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TRACCIA 1

Don Lorenzo Milani è conosciuto soprattutto per la sua importante opera pedagogica
quale è la Scuola di Barbiana. Nato a Firenze da una colta famiglia borghese sceglie
di non proseguire gli studi per dedicarsi alla pittura. In lui si fa strada l’idea di
intraprendere la carriera religiosa (che entra in contrasto con le idee della sua
famiglia) ed inizia a frequentare il seminario. Nel 1947 viene nominato sacerdote e
mandato come cappellano alla pieve di san Donato di Calenzano, dove organizza una
prima scuola popolare che accoglie giovani operai e contadini della comunità,
riuscendo a coinvolgere anche giovani comunisti. Tale azione non è ben vista dalla
curia fiorentina che nel 1954 lo “esilia” a Barbiana, un piccolo borgo di montagna
dove gli viene affidata una parrocchia che si crede destinata a morire per lo
spostamento degli abitanti verso la pianura. Di Barbiana invece don Milani farà uno
dei luoghi chiave della sperimentazione educativa della seconda metà del Novecento
italiano. Al fondo della scelta di don Milani di farsi educatore c’è una fede che
recupera con vigore il messaggio evangelico riguardo al primato dei poveri. Con una
radicalità che sconcerterà, don Milani si accorge che essere sacerdote vuol dire stare
senza riserve con i poveri, condividerne le condizioni di vita (e di estrema povertà era
la sua sistemazione a Barbiana), le sofferenze e le lotte. Come Freire, don Milani
percepisce che dietro la povertà c’è sempre un'oppressione. Stare coni poveri vuol
dire allora stare contro gli oppressori, che don Milani identifica nella borghesia. Il
senso del suo impegno educativo è questo: offrire ai poveri gli strumenti per
riscattarsi, per liberarsi dall’oppressione, per lottare contro i padroni.
Fonda la scuola di Barbiana, basata sul motto “I care” cioè “mi interessa”, che
cambia l’ottica fascista del “me ne frego”. Strutturata su un sistema molto rigido, le
lezioni cominciano alle otto di mattina e proseguono fino alle sette e trenta di sera,
con una pausa per il pranzo. Si fa lezione anche la domenica e durante le altre
festività. Non esiste la ricreazione, non esistono attività ludiche. Un impegno così
ampio consente di affrontare tutti gli argomenti della scuola pubblica aggiungendo
ciò che è necessario per una formazione politica e per la conquista dello sguardo più
ampio di cui s’è detto: le lingue straniere, la lettura del giornale, il lavoro manuale. È
una scuola che non vuole formare intellettuali, ma lavoratori consapevoli dei propri
diritti, sindacalisti, persone impegnate nella politica e nel sociale. La scuola di Don
Milani è una scuola rivolta alla questione linguistica, la sua principale e costante
preoccupazione infatti si esprimeva nello sforzo di ridare la parola ai poveri. Per Don
Milani l’interesse principale è quello di insegnare la lingua, ridare la parola ai poveri
perché venga spezzato il circolo vizioso secondo il quale le classi superiori
condizionano la lingua e così facendo si approfondisce il divario tra le classi sociali.
La scuola di Barbiana rappresenta una svolta importante nella concezione di fare
scuola e di costruire cittadini consapevoli del domani. L’obiettivo non è quello di
sfornare laureati ma fornire occasione di crescita personale, stimolare alla coscienza
personale e sociale: non allenare gli studenti a questo significa creare individui
sottomessi e conformisti. Don Milani alla sua opera di educatore affianca sempre
quella di prete, ed è ciò che gli permette di realizzare quel cambio di ottica a cui, ad
oggi, continuiamo a far riferimento.

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