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IL SENSO CRISTIANO DELLA SOFFERENZA UMANA NELLA “SALVIFICI DOLORIS” Adelaide Trabucco Nella Lettera Apostolica Salvificé Doloris, scritta nel 1984, il Santo Padre Giovanni Paolo II ci chiama a riflettere sul mistero della sofferenza umana, illustrandone il senso cristiano. La sofferenza & mistero per la sua incomprensibilita. B mistero per cid a cui essa rimanda. E mistero per i frutti che produce. La sofferenza rimanda al progetto d’amore concepito dal Pa- dre, progetto che contempla la morte di croce del Figlio unigenito, Verbo Incarnato per opera dello Spirito Santo. Ancora, essa é mistero perché i suoi frutti possono far superare anoi uomini la nostra natura umana, “togliendo dal petto il cuore di pietra e donandoci un cuore di carne”, capace di un amore simile a quello divino. Un cuore capace di soffrire per amore ver- so gli altri, penetrando cosi il misterioso senso della sofferenza. Nella Lettera il Pontefice fonda la sua riflessione sulla Sacra Scrittura, per trasmetterci |'insegnamento di Dio sulla sofferenza. Nella Scrittura, infatti, le parole di Dio “espresse in forma umana, si son fate simili al parlare dell’uomo, come gia il Verbo dell’eter- no Padre, avendo assunto la debolezza della natura umana, si fece simile all’uomo”? Giovanni Paolo II, privilegiando gli scritti paolini, mostra come il Signore abbia rivelato il “perché” della sofferenza. Un “perché” che ne racchiude in sé la causa, lo scopo ed il senso. Ora, come Chr, Ez 11,19. *Dei Verbum, 13. 328 Adelaide Trabucco Scienza e Sapienza TIT (1998) nn. 1-2 Vignorare il senso della sofferenza ne accentua l’intensita, cos! il conoscerlo la allevia. Ani, dichiara san Paolo,apprendere che la sofferenza possiede un valore salvifico é una rivelazione talmente grande e liberante da fa esplodere in un grido: Xaipw! - “Gioisco!”- “Gioisco delle sofferenze che sopporto per voi”, L’Apostolo, che asserisce: “Non sono pitt io che vivo, ma Cristo vive in me”, pud accogliere quale. alter Christus la sofferenza vicaria ed affermare di'soffrire per, gr. dmeép, “al posto” e “a favore” dei fratelli. Il Santo Padre pertanto scrive che la sofferenza “sembra ap- partenere alla trascendenza dell’uomo: essa @ uno di quei punti nei quali |’uomo viene in un certo senso ‘destinato’ a superare se stesso, ¢ viene a cid chiamato in modo misterioso”®. Non solo, ma la sofferenza permea del suo mistero anche chi da essa viene investito: “Luomo, nella sua sofferenza, rimane un mistero intangibile”*. Notiamo che nel linguaggio biblico mzysterium significa “pro- getto”. Quando riconosciamo che la sofferenza @ “mistero” arri- viamo al cuore della sofferenza: la sofferenza é mistero perché & progetto. E progetto di salvezza. E mysterium salutis che racchiu- de al suo interno il mysterium doloris. Leterno Padre nella sua Sapienza misericordiosa e imperscrutabile ha concepito il proget- to salvifico dell’uomo, il mysterinm salutes, coniugandolo intima- mente al mysterium doloris, e facendo fiorire dalla sofferenza, la salvezza, Dio Padre abbraccia nel suo disegna salvifico l’intero mondo della sofferenza umana. Accoglie noi, dolenti nel corpo; noi, do- lenti nell’anina. Egli per primo scorge e cura le sofferenze morali, le pid difficilmente sanabili dagli uomini, nascoste, invisibili, ma tanto pitt dolorose e “fedeli” di quelle del corpo. Col 1, 24. +Gal 2,20 * Salvifici Doloris, 2. In seguito SD. * Tei, 3 Il senso cristiano della sofferenza umana nella Salvici Doloris 329 Insegna la Dei Verbum che Dio “nella sacra Scrittura ha parla- to per mezzo di uomini alla maniera umana”’. Attraverso gli auto- ri sacri, Egli ct ha inviato una “lettera”, la Scrittura, la quale @ per eccellenza il libro sulla sofferenza. Da essa apprendiamo che gli ebrei, “nostri fratelli maggiori”®, nella loro storia hanno incontra- to sofferenze che sono quelle dell’uomo di ogni tempo, e le hanno vissute nella fede. A cominciare da Abramo, che sali verso il mon- te Morian con Isacco, il figlio promessogli da Dio, per offrirlo in sacrificio obbedendo alla richiesta del Signore. Ed al momento di immolarlo si fece, in un certo:senso, obbediente fino alla morte: fino alla morte del figlio. Ma nel contempo pensava “che Dio & capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe e fu come un simbolo”®. Ancora, nella Scrittura troviamo la sofferenza per il pericolo di morte (nella vicenda del re Ezechia)"; per la morte dei propri figli - Davide “scosso da un tremito ... diceva in lacrime: ‘Figlio mi fossi morto io invece di te, Assalonne, figlio mio, figlio mio"; la sofferenza per la persecuzione e Postilita dell’ ambiente - il profera Geremia fu maledetto ed insultato”, ogni giorno schernito” , og- getto di attentati'’, perseguitato mentre cra fiducioso ed innocen- te “come un agnello mansueto che viene portato al macello””. Incontriamo la sofferenza che nasce dal rimorso di coscienza: “Ri- conosco la mia colpa, / J mio peccato mi sta sempre dinanzi”™ sofferenza che viene dal vedere la prosperita dei cattivi e l’infelita dei giusti - “Ecco, questi sono gli empi: / sempre tranquilli am- Dei Verbum, 12. GIOVANNI PAOLO IL, Discorso in occasione dell'incontro con la comuni- ta di Roma ( 13 aprile 1986) SEF ALAAS. Chr, Is 38,1-3; 2 Re 20,111. "2 Sam 19,1 "Ger 15,10.15. "Ger 20,7. Ger 1818-20 Ger LL 18-19. “Sal 51 (50), 5 330 Adelaide Trabucco ienza ienza_ IIT (1998) nn. 1-2 massano ricchezze. / Invano dunque ho conservato puro il mio cuore /... poiché sono colpito tutto il giorno, / ¢ la mia pena si rinnova ogni mattina””; la sofferenza causata dall’ingratitudine e dallinfedelta degli amici e dei vicini - “Anche l'amico in cui con- fidavo, / anche lui che mangiava il mio pane, / alza contro di me il suo calcagno”!® , I Santo Padre osserva come il vocabolario dell’ Antico Testa- mento sottolinei la relazione di identita esistente tra sofferenza e male. Quel vocabolario non possedeva un: termine specifico per indicare la sofferenza, ragion per cui definiva come “male” tutto cid che era sofferenza. Effettivamente “I’uomo soffre, allorquando sperimenta un qualsiast male”. Alla radice e nel cuore di ogni sof- ferenza c’é sempre un’esperienza del male”. La Scrittura, che manifesta la sapiente pedagogia divina, da pro- gressivamente l’insegnamento sulla sofferenza ¢ sul male: Nel suo primo libro, Genesi, che descrive la Creazione, mostra che tutte le opere di. Dio sono buone: la luce “era cosa buona”, la terra “era cosa buona”, cosi il sole, la luna, le stelle, i pesci, gli uccelli, le bestie selvatiche, i rettili; l’essere umano, poi, capolavoro divino, “era cosa molto buona”*. La Creazione manifesta la bonta del Creatore: “Difatti dalla grandezza delle creature / per analogia si conosce I’autore”™ . L cristianesimo proclama |'essenziale bene dell’esistenzaeil bene delle creature e di tutto cid che esiste. Il male che dilaga nel mon- do non puéd derivare da Dio, II Santo Padre afferma che il male é una certa mancanaa, limitazione o distorsione del bene. Noi sof- friamo a causa di un bene al quale non partecipiamo, del quale veniamo privati, o dal quale noi stessi ci siamo autoesclusi” . "Sal 73 (72), 12-14. 8 Sal 41 (40), 10. ®$D, 7. "Cf. Ga L. Sap 13,5. SD, 7. I senso cristiano della sofferenza umana nella Salvici Doloris 331 La persona umana inevitabilmente pone la domanda: “Perché la sofferenza?” E ponendosi questa domanda intende chiedere: “Quale ne é la causa? E quale il suo scopo? Qual’, infine, il senso della sofferenza?” Anche gli animali soffrono, anzi, afferma san Paolo, “tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto”». Tut: tavia Dio nel creare l’essere umano gli-ha donato |’intelligenza. Ne deriva che solo 'uomo pué chiedere: “Perché la sofferenza?”. Ed ancora pit fortemente vuole sapere: “Perché il male?” Luomo rivolge tali domande all’altro uomo, ma soprattutto a Dio, il Creatore ed il Signore del mondo. II male e la sofferenza sembrano offuscare la sua bonta, sapienza e potenza manifestate nella Creazione; a volte le negano del tutto: sono tante le sofferen- ze senza colpa e tante le colpe senza pena. E il Signore risponde attraverso la Scrittura istruendo gradatamente, Nel Libro di Giobbe sono: contenuti due insegna- menti sulle cause della sofferenza. Giobbe si confronta drammati- camente con la concezione che la sofferenza.trova il suo fonda- mento nell’ordine della giustizia. “B, radicata-nella coscienza mo- rale dell’umanita - scrive il Santo Padre - la convinzione che l’or- dine morale oggettivo esige una pena per la trasgressione”. “Al male morale del peccato corrisponde la punizione, che garantisce Vordine morale nello stesso senso trascendente, nel quale quest’or- dine é stabilito dalla volonta del Creatore e supremo Legislatore”. Dio é giudice giusto, che premia il bene e punisce il male”. Un primo insegnamento, dunque, ci rivela che la sofferenza é frutto del peccato, da noi liberamente e coscientemente compiu- to. Le nostre angoscie non provengono da Dio, ma dalle nostre scelte, Dio non ha creato la morte: “Non provocate la morte con gli errori della vostra vita, non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani, »Rm 8, 22. *SD, 10. 332 Adelaide Trabucco Scienza e @za_IIT (1998) nn. 1-2 perché Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi™®. Giobbe, perd, non ha peccato. Egli ¢ ’uomo fedele a Dio e alla sua legge: @ il giusto sofferente, figura del Cristo crocifisso. Attra- verso la sua vicenda la Scrittura ci mostra che, sebbene sia vero che la sofferenza, quando é legata alla colpa, ha carattere di puni- dione, tuttavia non é vero che indistintamente ogni sofferenza sia conseguenza della colpa ed abbia valore di castigo. Il Signore ha permesso che Giobbe soffrisse per dimostrarne la giustizia e la sua fedelta alla legge divina. Il Patriarca, infatti, pur duramente colpito attraverso la perdita prima dei beni e poi dei figli, esclama: “Nudo uscii dal seno di mia madre, ¢nudo vi ritornerd. I Signore ha dato, il Signore ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore!" Ancora piti duramente provato nella sua salute a motivo di una piaga maligna diffusa dalla pianta dei piedi alla cima del capo, Giobbe risponde alla moglie che lo tenta a maledire il Signore: “Come parlerebbe una stolta tu hai parlato!”””. Il Signore mediante la vicenda di Giobbe ci dona un secondo insegnamento, rivelando che la sofferenza pud avere carattere di prova per dimostrare la nostra fedelt3 a Lui. Egli, sempre nell’Antico Testamento, dona anche un terzo in- segnamento ¢ rivela che la sofferenza & punizione del peccato € nello stesso tempo é un invito al peccatore affinché cambi vita. L’Agiografo esorta il popolo di Dio: “Io prego ... di non turbarsi per queste disgrazie e di considerare che i castighi non vengono per la distruzione ma per la correzione del nostro popolo”™*. La sofferenza @ invito alla conversione. Accogliendola con docilita % Sap 1, 12-13 Gb 1,21 7 Gb2,19 2 Mac 6,12. Il senso cristiano della sofferenza umana nella Salvici Doloris 333 ed umilta possiamo conferire ad essa un valore religioso penitenziale che il Signore acccetta. Per mezzo di essa possiamo non solo riparare e purificarci, ma anche ricostruire il bene den- tro di noi. “La sofferenza - scrive il Santo Padre - deve servire alla conversione , cioé alla ricostruzione del bene nel soggetto, che pud riconoscere la misericordia divina in questa chiamata alla peni- tenza”. Il fine della penitenza é di vincere il male, che @ latente sotto diverse forme nell’uomo, e di consolidare il bene, sia in lui stesso, sia nei rapporti con gli altri e, soprattutto, con Dio”. Tuttavia & con ['Incarnazione, nella pienezza dei tempi, che il Signore ha dato la risposta completa al “perché” della sofferenza. Con la Croce di Cristo ha rivelato che 1a sofferenza non solo espri- mel’ordine trascendente della giustizia, ma Jo illumina con l’amo- re. I] Padre ci ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito. Lo ha donato per la nostra salvezza, ovvero per liberarci dal male. A Nicodemo, il Signore Gest: dice: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lufnon muoia, ma abbia la vita eterna”™. Nel colloquio con Nicodemo, osserva il Santo Padre, Gest mette in rapporto il “non morire” con la “vita eterna”. Ci avverte che noi moriamo veramente allorché perdiamo la vita eterna. Questa @ la vera morte che da luogo alla sofferenza definitiva e fondamentale: l’essere rifiutati da Dio, condannati alla dannazio- ne, alla esclusione dalla comunione d’amore trinitaria’!. Per liberarci dalla sofferenza definitiva il Signore Gesit ha do- vuto toccare le radici trascendentali del male: il peccato e la mor- te. La morte, infatti, @ la conseguenza, “il salario del peccato””. Cristo, vincendo il peccato, ha tolto i] potere anche alla morte: “Dov’ 2, o morte, la tua vittoria? Dov’ 8, 0 morte, il tuo pungiglione?”. SD, 12. Gu 3,16. *SD, 14, 32) Rm 6,23 1 Cor 15,55, 334 Adelaide Trabucco Scienza e Sapienza III (1998) an. 1-2 Llncamnazione e la moste di croce di Cristo, Figlio unigenito del Padre, ci danno l’incrollabile certezza del suo amore e ci dico- no, nella sofferenza e nella gioia: “Dio ti ama!” E questa la Buona Novella che il Signore Gesii invita a portare a tutti gli uomini: “Dio ti ama tanto da donare il Figlio unigenito perché tu non muoia, ma abbia la vita eterna”. Il Cristo Signore ci ha donato la vita eterna perché ha assunto su di sé proprio la sofferenza. E lo ha fatto con piena consapevo- lezza, tanto da annunciare per tre volte la Passione: “Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sara consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte, lo con- segneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risuscitera”™. Il Signore Gesit consapevolmente “sale verso Gerusalemme”, come poi salira il Calvario e infine “salira” sulla Croce. Nell’arte bizantina alcune icone della Crocifissione presentano il Cristo éAxwévos, “Piagato”, che sale una scala appoggiata alla Croce: umiliato ¢ sofferente, affronta da solo ¢ lucidamente la salita ulti- ma quale Signore di tutte le cose. In Cristo Gesi si sono realizzate le scritture che annunciavano la sua Passione. Soprattutto quando descrivevano le sofferenze del Servo di JHWH: “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato € non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si é caricato delle nostre sofferenze, si & addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, “Me 10, 33-34; cfr. Mt 20, 17-19; Le 18, 31-33. Il senso cristiano della sofferenza umana nella Salvici Doloris 335 percosso da Dio e umiliato, Egli é stato trafitto per é nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquita. Il castigo che ci da salvezza si é abbattuto su di lui; per le sue piaghe not siamo stati guariti”®. E Gesit Cristo I’ “uomo dei dolori” che innocente ha introdot- to, scrive Evdokimoy, “all’interno di sé per compassione il peccato del mondo, come il proprio peccato. ... La Croce ha fatto culmi- nare l’abisso dell’innocenza e |’abisso delle tenebre nel medesimo grido: Abba, Padre ...”® — “Poiche il giogo che gli pesava / ela sbarra sulle sue spalle, / il bastone del suo aguzzino / tu hai spez- zato come al tempo di Madian”»’ — “Sulla Croce il Cristo — conti- nua il teologo ~ ha assunto la mortalita stessa. La potenza della morte ha la sua autonomia, ma il Cristo dona la sua morte al Pa- dre, e percid con Cristo é la morte a morire”®*. La morte di Gesit Cristo passa in noi e ci purifica. La sua soffe- renza “sostitutiva” é redentiva perché soltanto lui, |"Unigenito del Padre, ~ “Dio da Dio”, recitail Simbolo Niceno — poteva efficace- mente compiere un atto di amorosa obbedienza tale da riparare la disobbedienza di Adamo. Non un uomo, ma soltanto Dio poteva annullare ’offesa arrecata a Dio. E solo in Cristo Gesii, vero Dio e vero uomo, ogni uomo pote- va essere rappresentativamente offerto al Padre e ogni peccato poteva essere riparato. In Gesit, Verbo Incatnato, la sofferenza ha raggiunto una in- tensita e profondita in un certo senso divine: “La sofferenza della natura umana del Cristo é sentita nella sua ipostasi e quindi pos- siede il suo equivalente nell’unita trinitaria di Dio””. 1s 53,25. 6P. N. EVDOKIMOV, Teologia della bellezze, Ed, Paoline, Milano 1990, p. 288. 159,3. ™PN.EVDOKIMOY, Teologia della bellezza, cit., p. 289. ” Tot, p.287 336 Adelaide Trabucco Scienza e Sa Wenza_ TIT (1998) an. 1-2 I Cristo, Figlio di Dio, non ha mai peccato (impeccanza): avreb- be peccato contro se stesso. Né in Lui vi era la possibilita di pec- care ( impeccabilita ): il Verbo, Persona divina, non pud commet- tere peccato in senso assoluto. Egli soffri volontariamente e inno- centemente: “Maltrattato, si Jascid umiliare enon apri la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non apri la sua bocca”. Con incomparabile incisivita scrive il Santo Padre che quando noi chiediamo a Gest: “Perché la sofferenza?”, Egli ci risponde con la sua propria sofferenza. Ancor pith dell'insegnamento esplici- tamente trasmesso ai discepoli, Egli ci da Pultimo, supremo inse- gnamento con la parola della Croce’. Una parola che nel Getsemani si era quasi del tutto rivelata “agli occhi della sua anima” * ¢ che sulla Croce pforompe nel grido: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”*. Come @ possibile che si sia sentito abbandonato, Lui, Figlio di Dio fatto uomo, che in virti: di questa unione filiale é in comunio- ne profondissima col Padre, con la sua verita e volonta, in com- pleta sintonia di pensiero e di sentimenti con Lui? Perché, scrive san Paolo, “colui che non aveva conosciuto pec- cato, Dio lo tratté da peccato in nostro favore”**. Gesii, commen- ta il Santo Padre, ba misurato lintero male di voltare le spalle a Dio, contenuto nel peccato. E in virtt dell’unione filiale col Padre ha sentito e volontariamente subito la sofferenza che é il distacco dal Padre, la separazione e la ripulsa di Dio*. Is 53,7. “Cf. 1 Cor 1,18. “Cir. SD, 18. Me 27, 46 "2 Cor5, 21 Cf. SD, 18. I senso cristiano della sofferenza umana nella Salvici Doloris 337 Sembra, medita il teologo Olivier Clément, che l’ “Eli, Eli, lema sabactani” interrompa per un attimo il dialogo tra Padre ¢ Figlio. Ma poi risuona: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” ¢ l’'abisso, aperto per un istante, si riempie del grande soffio della cisurrezione’’, Grazie alla Croce, la sofferenza umana é entrata nell’ordine dell’amore. L’ amore di Dio Padre, che in lui muove il dare il suo Unigenito, @ capace di creare il bene anche dal male, facendolo fiorire per mezzo della sofferenza. Cosi il “bene supremo della redenzione del mondo é stato tratto dalla Croce”*”. Dira ancora il Papa davanti alla sacra Sindone, “immagine dell’amore di Dio”: “lonnipotenza misericordiosa del nostro-Dio non é arrestata da nessuna forza del male, ma sa anzi far concorrere al bene la stessa forza del male”*. Legando la sofferenza all’amore, il Signore Gesii ha riscattato non solo noi, ma la stessa sofferenza umana, poiché le ha conferi- to un potenziale valore salvifico ed un significato che trascendono la nostra condizione di uomini. Consapevolmente unito alla soffe. renza di Gest, ognuno di noi pud vedere la propria sofferenza assumere valore redentivo. Grazie al Cristo Signore ed unito a lui come i tralci alla vite, ciascuno pud diventare soggetto attivo e cooperare alla purificazione e riscatto di se stesso e dei fratelli. Ecco san Paolo spronarci: “Vi esorto dunque, fratelli, per la mise- ricordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente santo e gradito a Dio; & questo il vostro culto spirituale”*. Tutta la nostra vita, unita al sacrificio di Cristo e presentata al Padre, di- venta come una sacra liturgia animata dallo Spirito di Cristo, Ancora san Paolo esclama e confida: “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono piil io che vivo, ma Cristo vive in me”**. In virtt: “Cfr O.CLEMENT, Meditaziont per la Via Cructs al Colosseo, Pasqua 1998. VSD, 18. “GIOVANNI PAOLO II, Discorso in occasione della visita alla Sindone a Torino ( 24 maggio 1998). Rm 12,1. % Gal 2, 20. 338 Adelaide Trabucco Scienza e Sajienza_IIT (1998) nn. 1-2 del legame tra l'amore e la croce, per l’Apostolo “non ¢’é altro vanto che nella croce del nostro Signore Gest Cristo”*'. Non v’é altra via di salvezza che accettare di soffrire con Cristo ¢ per Cri- sto “per mezzo del quale il mondo per me é stato crocifisso, come io per il mondo”. B stato crocifisso il mondo della carne e del peccato poiché il Cristo con la sua morte e risurrezione ci libera fin da quaggiti da questi tiranni e ci fa entrare nel suo Regno.Tale tegno é il Regno di Dio: la risurrezione @ la pietra che attesta in modo inequivocabile che Gest di Nazareth @ il Figlio di Dio, e quindi @ Dio. La Scrittura costantemente presenta la morte ¢ la risurrezione di Cristo come un unico evento salvifico. Tuttavia la morte é la condizione previa della risurrezione. Lo stesso Gest unisce i due eventi in virtt di un disegno superiore: “Non era forse necessario che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”” Esse 2 stato necessario per Cristo, lo é patimenti per i suoi fede- li: “Perché io - sctive san Paolo - possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diven- tandogli conforme nella morte, con la speranza di giungere alla tisurrezione dei morti”*!. L’ uomo, in Cristo, non permane nella sofferenza, bensi la attraversa quale mezzo e passaggio per entrare nel Regno di Dio: mentre soffre, Dio fa maturare in lui la santita. Alla prospettiva del Regno é legata la speranza della gloria, che possiede la sua radice nella Croce. Chi vive la sofferenza unito con Cristo, @ chiamato a vivere anche la dimensione della gloria. Siamo “coetedi di Cristo se partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. Io ritengo, infatti, che le soffe- renze del momento presente non sono paragonabili alla gloria fu- tura che dovra essere rivelata in noi”®. Gal 6, 1. Gal 6,14, Le 24,26. 4 Fil 3,10-11. % Rm 8,17-18. Il senso cristiano della sofferenza wmana nella Salvici Doloris 339 Fedele alla prospettiva giovannea, il Santo Padre sottolinea che il motivo della sofferenza e della gloria si chiariscono grazie al riferimento alla Croce ¢ alla risurrezione”*. La manifestazione del- la gloria di Cristo corrisponde alla sua elevazione sulla Croce. Sul- la Croce egli realizza il Disegno del Padre e porta a termine il suo compito di Messia, !’Unto da Dio per riscattare il suo popolo. Per questo aveva detto: “Io quando saré elevato da terra, attireré tutti a me”’, Elevato sulla Croce, riscatta tutti gli uomini, rivelando nella debolezza, a sua potenza messianica e la sua gloria. San Gio- vanni Crisostomo dice: “Io lo vedo crocifisso e lo chiamo Re”*. Nella Croce si manifesta il paradosso evangelico della “forza della debolezza”. E si manifesta in tutti coloro che, uniti con Cri- sto, partecipano alle sue sofferenza: “Mi vanterd quindi ben vo- fentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo”, Nella xévwous , nell’azzeramento e spogliamento di Cristo, emerge luminoso l’insegnamento che Dio sceglie la sofferenza come via privilegiata per manifestare la sua potenza ed il suo amore. Scrive Evdokimov: “Di fronte alla sofferenza, dinanzi ad ogni for- ma di male, la sola risposta adeguata é dire che ‘Dio & debole’ e che non pud sofftite con noi, Debole, certo, non gid nella sua onnipotenza, ma nel suo amore crocifisso”. Allora “si pud appli- care a Dio Ja nozione pitt paradossale, quella della debolezza che significa la salvezza attraverso l’amore libero”®. Giovanni Paolo II rileva che la sofferenza pué mettere in atto un processo di maturazione spirituale grazie alla chiamata alla vir- ti che essa contiene. Nel sopportare cid che fa soffrire, !uomo impara ad esercitare la virtt della perseveranza. Nel patire, impa- %8SD, 22. 7Gp 12, 32. *8§, GIOVANNI CRISOSTOMO, De eruce et latrone homilia, Il, PG 49, 413, 2 Cor 12,9. PN. EVDOKIMOY, Teologia della bellezza, cit., p. 289. Il senso cristiano della sofferenza umana nella Salvici Doloris 341 Rinaldo Fabris, finissimo esegeta, osserva che negli scritti del Nuovo Testamento non ricorre mai il termine “tribolazione”, gr. Adidus, per parlare della passione e morte di Gesit, designata in- vece con il termine “sangue”, “croce”, “morte”, ¢ cosi via. Con il vocabolo “tribolazione” si fa riferimento alle sofferenze che af- fliggono anche i giusti ed i fedeli e che preludono all’irrompere del regno di Dio. Un’altra conferma si Ka dal diverso vocabolo usato in Col 1,24a: ra@rfuara designano le sofferenze apostoliche di san Paolo a favore dei cristiani. Nel successivo versetto I’Apo- stolo si definisce “servitore”, gr. Stdxovos , perché ha ricevuto da Dio l'incarico di proclamare il suo progetto salvifico. Pertanto, considerando la terminologia ed il contesto, Fabris da questa interpretazione a Col 1,24: san Paolo, come servitore del Vangelo, incaricato da Dio per una missione a favore della Chiesa, nelle sofferenze, gr: wa@ifyuara, che affronta per l’'annun- cio del Vangelo, da il suo contributo a quelle tribolazioni, gr. Aids, che contrassegnano !’ultima fase della storia salvifica. H verso di Col 1,24 nella traduzione di Fabris suona cost: “Ora io trovo la mia gioia nelle sofferenze che sopporto per, gr. Umép, voi. Cosi cerco di completare, gr. dvrava7A noi, nella mia povera persona le tribolazioni,gr. @épewr, di Cristo che devono essere ancora affrontate, gr. Td dorepriuara, per, gr. dmép, la salvezza del suo corpo, cioé della Chiesa”. Il Santo Padre, commentando Col 1,24, afferma che la soffe- renza possiede un carattere creativo, La sofferenza ha creato il bene della redenzione e questa rimane costantemente aperta ad ogni amore che si esprime nell/’umana sofferenza: mosso dall’amore, ogni uomo pud completare a suo modo la redenzione compiuta da Cristo®. La redenzione vive e si sviluppa nella storia dell’uomo e della SG, BARBAGLIOR. FABRIS, Le Lettere di Paolo, vol. IIT, Borla, Roma 1990, pp. 93-95. SD, 24 342 Adelaide Trabucco Scienza e Sapienza IM (1998) nn. 1-2 Chiesa. Istituita da Gest, suo Capo e Signore, la Chiesa attraver- so i sacramenti, segni efficaci della Grazia, prolunga nel tempo nello spazio l’opera salvifica compiuta da Cristo sulla Croce, e raggiunge tutti gli uomini sino alla fine del mondo, Realta visibile cinvisibile, trasparente ¢ complessa come un diamante dalle mol- teplici sfaccettature, la Chiesa @ mistero. di salvezza. Popolo di Dio e corpo mistico di Cristo, la Chiesa é mistero di comunione. Si presenta, infatti, come un “popolo adunato nell’unita del Padre,del Figlio ¢ dello Spirito Santo”®. Essa, dunque, é il locus privilegiato nel quale ogni uomo sofferente pud contribuire a suo modo al mistero della redenzione. Nella Chiesa i cristiani vivono tutti la stessa vita soprannaturale ricevuta nel battesimo e nutrita con Eucarestia”, per cui formano un solo corpo e un solo spirito con Cristo e con i fratelli credenti’! Il Santo Padre fa osservare che all’interno del Vangelo é possi- bile riconoscere uno specifico Vangelo della sofferenza, scritto dal Signore Gesii con la sua propria sofferenza. E un Vangelo che continua ad-essere scritto da ogni uomo sofferente unito con Gesit crocifisso. Anch’ esso contiene una “buona novella”. Il termine “vangelo”, gr. evaryye\or, significa infatti “buona notizia”: il Van- gelo della sofferenza dona la “buona novella” della forza salvifica e del significato salvifico della sofferenza . Tale evayyeAtov si invera dapprima nella missione del Cristo Redentore e, in seguito, nella missione e vocazione della Chiesa”. Tale Buona Novella accompagna sempre Gesti, anche quando awverte i suoi discepoli riguardo la necesita della sofferenza qua- le condizione per seguirlo: “Se qualcuno vuol venite dietro ame, ... prenda la sua croce ogni giorno”, Tuttavia le persecuzioni af- “Cir. Mz 16,18. Lumen Gentium, 4. "fr, 1 Cor 10,17. "Cr. 1 Cor 12,13. SD, 25. W293 Il senso cristiano della sofferenza umana nella Salvici Doloris 343 frontate per amore di Cristo saranno sempre accompagnate dal suo Amore: “Chi. ci separera ... dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudita, il peri- colo, la spada?”, esclama san Paolo. Ma - continua - “né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, n¢ potenze, né altezza né profondita, né alcuna creatura potra mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gest, nostro Signore”. La grazia di Cristo donera la capacita ed il coraggio per testi- moniare la fede in Lui. Ha promesso il Signore Gesti: “Io vi dard lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resi- stere, né controbbattere. ... sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perira. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”. Le tribolazioni che provengono dal mondo vanno vissute nella fede in Cristo il quale ha vinto-la morte, “stipendio del peccato””’, con la sua risurrezione: “Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazioni nel mondo, ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo!””. Tale vittoria sul potere delle tenebre é stata conseguita da Cri- sto attraverso la sofferenza: la sofferenza contiene in sé la forza della vittoria! Per questo il cristiano é chiamato a soffrire con co- taggio esperanza. La sofferenza, inoltre, racchiude al suo interno una forza che avvicina interiormente l’uomo al Signore Gesii. Si tratta di una forza particolare, di una grazia che genera in chi la accoglie un cambiamento di vita e lo conduce a Cristo. Nella sofferenza l’uo- mo cambia la sua visione del mondo e la usuale gerarchia di valo- ri: diventa un uomo nuovo. Vede crescere in se stesso una maturi- 1A interiore, una dignita e grandezza spitituali che aumentano quan- to pid il corpo & malato ed inabile. “Rm 8, 35.38-39. % Le 21,14-15.17-18, Rm 6, 23. "Gv 16, 33. 344 Adelaide Trabucco ae Sapienza IT (1998) on, 1-2 Per raggiungere tali risultati é necessario che la persona coope- ri con la grazia divina, svuotandosi per accogliere dentro di sé il Redentore crocifisso. E Gest stesso, infatti, che agisce nell’inter- no della persona e nel cuore della sua sofferenza, attraverso il suo Santo Spirito. Spirito di verita, che fa comprendere il significato della sofferenza. Spirito Consolatore, che sostiene, conforta e for- tifica, Gesii sofferente, accolto dalla e nella persona, trasforma la qua- lita della sua vita spirituale. Guida interiore, egli allarga gradual- mente la Jimitata visuale umana, aprendola agli orizzonti del Re- gno di Dio. Maestro interiore, fa intuire e comprendere la subli- mita del suo Regno, di un mondo che si va edificando sull’amore, potenza che libera dal peccato e salva. Attraverso la sua sofferen- za, Gesit trasforma la nostra sofferenza. Dopo la Croce di Cristo, nessuno ha pid diritto di sentirsi solo nel dolore perché Gesii ha patito per lui e come lui, ¢ si é posto fra Duomo e la solitudine, fra |’uomo ed il nulla. Nessun nato di don- na muore pit solo, giacché il Cristo muore con lui per risuscitarlo con lui. “Cristo - scrive il Santo Padre - mediante la sua proptia sofferenza salvifica si trova quanto mai dentro ad ogni sofferenza umana, e pud agire dall’interno di essa con la potenza del suo Spirito di verita, del suo Spirito Consolatore””*. Quasi sempre la persona accompagna il suo ptimo incontro con la sofferenza con una protesta, una ribellione ¢ con la doman- da “perché”, Se pone la domanda a Cristo, egli risponde non con parole o discorsi astratti, bensi concretamente con la sua propria sofferenza. E la persona comincia a sentire questa risposta senza parole quando aderisce alle sofferenza di Cristo. In quel momen- to awverte che la risposta silenziosa di Gesii é una chiamata; “Se- guimi!”. Ovvero: partecipa anche tu con la tua sofferenza al ti- scatto e alla santificazione del mondo, che si compie attraverso la mia sofferenza. E la persona, insieme con la risposta, trova la pace del cuore. SD, 26. Ilsenso cristiano della sofferenza umana nella Salvici Doloris 345 Non solo: sente nascere anche la gioia spirituale, la stessa di cui parlava san Paolo quando scriveva.a una delle comunita da lui fondate: “Ora io trovo la mia gioia nelle sofferenze che sopporto per - gr. imép, ‘a vantaggio, a favore di’ - voi”, Inoltre, afferma il Papa, scoprire il significato salvifico della sofferenza, fa scomparire il senso di inutilita che fortifica |’uomo malato ¢ pud condurlo a macerarsi e distruggersi. Lo riscatta dalla umiliazione che prova chi é costretto a ricevere sempre cura € sostegno dagli altri. Qualunque persona acquista una dignita ed un valore proporzionali alla dimensione soprannaturale redentiva nella quale entra, allorché supera la visione individualistica, e nel- la fede partecipa alle sofferenze di Cristo. La persona, allora, svol- ge una funzione preziosissima: & “/’indispensabile mediatrice e au- trice dei beni” necessari alla salvezza del mondo”. Il Santo Padre evidenzia, ancora, il ruolo decisivo che la soffe- renza (insieme con la preghicra) possiede nella lotta spirituale, per reggere ¢ contrastare gli attacchi che tutti i fedeli in Cristo ricévono da parte del maligno: Questi “come leone ruggente va in giro, cercando di divorare”, scrive |’ Autore sacro, il quale esorta: “Resistetegli saldi nella fede, sapendo che i vostri fratelli sparsi per il mondo subiscono le stesse sofferenze di voi”*'. Il Papa ri- chiama segnatamente la “lotta cosmica” tra le forze spirituali del bene e del male, della quale parla la Lettera agli Efesini®. In tale lotta “le sofferenze umane, unite con la soffferenza redentrice di Cristo, costituiscono un particolare sostegno per le forze del bene, aprendo la strada alla vittoria di queste forze salvifiche”®. Consapevole di questa verita; la Chiesa, nella persona del Papa, dei vescovi, dei pastori e dei fedeli tutti, ricorre ai fratelli sofferenti per domandare sostegno e soccorso nel suo pellegrinaggio tra le persecuzioni del mondo. Col 1,24 © SD,27. 5 1 PES, 8-9. Chr. Ef6, 12. ®SD, 27 346 Adelaide Trabucco Scienza e Sapienza TI (1998) nn. 1-2 U Santo Padre dedica la sua riflessione anche a chi si pone qua- Je “buon Samaritano” nei riguardi della sofferenza. Appartiene, infatti, in modo privilegiato al Vangelo della sofferenza la parabo- la del buon Samaritano™ . Questi non “passa oltre” il prossimo che é nella sofferenza, ma si ferma: buon Samaritano é ogni uomo che si ferma accanto alla sofferenza di un altro uomo. Si ferma perché ha domandato al Signore - noi pensiamo - un “cuore di carne”® capace di commuoversi per la sofferenza altrui. Il cuore dell’uomo si é indurito, soffre di “sclerosi” affettiva ed emoziona- le. Il buon Samaritano, perd, supera il livello della compassione: questa diventa stimolo all’azione. Aveva annunciato il Signore nel- Antico Testamento: “Porrd il mio spirito dentro di voi e vi fard vivere secondo i miei precetti”**. Il precetto basilare é l’amore”. Cosi il buon Samaritano dona anche il cuore insieme con |’aiuto materiale: dd se stesso, E nel donarsi all’altro, l’uomo trova il nucleo del proprio esse- re. Ritrova l’immagine originaria che gli cra stata donata da Dio e che Pallontanamento da lui aveva deformato. Guardando alla pa- rabola lucana, infatti, riconosce nel buon Samaritano quel Gest di Nazareth che nella sua vita, testimonia san Pietro, “passé bene- ficando”®’, Riconosce Cristo, nuovo Adamo il quale; lui solo, sve- la “pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione”®*, Di fronte alla sofferenza dell’uomo, Cristo si ferma, guarisce e consola: “Gli si fece vicino, gli fascié le ferite, versandovi olio ¢ vino; poi, caricandolo sul suo giumento, lo portd ad una locandae si prese cura di lui”. %Le 10, 29-37. % Chr. Ez 36,26 % Ez 36,27 "Le 10, 27. % At 10,38. GS, 22. Le 10, 34. U senso cristiano della sofferenza umana nella Salvici Doloris 347 Guardando a Cristo, l’uomo soccorre il fratello e mette in atto l’'amore disinteressato. I] Santo Padre afferma che la sofferenza & presente nel mondo “anche per sprigionare nell’uomo l'amore”™. Il mondo della sofferenza invoca e sollecita la risposta dell’amore disinteressato, dal quale nasce la civilta dell’amore. Sull’amore saremo valutati. Se nella parabola lucana Cristo é il Buon Samaritano, nella stessa egli &. anche l’uomo incappato nei briganti, spogliato dei beni, percosso e abbandonato come morto sulla strada”. Presente in ogni sofferente, @ Cristo colui il quale riceve aiuto, viene curato, ospitato, sfamato, vestito. Lo dichiara esplicitamente nel Vangelo di san Matteo: “Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e.siete venuti a trovarmi, ... In verita vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli pitt piccoli, l’avete fatto ame”. Cristo, conclude il Santo Padre, “allo stesso tempo ha insegna- to all'uomo a far del bene con la sofferenza ed a far del bene a chi soffre. In: questo duplice aspetto egli ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza”™, Insegna la Gaudium et Spes che “pet Cristo e in Cristo si illumina l’enigma del dolore e della morte”*: si illumina attraverso la luce dell’amore. Con la Vergine Maria, Madre del Divino amore e Madre Dolo- rosa, la quale “stava ritta ai piedi della Croce”, senza disperazio- ne l’uomo pué prendere la sua croce, 0 pud fermarsi accanto a tutte le croci dell’uomo di oggi. A fianco di Gesii c’é sempre Ma- ria a rendere testimonianza al Vangelo della sofferenza, dagli eventi che accompagnarono la nascita di Gesi, all'annunzio del vecchio *SD, 29. "Cf. Le 10, 30 °Mp35, 36. 40. SD, 30. %GS, 22, Cf. Gv 19, 25 348 Adelaide Trabucco Scienza e Sapienza TI (1998) on. 1-2 Simeone che le profetizz6 la transfissione, la spada di dolore che le avrebbe trapassato |’anima, alla fuga in Egitto per scampare alla furia omicida di Erode: La vita della Madre di Dio fu croce ¢ mar- tirio, dalle nozze di Cana alle nozze di sangue. Ella “avanzé nella peregrinazione della fede e serbd fedelmente la sua unione col Figlio sino alla Croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (cfr. Gv 19,25), soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di lui, amorosa- mente consenziente all’immolazione della Vittima da lei genera- ta”, La Beata Vergine ha dato un contributo eminente alla reden- zione. Si pud affermare che sul Golgotha, dove la sua sofferenza raggiunse un vertice inimmaginabile, ella davvero completé nel suo cuore e nella sua carne quello che manca ai patimenti di Cri- sto®. Nessuno piii di lei, l'6d.yr}rpLa, “Colei che indica la Via”, pud prendere per mano l’uomo nella sofferenza, porsi fra lui e Pangoscia. Nessuno pid di Maria pud muovere 'uomo ad aprire il cuore per accogliere Gest sofferente. Quel Gesii che illumina l’uomo sul mistero del dolore, chia- mandolo con “voce sottile di silenzio”” a testimoniare con lui la potenza invincibile dell’amore, il suo carattere ineluttabile: “perché forte come la morte é l'amore”™™, “LG, 58. Cir, SD, 25 fr 1 Re 19, 12. C48, 6

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