Está en la página 1de 94

1.

1 Peculiarit del processo assistenziale in ambito pediatrico Definizione


Contrariamente al passato, quando il bambino era considerato un "uomo in miniatura", oggi ritenuto portatore di particolari bisogni, tipicamente infantili, legati alla dipendenza dall'adulto, alle dinamiche esistenti all'interno del proprio nucleo familiare, ai rapporti esistenti tra e con i suoi genitori, in particolare con la madre e/o con il suo sostituto. Naturalmente, tutto questo proporzionale all'et del bambino: tanto pi piccolo o malato quanto pi saranno evidenti queste esigenze, con la conseguente necessit di soddisfarle. Senza dilungarci nella descrizione degli aspetti psicologici legati alla ospedalizzazione pediatrica, che

peculiarit del processo di nursing pediatrico/ occorre sottolineare alcuni aspetti dell'assistenza
infermieristica ai soggetti in et evolutiva. Fra essi occorre ricordare:

1 . Et e grado di sviluppo cognitivo ed emotivo. Le diverse et, e conseguentemente i diversi


livelli di sviluppo cognitivo, influenzano notevolmente la comunicazione e le possibilit di approccio con il bambino. In particolare, l'accertamento va adattato all'et del bambino e la pianificazione correlata a una attenta conoscenza della fase di crescita del paziente, cos come descritta da molti esperti dell'et evolutiva (Piaget, Erikson, ecc.). 2. Esigenze di gioco e occupazione. Svago e gioco vanno considerati soprattutto per la loro importanza nello sviluppo della personalit. Il bambino, attraverso l'attivit ludica, conquista il dominio di se stesso e del mondo che lo circonda. Il gioco permette due funzioni: la manifestazione dei bisogni e dei desideri pi profondi e inconsci; l'espressione della fantasia e della creativit che rende il bambino artefice del suo mondo, diminuendo la sensazione di inferiorit e dipendenza. L'esigenza di occupazione e di svago nel bambino pi accentuata ed evidente rispetto all'adulto. Questo aspetto non pu essere dimenticato o sottovalutato nel piano di assistenza, anche se ovviamente va adattato alle condizioni cliniche del bambino. 3. La triade genitori e bambino. Il bambino malato non pu essere pensato senza la presenza dei genitori, in particolare della madre. Si richiede quindi che tutta la famiglia sia coinvolta nel piano di assistenza. La situazione di bisogno e di dipendenza del bambino richiede che il personale infermieristico sappia sostituire eventuali assenze dei genitori, rassicurandolo sulla continuit del suo rapporto con loro. I parenti del bambino devono poter avere un ruolo attivo all'interno del piano di cura quindi l'infermiere deve coinvolgere i familiari. Alcuni modi possibili sono: la possibilit che i genitori possano continuare a occuparsi del bambino nelle cure igieniche o nell'alimentazione, informarli del piano di cura e di assistenza. L'infermiere deve inoltre aiutare la famiglia a organizzare la loro presenza in funzione degli impegni lavorativi e familiari, oltre che a mantenere un giusto equilibrio tra i bisogni del bambino ospedalizzato e quelli degli altri componenti della famiglia. Un buon rapporto interpersonale tra infermiere e genitori permette a quest'ultimi di manifestare l'ansia, la paura e le preoccupazioni legate alla salute del bambino, quindi di gestire meglio le ripercussioni sul sistema familiare derivanti dall'ospedalizzazione. Tuttavia, la presenza dei genitori, pur essendo positiva, pu rendere talvolta pi complessa lassistenza, infermieristica, in quanto possono essere particolarmente ansiosi e critici nei confronti del personale medico e infermieristico e del piano di cura. I genitori necessitano spesso di essere sostenuti e/o educati nel difficile momento di adattamento alla situazione stressante e nel mantenere il ruolo genitoriale e/o di assistente primario. Altre variabili da tenere in considerazione sono:

- Particolari complessit delle prestazioni. In alcuni casi, la situazione clinica del bambino pu essere particolarmente complessa e grave, richiedendo all'infermiere continui adattamenti del processo assistenziale, oltre alla stretta collaborazione con l'equipe sanitaria. - La richiesta di consulenza infermieristica. Al personale infermieristico che opera in ambito pediatrico sono spesso richiesti interventi educativi e di consulenza nei confronti dei genitori. L'infermiere deve dimostrare disponibilit e creare un'atmosfera serena, fornendo informazioni o interventi educativi diretti, oppure coinvolgendo i componenti dell'equipe, affinch siano date ai genitori tutte le informazioni necessarie. Il piano di nursing deve sempre avere una particolare attenzione ai conseguenti interventi e alla carenza di conoscenza. - La considerazione delle dinamiche familiari. Il bun esito degli interventi assistenziali al bambino e alla famiglia pu essere subordinato alla necessit di conoscere le caratteristiche e le dinamiche familiari. Questo basilare per l'impostazione di un intervento educativo efficace e nel sostegno al coping, quindi va attentamente considerato in fase di accertamento. - // mantenimento dei legami familiari. Per il bambino di fondamentale importanza poter mantenere i
legami con la famiglia e l'ambiente esterno. Nei casi in cui i genitori per vari motivi non possano essere presenti quotidianamente vicino al bambino, pu essere utile fargli tenere con s il suo giocattolo o l'oggetto preferito (oggetto transazionale), oppure la foto dei familiari o un altro oggetto familiare significativo. Questo permette di mantenere il legame con la famiglia tra una visita e l'altra e di ridurre l'ansia da separazione. Si eviteranno cos danni emotivi sul bambino, con ripercussioni negative sullo sviluppo della personalit.;

1.2 II processo di nursing


Nel linguaggio organizzativo un processo una serie di fasi pianificate, di metodi o operazioni finalizzate al raggiungimento di uno specifico risultato. Il processo di nursing il metodo usato per identificare i problemi reali e potenziali dell'assistito, per pianificare ed erogare interventi adeguati e infine per valutare i risultati raggiunti con gli interventi assistenziali. Esso consta essenzialmente di cinque fasi: 1)Accertamento 2) diagnosi infermieristica 3) pianificazione degli interventi 4) Attuazione degli interventi 5) valutazione. Ognuna di esse pu comprendere specifiche attivit e pu dividersi in sottofasi. Il processo di nursing pu essere utilizzato in qualsiasi contesto dove venga erogata assistenza a individui e famiglie e gruppi di ogni et sia in ambiente ospedaliero che extraospedaliero. In questo libro si far tuttavia riferimento prevalentemente all'ambito ospedaliero , in quanto luogo a maggior complessit assistenziale anche se i concetti generali possono essere applicati a ogni contesto. Il suo utilizzo in ambito pediatrico particolarmente consigliato anche per la complessit assistenziale di cui sono portatori il bambino e il nucleo familiare, in modo particolare quando insorge la malattia.

Accertamento
In ambito sanitario l'accertamento l'atto che precede la diagnosi e qualsiasi intervento terapeutico, educativo, riabilitativo e palliativo. In base al proprio ambito specifico di competenza ogni professionista sanitario orienta e attua l'accertamento Per esempio,l'accertamento medico orientativo alla prevenzione dei segni e dei sintomi rivelatori di una malattia allo

scopo di porre una corretta diagnosi medica. In ambito infermieristico, l'accertamento corrisponde alla fase iniziale del processo di nursing. Esso finalizzato alla raccolta di informazioni sull'utente, al fine di identificare le risposte allo stato di salute. L'accertamento consiste nella raccolta, nell'organizzazione e nella documentazione dei dati. L'accertamento pi completo e coerente se viene guidato da una teoria infermieristica (per es., Roy, Henderson, Orem, Cantarelli) o da un modello di riferimento (per esempio, i modelli funzionali di Gordon). In questo testo si scelto quest'ultimo approccio, perch offre una panoramica completa sulla persona, ed di particolare utilit per affrontare problemi di specifico interesse infermieristico, ma anche di tutta l'equipe sanitaria e inoltre non rigidamente legato a nessuna teoria infermieristica. La raccolta dei dati permette di rilevare situazioni disfunzionali presenti, o a rischio di alterazione, su cui fondare il ragionamento diagnostico. I dati raccolti vanno sempre verificati e convalidati. In pediatria infatti, l'et del bambino e il conseguente grado di maturazione psicologica, uniti alla presenza del genitore o di una persona significativa che fa da tramite, aumentano la soglia di incertezza del dato. L'accertamento pu essere diversificato sul piano del contenuto in relazione alle condizioni del paziente. Per esempio, in situazioni di emergenza o urgenza, l'accertamento sar parziale e mirato al problema prioritario da cui pu dipendere la sopravvivenza del bambino. Oppure, se le condizioni cliniche al momento del ricovero lo permettono, potr essere ampio e approfondito. Sul piano teorico possiamo distinguere quattro tipi di accertamento: 1. iniziale: al momento del ricovero; 2. continuo: durante tutta la degenza e ogniqualvolta la situazione lo richieda (monitoraggio); 3. riaccertamento: dopo un certo periodo di tempo, volto a verificare la risoluzione o meno di un problema precedentemente identificato; 4. mirato: attuato qualora l'accertamento iniziale sia inefficace a convalidare un'alterazione funzionale. I metodi usati per l'accertamento sono: A. L'osservazione. B. Il colloquio/ intervista. A. L'osservazione pu essere definita come l'atto con cui l'uomo, con i propri sensi o mediante adatti strumenti, acquisisce i segni con cui si manifestano i fenomeni della natura ('Federspil). Questa metodica richiede l'impiego di varie capacit quali il capire, il riconoscere, il pensare, il memorizzare. Coinvolge anche i sentimenti, la sensibilit e il raziocinio, ed inoltre legata agli organi di senso. Impegna quindi tutte le dimensioni della persona: a livello fisico osservare pu significare vedere, udire, toccare; a livello psicologico pu significare considerare, accorgersi, riconoscere, prendere coscienza.

In ambito assistenziale l'osservazione permette di valutare la situazione del paziente; di stabilirne i caratteri essenziali; di analizzare i particolari, le somiglian-ze, le differenze e di stabilire correlazioni fra queste. Quando l'osservazione si coniuga con l'esperienza viene coniato il termine di "occhio clinico". Linfrmiere che osserva deve possedere buone conoscenze di fisiologia, fisiopatologia, psicologia e sociologia. In ambito pediatrico sono inoltre necessarie specifiche conoscenze cliniche e psicologiche relative ali et evolutiva. Dovr accertare se esistono alterazioni a carico dei principali organi e apparati, come nelladulto. Si dovranno inoltre osservare e valutare le modalit di gioco, i rapporti con i coetanei, le relazioni con i propri familiari (frequenza delle visite, psicodinamiche interpersonali, la capacit dei genitori di prendersi cura del bambino, ecc.). Un'attenzione particolare deve essere riservata anche per le ripercussioni sul futuro sviluppo psicologico e sulle reazioni del bambino alla malattia/degenza in ospedale. Si dovr pertanto osservare e valutare l'eventuale insorgenza di depressione (che si manifesta con l'estraniarsi dall'ambiente e dai genitori, con l'apatia e

l'isolamento), di sintomi nevrotici (mangiarsi le unghie, enuresi, aggressivit nei confronti di genitori e quanti si prendono cura di lui) e di regressione (che si manifesta con comportamenti di dipendenza eccessiva dai familiari o dal personale). Naturalmente l'accertamento in ambito pediatrico richiede il coinvolgimento dei familiari o delle persone pi significative per il bambino. Trattandosi di un minore, l'infermiere dovr inoltre valutare con molta cautela e attenzione tutti quei segni e/o sintomi che possono indicare l'esistenza di maltrattamenti, per eventualmente riferirlo a chi di competenza.

B. Colloquio/intervista
II colloquio/intervista ha lo scopo di fornire all'infermiere informazioni sullo stato generale del paziente, consentendogli di: - entrare in relazione con il bambino e i familiari, instaurando un rapporto di reciproca fiducia e conoscenza; fornire informazioni al bambino e ai familiari; osservare il comportamento del bambino e dei familiari.

Differisce dalla conversazione in quanto implica una finalit (raccogliere informazioni precise e utili alla identificazione dei problemi del bambino e alla messa in atto di interventi per risolverli). L'infermiere deve possedere abilit comunicative in parte innate, ma anche dipendenti da una preparazione; esistono infatti delle tecniche di comunicazione che facilitano l'intento.Va sottolineato, inoltre, che ogni tipo di comunicazione o colloquio con il bambino e la sua famiglia deve essere improntata da una reale e genuina sensibilit e disponibilit nei loro confronti. Il tutto quindi deve avvenire in un clima di totale empatia. Nell ambito pediatrico, la comunicazione verbale si arricchisce di altre componenti quali, per esempio, il tatto. Inoltre, la presenza di un familiare costringe l'infermiere ad avere contemporaneamente due interlocutori, i quali richiedono modalit diverse di comunicazione. Il colloquio/intervista in ambito pediatrico verr effettuato primariamente con il bambino, se questi ha un'et e uno sviluppo psicologico in grado di sostenerlo, altrimenti sar rivolto ai genitori o a una persona significativa o vicina al bambino. Dovr in ogni caso essere integrato con l'apporto degli adulti che si occupano di lui. Il colloquio si deve svolgere in un'atmosfera di comprensione e accettazione. Il piccolo e i familiari vanno messi a proprio agio e l'infermiere non deve dare l'impressione di svolgere una pratica burocratica e frettolosa. Dopo essersi presentato e aver chiarito lo scopo, l'infermiere deve sedersi su di una sedia di fronte al bambino e/o ai parenti, mantenendo una distanza interpersonale adeguata (circa 1 m) e un contatto visivo, a dimostrazione di interesse e ascolto attivo per la loro situazione. Va tenuto comunque presente che il colloquio va guidato, altrimenti vi pu essere il rischio di divagazioni. A tale scopo esistono delle schede strutturate. Ancora, va ricordato che il colloquio/intervista, se possibile, va attuato in un ambiente tranquillo, dove siano ridotte al minimo le distrazioni (rumori, radio, televisione, persone, ecc.) e nel rispetto della privacy. Se ci non fosse possibile, ci si pu sedere vicino al paziente e, parlando a voce bassa, creare un ambito di discrezione. Se attuabile, bisogna evitare di essere interrotti da altri operatori durante il colloquio. Come per ogni paziente, oltre ai parenti e al bambino, se in grado di esprimersi (fonti primarie), altre fonti per la raccolta delle informazioni possono essere rappresentate dalla documentazione clinica e infermieristica, dagli altri operatori sanitari, dalla bibliografia (fonti secondarie). Analogamente all'adulto, i dati raccolti devono essere sia aggettivi (segni e indicatori), sia soggettivi (sintomi e dichiarazioni del bambino o dei familiari). Come gi detto il testo suggerisce di utilizzare per l'accertamento i modelli funzionali di Gordon. I modelli funzionali sono 11 e sono riassunti nella tabella 1.1.

Nella figura 1.1 riportata una scheda di accertamento di base, specifica per l'ambito pediatrico, costruita sulla base del modello Gordon. Tale scheda dovr essere integrata con accertamenti mirati per chiarire aree ritenute disfunzionali o a rischio di alterazioni.
1 . Modello d percezione della sa ute - gestione 2. Modello nutrizionale- metabolico 3. Modello di eliminazione 4. Modello attivit - esercizio fisico 5. Modello di riposo - sonno 6. Modello cognitivo - percettivo 7. Modello di percezione di s 8. Modello di ruolo - relazione 9. Modello di sessualit - riproduzione 10. Modello di coping - tolleranza allo stress 11 . Modello di valori convinzioni Reparto.. .Data.........................Indirizzo..............................................................Telefono.............................

Cognome ..................... Nome ..................... Data di nascita.... Et......... Religione ........................ Persona da contattare ....................................... Nazionalit....................................... Presenza della madre si no Provenienza: da casa da struttura sanitaria altro............................................................................................. Motivo del ricovero (sintomatologia e/o diagnosi) ....................................................................................................... Anamnesi medica remota ............................................................ ............................... ................... .................... ............ .......................................................................................................................................................................................... Vaccinazioni di legge si no Facoltative, specificare.. Allergie (a formaci, cibi, cerotto, tinture): Reazione... STATO IMMUNITARIO ....................................................................................

FARMACI e/o TRATTAMENTO IN ATTO

DOSAGGIO

FREQUENZA

ULTIMA DOSE

MODELLO DI PERCEZIONE E GESTIONE DELLA SALUTE

Come consideri la tua salute/ricovero in ospeda e? Come considera la salute/ricovero in ospedale di suo/a figlio/a?................................................................................................................................................................. .............................................................................................................................................................................

MODELLO DI ATTIVIT - ESERCIZIO FISICO (considerare il livello di crescita e sviluppo)


CAPACIT DI CURA DI S

Mangiare/ bere Igiene

Vestirsi/Cura dell'aspetto Eliminazione Mobilit nel letto Deambulazione

MODELLO NUTRIZIONALE-METABOLICO

Abitudini alimentari.................................Frazionamento pasti nelle 24 h..................diete/latti speciali................. Appetito: normale aumentato diminuito diminuita sensibilit gustativa Rigurgiti e vomiti post prandiali Nausea n Vomito a Rigurgiti Stomatite .................................................................................................

Assunzione di liquidi: beve quantit ............Quantit di latte nelle 24 h.....................Variazioni del peso si no kg persi/presi.................................. In quanto tempo ........................... Difficolt di deglutizione (disfagia) si no Stato della cute: normale secca traspirazione eccessiva rash cutanei si no , se si descrivere caratteristiche ed estensione ................................................................................................................................. Tensione delle fontanelle (bambini fino a un anno di et) descrivere............................. Presenza di acne Altro (specificare)
MODELLO DI ELIMINAZIONE

ABITUDINI INTESTINALI: frequenza delle evacuazioni ........stipsi sviluppo si no

diarrea

incontinenza legata allo

ABITUDINI URINARIE: Frequenza......... disuria nicturia stimolo imperioso ritenzione ematuria incontinenza legata allo sviluppo si no diurna notturna totale occasionale difficolt a rimandare la minzione Uso di pannolini si no continuo n discontinuo , presenza di catetere vescicole si n o urostomia si no
MODELLO DI RIPOSO-SONNO

Abitudini: ore/notte......sonnellino mattutino pomeridiano insonnia incubi notturni insonnia incubi a uso di succhiotto Oggetti che danno sicurezza (specificare)
MODELLO COGNITIVO PERCETTIVO

Stato mentale: vigile afasia recettiva difficolt a riferire orientato confuso combattivo non risponde Sviluppo del linguaggio: normale per l'et problemi , se si quali ............lngua parlata......capacit di comunicare si no Capacit di comprendere: si no il bambino appare ansioso (descrivere il comportamento)......... .......... .. Il genitore appare ansioso, apprensivo, preoccupato (descrivere il comportamento) .. Capacit di interazione: appropriata per l'et Altro......Percezione sensoriale: udito, olfatto, vista, tatto (descrivere)................................................................................................................................................... Malessere/dolore: si no acuto cronico (descrivere ci che il bambino riferisce) ......... .............. ......... Valutazione del dolore (scala) .......................................................................................................................

MODELLO DI COPING- TOLLERANZA ALLO STRESS/PERCEZIONE DI S CONCETTO DI S

Preoccupazioni relative al ricovero del bambino e/o malattia (finanziarie, ruolo genitoriale) ............................................................................................................................................................................. Cosa pu fare il personale infermieristico per aiutarvi nel corso di questo ricovero?......................................... Il bambino ha subito perdite e/o cambiamenti importanti nell'ultimo anno si no se si di che tipo?................................................................................................................................................................... Il bambino: timido Impaurito piange con difficolt collaborante altro .
MODELLO SESSUALIT RIPRODUZIONE

Come gestisce le curiosit e il comportamento del bambino circa gli aspetti legati alla sessualit? ............................................................................................................................................................................ Ha raggiunto il concetto di "pudore"? s no se si, quali comportamenti non accetta o ha difficolt ad accettare?......................................................................................................................................................... Nel caso di adolescente: accettazione cambiamenti corporei si no (descrivere .................................... Preoccupazioni sessuali legati alla malattia: per mancata privacy per il rischio di alterazioni delle funzioni sessuali compromissione dell'attivit sessuale
MODELLO DI RUOLO-RELAZIONE

Scuola .......................................... rendimento scolastico............................... Gioca con altri bambini si no Quale altro gioco preferisce ........................................................................................................................ Nel gioco, preferisce bambini della sua et, pi grandi, pi piccoli? .......................................... .............. ........ Socializza con facilit? Si no Ha compagni di gioco immaginar!? Si no ,se si specificare ................. Relativamente alla madre: ha preoccupazioni legate al rapporto con gli altri? Si no, se si di che tipo? ........................................................................................................................................................................... Ci sono persone di cui si fida e alle quali affiderebbe l'assistenza di suo figlio? Si quali ............................ no perch ........................................... Sistema di supporto per i genitori: partner vicini di casa/amici nessuno altro .............................. ...........

MODELLO DI VALORI-CONVINZIONE

Religione:............................................. Richiesta di assistenza spirituale per la famiglia: si no Restrizioni dovute alla religione: si no quali ...............................................................................
ESAME OBIETTIVO (fisico)

1.

PARAMETRI VITALI

Altezza e/o lunghezza .............Peso.......... Circonferenza cranica ...........Superficie corporea ......................... Percentile .................................................

Temperatura: ascellare ...... rettale ......... Polso: ......... ritmico aritmico Pressione arteriosa: Braccio dx.............. Braccio sx.............disteso.........Strumento..................................... Genitali esterni: nel maschio criptorchidismo , arrossamenti. Sviluppo sessuale per et.......... 2. APPARATO RESPIRATORIO/CIRCOLATORIO Frequenza del respiro......... nella norma superficiale rapido affannoso tosse: si no , se si, caratteristiche.................................................................... Rumori polmonari no si sede......................................... catarro caratteristiche......................................... 3. SISTEMA METABOLICO-TEGUMENTARIO Cute: calda fredda Colorito: nella norma pallido cianotico cinereo itterico Edemi: no si ..............:... Lesioni: no si ....................con drenaggi Ecchimosi: no si ..................... Arrossameli: no si sede............................ Prurito: no si Presenza di sondini, cateteri .......................... Cavo orale: integro, lesioni ................................................................................................................ 4. SISTEMA NEURO/SENSORIALE Pupilla: isocorica anisocorica 5. APPARATO MUSCOLARE SCHELETRICO Escursione articolare: completa incompleta ............................................................................................. Equilibrio e deambulazione in base allo sviluppo: stabile a instabile Presa della mano: simmetrica forte debole/paralisi: dx sx. Fontanelle e suture craniche ................................ Uso e mobi ita dei 4 arti ..................................................... PIANO DI DIMISSIONE Precedente utilizzo dei servizi territoriali: assistenza domiciliare sociale volontariato Si prevedono problemi nella cura del bambino dopo la dimissione: no si quali .................................. Informazioni relative al servizio domiciliare. Osservazioni:..

Diagnosi
Dopo la fase appena descritta l'infermiere pu procedere a diagnosticare le risposte della persona ai problemi di salute reali e potenziali, oltre che individuare le situazioni da gestire in collaborazione con altri sanitari. La diagnosi infermieristica nasce intorno agli anni Cinquanta, ma con la costituzione della MANDA (North American Nursing Diagnosis Association) nel 1973, negli Stati Uniti, che inizia a diffondersene l'uso. La IX conferenza della MANDA, del 1990, ha definito la diagnosi infermieristica come: un giudizio cllnica riguardante le risposte della persona, della famiglia o della comunit a problemi di salute/processi vitali attuali o potenziali. La diagnosi infermieristica costituisce la base sulla quale scegliere gli interventi infermieristici volti a raggiungere dei risultati di cui l'infermiere responsabile. La diagnosi infermieristica sicuramente utile a identificare le situazioni che l'infermiere tratta autonomamente, ma il campo di azione dell'infermiere non si esaurisce qui. Vi sono situazioni in cui egli ha semplicemente un ruolo di esecutore, e altre dove col-labora attivamente, conservando un alto potere decisionale, pur eseguendo anche interventi su prescrizione. Il modello bifocale di Lynda Juall Carpenito, nato nel 1983, copre la totalit dell'operato dell'infermiere. Accanto alle utili diagnosi della MANDA che

utilizza (pur aggiungendone alcune non approvate dalla MANDA), Carpenito affianca un altro concetto, quello di problema collaborativo o complicanza potenziale. Il problema collaborativo un problema reale o potenziale di salute, corrispondente a una risposta fisiopatolagica dell'organismo (a un trauma, a un esame diagnostico o a un trattamento) che gli infermieri hanno la completa responsabilit di riconoscere, segnalare e trattare in collaborazione con altri operatori (Carpenito, 1996). Anche i problemi collaborativi richiedono l'attuazione del processo di nursing in tutte le sue fasi. Essi si presentano associati a una patologia, a un trauma o a un trattamento specifico (intervento, terapia, esame diagnostico) che possono comportare delle complicazioni reali o potenziali sul paziente. Secondo Carpenito, il problema collaborativo va enunciato come complicanza potenziale. Tuttavia, altri autori (per es. Holloway) preferiscono parlare di complicanze potenziali quando il paziente presenta un rischio elevato di sviluppare il problema. Suggeriscono invece di usare il termine "problema collaborativo" quando la situazione reale. In questo testo si scelto di utilizzare il modello bifocale di Carpenito per tutta l'impostazione della parte infermieristica.

Situazione identificata (stato di salute, problema) SI Diagnosi infermieristica NO Sono necessari interventi sia medici che infermieristici in vista dell'obiettivo del cliente

Prescrivere e attuare interventi definitivi per la prevenzione, il trattamento o la promozione

SI

NO

Problemi collaborativi prescrivere ed attuare Interventi di competenza infermieristica controllare e valutare le condizioni mettere in atto le prescrizioni mediche

Dimissione dall Assistenza infermieristica

Elementi della diagnosi infermieristica


Le diagnosi infermieristiche MANDA sono costituite da: titolo, definizione, caratteristiche definenti, fattori correlati o di rischio.Il titolo la descrizione concisa di un problema di salute. Deve contenere un qualificatore che descriva la situazione, come per esempio alterato, inefficace, insufficiente. Secondo la tassonomia MANDA, la definizione descrive le caratteristiche della risposta umana considerata. Per esempio, la definizione della diagnosi "modello inefficace di alimentazione del bambino" lo stato in cui il bambino di 0-9 mesi dimostra un'alterata capacit di poppare o di coordinare la risposta suzionedeglutizione, da cui deriva una nutrizione orale inadeguata al fabbisogno metabolico (Carpenito, 2001 ). Le caratteristiche definenti sono indispensabili per una formulazione diagnostica corretta e valida. Esse sono informazioni cllniche (segni e/o sintomi) che giustificano una determinata scelta diagnostica. Mentre Carpenito continua a distinguerle in maggiori e minori, la NANDA nell'ultima tassonomia ha abbandonato questa differenziazione (NANDA, 1998-2000).

I fattori correlati sono indicatori eziologici che influenzano l'instaurarsi del problema. Vengono rag-gruppati in quattro categorie: fisiopatolagici (biologici e psichici), correlati a trattamenti, a situazioni, a fasi maturative. Sono definiti fattori correlati e non cause o eziologia, perch la relazione diretta tra fattore causale e insorgenza del problema non sempre possibile, anche se si possono identificare alcune relazioni tra i due eventi. Identificare i fattori correlati di un determinato problema di salute molto importante. Solo in questo modo infatti possibile dare risposte definitive e non semplicemente sintomatiche. Infine, i fattori di rischio sono situazioni che espongono fortemente il soggetto (o la famiglia o la comunit) a sviluppare una certa diagnosi. Se i fattori di rischio non sono rimossi, un problema da potenziale si pu trasformare in reale. Tipologia di diagnosi infermieristiche Carpenito identifica cinque diversi tipi di diagnosi infermieristica: reale, di rischio, possibile, di benessere, a sindrome. La diagnosi infermieristica reale si riferisce a una situazione gi in atto e manifesta. Si caratterizza per la presenza di tre elementi: titolo, caratteristiche definenti (segni e sintomi) e fattori correlati (cause). Esempio: Coping inefficace del bambino (titolo) correlato a separazione dalla famiglia (fattori correlati), che si manifesta con pianto, isolamento e chiusura ai rapporti (caratteristiche definenti). La diagnosi di rischio definisce l'elevata possibilit di insorgenza di un determinato problema se non si incide sui fattori di rischio gi presenti. Gli elementi della diagnosi infermieristica potenziale sono due: il titolo e i fattori di rischio. Esempio: Rischio di compromissione della integrit cutanea (titolo) correlata a immobilit. La diagnosi infermieristica possibile definisce una situazione non del tutto chiara, dove occorre raccogliere altre evidenze per sostenere la scelta diagnostica, anche se permangono elementi di forte probabilit. Gli elementi della diagnosi infermieristica possibile sono il titolo (contenente il termine possibile) e i fattori correlati che portano a formulare questo tipo di diagnosi. Esempio: Possibile deficit di attivit diversive (titolo) correlato a dolore o assenza di coetanei o ricovero in ospedale o...(fattori correlati). La diagnosi di benessere indica un giudizio cli-nico su una persona, un gruppo, una comunit in transizione da un livello specifico di benessere a quello superiore (NANDA). Va preceduta dall'espressione "potenziale miglioramento o aumento". Esempio: potenziale miglioramento dell'allattamento al seno. Infine le diagnosi a sindrome sono un insieme di diagnosi reali o di rischio elevato, la cui presenza predetta a causa di un certo evento o situazione (NANDA). Queste diagnosi sono costituite solo dal titolo, dove per gi inserita la causa del problema. Esempio: Sindrome da immobilizzazione. La pianificazione La pianificazione dell'assistenza costituita essenzialmente da tre momenti: l'identificazione delle priorit; l'identificazione degli obiettivi e dei criteri temporali e di risultato; la definizione degli interventi infermieristici con relative motivazioni scientfiche. garantire un'assistenza continua e personalizzata; fornire una guida scritta al gruppo infermieristico per l'assistenza al bambino e ai genitori; formulare un piano di interventi realistici efficaci e valutabile; orientare gli infermieri a intervenire sui problemi prioritari di assistenza del bambino; favorire il coinvolgimento e la partecipazione del bambino, dei genitori e delle persone significative; offrire uno strumento di informazione per i componenti dell'equipe;

La pianificazione in ambito pediatrico ha lo scopo di:

avere a disposizione uno strumento per rivedere e valutare l'assistenza.

La pianificazione dell'assistenza pi facilmente attuabile se esiste un'infermiera responsabile del controllo generale dell'assistenza del paziente dal momento dell'ammissione a quello della dimissione. Questo permette di attuare un'assistenza centrata sul paziente e i suoi bisogni, come previsto dal profilo professionale dell'infermiere (D.P.R n. 739/1994). Il piano documentato e condiviso con tutto il personale infermieristico che collabora alla sua attuazione. E reso disponibile anche a tutti gli altri sanitari interessati. Quando possibile in tutte le fasi del processo di nursing, compresa la pianificazione, bambino e genitori devono svolgere un ruolo attivo, quindi l'infermiere deve sempre coinvolgerli quando predispone il piano. Definizione delle priorit Da tutte le diagnosi infermieristiche e collaborative presenti, l'infermiere deve trarre i titoli prioritari, cio quelli che devono essere pianificati anticipatamente. In genere, data la priorit alle situazioni "pericolose" per la vita del paziente o che possono lasciare delle sequele. Per l'identificazione dei problemi prioritari sempre utile considerare la scala di Maslow. La figura 1.3 schematizza i 5 livelli dei bisogni umani. Identificazione degli obiettivi e dei criteri di risultato'" --,"' Stabilito il gruppo di diagnosi prioritarie, l'infermiere stabilisce gli obiettivi (risultati attesi attraverso le cure infermieristiche), i quali possono essere del bambino, dei genitori o dell'infermiere.
1

Competenza risultati AIUTO REALIZZAZIONE Rispetto di s status sociale

STIMA AMORE
Sicurezza fisica Affettivit appartenenza

SICUREZZA

psicologica

BISOGNI FISIOLOGICI
Affettivit

Fame, sete, sonno, sesso

Si definisce bisogno l'esigenza di un bene necessario alla vita. 1. Bisogni fisiologici: legati alla sopravvivenza quali il bisogno di cibo, di acqua, di aria, di riposo. Quando questi sono sufficientemente soddisfatti l'uomo viene reso disponibile per avvertire un'altra serie di bisogni, in quanto i primi, essendo soddisfatti, non sono sentiti pi come tali. Questa condizione da via libera al bisogno gerarchicamente superiore che Maslow chiama bisogno di sicurezza, ossia di stabilit, di protezione. Soddisfatte tali esigenze, si produce un senso di assuefazione e l'uomo si apre a una successiva serie di bisogni. 2. Bisogno di appartenenza e di attivit sociale: la richiesta cio di essere accettati da altri, di scambiare amicizia ed affetto, di appartenenza a gruppi. 3. Bisogno di autostima e di status sociale. Per Maslow questi bisogni convergono nell'esprimere il bisogno dell'uomo di definire la sua identit, di stimarsi e di essere stimato.

4. Bisogno di autorealizzazione. Pu essere definito la condizione in cui "un uomo deve essere ci che pu essere, deve diventare ci che capace di diventare". 5. Bisogno di autorealizzazione: definito da Maslow come continua attuazione di potenzialit e di talenti, come concepimento di una missione, di una vocazione, come tendenza incessante all'unit e all'integrazione. Di norma il bisogno di autorealizzazione interviene nelle scelte importanti della vita, quali lo studio e il lavoro, e si soddisfa nell'espressione delle capacit personali. Secondo Alfaro (1994), gli obiettivi del cliente sono enunciazioni descriventi comportamenti misurabili del paziente (o della famiglia), che denotano uno stato favorevole (cambiato o mantenuto) a seguito dell'erogazione di assistenza infermieristica. Gli obiettivi descrivono l'impegno dell'infermiere nei confronti di una certa situazione. Alle diagnosi infermieristiche corrispondono obiettivi del cliente; ai problemi collaborativi obiettivi dell'infermiere. Gli obiettivi del cliente sono la descrizione dei risultati che il bambino e i genitori devono raggiungere dopo l'attuazione dell'intervento infermieristico. Sono direttamente correlati alle diagnosi infermieristiche. Possono essere una negazione delle D.l. (es.: Il bambino non presenter compromissione dell'integrit cutanea) o l'assenza di una D.l. (esempio: II bambino presenter cute integra). Gli obiettivi possono indicare: la soluzione del problema, l'evidenza di un progresso verso la soluzione del problema, la stabilit della situazione, il mantenimento di una condizione di buona salute o funzionalit, un progresso verso un migliore stato di salute. Utilizzando la propria competenza e la propria esperienza clinica l'infermiere, con il coinvolgimento del bambino e dei genitori, deve stabilire degli obiettivi adeguati alle risorse disponibili, perch possano essere realistici, raggiungibili e coerenti. Gli obiettivi so--s no realistici e raggiungibili se si basano sulle caratteristiche del bambino e della jgmiglia (et, sesso, istruzione, caratteristiche socio-economche-culfturali, capacit di affrontare i problemi, condizioni fisiologiche ed emotive) e sulla prognosi medica e infermieristica.; Gli obiettivi sono accettabili se pianificati "per e con" il bambino e la famiglia. L'infermiere deve avere la collaborazione del bambino e dei familiari per raggiungere gli obiettivi. Secondo Little e Carnevali, il bambino e la famiglia possono segnalare la loro mancanza di collaborazione nei seguenti modi: non mostrando entusiasmo; non ponendo domande; assentendo sempre; non prendendo iniziative; non contribuendo con idee; esprimendo sensi di colpa quando non vengono raggiunti gli obiettivi.

L'infermiere per stabilire obiettivi coerenti con il piano di cura del bambino, deve sempre consultare il medico e gli altri componenti dell'equipe sanitaria. Gli obiettivi devono essere rivisti, in quanto si modificano in relazione alla variazione delle diagnosi infermieristiche. Per valutare se l'obiettivo (risultato atteso) stato raggiunto dal bambino, indispensabile stabilire con chiarezza prima i criteri di risultato. I criteri di risultato sono descrizioni di comportamenti o manifestazioni/stati cimici che si utilizzano per valutare i progressi del bambino. Sono in genere affiancati dai modificateri che lo esplicitano e lo rendono misurabile (es.: // bambino presenter una FC compresa fra 100 e 120 batt/min). I criteri sono costruiti partendo dalle caratteristiche definenti (per le diagnosi infermieristiche reali) o dai segni e dei sintomi delle situazioni per le quali il paziente a rischio (perje diagnosi infermieristiche di rischio). Lo scopo dei criteri di

risultato quello di orientare gli interventi per raggiungere l'obiettivo; misurare l'efficacia e la validit degli interventi, verificare se l'obiettivo (risultato) stato raggiunto. Nel caso il bambino presenti problemi collaborativi si definisce l'obiettivo dell'infermiere,il quale riflette fa responsabilit dell'operatore nelle situazioni gestite in collaborazione tra il medico e linfermiere Nella gestione dei problemi collaborativi la responsabilit dell'infermiere comprende quattro aspetti fondamentali per garantire l'assistenza al bambino e ai genitori: - il monitoraggio continuo delle condizioni di salute e dei parametri cimici; - la consultazione delle prescrizioni di altri operatori; - l'esecuzione di azioni volte a gestire o a ridurre la gravita di una situazione; - la valutazione e il controllo continuo delle risposte cliniche/comportamentali del bambino e dei genitori. Gli obiettivi dell'infermiere in merito ai problemi collaborativi possono essere indicati usando la seguente frase: L'infermiere gestir o ridurr al minimo le possibili complicanze o l'infermiere gestir e ridurr al minimo il problema (Carpenito, 2001). Gli obiettivi dell'infermiere rispetto ai problemi collaborativi non richiedono la specificazione degli indicatori di risultato. Definizione degli interventi assistenziali e delle motivazioni scientifiche La pianificazione prosegue con l'identificazione degli interventi pi efficaci che l'infermiere (o persona da lui delegata) pu attuare al fine di migliorare il problema del bambino e dei genitori. Gli interventi devono considerare le persone coinvolte, le risorse disponibili e la condizione clinica del bambino. Per le D.l. sono inseriti esclusivamente interventi a prescrizione infermieristica; mentre per i problemi collaborativi sono indicati sia interventi autonomi sia interventi su prescrizione medica. Gli interventi prescritti dall'infermiere mirano a: ridurre o eliminare i fattori correlati e/o di rischio; - prevenire l'insorgenza del problema; - promuovere un maggior livello di benessere; monitorare e controllare le condizioni del bambino e dei genitori. Questi tipi di interventi devono essere specifici per raggiungere l'obiettivo identificato e rimuovere le cause del problema, anche se possono essere utili alcuni interventi sintomatici. Gli interventi prescritti dal medico sono: controllo e monitoraggio dei parametri clinici per rilevare eventuali variazioni delle condizioni del bambino; esecuzione di esami cimici/procedure; preparazione a procedure medico-chirurgiche, collaborazione alle stesse e monitoraggio successivo. - somministrazione di terapia;

Spesso ci son delle diagnosi infermieristiche che richiedono il coinvolgimento di diversi operatori. Secondo Gordon (1987), dire che la diagnosi infermieristica un problema di salute che pu essere trattato dagli infermieri non significa che non si possa fare ricorso alla consulenza di altre professioni. L'elemento decisivo se gli interventi di prescrizione infermieristica sono in grado di conseguire l'obiettivo stabilito con il cliente. Gli interventi devono avere un rapporto diretto con l'obiettivo e con il problema; devono quindi contribuire al trattamento del problema e al raggiungimento dell'obiettivo. Gli interventi devono essere basati sulle informazioni raccolte ed essere coerenti con il piano di cura, quindi per poter fare prescrizioni infermieristiche necessario conoscere bene il bambino e i genitori.

La formulazione degli interventi prescritti dall'infermiere deve soddisfare i seguenti criteri: descrivere l'azione che si deve compiere e specificare il soggetto che la deve compiere con un verbo attivo, indicare quando e dove deve essere compiuta l'azione, con quali apparecchiature o presidi. Solo se cos completati diventano delle prescrizioni infermieristiche. Ogni intervento dovrebbe essere supportato da una o pi motivazioni scientifiche (ragioni o principi scientifici) derivate dalla psicologia, dalla fisiologia, dalla farmacologia, dalle scienze sociali. Risulta sempre necessario tenere presente il piano di cura degli altri componenti dell'equipe, rispettando gli obiettivi e le azioni degli altri professionisti della salute. La collaborazione e l'integrazione all'interno dell'equipe sono essenziali per il raggiungimento degli obiettivi di cura generale del bambino. Il piano di assistenza infermieristica va documentato, per servire come strumento di valutazione e di confronto con gli standard assistenziali previsti dalla istituzione e dalla professione. Come documento scritto aiuta l'equipe sanitaria a fornire un'assistenza di qualit elevata al bambino, perch costituisce una parte permanente della documentazione relativa alla salute del paziente.

Attuazione degli interventi


L'attuazione la fase operativa del processo di nursing. Implica l'applicazione delle abilit intellettuali, relazionali e tecniche necessarie alla messa in atto degli interventi infermieristici previsti nel piano di assistenza. L'infermiere assume la responsabilit dell'attuazione del piano anche se coinvolge altri operatori dell'equipe sanitaria. L'attuazione del piano infermieristico richiede il rispetto di alcuni princpi quali: il maggior coinvolgimento possibile del bambino e dei genitori; la valutazione infermieristica degli interventi interdipendenti e dipendenti, i quali non vanno eseguiti ciecamente ma vanno valutati segnalando eventuali dubbi al professionista che li ha prescritti; il mantenimento di una relazione interpersonale continua e l'attenta osservazione durante tutta l'erogazione delle prestazioni, al fine di rilevare le reazioni del bambino e dei genitori. Le attivit delegate agli altri operatori o ai genitori/parenti sono coordinate, supervisionate e valutate dall'infermiere responsabile. Per tale motivo l'infermiere deve conoscere le capacit e i limiti degli operatori che compongono l'equipe infermieristica e le possibilit della famiglia. Tutti gli interventi infermieristici devono essere incentrati sul bambino e sui genitori, attuati con empatia e disponibilit ad accettare e comprendere le loro risposte. Devono essere basati su evidenze scientifiche. La medicina e il nursing basati sull'evidenza scientifica (EBM "Evidence Basaci Medicine", EBN -"Evidence Based Nursing") consistono nell'uso cosciente, esplicito e giudizioso delle migliori evidenze scientifiche disponibili, quando si prendono decisioni in merito all'assistenza ai singoli pazienti. Significa anche integrare la competenza clinica individuale (la capacit di giudizio che ogni infermiere acquisisce attraverso la conoscenza e l'esperienza), con la migliore evidenza clinica disponibile proveniente da ricerche sistematiche. Le abilit e le conoscenze necessarie nell'attuazione si incentrano su: esecuzione di atti che aiutano il bambino e/o il genitore; esecuzione di trattamenti specifici; informazione ed educazione del bambino e dei genitori; consultazione di altri operatori; supervisione delle attivit delegate ad altri operatori;

- verifica e monitoraggio delle condizioni e dei problemi gi rilevati;

- coordinamento del programma globale di assistenza.

L'attuazione degli interventi, in ambito pediatrico, deve essere accompagnata da continue spiegazioni su ci che viene fatto, sul ruolo che il bambino e i genitori devono assumere, sui risultati attesi, sul tipo di materiale usato e sui disagi che possono verificarsi. L'infermiere deve mantenere sempre al centro dell'attenzione i bambino e il genitore. La fase applicativa del processo di nursing si conclude con la registrazione nella documentazione clini-re del paziente (o cartella infermieristica o cartella integrata) degli atti eseguiti, degli effetti che producono e delle eventuali variazioni o reazioni del bambino. Le registrazioni devono essere chiare, concise, precise e oggettive, devono riguardare gli interventi che si riferiscono alle diagnosi infermieristiche, ai problemi col-laborativi e ad altri interventi non pianificati. La valutazione delle prestazioni erogate La valutazione l'ultima fase del processo di nursing. Si tratta di un'attivit intellettuale finalizzata alla verit del raggiungimento degli obiettivi. In altri termini, si valutano i risultati ottenuti dal bambino e/o dai genitori attraverso l'intervento infermieristico. Un aspetto fondamentale della valutazione l'osservazione. Anche nella valutazione l'infermiere utilizza tutti i sensi per raccogliere i dati oggettivi e i dati soggettivi I dati raccolti possono indicare la necessit di modificare o riformulare il piano di assistenza, diventando cos il punto di partenza di una nuova raccolta dati. Questa fase rende quindi l'assistenza infermieristica un processo continuo per la risoluzione dei problemi e per il mantenimento della salute. Per valutare il raggiungimento degli obiettivi del cliente in seguito a una diagnosi infermieristica, l'infermiere valuta lo stato e i comportamenti del bambino e della famiglia, li confronta con i risultati attesi presenti nella pianificazione, e stabilisce se il bambino sta progredendo nel raggiungimento dell'obiettivo. L'infermiere dovrebbe porsi le seguenti domande: La diagnosi infermieristica ancora presente? necessario aggiungere altre diagnosi? Gli obiettivi del cliente sono coerenti con il problema, sono stati raggiunti? Gli interventi sono stati tutti attuati? Se no, perch? I comportamenti del piccolo paziente corrispondono a quelli attesi?

Le risposte del bambino e dei genitori possono essere registrate sul diario assistenziale o in altro documento in uso nell'unit operativa o servizio. La valutazione dei problemi collaborativi riguarda invece le condizioni del paziente come indicato dagli interventi di monitoraggio. I dati riguardanti il monitoraggio dei problemi collaborativi possono essere riportati nel diario infermieristico o direttamente nella cartella clinica. Nell'affrontare la valutazione di un problema collaborativo per la cui gestione e risoluzione preponderante la responsabilit del medico, l'infermiere deve collaborare attivamente. L'infermiere pu trarre conclusioni sulla qualit dell'assistenza e sul miglioramento della salute del bambino solo nella valutazione finale, in quanto si pu avere una visione globale del raggiungimento degli obiettivi da parte del bambino e della famiglia. Una valutazione permanente la modalit con cui mantenere vitale, soddisfacente e motivante l'intero processo di assistenza infermieristica, dimostrando la qualit dell'assistenza erogata, al fine di contribuire in termini di efficacia e di efficienza all'intero progetto di cura della persona e della famiglia. Per la professione infermieristica attuare con sistematicit la pianificazione dell'assistenza significa offrire uno strumento di coordinamento utile per l'informazione di tutta l'equipe sanitaria che segue il bambino ed evidenziare la complessit e la specificit della professione in area pediatrica.

1.3 Tipi di piani assistenziali

I piani di assistenza proposti dalla letteratura infermieristica sono di solito standardizzati, cio costruiti sui problemi (Dl e PC) "tipo" di una specifica popolazione di pazienti. Questi piani possono essere utili per l'utilizzo nelle unit operative in quanto "sollevano" l'infermiere dal riportare tutte le possibili situazioni problematiche di un paziente in forma scritta. Inoltre, dovendoli integrare solo con alcuni problemi legati a un singolo paziente, riducono i carichi di lavoro, rendendo l'utilizzo del piano pi gradito ai prfessionisti. Un sistema di pianificazione utile ed efficace dovrebbe comprendere: Piani di assistenza generali dell'U.O.: descrivono l'assistenza di base erogata a tutti i pazienti di una specifica unit operativa. Contengono cluster di titoli (Dl e PC) applicabili a una situazione specifica (per es.: Piano di assistenza standard in chirurgia pediatrica). - / piani di assistenza standardizzati:'sono piani di ' assistenza scritti per un gruppo di bambini con una specifica diagnosi medica o sottoposti a un particolare intervento chirurgico o a una procedura specifica. Sono formulati da infermieri esperti che individuano le diagnosi infermieristiche e i problemi collaborativi pi comuni. Il singolo infermiere potr decidere di utilizzarli integralmente o di modificarli in base ai risultati dell'accertamento del paziente. I piani di assistenza proposti all'interno dei capitoli della terza unit, possono essere considerati come esempio di questo sistema di pianificazione. - Piani di assistenza aggiuntivi: integrano relativamente a problemi specifici di un singolo paziente. Sono scritti dall'infermiere responsabile dell'assistenza di un determinato bambino. Accanto alle varie forme di piani di assistenza pu essere utile un manuale delle procedure-protocolli di unit operativa, che descriva come eseguire particolari interventi infermieristici. Questi strumenti permettono all'infermiere di diminuire il tempo necessario per la progettazione dell'assistenza. Oltre a questi strumenti, tipici della professione infermieristica, stanno iniziando a diffondersi strumenti di pianificazione multidisciplinari (clinical pathway) che descrivono l'operato di tutta l'equipe assistenziale rispetto a una specifica tipologia di pazienti, o a5 una particolare procedura/intervento chirurgico (per es.: clinical pathway per bambino sottoposto a trapianto di midollo osseo). *************************************************************************************************************************** Una malattia acuta si manifesta improvvisamente e pu accompagnarsi a sintomatologia grave. Il sistema sanitario offre oggi diverse possibilit di cura mediante l'accesso a servizi e strutture ospedaliere per far fronte ai problemi di salute in base alla gravita e al tipo di malattia: reparti di cura, ambulatori, servizi di day hospitai, pronto soccorso.
Per il bambino e la famiglia, l'ospedalizzazione un improvviso "fuori programma" e un'esperienza che spaventa.
1

2.1 II bambino in ospedale


II bambino deve essere curato in ospedale quando l'assistenza e le cure di cui ha bisogno non possono essere fornite a domicilio. In ogni caso i diritti del bambino ospedalizzato devono sempre essere rispettati. L'equipe ospedaliere pediatrica deve garantire un'informazione corretta e completa, oltre che adeguata alle capacit di comprensione del minore e dei genitori, sulle procedure diagnostiche e sulle condotte terapeutiche che i sanitari intendono attuare. Nell'ambito degli interventi di tutela dei diritti del bambino malato e ospedalizzato, va posta particolare attenzione allo sviluppo delle relazioni affettive ed emotive del bambino ricoverato con la madre e la sua famiglia, e al mantenimento di tutte le opportunit ne-cessarie per la sua crescita psicologica, cognitiva e sociale.

Paura
La paura una reazione normale di un bambino che viene ricoverato in ospedale. L'infermiere pu aiutarlo a riconoscere le cause della sua paura e ridurre l'ansia. L'ansia dei genitori nei confronti dell'ospedalizza-zione del loro bambino influenzata dalla gravita della malattia e il loro timore aumenta in mancanza di informazioni. L'infermiere deve essere in grado di ridurre l'ansia e le paure dei genitori e del bambino. I bambini, sebbene non siano in grado di comprendere pienamente le implicazioni della loro malattia, possono percepire la tensione dei loro genitori e divenire a loro volta ansiosi.

Ansia da separazione
L'interruzione delle abitudini quotidiane e la separazione dalle figure affettive spaventano e creano ansia nel bambino. Il ricovero in ospedale pu trasformarsi in trauma emotivo. Le manifestazioni con cui i bambini esprimono l'ansia da separazione sono: a) Protesta - il bambino piange animatamente e in modo inconsolabile; rifiuta qualsiasi tentativo di conforto. b) Disperazione - il bambino geme e si dispera. Perde interesse per il cibo e per il gioco e pu avere disturbi del sonno. c) Rifiuto - il bambino si isola, la faccia inespressiva. Alle domande risponde brevemente e superficialmente. I genitori sono incoraggiati a rimanere con il bambino per ridurre i sentimenti di abbandono. Il distacco dalle I persone affettive (fratelli, amici, nonni) pu essere compensato ponendo le foto pi significative per il bambino nella sua stanza, permettendogli di comunicare telefonicamente e invitando i genitori a portare videoregistrazioni di vita familiare.

2.2 Elementi generali per l'assistenza infermieristica


L'infermiere deve valutare il livello di conoscenza del bambino e della famiglia sulla malattia e sulla causa del ricovero. Altres, deve accertare il livello d'ansia dei genitori e la capacit di comprendere le informazioni date. Le informazioni al bambino e ai genitori devono essere date in modo chiaro, completo e con disponibilit ad accogliere eventuali domande e chiarimenti. I genitori si sentono pi tranquilli se le loro domande sono seguite da risposte puntuali e particolareggiate. Evitare l'uso di una terminologia troppo tecnica. Tutte le informazioni date al bambino e ai suoi genitori devono essere condivise da tutti i professionisti coinvolti nella cura e nell'assistenza per evitare confusione e apprensivit.

L'accoglimento
Accogliere un bambino in ospedale significa prendersi carico del bambino e della sua famiglia con competenza e professionalit. Le caratteristiche dei pazienti ricoverati in ospedale sono molto diverse: et, pregresse esperienze di ricovero, ricovero programmato o urgente; presenza di handicap fisici e psichici; provenienza da altri ospedali o da casa, motivazioni nel ricovero, difficolt linguistiche. L'infermiere deve
modulare, quindi, gli interventi di accoglimento a seconda del paziente. fondamentale costruire un rapporto di fiducia e i di collaborazione con il bambino e i genitori per limitare i disagi e pianificare gli interventi pi adeguati

Durante l'accoglimento si devono raccogliere i dati necessari per definire le priorit assistenziali. L'accoglimento deve essere occasione per chiarire dubbi e incomprensioni sia sullo stato di salute sia sulle procedure diagnostiche e terapeutiche previste.

Le visite
Durante la degenza, deve essere offerta al bambino la possibilit di incontrare le figure affettivamente pi significative, quali fratelli, compagni di scuola e di gioco. L'interazione con la famiglia estremamente importante per il benessere psicologico e il recupero fisico del bambino malato. Il contatto con compagni di scuola e amici utile, specialmente per i bambini pi grandi. Nel caso di adolescenti alla ricerca di autonomia e indipendenza, vanno incoraggiati i genitori a lasciare solo il figlio durante le visite degli amici.

Le misure di sicurezza
Durante il ricovero del bambino devono essere adottate idonee misure di sicurezza per prevenire il rischio di lesione. I bambini pi piccoli devono essere ricoverati in letti dotati di sponde, le quali non devono mai rimanere abbassate per evitare il rischio di cadute accidentali. Durante il rifacimento del letto linfermiere deve sempre mantenere alzata la sponda opposta. Le barre del letto devono avere una distanza massima di 8 cm l'uno dall'altra. La terapia deve essere somministrata personalmente dall'infermiere: non deve in alcun modo essere lasciata incustodita sul tavolino o affidata alla madre. Eventuali carrelli e armadi per la terapia devono essere scrupolosamente custoditi per evitare assunzioni accidentali di sostanze da parte del bambino.In alcuni casi pu essere necessario adottare misure di contenimento degli arti per evitare che il bambino possa toccare e/o strappare medicazioni, cateteri, drenaggi o aghi per fleboclisi. Eventuali attrezzature elettromedicali (pompe infusionali, monitor) devono essere poste a una distanza di sicurezza dal bambino. I bambini possono essere affascinati dalla presenza di strumenti muniti di display luminosi e pulsanti, i quali possono indurre al gioco con rischio di modificazione delle impostazioni. I flaconi per fleboclisi devono essere appesi a una altezza non raggiungibile dal bambino; il regolatore di flusso deve essere posto a distanza di sicurezza e protetto. L'infermiere deve essere consapevole della responsabilit, anche sul piano penale, dei pericoli ai quali il bambino pu incorrere. In generale, le attenzioni poste per prevenire incidenti in ospedale dovuti a fattori / ambientali non sono dissimili da quelle previste per l'ambiente domestico

La dimissione
La dimissione un momento estremamente importante per assicurare continuit nelle cure domiciliari. La dimissione deve essere pianificata con particolare attenzione dall'infermiere, per meglio definire i contenuti educativi da fornire al paziente e ai genitori. Per il bambino e i genitori la dimissione il momento pi atteso, tuttavia esso pu essere carico di ansia per l'incertezza sulla capacit di attuare gli interventi prescritti o di mantenere il livello di salute desiderabile. Gli interventi educativi possono riguardare: modalit di somministrazione della terapia: vie di somministrazione, orari, dosaggi, effetti collaterali, incompatibilit con altre sostanze, importanza dell'assunzione; - gestione di una tracheostomia, colonstomia, gastrostomia, sondino per naso-gastrico; indicazioni dietetiche;

stili di vita; interventi di primo soccorso; igiene della casa e prevenzione degli incidenti; recapiti telefonici utili in caso di problemi; informazioni su come e dove reperire particolari prodotti e/o presidi.

- visite di controllo nel follow-up;

Prima della dimissione, il bambino e i genitori daranno dimostrazione (anche pratica) delle conoscenze e delle abilit acquisite. Tutte le informazioni riguardanti il bambino e i genitori devono essere registrate su appositi moduli e conservate nella cartella infermieristica

2.3 I reparti di cura


II ricovero deve essere effettuato in strutture idonee all'et dei minori con possibilit di usufruire, oltre ad aree di degenza specificamente strutturate, anche di spazi ludici e di studio. L'organizzazione dei servizi ospedalieri di pediatria deve consentire la permanenza del neonato accanto alla propria madre, disponendo in ogni stanza di degenza un numero di letti sufficienti da destinare al genitore o a un suo sostituito e riservare spazi adeguati a sale gioco e a sale di studio.

Requisiti strutturali
Secondo le indicazioni del Consiglio Superiore di Sanit, un'unit operativa pediatrica tipo dovrebbe prevedere 20 posti letto e soddisfare una popolazione di 15-20000 minorenni residenti (1-1.3 PL/1000 minorenni), in modo da soddisfare le esigenze di ricovero e di day hospital di un'area di circa 200000 abitanti, con un tasso di natalit di 6-9%. Dal punto di vista strutturale l'unit operativa pediatrica deve comprendere almeno le seguenti aree: area di accoglimento e pronto soccorso pediatrico; sala di medicazione; osservazione breve e day hospital, degenze differenziate per classi di et; unit di isolamento; eventuale degenza chirurgica, aree accessorie (spazi ludici, cucina di reparto, mensa, aula); servizi igienici; locali per studi professionali, assistenza sociale.

Le stanze di degenza dell'area pediatrica dovrebbero essere a due letti, con possibilit di offrire ospitalit ai genitori. Per quanto possibile, l'area di degenza pediatrica deve essere limitrofa o comunque ben collegata funzionalmente con le unit operative di ostetricia e ginecologia per favorire i contatti madre-neonato e l'assistenza pediatrica. L'area di degenza riservata ai neonati-lattanti e ai bambini in et prescolare deve essere distinta da quella riservata ai soggetti pi grandi e agli adolescenti. Il day hospital deve avere spazi ben definiti. I bambini con problemi neuropsichici, che necessitano di competenze specialistiche da parte del neuropsichiatria infantile, devono usufruire di apposite aree funzionalmente collegate alle unit operative pediatriche.

Ai neonati per i quali siano richieste cure minime o intermedie devono essere garantite aree adeguate, in rapporto al numero dei nati/anno (circa l'8-10% dei nati necessita di ricovero per patologia neonatale) e dotate di locali destinati all'osservazione, all'allattamento, al prelievo-conservazione del latte.

Requisiti organizzativi
Sotto il profilo organizzativo, l'Unit Operativa di Pediatria che rispetta i parametri di area sopra indicati deve essere cos articolata: attivit di pronto soccorso e accoglimento 24/24 h; assistenza al neonato in sala parto 24/24 h con garanzia di rianimazione primaria; cure neonatali minime e intermedie; degenza pediatrica articolata per fasce d'et, per patologia e per livelli di gravita. Per le condizioni di

estrema gravita, sede per sede, devono essere predisposti protocolli assistenziali concordati con l'area di emergenza e di rianimazione pediatrica e generale; day hospital diurno e/o notturno; dotazione nell'ambito dell'azienda di appartenenza dei seguenti servizi e unit operative: servizio di anatomia e patologia; servizio di patologia clinica e microbiologia; servizio di diagnostica per immagini (radiologia, ecografia); servizio di cardiologia; unit operative di ostetricia e ginecologia; unit operative di chirurgia generale o pediatrica; servizio di terapia intensiva e rianimazione. nelle realt in cui la popolazione assistita sia sensibilmente superiore ai requisiti indicati necessario che

l'azienda di appartenenza sia funzionalmente collegata ad almeno 3 dei seguenti altri servizi e afferenze specialistiche: otorinolaringoiatrica, oculistica, terapia riabilitativa, nefrologia, neurologia, urologia. L'Unit Operativa di Pediatria deve garantire almeno 400 accessi/anno di day hospital pediatrico e 3000 visite, compreso il pronto soccorso pediatrico, oltre ad almeno 5 delle seguenti funzioni ambulatoriali pediatriche: allergologia, immunologia; adolescentologia; broncopneumologia pediatrica; cardiologia pediatrica; emato-oncologia; gastroenterologia; endocrinologia, diabetologia; genetica clinica; nefro-urologia pediatrica; neonatologia; neuropediatria.

Un'unit operativa di pediatria cos dimensionata garantisce la presenza continuativa 24/24 h del pediatra e sopporta un carico di lavoro tale da giustificare:

12 medici (carico di lavoro 1400 h/anno/medico), un doppio turno di infermieri per day hospital (se solo diurno) 2 turni di infermieri per i neonati nell'arco delle 24 h; 1 turno di infermieri per ambulatorio (modificabile in base al carico di lavoro); 1 -2 unit di supporto amministrativo.

- 4 turni di infermieri (oltre agli infermieri con funzioni di coordinamento) per le degenze;

Il personale medico e infermieristico deve mantenere un adeguato livello di aggiornamento professionale


tale da garantire all'utenza efficacia ed efficienza so-stenibile in linea con quanto richiesto dagli standard di qualit.

2.4 La scuola e il gioco in ospedale La scuola


Fino agli anni Settanta circa, l'assistenza educativa in ospedale era rivolta prevalentemente ai minori con periodi di ricovero superiori a un mese; oggi rivolta, in maniera preponderante, ai minori con degenze brevi, e questo fatto ha mutato i contenuti e le modalit di attuazione dell'assistenza educativa in ospedale. Si passati da un'assistenza educativa in ospedale centrata sulla "scuola", a una centrata sulla "attivit ludica", sul lavoro dell'equipe medico-psico-pedago-gico-sociale. La validit della "scuola" in ospedale, intesa come organismo che trasmette cultura e attua istruzione, stata riconosciuta a livello istituzionale a tutela del diritto all'istruzione del minore in et di obbligo scolastico. Ma la "scuola" per il bambino ricoverato non solo un diritto; essa diventa un importante strumento, efficace sia sul piano psicologico che socioculturale (integrazione e confronto con altri bambini malati, speranza di guarigione e rapido ritorno alla normalit). Sul piano organizzativo, l'assistenza scolastica prevede caratteristiche che permettano di garantire l'approccio con il bambino nelle diverse condizioni. I bambini allettati devono avere la possibilit di ricevere assistenza al letto, mentre per tutti gli altri devono essere disponibili locali adatti alle attivit di gruppo. Gli insegnanti devono poter disporre di materiale adeguato e sussidi didattici alle attivit ludicocreative.L'assistenza educativa ospedaliere diretta a tutte le fasi dell'et evolutiva (0-18 anni) ed attuata da maestri e professori. Queste figure devono essere coinvolte dal personale sanitario (medici, infermieri, psicologi) per meglio condividere e affrontare tutti gli aspetti della cura e dell'assistenza al bambino malato e alla sua famiglia. La comunicazione tra operatori sanitari e personale insegnante importante al fine di permettere la conoscenza delle diverse variabili che caratterizzano il singolo bambino (durata presunta del ricovero, particolari problemi psicologici e/o di apprendimento, difficolt di adattamento, rapporti con i genitori) e permettere cos di personalizzare l'approccio didattico e di favorire la partecipazione alle iniziative scolastiche. L'insegnamento in ospedale differisce da quello svolto normalmente nella scuola. Per questi motivi, la scuola ospedaliere deve prevedere la presenza di personale adeguatamente preparato a svolgere questo servizio

II gioco
Per i bambini, il gioco un'attivit fondamentale e risponde a bisogni di tipo cognitivo, linguistico, motorio. Il "gioco" in ospedale non solo un'attivit generica, piacevole, che diverte e distrae il bambino, ma ha una valenza anche terapeutica contribuendo a prevenire i disturbi psicologici derivanti dall'ospedalizzazione.

Per l'attivit di gioco sono previsti e resi disponibili spazi adeguati (sala giochi), materiale ludico e personale di assistenza. Gli spazi dedicati al gioco, devono essere accessibili al bambino (anche quello in carrozzina) e attrezzati con giochi.

La televisione
L'utilit evasiva offerta dalla televisione, soprattutto nei casi d'isolamento e di allettamento del piccolo paziente, indubbia: per il bambino e per l'adulto che gli sta accanto il televisore uno strumento familiare e quotidiano in grado di dare un tono pi "domestico" alla stanza di degenza. Va offerta la possibilit al bambino di guardare i programmi preferiti, senza per escludere opportunit di evasione e divertimento che favoriscano la comunicazione con gli altri bambini e gli adulti attraverso giochi, letture e attivit manuali.

L'educatore e l'equipe sanitaria


L'educatore ospedaliere opera in accordo con l'equipe pediatrica (medico, infermiere, psicologo, assistente sociale). L'integrazione tra educatore ospedaliere e personale sanitario (medico e infermieristico) finalizzata alla cura del piccolo ricoverato, alla sua educazione e alla sua istruzione. L'ospedale pediatrico ha come prima finalit la cura dei bambini malati e pertanto i servizi psicologico e scolastico sono da considerarsi servizi integrativi per meglio garantire un approccio globale alla persona malata e dare risposta ai diversi bisogni di salute. Le informazioni sullo stato di salute dei bambini ricoverati devono essere fornite agli insegnanti dal personale sanitario per definire lapproccio e le attivit ludiche e/o di apprendimento pi adatte

3.1 Aspetti psicologici e psicopatologici II bambino e i vissuti di malattia


Come vive il bambino la propria malattia? Che significati attribuisce al dolore, all'ospedalizzazione e alle altre limitazioni che essa comporta? Come interpreta gli eventi che si verificano in relazione alle proprie condizioni? Qualunque sia la sua et, almeno fin da quando pu parlare, il bambino ha coscienza della condizione di malattia e spesso anche della gravita del proprio stato. Tale coscienza gli deriva in primo luogo dalla percezione soggettiva del corpo e delle modificazioni dello stato di benessere, ma anche da aspetti comunicativi e interazionali quali: l'improvviso mutamento nell'atteggiamento dei genitori, i discorsi captati in casa o all'ospedale, la laconicit e lo smarrimento degli adulti che lo circondano, soprattutto di quanti fin dall'inizio hanno interpretato la realt a suo beneficio.

L'esperienza di discontinuit
Pi di tutto il bambino sensibile all'esperienza di : discontinuit che la malattia implica: essa si pone j come un evento di rottura nella vita del bambino a seguito del quale tutto cambia. Si trasforma il modo di considerare e trattare il corpo:prima oggetto di; tenerezza e cure delicate, ora assoggettato a disposizioni incomprensibili, fatto bersaglio di misure te-rapeutiche, talora con scarso rispetto delle esigenze di riservatezza o di gestione autonoma della persona. Cambiano l'ambiente fisico e relazionale ,soprattutto se la malattia richiede l'ospedalizzazione: il bambino viene improvvisamente sottratto al proprio mondo e si trova bruscamente a confronto con una realt nuova e in qualche misura ostile, fatta di ritmi concitati, di

procedure complesse e di figure estranee. Mutano il clima emotivo e lo stile educativo usuali; il piccolo paziente sollevato dalle precedenti responsabilit, vengono meno le regole e i divieti entro i quali esercitava la sua autonomia e con essi si dileguano i limiti rassicuranti che i genitori ponevano al suo agire. Tale discontinuit rappresenta di per s un'esperienza potenzialmente traumatica per il bambino; come la sopravvivenza biologica garantita dal mantenimento di una omeostasi interna ed esterna, cos per l'equilibrio psicoemotivo indispensabile una certa continuit o prevedibilit degli accadimenti, e le principali teorie dello sviluppo psicologico concordano sul fatto che l'esperienza della discontinuit costituisce il motore dello sviluppo se si mantiene entro i limiti della tollerabilit, superati i quali assume la valenza del trauma e diviene fonte di angoscia.

La consapevolezza di malattia
Alla consapevolezza di malattia che il bambino possiede fin da et molto precoci si contrappongono i limiti delle funzioni cognitive e del bagaglio di esperienze che impediscono, specie ai pazienti pi piccoli, di comprendere il senso e i significati di ci che sta accadendo, cos come precludono la possibilit di controllare il corso degli eventi, di anticiparne le conseguenze, di prevedere cosa accadr. Le reazioni che il piccolo paziente tender a mettere in atto di fronte a questa realt nuova e sconosciuta saranno quindi in larga misura determinate, oltre che dall'et e dallo stadio dello sviluppo intellettivo raggiunto, dalle sue esperienze precedenti, dalla qualit delle relazioni che ha instaurato con le figure di riferimento e dall'assetto psicoemotivo interno.

Reazione al dolore e alla malattia


E esperienza comune che i bambini reagiscono al dolore e alla malattia in modo molto vario, diverso da individuo a individuo e per gli adulti spesso difficilmente comprensibile. Ci che un bambino sperimenta come dolore violento, insopportabile, da un altro viene appena avvertito. Anna Freud sostiene che tali differenze individuali non consistono tanto nell'esperienza del dolore in s, quanto nel significato psicologico che vi si sovrappone. Questa mescolanza tra componenti fisiche, psicologiche e relazionali dell'esperienza della malattia particolarmente stretta nelle fasi molto precoci dello sviluppo: il lattante infatti non sa distinguere tra la sensazione di tensione interna dovuta al bisogno o alla stimolazione fisiologica e il dolore propriamente detto. Tutte queste situazioni vengono percepite come ugualmente pericolose per il bambino, simili saranno perci le reazioni sul piano emotivo e comportamentale e solo col tempo egli imparer a rispondere in modo differenziato alla varie situazioni di disagio. Nella prima infanzia, inoltre, il funzionamento del bambino in gran parte determinato dalla condizione di simbiosi con la figura di attaccamento e dalla capacit di questa di svolgere efficacemente il ruolo di mediatore con il mondo estrno e pertanto le reazioni alla malattia saranno strettamente correlate a quelle della madre. Col procedere dello sviluppo psicologico e il perfezionarsi della percezione del proprio corpo, l'esperienza di malattia si delinea in modo pi appropriato ma si arricchisce contemporaneamente di ricordi di esperienze precedenti, di rappresentazioni e fantasie che derivano dal mondo interno del bambino. Qualunque cosa avvenga negli organi interni, qualunque cosa accada al corpo dall'esterno, il bambino tender comunque ad attribuire le esperienze di tensione, bisogno, disagio, a istanze esterne a viverle cio in modo persecutorio. Il bambino sente cio i suoi dolori fisici come la conseguenza non di accadimenti interni ma di un'aggressione, di un castigo o quantomeno di una mancanza di protezione da parte dell'esterno e perci si sente nel dolore trattato male, minacciato, punito, in pericolo. Dolori fisici anche molto intensi vengono sopportati bene dal bambino finch non siano investiti da angosce e da paure legate ai significati che al dolore stesso viene attribuito (abbandono, rifiuto, punizione,

colpa). Quando l'angoscia aumenta, il dolore diventa per il bambino un avvenimento traumatico, del quale si ricorder a lungo e contro la cui ripetizione cercher di proteggersi con meccanismi di controllo, di evitamento o di tipo fobico, in misura tanto maggiore quanto pi stata impedita l'espressione dell'angoscia legata all'esperienza originaria.

Reazioni emotive all'ospedalizzazione


Simili e altre considerazini possono essere fatte riguardo alle reazioni emotive del bambino di fronte all'ospedalizzazione: cos come accade rispetto l\ disagio fisico e alla malattia,anche in questo caso U bambino, specialmente se piccolo, non ha la capacit di comprendere le cause e la concatenazione degli eventi che lo portano improvvisamente ad essere sottratto al suo ambiente familiare, separato dalle figure significative, affidato all'attenzione di estranei, che impongono limitazioni alla sua libert d'azione e alle sue abitudini e lo sottopongono a manipolazioni e procedure invasive e dolorose. Tender a vivere tutta l'esperienza con un senso di minaccia che deriva principalmente dall'impossibilit a comprendere, a controllare e dal sentire venire meno la presenza del genitore, perch il genitore stesso che lo affida al medico o all'infermiere ed troppo in ansia per essere realmente disponibile per il bambino. Gli interventi chirurgici, quando non sono stati oggetto di preparazione o di spiegazione, possono rappresentare un fattore traumatico notevole; ci vero in particolare per certi tipi di interventi (tonsillectomia, appendicectomia, fimosi) che, secondo A. Freud e T. Bergmann, pi facilmente entrano in risonanza con i principali conflitti infantili. Se l'evento viene vissuto in un clima di dramma, di aggressivit o di colpevolizzazione si pu arrivare all'emergere di sintomi nevrotici. Non meno impegnativi sono i risvolti psicologici ed emotivi della malattia che interviene in et adolescenziale: sebbene le acquisizioni sul piano cognitivo rendano il paziente pi capace di comprendere gli eventi nelle varie implicazioni, questi enfatizzano i mutamenti fisici e di personalit, i dubbi relativi all'identit, i conflitti circa l'autonomia e l'indipendenza, enfatizzandoli. La situazione di malattia si caratterizza sul piano emotivo per l'aspetto della diversit, dell'estraneit dell'esperienza e per l'incomunicabilit,e tali vissuti possono complicare il gi problematico confronto con gli altri, sfociando in reazioni di chiusura e isolamento, all'interno delle quali l'adolescente cerca anche di difendere il bisogno di indipendenza, minacciato dalla necessit di affidarsi alle cure esterne.

Reazioni comportamentali
Prima infanzia Prima dei 3-4 anni la malattia difficilmente compresa come tale, ciascun episodio vissuto separatamente ed accompagnato da reazioni specifiche. Tra i 6 e i 30 mesi, e solo in misura minore nella seconda infanzia, il bambino particolarmente sensibile all'ospedalizzazione: la separazione dalla figura di attaccamento, generalmente la madre, pu portare infatti a profondi turbamenti anche se di breve durata.Tali reazioni, descritte negli studi storici di Rene Spitz sull'ospitalismo e, pi di recente, nelle teorizzazioni di John Bowlby sull'attaccamento, possono essere schematizzate in tre fasi successive: la protesta, la disperazione, il distacco (Robertson 1973). Inizialmente il bambino esprime il bisogno I della figura di attaccamento attraverso un pianto angoscioso e urla disperate e rifiuta le attenzioni ', che gli vengono rivolte dalle infermiere. Gradualmente il bambino diviene sempre pi sfiduciato ' della possibilit di ritrovare la madre, si fa pi malinconico e meno reattivo, il pianto diviene meno rabbioso e pi monotono; apparentemente pi tranquillo e adattato, ma in realt sempre pi abbattuto per l'impossibilit di soddisfare il proprio bisogno. Se la situazione si protrae a lungo subentra il distacco, nel quale il bambino cerca di fronteggiare il suo disagio dimenticando le figure di attaccamento da cui stato deluso e cercando
1

rifugio nel nuovo ambiente. Gli effetti a distanza di queste esperienze investono svariati campi dello sviluppo affettivo e cognitivo del bambino e possono portare anche a perturbazioni della sfera somatica (disturbi psicosomatici, vulnerabilit alle infezioni, frequenti malattie). Sulla base di queste considerazioni si arrivati alla pratica dell'ospedalizzazione madre-bambino,finalizzata, a evitare l'abbattimento conseguente alla separazione, dannoso sia all'equilibrio psicologico del piccolo paziente, che alle sue capacit di lotta attiva contro la malattia.Tuttavia l'indisponibilit della madre pu essere anche di natura emotiva, quando lei stessa cos angosciata dalla malattia del bambino da essere incapace di svolgere la funzione di contenimento e filtro che le propria. Il comportamento del bambino sar allora correlato alle reazioni emotive della madre e il disagio che non pu essere verbalizzato si esprimer attraverso i segnali non verbali di un comportamento disorganizzato e difficile da placare, se non attraverso il sostegno al genitore e l'incoraggiamento a svolgere le sue funzioni.

Seconda infanzia
Fra i 4 e i 10 anni la malattia prevalentemente l'occasione di una regressione pi o meno profonda e duratura e le manifestazioni comportamentali sono inquadrabili nell'ambito del come queste dinamiche vengono gestite nella coppia madre-bambino. Il rischio - come vedremo meglio nell'ambito della disamina dei meccanismi di difesa che i comportamenti regressivi o manipolativi durino nel tempo e si stabiliscano come modalit relazionale privilegiata. Questo in genere accade quando sono incoraggiati da parte dell'ambiente circostante che, per vari motivi, non riesce a fronteggiare i capricci e i ricatti del piccolo paziente. Secondo J. de Ajuriaguerra (1984) in riferimento a ci si possono osservare due opposte modalit di reazione: nell'una prevalgono le tendenze oppositive e aggressive e il bambino come un piccolo tiranno esercita il proprio dominio sulle figure di riferimento attraverso la collera, l'impulsivit e forme di provocazione o sfida, a volte pericolose per s, come il mancato rispetto delle regole imposte dalla malattia. Nell'altra si osservano modalit comportamentali caratterizzate da passivit, sottomissione e piena accettazione della dipendenza, che si accompagnano in genere a sentimenti di perdita e di colpa, a vissuti depressivi e di vergogna. Se si manifestano nell'ambito di una malattia cronica, queste tendenze portano facilmente a una graduale perdita dell'investimento sull'esterno e al ritiro nella condizione di dipendenza, con evoluzione verso quadri di inibizione sia fisica, sia intellettiva. Alcuni autori hanno cercato di analizzare le reazioni comportamentali che si instaurano in seguito alle procedure mediche, utilizzando il modello dell'apprendimento operante di Skinner (Cataldo et al. 1979)1 Gli aspetti aggressivi e persecutori legati alla malattia, all'ospedalizzazione e alle cure, soprattutto nelle condizioni di emergenza, hanno un alto potere condizionante, sono cio per loro natura e per modalit di somministrazione in grado di produrre reazioni comportamentali patologi-che anche durature. Tali procedure infatti hanno un alto potere awersivo (sono stimoli negativi che producono un effetto di disagio e pertanto una reazione oppositiva), acuito dall'essere somministrate non come conseguenza al comportamento i del bambino, ma sulla base delle sue condizioni cllniche. I comportamenti del bambino usualmente , efficaci nel produrre una modificazione sull'ambiente esterno, come per esempio piangere, protestare, o mostrarsi condiscendente e non hanno efficacia nell'evitare gli aspetti avversivi delle procedure mediche. Gli stimoli avversivi che il bambino riceve nell'ambiente medico sono quindi indipendenti dalla risposta; qualsiasi cosa far il bambino f non avr modo di sottrarsi, n potr in alcun modo prevedere quando l'evento negativo si verificher. Questa mancanza di controllo e di prevedibilit sugli eventi negativi che ci occorrono tra le esperienze pi patogene, e si associa secondo numerosi studi a reazioni gravi sul versante depressivo

(Seligman, 1975). Inoltre, poich il personale infermieristico a fornire le procedure, esso diventa facilmente un fattore discriminante per gli stimoli avversivi e, come anticipatore dell'evento spiacevole, in grado, da solo, di provocare la reazione negativa nel bambino. Questi meccanismi spiegano l'instaurarsi di reazioni di carattere fobico o di tipo ossessivo (finalizzate rispettivamente all'evitamento e al controllo delle situazioni negative) rispetto alle quali la soluzione non certo ridurre gli stimoli avversivi, ma piuttosto aumentare il numero di stimoli neutri o positivi che vengono forniti (contatti visivi, interazioni verbali, gesti di affetto) in modo che il personale diventi uno stimolo discriminante per conseguenze sia negative sia positive.

Preadolescenza e adolescenza
Nel preadolescente e sempre di pi nell'adolescente, l'adattamento alla malattia e alle cure facilitato dall'acquisizione di abilit cognitive e relazionali che gli permettono di assumere un ruolo pi attivo e partecipe. A questa et fondamentale la fiducia che il paziente sente di poter riporre in quanti si occupano di lui, sia familiari sia personale sanitario, e questa sar strettamente legata alle dimostrazioni di rispetto delle sue esigenze e delle sue necessit, soprattutto quella di essere informato su ci che sta accadendo e quello di essere garantito nel bisogno di indipendenza e di controllo. La qualit della relazione instaurata tra l'adolescente e il mondo medico e l'efficacia degli scambi comunicativi saranno i migliori predittori delle reazioni del paziente di fronte alla malattia e delle sue conseguenze a lungo termine. In questa et l'esperienza di malattia si connota come maggiormente problematica perch comporta un protrarsi della dipendenza fsica dalle figure genitoriali, che si scontra con la fisiologica spinta verso l'autonomia e la cura di s. In conflitto tra queste due opposte tendenze, l'adolescente pu non accettare la malattia e mettere in atto forme di protesta con delle condotte trasgressive e di fuga, interrompendo le cure e i controlli.

La famiglia del bambino malato


un fatto comunemente accettato che l'ospedalizzazione del bambino un'esperienza altamente stressante, non solo per il bambino ma anche per i genitori. L'idea della malattia e della sofferenza associata al bambino appare infatti difficile da accettare e assurda. Inoltre, quanto pi l'ospedalizzazione ha il carattere dell'emergenza e dell'urgenza, perch la malattia rappresenta un pericolo per la vita del bambino, e tanto pi la vicenda assume una valenza traumatica per l'intera famiglia.

La famiglia e i suoi vissuti durante la malattia del figlio


necessario soffermarsi a considerare questa prospettiva in quanto la totalit degli studi concorda nel riconoscere l'estrema importanza della qualit delle relazioni familiari prcedenti e delle reazioni della famiglia nell'equilibrio del bambino malato. La malattia del bambino un evento inspiegato e inspiegabile: anche se pu essere descritto in termini tecnici molto sofisticati, non pu essere spiegato e compreso in termini umani. Naturalmente le reazioni variano per durata e gravita da una famiglia all'altra, in rapporto anche alla natura della malattia. In alcuni casi lesperienza ha un effetto dirompente e potenzialmente disgregante sul piano emotivo. Lo shock iniziale si traduce nell'incapacit di comprendere e accettare le comunicazioni dei sanitari, nel senso di disorientamento e di incredulit, ed accompagnato e acuito dal sentimento di disperazione e impotenza.

Reazioni emozionali della famiglia


Negazione

La reazione iniziale pi frequente quindi la negazione: l'incredulit alla diagnosi si esprime nel suo rifiuto. Il genitore oppone cos tutte le proprie energie alla realt dolorosa e spesso anche a coloro che la propongono con altrettanta veemenza. Ci i pu rendere difficili i rapporti con i sanitari che diventano facilmente bersaglio di critiche da parte j j dei familiari, nella disperata ricerca di trovare disconferme alla realt. Le informazioni date durante questa fase sono quindi difficilmente comprese se non del tutto ignorate e devono essere ripetute molte volte nel-ll'arco delle prime ore o dei primi giorni. proprio il diniego che porta, soprattutto nei casi di malattie croniche o a prognosi infausta, alla ricerca di ulteriori pareri diagnostici, a inutili pellegrinaggi alla ricerca di qualche soluzione magica. Si tratta di reazioni che possono compromettere irrimediabilmente l'alleanza terapeutica e la possibilit di adattarsi alla realt, qualora non vengano tollerate e comprese dall'ambiente medico nel loro significato: la momentanea incapacit del genitore di accettare la minaccia che la malattia del figlio: rappresenta per s e per la propria autostima.

Accettazione della realt

Quando inizia a farsi strada una qualche accettazione della realt, i genitori cominciano a cercare delle spiegazioni alla malattia e le preoccupazioni si focalizzano attorno ai temi dell'eziologia e dell'ereditariet. Nei casi in cui possibile individuare una causa specifica dell'evento morboso i genitori si interrogano sul perch tutto questo stia accadendo proprio al loro bambino. Quando invece l'eziologia sconosciuta si aggiungono incertezza e ansia per il non sapere - n loro n i curanti - esattamente cosa sta succedendo.

Senso di colpa

La difficolt di accettazione di una situazione tanto penosa e il sentimento che il bambino prima di tutto un figlio per il quale il genitore sente di doversi prendere il carico di ogni situazione rendono inevitabile l'insorgere di sensi di colpa e reazioni depressive. L'interrogarsi su come tutto questo sia potuto accadere li spinge infatti a cercare dei sintomi premonitori, qualcosa che hanno trascurato o sottovalutato, ad attribuirsi la responsabilit per non aver evitato l'incidente, e alcuni arrivano a pensare che la malattia del bambino rappresenti una qualche punizione per le proprie mancanze o colpe. Nei casi in cui i genitori abbiano gi una scarsa autostima o una mancanza di fiducia nelle proprie competenze genitoriali, all'insorgere del senso di colpa pu subentrare il timore di essere giudicati dall'ambiente esterno, di essere in qualche misura ritenuti inadeguati come genitori o accusati di non essere riusciti a proteggere il bambino, di non averlo cresciuto adeguatamente. Ancora: ci pu essere la sensazione di venire osservati e valutati nelle proprie reazioni attuali di fronte alla malattia, nella capacit di fronteggiare concretamente ed emotivamente l'emergenza.

Vissuti persecutori

Reazioni di carattere persecutorio sono legate alla minaccia che la malattia del bambino rappresenta per l'integrit emotiva e psicologica dei genitori. Il reparto, i medici, gli infermieri vengono facilmente fatti oggetto di queste ansie persecutorie e accusati di essere freddi, insensibili, distanti. comprensibile come in un simile clima emotivo sia particolarmente difficile per il genitore rimanere disponibile per il bambino e rispondere adeguatamente ai suoi bisogni di rassicurazione e di accudimento. L'iperprotezione ansiosa del bambino, il rifiuto, la negazione della malattia o del ruolo dei medici sono tutte le modalit che, secondo Cramer, la famiglia attraversa prima di arrivare a un'accettazione tollerante e realistica della malattia. Ma questa capacit di essere o di tornare a essere dopo l'inevitabile emotivit iniziale un genitore adeguato e di riorganizzarsi attorno alle richieste del bambino e alla necessit di collaborare alle cure dipender ancora una volta dall'atteggiamento dell'ambiente circostante rispetto a queste reazioni importante infatti che tali reazioni vengano comprese e verbalizzate, accettate e non restituite con aggressivit, sia manifesta sia

latente, come spesso accade, mascherate sotto forma di regole e divieti, solo in apparenza tesi a una migliore assistenza sanitaria al bambino e che impediscono ai genitori di collaborare attivamente alla gestione delle pratiche terapeutiche e alle cure corporali del figlio. L'inattivit e l'impossibilit di agire concretamente per il benessere e la salvezza del bambino acuiscono il senso di impotenza, di incapacit, di inefficacia e i sentimenti depressivi dei genitori.

Modificazione delle dinamiche familiari


Un'altra serie di considerazioni ha a che fare con le modificazioni che la malattia impone alle dinamiche familiari.Di solito sono le madri che si occupano maggiormente dei figli malati, li assistono durante i ricoveri, li aiutano ad affrontare e ad accettare le conseguenze delle terapie, li accompagnano alle visite; ci occupa in genere tutto il loro tempo, a scapito del resto (eventuale lavoro, casa, altri figli). I padri tradizionalmente si rifugiano nel lavoro e delegano pi facilmente la gestione degli aspetti pratici ed emotivi della vicenda e a volte anche le conseguenti responsabilit. Pu accadere che sorgano delle incomprensioni a causa di questo diverso atteggiamento della coppia genitoriale nei confronti della malattia del figlio;le madri si risentono dell'assenza dei mariti, mentre questi ultimi si sentono esclusi: In altri casi succede che i genitori si alternano nell'assistenza al bambino, e ci permette d alleggerire il carico di lavoro e di condividere maggiormente l'emotivit. Anche i fratelli dei piccoli pazienti spesso risentono della situazione e manifestano reazioni che variano a seconda dell'et: in genere sono gelosi delle maggiori attenzioni che il fratello malato riceve dai genitori e dagli altri e possono sentirsi abbandonati a causa del fatto che la madre passa la maggior parte del suo tempo in ospedale. Questa gelosa pu manifestarsi nel comportamento in vario modo, fino alla simulazione d sntomi somatici per attirare l'attenzione dei genitori. Non raro trovare sensi di colpa, espressi per esempio dalla preoccupazione che il fratello si sia ammalato per causa loro all'opposto, il timore di essere contagiati dalla malattia. Ci sono poi famiglie che devono far fronte a problemi particolari. Si tratta, per esempio, del caso di genitori separati, per cui gi normalmente difficile occuparsi del lavoro e dei figli, o del caso in CTI sono presenti dei contrasti tra i coniugi: la malanni pu aggravare tali problemi. Vi sono famiglie che si trovano in condizioni socioeconomiche svantaggiate, altre che per garantire una buona assistenza medica al loro figlio devono allontanarsi parecchio e per lungo tempo dal luogo di residenza. Tutti i problemi aggiuntivi finiscono col rendere pi diffcile l'adattamento alla malattia e pi dolorosa l'intera vicenda sia per il bambino sia per chi gli sta accanto, che, pressato da altre preoccupazioni, sar meno disponibile a offrirgli un adeguato conforto .

La famiglia del bambino malato e il mondo esterno


Per tutti i problemi di ordine pratico di grande: importanza la disponibilit di altre figure di riferimento che, con la loro presenza, possono fornire un importante aiuto materiale ed emotivo. Alcune famiglie, a seguito della malattia del bambino, arrivano per a modificare i rapporti con parenti e amici per una forma di rabbia e pudore per la propria sofferenza che li porta a chiudersi rispetto a quanti, non vivendo la stessa esperienza, sono percepiti come pi fortunati ma anche incapaci di comprendere il proprio dolore, poco partecipi e invadenti. Pu essere efficace incoraggiare il confronto con altre famiglie che condividono lo stesso problema ;questo permette di apprendere nuove soluzioni alle proprie difficolt attraverso l'esperienza degli altri o la ricerca di soluzioni comuni. Confrontarsi con altre persone che hanno affrontato problemi simili aiuta a

rompere l'isolamento e a sentirsi meno soli, serve a fugare ansie e dubbi e permette di trovare informazioni e aiuti concreti di estrema importanza per chi si trova improvvisamente catapultato in una realt sconosciuta.

L'immagine di s del bambino malato


Se sul corpo e attraverso la qualit delle cure corporali si gioca la possibilit di sopravvivenza fisica del bambino, mediante il corpo, le sue funzioni e le sue relazioni con l'esterno si costituisce pure l'identit personale dell'individuo e quindi la possibilit di una esistenza come persona sana e differenziata. L'immagine corporea riveste, infatti, un ruolo rilevante nella formazione della personalit, nell'adattamento dell'individuo all'ambiente e nelle relazioni interpersonali. Comportamenti della madre
Preoccupazioni e ansie per la gravita della malattia Bisogno di restare vicino al bambino e di controllare personalmenfe l'andamento della malattia Insicurezze circa le proprie capacit Sospetto di non riuscire a sapere la verit sulla malattia Dubbi sull'efficacia dei formaci 7% 4% Inadeguatezza e difficolt di iniziativa Presenza rara in ospedale 9,6% 8,4% 27 2% 10,1% Disagio durante la presenza in reparto 16,8% 49,3%

Comportamenti del padre


Partecipazione Ansia per la gravit della malattia 32,3% 29,3%

L'immagine corporea
La conoscenza del proprio corpo e la costituzione della sua rappresentazione mentale avvengono lentamente nel corso dello sviluppo, e il periodo che va dalla nascita fino alla pubert un periodo cruciale per la formazione di questo "schema corporeo", definito da H. Head come sintesi dinamica delle varie informazioni tattili, visive e posturali. Il lattante ha una percezione confusa e indistinta del proprio corpo ed la progressiva maturazione motoria, percettiva e cognitiva a permettere una graduale differenziazione tra s e gli altri e una conoscenza sempre pi precisa delle diverse parti e funzioni del proprio corpo. Il processo che conduce alla formazione della rappresentazione del corpo del bambino e del proprio s avviene quindi parallelamente e attraverso la maturazione di queste parti e l'esercizio di tali funzioni e non pu essere disgiunto dall'investimento affettivo che deriva dalla relazione madre-bambino. L'immagine di s si colora quindi di quell'investimento libidico della madre nei confronti del proprio bambino e, successivamente, del bambino nei confronti del proprio corpo e delle proprie capacit.Tale processo suscettibile di continue modificazioni, sulla base di esperienze private e in particolare di esperienze somatiche (traumi, malattie, terapie, regressioni emozionali) per quanto riguarda l'immagine corporea, ma anche di esperienze relazionali e sociali (interesse dimostrato dalle persone con cui si viene in contatto, loro atteggiamenti, loro azioni). La malattia, in particolare se congenita o insorta precocemente, pu interferire nello svolgersi di questo processo, in cui aspetti funzionali, cognitivi, emotivi e relazionali sono interdipendenti, perturbando uno o pi di questi fattori.

L'impatto della malattia sull'immagine di s


Qualsiasi stato morboso comporta inevitabilmente un certo deterioramento dello schema corporeo, per effetto dell'esperienza di essere manipolato, invaso, sottoposto a procedure che sfuggono al controllo personale, ma rappresenta anche una offesa al pi generale sentimento di s, che si esprime nella percezione di un corpo imperfetto, fallibile, difettoso, danneggiato. Le conseguenze dipendono, anche in questo caso, dalla gravita e dalla durata dell'evento e dalla natura dell'handicap imposto dalla malattia. Il bambino che rifiuta la parte malata o che attribuisce importanza a certi difetti fisici pu arrivare a sentire in certi momenti il proprio corpo come qualcosa che non gli appartiene. Anche il comportamento che assumono nei confronti del bambino malato le persone che gli sono vicine, pu influenzare la formazione dell'immagine corporea: se il bambino si sente rifiutato, se i suoi difetti fisici vengono evidenziati, facile che si senta fisicamente inadeguato.D.M. Levy (1982), in uno studio su bambini sani che presentavano una ipersensibilit per il proprio corpo, ha individuato quali fattori predisponenti: un'anamnesi positiva per traumi o malattie gravi, ma anche il contatto prolungato con persone malate e la presenza di genitori ansiosi e apprensivi. Kolb (1978) ha dimostrato che bambini attenti alla propria immagine corporea e ipersensibili ai commenti altrui avevano avuto esperienze dirette o indirette di malattia e vivevano in un ambiente familiare predisponente; al contrario bambini con evidenti difetti fisici, vissuti in un clima sereno e "positivo", non mostravano affatto questo tipo di sensibilit. Un periodo particolarmente critico per l'immagine corporea e del s l'adolescenza: le trasformazioni puberali infatti comportano tutta una serie di modificazioni rapide che spesso sono vissute con un senso di perdita di fiducia e di controllo sulle proprie acquisizioni precedenti e si accompagnano a sentimenti di incertezza su quello che sar l'esito finale di tale processo.Tutto ci rende pi attento e problematico il confronto coi coetanei e pi critico l'individuo rispetto all'immagine di s. La presenza di difetti fisici, di disabilit o patologie che limitano le funzioni corporee sono facilmente fonte di ansiet, di sentimenti di inferiorit, di timori di essere rifiutato e possono portare a false percezioni dell'immagine di s (De Ajuriaguerra, 1984).

I meccanismi di difesa
Di fronte all'esperienza della malattia, alle cure, all'ospedalizzazione, alle limitazioni che le misure terapeutiche comportano, il bambino mette in atto tutta una serie di meccanismi di difesa. Si tratta di specifiche modalit reattive il cui scopo quello di proteggerlo dall'angoscia e dalla depressione e in questo senso vanno comprese e tollerate, sebbene nei limiti determinati dalla durata delle difficolt. Le difese pi frequenti sono la negazione, la regressione, la proiezione e la sublimazione; attravers di esse la percezione o l'interpretazione della realt viene a essere in parte modificata e il comporta-; mento ne risulter influenzato di conseguenza.

La negazione
La negazione consiste nel rifiuto di una realt spiacevole, pu essere parziale o completa, limitata ad alcune fasi della malattia o duratura nel tempo. una reazione molto comune all'esordio e in tutti i momenti in cui si verifica un aggravamento o una intensificazione delle misure terapeutiche: in questi casi ha per lo pi un carattere transitorio, poich risponde al bisogno di ridurre l'ansia, permettendo cos una graduale

accettazione del proprio stato e un migliore adattamento alle cure. Se l'esperienza di malattia vissuta come estremamente angosciante o se, come accade spesso nell'adolescente, viene percepita come un impedimento grave e una minaccia alla propria autonomia e all'immagine di s, sar difficile raggiungere una qualche accettazione della propria condizione, che verr perci negata o ignorata. In questi casi si possono verificare atteggiamenti di ostilit e rifiuto rispetto sia alle cure sia agli adulti che le somministrano. Con la presa di coscienza della malattia e della necessit delle cure, il bambino cerca di far fronte all'angoscia attraverso un aumento della richiesta di protezione e di accudimento da parte dell'ambiente esterno, in particolare della madre.

La regressione
Di fronte al senso di pericolo e di minaccia associati all'esperienza di dolore e malattia, il bambino tende a regredire, si fa pi piccolo, bisognoso della vicinanza e del contenimento, anche fisico, della/ madre l'unica in grado di salvaguardarlo e di difenderlo. Questa regressione ha come conseguenza un aumento della dipendenza, anche quando un certo grado di autonomia era gi stato raggiunto/ (per es. perdita del controllo sfinterico, bisogno di essere lavato, imboccato, ecc.), ma bene sottolineare che si tratta di un processo indispensabile, perch solo all'interno di una situazione regressiva e simbiotica il bambino potr tollerare un'esperienza che viceversa potrebbe avere conseguenze devastanti per il proprio equilibrio e per lo sviluppo successivo. Allo stesso tempo importante ricordare che anche l'iperprotezione dei genitori pu avere un effetto deleterio, sia nell'infanzia sia nell'adolescenza, perch agisce in senso contrario al processo dello sviluppo, che va nella direzione dell'autonomizzazione dell'individuo. L'atteggiamento del genitore dovrebbe perci essere sufficientemente elastico da permettere la regressione nelle fasi acute della malattia e incoraggiare l'indipendenza e l'autonomia non appena possibile.

La proiezione
Attraverso la proiezione il bambino portato ad attribuire ad altri i propri sentimenti ostili, le tendenze aggressive, la rabbia, le proprie paure. In risposta a questo meccanismo i bambini possono esprimere fantasie di aggressione e violenza, ma si tratta di una modalit che permette un certo distanziamento rispetto a emozioni interne vissute come pericolose e, in questo senso, pu essere di aiuto al bambino a far fronte alla realt. La gestione dell'aggressivit indotta dalle limitazioni della libert di movimento, dalla dieta e dalle; numerose frustrazioni causate dalla malattia infatti un problema centrale per il piccolo paziente esplosioni di collera, crisi d'ira e comportamenti: aggressivi si osservano frequentemente a seguito; dell'introduzione di ciascuna di queste misure o: quando vengono imposte privazioni aggiuntive e, qualora l'aggressivit venga trattenuta, si manifester sotto forma di irrequietezza, irritabilit, uso di! i un linguaggio ingiurioso.

Identificazione con l'aggressore


Un caso particolare di comportamento aggressivo dato dal meccanismo dell'identificazione con l'aggressore, mediante il quale il bambino evita l'ansia che gli deriva dal confronto con una realt che teme, diventando uguale all'aggressore, assumendone le caratteristiche di pericolosit e. di minaccia, che esso ha nelle proprie fantasie.

Sublimazione e compensazione
La sublimazione e la compensazione sono i meccanismi difensivi pi positivi e produttivi perch portano a un atteggiamento di collaborazione alle cure e si accompagnano in genere a una identificazione con il medico visto come aggressore benefico o -nel caso di patologie congenite - con il genitore colpito dalla stessa malattia. La prima pu essere definita come la trasformazione di impulsi in conflitto con l'ambiente in attivit creative di valore spirituale e sociale, mentre la seconda corrisponde al meccanismo per il quale il soggetto sviluppa una certa funzione fisica, mentale o emotiva, in modo esagerato, al fine di nascondere e compensare una deficienza fisica o psichica. Entrambe esprimono lo sforzo del malato di ovviare a un proprio limite o difetto e possono essere sostenute dalla possibilit di dare al bambino la pi larga autonomia compatibile con una presa in carico del suo trattamento (per es. nel diabete giovanile insulino-dipendente, quando il paziente pu farsi le iniezioni da solo o nell'insufficienza renale, quando partecipa attivamente alla preparazione e alla messa in opera della seduta dialitica).

Isolamento e allontanamento dalla realt


Sul versante opposto si collocano altri possibili meccanismi di reazione, quali l'isolamento e l'allontanamento dalla realt, i quali, assieme alla negazione, rappresentano le difese pi pericolose per lo sviluppo della personalit. Esse hanno l'effetto di produrre un sollievo immediato, ma se vengono adottate con regolarit portano il paziente a chiudersi in un mondo limitato e soggettivo in cui, mancando il confronto con gli altri, pi alto il rischio che si sviluppino sintomi nevrotici e depressivi.

Turbe della personalit nel bambino affetto da malattia grave e cronica


Nell'esaminare le conseguenze a lungo termine di una malattia che mette in pericolo la vita del bambino o ne compromette l'integrit fisica e narcisistica, la prospettiva che dobbiamo assumere sempre doppia: quella del bambino e dell'investimento di un corpo difettoso o vulnerabile e quella dei genitori e del loro investimento sul bambino malato. Dal un punto di vista epidemiologico. de Aju-riaguerra riporta che l'incidenza di turbe psichiatri-che nella popolazione in esame sembra un po' pi alta che nella popolazione generale (15% contro 6 %) ma dopo numerosi studi si pu affermare che non esiste un profilo di personalit caratteristico di uno specifico tipo di malattia, anche se per la loro natura e per le cure necessarie certe malattie suscitano movimenti emotivi e vissuti particolari . Il livello intellettivo dei bambini in genere lo stesso di quello della popolazione generale, ma i test di personalit si caratterizzano per la frequenza di temi relazionali di persecuzione e di abbandono, immagini di un corpo mutilato o in pericolo di anni-chilimento. Qualunque siano le operazioni difensive messe in atto di fronte all'esperienza di malattia, la vita pulsionale e fantasmatica del bambino affetto da patologie gravi e croniche rischia di organizzarsi attorno alla realt traumatica. Questo si verifica ogniqualvolta la malattia influenza stabilmente il clima educativo e le dinamiche relazionali. L'ambiente familiare (fig. 3.6), non riuscendo a elaborare il lutto per la perdita dell'immagine del bambino sano, rinforza le limitazioni esistenti, attraverso atteggiamenti di apprensivit, iperprotezione e di eccessiva sollecitudine, che nascondono sentimenti di rabbia e accusa. Le esperienze relazionali e interpersonali rischiano allora di entrare in risonanza con alcune angosce di base, come il sentimento di mancanza, di impotenza o le fantasie di punizione per la propria aggressivit e il bambino costruisce in modo pi o meno elaborato una interpretazione della propria malattia in termini di
1

mancanza, colpevolezza, punizione (G. Raimbault, 1978). La malattia quindi richiama sempre il bambino nei due seguenti accoppiamenti: mancanza/senso di colpa e aggressione/punizione con la conseguenza di evolvere in quadri di personalit da un lato di tipo deficitario e dipendente, caratterizzati da passivit e inibizione, o di organizzazioni perverse o persecutorie dall'altro.

Il bambino e la morte
La possibilit che un bambino possa essere in pericolo di vita risulta a chiunque crudele e del tutto inaccettabile, tanto che viene facilmente allontanata dall'esperienza quotidiana della maggioranza delle persone, e non lascia emotivamente indifferente nemmeno chi, per scelta professionale, si confronta continuamente con questa realt.

Le reazioni dei genitori


La prospettiva che il proprio figlio possa correre uri i simile pericolo deve essere respinta con tutte le proprie forze, perch intollerabile per il genitore. J. Bowlby ha descritto le fasi che caratterizzano la reazione dei genitori all'annuncio di una malattia a evoluzione fatale nei loro figli. Inizialmente si osserva una fase di sbigottimento: i genitori sono attoniti, sbalorditi, pi nulla sembra loro reale; in seguito subentra l'incredulit, accompagnata dai tentativi di trasformare il verdetto. I genitori si ribellano alle parole dei curanti, rifiutano la diagnosi, possono mostrare accessi di collera e iperattivit. Il carattere favorevole o sfavorevole dell'evoluzione, verso la riorganizzazione o la completa ; disorganizzazione, dipende spesso dalla qualit della relazione tra i genitori, dalla capacit di trovare al loro interno la forza per sostenere l'altro nel lavoro del lutto. Se ci sono dei conflitti nella coppia la minaccia di disgregazione aumenta e con essa il rischio di una maggiore sofferenza, anche per il bambino.

Le reazioni di fratelli
Anche i fratelli sono investiti in questo processo 4 possono presentare manifestazioni somatiche (ansia, depressione, fobia scolare) o un comportamento di iperadattamento e maturit, il cui prezzo rischiai di essere pagato in seguito, con manifestazioni psicopatologiche quali ansia e difficolt di separazione. ' auspicabile che il processo di adattamento della famiglia avvenga in tempi rapidi, che i genitori approdino a una qualche accettazione della situazione che permetta loro di superare il senso di impotenza, di concentrarsi sul benessere dei figli e sui loro bisogni, per rendersi cos disponibili a dare loro il necessario conforto. Pu essere necessario discutere dei bisogni emotivi dei fratelli, i quali possono vivere sentimenti di isolamento e abbandono, come conseguenza del fatto che i genitori non hanno energie sufficienti n tempo di occuparsi di loro.Si possono incoraggiare i genitori a coinvolgere presto i fratelli nella discussione sulla diagnosi e a dare loro informazioni in modo appropriato all'et: in assenza di queste i fratelli tendono a temere il peggio, anche sulla propria salute.Pu risultare utile accompagnarli in ospedale a trovare il fratellino e prendere confidenza con le procedure mediche. bene tuttavia lasciare loro la libert di scegliere quanto essere coinvolti. Per quanto possibile questo coinvolgimento deve essere accompagnato da rassicurazioni sugli aspetti positivi del trattamento e i suoi risultati.

La consapevolezza della morte


Gli adulti ritengono che il bambino gravemente ammalato e vicino alla morte non sia consapevole del proprio stato, tendono a sottovalutare la sua capacit di comprensione, quasi a volerlo proteggere, cos, dall'angoscia che ne potrebbe derivare, ma cercando in realt di proteggere se stessi da una realt tanto brutale. In questo processo di negazione gli adulti sono facilitati dal bambino stesso, che difficilmente esprime in mdo diretto i propri timori, e fa riferimento alla morte solo se sente in chi Io ascolta la disponibilit ad accogliere le proprie angosce (Di Cagno e Ravetto, 1980). Gli studi condotti su questo tema e i resoconti clinici di quanti si sono occupati dell'assistenza psicologica al bambino morente dimostrano altres che la concettualizzazione della morte avviene in epoca piuttosto precoce: secondo Vianello e Marin (1985) la quasi totalit dei bambini di et scolare ha comprso che la morte irreversibile, universale e implica la cessazione,delle funzioni vitali. Ginette Raimbault ed Elisabeth Kubler-Ross sottolineano che le esperienze dirette hanno un ruolo discriminante, e i bambini che hanno in concreto esperienze di malattia e di morte possiedono delle rappresentazioni del tutto simili a quelle degli adulti e sono in grado di presentire la morte, talvolta in modo difficilmente formulabile. Frequentemente questa consapevolezza pu essere accompagnata da un sentimento di colpa verso la famiglia che triste, verso i genitori che piangono per causa sua. Il silenzio, il segreto, aggravano questo senso di colpa e con esso il vissuto di solitudine e abbandono che della morte la peggiore prefigurazione. Secondo Alby infatti pi che la morte il bambino teme l'essere lasciato solo e chiede di essere accompagnato e confortato perch il silenzio una forma d esclusione, che facilita le rappresentazioni pi spaventose della realt. Attraverso i giochi, i disegni, le favole, il bambino esprime la sua paura di morire e, in alcuni casi, la speranza di morire, perch la stanchezza ha preso il sopravvento. Negare, minimizzare, non dare ascolto a questi contenuti vuoi dire banalizzare la sua sofferenza. Favorire il contatto, l'ascolto, dare risposta alle domande il solo modo per dare conforto e attenuare l'angoscia.

L'equipe medico-infermierstica di fronte al bambino terminale


Di fronte alla morte dei propri pazienti l'operatore si trova a fare i conti con la propria paura della morte, col sentimento di depressione provocato dalla perdita di rapporti affettivi significativi che si istaurano nel periodo di cura, oltre che col senso di impeto e rabbia per il fallimento del proprio potere terapeutico. Apparentemente la medicina moderna, sempre pi orientata al tecnicismo e alla specializzazione ha imparato a ovviare all'angosce che la sofferenza dei malati provoca negli operatori, ma questo si realizza per lo pi a scapito della relazione interperso-nale e della possibilit di umanizzare le cure, anche in fase terminale. Le modalit assistenziali pi discusse a questo proposito, l'accanimento terapeutico e labbandono, sono state interpretate come espressione dell'onnipotenza terapeutica e della negazione della morte. In base a questi meccanismi quando non pi possibile occuparsi con succiso del paziente, il senso di impotenza e di colpa si placa attraverso un agire frenetico o l'astensione totale (Kubler-Ross, 1976). in pediatria le relazioni sono rese pi dal gioco delle identificazioni che si stabiliscono su pi piani: tra s e il morente, tra questi e i propri figli, tra s e i genitori. Questo vanifica i tentativi di onerare un distanziamento, tra l'operatore e la vicenda di terminata e rende necessaria l'attuazione Strategie diverse per la gestione delle reazioni che l'angoscia di morte del bambino suscita m chi lo assiste e ne ha la responsabilit,

Alby ha ben descritto il vissuto di ambivalenza che i curanti si trovano a gestire di fronte alla morte in et pediatrica: II bambino offre allo sguardo di ogni adulto le manifestazioni della sua sofferenza, e questa ha il potere terribile mettere sotto accusa. Pi il bambino piccolo, pi e % pericolo e pi minaccia gli adulti. Se ispira piet angoscia, desiderio di conforto, il bambino anche colui a causa del quale si produce scandalo. (N. Alby, 1990)

Fattori stressanti nella malattia acuta e cronica in et pediatrica


Fattori stressanti Ospedalizzazione e separazione dalla madre Et a rischio Neonato e prima infanzia Conseguenze psicologiche Angoscia di separazione Regressione
Attaccamento insicuro e difficolt a stabilire il senso di fiducia

Seconda infanzia

Sentimento di essere rifiutato Disordini comportamentali


Difficolt a stabilire l'autonomia, dipendenza da genitori e curanti

Adolescenza Procedure chirurgiche che causano dolore Neonato e prima infanzia

Paura degli estranei Difficolt del sonno e disturbi dell'alimentazione Negativismo, comportamento provocatorio Iperprotettivit parentale, permissivismo Dolore come punizione o maltrattamento dei genitori Paura di essere rifiutato Angoscia di castrazione
Ansia per l'impatto della, deformit sull'immagine corporea e l'attrattivit sessuale

Seconda infanzia

Adolescenza

Paura di essere diverso Paura di morire

Limitazioni dell'attivit e della dieta

Seconda infanzia

Mancanza di iniziativa e scarso sviluppo delle abilit sociali

Giochi di potere coi genitori Dipendenza e passivit

Adolescenza

Ribellione, non compliance, agitazione Apatia e ritiro dalie reazioni sociali col gruppo dei pari

Intensa dipendenza dai Genitori

Seconda infanzia

Mancanza di iniziativa, passivit Iperprotezione e permissivismo genitoriale Senso di inadeguatezza, bassa autostima Conflitto con l'autorit

Adolescenza

Difficolt a stabilire 'autonomia e l'indipendenza dai genitori

Comportamento manipolativo e passivo-aggressivo Gelosia e competizione per 'affetto dei genitori

Consumo di una quota eccessiva di tempo, attenzioni e di altre

A tutte le et

Rifiuto, isolamento, molestie verso il bambino malato Modalit di espressione della rabbia di tipo passivo aggressivo

risorse familiari Presenza di problemi economici o fisici nella famiglia Scarsa accettazione nel gruppo dei pari A tutte le et

Agiti verso i fratelli per ottenere l'attenzione Aumento dello stress familiare Minor disponibilit dei genitori a seguire il bambino Aumento della conflittualit parentale e familiare
Isolamento, rifiuto, maltrattamenti, assunzione del ruolo di capro espiatorio

Infanzia e adolescenza

. Ridotta frequenza scolastica Effetti della malattia sulla crescita e sullo sviluppo fisico Et scolare

Depressione, ritiro, solitudine Dipendenza dai genitori Difficolt a stabilire una positiva immagine di s e un attaccamento sicuro agli altri

Insuccesso scolastico, frustrazione, bassa autostima


Taglia ridotta, ritardo nello sviluppo puberale, attivit fisica limitata

Fallimento nel raggiungimento delle abilit scolastiche

Adolescenti maschi

Emarginazione dal gruppo dei pari, bassa autostima L'impatto sull'autostima e l'adattamento sociale possono anche essere influenzati dalla presenza di deformit o sterilit

Adolescenti femmine

I bisogni dei malati e dei loro familiari, le reazioni di rabbia e di impotenza, l'emotivit dei colleghi e degli assistiti, finiscono col fondersi in un rumore di fondo, che confonde la capacit di agire del singolo. Tali reazioni si riverberano all'interno del gruppo intaccando il senso di efficacia e di utilit del lavoro comune. indispensabile in tali condizioni poter contare su una comunicazione efficace all'interno dell'equipe, che permetta l'espressione dei propri sentimenti e il sostegno reciproco. Solo nell'ambito di tale impostazione di lavoro possibile garantire la capacit di farsi carico di ciascuna situazione, programmando interventi differenti a seconda dei bisogni specifici del bambino e dei suoi genitori. Le scelte terapeutiche vanno infatti formulate in base alle esigenze fisiche e mentali specifiche, in modo che n i genitori, n il bambino si sentano abbandonati e, non da ultimo, affinch rimanga nell'equipe la sensazione di essere capaci se non di guarire, quantomeno di alleviare le sofferenze e il senso di solitudine..

3.2 Aspetti comunicativi e relazionali La comunicazione con il bambino malato


Nella precedente disamina dei risvolti psicologici ed emotivi dell'esperienza di malattia in et pediatrica abbiamo visto come sia presente, fin dai primi anni di vita del bambino una consapevolezza, a volte molto accurata, della situazione e come la percezione del proprio stato sia estremamente complessa e articolata, densa com' di componenti fantastiche e risvolti relazionali. Tale consapevolezza viene in genere negata o sottovalutata dagli adulti; il pi delle volte si ritiene infatti che i bambini, in particolare quelli al di sotto degli 810 anni, siano troppo piccoli per notare ci che accade intorno a loro, per percepire la preoccupazione delle persone che stanno loro vicino e perci si tende a ritenere che non vengano turbati dalle esperienze

stressanti o dolorose. Ci fa s che siano trascurati i segnali che il bambino invia all' esterno e che non si tengano in debita considerazione i bisogni che derivano dalla nuova situazione: il bambino viene lasciato solo, senza alcuna spiegazione su ci che sta accadendo e le relative conseguenze -Ginette Raimbault (1980) sostiene che la comunicazione con il bambino sia necessaria da un lato per facilitare il trattamento, dall'altro perch il bambino non sia solo. Il pediatra e tutti coloro che si occupano del bambino malato dovrebbero essere gli ascoltatori privilegiati del bambino. In genere invece l'adulto parla con l'idea che lui si fa del bambino, il diritto che ha su di lui, il possesso che ha di lui. Solo se si eliminano questi tre aspetti, se si riesce a non occupare queste tre posizioni, possiamo identificarci con il bambino, assumere realmente il suo punto di vista sulle cose: cos resta la possibilit di parlare con lui.

La comunicazione col bambino malato


Nella relazione col bambino, l'attenzione agli aspetti comunicativi ha un duplice obiettivo: - cercare di comprendere i pensieri e i sentimenti che egli esprime; - rispondere in modo efficace. Questo significa che per comunicare bene dobbiamo affinare le nostre abilit di ascolto e di osservazione degli altri ed esercitare la capacit di trasmettere idee e sentimenti in modo che risulti utile agli altri. Si tratta di abilit che hanno a che fare con la vita di ogni giorno ma che dobbiamo esercitare al meglio se ci occupiamo di qualcuno che sconvolto e ha bisogno del nostro sostegno, in particolare ;un bambino. Dalla nascita il bambino vive in un contesto sociale ed estremamente sensibile sia al clima emotivo presente intorno a lui, sia al comportamento altrui. Anche quando non pu esprimere le proprie emozioni e i propri pensieri attraverso il linguaggio, egli comunica attraverso i messaggi corporei, il comportamento, il

gioco o il disegno. Nei sogni o negli incubi egli da consistenza alle domande che non pu formulare circa le
situazioni e le persone. cos che sentimenti di paura o di tristezza si manifestano spesso nel comportamento - per esempio nel cambiamento del tono dell'umore o nell'insonnia - piuttosto che nelle parole. Se vogliamo entrare in contatto col bambino dobbiamo acuire la nostra sensibilit verso queste modalit indirette di comunicazione e provvedere a i delle opportunit di gioco o ad altre attivit creative, all'interno delle quali il bambino pu esprimere lai meglio se stesso. Nell'interazione coi bambini di ogni et dobbiamo infatti ricordare che esse danno maggiore importanza alla componnte non-verbale della comunicazione. Gli asptti su cui si dovr pertanto esercitare l attenzione sono le espressioni del volto, lo sguardo, il comportamento motorio e quello gestuale, la postura, il movimento nello spazio, il contatto corporeo, gli aspetti non verbali del discorso. Questa la modalit espressiva privilegiata nella i prima infanzia, che si arricchisce via via del linguaggio e della capacit di simbolizzazione, ma non perder mai il suo valore comunicativo. I bambini infatti al colloquio tendono a cercare di fornire le risposte che pensano che gli adulti si aspettino di sentire da loro,piuttosto che cercare di I esprimere ci che pensano e sentono. ; Per essere di aiuto, per rassicurare dobbiamo prima conoscere cosa il bambino sa, valutare l'accuratezza della sua comprensione della malattia, ca-pire che significati attribuisce alle terapie e all'o-spedalizzazione e di conseguenza cercare di comprendere che tipo di vissuti emotivi, di paure ne possono derivare. Non possiamo assumere che un bambino, solo perch ha una certa et, o perch gli sono state date certe informazioni, abbia un determinato livello di comprensione della malattia, e attribuirgli in modo automatico pensieri ed emozioni. Molti studi dimostrano che il grado di conoscenza dei bambini della loro condizione diverso da quello che gli adulti attribuiscono loro (Ken-drick, 1986; Eiser, 1993), questo perch i bambini ri-

cavano le proprie cognizioni non solo da ci che gli adulti spiegano loro ma anche dalle conversazioni degli adulti che di frequente sentono per caso, o da comunicazioni con altri bambini. Perci sempre necessario indagare sulla natura della comprensione da parte del bambino di questi elementi, senza dimenticare di lavorare all'interno degli assunti culturali della famiglia.

Contenuti della comunicazione: informazione e rassicurazione


II problema della comunicazione riguardo alla malattia tra l'equipe curante, il bambino e la famiglia pu essere ulteriormente complicato dalle differenze di opinione rispetto a ci che bisogna dire al piccolo paziente. Generalmente si preferisce adottare un atteggiamento che rispetti la volont dei genitori, ma questo pu creare difficolt nel momento in cui il bambino fa domande o cerca altre informazioni, se la famiglia non si rende conto della necessita di informare il bambino e censura qualsiasi comunicazione diretta sulla malattia e le cure. Succede anche che il bambino eviti di parlare della propria malattia perch sente in tal modo di turbare gli adulti intorno a lui. Pu essere utile a questo proposito sollecitare anche i genitori a cercare di indagare cosa il bambino gi sa, in modo da far comprendere loro che egli elabora autonomamente delle opinioni su ci che sta accadendo, nonostante i tentativi di preservarlo dalla conoscenza della verit. importante far capire loro che le valenze aggressive e persecutorie legate alla malattia, alle cure e all'ospedalizzazione possono essere contrastate attraverso l'informazione del bambino e, parallelamente, incoraggiandolo a esprimere angosce, significati e fantasie, le quali se non vengono adeguatamente accolte, comprese e contenute, ma vengono respinte e soffocate, rischiano di avere effetti psicopatologici duraturi. Un bambino di qualsiasi et ha bisogno di essere informato chiaramente su ci che sta accadendo; non ci dovrebbero essere sorprese. Deve essere preparato a ciascuna procedura a cui sar sottoposto, con indicazioni veritiere anche rispetto a ci che sentir e alla possibilit di provare dolore. La cosa pi importante la durata del dolore, mentre le indicazioni circa l'intensit possono essere tralasciate finch il bambino non ha acquisito la capacit di differenziarle. In ciascuna situazione il bambino va incoraggiato a esprimere i sentimenti di paura e gli va riconosciuta la possibilit di piangere ogniqualvolta qualcuno gli fa male o quando triste. possibile fornire al bambino, in modo adeguato all'et e compatibile con le necessit della gestione terapeutica, la possibilit di fare delle scelte (per es. decidere il braccio per il prelievo o per la trasfusione); permettere al bambino di prendere delle decisioni, infatti, aumenta il senso di controllo su ci che sta accadendo e responsabilizza quelli pi grandi alle cure. Inoltre necessario che venga garantito il senso idi sicurezza e il bisogno di protezione del piccolo paziente, soprattutto nelle situazioni in cui il senso Si estraneit maggiore, come durante procedure 'complesse, interventi chirurgici, permanenza nell'Unit di terapia intensiva pediatrica. In tutte queste situazioni il bambino deve sapere che non sar mai lasciato solo e che non accadr nulla che prima non sia stato controllato o deciso da qualcuno di cui ha fiducia. Per tutti i bambini la presenza di almno un familiare che garantisce la continuit nell assistenza fondamentale, in particolare per i bambini piccoli, per i quali pu essere molto difficile fidarsi e comunicare con un estraneo. Negli altri casi il bambino sar tanto pi disponibile ad affidarsi a un estraneo quanto pi percepisce un atteggiamento di familiarit e fiducia tra questo e i propri genitori; sar utile pertanto intrattenersi prima con i familiari e cercare di stabilire una buona comunicazione con loro. Con delle parole appropriate e adeguate all'et si pu spiegare tutto a un bambino. In pi necessario e doveroso aiutarlo a comprendere gli eventi che vive, perch egli abituato da sempre a conformare i propri

atteggiamenti su quelli degli adulti. attraverso il dialogo che possiamo fargli comprendere il senso di ci che sta accadendo, la necessit degli interventi che cosi tanto teme, riconoscere come legittimi e dare significato alle sue paure (anzich negarle o impedirne l'espressione) e dissipare cos l'angoscia che gli deriva dalla sensazione di essere lasciato in balia dell'aggressivit altrui, solo, senza protezione n difese Infatti pi che della malattia, del dolore o della sofferenza, in questa situazione, il bambino ha paura dell'abbandono, prefigurazione della morte. Allo stesso modo dell'adulto; ma in misura molto maggiore, il bambino che soffre ha bisogno che lo si curi, che lo si capisca., che lo si conforti; deve sentire che non sar lasciato mai solo a, se stesso.

Specificit dell'intervento in et pediatrica


La vita del bambino centrata sulla famiglia e sulle persone che si occupano di lui. La sua crescita dipende dalle attenzioni e dalle cure che gli vengono prestate, il suo sviluppo fisico ed emotivo procede attraverso il linguaggio e il gioco, guardando gli altri e prendendo parte alla vita domestica. Quando il bambino viene ricoverato per una malattia di qualsiasi natura o gravita, al danno fisico viene a sovrapporsi un danno psichico legato all'ospedalizzazione, alle cure, all'allontanamento dall'ambiente domestico e all'alterazione dei consueti rapporti familiari. Tutti questi fattori incidono, in via diretta o indiretta, sull'organismo del bambino oltre che sul suo equilibrio psico-emotivo, portando a manifestazioni patologiche in tempi pi o meno lunghi. Anche se numerose ricerche negli adulti hanno dimostrato che il benessere psicologico pu avere importanti conseguenze per la salute, poco ancora noto sui benefici medici del benessere psicologico nel bambino. Ciononostante risaputo che il distress e l'ansia in et evolutiva aumentano il rischio di problemi comportamntali anche duraturi; per" ci l'adozione di strategie di cura adeguate anche da un punto di vista psicologico, oltre a garantire il benessere nel!'immediato per il paziente, risponde a finalit di tipo preventivo. La letteratura sull'argomento unanime nell'af-fermare che per evitare o ridurre le conseguenze psicopatologiche dell'ospedalizzazione nel bambino necessario intervenire con una profilassi attiva, il cui elemento determinante la presenza di una figura genitofiale accanto al piccolo ricoverato. Questa presenza che oggi ci sembra naturale e indiscutibile stata per una conquista a lungo osteggiata e discussa, e troppo spesso ancora rimane un principio teorico piuttosto che una realt concreta e operante, per cui la figura materna accettata o tollerata anzich essere valorizzata come Strumento imprescindibile del benessere del bambino (Falerni e Smorti, 1984). necessario allora andare oltre il concetto della presenza della madre in ospedale, per affermare che la tutela della salute e del benessere del bambino passa attraverso la presa in carico delle relazioni (diadica, familiare, sociale) che fondano lo sviluppo psicofisico dell'individuo. L'obiettivo diventa quindi garantire una continuit al rapporto affettivo con la madre prima di tutto e, secondariamente, con ogni altra figura significativa per il bambino.

Fattori che intervengono nell'adattamento della famiglia


Riprendendo il modello del coping di Lazarus (1966), B.A. Beresford (1994) ha cercato di analizzare i fattori che mediano le reazioni della famiglia alla malattia del bambino; l'adattamento familiare a questo evento stressante sar correlato a tre variabili: 1. Disponibilit d risorse socio-ecologiche della famiglia la presenza di una rete di sostegno sociale (parenti, amici, conoscenti che si attivano per fornire aiuto concreto ed emotivo) una parte fondamentale

delle risorse sociali dei genitori; la rete di sostegno formale (i professionisti della salute) risulta esserci invece il fattore stressante ulteriore a causa degli sforzi necessari per reperire l'aiuto qualificato, sia per le energie richieste nello stabilire nuove relazioni all'interno delle strutture sanitarie. 2. Abilit di risoluzione dei problemi e strategie 'di coping'. c' ovviamente una sovrapposizione tra gli atteggiamenti individuali e le modalit di far fronte alle situazioni problematiche. stato trovato che un buon livello di autostima dei gnitori, accompagnato a un atteggiamento orientato al problema e centrato sulla soluzione, risulta maggiormente correlato al benessere dei genitori di quanto non lo siano stili di coping basati sullo sfogo dell'emotivit. 3. Risorse di coping dei genitori e loro convinzioni riguardo la situazione: Beresford ha messo in luce l'esistenza di correlazioni tra credenze e convinzioni familiari e l'adattamento alla malattia. In particolare: la presenza di convinzioni religiose o spirituali, un atteggiamento di flessibilit rispetto ai valori sostenuti, una prospettiva ottimistica, un locus of contrai interno (ad esempio la tendenza ad attribuire la casualit degli eventi a s, a fattori inerenti la propria persona o comunque sotto il proprio controllo) rispetto ai problemi quotidiani, ed esterno rispetto alle cause della malattia, sono tutti elementi che correlano con la messa in atto di strategie di coping efficaci e sono pertanto predittivi di un buon adattamento alla malattia. Da questo modello si ricava che la capacit di far fronte alla malattia e al di stress psicologico che ne deriva pu dipendere dalla percezione che i genitori hanno delle richieste e delle risorse disponibili, piuttosto che dalle circostanze oggettive. Ci sembra confermato anche da alcuni studi che dimostrano come le credenze della madre riguardo alle condizioni mediche del figlio, pi che le valuta-zioni obiettive sulla diagnosi e sulla prognosi, sono predittive sia del livello di stress e del comportamento materno che dell'adattamento emotivo del bambino (Appolone-Ford, 1983; De Maso,1991). Ci basti questo breve riferimento alla letteratura sul coping (senza entrare negli aspetti specifici della teoria, per i quali si rinvia ai lavori classici di Susan Folkman e di Richard S. Lazarus, oltre che a L. E. Arnold, 1990) per comprendere la complessit delle implicazioni psicologiche e relazionali che entrano in gioco nella reazione di adattamento del bambino alla malattia e all'ospedalizzazione.

Assistenza centrata sulla famiglia


La malattia modifica profondamente i bisogni fisici, psicologici e relazionali del bambino e della sua famiglia; in alcuni casi la malattia e l'ospedalizzazione distruggono i precedenti equilibri di vita familiari. indispensabile guardare al paziente pediatrico non solo come a un individuo, ma anche come a un membro di un sistema familiare, il quale viene a essere coinvolto nel suo complesso nella vicenda di malattia, con degli esiti che dipenderanno in parte dagli effetti dell'evento su ogni singolo componente, e in parte dalle interazioni reciproche preesistenti tra i vari membri del sistema (M.Palazzoli Selvini, 1980). La cura del paziente pediatrico deve perci, estendersi a includere la cura di tutti i membri della famiglia. Nel tentativo di definire il concetto di cura centrato sulla famiglia, l'"Association for Care of Children's Health" ha individuato otto aspetti che possono essere utilizzati nello sviluppo di un piano di assistenza centrato sull'intero sistema familiare.

Il rapporto infermiere/genitore/bambino
Dal punto di vista dei medici e del personale infermieristico la presenza materna, accettata sia culturalmente sia dal lato umano, ha determinato una perdita di controllo sulla relazione col bambino, perch si pone come

elemento di mediazione che, se da un lato ha indubbi vantaggi per l'adattamento del paziente, dall'altro introduce nelle dinamiche del reparto pediatrico degli aspetti di complessit e problematicit.

Elementi di complessit
Falerni e Smorti (1984) fanno rilevare che, con l'introduzione stabile della madre in reparto, l'infermiera stata privata degli aspetti pi "espressivi" e gratificanti della cura del bambino, che riflettevano in lei l'immagine di una buona madre sostitutiva, lasciandole viceversa il ruolo di madre cattiva e punitiva. Nel rapporto col paziente, anche pediatrico, l'operatore si aspetta di ottenere gratificazioni personali anche nei termini di soddisfazioni emozionali; ma quando la malattia, il dolore e le paure del bambino attivano stati di ansia, ecco che sorge la necessit di prendere le distanze dal malato, attraverso l'impiego di meccanismi di isolamento e di razionalizzazione, fino a considerarlo come categoria diagnostica ed eludere ogni coinvolgimento emozionale. Questo meccanismo non funziona quando c' la madre presente: ella ostacola gli aspetti positivi e materni del rapporto bambino-infermiera e impedisce contemporaneamente i meccanismi di isolamento, perch con la propria presenza la madre rafforza la richiesta del paziente di essere considerato come individuo, portatore di bisogni ed emozioni. Il lavoro avviene al cospetto della madrespettatrice e questo pu determinare in certe occasioni \ particolari (per es. durante le visite o alcune procedure complesse e dolorose) situazioni di disagio e di insicurezza, che possono ostacolare l'indispensabile serenit che deve accompagnare l'atto medico o infermieristico. D'altro canto gli operatori non tollerano di essre percepiti solamente come aggressori, dal momento che collegano questo vissuto non tanto alla : sofferenza dei piccoli pazienti, ma piuttosto a un aspetto crudele della professione. L'emotivit del bambino espressa in modo dilagante finisce con l'indurre l'operatore a essere aggressivo. Questo si realizza in vari modi: attuando risposte punitive sul piano fisico (manovre costrittive e violente durante l'esecuzione delle procedure o scarsa attenzione al dolore), su quello verbale (affermazioni che mirano a ottenere la collaborazione del bambino ma che hanno un tono o un contenuto minaccioso, per es."se non smetti di agitarti ti far ancora pi male") o su quello emotivo (procedure effettuate in un clima di distacco, freddezza, silenzio difensivo). In tal modo l'infermiere viene davvero a impersonare il ruolo a lui fantasticamente attribuito dai bambini, che vedono cos confermati e rinforzati i loro sentimenti di timore e di rabbia. Si instaura quindi il giro vizioso di un circuito relazionale negativo, in cui l'unico adattamento possibile per il bambino il ricorso all'identificazione con l'aggressore che porta a un ulteriore irrigidimento dei ruoli, o la caduta in uno stato depressivo di apatica accettazione o sottomissione masochistica.

// ruolo materno
Alla madre richiesto di rendersi disponibile ad accogliere e contenere le angosce del bambino, senza esserne sopraffatta, di tollerarne la regressione emozionale, rendendo cos possibile l'integrazione tra realt dolorosa, sue conseguenze emotive ed elaborazione cognitiva. Solo cos la presenza della madre, risulter funzionale al migliore adattamento alle pratiche terapeutiche e a una maggiore accettazione della malattia. Questo presuppone che la madre sia sufficientemente forte e capace di distanziarsi dalle angosce proprie (di natura depressiva e paranoiche) e del bambino, per mantenere un buon contatto con la realt della malattia e della struttura sanitaria; in caso contrario ella stessa rischia di rimanere invischiata nel meccanismo regressivo. Pu accadere allora che lei stessa diventi tanto ansiosa e fragile da richiedere l'accudimento

altrui o che non sia capace di contenere l'aggressivit del bambino, con l'esito di un comportamento disorganizzato di entrambi, che risulta profondamente disturbante per il reparto. Certe madri tollerano male di essere spodestate dal loro ruolo di cura e di protezione a favore di un terzo, soprattutto quando questa perdita di ruolo si accompagna a dubbi sulla propria capacit e sensi di colpa rispetto alla casualit della malattia del figlio. Spesso infatti si osservano depressioni materne, a volte profonde, che rafforzano ancora di pi il senso di inadeguatezza genitoriale. La perdita dell'onnipotenza materna, in un momento in cui necessaria per permettere alla madre di adattarsi il pi possibile ai bisogni del bambino, pu costituire un ulteriore elemento patogeno perch provoca una distorsione nell'investimento del bambino e del suo sviluppo. Le nuove relazioni che si instaurano all'interno del reparto di degenza, tra quipe medico-infermieristica, bambino e famiglia, possono deformare talvolta profondamente la natura delle relazioni possibili tra madre e figlio, soprattutto quando quest'ultimo piccolo (J. de Ajuriaguerra, D. Marceli!, 1991). Un esempio di come le alterazioni nella comunicazione possano essere indicatrici delle distorsioni relazionali che si verificano all'interno della triade quipe terapeutica/famiglia/bambino dato da quella che Cramer definisce collusione col silenzio. Nella malattia cronica la dipendenza dei genitori dall'equipe curante, dipendenza tanto pi grande quanto pi la malattia grave e prolungata, rischia di portare a una relazione di tipo superficiale, centrata sui piccoli dettagli della malattia; la comunicazione tra i genitori e il medico resta limitata agli aspetti routinari ed esteriori della malattia, con il chiaro scopo difensivo di evitare di conflittualizzare la relazione con il medico da un lato, e dall'altro di eludere gli aspetti pi angoscianti legati all'eziologia, alla prognosi e allo sviluppo del bambino.

La gestione dell'informazione
Un altro importante elemento di conflittualit tra staff e utenza legato alla gestione dell'informazione e alla trasmissione del sapere relativo alla malattia e alle cure. Capita a volte che i medici tendano a comunicare meno di quello che sanno, o per incertezze sul piano decisionale, o per controllare la relazione con i familiari; d'altro canto le madri non tollerano di non sapere e richiedono di essere informate di tutto e subito, mettendo in atto meccanismi di controllo che inducono vissuti persecutori nei medici. Quanto pi la situazione incerta, quanto pi le condizioni del bambino sono gravi, tanto maggiore la richiesta di informazioni, nella speranza di ottenere notizie rassicuranti, col timore di venire a sapere altri particolari angoscianti. In un simile clima emotivo, pu nascere nei genitori il sospetto che qualcuno stia nascondendo qualcosa. importante che ogni decisione venga comunicata ai genitori in modo completo, chiaro, coerente e veritiero. Se i genitori sentono di essere ingannati o non rispettati nel loro bisogno-diritto di sapere, se hanno l'impressione che le informazioni vengano date loro in modo parziale o discordante, la loro fiducia verr meno rapidamente. Ciascun membro dello staff dovrebbe essere consapevole di ci che sta accadendo al bambino, in modo che i genitori ricevano le stesse informazioni da tutti gli individui. importante che i membri dell'equipe condividano reciprocamente la natura dei loro contatti con la famiglia e ci che stato comunicato. Quanto pi i genitori sono ansiosi, infatti, tanto pi vanno alla ricerca di informazioni positive dalle diverse figure implicate nella gestione del bambino. Tenderanno a interpretare come differenze nei significati i diversi aggettivi usati dalle varie persone per descrivere la stessa situazione. Inoltre bene ricordare che i genitori confrontano tra loro le informazioni in sala d'attesa e tendono a fare paragoni tra le condizioni dei loro bambini e quelle degli altri quando parlano col personale medicoinfermieristico. fondamentale che i genitori sappiano chi ha la responsabilit della cura del loro bambino e

che costui incontri i genitori tutte le volte che necessario per comunicare i cambiamenti o le terapie o per permettere ai genitori di fare domande o di esprimere paure ed emozioni. Questi incontri non possono avere il sapore della casualit, perch ci pu dare l'impressione che tutto lasciato al caso e aumentare cos il senso di incertezza e l'ansia, oltre ad accentuare il senso di inutilit ed esclusione del genitore.

// ruolo dell'operatore
II ruolo dell'operatore, rispetto sia ai problemi che possono derivare dalla difficile integrazione del genitore nel reparto pediatrico sia ai rischi di un fallimento del ruolo genitoriale di mediazione tra il bambino e la malattia, quello di aiutare la madre a funzionare come un buon contenitore per il proprio bambino. Per fare ci egli deve a sua volta rendersi disponibile come contenitore per il genitore, deve cio tollerare le sue angosce e aiutarlo a superarle. Questo si realizza attraverso alcune modalit: 1. Incoraggiare i genitori a stare vicino al proprio bambino: questo rafforza la loro fiducia nella propria capacit di essere ancora bravi genitori, amorevoli, efficaci e competenti; quando tale capacit messa in dubbio interiormente pu infatti essere estremamente ansiogeno e persecutorio entrare in contatto con il bambino, fino alla messa in atto di meccanismi di fuga ed evitamento del problema. 2. Rassicurare e confermare i genitori nelle competenze: favorisce l'alleanza terapeutica, la capacit di collaborare con il personale e di adeguarsi agli aspetti normativi della struttura sanitaria, evitando cos che il bambino sia strumentalizzato dai bisogni degli adulti: di controllo, di onnipotenza, di sicurezza, di stima. 3. Insegnare ai genitori modalit diverse di entrare in relazione col bambino malato e con l'eventuale deficit/disabilit: sostiene il senso di efficacia e l'autostima e contrasta i comportamenti inadeguati nei confronti della malattia. Questa rverie dell'equipe nei confronti del genitore stimola l'emergere delle parti di s pi adulte, in grado di costruire un'alleanza terapeutica per collaborare alle cure e si contrappone alle tendenze regressive che, al contrario, possono condurre all'espressione dell'angoscia dilagante con modalit altamente drammatizzate ed esibizionistiche. Queste sono mal tollerate e rifiutate dall'ambiente ospedaliere e possono portare all'instaurarsi di dinamiche patologiche e profondamente disturbanti. Ci permette inoltre di riparare l'autostima del genitore che stato messo in crisi nel suo ruolo e ferito nella sua identit dalla malattia del bambino. Il recupero dell'autostima condizione necessaria a un reinvestimento sul bambino malato e sulle sue possibilit di sviluppo, affinch non debba essere trattenuto in una condizione di iperdipendenza, funzionale unicamente ai bisogni di conferma dei genitori.

La relazione di aiuto
II concetto di relazione di aiuto stato elaborato da Cari Rogers, nell'ambito delle sue teorizzazioni su un modello di intervento definito approccio centrato sulla persona. Esso definito come una situazione in cui uno dei partecipanti cerca di favorire, in una o ambedue le parti, una valorizzazione maggiore delle risorse personali del soggetto e una maggiore possibilit di espressione. (C. Rogers, 1989) Se una simile modalit relazionale auspicabile a ogni livello di interazione, nell ambito delle professioni sanitarie l'instaurazione di una relazione in-terpersonale di aiuto costituisce un vero e proprio strumento di lavoro, perch solo attraverso un approccio che tenga conto dei bisogni e delle risorse della singola persona, possono essere raggiunti gli obiettivi di recupero della salute e di promozione del benessere.

L'approccio centrato sulla persona


Gi da tempo gli infermieri sono consapevoli dell'importanza degli aspetti comunicativi e relazionali per il loro lavoro, ma l'uso di tali strumenti non pu essere l'esito casuale di una predisposizione individuale, bens il risultato di un processo di formazione e approfondimento dei contenuti teorici ed esperienziali che stanno alla base delle dinamiche interpersonali in ambito sanitario. Rogers individua negli atteggiamenti e nei sentimenti dell'operatore gli elementi fondamentali della relazione terapeutica in quanto gli individui hanno in se stessi ampie risorse per auto-compren-dersi e per modificare il loro concetto di s, gli atteggiamenti di base e gli orientamenti comportamentali. Queste risorse possono emergere quando viene fornito un clima definibile di atteggiamenti psicologici facilitanti. (C. Rogers,1983) L'adozione di tali atteggiamenti consente all'operatore di realizzare un approccio centrato sulla persona, cio di esercitare il proprio intervento in funzione di un individuo. Secondo Rogers questi atteggiamenti possono essere rappresentati da: 1. Empatia: consiste nell'accostarsi all'altro mettendo da parte i propri valori e le proprie concezioni, per poter comprendere la schema di riferimento interiore dell'altro con accuratezza e coglierne cos le componenti emozionali e i significati che ne derivano. 2. Considerazine positiva: ossia rinteresse per il paziente e la sua valorizzazione come persona dalle potenzialit proprie. Da ci deriva una completa disponibilit nei suoi confronti, indipendentemente dai suoi sentimenti, parole e comportamenti di quel momento, e il suo rispetto come persona distinta da s, senza tentativi di dominarla o modificarla. 3. Accettazione incondizionata: consiste nell'atteggiamento non valutativo, privo di qualsiasi tipo di giudizio. 4. Sensibilit: capacit dell'operatore di percepire il modo in cui il paziente riceve e considera le sue comunicazioni; l'abilit nel percepire il tipo di feed-back inviato dal paziente. Nell'ambito specifico dell'assistenza infermieristica la relazione di aiuto pu essere definita, secondo Redigolo e collaboratori (1994), come un rapporto di scambio verbale e non verbale che permette la nascita di un clima di fiducia e di rispetto reciproci, necessario al paziente per soddisfare i suoi bisogni fondamentali, per rapportarsi meglio alla svia realt, alle sue emozioni, ai suoi conflitti, ai suoi valori, ai suoi limiti, alle sue aspettative, ma necessario anche all'infermiere per essere autentico nei suoi atteggiamenti e gratificato nel suo operare. Questo stile di comportamento professionale si concretizza attraverso un atteggiamento che mette al centro il rispetto della persona e della sua dignit e che si esprime attraverso: 1. la consapevolezza che ogni persona il prodotto unico del suo patrimonio genetico, dell'ambiente e della cultura in cui vive; 2. la convinzione che ogni persona cerca di raggiungere il massimo delle proprie potenzialit; 3. il rispetto del valore di ogni individuo; 4. la rinuncia alla pretesa di controllo sulla persona; 5. il riconoscimento che ogni persona ha dei bisogni fondamentali ed motivata a soddisfarli; 6. la consapevolezza che il comportamento di ogni persona comunica dei messaggi sui suoi sentimenti, le sue convinzioni, il suo stato fisico e psicologico ( Lindberg e coli., 1987).

L'approccio centrato sulla famiglia


L'adozione di un atteggiamento centrato sulla persona tanto pi necessaria in ambito pediatrico, per le specificit che caratterizzano l'intervento in questo settore, per la complessit delle interazioni che si stabiliscono a vari livelli tra la famiglia e le figure sanitarie e per l'importanza dei meccanismi in gioco. Lavorare per il benessere del bambino significa, inevitabilmente, intervenire su tutta la famiglia: non sono pi il rispetto e la dignit del singolo paziente a essere in gioco, ma l'intero sistema relazionale, valoriale, educativo sul quale si fonda quel nucleo familiare. questo sistema che dobbiamo preservare dal pericolo di una messa in crisi che avrebbe effetti deleteri sul bambino gi malato. Winnicott sottolinea in tutta la sua opera l'importanza di dare rilevanza e proteggere l'ambiente naturale del bambino, come condizione necessaria per uno sviluppo psico-emotivo sano: "Le necessit dei lattanti e dei bambini sono di tale natura che non possibile farvi fronte semplicemente sforzandosi deliberatamente di farlo. meglio cominciare assumendo come punto di partenza il modello della famiglia normale o sana, in cui i bisogni di ciscun bambino trovano soddisfazione in un ambiente che si sviluppa contemporaneamente al bambino stesso. La societ deve in primo luogo riconoscere che la cura dei bambini piccoli deve nascere dall'amore e che, di conseguenza, non bisogna interferire con il lavoro svolto dai genitori. Partendo da queste premesse, possibile aiutare la famiglia proteggendola dalle interferenze, aiutandola a prevenire e curare le malattie fisiche del bambino, sostenendola e consigliandola nel momento in cui si presentino particolari difficolt di ordine psicologico. Oltre a ci necessaria una migliore comprensione della psicologia del bambino che si sviluppa all'interno di una famiglia normale o sana e dei primi stadi dello sviluppo del fanciullo, nei momenti in cui egli dipende di pi dalla madre. La profilassi dei disturbi mentali e psicosomatici dipende da una migliore comprensione sia dell'influenza esercitata da un ambiente familiare sano, sia dalla dipendenza di un bambino da una madre che desidera veramente assumere il suo ruolo, non tanto perch intelligente e buona, quanto perch il bambino suo" (D.W Winnicott, 1973).

Farmacocinetica del neonato


La farmacocinetica del neonato ricalca in linea generale quella del bambino pi grande e dell'adulto, ma presenta alcune peculiarit. L'assorbimento nel neonato molto variabile ed preferibile ricorrere alla somministrazione endovenosa o intramuscolare dei farmaci. Questa variabilit" legata alla ridotta secrezione acida gastrica (i valori di pH dell'adulto vengono raggiunti verso i 3 anni), all'irregolarit della peristalsi gastrointestinale e al rallentato svuotamento gastrico, alla modesta secrezione biliare (la bile influenza l'assorbimento dei farmaci liposolubili) e alle facili modificazioni della flora batterica intestinale. La permeabilit della mucosa intestinale nel neonato maggiore che nell'adulto e ci invece aumenta l'assorbimento. La distribuzione tissutale dei farmaci nel neonato pi ampia rispetto all'adulto per una serie di fattori, come la scarsa affinit di legame delle plasmaproteine per i farmaci e i livelli pi bassi di albumina, la presenza di sostanze in circolo che com-petono per gli stessi siti di legame con le plasma-proteine (per esempio, la bilirubina in caso di ittero neonatale) e in grado di spiazzare i farmaci, il pH ematico, tendente all'acidosi rispetto all'et successive, la maggior ricchezza in acqua (circa il 75%) rispetto alla massa corporea totale e la maggior permeabilit della barriera ematocerebrale. Con l'aumento del volume di distribuzione vi pu essere un maggior rischio di tossicit in quanto la concentrazione del farmaco nei tessuti

pu essere elevata con valori bassi o normali nel sangue. Il metabolismo del neonato non ancora completo sia dal punto di vista qualitativo (poco sviluppate sono le reazioni di coniugazione con acido glicuronico, reazione di biotrasformazione importante nell'adulto) che quantitativo. Nei primi 2-3 anni di vita queste reazioni aumentano significativamente per poi assestarsi sui livelli dell'adulto. Questo spiega perch nei primi anni di vita i dosaggi dei farmaci sono in genere superiori rispetto a quelli delle et successive. L'eliminazione dei farmaci nel neonato risente dell'immaturit rispetto all'adulto degli emuntori principali e cio il rene e il fegato. In particolare, la funzionalit renale del neonato raggiunge i valori dell'adulto verso il 12-36 mese di vita. Nei primi mesi di vita pertanto, ridotta la capacit di eliminare i farmaci idrosolubili che non vengono biotrasformati prima dell'eliminazione.II raggiungimento degli effetti terapeutici di un farmaco dipende da vari fattori.

Le interazioni farmacologiche
L'associazione di pi farmaci pu risultare indifferente (nessuna interferenza reciproca) o pu determinare una modificazione delle loro propriet farmacologiche mediante fenomeni di antagonismo o di sinergismo. In alcuni casi i fenomeni di antagonismo sono ricercati per il loro effetto terapeutico, per esempio con gli antidoti: il naloxone, antagonista oppiode, viene utilizzato nel coma da oppiacei. Il sinergismo pu essere di somma o di potenziamento a seconda che l'effetto finale sia la semplice \ somma degli effetti separati dei due farmaci o sia nettamente superiore a una semplice somma. Le interazioni farmacologiche possono avvenire al di fuori dell'organismo o all'interno dell'organismo. Le interazioni al di fuori dell'organismo sono quelle che si verificano durante l'allestimento dei farmaci o durante la loro somministrazione (incompatibilit chimico-fisica tra farmaci o tra farmaco e soluzione infusionale, degradazione alla luce o in presenza di un pH non ottimale della soluzione, assorbimento alle pareti di vetro della fleboclisi o a macromolecole presenti nella soluzione) o al momento dell'assorbimento. Farmaci che modificano il pH gastrico (antiacidi) e intestinale alterano la flora batterica (antibiotici), accelerano o rallentano la motilit intestinale (lassativi o miorilassanti); sostanze ad azione assorbenti possono determinare una ridotta biodisponibilit di altri farmaci o una loro inattivazione. Le interazioni all'interno dell'organismo possono avvenire nelle varie tappe del metabolismo del farmaco. Abbiamo visto che i farmaci utilizzano meccanismi metabolici aspecifici e quindi possono competere per gli stessi siti di legame con le plasmaproteine, per gli stessi siti recettoriali tissutali, per reazioni metaboliche nei processi di induzione o inibizione enzimatica e per i sistemi di trasporto attivo durante l'eliminazione renale e biliare. Farmaci dotati di maggiore affinit per le proteine plasmatiche o in grado di influenzare il pH ematico o il pH urinario possono determinare delle modificazioni del metabolismo e dell'effetto terapeutico di altri farmaci con caratteristiche chimico-fsiche diverse.

La via di somministrazione
La scelta della via di somministrazione di un farmaco dipende dall'effetto terapeutico che si vuole ottenere, dalla velocit desiderata dell'effetto terapeutico e dalla propriet farmacocinetiche della sostanza. La via endovenosa viene usata in condizioni di urgenza laddove : necessario un effetto terapeutico immediato o per farmaci irritanti o non assorbibili per altre vie. La somministrazione endovenosa viene effettuata in ambiente ospedaliere o comunque da personale esperto e autorizzato in quanto richiede il rispetto di norme di asepsi, richiede la conoscenza della modalit di somministrazione e della velocit di infusione e pu

essere associata a reazioni varie (reazioni allergiche, trombosi venosa da farmaci irritanti o necrosi dei tessuti da stravaso di farmaci caustici). La via intramuscolare viene usata per farmaci idrosolubili (per esempio gli antibiotici aminoglicosidici) che passano bene i pori dell'endotelio capillare dei muscoli mentre non sono assorbiti a livello intestinale. Questa via garantisce una discreta rapidit d'azione ma spesso risulta dolorosa. Esistono delle preparazioni a lento assorbimento (preparazioni "retarti") che permettono di ridurre per certi farmaci il numero di somministrazioni. La somministrazione intrarteriosa limitata a scopi diagnostici (iniezione di mezzi di contrasto per arteriografia) o alla somministrazione di alcuni chemioterapici. La somministrazione orale quella pi usata per i farmaci ad azione sistemica ed senza dubbio la pi comoda. Solo i farmaci liposolubili sono assorbibili in misura adeguata (l'assorbimento avviene a livello dell'intestino tenue). L'uso di particolari accorgimenti permette per di estendere il numero di farmaci somministrabili per os. L'uso di capsule protettive che vengono digerite nel duodeno permette la somministrazione dei farmaci altrimenti inattivati o digeriti a livello gastrico. La somministrazione sublinguale permette il passaggio di farmaci direttamente nel circolo sistemico senza passaggio attraverso il fegato dove verrebbero completamente metabolizzati. Esistono inoltre dei profarmaci che vengono assorbiti a livello intestinale e liberano la forma attiva dopo essere stati metabolizzati dal fegato. In alternativa, in caso di impossibilit o di rifiuto della somministrazione orale, vi la via rettale che assicura per certi farmaci un ottimo assorbimento, anche se variabile. I fattori che ne influenzano l'assorbimento sono la formulazione farmaceutica, la capacit di trattenere la supposta e la sede di posizionamento (tanto pi alta la sede tanto maggiore e l'assorbimento). Molto usata nella pratica clinica la somministrazione per aerosol in cui il farmaco apriva negli ultimi tratti dell'albero bronchiale e negli alveoli sotto forma di piccole particelle (< 10 u) per poi essere rapidamente assorbito grazie alla ricca vascolarizzazione. La somministrazione sottocutanea riservata ad alcuni farmaci (insulina, fattori di crescita per i globuli bianchi, eritropoietina). Rispetto alla somministrazione intramuscolare meno dolorosa e garantisce un passaggio in circolo pi lento e graduale. La somministrazione topica limitata al trattamento locale di affezioni che interessano organi o distretti facilmente accessibili (cute, occhio, orecchio, naso, vagina). Gli effetti sistemici di tali trattamenti sono in genere assenti o limitati ai casi di trattamento prolungato.

La dose e calcolo della dose


La dose di un farmaco rappresenta la quantit di farmaco in grado di stimolare i recettori bersaglio per ottenere l'effetto terapeutico desiderato. In genere, vi una correlazione tra tasso ematico (facile da rilevare) e concentrazione tissutale del farmaco (difficile da misurare). I tassi ematici a cui si ottengono gli effetti terapeutici o gli effetti tossici non sono ottenibili per tutti i farmaci a causa della differente cinetica di eliminazione; per esempio, nei farmaci in cui l'eliminazione dose-dipendente non vi correlazione tra la dose e il livello ematico (quest'ultimo aumenta grandemente a piccoli aumenti di dose). Inoltre il tasso ematico di un farmaco il risultato di molti fattori (alcuni dei quali prettamente individuali) come la via di somministrazione, l'assorbimento, l'escrezione renale o epatica, il metabolismo, le interazioni farmacologiche, le caratteristiche genetiche. Il calcolo della dose e il regime posologico viene stabilito sulla base del t1/2 del farmaco, della funzionalit renale e della funzionalit epatica. Il t1/2 tempo di dimezzamento, il tempo necessario perch la concentrazione plasmatica di un farmaco si dimezzi; esso indicativo del tempo di permanenza nell'organismo e permette di calcolare l'intervallo di dosaggio pi opportuno. La

funzionalit renale un parametro che pu influenzare il dosaggio in quanto molti farmaci hanno un'escrezione renale e vi una correlazione tra la riduzione della funzionalit renale misurata come clearance della creatinina e ridotta eliminazione di farmaco (rischio di iperdosaggio e di accumulo). La compromissione della funzionalit epatica pu influenzare la dose di farmaco ma pu anche essere determinante nella scelta di un farmaco alternativo. I test di funzionalit epatica infatti non sono cos predittivi dell'entit delle modificazioni farmacocinetiche dei farmaci a escrezione biliare, come succede invece nel rene. Pertanto in presenza di una grave epatopatia le incertezze riguardo il calcolo di una dose efficace e non tossica possono essere superate scegliendo farmaci alternativi, a escrezione renale e non epatica. Un fattore comunque fondamentale nella determinazione della dose il tipo di risposta clinica che si desidera ottenere. I regimi posologici possono pertanto essere suddivisi in quattro categorie: dose fissa: il farmaco deve garantire una determinata risposta clinica indipendentemente da altri effetti dose variabile: il dosaggio del farmaco viene variato sulla base della risposta ottenuta (per esempio, gli dose massima tollerata: il farmaco viene somministrato ai dosaggi soglia di tossicit per sfruttare al dose minima tollerata: il farmaco viene usato al dosaggio minimo per una determinata risposta clinica (per esempio, i diuretici, gli anticoncezionali, gli analgesici); ipoglicemizzanti, i vasopressori, i psicofarmaci); massimo la correlazione lineare dose-risposta (tipico esempio, i chemioterapici); (per esempio, nei trattamenti prolungati con farmaci indispensabili ma dotati di effetti collaterali gravi come gli steroidi nella terapia dell'asma, gli immunodepressori nei trapianti d'organo o nelle malattie autoimmuni).

5.2 La somministrazione della terapia


La somministrazione della terapia prescritta dal medico rappresenta una delle principali responsabilit dell'infermiere. La prescrizione medica specifica il farmaco, la posologia e la via di somministrazione. L'infermiere, prima di somministrare una terapia, deve conoscere: la diagnosi del paziente a cui stato prescritto il farmaco; il dosaggio dei farmaci che devono essere somministrati; gli effetti terapeutici attesi e i possibili effetti collaterali; l'eventuale incompatibilit di due o pi farmaci somministrati contemporaneamente; le reazioni allergiche anamnestiche per quel determinato farmaco; le modalit di diluizione, preparazione, conservazione e smaltimento dei farmaci; la tecnica corretta di somministrazione tenendo conto dei presidi disponibili e pi adatti; i siti pi idonei di somministrazione; le modalit di contenimento pi sicure e meno traumatizzanti per il bambino.

L'infermiere deve inoltre documentare l'avvenuta o mancata somministrazione, l'efficacia del farmaco (per esempio, di un analgesico o di un antipiretico) e le eventuali reazioni avverse, nonch l'ora, la via di somministrazione, il dosaggio e infine deve apporre la propria firma nel foglio della terapia. Prima di somministrare il farmaco importante controllare quando stato somministrato l'ultima volta. E necessario somministrare il farmaco all'ora prescritta e solo in casi particolari pu esserci una tolleranza di 30-60 min prima e dopo l'ora stabilita. Oltre a queste conoscenze, in pediatria di fondamentale importanza applicare

tutte quelle strategie che consentono di mantenere il bambino in una situazione di equilibrio psicologico durante le procedure necessaria per la somministrazione dei farmaci. Per esempio: Ridurre il dolore: far contare fino a 100, far muovere l'alluce da una parte all'altra, far descrivere oggetti presenti, possono essere esempi di tecniche di distrazione che spostano l'attenzione dalla procedura dolorosa. Un altro sistema pu essere quello di applicare una crema anestetica a base di lidocaina e prilocaina sul sito prescelto, per esempio prima di una venipuntura . Controllare l'ansia e la paura: pu essere utile permettere ai genitori di rimanere accanto al figlio durante la procedura, come pure permettere al bambino di piangere per scaricare la tensione accumulata. consigliabile inoltre preparare la siringa con il farmaco da somministrare per via parente-rale al di fuori dalla vista del bambino. - Aumentare la compi/ance e la fiducia: spiegando 1 al bambino e/o al genitore lo scopo e le fasi della procedura si potr ottenere una maggiore collaborazione da parte di entrambi. Non mentire mai ai bambini: per esempio, se un bambino chiede se l'iniezione far male, si potr rispondere: "qualche bambino dice che sembra la puntura di una zanzara, vediamo se per te la stessa cosa". utile lodare il bambino pi grande per la collaborazione sia durante sia dopo la procedura. Garantire l'affettivit: importante che alla fine della procedura, soprattutto il bambino piccolo, venga abbracciato e confortato dai genitori o dall'infermiera. inoltre importante non servirsi del genitore per contenere il bambino durante la procedura che richiede l'immobilizzazione. Tutto ci che stato finora detto sulla responsabilit e sulle conoscenze dell'infermiere relativamente alla gestione della terapia trova un reale riscontro nella recente legislazione che regolamenta la professione infermieristica.

Considerazioni pediatriche
A differenza dell'adulto nel quale esiste generalmente un dosaggio medio del farmaco valido per tutti, in pediatria devono essere prese in considerazione tutte quelle variazioni funzionali degli organi nei vari stadi maturativi e le variazioni del peso corporeo legate all'et; infatti la posologia dei formaci va sempre rapportata al peso corporeo (dose/kg/die) o alla superficie corporea (dose/m /die). L'assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l'eliminazione dei formaci differiscono notevolmente rispetto all'adulto. I neonati presentano uno scarso sviluppo della barriera ematoencefalica, una ridotta motilit intestinale e acidit gastrica, un ritardato sviluppo degli enzimi intestinali, la presenza di un maggiore strato adiposo, una certa immaturit enzimatica, in particolare a livello epatico, una ridotta velocit di filtrazione glomerulare e una ridotta funzionalit tubulare; tutto questo fa aumentare il rischio di tossicit dei formaci. Se da un lato bisogna tener presente queste variabili, dall'altro bisogna ricordare che nei neonati, presente un maggiore contenuto corporeo di acqua; infatti si ha una percentuale del 75% nei nati a termine rispetto al 59% nei bambini di un anno e al 55% nell'adulto. Il contenuto totale di acqua diminuisce rapidamente nel primo anno di vita e raggiunge il livello dell'adulto verso i 12 anni. Per questo motivo in et pediatrica sono necessari dosaggi relativamente maggiori in modo tale che i formaci raggiungano concentrazioni plasmatiche e tissutali adeguate.
2

Vie di somministrazione
Somministrazione orale
La via di somministrazione orale (per os) il metodo meno traumatico di somministrare i formaci e quindi il pi

comunemente utilizzato. Il farmaco somministrato per os pu non essere assorbito e avere un'azione locale nella bocca (es. antimiocotici) e nell'intestino (es. alcuni antibiotici), oppure pu essere assorbito per via sublinguale, a livello dello stomaco o a livello dell'intestino, in particolare nel tenue, e avere un'azione sistemica.

Assorbimento
Generalmente solo una piccola parte dei principi attivi dei formaci viene assorbita nello stomaco; la rimanente quota viene assorbita nell'intestino tenue (dove sono presenti la bile, una ricca vascolarizzazione e l'estesa superficie assorbente dei villi intestinali). Da qui i formaci giungono al circolo portale e quindi al fegato, dove vengono sottoposti all'attivit metabolica degli enzimi epatici. Nel bambino l'efficacia della terapia per via orale legata a un buon assorbimento del farmaco; questo influenzato da vari fattori: maturit della mucosa gastro-intestinale (pi immatura nel prematuro e nel neonato); presenza di alimenti: se somministrato lontano dai pasti, il farmaco viene assorbito pi rapidamente. In - velocit di transito a livello dello stomaco e dell'intestino; alcuni casi, l'ingestione a stomaco vuoto di un farmaco (come alcuni antibiotici) pu provocare dolore o nausea. Quando si parla di somministrare un farmaco prima o dopo i pasti si fa riferimento ai 30 min precedenti o seguenti il pasto; pH gastrico (nel neonato il pH gastrico neutro o leggermente acido); minore vascolarizzazione del distretto splancnico.

Vantaggi e controindicazioni della somministrazione orale


La via orale la pi semplice da attuare. Riduce il disagio del paziente in quanto non vengono lese le barriere cutanee e mucose. la pi economica (i formaci orali sono solitamente meno costosi rispetto a quelli che si somministrano per altre vie).

Controindicazioni
Impossibilit a deglutire da parte del paziente. Nausea e vomito. Presenza di sondino naso-gastrico in aspirazione. Mancanza di compliance da parte del paziente o dei genitori.

Ricorda! In pediatria l'approccio al bambino e le tecniche di somministrazione dei formaci per via orale variano con l'et del paziente.

I formaci orali si possono presentare sotto due forme: liquida e solida. La forma liquida

preferibile perch generalmente nei bambini al di sotto dei 5 anni risulta difficile inghiottire pastiglie o capsule; inoltre pi semplice da somministrare e permette di ottenere un dosaggio pi preciso. In genere questi preparati sono gi ' aromatizzati e pertanto pi graditi ai bambini. La forma solida per essere somministrata nei bambini piccoli deve essere frantumata e mescolata a piccole quantit di cibo gradevole, come omogeneizzati o succo di frutta, budino,ecc. consigliabile non utilizzare il latte per questo scopo nei lattanti, in quanto i formaci possono rendere sgradevole il suo sapore e causare l rifiuto da parte del bambino di questo alimento fondamentale. Ricordare che la somministrazione frequente e prolungata di formaci cui sia stato aggiunto dello zucchero pu aumentare l'incidenza di carie nei bambini. Se il dosaggio d una compressa superiore a quello prescritto e la compressa non suddivisibile, si pu contattare la farmacia per richiedere la preparazione di bustine monodose. I bambini con un sondino nasogastrico {SNG); possono ricevere formaci orali attraverso il sondino: il farmaco deve essere in forma liquida come Io sciroppo o la compressa frantumata e sciolta in acqua. Prima e dopo la somministrazione il SNG deve essere irrigato

con acqua 05 soluzione salina per impedirne l'ostruzione, soprattutto nei bambini piccoli che necessitano d un sondino molto sottile. Avvertenze: Le capsule gastroprotette non possono essere sminuzzate perch hanno un rivestimento duro che permette loro di arrivare all'intestino tenue senza essere assorbite; anche le compresse ad azione ritardata non possono essere frantumate perch sono create specificatamente per un assorbimento graduale. Le sospensioni vanno sempre agitate prima delluso

Somministrazione cutanea
Per somministrazione cutanea si intende l'applicazione di un farmaco (crema, pomata, unguenti, lozione, gel, cerotto) a livello cutaneo, che permette di ottenere un effetto locale o sistemico.

La possibilit di utilizzare un effetto esclusivamente (o prevalentemente) locale deriva dal fatto che lo strato corneo dell'epidermide, soprattutto se integro, rappresenta un'efficace barriera all'assorbimento sistemico, riducendo al minimo in tal modo gli effetti collaterali sistemici. Infatti si considera che, mediamente, l'assorbimento percutaneo di un farmaco corrisponda a circa il 20-30% di quello applicato. L'assorbimento avviene attraverso i follicoli piliferi e i dotti sudoripari ed favorito da alcuni fattori quali: - iperemia da massaggi e frizioni o da stati infiammatori; - liposobulit del farmaco; - lesioni cutanee; - medicazioni occludenti: bene ricordare che il pannolino rappresenta la pi frequente causa di occlusione involontaria. Il rapporto superficie cutanea/peso massimo alla nascita e tende a diminuire progressivamente con la crescita. Inoltre il sottile strato cutaneo e la maggiore idratazione del neonato e del lattante favoriscono l'assorbimento: pertanto consigliabile applicare una quantit di farmaco limitata strettamente alla zona da trattare. Anche il tipo di dermatosi pu influenzare l'assorbimento del farmaco: nelle malattie della pelle con ispessimento dell'epidermide il farmaco si deposita a livello dello strato corneo che in qualche modo funge da serbatoio, per cui l'effetto non termina con la sospensione dell'applicazione del prodotto. Nelle dermatosi con atrofia dell'epidermide, invece, l'assorbimento pu essere maggiore con aumento degli effetti sistemici del farmaco. bene ricordare inoltre che l'assorbimento diverso a seconda del distretto cutaneo in cui viene applicato il farmaco: dove c' uno strato corneo pi sottile, come per esempio il viso, lo scroto o la vulva, si ha una maggiore penetrazione del farmaco stesso. Tra i formaci applicati sulla cute che esplicano effetto locale vengono utilizzati antibiotici, anestetici, corticosteroidi, antistaminici. Per quanto riguarda l'effetto sistemico esistono dei formaci transdermici sotto forma di cerotti, che una volta applicati alla cute rilasciano il farmaco lentamente nella circolazione sistemica (durata dell'effetto da 24 a 48 h). Sotto questa forma vengono somministrati formaci come la nitroglicerina, la clonidina, la scopolamina, che comunque non hanno ancora trovato impiego nei bambini. Indicazioni e complicanze della somministrazione cutanea Indicazioni Trattamento di malattie dermatologiche. Trattamento di malattie sistemiche che rispondono alla somministrazione di formaci per i quali disponibile la forma di somministrazione transdermica.

Anestesia locale. Locali: dermatiti da contatto irritanti e su base allergica follicoliti da occlusione, alopecia. Sistemiche: da sovradosaggio o da eccessivo assorbimento del farmaco.

Complicanze

Somministrazione auricolare
La somministrazione auricolare consiste nell'instillazione di gocce all'interno del canale uditivo esterno,
quando si vuole ottenere un'azione locale (per esempio, analgesici, antibiotici). Nel bambino con et inferiore ai 3 anni, il padiglione dell'orecchio interessato viene tirato dolcemente in basso e indietro prima di instillare il farmaco, per poter separare la membrana timpanica dal pavimento del canale cartilagineo; nei bambini pi grandi (e negli adulti) invece il padiglione viene sollevato e tirato indietro per raddrizzare il canale uditivo. N.B.: tutte le soluzioni prima di venire introdotte devono essere portate a temperatura corporea per evitare dolore, nausea o vertigini.

Somministrazione a livello di mucose


Analogamente alla somministrazione cutanea, anche a livello delle mucose i formaci possono essere somministrati per ottenere un effetto locale o sistemico. Si ricorre generalmente alla somministrazione per questa via per ottenere un'azione locale. Le mucose sono composte da strati tissutali sottili e umidi che sono pi vascolarizzati della cute, pertanto l'assorbimento attraverso di esse maggiore di quello cutaneo; le soluzioni acquose al contrario di quelle oleose vengono assorbite rapidamente. Le mucose pi utilizzate per l'applicazione dei formaci sono: - Mucosa congiuntivale: nonostante l'occhio non sia un organo sterile, preferibile usare una tecnica sterile per l'applicazione di formaci in questo sito. Nei neonati che tengono gli occhi chiusi le gocce vengono messe nell'angolo nasale, dove si uniscono le palpebre, in modo che quando il neonato apre le palpebre il collirio defluisce nella congiuntiva. consigliabile trattare ciascun occhio separatamente in modo da ridurre il rischio di propagare l'infezione da un occhio all'altro. - Mucosa nasale: attraverso questa via vengono somministrate varie sostanze sotto forma di gocce o spray nasale per avere un effetto sistemico o locale. Questa via permette interventi facili e un'azione rapida (per esempio, i vasocostrittori e gli sferoidi topici nelle riniti allergiche). Essa presenta per l'inconveniente di un ridotto assorbimento anche in caso di un semplice raffreddore. I neonati, che hanno un respiro prevalentemente nasale, manifestano un fastidio maggiore durante questa applicazione e tendono a espellere il farmaco. Avvertenza Le gocce devono essere instillate al centro del sacco congiuntivale, perch porre il farmaco direttamente sulla cornea pu causare lesioni corneali.

Somministrazione rettale
Si intende la somministrazione di un farmaco nel ret-to. Si pu ottenere un'azione locale (per esempio, supposta di glicerina o clistere evacuativo) o sistemica (per esempio, supposte analgesiche o antipiretiche). Anche attraverso la mucosa rettale, come per le altre mucose, si ha un assorbimento rapido per la ricca vascolarizzazione; il farmaco, assorbito dalle vene rettali inferiore e superiore, passa attraverso la vena

iliaca nella vena cava inferiore, evitando cos il circolo epatico e l'eventuale inattivazione. In alcuni casi i formaci possono venire assorbiti con estrema rapidit come nel caso del diazepam usato per interrompere prontamente una crisi convulsiva. Questo farmaco si somministra introducendo nel retta una siringa (naturalmente senza ago) da 1 mL lubrificata, per 4-5 cm in modo da arrivare all'ampolla rettale. Se il farmaco non raggiunge l'ampolla, ma viene introdotto a livello del canale anale, esso pu venire assorbito dalle vene emorroidali e attraverso queste arrivare al fegato. L'assorbimento rettale spesso irregolare e incompleto anche per la presenza di feci; molti formaci COL sano irritazione della mucosa stessa. Indicazioni, controindicazioni e complicanze della somministrazione rettale Indicazioni Controindicazioni Complicanze Avvertenza Dopo la somministrazione d qualsiasi farmaco a I livello rettale, si deve applicare una lieve pressione i sull'ano comprimendo delicatamente le natiche finii che viene meno il riflesso del bambino di espellere il farmaco stesso. Questa via indicata nel caso di nausea e vomito, d incoscienza, quando altre vie non siano disponibili. Diarrea. Infiammazione e irritazione della mucosa rettale, perforazione viscerale.

Somministrazione inalatoria
La terapia inalatoria, o aerosolterapia, consiste nell'inalazione di una sospensione di particelle liquide o solide veicolate da un gas. Fondamentale nella terapia aerosolica la dimensione delle goccioline che costituiscono l'aerosol: da essa infatti che dipende se il farmaco riesce ad arrivare dove deve agire. Nelle vie aeree con diametro inferiore a 2 mm penetrano solo le goccioline comprese tra 0,8 e 5 micron: quelle pi piccole sono inutili perch si comportano come un gas inerte e vengono rirespirate mentre quelle pi grandi si fermano nelle prime vie aeree e quindi nella maggior parte dei casi non raggiungono l'obiettivo previsto. Per avere un'idea di quanto farmaco arrivi effettivamente nelle vie aeree necessario far riferimento al diametro aerodinamico mediano di massa (AMMD). Questo diametro divide la massa totale e cio la quantit totale del farmaco in due parti uguali di cui una composta da particelle con diametro inferiore e l'altra con diametro superiore; sono quindi da considerarsi efficienti in linea di massima gli aerosol con AMMD compreso tra 0,8 e 5 micron. Naturalmente nel bambino, soprattutto prima del 2-3 anno di vita e in particolare se broncoostruito, bisogner ricercare l'AMMD pi basso. Inoltre vi sono formaci che, agendo soprattutto nei bronchi principali, non necessitano di aerosol con AMMD particolarmente basso, mentre per altri formaci, che devono arrivare pi distalmente, necessario un AMMD pi basso.

Metodiche di somministrazione dell'aerosolterapia


Per migliorare il rilascio dei formaci a livello delle vie aeree sono stati messi a punto alcuni sistemi di erogazione: spray con distanziatore, inalatori di polvere, apparecchi classici (nebulizzatore pneumatico e a ultrasuoni). A seconda della patologia da trattare, dell'et e della compliance del paziente verr scelto il sistema pi adatto.

a) Spray con distanziatore costituito da una bomboletta pressurizzata, all'interno della quale il farmaco si trova unitamente al propellente e a piccole quantit di tensioattivi per impedire l'aggregazione delle micelle. Il farmaco viene erogato grazie a una valvola che libera in un attimo una quantit predeterminata di aerosol con AMMD inferiore a 5 micron. La principale difficolt nell'uso degli aerosol predosati rappresentato dalla necessit da parte del paziente di coordinare l'erogazione del farmaco e l'atto inspiratorio; cosa praticamente difficile nel bambino di et inferiore ai 7-8 anni. Inoltre il farmaco uscendo dalla bomboletta a una velocit di 100-120 km/h, va in gran parte a sbattere sulla mucosa del cavo orofaringeo da dove viene deglutito e quindi assorbito con conseguenti effetti collaterali sistemici. Per superare questi inconvenienti, particolarmente pesanti per il bambino, sono disponibili dei presidi chiamati distanziatori o camere di espansione che sono dei tubi in plastica di 5-10 cm che si raccordano da una parte alla bomboletta e dall'altra alla bocca del paziente. Nel bambino piccolo necessario usare il distanziatore con una mascherina ben adesa alla bocca; nel bambino pi grande sufficiente l'uso del boccaglio. Con l'uso del distanziatore lo spruzzo impatta contro questo e viene inalata solo la parte che va alle vie aeree distali riducendo cos gli effetti collaterali; inoltre con l'evaporazione del propellente si ha una diminuzione dell'AMMD e una maggiore quantit di farmaco efficace. b) Inalatori di polvere Gli inalatori di polveri utilizzano delle capsule di gelatina dura, contenenti una polvere micronizzata del farmaco; la capsula posta all'interno dell'apparecchio e dopo essere stata forata viene inspirata. Questi dispositivi sono attivati direttamente dal respiro del paziente ed essendo necessari flussi inspiratori piuttosto elevati possono venire usati nei bambini a partire dai 6 anni. La polvere offre come vantaggio una maggior facilit d'uso e non contenendo propellenti sicuramente pi salutare per l'ambiente. Presenta per un notevole impatto orofaringeo e causa effetti collaterali come fenomeni irritativi, tosse e broncospasmo a livello delle vie aeree inferiori. e) Apparecchi classici Questi apparecchi hanno la caratteristica di non richiedere alcuno sforzo inspiratorio n coordinazione temporale tra erogazione del farmaco e atto inspiratorio; perci sono adatti a tutte le et. Inoltre presentano un'alta maneggevolezza nei dosaggi e nelle posologie e permettono di nebulizzare i formaci contemporaneamente alla somministrazione di ossigeno nei pazienti ipossici. c) Apparecchio pneumatico II nebulizzatore pneumatico composto da un compressore che si collega a un'ampolla tramite un tubici-no. La produzione dell'aerosol si basa sull'effetto Venturi: l'aria forzata attraverso un piccolo orifizio crea una caduta di pressione con risucchio di piccole quantit di farmaco che vengono man mano investite dal getto di aria e frantumate in tante goccioline: di queste solo le pi piccole rimangono in sospensione, mentre la maggior parte (con diametro maggiore di 5 micron) ricade nell'ampolla. In ospedale possiamo ottenere lo stesso effetto del compressore con le prese a muro (unit terminali) collegate al sistema centralizzato, che erogano aria compressa o ossigeno. Questo sistema necessita solo di un flussimetro da applicare alla presa e di un tubicino che colleghi quest'ultimo all'ampolla. L'AMMD influenzato sia dal flusso-pressione che dall'ampolla nebulizzatrice. L'aumento del flusso-pressione porta a una diminuzione dell'AMMD; lo standard minimo per il buon funzionamento di un compressore di 1,5 bar, sufficiente per permettere un flusso di 6-8 L/min. Bisogna tener presente che flussi maggiori 8 L/min superano la capacit inspiratoria del bambino di

et inferiore ai 3 anni; perci erogare un aerosol con flussi pi elevati porta a una dispersione di nebulizzato nell'ambiente. L'aumento della pressione inversamente proporzionale al tempo di nebulizzazione. Il sistema centralizzato sopra citato risulta pi efficiente dell'apparecchio pneumatico in quanto viene garantita una pressione costante che secondo la norma italiana di 3,5 bar. Anche la struttura dell'ampolla e il materiale con cui costruita influiscono sull'AMMD; esistono ampolle che erogano il farmaco con AMMD pi o meno basso e in base all'effetto che si desidera ottenere si sceglier l'ampolla pi adatta. La casa costruttrice dell'ampolla generalmente fornisce i criteri di utilizzazione della stessa, soprattutto il flussopressione che deve essere mantenuto durante l'aerosol. Alla fine della nebulizzazione rimane nell'ampolla una parte residua di soluzione che non permette la completa erogazione del farmaco: per questo motivo esso deve essere diluito in modo tale che la quantit globale da nebulizzare non sia inferiore ai 3 mL A differenza dell'apparecchio a ultrasuoni, quello pneumatico pi semplice da usare, generalmente produce un aerosol con AMMD pi basso, riesce a nebulizzare bene le sospensioni, non provoca alterazioni dei formaci nebulizzati ed meno costoso. e) Apparecchio a ultrasuoni L'apparecchio a ultrasuoni utilizza un cristallo piezoelettrico in grado di trasformare le oscillazioni elettriche ad alta frequenza in oscillazioni meccaniche, le quali sono trasmesse, attraverso un liquido, alla soluzione da nebulizzare oppure direttamente alla soluzione stessa. Le vibrazioni prodotte dagli ultrasuoni hanno intensit tali da superare le forze di coesione molecolare delle soluzioni e pertanto disintegrano il liquido contenuto nella vaschetta trasformandolo in nebbia ultrasonica. Le particelle pi pesanti ricadono verso il basso mentre quelle pi piccole vanno in sospensione. Un'apposita ventola crea un flusso di aria che spinge e convoglia mediante un tubo di plastica il nebulizzato fino alla bocca del paziente. L'AMMD delle particelle pu essere ridotto aumentando la frequenza del cristallo piezoelettrico. La quantit di soluzione contenuta nella vaschetta deve essere mediamente di 5 mL. L'apparecchio a ultrasuoni rispetto a quello pneumatico meno rumoroso, pi veloce nella nebulizzazione del farmaco, da un minore volume residuo. Per garantire una corretta somministrazione dell'aerosol sia con l'apparecchio pneumatico che a ultrasuoni fondamentale l'uso della maschera o del boccaglio. Nel bambino piccolo preferibile la maschera che dovr essere tenuta in posizione verticale ben aderente al volto: sufficiente allontanare di 1 cm la maschera dal volto per veder crollare a meno della met la quantit di aerosol inalata. Nel "bambino pi grande pu essere usato anche il boccaglio, considerando la maggiore compliance che si pu ottenere. Indicazioni, controindicazioni e complicanze della somministrazione inalatoria

Indicazioni

Questa via di somministrazione indicata per la cura di molte malattie sia delle alte sia delle basse vie aeree come l'asma, la bronchiolite, la laringotracheobronchrte, la displasia broncopolmonare. Il vantaggio di questa via di somministrazione quello di ottenere un'alta concentrazione di farmaco a livello delle vie aeree, accompagnata da scarsi effetti collaterali, locali e sistemici e da una maggiore rapidit d'azione.

Controindicazioni

Non ci sono delle vere e proprie controindicazioni a questa via di somministrazione, mentre ce ne possono essere molte legate ai formaci specifici che si usano nella terapia aerosolica.

Complicanze

Le complicanze della terapia inalatoria sono rare e sono essenzialmente legate agli effetti collaterali locali e da assorbimento sistemico dei formaci somministrati tramite questa via.

Somministrazione intramuscolare
L'iniezione intramuscolare (i.m.) consiste nella somministrazione di un farmaco nel tessuto muscolare con l'ausilio di un ago e una siringa. Il muscolo povero di terminazioni nervose sensitive, ma il dolore comunque presente il risultato della ferita cutanea e della distensione dello spazio interstiziale provocato dal farmaco iniettato. consigliabile inserire l'ago con movimento veloce e deciso, ma iniettare lentamente il farmaco per permettere che si sparga senza pressione. Al termine si rimuove rapidamente l'ago per diminuire il dolore. Per ridurre il dolore cutaneo pu essere utile raffreddare la zona dell'iniezione poco prima della procedura.In et pediatrica bene evitare la diluizione del farmaco con soluzioni contenenti anestetico come la lidocaina, per i potenziali effetti aritmogeni. La velocit di assorbimento del farmaco pu essere aumentata con massaggio, applicazione di calore o somministrazione di vasodilatatori; se s applica del freddo o se si somministrano vasocostrittori si avr una diminuzione del flusso ematico e perci una diminuzione della velocit di assorbimento. La somministrazione di formaci irritanti, in grandi volumi e con pH diverso da quello fisiologico, causa un maggiore danno tissutale. Oltre alla tecnica tradizionale per l'esecuzione dell'iniezione i.m. si pu adottare quella del sigillo ad aria. Questa procedura impedisce il reflusso del farmaco nella sede dell'iniezione dopo che l'ago stato ritirato, evitando cos il dolore e il danno ai tessuti che il farmaco irritante pu provocare. Si ottiene aspirando 0,2-0,3 cc di aria nella siringa dopo avere aspirato il farmaco: la stessa aria verr iniettata dopo avere iniettato il farmaco. Con questa tecnica si deve tenere presente che viene introdotta una quantit maggiore di farmaco (quella che residua nel cono della siringa e dell'ago dopo l'iniezione); nel caso di piccole quantit di liquido, in particolare, se la concentrazione del farmaco elevata, la quota di farmaco somministrata in eccesso percentualmente importante localizzare bene la sede di iniezione per non danneggiare il nervo sciatico o l'arteria gluteale che si trovano nelle vicinanze.I formaci somministrati in questo sito sono assorbiti pi lentamente rispetto alla somministrazione in altri muscoli (per esempio il deltoide). Il paziente viene posizionato in decubito prono con la punta dei piedi rivolta medialmente per favorire il rilassamento muscolare. Nella tabella indicata la quantit di farmaco iniettabile in rapporto all'et del bambino maggiore.

Scelta del sito di iniezione


L'et del bambino, il tipo e la quantit di farmaco sono determinanti nella scelta del sito di iniezione.

Et
Fino a 3 anni Da 4 a 6 i Da 7 a 15 anni Adulti

Quantit di liquido iniettabile


Fino a 1 mi Fino a 2 mi. Fino a 3 mL Fino a 5 mL

Regione del quadricipite femorale


1) Muscolo vasto laterale Pu essere usato in tutte le et, ma il sito pi indicato al di sotto dei 2-3 anni perch costituisce la pi grande massa muscolare nei neonati e nei bambini piccoli. In questa zona sono presenti pochi nervi e vasi sanguigni di grosso calibro. II sito di iniezione rappresentato dal terzo medio della faccia laterale della coscia

2) Muscolo retto femorale Anche questa zona pu essere usata in tutte le et, pur essendo il sito elettivo per neonati e bambini. Il sito di iniezione rappresentato dal terzo medio della faccia anteriore della coscia L'assorbimento del farmaco nella regione vasto laterale e retto femorale pi veloce che nella glutea.

a. adulto

b. lattante

Regione ventroglutea o ventrogluteale (muscolo piccolo e medio gluteo)


Anche questo sito pu essere utilizzato solo quando i muscoli sono ben sviluppati, perci dopo i 2 anni di vita. In quest'area non sono presenti n grossi vasi n nervi. Il sito si localizza ponendo il palmo della mano sul grande trocantere, formando una "V" con l'indice verso la spina iliaca antera-superiore e il medio verso la cresta iliaca: la zona di iniezione si trova al centro

Regione deltoidea (muscolo deltoide)


Alcuni autori affermano che questo muscolo pu essere usato nei bambini a partire dai 3 anni, mentre altri ne consigliano l'uso dopo i 6 e altri ancora dopo i 12 anni. In questa sede presente poco grasso sottocutaneo e il farmaco viene assorbito rapidamente grazie alla ricca vascolarizzazione. Il deltoide per un muscolo piccolo, per cui non viene utilizzato frequentemente; inoltre al di sotto passano il nervo e l'arteria brachiale, per cui l'iniezione pu risultare rischiosa. Per localizzare la zona di iniezione, tracciare una linea immaginaria lunga 2,5-5 cm al di sotto del limite inferiore del processo dell'acromion della scapola.

L'iniezione deve essere somministrata sulla linea medio-ascellare che corrisponde alla parte pi voluminosa del muscolo Et Dai 3 agli 8 anni Dai 9 ai 15 anni adulti Quantit di liquido iniettatale Fino a i ml Fino a 1,5 mL Fino a 2 mL

Indicazioni, controindicazioni e complicanze nella somministrazione intramuscolare Indicazioni Necessit di ottenere un rapido assorbimento del farmaco rispetto ad altre vie, per esempio alla via orale o sottocutanea (per la ricca vascolarizzazione del muscolo). Impossibilit di reperire un accesso venoso periferico. Impossibilit di somministrare il farmaco per via orale/rettale a causa di vomito/diarrea. Disponibilit del medicamento nella sola forma farmaceutica per via intramuscolare Alterazioni circolatorie che possono ritardare l'assorbimento: per esempio ipoperfusione tissutale durante lo shock e lo scompenso cardiaco. Deficit del trofismo muscolare, in quanto si ha un ridotto assorbimento (paziente cachettico o plegico). Alterazione dei meccanismi della coagulazione. Presenza di lesioni cutanee, cicatrici, ematomi o edema nella zona di iniezione. Complicanze Formazione di granulomi. Infezione locale con ascesso. Lesioni di strutture nervose con paresi transitoria. Danno osseo. Rottura dell'ago nel muscolo. Iniezione endovenosa del formaco.

Controindicazioni

Somministrazione sottocutanea
Per somministrazione sottocutanea si intende la somministrazione di un farmaco nel tessuto sottocutaneo, ossia nello strato adiposo tra il derma e il muscolo. I formaci pi frequentemente utilizzati per questa via sono l'insulina (vedi avvertenza) e l'eparina, ma possono venire somministrati anche altri formaci, come l'adrenalina, la terbutalina e alcuni vaccini. Generalmente consigliabile non massaggiare la zona dopo l'iniezione per evitare un rapido assorbimento.

Siti di iniezione
I siti principali sono la faccia anteriore della coscia, l'addome e il lato esterno superiore del braccio, ma possono essere utilizzate tutte le zone che non si trovano sopra prominenze ossee, non sono percorse da grossi vasi o nervi e presentano la cute integra.

fondamentale ruotare le sedi di iniezione per permettere alla zona di guarire dalla lesione. Per la somministrazione frequente, come nel caso dell'insulina, importante creare una mappa per ciascun sito di rotazione in modo che i diversi punti siano utilizzati con la stessa frequenza. La quantit iniettata
non deve superare 1 mL di soluzione. L'eparina viene generalmente somministrata nell'addome dove c' un maggiore strato adiposo, con minore rischio di formare ematomi.

Ricorda Per via sottocutanea pu essere somministrata anche la deferoxamina in infusione continua nei pazienti che eseguono trasfusioni ripetute (morbo di Cooley). Esperienze recenti riportate in letteratura sono state fatte anche con boli intermittenti di morfina pervia sottocutanea. Indicazioni, controindicazioni e complicanze nella somministrazione sottocutanea Indicazioni Formaci che richiedono un lento assorbimento e quindi un'azione prolungata. Somministrazione di sostanze irritanti che possono causare dolore, necrosi e desquamazione. Somministrazione di sostanze idrosolubili, zone scarsamente vascolarizzate, alterazioni della coagulazione (sebbene sia consigliabile la somministrazione sottocutanea rispetto a quella intramuscolare). Zone che presentano infiammazione, edema, escoriazioni, cicatrici, prurito e dolorabilit; pazienti con scarso tessuto sottocutaneo come neonati prematuri o cachettici. Complicanze Le complicanze comprendono infezioni locali, ascessi, lipodistrofia (per esempio in caso di somministrazione di insulina fredda), noduli sottocutanei, ematomi. Controindicazioni

Somministrazione endovenosa periferica


Per accesso venoso periferico si intende il posizionamento di un ago o di una cannula corti in una vena sottocutanea di una estremit, del collo o del capo. Molti bambini ospedalizzati necessitano di un accesso venoso periferico: per questo motivo risulta estremamente importante che il personale infermieristico possieda delle buone conoscenze e abilit tecniche per l'inccinnulazione della vena. consigliabile l'inserimento della cannula attraverso un tunnel sottocutaneo al fine di ostacolare la migrazione di microrganismi all'interno del vaso. Nel caso in cui la vena sia poco evidente si possono applicare delle compresse caldo umide per 10-20 min. Nelle pelli scure le vene possono essere visualizzate pi facilmente passando la cute con un tampone imbevuto di iodopovidone, mentre nei bambini con mani paffute pu essere utile comprimere la pelle con un batuffolo imbevuto di alcol e rilasciarla per permettere una momentanea visualizzazione della vena. importante provvedere a un'adeguata immobilizzazione della cannula e dell'arto interessato (nella giusta posizione anatomica) per evitare irritazioni venose o infiltrazioni. Per quanto riguarda la gestione del punto d'ingresso c' da ricordare che l'uso di pomate an-tisettiche o antibiotiche non si dimostrato efficace per prevenire le infezioni e comporta anche il rischio di creare microrganismi resistenti.

Avvertenza
Per il posizionamento di un ago, dopo un paio di tentativi infruttuosi bene rivolgersi ad altro personale competente.

Scelta del sito


La scelta della vena deve tener conto del mantenimento del comfort e della conservazione del patrimonio veno so del bambino. Se possibile bene scegliere una vena lontana da articolazioni anche per diminuire il rischio di dislocazione. Evitare inoltre la mano dominante o le estremit inferiori nei bambini attivi. consigliabile usare i rami distali di una grossa vena lasciando i punti migliori per le eventuali emergenze.

Estremit superiori
II dorso della mano il sito di accesso pi comunemente usato nel bambino proprio per permettergli il maggior numero di movimenti di cui ha bisogno. - Vene del dorso della mano: vena basilica, vena cefalica, rete venosa dorsale, vene metacarpali. - Vene della superficie palmare del polso: vena antebrachiale mediana. Vene dell'avambraccio e della fossa antecubitale: vena basilica, vena cefalica, vena mediana cubitale, vena mediana cefalica, vena mediana basilica.

Estremit inferiori
Sono siti di seconda scelta in quanto limitano i movimenti dei bambini che camminano e inoltre sono associati a un maggior rischio di infezioni - Vene della faccia dorsale del piede: vena mediana marginale, arco venoso dorsale. - Vene del malleolo esterno: vena piccola safena. - Vene del malleolo interno: vena grande safena.

Cuoio capelluto

Questo sito di accesso venoso continua a essere una sede molto affidabile nei neonati per l'infusione di formaci e liquidi. Le vene epicraniche sono sporgenti soprattutto nei primi tre mesi di et, ma possono essere usate fino a circa 9 mesi quando il cuoio capelluto non ancora coperto da molti capelli importante saper distinguere prima della puntura se si tratta di vena o di arteria; le arterie sono generalmente pi tortuose delle vene e l'instillazione di liquidi provocher un immediato impallidimento della zona circostante. In questo caso il catetere dovr essere rimosso. Vene del cuoio capelluto: vena frontale, vena sopraorbitale, vena temporale, vena auricolare posteriore, vena occipitale. Si possono usare tutte le vene superficiali del capo.

Collo
II sito di accesso a questo livello costituito dalla vena giugulare esterna che si pu usare nei casi in cui non si riescano a reperire altri accessi per la somministrazione di formaci o liquidi. L'incannulazione spesso risulta difficile in quanto questo vaso tende a ruotare, come pure risulta difficile l'immobilizzazione della cannula particolarmente nei bambini piccoli. Questa vena facilmente accessibile in tutti quei bambini che non abbiano un collo particolarmente corto o ricco di adipe. La posizione da far assumere al bambino per la procedura merita una breve descrizione: il bambino viene posto in Trendelemburg, con la testa ruotata dalla parte opposta della sede individuata per la venipuntura e con le spalle bene appoggiate al lettino. Se il bambino molto piccolo questa posizione pu essere ottenuta mettendo un lenzuolino arrotolato sotto la spalla. La dilatazione della vena pu essere incrementata con il pianto nel bambino.

Dispositivi e materiali usati


Generalmente consigliabile usare aghi cannula o butterfly con un calibro il pi sottile possibile in quanto il dolore meno marcato e, inoltre, l'aumento del diametro e della lunghezza di questi presidi aumenta il trauma a livello della cute e della vena.

Cannule di plastica corte con mandrino interno


Rappresentano il principale dispositivo per l'accesso venoso periferico. Esistono cannule di materiale vario: cannula in FEP-Teflon (politetrafluoroetilene) che la pi comunemente usata perch presenta un buon cannula in PEU-Vialon o Flexane (poliuretano medicale): costituita di un materiale biocompatibile, flessibile, rapporto costo-beneficio ed indicata soprattutto per le incannulazioni di breve durata; morbido; dotata di una punta sottile ma resistente che permette una pi lunga permanenza in sito; pi costosa.

Butterfly
Sono aghi metallici indicati per terapie estemporanee o di breve durata in quanto possono provocare perforazioni del vaso anche con piccoli movimenti.

Indicazioni, controindicazioni e complicanze nella somministrazione endovenosa periferica Indicazioni Fornire elettroliti e sostanze nutritive in caso di vomito, diarrea o nel caso in cui il bambino non riesca ad alimentarsi. Somministrare formaci che si trovano nella sola forma farmaceutica per via endovenosa. Avere a disposizione un accesso venoso per l'emergenza per consentire un effetto rapido del farmaco. Somministrare formaci irritanti se somministrati per altre vie parenterali. Somministrare sangue e suoi derivati. Controindicazioni Lesioni cutanee, ematomi o segni di infiammazione in corrispondenza dei siti di accesso venoso. Estremit poco perfuse, edematose o con trauma. Somministrazione di sostanze molto irritanti, nutrizione parenterale totale con osmo-larit elevata. Complicanze Infiltrazione. Flebite. Tromboflebite.

Flebite purulenta. Sepsi. Embolia da catetere. Reazione allergica alla cannula. Necrosi dei tessuti (da stravaso di formaci caustici) Ematomi

Somministrazione venosa centrale


Per cateterismo venoso centrale (CVC) si intende l'inserimento di un catetere lungo, la cui estremit termini in prossimit dell'atrio destro o nella vena cava superiore o inferiore. I CVC possono essere inseriti per via diretta o per via periferica. Per via diretta si intende l'inserimento del catetere direttamente in una grossa vena, come per esempio la vena succlavia, la vena giugulare interna, la vena femorale. Per via periferica si intende l'inserimento del catetere tramite delle vene minori superficiali come la vena giugulare esterna, la vena basilica o la vena cefalica. In base alla presunta durata del trattamento, al tipo di formaci da somministrare, alle condizioni generali del paziente e all'et, il medico sceglier il sito di accesso, la tecnica di incannulazione e il tipo di catetere pi adatti.

Siti di accesso
Vena succlavia: nei lattanti risulta difficile la localizzazione del sito di ingresso per le dimensioni e la struttura del torace e delle clavicole. Inoltre lo spazio disponibile ridotto aumenta il rischio di ledere l'arteria o il polmone. Il catetere facilmente fissabile alla cute perch la zona regolare; inoltre risulta meno inquinabile da cibo e da liquidi biologici. preferibile scegliere la succlavia destra perch la cupola polmonare sinistra pi alta e perci c' un maggior rischio di pneumotorace; inoltre a sinistra c' la possibilit di ledere il dotto toracico. Un'altra complicanza la puntura dell'arteria succlavia. Vena giugulare interna: permette una migliore gestione nel bambino pi grande; facilmente inquinabile da cibo e da liquidi biologici (saliva, sudore). Rispetto all'adulto, nel bambino necessario iperestendere maggiormente la testa e il collo per poter procedere all'incannulazione. Nei bambini di et inferiore a un anno la manovra risulta pi difficoltosa a causa del collo corto e della presenza di pliche cutanee. Le complicanze pi frequenti sono: pneumotorace, enfisema sottocutaneo, ematomi, emorragie dovute alla puntura accidentale della carotide, lesione del ganglio stellato.
Vena femorale: una via semplice da reperire, soprattutto per i casi di emergenza, e permette di esegui re con maggior

libert le manovre rianimatorie. Per la sua posizione anatomica possibile una compressione diretta in caso di sanguinamento. Il punto d'ingresso facilmente inquinabile da feci e urine. Questo sito controindicato nel caso di malformazioni congenite dei vasi degli arti inferiori, di ernia inguinale, di trauma addominale, di tumore addominale o di ascite. Complicanze: puntura dell'arteria femorale, ematomi. Vena giugulare esterna, vena basilica e vena cefalica a livello antecubitale: questi siti sono pi facilmente reperibili perch le vene sono visibili, superficiali e si prestano alla compressione diretta. Vasi ombelicali: vengono usati come accesso vascolare nei neonati, visto che si incannulano facilmente permettendo la somministrazione di formaci e liquidi. Generalmente l'arteria ombelicale pu essere cateterizzata entro le prime 24 h, ma eccezionalmente pu essere incannulata fino al settimo giorno dalla nascita. La vena ombelicale pi facile da incannulare alla nascita, ed possibile farlo fino a circa 2 settimane di et. controindicato l'accesso a questi vasi in caso di onfaliti o lesioni cutanee impetiginizzate.

Non consigliabile usare questa via per la somministrazione di formaci e prelievi di routine per il rischio di gravi complicanze quali: infezioni localizzate e sistemiche, enterocolite necrotizzante, trombosi della vena porta, cirrosi e necrosi epatica, ipertensione portale. Vena ascellare: questo sito pu essere usato nei bambini fino all'et prepuberale perch c' una scarsa sudorazione e quindi il pericolo di macerazione ridotto. Non una zona molto usata ma pu risultare utile nei bambini ustionati che in genere conservano integra questa zona. Complicanze: lesioni del plesso brachiale.

Tecniche di incannulazione Percufanea la pi semplice e la pi comunemente usata; indicata quando si prevede un'utilizzazione di breve durata.I cateteri inseriti per via diretta vengono fissati alla cute con punti di sutura: per questo motivo a volte risultano meno sicuri di quelli tunnellizzati cuffiati per quanto riguarda l'ancoraggio. I cateteri inseriti per via periferica danno generalmente meno complicanze perch la vena scelta evidente. Chirurgica Consiste nell'isolamento chirurgico della vena. I punti pi utilizzati sono: vena safena all'altezza della caviglia, punto di giunzione safeno-femorale nella regione inguinale, vena giugulare esterna del collo, vena basilica in prossimit della fossa antecubitale, vena cefalica. Tunnellizzazione Viene usata per accessi vascolari a lungo termine. Il catetere viene inserito in anestesia locale o generale, a seconda della collaborazione del paziente con tecnica percutanea o chirurgica. Esso viene tunnellizzato attraverso il tessuto sottocutaneo con un'incisione, di solito sul torace, facendo in modo che l'uscita del catetere corrisponda a una sede facile da osservare e controllare, lontana dal punto di ingresso del catetere nella vena, per diminuire il rischio di infezioni. Generalmente si usa la vena succlavia o in alternativa la vena giugulare interna. Dispositivi impiantabili Sono cateteri muniti di serbatoio impiantato sotto la pelle, con una membrana perforabile non visibile. Il serbatoio viene individuato con le mani e la membrana viene punta con un ago speciale atraumatco. Questi dispositivi, utilizzati per chemioterapia o antibioticoterapia prolungata, non alterano l'immagine corporea del paziente e permettono una vita normale; riducono inoltre il rischio di infezione e i costi di mantenimento. Anche in questo caso si usa la vena succlavia o in alternativa la vena giugulare interna.

Materiali
I materiali pi usati per i cateteri venosi centrali sono il silicone e il poliuretano. Il silicone un materiale elastico e morbido e pertanto provoca meno danno all'intima del vaso. Presenta inoltre una superficie idrofobica che resiste all'adesione batterica e pu rimanere in sito pi a lungo; infatti viene usato per i cateteri a lungo termine. Il poliuretano un materiale pi duro, resistente e permette la realizzazione di cateteri con pareti sottili e perci con diametro esterno pi piccolo. Viene spesso usato per i cateteri a breve termine. Esistono cateteri con uno o pi lumi (fino a 4), per consentire la somministrazione contemporanea di formaci incompatbili. L'uso dei cateteri a pi lumi consigliato solo nelle situazioni di effettiva necessit perch vi un maggior rischio di infezioni.

Gestione del punto d'ingresso


Le pi frequenti e potenzialmente gravi complicanze dei CVC sono l'infezione del sito di accesso e la sepsi. Queste complicanze sono legate al mantenimento dell'asepsi durante l'inserimento e alla gestione del catetere e del circuito durante la permanenza in situ. Il Center for Disease Contro! and Prevention (CDC) nel 1997 ha proposto delle raccomandazioni per quanto riguarda la prevenzione delle infezioni associate ai dispositivi intravascolari, basate sulle evidenze scientifiche disponibili, sul fondamento teorico, sull'applicabilit e sull'impatto economico.

Indicazioni, controindicazioni e complicanze nella somministrazione venosa centrale Indicazioni Somministrazione di grosse quantit di liquidi in tempi brevi. Impossibilit a reperire un accesso venoso periferico. Somministrazione di soluzioni irritanti (per esempio, chemioterapici). Monitoraggio della pressione venosa centrale. Somministrazione di nutrizione parenterale totale ad alta osmolarit. Emodialisi o ossigenazione extracorporea a membrana. Anomalie vascolari congenite o acquisite. Occlusione. Dislocazione. Processi infettivi localizzati al sito di accesso e sepsi. Rottura. Formazione di trombi. Rottura di vasi o del cuore (tamponamento cardiaco)

Controindicazioni Complicanze

Altre vie di soministrazione


Somministrazione intraossea

Quando si parla di somministrazione per via intraossea si intende la possibilit di somministrare formaci e liquidi nella cavit midollare dell'osso per mezzo di un ago inserito attraverso la corticale. Lo spazio midollare delle ossa lunghe funziona come una vena che non collassa. Il flusso sanguigno dai sinusoidi venosi della cavit midollare delle ossa lunghe drena nel canale venoso centrale e da questo, attraverso le vene emissarie, nella circolazione

centrale. La via intraossea risulta pi utile nei bambini al di sotto dei 5 anni perch dopo questa et avviene la sostituzione del midollo rosso molto vascolarizzato con quello giallo meno vascolarizzato. I siti pi usati sono: la tibia e il femore perch le cavit midollari sono ben sviluppate anche nel periodo neonatale e gli arti sono facilmente accessibili. L'uso della tibia distale o prossimale generalmente pi semplice del femore distale per la minore quantit di tessuto sottocutaneo che sovrasta l'osso; inoltre la corteccia dell'osso tibiale pi sottile e l'introduzione dell'ago pi facile. Per entrare nel femore distale l'ago deve invece passare attraverso il muscolo qua-dricipite che risulta voluminoso. Questa via indicata durante l'emergenza finch non si trova una via venosa alternativa; rapida da reperire e si presta nelle situazioni di shock o arresto cardiocircolatorio. possibile somministrare formaci e grosse quantit di liquidi ottenendo una rapidit d'azione paragonabile alla via endovenosa. Le fratture recenti, l'osteogenesi imperfetta, l'osteopetrosi sono le controindicazioni assolute pi importanti. Controindicazioni relative sono rappresentate dalla cellulite o dalle ustioni infette nella sede di inserimento. Le complicanze principali sono: necrosi ossea, compressione dell'arteria tibiale, osteomielite, frattura e infezioni. consigliabile rimuovere l'ago da intraossea entro 12 h per ridurre il rischio di complicanze (osteomieliti) e comunque non appena si ottenuto un accesso venoso alternativo.

Somministrazione endotracheale
La somministrazione endotracheale consiste nell'introduzione di formaci tramite un tubo endotracheale nelle vie aeree superiori per ottenere un effetto sistemico. Attraverso questa via possono venire somministrati formaci quali l'adrenalina, l'atropina, il surfactante, la lidocaina e il naloxone. Questi formaci devono essere diluiti con un minimo di 2 mL di soluzione fisiologica; per quanto riguarda la lidocaina consigliabile diluirla con acqua sterile. Per la loro somministrazione basta inserire un piccolo sondino tramite il tubo endotracheale finch non si incontra resistenza, e raccordare la siringa al sondino per instillare il farmaco. Questa via di somministrazione indicata nelle situazioni che richiedono un trattamento immediato salvavita quando non disponibile un accesso venoso o intraosseo. Non ci sono controindicazioni assolute alla somministrazione dei formaci per via endotracheale. Il naloxone controindicato nei neonati di madre tossicodipendente per il possibile scatenamento di convulsioni da astinenza. Possibili complicanze della somministrazione endotracheale di adrenalina sono tachicardia prolungata, ipertensione e aritmie, dovute al fatto che come conseguenza di un effetto "Depot" il tasso plasmatico del farmaco rimane elevato pi a lungo.

Somministrazione sublinguale (via transmucosa o iniezione del plesso venoso)


La via sublinguale, nonostante l'area di assorbimento sia limitata, presenta dei vantaggi legati al fatto che il farmaco, una volta superata la barriera mucosa, viene assorbito direttamente nel circolo sistemico attraverso la ricca rete di vene e linfatici, evitando il primo passaggio epatico. Per questo motivo tale via di somministrazione rappresenta la via di scelta per i formaci che vengono inattivati dal metabolismo di primo passaggio epatico. I formaci possono essere somministrati sfruttando l'assorbimento transmucoso o mediante iniezione sottomucosa direttamente nel plesso venoso. Nel primo caso l'assorbimento transmucoso maggiore e pi rapido per i farmaci lipofili a basso peso molecolare; l'assorbimento pu essere pi rapido rispetto alla via orale (nitroglicerina), altrettanto rapido (benzodiazepine), o pi lento (nifedipina). Altri farmaci somministrabili per tale via sono il captopril, gli oppiacei e la buprenorfina. L'iniezione sublinguale viene citata da alcuni autori per la somministrazione di farmaci in condizioni di pericolo di vita, come l'arresto cardiaco, in assenza di accesso venoso. Va tenuto presente che tale somministrazione molto dolorosa e va quindi evitata nel paziente cosciente. Formaci somministrabili per questa via sono l'adrenalina, l'atropina, il naloxone e la lidocaino. Possibili complicanze sono l'inalazione o l'ostruzione causata da emorragie o dall'edema delle vie aeree superiori. L'adrenalina pu causare vasocostrizione

con necrosi dei tessuti linguali sublinguali. L'iniezione va eseguita con il paziente supino: si tira fuori la lingua prendendola con una garza per la punta e si inietta nella superficie ventrale della lingua, 1 -2 cm lateralmente alla linea mediana, evitando le due vene sublinguali; l'ago va inserito verticalmente in basso. Possono essere iniettati volumi di farmaco fino a 2 mL.

Somministrazione intracardiaca
la somministrazione di un farmaco nel ventricolo destro ed indicata solo nell'arresto cardiaco, quando tutte le altre vie di somministrazione non sono accessibili. L'adrenalina l'unico farmaco somministrabile tramite questa via nei bambini. Il ricorso a questa via di somministrazione per caduto in disuso per la sua intrinseca difficolt, per le possibili complicanze e, soprattutto, per la non dimostrata superiore efficacia rispetto ad altre vie (endovenosa, intraossea, endotracheale).

Somministrazione intrarticolare
la somministrazione di un farmaco all'interno dell'articolazione e si usa per ottenere un'azione locale. L'indicazione principale l'artrite cronica giovanile con una o poche articolazioni attive. Il sito pi coinvolto il ginocchio e i formaci utilizzati sono essenzialmente gli sferoidi ad azione prolungata (Depot). Le controindicazioni sono generalmente legate al farmaco (erosioni ossee o cartilaginee). Le complicanze principali sono l'artrite infettiva e l'atrofia sottocutanea.

Somministrazione peridurale
Per somministrazione peridurale si intende la somministrazione di formaci a livello del rachide, tra la dura madre e il legamento giallo. Tramite questa via possono essere somministrati narcotici o anestetici locali. A scopo antalgico possibile posizionare un catetere che pu rimanere in sede pi giorni o, nel caso di un impianto tunnellizzato con reservoir sottocutaneo, addirittura per mesi.

Somministrazione intratecale
Si intende la somministrazione del farmaco direttamente nello spazio subaracnoideo, quando si vuole ottenere un'azione locale sulle meningi o sull'asse cerebrospinale. Attraverso questa via possono venire somministrati antibiotici, anestetici, chemioterapici e cortisonici.

Somministrazione intrarteriosa
Questa via di raro utilizzo in et pediatrica e pu essere usata in situazioni specifiche quali la somministrazione di chemioterapici in alcuni tipi di tumore (epatici, osteosarcomi). In questo modo si ha il vantaggio di somministrare direttamente il farmaco nel distretto interessato dalla neoplasia.

Somministrazione intrapleurica, intraperitoneale e intrapericardica


Sono vie di somministrazione poco frequenti, riservate a casi particolari come per esempio nella terapia delle neoplasie metastatiche di questi distretti, spesso a scopo palliativo.

6.1 Elementi di fisiologia


La produzione e la perdita di calore
II calore prodotto dal corpo deriva dal metabolismo degli alimenti da parte degli organi; in particolare i muscoli e le ghiandole (specialmente il fegato) sono tessuti dotati di intensa attivit metabolica. Quest'azione metabolica produce calore, la cui entit varia in relazione all'attivit muscolare: aumenta durante l'attivit fisica e diminuisce durante il sonno. Inoltre, altri fattori come l'et, l'attivit ormonale, il benessere psicofisico e l'alimentazione contribuiscono significativamente al metabolismo corporeo e alla conseguente produzione di calore. Il mantenimento interno della temperatura corporea dipende dalla capacit dell'organismo di produrre e disperdere regolarmente il calore in eccesso attraverso la pelle (80%) e le mucose, modificando il flusso ematico nella circolazione periferica superficiale e determinando sensibili cambiamenti della colorazione cutanea. L'eliminazione del calore in eccesso avviene attraverso i meccanismi fisici dell evaporazione, dellirraggiamento, della conduzione e della convezione. - Evaporazione: dispersione del calore corporeo, ottenuta mediante perdita di acqua trasformata in vapore attraverso la pelle e i polmoni (evaporazione insensibile) e la diaforesi (sudorazione). La sudorazione permette un'evaporazione superiore rispetto a quella insensibile ed importante nelle situazioni di alta temperatura ambientale per aumentare la dispersione di calore; tuttavia, una temperatura elevata con alta percentuale di umidit ostacola questo meccanismo in .quanto l'aria circostante gi satura di vapore. - Irraggiamento: trasferimento di calore dalla superficie di un oggetto a quella di un altro, senza contatto fisico. Il corpo irradia calore in un ambiente pi freddo della pelle; viceversa, un ambiente pi caldo della pelle trasferisce calore al corpo. Un ambiente caldo non permette irraggiamento dal corpo, ma al contrario verso la pelle. Conduzione: trasmissione di calore per contatto tra la superficie corporea e altre superfici (vestiti,liquidi e cibi freddi ingeriti) con conseguente dispersione di calore. Convezione: trasferimento di calore corporeo in seguito al movimento di particelle d'acqua o aria calda. Generalmente con questo sistema vi scarsa perdita di calore. Tuttavia, in alcune condizioni - per esempio un corpo umido dopo il bagno - vi una notevole dispersione.
1

La termoregolazione
La temperatura corporea costantemente controllata da recettori nervosi (sensori) situati a livello cutaneo e in altre parti del oorpo, i quali inviano informazioni all'ipotalamo (integratore}. In questa sede vi il controllo della temperatura attuale con quella ottimale per il mantenimento dell'omeostasi del corpo. Da qui sona inviati gli impulsi agli effettori per un'appropriata correzione. Se la temperatura corporea al di sopra della norma 07 C), per e-sempio in seguito ad attivit fisica, il segnale inviato alle ghiandole sudoripare della pelle, affinch aumentino la loro capacit secernente, al fine di promuovere l'evaporazione e il conseguente raffreddamento del corpo. In contemporanea, il segnale raggiunge i vasi periferici del derma che si dilatano per dare effetto all'irraggiamento del calore dalla superficie cutanea. L'attivit delle ghiandole sudoripare e dei vasi sanguigni coordinata costantemente in base al livello della temperatura corporea, mediante un meccanismo a feedback negativo da parte dei termorecettori ipotalamici che rilevano costantemente la temperatura interna del corpo. Grazie a questo meccanismo, la temperatura interna del corpo in una persona sana mantenuta costante con oscillazioni di - 0,6 C, mentre la temperatura di superficie (a livello

cutaneo) aumenta o diminuisce in base alla temperatura ambientale.L'azione interdipendente dei vari meccanismi fondamentale per la regolazione del sofisticato meccanismo della termoregolazione.

La termoregolazione nel neonato


Alla nascita, il bambino deve subito attivarsi per il mantenimento dell'omeostasi corporea: la termoregolazione condizione indispensabile per la sopravvivenza e per l'integrit corporea. Variazioni importanti della temperatura (riduzione o aumento) possono determinare ipo o ipertermia. Durante la vita uterina, il feto utilizza il glucosio ematico placentare come elemento energetico per il suo metabolismo, producendo una quantit di energia superiore al fabbisogno di circa 25 Kcal/kg/min (feto a termine). Per questo il bambino alla nascita ha una temperatura corporea superiore a quella della madre di 0,5 C. Dopo la nascita, la sua temperatura corporea subisce una brusca caduta, per effetto del passaggio dall'ambiente intrauterino (37 C) a quello della sala parto (23-25 C), con una perdita di calore pari a circa 2000 Kcal/kg/min e un raffreddamento di 1-2 C gradi. Tuttavia, il neonato fin dalla nascita in grado di attivare risposte omeotermiche adeguate. Il neonato a termine reagisce al freddo con una vasocostrizione cutanea e una riduzione della superficie corporea, quest'ultima modalit per assente nel pretermine. Inoltre, l'aumento della produzione di calore non avviene mediante il brivido (termogenesi muscolare riflessa), ma attraverso un processo biochimico (termogenesi chimica) del grasso bruno situato a livello del collo e nelle regioni intrascapolari e perispinali (vedi fig. 6.3). Una riduzione della temperatura corporea inferiore a 35,5 C misurata per via rettale (ipotermia) determina ipossia, acidosi metabolica (per aumento del metabolismo), ipoglicemia, collasso cardio-vascolare, emorragie polmonari, fino alla morte da freddo. La dispersione di calore quando la temperatura rettale supera i 36,6-37,3 C avviene, nel nato a termine, mediante la vasodilatazione cutanea e la sudorazione. Il bambino pretermine con meno di 32 settimane di et gestazionale pu attivare vasodilatazione senza sudorazione. L'ipertermia aumenta il dispendio metabolico e il consumo di ossigeno con il rischio di disidratazione, tachicardia, shock e apnea. La temperatura ideale per il neonato definita in base al peso alla nascita e all'et gestazionale, in modo da permettere al neonato di mantenere la propria temperatura con il minimo dispendio metabolico (neutralit termica). I sistemi di riscaldamento o raffreddamento usati in ambito neonatale, devono essere intesi come modalit finalizzate al mantenimento della termoregolazione e a ridurre il rischio di ipotermia o ipertermia. Meccanismi di produzione e conservazione Fisiologici: Comportamentali: vasocostrizione aumento dell'abbigliamento brividi spostamento in un ambiente pi caldo aumentata secrezione di tiroxina aumento dell'attivit fisica stimolazione del sistema simpatico aumento dell'appetito Meccanismi di perdita Fisiologici: vasodilatazione Comportamentali: sudorazione riduzione dell'abbigliamento inibizione dei meccanismi di produzione del calore spostamento in un ambiente pi freddo diminuzione dell'appetito riduzione dell'attivit fisica radiazione conduzione convezione evaporazione

6.2 Elementi generali di alterazione della termoregolazione Segni e sintomi


Piressia
La piressia o febbre una condizione patologica caratterizzata da un rialzo della temperatura corporea oltre i valori normali in stato di riposo. Convenzionalmente, si considera febbre una temperatura rettale uguale o superiore a 38 C; ci si riferisce alla temperatura rettale perch questa, poco risentendo di fattori ambientali, dimostrata essere la pi accurata e riproducibile. La temperatura ascellare e quella orale sono in media inferiori a quella rettale rispettivamente di 0,5 e 0,3 C, ma nella loro inter-pretazione deve essere tenuto conto come entrambe possano essere influenzate da fattori esterni quali, per esempio, la temperatura dell'ambiente o una pregressa assunzione di bevande molto calde o molto fredde.Una temperatura superiore a 40 C considerata iperpiressia. La febbre non una malattia ma un sintomo; nei bambini piccoli (prima e seconda infanzia) spesso secondaria a un processo infettivo. In questi periodi i bambini sono immaturi dal punto di vista immunologico e via via sempre pi esposti, con la progressiva socializzazione, a nuovi agenti infettivi. All'aumento della temperatura, si associano altre manifestazioni quali tachicardia, aumento della frequenza respiratoria e cefalea. La febbre determina la perdita di acqua dai tessuti e, come conseguenza, il rischio di disidratazione, in particolare nel bambino piccolo. Quest'ultima determina secchezza della pelle e della mucosa orale, stipsi, inappetenza e calo ponderale. Fluttuazioni Le fluttuazioni della temperatura variano a seconda delle patologie che provocano la febbre. Un'attenta osservazione dell'andamento della temperatura nelle 24 h importante per la determinazione della diagnosi e la prescrizione di una corretta terapia. La temperatura pu scendere a livelli normali per lisi, cio scendendo lentamente, oppure per crisi, diminuendo rapidamente fino ai valori normali. Se il valore della temperatura si mantiene costante al di sopra del normale per diversi giorni con lievi fluttuazioni, si parla di febbre continua. Quando la temperatura si mantiene elevata con fluttuazioni notevoli, viene detta febbre remittente. Se la temperatura nell'arco delle 24 h sale con picchi in alcune ore del giorno (solitamente tardo pomeriggio o sera) e poi ridiscende ai valori di norma, definita febbre intermittente. Il perdurare di una temperatura elevata per diversi giorni alternata a molti giorni di temperatura normale, definito febbre ricorrente.

Esaurimento da calore e colpo di calore


- Esaurimento da calore o prostrazione da calore: condizione determinata a seguito di intensa attivit fisica in ambienti molto caldi e ad alto tasso di umidit, con o senza esposizione al sole, con aumento della sudorazione e perdita di grandi quantit di liquidi senza adeguata integrazione. La temperatura corporea pu essere molto elevata o sotto i valori normali, e la perdita di liquidi pu determinare uno stato disidratativo, con problemi cardiocircolatori caratterizzati da tachicardia, ipotensione, shock. - Colpo di calore: quadro determinato da un innalzamento della temperatura corporea oltre i 41 C, in seguito a prolungate esposizioni a temperature elevate, e dall'incapacit dell'organismo di perdere sufficiente calore per il mantenimento della temperatura normale. Un eccessivo aumento della temperatura ipotalamica determina una depressione dell'area preottica (porzione anteriore dell'ipotalamo), con riduzione della sudorazione e continuo aumento della temperatura corporea. Il bambino presenta tremori, vertigini, dolori addominali e delirio con successivo stato di incoscienza se non si interviene prontamente con

l'abbassamento della temperatura. Entrambi le condizioni trovano spesso riscontro nei bambini e negli adolescenti che praticano giochi e sport all'aperto.

Crampi da calore
una condizione caratterizzata da spasmi dolorosi intermittenti della muscolatura scheletrica, in seguito a intensa attivit fisica e abbondante sudorazione, con alterazione dell'equilibrio idroelettrolitico (in particolare, il sodio, il potassio, il magnesio).

Ipotermia
L'ipotermia determinata da un abbassamento della temperatura corporea al di sotto dei valori normali (37 C), che pu verificarsi in seguito all'esposizione al freddo o per collasso, stato di shock e ipotiroidismo. Alla condizione di ipotermia (< 33 C), l'organismo risponde mettendo in atto una sorta di circolo vizioso: una riduzione della temperatura interna riduce il metabolismo, con conseguente riduzione della temperatura stessa (fig. 6.5).Altres, l'abbassamento della temperatura corporea determina sopore, con conseguente riduzione della capacit fisica (azione muscolare) di produrre calore. Un continuo abbassamento della temperatura al di sotto dei 24 C determina il decesso. L'ipotermia pu essere indotta anche a scopo medico, per rallentare il metabolismo corporeo durante alcuni tipi di intervento chirurgico (in particolare nella cardiochirurgia).

Congelamento
II congelamento una condizione determinata dall'esposizione a temperature particolarmente basse con raffreddamento della superficie corporea. Le aree maggiormente colpite sono le estremit degli arti (mani e piedi), la punta del naso e i lobi auricolari. Il ripristino della temperatura nelle zone interessate pu essere ottenuto mediante immersione in acqua calda a una temperatura < a 43 C evitando cos danni permanenti. Tuttavia, nei casi di congelamento prolungato questo trattamento non possibile, in quanto si determinato un danno permanente nella circolazione periferica della zona interessata con lesione tissutale e conseguente necrosi.

6.3 Trattamento della febbre


La febbre un sintomo e il suo trattamento non condiziona l'andamento della malattia che la causa. Il motivo fondamentale per cui va trattata che di-sturba il bambino e lo distoglie dalle sue normali attivit, il che usualmente avviene per valori che superano i 38C. Si consiglia di iniziare un trattamento per valori pi bassi solo se il bambino particolarmente disturbato, o se presenta una storia di convulsioni febbrili (problema questo che interessa solo il 4% della popolazione pediatrica nella fascia 1-5 anni). Il farmaco di prima scelta, in quanto efficace e con effetti collaterali molto limitati, il paracetamolo, al dosaggio di 10-15 mg/kg/dose, ripetibili ogni 4-6 h. Molti altri sono i farmaci antipiretici disponibili, ma tutti vanno considerati come seconda scelta, in quanto gravati da effetti collaterali potenzialmente pi numerosi e pi gravi; essi pertanto vanno utilizzati solo quando esistano documentate controindicazioni all'uso del paracetamolo (come allergia, pregressa epatopatia) o in caso di non sufficiente efficacia. Provvedimenti aggiuntivi, quali una buona idra-

tazione e l'utilizzo di spugnature di acqua tiepida che favoriscono la termodispersione per effetto della convezione, migliorano pi rapidamente la cenestesi del bambino. La maggior parte dei bambini febbrili pu essere gestita a domicilio. Qualora la febbre sia un sintomo isolato e di breve durata, il bambino sia ini buone condizioni generali e manchi di segni d'infezione, nessun provvedimento necessario se non ; un'attenta osservazione clinica. Solo se la febbre! dura pi di 3-5 giorni pu essere giustificato ricorrere a esami di laboratorio (come emocromo, formula, PCR) o strumentali. Tutti i bambini in condizioni generali compromesse o affetti da una malattia grave, o potenzialmente tale,vanno ospedalizzati e sottoposti alle varie indagini per la definizione della causa della febbre (emocromo, formula leucocitaria, PCR, emocoltura, urocoltura, coprocoltura, liquorcoltura). Si consiglia anche di ospedalizzare e sottoporre a screening infettivologico tutti i pazienti febbrili di et inferiore a un mese, pur in condizioni generali buone; questo perch in tale fascia di et le infezioni gravi sono pi frequenti e la loro evoluzione pu essere rapida nel tempo.
1 Sostanza (mg/kg/dose)
Paracetamolo Dipirone Acido acetilsalicilico Chetoprofene

Dosaggio
10-15 10

Controindicazioni
Allergia, epatopatia Allergia, granulo-citopenia, deficit G6PD Allergia, varicella, s. influenzale, asma, ulcera, coagulopatie Allergia, varicella, asma, coagulopatie, disidratazione, nefropatia, epatopatia

20 5-10

6.4 Elementi generali per l'assistenza infermieristica al bambino con alterazioni della temperatura corporea
Considerazioni in base allo sviluppo
Conoscere i meccanismi della termoregolazione e il loro sviluppo in ambito pediatrico aiuta l'infermiere a trattare e a prevenire le complicanze di un alterato stato della temperatura nelle diverse et del bambino.

Neonato
Bambini di basso peso alla nascita e immaturi hanno una limitata capacit di termoregolazione a causa di un'immaturit neurologica e di una minore quantit di grasso corporeo che funge da barriera isolante. Tutti i neonati sono a rischio di ipo o ipertermia. I neonati e i bambini piccoli comunicano il loro disagio attraverso il pianto e non sono in grado di determinare alcuna modificazione ambientale; essi dipendono totalmente dall'adulto. Anche il sistema immunitario immaturo, di conseguenza sono maggiormente esposti a processi infettivi con manifestazioni febbrili.

Primi passi ed et prescolare


A due anni di vita, la maturazione del sistema di termoregolazione non ancora completa, tuttavia diviene pi

stabile grazie all'aumento della massa corporea, in particolare del grasso. Nei bambini piccoli, una delle complicanze pi temute sono le convulsioni correlate a febbre, le quali si verificano con maggior incidenza nei bambini a partire dai 6 mesi ai 3 anni di et, in occasione di un brusco aumento della temperatura.

Bambino in et scolare e adolescente


Dopo il 6 anno di et, grazie allo sviluppo del sistema nervoso simpatico, i meccanismi di rabbrividimento e sudorazione aumentano e perfezionano la loro funzionalit, sino alla completa maturazione in et adolescenziale.

PIANIFICAZIONE DELL'ASSISTENZA

Accertamento

Nell'approccio a un bambino febbrile, al di l dell'eziologia, l'infermiere deve raccogliere tutte le informazioni soggettive e oggettive pi salienti.

Valutazione dei dati soggettivi


Raccogliere informazioni circa l'entit e la durata della febbre (per identificare il tipo di febbre: continua, : intermittente, remittente, ricorrente) e la sua risposta agli antipiretici.

- Valutare le condizioni generali, tenendo conto di numerosi parametri che anche un genitore in grado di riferire, quali il colorito e lo stato di idratazione, l'interazione con l'ambiente, il ritmo sonno-veglia, la reattivit agli stimoli, le caratteristiche del pianto. ' Indagare sui fattori di rischio per comparsa di febbre, in relazione all'et del bambino e al tipo,di famiglia da cui

esso proviene (famiglie indigenti, figli di nomadi, extracomunitari, ecc.).

Valutazione dei dati aggettivi


- Determinare l'et del bambino. - Misurare la temperatura corporea del bambino e valutare il valore in relazione alla sede di rilevazione e all'et; per l'ipertermia sono da considerare valori della temperatura ascellare > 37,5C o rettale > 38,2C associata o per l'ipotermia sono da considerare valori della temperatura ascellare < 34,3 C o rettale < 35,5 C e cute non a cute calda e arrossata, disidratazione, cefalea, malessere/affaticamento, tachicardia, brividi/orripilazione; fredda, moderato pallore con brivido associati o non a confusione mentale, sonnolenza, irrequitezza, bradicardia e bradipnea. Accertare la competenza dei genitori di misurare correttamente la temperatura; accertarsi del metodo (sede) utilizzato. - Valutare lo stato nutrizionale del bambino, l'appetito e la capacit di assumere cibo. - Accertare la presenza di sintomi associati quali tosse, diarrea, vomito, sintomi respiratori, rash, (quando presenti, sono orientativi per la diagnosi). Conoscere lo stato vaccinale del bambino o vaccinazioni recenti delle quali la febbre potrebbe rappresentare una reazione. - Verificare una eventuale esposizione a malattie note in ambito familiare o in comunit, o viaggi all'estero o esposizione ad animali, che potrebbero essere la causa della malattia febbrile in atto. Raccogliere dati circa malattie croniche preesistenti predisponenti a infezioni gravi (immunodeficienze, tumori, sindrome nefrosica, drepanocitosi).

Diagnosi infermieristiche
Rischio di alterazione della temperatura corporea
- compromissione della termoregolazione, secondaria a presenza di fattori fisiopatologici (specificare); (ipotermia, ipertermia, termoregolazione inefficace) correlato a:

- trattamenti freddi: applicazioni fredde, infusione di soluzioni parenterali o enterali fredde; fattori ambientali, comportamentali o costituzionali: esposizione a freddo, calore, eccessiva o ridotta umidit, abbigliamento inappropriato, sottopeso/soprappeso, disidratazione/malnutrizione, fluttuazione della temperatura ambientale, uso di oggetti freddi o bagnati (abiti, culla, ecc.), superficie corporea bagnata; inefficacia della termoregolazione in relazione all'et;

- limitata regolazione metabolica compensatoria in relazione all'et

Rischio di deficit del volume di liquidi, correlato a febbre.


Ansia dei genitori, correlata a deficit di conoscenze circa l'eziologia dell'ipertermia e la gestione del bambino

febbrile.

Obiettivi
Il bambino manterr una temperatura corporea nella norma. Il bambino e/o i genitori riferiranno i metodi pi Il neonato manterr una temperatura compresa tra i 36,4 e i 37 C. I genitori spiegheranno le tecniche atte a evitare la perdita di calore nell'ambiente domestico. Il bambino non presenter segni di disidratazione, come dimostrato dal peso corporeo invariato, da un buon I genitori riferiranno una riduzione dell'ansia, mostreranno di conoscere le cause dell'ipertermia e adatti a prevenire l'ipertermia/ipotermia.

turgore cutaneo e da mucose umide. descriveranno i trattamenti da effettuare in caso di febbre.

Interventi
Interventi per prevenire l'ipertermia e le complicanze
Monitorare la temperatura corporea in base all l'andamento e alle fluttuazioni della temperatura e; dopo la Nel caso di febbri non rispondenti alla terapia farmacologia applicare spugnature o bagni con acqua tiepida. Evitare l'esecuzione di spugnature con alcol, in quanto evaporando pu essere inalato con conseguenti effetti Insegnare al bambino e ai genitori l'importanza di assumere un adeguato apporto di liquidi per prevenire la Monitorare il bilancio idrico. Mantenere il bambino scoperto e vestito con indumenti leggeri di cotone. Educare sull'utilit di fare bagni o docce tiepide, senza l'uso di sapone, pi volte al giorno quando fa molto somministrazione di antipiretici e/o trattamenti;

tossici sul bambino. Inoltre ci pu determinare una brusca caduta della temperatura con brivido. disidratazione, soprattutto nella stagione calda (se non controindicato da patologie cardiache o renali). - Valutare l'adeguatezza del vestiario in relazione all'ambiente e all'attivit fisica;

caldo. - Quando indicato applicare coperte da ipotermia4 e monitorare la temperatura del bambino in tempo reale. Insegnare ai genitori come riconoscere i primi segni dell'ipertermia o del colpo di calore: rossore cutaneo, cefalea, affaticamento.

Interventi per prevenire l'ipotermia e le complicanze di una termoregolazione inefficace


- Spiegare ai genitori dei neonati che i bambini piccoli sono pi esposti alla perdita di calore. Garantire una temperatura ambientale costante compresa tra i 25 e i 26 C e coprire il bambino, per il bagno Dopo il bagno asciugare subito il bambino, avvolgendolo in un telo caldo di spugna per evitare l'evaporazione. l'ambiente deve essere riscaldato a 28 C.

Evitare l'esposizione a correnti d'aria (finestre aperte, ventilatori e condizionatori) per ridurre l'effetto della Prima di toccare il bambino per visite e/o trattamenti e cambi, riscaldare le mani e gli oggetti con cui verr a

convezione. contatto, per ridurre la perdita di calore per effetto della conduzione. - Monitorare la temperatura del neonato e verificare la comparsa di complicanze da ipotermia come ipossia, acidosi respiratoria, ipoglicemia e squilibri idroelettrolitici. Insegnare ai genitori le modalit per una corretta misurazione della temperatura a casa.

- Nel caso di sospetto stato di congelamento, bagnare l'area con acqua a una temperatura non superiore a 43 C; non strofinare perch la pelle congelata pu facilmente danneggiarsi.

Valutazione
II bambino mantiene una temperatura corporea nella norma: riconosce e descrive i fattori di rischio (se l'et lo consente) dell'ipertermia/ipotermia. Il bambino e/o i genitori descrivono i metodi pi adatti a prevenire l'ipertermia/ipotermia. Il neonato mantiene una temperatura compresa tra i 36,4 e i 37 C. I genitori descrivono le tecniche atte a evitare la perdita di calore nell'ambiente domstico. II bambino non presenta segni di disidratazione, il peso corporeo invariato, la cute mantiene un buon turgore cutaneo e le mucose sono umide. I genitori riferiscono di sentirsi meno ansiosi, spiegano le cause dell'ipertermia, elencano e dimostrano i trattamenti da effettuare in caso di febbre.
Sede Ascellare Orale Rettale Canale auricolare* Modalit Con cavo asciutto e gomito contro il torace Con termometro tra la lingua e le guance e bocca ben chiusa Ottimale nel lattante. Inserire 5 cm nei bambini, 7 cm negli adolescenti Solo utilizzando un termometro in grado di rilevare infrarossi dalla membrana timpanica l'emissione di raggi Tempi per 4-5 minuti 2-3 minuti 2 minuti

pochi secondi

Avvertenze per la rilevazione della temperatura orale e rettale Situazioni locali che possono interferire in senso negativo o positivo sul valore della temperatura La rilevazione in sede rettale - presenza di feci nell'ampolla rettale, flogosi delle pareti in caso di processi infiammatori anche locali. La rilevazione in sede orale - ingestione di liquidi freddi o caldi assunti immediatamente prima dell'inserzione del termometro. Spugnature con acqua tiepida Nel caso di febbre non/poco rispondente alla terapia farmacologica il bambino pu essere sottoposto a bagni con acqua tiepida da eseguirsi in vasca o nel letto. L'acqua della vasca o della brocca deve avere una temperatura tra i 30 e i 37 C e il bagno con immersione non deve durare per un tempo superiore ai 20-30 min. ; 8 Evitare che il bambino rabbrividisca, in quanto il brivido produce calore. Se il brivido presente nella fase di ascesa della temperatura, attendere che quest'ultima si sia stabilizzata prima di procedere. E Prima di iniziare il bagno e le spugnature misurare la temperatura corporea, la frequenza respiratoria e cardiaca per avere un valore di riferimento con il controllo eseguito dopo la procedura. S Spogliare il bambino. Le spugnature a letto (per i lattanti sul fasciatoio) si eseguono inzuppando piccoli teli o garze nell'acqua dopo aver protetto il letto con un telo cerato.

Inzuppare il telo o le garze nell'acqua e, dopo averlo strizzato, porlo sotto le ascelle e all'inguine del bambino. Con un altro telo inumidito, eseguire una leggera frizione partendo dalla parte superiore del corpo (in ordine: volto, collo, torace, dorso, natiche e superfici degli arti). In caso di comparsa di brividi sospendere la procedura e misurare la temperatura. ) ll procedimento va ripetuto fino all'abbassamento della temperatura e comunque non oltre i 30 min. Al termine, asciugare il bambino e rivestirlo con indumenti asciutti. Misurare la temperatura ogni 2030 min per valutare l'efficacia della procedura. Nel caso la temperatura non sia scesa in modo significativo, valutare la possibilit di ripetere la procedura. Registrare eventuali reazioni del bambino alla procedura, il tempo di durata e la risposta della febbre. Avvertenze Non miscelare alcol all'acqua, in quanto pu essere assorbito e inalato. L'alcol, inoltre, riduce notevolmente il tempo di scambio, grazie alla pi rapida evaporazione. Questa caratteristica pu determinare una caduta brusca della temperatura.

La diagnosi di intossicazione da CO spesso tardiva e causa della aspecificit dei sintomi d'esordio che possono essere confusi con quelli di una banale virosi. Infatti con livelli di carbossiemoglobina inferiori al 20% i sintomi sono in genere modesti come lieve dispnea e cefalea. Con livelli ematici tra il 20-40% compaiono irritabilit, nausea, affaticamento, difficolt di concentrazione, riduzione della visione; con livelli superiori al 40% l'intossicazione grave con tachipnea, tachicardia, stato confusionale sino al coma e all'arresto respiratorio. Le lesioni nei pazienti intossicati sono la conseguenza diretta della ipossia tissutale e si manifestano pertanto in organi con una elevata richiesta di ossigeno come il cuore, il sistema nervoso centrale e il rene. L'intossicazione da monossido di carbonio risulta inoltre particolarmente grave per il feto dove i livelli di COHb sono gi di base pi alti di quelli materni e la curva di dissociazione dell'emoglobina gi in condizioni normali spostata verso sinistra. Sono stati riportati casi di neonati e lattanti nati con gravi disfunzioni neurologiche in seguito a esposizione a CO in utero.

Elementi per l'accertamento d'urgenza


La gravita dell'intossicazione dipende dalla concentrazione della CO, dalla durata dell'esposizione, dall'et del paziente e dalle sue preesistenti condizioni di salute. La diagnosi resta comunque non facile, soprattutto nei bambini; anche la comparsa improvvisa dei sintomi in tutti i familiari talvolta pu non essere dirimente ed essere confusa con un'epidemia influenzale. Hanno molta importanza i dati anamnestici ambientali, le condizioni in cui la famiglia vive, nonch i sintomi presentati dal paziente. In caso di sospetto di intossicazione da CO opportuno il dosaggio del livello ematico di COHb. In questi casi un prelievo arterioso consente di valutare nel contempo gli scambi respiratori e l'equilibrio acido-base. I valori di COHb normali non escludono per una esposizione significativa: il livello ematico di COHb evidenzia solo CO legato alle molecole di emoglobina non quello depositato nei tessuti. La saturazione d'ossigeno pu anch'essa trarre in inganno nell'avvelenamento da CO perch non discrimina tra carbossiemoglobina ed emoglobina ossigenata.

Interventi d'urgenza
Gli obiettivi nella gestione terapeutica di un'intossicazione da monossido di carbonio consistono nel ridurre l'ipossia e i livelli di carbossiemoglobina, assicurando un'adeguata ossigenazione e prevenendo cos le temibili sequele neurologiche. Somministrare ossigeno puro (100%) con maschera, per aumentare la quantit di ossigeno disciolto nel sangue e consentire un dimezzamento dei valori di carbossiemoglobina in circa un'ora (in aria ambiente tale riduzione la si otterrebbe in 5-6 h). Somministrare ossigeno puro sino a quando il livello di carbossiemoglobina inferiore al 5%. La terapia con ossigeno puro in camera iperbarica (che riduce ulteriormente il tempo di dimezzamento della carbossiemoglobina) resta controversa anche in et pediatrica ed raccomandata solo nei pazienti con grave intossicazione con HbCO > 40%, acidosi metabolica, segni importanti di tossicit neurologica e cardiovascolare, nonch nelle donne in gravidanza.

Le ustioni: Definizione del problema


Le ustioni sono lesioni cutanee conseguenti al contatto con agenti solidi, liquidi o gassosi con temperatura superiore a quella corporea, oppure con sostanze chimiche, corrente elettrica e radiazioni. Il teatro delle ustioni quasi costantemente domestico, l'et di massima frequenza quella dei primi tre anni di vita e il mezzo pi comunemente in causa i liquidi bollenti; nei bambini pi grandi sono pi frequenti le lesioni da fiamma.

Elementi per l'accertamento d'urgenza


La definizione di gravita di un'ustione basata su tre elementi : 1 ) la profondit: 2) l'estensione, espressa in percentuale rispetto alla superficie corporea totale (SCI) variabile a seconda delle aree interessate e dell'et del bambino; 3) la localizzazione: il collo, le regioni periorifiziali, le pliche cutanee, le estemit sono ad alto rischio di complicanze (infezioni, cicatrizzazioni esuberanti). Lesioni a guanto, a calza o ustioni isolate e profonde al tronco alle natiche o alla schiena o lesioni piccole ma al volto, alle aree perineogenitali, alle articolazioni devono porre il sospetto di maltrattamento. Ustioni molto estese oltre a richiedere un trattamento specifico molto complesso possono mettere in pericolo la vita del paziente per grave disidratazione e shock. MINORI GRAVI Ustioni di 2 grado che coinvolgono pi del 20% della SCI. Ustioni di 2 grado che coinvolgono meno del 1 0% della SCI. Ustioni di 3 grado che coinvolgono meno del 2% della SCI. Ustioni di 2 grado che coinvolgono meno del 20% della SCI. Ustioni di 3 grado che coinvolgono meno del 1 0% della Richiedono sempre ospedalizzazione del paziente.

MODERATE

Ustioni di 3 grado che coinvolgono pi del 10% della SCI. Richiedono sempre ospedalizzazione del paziente.

Ustione di 10 grado o superficiale, tipo ustione solare

Coinvolgimento fissatale
Solo epidermide

Caratteristiche dell'area lesa

Tempi di guarigione ed esiti


Desquamazione dell'epidermide danneggiata, guarigione totale senza alcun esito Guarigione per riepitelizzazione in 714 giorni, senza gravi esiti se non si hanno problemi di riepitelizzazione

Edema, eritema, dolore lieve moderato che scompare dopo 48-72 h Edema, eritema, vescicole, bolle, estremamente dolente

Ustione di 20 grado superficiale

Epidermide e derma superficiale

Ustione di 2 grado medio profonda

Epidermide e parte del derma

Cute secca, non edematosa, meno dolente; l'area lesa assume l'aspetto della cera

Guarigione in 3-4 settimane con formazione di una cicatrice

Ustione di 3 grado o a pieno spessore

Epidermide ed intero derma

Escare dure insensibili, di colore Lesioni facili alle sovrainfezioni, biancastro giallastro quando guariscono per contrazione .si ha formazione di una spessa cicatrice, spesso richiedono innesti

TESTA E COLLO BRACCIO AVAMBRACCIO E MANO COSCIA GAMBA E PIEDE PORZIONE ANTERIORE DEL TRONCO PORZIONE POSTERIORE DEL TRONCO PERINEO E GENITALI

9% 9% 18% 18% 18% 1%

Interventi di urgenza Ustioni moderate-gravi


Obiettivi del trattamento sono: 1) mantenere una ventilazione e una ossigenazione adeguate; 2) sostenere il sistema cardiovascolare con fluidi di fronte a una situazione che porta a perdita massiva di volume; 3) evitare le infezioni. Per un trattamento efficace iniziare gi sul luogo dell'incidente con i seguenti interventi: - valutare le funzioni vitali (perviet delle vie aeree, attivit respiratoria e circolo) e l'eventuale loro sostegno se compromesse; - rimuovere l'agente ustionante (estinguere le fiamme, rimuovere i vestiti intrisi di acqua bollente, rimuovere l'agente corrosivo irrigando copiosamente, rimuovere tutto ci che potrebbe avere azione vasocostrittrice, come anelli, bracciali, collane); - coprire la vittima con teli asciutti, puliti, non freddi al fine di evitare la contaminazione, alleviare il dolore e ridurre la termodispersione; il raffreddamento di aree di ustione molto estese controindicato per il rischio di ipotermia;

- assicurare un accsso venoso; trasportare rapidamente il paziente al pronto soccorso. Il minimo riscontro di compromissione della perviet delle vie aeree un'indicazione all'intubazione prima Va fornito un adeguato supporto di ossigeno, in maschera od occhiolini o ventilazione meccanica. Il bambino sar rivalutato e da questo momento continuamente monitorato. che l'edema facciale, orale e cervicale che in poche ore pu realizzarsi renda tale manovra impraticabile. - Vanno assicurati due accessi venosi sicuri, attraverso i quali potr essere infusa la quantit di fluidi necessaria e i formaci. La rianimazione con fluidi per via endovenosa necessaria in tutti i pazienti con lesioni che interessino pi del 15% di SCI, inizialmente con cristalloidi poi con colloidi. Diversi tipi di formule matematiche per il reintegro dei fluidi sono state elaborate, tra queste la pi nota la formula di Parkland . - Vanno somministrati analgesici e ansiolitici al fine di alleviare al pi presto il dolore e lo stress. Vanno posizionati un catetere vescicole se presenti ustioni nell'area genitale e in tutti i casi di lesioni Va fatta una dettagliata descrizione delle lesioni (sede, estensione, caratteristiche, profondit) che estese per cui le perdite sono tali da condizionare uno stretto monitoraggio dell'escrezione uri-noria. devono poi essere coperte con garze sterili imbevute di soluzione fisiologica tiepida.

Ustioni minori
Le ustioni cosiddette minori possono essere gestite a livello ambulatoriale. Si definiscono minori le ustioni che presentano tutte le seguenti caratteristiche: estensione inferiore al 10% se di 1 e 2 grado, superficiale oppure inferiore al 3% se di grado 3; assenza di interessamento della faccia, dei genitali, delle mani, dei piedi e delle grosse articolazioni; assenza di fattori aggravanti quali una malattia preesistente che possa complicare il decorso clini-co,

oppure un trauma, l'inalazione associata di gas tossici. Anche il trattamento d'urgenza di un'ustione minore prevede l'allontanamento di indumenti venuti a contatto con l'agente ustionante. Sull'area ustionata si applica garza imbevuta di soluzione fisiologica fredda; il raffreddamento precoce riduce inoltre l'estensione del danno tissutale e il dolore.

Prevenzione delle infezioni


II trattamento topico delle aree ustionate prevede: utilizzo di mascherine, guanti, garze e strumentario sterile per la medicazione e per ogni tipo di pulizia delle lesioni ton soluzione fisiologica ogni 12-24h; applicazione di garze grasse vaselinate; applicazione di pomate e soluzioni antibiotiche solo se compaiono segni di sovrainfezione. L'uso manipolazione;

profilattico della terapia antibiotica nelle ustioni infatti controverso, in quanto esso non riduce in modo significativo il rischio di infezione ma pu favorire la crescita di microrganismi resistenti. E essenziale che nelle ustioni di 3 grado i tessuti vengano rimossi e sottoposti a trapianto il pi presto possibile.

Inalazione di corpi estranei Definizione del problema


L'inalazione da corpo estraneo un evento quasi esclusivamente accidentale, molto pi frequente in et pediatrica rispetto all'adulto e che interessa in circa il 90% dei casi bambini di et inferiore ai 3 anni. La

maggior parte di questi incidenti avviene in ambiente domestico e spesso l'esordio della difficolt respiratoria brusco, tipicamente mentre il bambino sta correndo con pezzettini di cibo solido in bocca (arachidi, noci e noccioline, caramelle, pezzi di carote) o giocando con giocattoli di piccolo taglio o smontabili. L'esordio pu essere invece molto pi subdolo quando il corpo estraneo piccolo si disloca profondamente. Il quadro clinico infatti dipende dalla sede in cui il corpo estraneo si localizza e dall'entit dell'occlusione delle vie aeree che esso stesso provoca nonch da quanto tempo trascorso dall'evento acuto. Quando il corpo estraneo si localizza in laringe o in trachea la sintomatologia caratterizzata da tosse insistente, dispnea, stridore, disfonia, cianosi fino ai casi estremi di completa asfissia. Se il corpo estraneo localizzato nelle vie aeree alte extratoraciche la difficolt respiratoria soprattutto inspiratoria, mentre se la localizzazione tracheale bassa la difficolt respiratoria prevalentemente espiratoria. La localizzazione pi frequente a livello bronchiale, per l'anatomia stessa delle vie respiratorie, a carico del bronco principale di destra; i sintomi sono in genere meno violenti, si ha tosse in genere improvvisa accompagnata da transitoria dispnea, rumori respiratori, talvolta cianosi. La sintomatologia successiva dipende dall'entit dell'ostruzione bronchiale. Il riflesso della tosse tende in genere ad attenuarsi e solo successivamente possono riproporsi la tosse o il broncospasmo come sintomi persistenti. Un corpo estraneo piccolo, non ostruttivo, pu rimanere misconosciuto per lungo tempo e rivelarsi poi per una complicanza infettiva o pi raramente per un sanguinamento. Una ostruzione bronchiale parziale pu creare un meccanismo a valvola con intrappolamento d'aria ed enfisema dal lato affetto, dispnea e respiro sibilante. Un corpo estraneo ostruttivo pu essere causa di atelettasia o comunque di ipoventilazione omolaterale.

4mL/kg.x % di SCI ustionata

Una met dei liquidi calcolati viene data nelle prime 8 h dopo a lesione, rimanente nelle successive 16.

Dopo le prime 24 h inizia il riassorbimento di liquidi dalle aree edematose, verr infusa la met delle richieste di fluidi del primo giorno, preferibilmente sostanze collidi, albumina, plasma

Elementi per l'accertamento d'urgenza


La diagnosi ovvia se un genitore o altri sono presenti all'evento, ma nella maggioranza dei casi una diagnosi di presunzione sulla base di: Dati anamnestici: circostanze in cui era coinvolto il bambino, accesso improvviso di tosse e fatica reEsame fisico: dispnea, stridore, asimmetria all'ascultazione, broncospasmo localizzato. Radiografia delle prime vie aeree in antera-posteriore e laterale per evidenziare un corpo estraneo solo spiratoria.

se radiopaco, in caso contrario per valutare segni indiretti della sua presenza quali un restringimento della colonna aerea. Radiografia del torace in antera-posteriore, eseguita sia in inspirio che in espirio forzato (ottenuto con la collaborazione nei bambini pi grandi, e comprimendo l'addome in espirio nei pi piccoli) per evidenziare aree iperventilate o enfisematose (meglio visibili nella fase espiratoria), o atelettasie e spostamenti mediastinici quando nel lato affetto si realizzata un'occlusione completa.

La laringo-tracheo-broncoscopia, eseguita con broncoscopie rigido in anestesia generale, che non solo

confermer la diagnosi ma anche consentir l'eventuale rimozione del corpo estraneo.

Interventi d'urgenza
L'inalazione di un corpo estraneo costituisce una vera emergenza qualora si accomapagni a ostruzione completa o quasi delle alte vie aeree; in tal caso vanno immediatamente iniziati, anche fuori dal contesto ospedaliere, i tentativi di disostruzione meccanica, la cui tecnica varia a seconda dell'et del bambino. Bambino di et inferiore a i anno: posizionare con la testa declive rispetto al tronco, appoggiato sull'avambraccio del soccorritore ed eseguire 5 percussioni dorsali, rapide e vigorose nella regione interscapolare; se l'ostruzione persiste il piccolo deve essere ruotato in posizione supina e devono essere eseguite 5 compressioni toraciche con la stessa tecnica utilizzata per il massaggio cardiaco esterno. Bambino di et superiore a 1 anno: applicare 5 manovre di compressione a livello addominale nell'area sottodiaframmatica tali da causare, con la spinta del diaframma verso l'alto, un aumento violento della pressione intratoracica finalizzata alla espulsione del corpo estraneo (manovra di Heimlich). Eseguire questa manovra con paziente in piedi o seduto, abbracciandolo da dietro, se il bambino cosciente e con paziente coricato supino quando il bambino incosciente. In tale situazione, alternare le spinte sull'addome, se non efficaci, con una sequenza di compressioni toraciche dorsali e sternali, analogamente a quanto si fa nel bambino pi piccolo. Eseguire il tentativo di rimozione manuale del corpo estraneo dalla bocca solo se esso direttamente visibile all'ispezione dell'orofaringe; ogni tentativo fatto alla cieca potrebbe infatti dislocarlo e aggravare l'ostruzione. - Tentare la ventilazione del paziente al termine di ogni tentativo di disostruzione. Considerare, in corso di persistenza di apnea o di impossibilit di ventilare, interventi d'emergenza quali l'intubazione, la tracheostomia o la cricoidotomia. Nessuna manovra manuale deve invece essere eseguita nei bambini con sospetto di inalazione di corpo estraneo ma non asfittici (non in pericolo imminente di vita) che devono invece essere inviati a un pronto soccorso per essere rapidamente valutati e trattati. La broncoscopia non deve mai essere rimandata anche nei casi di solo sospetto di inalazione poich il rischio di complicanze aumenta con l'aumentare dell'intervallo che incorre tra l'inalazione del corpo estraneo e la sua rimozione. Va per esempio ricordato che un corpo estraneo localizzato in un bronco, e come tale non necessariamente disturbante, potrebbe essere rimandato dalla tosse in laringe o in trachea e qui causare una grave ostruzione.

Disidratazione e alterazione degli elettroliti


Per disidratazione si intende un'eccessiva perdita di acqua e di elettroliti dall'organismo. L'acqua corporea si divide in una parte pi consistente intracellulare e in una parte extracellulare (vascolare e interstiziale).Affezioni che danno diarrea o vomito possono provocare disidratazione (associata o meno ad alterazioni elettrolitiche), pi nel neonato e nel bambino piccolo che nell'adulto per una serie di fattori come: la maggiore superficie corporea in relazione al peso, la maggiore attivit metabolica, la relativa immaturit funzionale del rene e quindi la minore capacit di concentrare le urine. La disidratazione si distingue in lieve, moderata o grave in base a una perdita di peso rispettivamente inferiore al 5%, tra il 5-10%, superiore del

10%. Con una disidratazione del 15-20%, il paziente a rischio per la vita. I segni di disidratazione sono: cute pallida, fredda e ipoelastica, irritabilit o nei casi pi gravi stupore o coma, pianto senza lacrime, labbra e lingua secche, oliguria-anuria. Questi segni iniziano a comparire per una disidratazione medio-grave mentre per le forme pi lievi il segno pi frequente la sete. In base ai valori della sodiemia, la disidratazione si distingue in ipotonica (le perdite di sodio sono superiori a quelle di acqua), isotonica (perdite equilibrate di sodio e acqua) e iperto-nica (perdite di acqua maggiori rispetto a quelle di sodio). Il sodio il principale elettrolita presente nei fluidi extracellulari e l'ipernatriemia si accompagna a secchezza della cute e delle mucose, agitazione, oligo-anuria, convulsioni, mentre l'iponatrie-mia si associa a irritabilit, stupore, convulsioni, crampi addominali e diarrea. Il potassio il principale elettrolita intracellulare ed in equilibrio con il potassio extracellulare. L'ipopotassiemia si i eia ad astenia, ipotonia e debolezza paresi muscolare mentre l'iperpotassiemia i mina una depressione dell'attivit cardiaca fii l'arresto cardiaco.

18.3 Elementi generali per l'assistenza infermieristica al bambino affetto da alterazioni della funzionalit gastrointestinale
II bambino affetto da alterazioni del tratto gastointestinale si presenta spesso all'osservazione in una situazione di stress fisico e psichico. L'assistenza infermieristica deve porsi con centralit al fine di soddisfare i numerosi bisogni del bambino. La pianificazione dell'assistenza deve mirare a interventi autonomi su prescrizione del pediatra, che danno un aumento del comfort nel bambino e prevengono ogni complicanza secondaria alla sintomatologia.

Considerazioni in base allo sviluppo


Le funzioni del tratto gastrointestinale sono prese della nascita. Fino all'et di 6 mesi, il bambino raggiunge a pieno il controllo del riflesso della gestizione per incompleta maturazione del sistema nervoso; tale funzione importante per evitare l'aspirazione di sostanze alimentari.

Neonato
Parte degli enzimi digestivi sono presenti alla nascita e permettono la digestione delle proteine e dei carbroidrati contenuti sia nel latte materno sia in quello di formula. L'amilasi pancreatica e la lipasi cominciano ad essere secrete a livelli adulti dal terzo mese di vita (l'amilasi pancreatica responsabile della digestione degli amidi, mentre la lipasi responsabile della e gestione dei lipidi). A un anno, la secrezione bilio-pancreatica del bambino tale da permettere la digestione dei grassi presenti negli alimenti. La capacit gastrica pu avere delle variazioni costituzionali da bambino a bambino. Generalmente di 20-30 mL nel neonato, aumentando a 90-150 mL nel primo mese di vita e raggiungendo i 210-36C nel primo anno di vita.

Primi passi
A due anni, il sistema gastrointestinale del bambino comprese le ghiandole salivari, sufficientemente maturo da permettergli di assumere una dieta simile quella dell'adulto. A questa et, la capacit dello stomaco pu arrivare a 500 mL, permettendo al bambino di ripartire il fabbisogno calorico in quattro pasti al giorno. Le secrezioni gastriche divengono pi acide, riducendo il rischio di infezioni a carico del sistema gastrointestinale. Lo svuotamento gastrico avviene in un tempo medio di 4 h; anche la peristalsi intestinole diviene pi regolare favorendo pian piano il controllo dell'alvo.

Bambino di et scolare
II sistema gastrointestinale di un bambino in et scolare ha le stesse caratteristiche funzionali di quello dell'adulto con una capacit media dello stomaco di 750-900 mL. I succhi gastrici, pancreatici ed epatici sono prodotti in quantit comparabili a quelle adulte.

Adolescente
A questa et tutti gli organi del sistema gastrointestinale hanno acquistato la loro funzionalit digestiva con caratteristiche simili a quelle dell'adulto.

PIANIFICAZIONE DELL'ASSISTENZA Accertamento Valutazione dei dati soggettivi


Osservare i comportamenti del bambino, la postura e le caratteristiche del pianto (se considerato parte del Parlare con la madre per indagare le cause del pianto o di qualsiasi altro sintomo. Misurare la temperatura e rilevare i parametri vitali. quadro clinico).

- Verificare la presenza di dolore cercando di localizzare la sede. Adottare adeguate metodiche per la sua misurazione. Indagare se in passato il bambino ha manifestato comportamenti simili ed eventualmente quali trat tamenti sono Indagare se vi sono stati pregressi ricoveri. Eseguire una breve anamnesi remota con particolare riguardo ai valori dell'indice di Apgar alla nascita, al grado stati adottati.

di sviluppo, alle malattie infettive, alla presenza di allergie e alle abitudini alimentari.

Valutazione dei dati oggettivi


Accertamento della crescita
Rilevare i parametri antropometrici (peso, altezza e/o lunghezza, circonferenza cranica fronto-occi-pitale per

bambini di et inferiore a 36 mesi) con valutazione dei percentili di crescita.

Accertamento dell'addome
Esaminare l'addome del bambino per verificare la tensione cutanea (distensione, depressione, presenza di onde peristaltiche visibili), forma e simmetria; la simmetria dell'addome pu essere alterata dalla presenza di masse, di globo vescicole o di aree di contrazione dolorosa. Verificare la presenza di contusioni e lesioni addominali (segni di trauma o di abusi nel bambino), cicatrici, Se neonato, osservare le caratteristiche dell'ombelico per valutare il grado di cicatrizzazione, tume-fazioni o eruzioni cutanee. segni di infezione.

Accertamento del vomito


importante differenziare il vomito dal rigurgito: Rilevare la frequenza del vomito. - Valutare la presenza d'altri sintomi come febbre, nausea, cefalea, che possono richiedere misure te-rapeutiche adeguate e urgenti. Da sottolineare che nel bambino l'iperpiressia pu associarsi a convulsioni. La diarrea un altro sintomo importante in quanto facilmente pu complicarsi con alterazioni metaboliche gravi e disidratazione.

- Valutare la correlazione del vomito con l'assunzione di cibo o l'assunzione di posture particolari; anche le caratteristiche del materiale vomitato andranno osservate per valutare la presenza di sangue, succhi gastrici, bile, cibo digerito e non digerito. Valutare lo stato nutrizionale del bambino. Valutare i parametri vitali (frequenza cardiaca, pressione arteriosa, frequenza respiratoria) e l'eventuale loro Se lattante, raccogliere dalla madre le informazioni riguardanti modalit, frequenza, tipo di alimentazione e le

alterazione e/o associazione ad altri sintomi (per es. sudorazione). caratteristiche di qualsiasi altro sintomo.

Accertamento dell'alvo
- Osservare attentamente il bambino e valutare mediante un attento monitoraggio gli episodi diarroici o di stipsi, rilevando la quantit, la frequenza, la consistenza, l'aspetto e l'odore delle evacuazioni. Questo permetter di definire meglio la situazione clinica. Nel caso di diarrea in un neonato o in un lattante con feci molto liquide, queste possono essere scambiate con l'urina; per questo motivo va avvisata e informata la madre affinch chiami l'infermiere a ogni cambio del pannolino. - Controllare il peso del bambino (nei lattanti anche minime variazioni sono significative) e valutare un eventuale perdita dal momento dell'insorgenza delle scariche diarroiche, nonch la quantit dei liquidi introdotti e dei liquidi persi con l'evacuazione (questa operazione pu essere fatta pesando i pannolini). - Valutare il turgore cutaneo, l'umidit delle mucose e, nei bambini sotto l'anno di et, la tensione della fontanella anteriore. Esaminare la regione perineale per la presenza di arrossamenti o erosioni cutanee irritative. Nel caso sia presente dolore, valutarne l'entit, il carattere (intermittente, colico crampiforme, continuo), il In caso di stipsi valutare la presenza o l'assenza dello stimolo a evacuare, della presenza di feci dure e/o di

rapporto con l'assunzione di cibo o con le scariche. una evacuazione dolorosa.

Accertamento della cute


Valutare attentamente la cute e ricercare alterazione del colorito cutaneo (pallore, ittero). Il pallore pu essere Rilevare e descrivere lesioni cutanee come ecchi-mosi o abrasioni; questi segni possono essere dovuti a un Rilevare la presenza di smagliature cutanee addominali. Queste sono caratteristiche dei soggetti obesi (obesit Rilevare e descrivere la presenza di processi in-fiammatori, lesioni, cicatrici, edemi o escoriazioni alle zone associato ad anemia, la presenza di ittero a malattie del fegato. trauma accidentale o essere espressione di abuso. costituzionale o familiare, morbo di Cushing primitivo o secondario a trattamento prolungato con sferoidi). genitali e perianali.

Accertamento dell'idratazione
Eseguire un bilancio idrico (determinazione e comparazione di entrate e uscite idriche nelle 24 h) con scrupolo. L'alterazione del bilancio entrate-uscite richiede una modificazione del regime di idratazione del paziente al fine di evitare complicanze frequenti, soprattutto nei bambini molto piccoli, come la disidratazione. - Accertare la presenza di segni di disidratazione (secchezza delle mucose, contrazione della diuresi, secchezza e ipoelasticit della cute, calo di peso, se il bambino ha un'et inferiore a un anno e depressione della fontanella cranica anteriore).

Accertamento della cavit orale


La mucosa orale sana di colore roseo e umida. Valutare il grado di umidit delle mucose del cavo

orale e delle labbra, la presenza di alterazioni della lingua (patina linguale biancastra o marrone scuro, erosioni o disepitelizzazioni linguali), e di stomatite. La stomatite si pu presentare, a seconda dell'intensit, con iperemia e/o edema diffuso all'orofaringe, erosioni e afte della mucosa, placche irregolari biancastre associata a dolore, difficolt ad aprire la bocca e a deglutire, scialorrea. Frequente nel neonato il mughetto e cio la comparsa di chiazze biancastre dovute alla proliferazione locale del micete Candida albicans. Durante la prima dentizione pu essere presente una linea bianca gengivale in corrispondenza del dente in procinto di uscire. Controllare lo stato della dentizione per escludere la presenza di processi infiammatori o segnalare la presenza di carie, anomalie della dentizione o malocclusioni (per esempio, la malocclusione da succhietto). I bambini piccoli fino all'et scolare sono restii ad aprire la bocca e pertanto si dovranno mettere in atto delle tecniche di distrazione o usare un linguaggio o un approccio rassicurante (per esempio fare a gara con il bambino su chi riesce ad aprire di pi la bocca o chi ha la lingua pi lunga). I bambini in et scolare invece sono pi collaboranti, se informati sullo scopo dell'esame. - Valutare la presenza di alterazioni dell'alito (olitesi, alito acetonemico) che possono essere spia di alterazioni dentarie (carie), o disidratazione o digiuno prolungato. La presenza di lesioni o scottature intorno alla bocca pu essere segno di ingestione o contatto orale con La presenza di vescicole, afte, ulcere sulla mucose orale e sulle labbra associate a dolore e febbre possono sostanze corrosive. essere dovute a una stomatite erpetica.

Accertamento del dolore


La valutazione del dolore prevede la raccolta di dati aggettivi e soggettivi. Fare attenzione alle caratteristiche del dolore addominale descritto dal bambino o dai genitori: ur dolore (o un pianto), intermittente o continuo, che persiste per pi ore, tende ad aggravarsi e costringe il bambino a letto o al riposo, o nel caso di un lattante determina irritabilit, inappetenza, apatia indicativo di una patologia grave in atto. I bambini piccoli hanno difficolt a descrivere la giuste localizzazione del dolore addominale, si limitane solamente a dire che "la loro pancia fa male" indicando la regione periombelicale - Valutare la presenza di tensione o contratture addominali, di dolore spontaneo o evocato dalle pressione sull'addome; questi sintomi si associano a irritazione del peritoneo come nell'appendicite acuta o nella peritonite. - Osservare la postura (decubito) del corpo (i bambini con dolore addominale tendono ad assumere posizione fetale con le gambe piegate verso il torace). In un lattante valutare l'intensit del pianto in relazione all'allattamento e all'attaccamento al seno. Nelle adolescenti il dolore addominale pu essere legato al periodo mestruale del ciclo o alla fase ovulatoria. Valutare l'insorgenza del dolore in relazione alla fase del ciclo. Il dolore ovulatorio pu essere intenso, si

manifesta 2 settimane prima del flusso mestruale ed da differenziare dal dolore appendicolare - Accertare se si tratta di un dolore cronico addominale; in questo caso la descrizione delle caratteristiche spesso vaga e non specifica. Il dolore cronico episodico, non correlato a pasti, e con localizzazione centrale rispetto all'addome; pi comune nei bambini di et scolare. La causa ignota e si pensa possa essere pi di natura.funzionale che organica.

Diagnosi infermieristiche
- Alterazione dell'accrescimento e dello sviluppo correlato ad alterazioni della funzionalit gastrointestinale. - Nutrizione alterata (inferiore al fabbisogno), correlata a vomito, diarrea, intolleranza al cibo, dolore alla bocca.

- Nutrizione alterata (superiore al fabbisogno), correlata ad alterato modello di saziet, superiore al fabbisogno metabolico; correlata a diminuzione del modello di attivit fisica. - Dolore , correlato a disfunzionalit del tratto gastrointestinale. - Deficit (rischio) del volume di liquidi, correlato a vomito e diarrea. - Compromissione dell'integrit cutanea, correlata a diarrea e disidratazione. - Rischio di aspirazione, correlato a vomito; correlato a compromissione dei riflessi della suzione/deglutizione (prematuro); correlato a riduzione del tono muscolare dello sfintere esofageo inferiore (neonato). - Diarrea, correlata patologia gastrointestinale; correlata a intolleranza alimentare. - Stipsi, correlata a vita sedentaria, scarso apporto di liquidi, dieta povera di fibre. - Rischio di alterazione della funzione respiratoria, correlato a resistenza elastica della parete toracica per aumento del tessuto adiposo, in particolare nell'addome (obesit). - Rischio di infezione, correlato a aumentata vulnerabilit del neonato e del bambino. - Potenziale sviluppo del coping della famiglia, correlato a ospedalizzazione di bambino affetto da malattia acuta o cronica; correlato a cure speciali in regime domiciliare; correlato a modificazioni delle abitudini familiari (interruzioni) dovute ai trattamenti. - Processi familiari alterati, correlati a deficit di conoscenze; correlati malattia del figlio; correlati a problemi economici; correlati a separazione dal bambino. - Deficit di attivit diversive, correlato a restrizioni dell'attivit, isolamento ospedaliere; correlato a mancanza di attaccamento nel rapporto genitore-bambino; correlato a mancanza di stimolazione adeguata da parte di giocattoli/coetanei.

Obiettivi
- Il bambino sar in grado di trattenere il cibo ingerito e riacquister progressivamente il peso corporeo perso e l'appetito. Il bambino apparir tranquillo e accetter le cure. - II bambino non presenter segni di complicanze da alterazioni gastrointestinali, come polmonite ab ingestiis, disidratazione e ipovolemia. - II bambino manterr * parameli vitali (in particolare la temperatura) entro i limiti di norma. - Il bambino manterr un buon livello di idratazio-ne, dimostrato da membrane e mucose umide e turgore cutaneo nella norma - Il bambino acquister abitudini intestinoli dell'alvo normali per frequenza e caratteristiche. - I genitori dimostreranno di conoscere i principali segni e i sintomi di malattia e le rispettive complicanze. I genitori saranno in grado di assicurare o continuare le cure a casa dimostrando l'acquisizione di adeguate performance assistenziali. La famiglia dimostrer sentimenti di affetto nei confronti del bambino e accettazione della malattia. - ll bambino sar impegnato in attivit diversive in rapporto all'et.

Interventi Considerazioni preliminari


Sulla base dei segni e dei sintomi emersi dall'accertamento per un bambino affetto da alterazioni gastrointestinali, l'infermiere potr stendere un piano assistenziale con obiettivi atti a prevenire prevalentemente l'insorgenza di complicanze secondarie al vomito, diarrea e dolore. Essendo il vomito un sintomo abbastanza comune a pi patologie, sar importante poter conoscere le patologie correlate per poter meglio definire il problema e

individuare le priorit di intervento infermieristico. Nella pianificazione degli interventi, l'infermiere deve tenere conto, oltre alla causa, delle ripercussioni che tale sintomatologia (vomito, diarrea e dolore) ha a livello del comfort e dell'alimentazione. Nel caso in cui il bambino presenti nausea e vomito e da questi ne derivi digiuno, calo ponderale, disidratazione e ipotensione, l'infermiere dovr attuare degli interventi in collaborazione medica "problema collaborativo per squilibrio idroelettrltico e calo ponderale", per evitare le conseguenti ripercussioni a livello metabolico. L'obiettivo dell'infermiere sar teso a gestire e a ridurre al minimo le complicanze secondarie a disidratazione. Fondamentale per la valutazione degli obiettivi sar la formulazione dei criteri di risultato valutando la capacit del bambino o della madre di riferire una riduzione dei sintomi e dello compromissione dello stato generale.

Interventi in presenza di vomito


Gli interventi fondamentali sono la rilevazione del peso (con frequenza variabile a seconda delle condizioni cliniche e della prescrizione medica), la rilevazione dei parametri vitali (in particolare polso e pressione), la determinazione del bilancio entrate-uscite e l'annotazione dei vomiti e delle loro caratteristiche (a getto, senza sforzo, con conati). Questi controlli permettono di valutare inizialmente la presenza e l'entit della disidratazione e, successivamente, di verificare l'efficacia della terapia antiemetica e idratante. La valutazione del grado di disidratazione va completata con la ricerca dei segni a livello della cute e delle mucose (labbra e lingua secche, cute ipoelastica). Ogni variazione significativa di questi parametri va segnalata al medico per le eventuali variazioni della terapia. Questi interventi fondamentali ed essenziali vanno associati ad alcune misure come: Il decubito laterale e l'aspirazione orofaringea per il vomito nei soggetti a rischio di inalazione (pazienti sottoposti a sedazione per manovre invasive pazienti con grave danno neurologico o in coma). - La riduzione o l'attenuazione degli stimoli ambientali che possono favorire la stimolazione del centro del vomito come suoni o rumori intensi, odori sgradevoli o profumi intensi. Il controllo dell'adeguatezza della pulizia nell'ambiente di degenza. Lo sciacquo del cavo orale mediante acqua o collutorio nei bambini collaboranti. Questo intervento viene La ripresa graduale dell'assunzione di liquidi per os una volta accertati l'assenza di ostruzioni meccaniche o

gestito con i genitori che vanno rassicurati e assistiti. deficit funzionali intestinali e qualora la situazione clinica lo consenta (in genere 15-30 mL ogni 30-60 min di t, camomilla o altre bevande zuccherate non gassate). Anche la ripresa dell'alimentazione deve essere graduale con pasti piccoli e frequenti evitando i cibi meno digeribili o a preparazione complessa. Importante evitare in questa fase qualsiasi forzatura in quanto la ripresa dell'appetito pu essere ritardata dalla presenza di nausea. Mentre si alimenta, il bambino va tenuto in posizione seduta o con la testa del letto sollevata. La somministrazione della terapia per via rettale o per via endovenosa. La via intramuscolare da escludere, quando possibile, sia per il timore che suscita nei bambini, sia per evitare che il bambino la possa subire come una punizione per il fatto di vomitare.

Interventi per promuovere la nutrizione


Favorire l'alimentazione regolare del bambino se non persistono controindicazioni. Nei primi mesi di vita importante tenere il neonato in posizione verticale dopo la poppata per alcuni minuti per favorire l'eliminazione dell'aria ingerita. In caso di reflusso gastroesofageo la posizione verticale va mantenuta per 30-60 min dopo la poppata al fine di evitare i rigurgiti e di facilitare i processi digestivi. In questo caso l'aggiunta di addensanti nel latte o l'uso di latti artificiali con queste caratteristiche riduce l'entit del reflusso. Dopo l'anno i bambini vanno incoraggiati a mangiare in modo progressivamente autonomo (anche in maniera ludica).

Interventi per favorire l'alvo


- Accertare le abitudini alimentari e la regolarit dell'alvo. La stipsi pu essere influenzata dal tipo di abitudini alimentari, dal grado di attivit fisica e da motivi psicologici. Questi fattori sono potenziati dalla presenza di dolore associato all'evacuazione. importante pertanto fornire alcune nozioni di educazione alimentare come: evitare diete sbilanciate (solo carne, solo amidi sotto forma di pasta, pane), evitare l'uso eccessivo di cibi o merende "alla moda" (snack, bevande gassate), ricordare l'importanza della frutta e della verdura fresca per l'apporto di vitamine e sali minerali e della verdura cotta come regolatrice della motilit intestinale, incoraggiare l'attivit fisica e l'attivit ludica di gruppo. - Valutare la consistenza delle feci. La presenza di feci dure pu determinare un'evacuazione dolorosa e pu essere corretta mediante una dieta adeguata (pi ricca in fibre) o mediante l'uso di preparati che aumentano la massa fecale e la concentrazione di acqua (per esempio il lattilolo). Poco usati sono in pediatria i lassativi (sostanze che stimolano la contrattilit intestinale) mentre pi usati sono la supposta di glicerina e gli enteroclismi. La supposta di glicerina ha il compito di stimolare la contrattilit dell'ampolla rettale, rilasciare lo sfintere anale e lubrificare le pareti dell'ampolla rettale. L'enteroclisma ha delle funzioni simili e viene eseguito quando si desidera un effetto pi energico o dopo fallimento della supposta di glicerina. - Somministrare se prescritto il preparato lassativo (si veda tab. 18.1 ) e valutarne l'effetto. Riferire la presenza di dolore anale spontaneo o all'evacuazione per una adeguata valutazione medicochirurgica al fine di escludere la presenza di ragadi, processi infiammatori, emorroidi.

Interventi per favorire il comfort


- Valutare la presenza di dolore. Nel neonato un pianto continuo e inconsolabile malgrado le cure della madre associato a tensione addominale e a spasmi (movimenti di flessione-estensione degli arti) pu essere segno di dolore addominale. Richiedere la valutazione medica, somministrare analgesici se prescritti, monitorare l'efficacia mediante controlli ripetuti ogni 30 min. - Ascoltare attentamente quanto riferito dal bambino e dai genitori per meglio comprendere l'origine del dolore e le misure assistenziali per controllarlo. - Quando possibile, permettere ai genitori di stare con il bambino durante una procedura o le fasi preparatorie di questa. Spiegare con parole semplici ogni procedura dolorosa al bambino, permettendo di comunicare i suoi sentimenti di paura, rassicurandolo e aiutandolo ad autocontrollarli. Importante evitare che il bambino venga "aggredito" o si senta "aggredito". Nella programmazione della procedura si deve pertanto tenere conto del tempo iniziale dedicato all'interazione con il bambino. Premiare verbalmente lo sforzo collaborativo del bambino. Verificare la presenza degli elementi che portano serenit al bambino (assistenza da parte della mamma o del

papa, buon rapporto madre-figlio e papa-figlio, e nei bambini pi grandi la possibilit di attivit ludiche o di attivit rilassanti come la lettura, l'ascolto della musica).

Interventi per garantire l'idratazione


- Monitorare, a seconda della prescrizione medica, la diuresi, il peso e il bilancio entrate-uscite. Nel neonato e nel lattante che non hanno ancor raggiunto il controllo degli sfinteri necessario ricorrere al peso dei pannolini per una valutazione adeguata della diuresi o delle perdite diarroiche. - Insegnare ai genitori la corretta esecuzione di un bilancio entrate-uscite. - Annotare quantit, frequenza, caratteristiche dei vomiti o delle scariche. - Controllare la presenza e/o l'entit della febbre. - In caso di disidratazione, valutare la capacit del ! bambino di assumere liquidi per bocca o la necessita di un'idratazione parenterale.

Interventi per mantenere l'integrit cutanea


Esaminare il colore della pelle del bambino annotando la presenza di rossore, dermatite, eczema, impetigine, ascessi, ed escoriazioni. La presenza di pallore o cianosi, soprattutto se distrettuali, possono esprimere un'alterazione della vascolarizzazione. Prima di applicare creme, pomate, unguenti, assicurarsi che i preparati non siano dannosi per la cute o la Evitare nei neonati e nei lattanti la comparsa di una dermatite da pannolino mediante un'accurata igiene della mucosa danneggiata o infiammata. regione perineale dopo ogni scarica (lavaggio con acqua tiepida e sapone delicato, asciugatura accurata ma delicata con teli in spugna-cotone, applicazione di paste o creme protettive a ogni cambio di pannolino). Prevenire le piaghe da decubito nei bambini con grave compromissione della coscienza con frequenti Se l'et lo consente, spiegare al bambino l'importanza di mangiare cibi nutritivi evitando l'assunzione di tutti cambiamenti di posizione (almeno ogni 2) durante il giorno. quelli controindicati dalla patologia o dalla sintomatologia di cui affetto. Se possibile, invitare il bambino a mangiare con altri coetanei. Allontanare o eliminare odori che potrebbero stimolare la nausea ed evitare procedure medico-assistenziali in concomitanza con l'orario dei pasti. - Assecondare il desiderio del bambino quando chiede di mangiare. Premiare gli sforzi nel rispettare la dieta e i risultati dei bambini con restrizioni alimentari (sia in quantit che in Monitorare costantemente la somministrazione di nutrienti per via enterale (gavage) o parenterale. qualit).

LE ENTERITI Fisiopatologia
Si tratta di processi infettivi noti anche come "gastroenteriti", in quanto spesso interessano lo stomaco. Il quadro clinico caratterizzato dalla presenza di diarrea di gravita variabile. I virus sono la principale causa di enterite soprattutto nel periodo invernale e in climi temperati: rotavirus, adenovirus, virus di Norwalk (della famiglia dei parvo virus), astrovirus, calicivirus sono responsabili del 50-80% delle enteriti. I batteri causano circa il 15-20% delle enteriti e svolgono un ruolo importante soprattutto laddove le condizioni igienicosanitarie sono inadeguate o in climi caldo-umidi. I principali germi sono: Shigella, Salmonella, Campylobacter jejuni, Yersinia enterocolitica, Vibrio cholerae. L'Escbericbia coli, pur essendo un normale saprofita dell'intestino, pu dare enteriti epidemiche attraverso alcuni ceppi particolarmente enteropatogeni. responsabile, inoltre, delle enteriti che colpiscono il turista, la cosiddetta diarrea del viaggiatore. I protozoi sono un'importante causa di enterite nei climi tropicali o subtropicali (Entamoeba hy-stolitica,Balantidim colf) mentre nei climi temperati si possono avere enteriti da Giardia lamblia o da Cryptosporidium (quest'ultimo tipico nei pazienti immunodepressi). Nel 20-30% dei casi la causa di enterite pu rimanere sconosciuta. / La diarrea provocata da un'alterazione della, le funzione di riassorbimento delle secrezioni da parte della parete intestinale, attraverso un'invasione! della parete del germe o l'azione di un'enterotossina (Vibrio cholerae, Escherichia coli enterotossigenica). Il danneggiamento della mucosa perdita di elettroliti, acidosi, disidratazione. In genere,j l'infezione autolimitante sia per la risposta immunitaria dell'organismo, sia per la progressiva sostituzione della mucosa danneggiata con un nuovo epitelio. La diarrea, in genere, si pu

accompagnare, o preceduta, da febbricola e astenia. Nelle infezioni da rotavirus frequente il vomito. Feci striate di sangue si osservano nelle infezioni da Shighella o Campylobacter. Dolori addominali crampiformi e manifestazioni extraintestinali (artrite, eritema nodoso) si associano invece a infezioni da Yersinia e Campylobacter.La disidratazione si manifesta con perdita di peso, depressione della fontanella cranica (nel lattante), cute secca o ipoelastica, occhi infossati, polso frequente e flebile. Il rischio di disidratazione grave maggiore quanto pi piccolo il bambino. Il quadro di risolve in circa una settimana per le forme virali e in 23 settimane per le forme batteriche o protozoarie. L'esame microscopico delle feci, la coprocoltura o la ricerca di antigeni virali mediante test di agglutinazione permettono di identificare l'agente eziologico e nel caso di batteri di allestire un antibiogramma. La determinazione degli elettroliti e iperosmolalit plasmatica e urinaria, dell'urea, della creatinina, del pH venoso fondamentale per valutare eventuali squilibri idroelettrolitici e la funzionalit renale. La diagnosi differenziale deve tener conto di altre cause di vomito (come la stenosi ipertrofica del piloro, le masse o l'ipertensione endocranica, l'insufficienza surrenale) o di diarrea e dolore addominale (invaginazione intestinale, malassorbimento, malattia infiammatoria cronica intestinale). Trattamento II primo provvedimento da prendere assicurare un'adeguata idratazione del paziente. L'alimentazione va temporaneamente sospesa (sia nel caso di allattamento al seno o artificiale, sia la dieta nel divezzo). Se la diarrea non grave e il paziente non vomita, si possono impiegare delle soluzioni reidratanti orali, altrimenti il paziente va ricoverato per effettuare una reidratazione parenterale. La rialimentazione del bambino, nelle enteriti lievi, pu iniziare 12-24 h dopo la sospensione dell'alimentazione. L'allattato al seno va riattaccato mentre il bambino allattato artificialmente riprende ad alimentarsi con latte pi diluito fino a raggiungere concentrazioni normali in 3-4 giorni. Nel divezzo >: riprende l'alimentazione utilizzando pappe a base di farine o semolino, liofilizzato di carne, formaggio grana, olio d'oliva. Il latte vaccino va ripreso dopo 1-2 giorni, dapprima diluito al 50% e quindi, dopo 1-2 giorni, intero. Nelle infezioni da rotavirus o nei casi di intolleranza alimentare postenteritica (diarrea alla ripresa dell'alimentazione) si consiglia l'uso di latti speciali, come il latte di soia, o latte elementare, privo di lattoproteine per evitare l'insorgenza di allergie post-enteritiche. I fermenti lattici possono essere utili per ridurre il dismicrobismo intestinale che si trova in molte enteriti. La loperamide viene impiegata per la sua azione antiperistaltica e antisecretiva che permette di ridurre il numero e il volume delle scariche. Gli alimenti adsorbenti (per es. mela grattugiata, carote lessate) o sostanze ad azione analoga (caolino, pectina) riducono l'entit delle scariche diarroiche ma l'effetto perlopi transitorio, dovuto al trattenimento delle perdite idriche nel lume intestinale e non a un'effettiva azione antisecretiva. La terapia antibiotica viene riservata ai casi particolari come le diarree infettive nel lattante < 3 mesi, nei casi di grave immunodepressione o immunodeficienza, nei casi di gravi patologie concomitanti (per es. cardiopatia) o nei casi di infezione documentata da parte di particolari germi. Farmaci di prima scelta per le varie enteriti batteriche sono l'ampicillina o l'amoxicillina o il cotrimossazolo, l'eritromicina (per il Campylobactef) somministrati per 7-14 giorni

Assistenza infermieristica

Accertamento
Osservare attentamente il bambino e valutare la situazione clinica identificando i problemi e definendo gli interventi.

Rilevare attentamente gli episodi diarroici, rilevando la quantit, la frequenza, la consistenza, l'aspetto e l'odore delle scariche. Feci molto liquide in un lattante possono essere scambiate con urine e possono associarsi a una rapida comparsa di disidratazione grave.

Rilevare la presenza di vomito e se presente accertare le caratteristiche, l'intensit e la durata. (Controllare il peso del bambino (nei lattanti anche minime variazioni sono significative) e confrontarlo con una rilevazione precedente l'insorgenza dell'affezione.

Effettuare un bilancio entrate-uscite ricorrendo se I necessario al peso dei pannolini a ogni cambio. (Valutare la presenza di segni di disidratazione (turgore cutaneo, l'umidit delle mucose e, nei bambini sotto l'anno di et, la tensione della fontanella anteriore).

. . .

Eseguire l'esame colturale delle feci (se prescritto). Rilevare la presenza di arrossamenti irritativi cutanei perianali. Accertare la presenza di dolore addominale deiscrivendo le caratteristiche, l'intensit e la correlazione con le scariche o con i pasti o certi ali-amenti. Valutare e segnalare la presenza nei genitori di /manifestazioni di stanchezza, irritabilit, depressione che ostacolano la capacit di accudire il bambino. . .

Diagnosi infermieristiche
Per la definizione delle diagnosi infermieristiche, dovr essere valutato attentamente lo stato generale del bambino e la capacit della madre di far fronte alla situazione patologica. Utilizzando i dati emersi con l'accertamento, l'infermiere deve individuare i problemi e fra questi distinguere quelli urgenti (per es. la presenza di dolore e/o uno stato di disidratazione) che devono essere risolti subito con l'intervento medico. In questo caso non sar formulata una diagnosi infermieristica, ma potr essere definito il problema collaborativo con: squilibrio idroelettrolitico nutrizionale. - Rischio di compromissione dell'integrit cutanea, correlato a diarrea, secondario a enterite. Alterazione del comfort, correlato a diarrea, vomito e dolore addominale, secondario a enterite acuta. Tensione nel ruolo di assistente, correlato a mancanza di sufficiente riposo nell'arco delle 24 h, secondario a

lungo periodo di assistenza del figlio. INTERVENTI Effettua re il bilancio entrate-uscite, correggere le perdite idriche, le alterazioni elettrolitiche ed eseguire la terapia sintomatica (antivomito, antidiarroici) come da prescrizione medica. Mettere a riposo l'intestino con il digiuno per evitare che alimenti e bevande accentuino la diarrea e il vomito. Se la sintomatologia modesta assicurarsi che la dieta non contenga cibi complessi di pi difficile digestione o a elevato potere osmotico (zuccheri, sodio); preferire piuttosto una dieta a base di pane, grissini, patate, carote, riso e fiocchi di riso, succo di mela e t leggero. Monitorare la temperatura corporea e i parametri vitali: una loro significativa variazione pu essere segno di disidratazione Adottare le misure igieniche per evitare la diffusione intrafamiliare od ospedaliera di infezioni orofecali come: corretto lavaggio delle mani e della regione perianale, pulizia della biancheria, smaltimento dei pannolini. Nel caso di arrossamento della cute (evento assai frequente nei neonati e nei lattanti), mantenere pulita e asciutta la cute e consigliare il cambio frequente del pannolino a ogni scarica o a ogni minzione. Lavare la cute con acqua tiepida e prodotti detergenti a pH neutro senza strofinare; asciugare tamponando. Applicare pomate eudermiche emollienti e protettive. Garantire al bambino e alla madre un ambiente tranquillo, evitando l'esecuzione (quando possibile) di controlli e procedure durante i momenti di riposo.

- Se il periodo di degenza si protrae a lungo, rassicurare e proporre alla madre la possibilit di andare a casa a riposare affidando il bambino alle cure del padre o ad altre figure di fiducia da lei individuate.

Quadro clinico

Sintomatologia

Alimenti responsabili

Coliche dei primi mesi di vita

Pianto intenso, poco consolabile, in genere pomeridiano o serale, accompagnato da movimenti di suzione, pallore, cianosi di grado lieve ed accettazione di un nuovo pasto

Latte vaccino

Diarrea persistente del lattante

Scarsa crescita, perdita di peso, sottocutaneo scarso e pliche cutanee flaccide

Latte vaccino

Dermatite atopica

Eczema pruriginoso alle guance, a tutto il corpo o alle regioni flessorie (ascelle, polsi, cavi poplitei) Presenza di sangue occulto nelle feci Reazione allergica grave all'introduzione del latte vaccino in un bambino allattato a seno per pregressa allergizzazione misconosciuta al latte vaccino Naso chiuso, broncospasmo Anemia, sangue nelle feci, ematemesi, pianto, dolore addominale *********************************** ***********************************

Latte vaccino ne primo anno; uovo, arachidi, pesce, agrumi, pomodoro dopo l'anno di vita

Anemia sideropenica

Latte vaccino

Shock, edema angioneurotico, dnafilassi

Latte vaccino

Rinite allergica, asma gastrite erosiva, colite

Allergeni vari Latte vaccino

Eritema peribuccale e perianale Dermatite ed orticaria da contatto, orticaria

Latte vaccino Allergeni vari

Le malattie da malassorbimento
Numerose malattie gastrointestinali in cui vi un difetto di digestione o di assorbimento intestinale danno un quadro di malassorbimento caratterizzato da scarsa crescita, ipotrofia muscolare, distensione addominale, steatorrea.

Fibrosi cistica o mucoviscidosi

Fisiopatologia

La fibrosi cistica una malattia genetica a trasmissione autosomica recessiva che colpisce soprattutto i bianchi di origine caucasica. Si manifesta con una frequenza di 1:2000-2500 nati e circa 1 persona su 20 eterozigote per il gene della fibrosi cistica (quindi portatrice del gene ma non affetta). La mutazione genica determina un ridotto riassorbimento del sodio nelle cellule delle ghiandole sudoripare e delle ghiandole esocrine in genere, un aumento della viscosit del muco e un'alterazione del movimento ciliare. La malattia colpisce pi organi (in particolare il polmone e il pancreas) determinando: a) pneumopatia ostruttiva cronica polmonare, infezioni polmonari ricorrenti (stafilococco, Pseudomonas aeruginosa), bronchiectasie, atelettasie polmonari, insufficienza respiratoria cronica con dita a bacchetta di tamburo e unghie a vetrino di orologio; b) insufficienza pancreatica esocrina con malassorbimento, scarsa crescita, steatorrea, deficit vitaminici multipli (A, D, K), pancreatiti ricorrenti; c) ileo da meconio alla nascita o episodi di ostruzione intestinale parziale o completa successivamente; d) cirrosi biliare e ipertensione portale; e) infertilit ed aspermia nei maschi: f) facilit a sviluppare una disidratazione ipotonica con perdita di sali e alcalosi metabolica in ambiente caldo. La malattia si pu manifestare alla nascita (ileo da meconio) o nei primi mesi (scarsa crescita, infezioni respiratorie ricorrenti) e in genere porta a morte per insufficienza respiratoria dopo la seconda o la terza decade di vita. La diagnosi si basa sulla dimostrazione di un'aumentata concen-trazione di cloruri nel sudore dopo stimolazione con pilocarpina (test del sudore). L'identificazione del gene per la fibrosi cistica ha permesso di mettere a punto tecniche di diagnostica molecolare per la diagnosi prenatale e lo screening neonatale della malattia. Organo interessato Malattia Patogenesi

Pancreas esocrino

Fibrosi cistica Sindrome di Schwachman-Diamond

Alterazione qualitativa delle secrezioni esocrine Difetto ereditario autosomico recessivo associato a bassa statura, neutropenia e anomalie scheletriche Difetto congenito Brevit intestinale congenita o conseguente a resezione chirurgica estesa Stasi intestinale congenita (malrotazione, stenosi) od acquisita (morbo di Crohn, aderenze post-chirurgiche Enteriti cronich Intolleranza al glutine Deficit enzimatico posHnfettivo dell'epitelio intestinale Intolleranza alle proteine del latte vaccino

Fegato, vie biliari intestino Difetti anatomici

Atresia del e vie biliari Intestino corto Sindrome dell'ansa stagnante

Infezione cronica (+ associata a immunodeficienza) Intolleranza alimentare

Giardiasi Coccidiosi Morbo celiaco Malassorbimento post-enteritico Allergia alimentare

Trattamento La terapia si basa sulla rimozione del muco denso presente in eccesso nell'albero respiratorio mediante la fisioterapia respiratoria, sull'uso di antibiotici orali come profilassi delle infezioni respiratorie ricorrenti e sul pronto trattamento con antibiotici a largo spettro delle complicanze infettive. Il malassorbimento viene corretto con la somministrazione orale di estratti di pancreas animale ed eventualmente con una dieta dal contenuto limitato di grassi. L'ileo da meconio rappresenta un'urgenza neonatale e richiede un trattamento immediato (vedi pag. 43). Assistenza infermieristica Nello specifico, accertare e definire obiettivi assistenziali atti a garantire il mantenimento di una adeguata alimentazione per la presenza di problemi da malassorbimento, di deficit vitaminici e pancreatiti ricorrenti.

Celiachia Fisiopatologia
La celiachia una malattia causata da un'intolleranza al glutine, proteina presente nelle farina di frumento, avena, orzo e segala (assente invece nel riso e nel mais) che determina una grave atrofia dei villi della parete intestinale (del digiuno, in particolare) e conseguente malassorbimento, steatorrea, scarsa crescita e deficit carenziali multipli. L'incidenza di 1:2000 nati. La celiachia non ereditaria in senso stretto ma ha una base genetica come dimostra il fatto che si associa ad aplotipi HLA carat-teristici, riscontrabile nel 1020% dei familiari dei pazienti celiaci e vi una concordanza del 70% della malattia nei gemelli omozigoti. I peptidi ottenuti dalla digestione del glutine sono responsabili della reazione tossico-infiammatoria nei confronti della mucosa intestinale. La malattia compare nei primi 2 inni di vita, in genere entro 3-6 mesi dall'introduzione del glutine nella dieta con lo svezzamento. Il bambino presenta scarsa crescita, astenia, irritabili t, apatia, distensione addominale, steatorrea, dimacimento sproporzionato rispetto alle calorie assunte. Una complicanza grave la crisi celiaca caratterizzata da diarrea acuta intrattabile, disidratazione e acidosi metabolica, shock. Nelle forme pi gravi si pu instaurare una sindrome pluricarenziale con anemia, edemi ipoprotidemici, ipocalcemia, osteo-porosi, emorragia da deficit di vitamina K. La sintomatologia tende a essere meno grave nel bambino pi grande, nell'adolescente e nell'adulto, dove si manifesta perlopi come ritardo staturale, anemia ferropriva, osteoporosi, crampi muscolari-parestesie. La diagnosi si basa sulla dimostrazione di un quadro di malassorbimento intestinale mediante l'esame delle feci e i test di malassorbimento (il test dello xilosio, il test dei trigliceridi) o di permeabilit intestinale (valutazione rapporto lattulosio/mannitolo dopo somministrazione orale), la determinazione degli autoanticorpi antigliadina e antiendomisio nel sangue, ma soprattutto con la biopsia duodeno-digiunale. L'esame istologico evidenzia un quadro di atrofia subtotale caratterizzato da una scomparsa dei villi intestinali e un'infiltrato infiammatorio della mucosa. La biopsia si esegue con una sonda munita a una estremit di una capsula; una volta inghiottita, viene guidata sotto controllo fluoroscopico fino all'altezza del ligamento duodeno-digiunale di Treiz dove, attraverso un foro, viene aspirato e tagliato da una lama un frammento di mucosa. La biopsia va ripetuta (in genere dopo 6 mesi) per valutare la risposta alla dieta senza glutine e successivamente per

valutare l'eventuale effetto della riesposizione al glutine.

Trattamento

II trattamento si basa sull'esclusione dei cibi contenenti glutine dalla dieta. La dieta viene in genere rispettata nei primi anni di vita, ma successivamente pu comportare delle difficolt in quanto costringe il bambino a

un'alimentazione monotona per quanto riguarda gli amidi, basata sul riso e sulla farina di mais. Il divieto di pane, dolci, merendine e pizze pu essere sentito inoltre come un ostacolo alla socializzazione con i propri coetanei e a lungo andare pu portare al rifiuto psicologico della dieta o a una dieta meno rigorosa con ingestione occasionale di cibi non consentiti o non adeguatamente sicuri per l'assenza del glutine. Importante l'ambiente familiare per aiutare a sdrammatizzare queste restrizioni e cercare di far accettare anche al bambino pi grande questo sacrificio. L'Associazione italiana per la celiachia mette a disposizione delle famiglie un ampia serie di ricette realizzabili con farina di riso e mais in modo da variare maggiormente la dieta. La crisi celiaca prevede un trattamento con steroidi associato alla nutrizione paren-terale e alla correzione di eventuali deficit carenziali di sali minerali, vitamine.

Assistenza infermieristica
L'assistenza specifica caratterizzata da interventi di monitoraggio ed educazione a un regime alimentare privo di glutine. Pianificare i seguenti interventi: - Rilevare la presenza di steatorrea e diarrea cronica. - Monitorare la tolleranza del bambino alla diete prescritta e l'aumento del peso. Promuovere un'adeguata nutrizione attraverso educazione dei genitori per aumentare le conoscenze Consigliare l'integrazione dietetica con vitamine calcio, ferro e folati. Fornire ai genitori informazioni e opuscoli educarvi sulla malattia; invitarli a contattare l'Associazione sulla patologia e sugli alimenti privi di glutine.

italiana per la celiachia. Ricorda! Test per la diagnosi di malassorbimento Test dello xilosio: Lo xilosio uno zucchero che viene assorbito a livello digiunale senza essere digerito. Si somministra a digiuno 14,5 mg/m D-xilosio al 10% e si valuta se il tasso ematico dopo 1 h supera o meno 25 mg/dL Test ai triglicerdi : Si somministra al paziente una miscela di burro e olio di mais (50/50) pari a 2 g/kg e si valuta se la trigliceridemia dopo 2 h ha un incremento superiore o inferiore a 50 mg/dL.
2

También podría gustarte