Ma qui la morta poesì resurga, / o sante Muse, poi che vostro sono; / e qui Calïopè alquanto surga"»

(Purgatorio, I, vv. 1-2; 7-9)

La seconda cantica, necessariamente, comporta un'elevazione di stile: dalla «morta posì» dell'Inferno si passa al regno
dell'espiazione dei peccati, in cui la Grazia divina è già presente, benché sia ancora attenuata dalle diverse pene espiatorie che
si espletano nelle cornici della montagna. Questa dimensione posta a metà tra le sofferenze infernali e le gioie celesti, ove i
«dolori...sono sempre più temperati da una dolce speranza, e da un sentimento di sicurezza»[14] si riverbera sullo stesso
repertorio stilistico, comportandone un «alleviamento» tonale. Per questo motivo, episodi pregni di crudezza tematica come
quello di Buonconte da Montefeltro, il cui corpo mortale viene sfregiato da un diavolo irretito per aver perso una potenziale
anima dannata (Pg V, 103-129), non suscita quell'orrore provato nell'Inferno, in quanto tutto è proiettato ormai nell'ottica della
Salvezza.

Il Paradiso

Lo stesso argomento in dettaglio: Paradiso (Divina Commedia).

L'ultima cantica spinge il poeta ad elevare il più possibile la sua poesia, affinché possa essere
degna di cantare l'inesprimibile. La poesia del paradiso, infatti, deve descrivere la luce e la
realtà perfetta di un luogo cui la vista di Dante non può reggere, senza l'aiuto divino (e di
Beatrice, in quanto figura Christi): «Esprimere l'immateriale e il trascendente con gli strumenti
della parola poetica è allora il compito che attende il pellegrino nel compimento del suo
itinerario verso Dio»], scrive Luca Ghirimoldi. I canti, le espressioni luminose e i movimenti
compiuti dai beati spingono Dante ad usare una terminologia nobile, ricca di latinismi e di
termini filosofico-teologici (lo stile tragico, appunto), visto il continuo riferimento alla dottrina
tomismo. Man mano che il percorso avanza, l'«alta fantasia» comincia a scemare: Dante
proverà sempre più difficoltà a descrivere la realtà che lo circonda, nel momento in cui si sta
appropinquando alla visione di Dio[15], finché non cade in uno stato d'afasia allorché rimane Dante e Beatrice osservano
l'Empireo, incisione colorata
pienamente appagato[16].
dell'originale di Gustave Doré.

Note …

1. ^ Segre, pp. 310-311. 8. ^ (FR) M. Antoine Compagnon, Cinquième leçon :


Rhétorique des genres : la roue de Virgile , su
2. ^ a b c d Mengaldo.
fabula.org, fabula. URL consultato il 28 maggio 2015.
3. ^ Cicerone, p. 252
9. ^ Epistulae XIII, 28 : «comedia dicitur a 'comos', villa, et
«Sunt iter tria genera...unam gravem, alteram 'oda', quod est cantus, unde comedia quasi 'villanus
mediocrem, tertiam extenuatam vocamus.» cantus'»

10. ^ Epistola XIII, 29 : «Differt ergo a tragedia, in materia


4. ^ Orator XXVIII, 100 - XXIX, 101 : «Tenemus igitur, per hoc, quod tragedia in principio est admirabilis et
Brute, quem quaerimus, sed animo; nam manu si quieta, in fine seu exitu est fetida et horribilis [...]
prehendissem, ne ipse quidem sua tanta eloquentia mihi Comedia vero inchoat asperitatem alicuius rei, sed eius
persuasisset ut se dimitterem. Sed inventus profecto est materia prospere terminatur»
ille eloquens, quem numquam vidit Antonius. Quis est
11. ^ «...e per le note / di questa comedìa, lettor, ti giuro»
igitur is? Complectar brevi, disseram pluribus. Is est enim
eloquens, qui et humilia subtiliter et alta graviter et 12. ^ «Così di ponte in ponte, altro parlando / che la mia
mediocria temperate potest dicere». comedìa cantar non cura, / venimmo...»

5. ^ Orazio, p. 128 13. ^ Bosco-Reggio, p. 338

«Brevis esse laboro, obscurus fio; sectantem lvia «Anche nel corpo di questo solo episodio è dato
neervi / deficiunt animique; professus grandia ravvisare molte gradazioni di comico: anninzitutto il
turget...» vivacissimo movimento scenico, in un poeta che
abitualmente ama le figure isolate e statuarie; la
6. ^ Gherardo Fabretti, La nozione di stile , su tesionline.it, rappresentazione d'un mondo di gente comune, di
tesionline. URL consultato il 28 maggio 2015. piccole furberie in gara; i beffati non tardano a
«Nel Medioevo, Diomede identificò questi tre stili coi beffare a loro volta.»

grandi generi, poi Donato, nel suo commento a Virgilio, li


collegò ai temi delle Bucoliche, delle Georgiche e 14. ^ Salfi, p. 32.

dell'Eneide» 15. ^ Canto XXXIII, vv. 106-108: «Omai sarà più corta mia

7. ^ Francesco Lamendola, Il culto di Virgilio nel favella, / pur a quel ch’io ricordo, che d’un fante / che

medioevo , su centrostudilaruna.it, Centro Studi La bagni ancor la lingua a la mammella.»; vv. 121-122: «Oh

Runa, 2 aprile 2010. URL consultato il 28 maggio 2015. quanto è corto il dire e come fioco / al mio concetto...»

16. ^ Canto XXXIII, vv. 140-141: «se non che la mia mente fu
percossa / da un fulgore in che sua voglia venne.»

Bibliografia …

Dante Alighieri, Divina Commedia, ora in: Giorgio Petrocchi (a cura di), La Commedia secondo l'antica vulgata, Firenze, Casa
Editrice Le Lettere, 1994, ISBN 88-7166-148-6.

Dante Alighieri, Inferno, in Umberto Bosco e Giovanni Reggio (a cura di), Divina Commedia, vol. 1, Firenze, Le Monnier, 2002,
p. 338, ISBN 88-00-41242-4.

Erich Auerbach, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, vol. 1, Torino, Einaudi, 2000 [1946],
SBN IT\ICCU\UFI\0339990 .

Marco Tullio Cicerone, Ad C. Herennium libri IV de ratione dicendi , a cura di Harry Caplan, Londra - Cambridge,
Massachusetts, William Heinemann LTD - Harvard University Press, 1954, p. 252. URL consultato il 28 maggio 2015.

Orazio, Epistole, in Marco Beck (a cura di), Classici Greci e Latini, Milano, Mondadori, giugno 1997, ISBN 88-04-42322-6.

Pier Vincenzo Mengaldo, stili, Dottrina degli , in Enciclopedia Dantesca, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970,
SBN IT\ICCU\RLZ\0163867 . URL consultato il 28 maggio 2015.

Francesco Saverio Salfi, Ristretto della storia della letteratura italiana , I, Napoli, B. Marotta e Vanspandoch, 1833, p. 32,
SBN IT\ICCU\IEI\0155765 . URL consultato il 29 maggio 2015.

Cesare Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario, Torino, Einaudi, 1985, ISBN 88-06-58735-8.

Voci correlate …

Virgilio

Elio Donato

Medioevo

Dante Alighieri

Divina Commedia

Erich Auerbach

Collegamenti esterni …

(FR) M. Antoine Compagnon, Cinquième leçon : Rhétorique des genres : la roue de Virgile , su fabula.org, fabula. URL
consultato il 28 maggio 2015.

Cicerone, M. TVLLI CICERONIS ORATOR AD M. BRVTVM , su thelatinlibrary.com, The Latin Library. URL consultato il 28
maggio 2015.

Elio Donato, Commentarii in Eclogas , su intratext.com, The Latin Library. URL consultato il 28 maggio 2015.

Gherardo Fabretti, La nozione di stile , su tesionline.it. URL consultato il 28 maggio 2015.

Francesco Lamendola, El culto de Virgilio en la Edad Media , en centrostudilaruna.it , Centro Studi La Runa, 2 de abril de
2010. Consultado el 28 de mayo de 2015 .

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