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ITALIA ESOTERICA

Dai culti di Mithra nell'antica Roma all'imperialismo pagano di Julius Evola, una ricognizione storica sull'esoterismo italiano. In un viaggio che si sofferma nelle penombre del medioevo, tra letture gnostiche e persecuzioni antieretiche, e che facendo rotta in Terra Santa giunge fino ai Cavalieri del Tempio. Echi dei loro riti anche in Italia, dunque? Forse. O forse solo falsi indizi, dovuti all'oscurit delle fonti, all'impossibilit di discernere tra verit e leggenda, tra realt e sogno. E il viaggio riprende verso la corte di Federico II, con l'astrologo Michele Scoto, che osserva la notte in compagnia di sapienti arabi ed ebrei, con Frate Elia da Cortona, l'alchimista. In attesa che spuntino all'orizzonte le nuove luci dell'Umanesimo, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, il neopitagorismo, la Cabala. Fino al "segreto" di Cristoforo Colombo, scopritore di un Nuovo Mondo, e al dramma secolare della caccia alle streghe, dominato dall'Inquisizione. E poi il Seicento, sotto il sole della citt utopica di Tommaso Campanella, o sotto a quello reale e rosacrociano di Paolo Sarpi, a Venezia. Per proseguire ancora verso altri lumi, quelli scientisti del Settecento, che tuttavia non abbagliarono la fede nella conoscenza segreta di un Cagliostro, di un Saint Germain, di un Casanova, di un principe di San Severo, n dei primi fratelli della Libera Muratoria. Altre avventure intellettuali, altri nomi: Mazzini, Garibaldi, Lombroso, Capuana, nel revival occultistico dell'Ottocento e pi in l, fino al circolo teosofico milanese ispirato da madame Blavatsky, fino ai rituali satanici della "grande bestia" Aleister Crowley, nella Sicilia del primo Novecento. Nazifascismo ed esoterismo, l'ultima tappa di un percorso secolare verso il segreto delle cose, alla ricerca della verit estrema, stadio finale della sapienza o mito irraggiungibile di ogni mente. Ostinato come una fede, incessante come un desiderio. Abbiamo riprodotto alcuni articoli di Andrea Romanizzi su alcuni dei luoghi esoterici pi importanti dItalia.

SAN NICOLA e la stirpe degli Art


Spesso,la ricerca e la conoscenza partono da molto lontano,da luoghi che spesso sembrano culturalmente diversi, ma che in realt hanno pi punti in comune di quello che si possa pensare. E proprio seguendo questo invisibile filo dArianna che lega tra loro civilt che sembrano molto distanti ,che viaggeremo,come novelli Ulisse,verso le sponde fiabesche dei miti celtici per poter poi interrogarci su un bassorilievo molto vicino a noi , il bassorilievo della "Porta Dei Leoni" della Basilica di San Nicola . Ancora oggi, per i turisti che giungono a Bari , la Basilica di San Nicola e una tappa obbligata , come lo fu in passato per tantissimi pellegrini cristiani che attraversavano la Puglia e percorrevano le sue vie , la

Francigena e la "via sacra longobardorum" per portarsi da Oriente verso Roma e Compostela o viceversa , per raggiungere Costantinopoli e la Terra Santa. Bari cos diventa nodo cruciale per i collegamenti tra Oriente ed Occidente , tra la chiesa ortodossa e quella cristiana. Ma unaltra cultura , unaltra religione si stava affacciando in quegli anni nella "polis" barese. Infatti nella prima met del IX sec. si iniziano ad avere notizie di insediamenti mussulmani in Puglia. Verso il 853 , Bari era governata dal mussulmano Mufarrag ibn Sallam che si preoccup di costruire nella citt una moschea , ancora oggi non ancora trovata. La costruzione di questa opera port nella citt una serie di maestranze arabe i cui influssi si possono notare ancora oggi nella Basilica Nicolaiana.La presenza araba dur solo pochi anni , ma lasci nel tessuto della citt forti influenze non solo a livello architettonico, ma anche politico e culturale. Tracce del mondo arabo le troviamo dunque nella stessa basilica, sul fianco destro della famosa porta dei leoni , di cui riparleremo in seguito ,notiamo come lastra di reimpiego, un sepolcro anonimo di classica fattura araba o ancora lintreccio rappresentante il Monogramma di Allah allinterno del mosaico presbiteriale. Bari diventa citt "trait d Union" tra Oriente e Occidente , tra la "regula latina" ,quella orientale o "attica" e il mondo arabo "fulcro" di quel "movimento" di pellegrini e guerrieri che oggi definiremmo crociata , termine anacronistico gi che si inizi ad usare solo verso il 200-300 , e che in realt veniva comunemente definito con "iter","auxilium" ,"succursum" o infine "passagium" .Per questa Bari multietnica , dunque , non bastava una classico Santo Patrono , ma una figura carismatica che virtualmente unisse i due mondi , Occidente ed Oriente , appunto San Nicola. Fu cos che nel 1087 un gruppo di 62 marinai guidati da alcuni sacerdoti si recarono a Myra ove , da un pozzo pieno di uno stranissimo liquido ,quella che poi sar definita la Manna , prelevarono parte delle ossa di San Nicola per portarle ,come venerate reliquie , nella citt. Le ossa furono cos poste temporaneamente nella chiesetta di Santo Stefano e successivamente nella Basilica costruita proprio sullarea del Catapano , sede del governatore bizantino del Thema di Longobardia. Numerose sono le leggende legate al Santo, e tutte legate alla facolt di Nicola di Myra di produrre abbondanza. Una di queste racconterebbe di tre giovinette poverissime che erano destinate a prostituirsi , il Santo le salv dal loro destino infausto portando loro , dalla finestra , tre sacchi di monete doro. Si narra , poi , che il vescovo di Myra regalasse cibo e vestiti alle famiglie pi povere portando tali doni attraverso i camini. Nasce cos una nuova figura del santo , questi diventa colui che dispensa doni ,compito per il quale divenne famoso in tutta Europa e che eseguiva tradizionalmente il 6 Dicembre e che poi fu spostato nella notte di Natale. E proprio da una corruzione del nome di San Nicola che nascer la leggenda di Babbo Natale o Santa Claus. Questa caratteristica del santo , forse , potrebbe essere

legata alla tradizionale manna che si produce dalle sue ossa e che nellimmaginario collettivo lega la figura di Nicola ai "doni". Si pu cos notare come la Basilica nicolaiana diventa veramente centro di commistione di molte religioni apparentemente slegate tra loro , unione tra il mondo trascendente occidentale , il mondo del Demiurgo , e quello immanente orientale. Attorno a tutte queste strane simbologie e leggende ecco nascere diverse ipotesi ortodosse ,una di queste , sostenuta da alcuni studiosi , che la traslazione delle ossa del santo non fosse altro che una copertura ,voluta dal Papa Gregorio VII per il recupero di qualcosa di molto prezioso , una reliquia che avrebbe potuto aiutare gli eserciti cristiani contro gli "infedeli" e che si trovava nella mitica Sarraz ,luogo impossibile da situare storicamente o geograficamente .Di esso si diceva che non fosse in Egitto, ma "vi si vede da lontano il Grande Nilo", situato in Medio 0riente e luogo dal quale "ebbero origine i Saraceni" . Questa "poderosa" reliquia altro non era che il Graal , la "scutella" che poteva infondere novella forza agli eserciti crociati che partivano dal porto della citt per combattere gli infedeli , e non a caso , appunto , la prima crociata fu organizzata proprio a Bari da papa Urbano II. Ma cosa il Graal? Difficile definire in poche parole un "qualcosa" che ha fatto versare fiumi dinchiostro dal medioevo ad oggi. Per alcuni sarebbe la coppa dellultima cena e dove fu raccolto il sangue di Cristo , secondo altre ipotesi il termine Graal proverrebbe da Sang Real , cio non meglio definita dinastia derivante proprio da Ges , per altri esso ricorderebbe il calderone celtico di Dagda dal quale , poi, furono forgiati 7 coppe pi piccole. In realt esso potrebbe essere sia un oggetto materiale che immateriale , simbolo di una antica religione ctonia che appunto usava la "coppa" Come metafora del "ventre materno" della dea Terra , e successivamente metafora della Vergine Maria , come si pu notare anche nella Litania di Loreto ove si dice " vas spirituale , vas honorabile , vas insigne devotionis". Tale simbologia anche legata alla lancia di Lug , che potremmo paragonare a quella di Longino , di cui , proprio a San Nicola , vi una copia. Infatti la coppa e la spada si unirebbero nel ricordo di quel culto unico , il culto della madre Terra : lelemento femminile , e del Sole: lelemento maschile , appunto rappresentato in questa simbologia dalla spada , e macroscopicamente , tra le civilt megalitiche , con lerezione del menhir , la "roccia" conficcata nel ventre materno della terra bruna. La cerca del Graal sarebbe cos sia ricerca delloggetto materiale , ma anche ri-cerca o ri-scoperta di questo antico culto da esso simboleggiato. Come segno tangibile di questa ricerca ecco sul archivolto della famosa "porta dei Leoni" della Basilica , rappresentato scene del ciclo arturiano.In realt il problema che sorge che questo Rex Arturius rappresentato di gran lunga antecedente alla diffusione in Italia della "Materia di Bretagna" , e non e lunico caso. Infatti un altro Re Art rappresentato nel mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto mentre combatte contro uno strano felino che ricorda "gatto Lupesco" , anonimo poeta siciliano che "canta" il mitico re , e in quella di Modena. Inoltre ben prima dei miti Arturiani , il tema della "spada nella roccia" che simbologicamente richiama fortemente quello cui abbiamo accennato in precedenza, lo troviamo a Chiusdino , nella Abbazia dedicata a San Galgano. La simbologia della "spada nella roccia" si lega al mito del Graal. per alcuni lo stesso Graal , non sarebbe una

coppa , bens una pietra , quella che Wolfram von Eschernbach definisce nel "parzival come "lapis exillis" , ancora per molti termine derivato da Lapis ex coelis e dunque pietra caduta dal cielo , definizione che legherebbe ancor di pi quei due culti che apparentemente sembrerebbero separati :Cielo e Terra. Una conferma di quello che stiamo dicendo la troviamo in Frigia , ove , per esempio, Cibele era adorata sotto la forma di Pietra Nera che si riteneva caduta dal cielo. Ed ecco , dunque , che per rispondere alle questi anacronismi dobbiamo tornare alla "materia di Bretagna" e alla figura di re Art.Molto si discusso sullorigine etimologica del nome Art, esso potrebbe derivare dai termini celtici ART , roccia , o ARTH GWYR , uomo orso. Lo stesso nome , dunque sembrerebbe legare il mitico personaggio alla "pietra" e al suo culto. Art fu citato come personaggio storico solo nel X secolo d.C., ma le tradizioni lo portano indietro fino al V VI secolo. Per alcuni studiosi , il sovrano sarebbe un personaggio ispirato a Cu Chulainn , protagonista di poemi epici irlandesi e il nome potrebbe derivare dal latino Artorius un "Comes Britanniarum" , ovvero un rappresentante locale dell'Impero Romano e quindi pi che un nome reale rappresenterebbe un titolo .Nel 600 nel poema epico Gododdin, in un interessantissimo passo si narra di un guerriero che " forn cibo ai corvi presenti sui bastioni senza essere un Artu'" .Che significa questa frase?Esisteva pi di un Artu'? Se cos fosse ci giustificherebbe alcune contraddizioni temporali che caratterizzano il re celtico. Si potrebbe cos pensare che il termine Art, nato da un primo mitico re, fosse un titolo che veniva preso da tutti i suoi successori, un po' come il titolo di Cesare per i romani. Questo giustificherebbe le varie discrepanze di tempo che vi sono su tale figura ,anzi, poich re Artu' venne legato alla mitica impresa di recupero del graal ,una intrigante idea potrebbe essere che tutti quelli che erano designati a tale missione prendessero tale titolo. Cos nasce una affascinante idea: nel 1087 un drappello di 62 cavalieri , guidati da un Artu, si mettono in viaggio da Bari verso la mitica Sarraz per recuperare le ossa del Santo Custode del Graal ,e la cui impresa memorabile fu per sempre immortalata in un archivolto della stessa basilica costruita per ospitare le ossa del santo , per ricordare ,se mai ce ne fosse il bisogno ,che non e il nome di un uomo che si conserva nella memoria storica ,ma le sue imprese.

MILANO: IL SACRO NEMETON DELLA GRANDE MADRE


Alla ricerca delle origini, tra strani culti e misteriosi Magi Le Origini, lOmphalos e il culto della Dea Madre

Milano viene spesso considerata solo come una grande metropoli senza storia ove ogni giorno si spostano centinaia di migliaia di persone in un travolgente e caotico movimento che spesso, con il suo turbinio, sembra voler escludere il passato della citt, il momento in cui un sacro Nemeton tra gli ombrosi territori insubri divenne una grandiosa citt. Sar cos che, prima di parlare dei misteriosi segreti racchiusi tra le mura cittadine, partiremo proprio dalla sua mitica fondazione e dal suo stesso nome, che, come novello Virgilio, ci guider alla scoperta di antiche memorie sopite tra i tumulti quotidiani della metropoli. Le origini di Milano si perdono nella notte dei tempi, le prime notizie storiche della citt ci vengono tramandate da Tito Livio che ne parla nel V libro della sua Storia di Roma: Mentre a Roma regnava Tarquinio Prisco, il supremo potere dei Celti era nelle mani dei Biturigi [da bitu "mondoe rix, "re" n.d.A.]; questi mettevano a capo di tutti i Celti un re. Tale fu Ambigato, uomo assai potente per valore e ricchezza, sia propria che pubblica, perch sotto il suo governo la Gallia fu cos ricca di prodotti e di uomini da sembrare che la numerosa popolazione si potesse a stento dominare. Costui, gi in et avanzata, desiderando liberare il suo regno dal peso di tanta moltitudine, lasci intendere che era disposto a mandare i nipoti Belloveso e Segoveso, figli di sua sorella, giovani animosi, in quelle sedi che gli di avessero indicato con gli auguri. A Segoveso fu quindi destinata dalla sorte la Selva Ercinia, a Belloveso gli di indicarono una via ben pi allettante, quella verso lItalia. Questultimo port con se il sovrappi di quei popoli, Biturigi, Averni, Edui, Ambani, Carnuti, Aulerci. Partito con grandi forze di fanteria e cavalleria, giunse nel territorio dei Tricastini. Di l si ergeva lostacolo delle Alpi; e non mi meraviglio certo che esse siano apparse insuperabili, perch nessuno le aveva ancora valicate (...) Ivi, mentre i Galli si trovavano come accerchiati dallaltezza dei monti e si guardavano attorno chiedendosi per quale via mai potessero, attraverso quei gioghi che toccavano il cielo, passare in un altro mondo, furono trattenuti anche da uno scrupolo religioso, perch fu riferito loro che degli stranieri in cerca di terre erano attaccati dal popolo dei Salvi. Quegli stranieri erano i Marsigliesi, venuti per mare da Focea. I Galli, ritenendo tale circostanza un presagio del loro destino, li aiutarono a fortificare, nonostante la resistenza dei Salvi, il primo luogo che essi avevano occupato al loro sbarco. Essi poi, attraverso i monti Taurini e la valle della Dora, varcarono le Alpi; sconfitti in battaglia i Tusci non lungi dal Ticino, avendo sentito dire che quello in cui si erano fermati si chiamava territorio degli Insubri, lo stesso nome di un pagus degli Edui, accogliendo laugurio del luogo, vi fondarono una citt che chiamarono Mediolanum In realt il racconto di Livio, forse a sua volta riportato dalle memorie di qualche storico locale, posticiperebbe di molto la reale data di fondazione della citt, ponendola tra il 616 e il 579, il periodo in cui regn appunto Tarquinio Prisco. La descrizione del viaggio di Belloveso inoltre, pi che uno spostamento alla conquista di nuove terre, idea alquanto improbabile, sembra quasi essere la narrazione di uno spostamento rituale le cui origini

troviamo nelle antiche tradizioni del nomadismo indoeuropeo e che si tenevano di solito in Primavera, nei giorni prossimi a Beltane, una delle pi importanti feste celtiche. Letimologia di Beltane alquanto controversa, essa deriverebbe dal termine irlandese bealtaine o dallo scozzese Bealtuinn provenienti a loro volta dalle arcaiche parole tene e bel, la stessa radice da cui proverrebbe il nome del condottiero Bellisario e che si rifarebbe ad un antico dio gallese della pastorizia conosciuto sotto i nomi di Belinos. Ecco cos che, guardando con occhi critici il racconto di Livio si potrebbe ipotizzare che in un periodo imprecisato un gruppo di guerrieri e sacerdoti celtici, guidati da un suddito-guerriero di Bel, nome che da cos carisma al personaggio rendendolo appunto un semidio, iniziarono un viaggio-rituale verso un luogo sacro, un Medhelan. Questa idea potrebbe essere supportata anche da altre considerazioni, infatti Belloveso, si stanzierebbe nel territorio degli Insubri, cosa abbastanza difficile da credere, soprattutto se poi si parla di una fondazione di una citt. E molto pi probabile cos che il borgo gi esistesse, fondato attorno al II sec. a.C. proprio dal popolo degli Insubri che, penetrando nellarea padana, scacci le popolazioni autoctone dei liguri. Ed ecco che per cercare le tracce della vera origine di Milano dobbiamo farci aiutare da ci che di nascosto c nel suo nome, derivante per gli storici dal termine latino mediolanum, cio medius planum, il paese in mezzo alla piana, descrizione che ben si accosterebbe alla citt. In realt molte altre sono le ipotesi che ci aprono anche altre considerazioni, infatti il nome potrebbe provenire dalla lingua celtica, da Mid-land, la citt in mezzo o ancora da Mid-Lan, la citt in mezzo alle acque, o la citt delle acque, idea non del tutto improbabile dato che il borgo si trovava in una zona ricchissima di acqua o proprio da Medhelan, dove medhe sta per "centro" e lanon significa "santuario", il centro sacro, lOmphalos delle regioni iperboree, lidea di una proiezione in terra di un centro celeste, il loco ove dimorano gli dei. Questo ci riporta cos ad antichi culti legati alla grande madre, la dea delle acque, e a Milano il suo tempio sacro ove si recavano druidi e guerrieri. Seguendo cos questa idea troviamo sempre nuovi e pi interessanti indizi, come la scrofa-semilanuta, primo simbolo della citt. La leggenda narra che quando Belloveso giunse in queste terre, chiam dei saggi perch consultassero gli dei e si facessero suggerire dove costruire la citt, e loracolo sugger che sarebbe stata una scrofa semilanuta a segnare il luogo di fondazione del borgo. La scelta dellanimale non per nulla casuale, infatti la scrofa bianca da sempre animale totemico della grande madre, il suo simbolismo ctonio poi anche legato alla dea celtica Belisama, la bianca signora delle acque. Come di incanto si aprono cos nuove simbologie e rituali legati ad un antico culto mai del tutto scomparso, una religione che, come mistico filo di Arianna ci porta tra le vie della citt alla ricerca dei suoi sacri luoghi di sapere, i Medhelan di un popolo che ancora oggi ci ricorda della sua presenza. Seguendo cos questo culto delle acque a cui era dedicato il centro sacro arriviamo alla chiesa di S. Calogero, forse uno dei luoghi pi antichi della citt, ove scavi della seconda met dellottocento portarono alla luce quello che presumibilmente poteva essere un tumulo golaseciano di forma circolare databile tra IX e VIII sec. a.C. con chiari caratteri rituali. Infatti questi tipi di costruzioni permettevano la condensa

della brina che si accumulava durante la notte tra le pietre, il vitreo umore della dea che garantisce la vita e la fertilit. Oltre a questo ritrovamento nella stessa zona presente un altro pozzo ove, secondo la leggenda, fu affogato San Calimero, santo che da il nome alla omonima chiesetta. In realt si tratta di un chiaro esempio di sovrapposizione di culti, un modo da parte della religione cristiana di esorcizzare antichi ricordi mai del tutto sopiti. La leggenda racconta infatti che Calimero venne affogato in un pozzo dellarea sacra al dio Belenos perch voleva distruggerlo, leggenda che ci viene riproposta anche in altri luoghi della citt. Milano e il culto dei Magi Nel nostro viaggio nelle tradizioni e nei miti milanesi non si pu non soffermarsi su tre misteriose figure i cui ricordi ancora oggi sono presenti nella antica chiesa di SantEustorgio: i re Magi. La leggenda narra che i resti mortali dei tre sovrani furono recuperati in India da SantElena e poi portati a Costantinopoli da dove poi, nel 1034, furono trasportate a Milano e depositate proprio nella chiesa di SantEustorgio ancora oggi luogo di pellegrinaggio. In realt il sepolcro, che oggi si pu ammirare insieme alla lastra tombale sulla quale incisa la stella ad otto punte, vuoto dal 1162, quando Federico Barbarossa, dopo aver sconfitto Milano, port a Colonia le sacre reliquie, ma c ancora chi sostiene che le sacre ossa siano nascoste da qualche parte nel capoluogo lombardo. E cos seguendo la scia di una mistica cometa che andremo alla ricerca delle vere origini dei tre magi, una origine che nasce in terre esotiche e che narra di stelle annunciatrici, di una miracolosa nascita e di tre mitici sovrani che si misero in cammino per venerare il nuovo Salvatore. I tre re non sono molto nominati nelle Sacre Scritture, essi vengono citati inizialmente solo nel Vangelo di Matteo (2,1-12) da cui per non abbiamo molte informazioni, ne i loro nomi, ne il loro numero e il luogo di provenienza che indicato genericamente da Oriente. In tutto questo silenzio fonti importanti diventano i Vangeli apocrifi e tra questi in particolare il libro della Caverna dei Tesori e lHistoria Trigum Regum di Giovanni da Hildesheim. La vicenda dei tre re legata alla stella annunciatrice, levento celeste che comunicava la nascita del Salvatore. Molte sono le ipotesi su cosa sia realmente questa stella, per alcuni si tratterebbe di una Nova o Supernova, fenomeno che per non si poteva ripetere lungo il cammino dei Magi come invece ci narra la tradizione. Unaltra ipotesi quella della cometa, alcuni lhanno identificata con quella di Halley ma oggi sappiamo che essa si ripropone ogni 76 anni e quindi sarebbe passata attorno al 12 a.C. data piuttosto lontana da quella indicata da Dionigi il Piccolo per la nascita del Cristo. Molto pi probabile che pi che una stella si fosse trattato di una congiunzione e in particolare la congiunzione tra Giove e Saturno avvenuta nella costellazione dei Pesci. Secondo calcoli fatti da Keplero nel 7 a.C. questa congiunzione si sarebbe

verificata ben 3 volte , il 28 maggio, il 1 ottobre e il 5 dicembre, fenomeno che bene avrebbe potuto, con la sua ripetitivit, guidare i magi nella loro cerca. Tutto questo non solo importante dal punto di vista della datazione dellevento, ma fa sorgere altre considerazioni. Infatti i segno segreto con il quale i cristiani si riconoscevano durante le persecuzioni era il pesce, quando due di essi si incontravano uno di loro tracciava met del segno e laltro lo completava. Del resto la parola Nazareni, oltre che abitanti di Nazareth significava piccoli pesci, e i seguaci di Ges erano appunto i Nazareni. Torniamo ai Magoi, per conoscere il loro rango e dunque lappellativo di Re dobbiamo tornare al libro della Caverna dei Tesori ove essi vengono definiti re figli di re. Anche il numero dei magi non chiaro, se ci rifacciamo a testi apocrifi come il Vangelo dellInfanzia Armeno troviamo che ..questi magi erano tre fratelli.. Il numero 3 ha una forte valenza simbolica, per alcuni indicherebbe le tre razze umane, la semitica, la cannitica e la jafetica, rispettivamente discendenti dai tre figli di No, Sem, Cam e Iafef. Probabilmente , per, il 3 ha un altro significato, infatti nellantico Egitto , omphalos della Divin Sapientia, il tre, pronunciato Khem, era legato ai moti lunari e in particolare rappresenterebbe la manifestazione nel concreto dellUno trascendente , il dio che da trascendente diventa appunto immanente e questo ben si lega alle vicende del Cristo, il Dio che si fatto uomo. Un altro aspetto importante dei magi il loro nome, secondo le tradizioni Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, ma non tutte le fonti sono concordi. Se esaminiamo letimologia degli stessi troviamo alcuni suggerimenti, Baldassarre deriverebbe da Balthazar, mitico re babilonese, quasi a suggerire la regione di provenienza di questultimo, Melechior deriverebbe da Melech, che significa re e infine Gasparre, per i greci Galgalath, signore di Saba. Un accenno a questi mitici re lo troviamo anche in Marco Polo: ..in Persia la citt che chiamata Saba da la quale partirono tre re che andarono ad adorare Dio quando nacque.. La citt citata da Marco Polo non sarebbe proprio la mitica Saba , ma Sawah, antica citt persiana dalla quale, secondo il viaggiatore, partirono i tre re. Per capire cos chi fossero davvero questi tre mitici personaggi dobbiamo un attimo soffermarci sul culto del Cristo, tralasciando eventuali similitudini tra le divinit arboree e il Salvatore importante in questa sede sottolineare il forte legame tra il Ges e il sole, lo stesso 25 dicembre, data poi istituita dalla Chiesa come giorno di nascita del Messia per allontanare pericolose e devianti festivit pagane ben radicate nella comunit, coincideva con il dies natalis soli e del resto un dio nato nel solstizio dinverno e resuscitato allequinozio di primavera non pu non essere una divinit solare. Questa idea ben supportata da numerose leggende e tradizioni tra cui quella dei doni del Bambino ai magi. Si narra infatti che prima di partire per tornare in patria i tre Re ricevettero dalle mani del Salvatore e della Vergine alcuni doni, una pietra staccata dalla mangiatoia, un pane e le fasce nella quali era avvolto il Cristo. In tutti e tre i casi, una volta raggiunto il regno dorigine, dai doni si sprigion uno strano fuoco sacro che, appunto, ben ricorda gli antichi rituali legati appunto allastro, al culto di Zarathustra e

successivamente ai fal di gioia che dovevano portare sulla terra quel calore dellastro proprio nel periodo in cui esso tendeva a scomparire e morire per poter poi risorgere, tradizione che ritroviamo anche nellusanza ancora oggi presente in molte nazioni ceppo natalizio. Potremmo cos azzardare una ipotesi: Originari dellaltopiano iranico i magi erano sciamani legati al culto degli astri e successivamente sacerdoti di Mazda. Seguendo la lettura del cielo, avevano riconosciuto in Cristo uno dei loro Saosayansh, il Salvatore universale, diventando cos loro stessi coniuctio tra la nuova religione nascente e i culti misterici orientali come il mazdaismo e il buddismo, dunque adoratori di quel nuovo culto solare e maschile che affonda le sue radici in rituali ben pi antichi e che pian piano sarebbero stati cancellati dalla nuova religione. Nellatmosfera buia della chiesa di SantEustorgio una pietra tombale con sopra incisa una stella rimane unico monito allignaro visitatore di un passato mai del tutto sopito.

Alla ricerca dell'elisir di lunga vita diario di viaggio tra l'abbazia di Montescaglioso e il duomo di Spoleto
Durante uno dei miei ultimi viaggi mi sono imbattuto in quelle che Fulcanelli avrebbe definito filosofali. due Esse dimore sono

piuttosto lontane tra loro, trovandosi una in

Lucania, e precisamente nella Abbazia di San a

Michele

Montescaglioso, e laltra allinterno del Duomo di Spoleto. Sembrerebbe

molto strano come, due luoghi cos fortemente

magici ed esoterici si trovino presenti in siti dediti al culto cristiano, in realt il tema dellAlchimia, a differenza della Magia, non stato estraneo allattenzione da parte dei Papi e dei Cardinali della Curia Romana alla ricerca allalchimia dellElixir : LImmortalit.

Una testimonianza dell'interesse per questa nuova scienza tra gli alti ambienti clericali la troviamo in diversi documenti di Ruggero Bacone inviati al papa Clemente IV ove appunto si parlava dellarte di khem e dellelixir di longevit, ma essa non estranea a numerosi trattati di studiosi e alchimisti che si avvicinarono a questa disciplina sempre allinterno delle mura Vaticane. Pensiamo ad Arnaldo da Villanova, medico di Bonifacio VIII, o comunque ai francescani che si avvicinarono al pensiero baconiano dando luogo agli esiti da un lato farmacologici, dall'altro visionari e allegorici della ricerca alchemica. La ricerca dellelixir di lunga vita non era per nulla osteggiata dal pensiero cristiano, anzi, ad esempio la condanna portata da Giovanni XXII agli alchimisti nel decretale 'Spondent quas non exhibent' non riguardava la ricerca dell'elixir, ma solo il problema della falsificazione dell'oro. Ecco perch Giovanni da Rupescissa pot scrivere il suo De consideratione quintae essentiae nel carcere papale di Avignone senza che questo aggravasse la sua posizione. Ecco che per le tracce si fanno consistenti, diventano muri ed affreschi di due curiosi quanto enigmatici luoghi. Come accennato in precedenza il primo si trova in una sala del primo piano, un tempo biblioteca e dunque luogo di sapienza, del monastero di San Michele nel paese lucano di Montescaglioso. Il monastero era fortemente legato alle attivit di Montecassino come si pu facilmente notare dallo stemma rappresentante i tre colli presente in una delle sale al piano terra. Appena si entra nella stanza possiamo notare figure di grandi pensatori, tra cui il Pitagora nellatto dellinsegnamento di nozioni matematiche e filosofiche che ben si sposano con questa camera filosofale. Tutto decorato da figure di elfi danzanti o che suonano strani strumenti, serpenti, animali e inusuali uccelli. Spesso presente la figura di Re Mida con le sue orecchie dasino, stante ad indicare nella simbologia ermetica una verit che non pu essere svelata. Diversi sarebbero gli affreschi e le pitture sui quali soffermarci, noi ne esamineremo solo alcuni. Proprio sulla porta dingresso troviamo la vergine che allatta, la virgo et mater, trasposizione cristiana di Iside ed il figlio Horo, insomma una classica vergine nera, facilmente distinguibile dalla posizione del Santo Bambino.

Immediatamente vicino ecco laffresco del toro, lanimale totemico della dea e, dal punto di vista dellopera alchemica, sacro al Sole e rappresentazione dello Zolfo, il principio al maschile, Mercurio,

contrapposto

lelemento femminile che si ritrova quasi di fronte nellaffresco San

rappresentante

appunto

Michele, per molti trasposizione cristiana di Hermes o Mercurio! Altro simbolo fondamentale

dellOpera il corvo nero, esso rappresenterebbe la cottura e il color nero sarebbe il primo segno della decomposizione, conseguenza della perfetta miscela delle materie e quindi fortemente anelata dall alchimista. Tale uccello (e quindi la decomposizione) deve apparire pi volte nella realizzazione dellOpera, per alcuni anche 4, infatti attraverso questa decomposizione della materia che si separerebbe il puro dallimpuro, il segno di una buona putrefazione avvenuta sarebbe proprio, come dice Batsdorff una nerezza assai nera et molto profonda, un odore fetido chiamato dai filosofi toxicum et venenum Ma i messaggi alchemici non terminano qui. Cos, continuando a vagare per le pitture, lattenzione si sofferma su una strana raffigurazione. E la zampa del leone che regge il vaso alchemico, espressione del segno delloro, il fuoco segreto.

Del resto il primo agente che serve a preparare il mistico solvente viene chiamato leone verde : esso lo stato embrionale che per possiede in se lenergia reale, limperfezione da cui poi, deriver il nostro elixir. E la Cabala che ci indica cos la via, nella lettera il segreto dellOpera, cos ecco che appare una S, o

meglio una Triplice S, lo Zolfo filosofale. Ma essa non presente nella sua unit ella Trina nellAffresco, lindicazione che si deve ripetere per ben tre volte la calcinazione del corpo per realizzare le tre opere

filosofiche come secondo le teorie di Geber. La prima operazione ci da appunto lo zolfo filosofale, la seconda lelixir, mentre la terza la Pietra filosofale, medicina che incorpora in se tutte le qualit e virt. Moltissime altre sarebbero le cose da dire , ma lasciamo a chi pi esperto di noi il compito di identificare e rintracciare i vari passi dellOpera. Cos, ci spostiamo a Spoleto, e in particolare nello splendido Duomo della cittadina. Qui, appena si entra,

immediatamente sulla destra, troviamo una cappella privata spesso visitata causa la presenza di un affresco del Pinturicchio. Ma ecco che allocchio del curioso unaltra camera si presenta agli occhi e silenziosa ad essi parla. Si ha subito limpressione di entrare in una stanza filosofale, molte delle decorazioni sono simili a quelle ritrovate a Montescaglioso, cos ritroviamo elfi che danzano e suonano, lanterne e strane creature. In alto si pu notare il satiro che insegna, elemento fortemente pagano e che non avremmo pensato di ritrovare in un ambiente cristiano.

Anche qui, poi, sarebbe presente lArcangelo Michele con la bilancia e la spada, classici attributi di Thot , il dio egizio da cui proverrebbero gli insegnamenti alchemici, larte della terra di Khem. Vicino allaffresco dellArcangelo si pu scorgere lariete bianco, importante simbolo alchemico Gli adepti dichiarano destrarre il loro acciaio dal Ventre dllAriete e chiamano calamita anche questo acciaio Ma forse la pi chiara ed esplicita indicazione della ricerca alchemica tenuta in quei luoghi data proprio dallaffresco centrale. Al centro rappresentato il Cristo e sul lato sinistro San Paolo con la SPADA e su quello destro San Pietro con la CHIAVE. Sembrerebbe la classica iconografia ma ecco che allosservatore attento laffresco sembra suggerire altro. Ecco cos che appare come la spada e la chiave fossero messe in notevole risalto, messe in primo piano rispetto ai santi. E lanaloga rappresentazione che troviamo nel Le Livre Des figures Hieroglyphiques di Nicolas Flamel. Ebbene, in entrambi i disegni, sia a Spoleto che appunto nellopera dellalchimista, una strana prerogativa la posizione dei santi, in entrambi San Paolo si trova a Destra, ove di solito si trova san Pietro oltre alloggetto posto in evidenza. Strani simboli e Strane dimore che meriterebbero una visita pi accurata, sicuramente testimonianza di una profonda simbologia alchemica regnava, in quei tempi, proprio allinterno degli ambienti cristiani della curia papale ove, Papi e Cardinali, cercavano pi le ricchezze terrene che le Glorie del Paradisiaco Regno dei Cieli.

Federico II e i seguaci d'Amore Il percorso iniziatico di CASTEL DEL MONTE


Da sempre il misterioso maniero di Castel del Monte, corona delle murge pugliesi, cela alla vista del curioso viandante il suo mistero. Moltissime sono le teorie che cercano, in un modo o nellaltro, di spiegare cosa esso sia davvero. Per alcuni un semplice castello come tanti altri edificati da Federico II, per altri maniero per la caccia, mentre altri ancora lo collegano al Graal o ne fanno un tempio sufico. Nonostante nome ed apparenza, unica certezza che ogni Castel del Monte regola

contraddice

elementare

sulla edificazione di castelli: non presente un fossato, n un ponte levatoio, mancano sotterranei in cui rinchiudere i prigionieri e lo spazio per le guarnigioni del sovrano, inoltre le ampie finestre del piano superiore costituiscono facile bersaglio per chiunque volesse attaccare. Altro stranissimo elemento sono le scale a chiocciola che ruotano nel senso opposto a quello normale permettendo cos ad eventuali invasori di poter procedere brandendo una spada ed impedendo a coloro che sono nel castello di potersi difendere altrettanto bene. Cosa dunque Castel del Monte. Ecco cos una intrigante ipotesi: il maniero altro non sarebbe che un mistico percorso, una intima evoluzione che permette il novizio di giungere al cospetto di Colei a cui il castello stato dedicato ed edificato, la Donna dAmore. Tutto il maniero sembra cos un continuo rimando alliniziazione dAmore, la Soria, di cui troviamo traccia in una poesia amorosa scritta da Federico ad una misteriosa donna, la sua Rosa, mai identificata con nessuna delle sue amanti e mogli. Oi lasso! non pensai si forte mi parisse

lo dipartire da donna mia; da poi ch'io m'allontanai, ben paria ch'io morisse, membrando di sua dolze compagnia; e gi mai tanta pena non durai, se non quando alla nave dimorai. Ed or mi credo morir certamente, sed a le non ritorno prestamente... Canzonetta gioiosa va a la fior di Soria, a quella c' in prigione lo mio core: d a la pi amorosa, ca per sua cortesia si rimembri de lo suo servitore, quelli che per suo amore va penando; e priegalami per la sua bontate ch'ella mi deggia tener lealtate Il castello cos voluto, potrebbe esser gi metafora del centrum primordiale, quella Soria, o meglio Siria e pi in generale quel area compresa tra le coste orientali bagnate dal Mediterraneo e il mistico fiume dellEufrate, culla della religione Monoteista che tanto divideva, e purtroppo divide, gli animi e i culti. Castel del Monte e il percorso Iniziatico: e quando avrete raggiunto la vetta del monte allora incomincerete a salire Allo sguardo dellignaro viandante il castello appare con tutta la sua imponente simmetria, il piccolo uomo si sente frastornato tra le mura di questo eterno gigante. Ecco cos lidea di una rievocazione del mistico percorso per giungere al seno dellAlma Mater di Soria. Muti, fieri, ecco che due leoni paion a guardia dellingresso di quella porta del castello, in breccia corallina egiziana, quasi custodi della potenza imperiale e dottrinale, simbolo di forza che riporta a quel trono di Salomone che unisce tutte le religioni monoteiste. Uno guarda al sorgere del sole nel giorno del solstizio dEstate, laltro in quello dInverno, qui non c confusione di lingue. Inizia il percorso iniziatici. Una volta entrati nel maniero al visitatore si apre il bellissimo cortile ottagonale. La tradizione vuole che al centro del cortile ci fosse una vasca ottagonale monolitica con un sedile ove era posto liniziato, forse un battesimo del fuoco,

un rituale di purificazione che ci riporta al Baphomet lidolo blasfemo templare, in realt simbolo di qualcosa di pi grande. Esso etimologicamente proverrebbe cos da bafe, immersione, e metis, saggezza e quindi significherebbe battesimo di saggezza, labuzione rituale che liniziato deve compiere prima del mistico viaggio. Nel Vademecum dei Fedeli dAmore di Sohravard si dice Amore non apre a chiunque la via che conduce a lui. Il piano terra dominato dal buio, il luogo dell'iniziazione. bisogna che Amore faccia il giro della dimora e scenda fino alla cella del cuore. Basta cos varcare la prima soglia per trovare la prima sulla ed volta pi

importante

indicazione:

scolpita una faccia con le orecchie d'asino, re Mida, che sta a significare una verit che non pu essere svelata. Questo

messaggio si rif al mito del re e delle sue orecchie. La storia piuttosto complessa, il dio Pan fu sfidato da Apollo ad una gara di musica e il re, passando casualmente nella zona, si fece arbitro del confronto giudicando Pan fosse pi bravo del dio solare. Per questo affronto fu punito dal dio col dono di un bel paio d'orecchie d'asino. Mida, per tener celata quella sua ridicola mostruosit, copriva le orecchie con una tiara che non si toglieva mai dal capo per nascondere a tutti la sua disgrazia, non per al suo barbiere naturalmente, al quale impose di serbare la verit. Il poveraccio per un po di tempo, soffoc dentro di se la voglia irresistibile di propagare il segreto; ma quando non ne pot pi, ritiratosi in un luogo appartato, e scavata una fossa vi avvicin la bocca e, guardandosi d'attorno per assicurarsi che potesse sentirlo, confid alla Terra il suo segreto: "Mida re non ha orecchie d'uomo, ma d'asino"; dopo di che, sentendosi alleggerito d'un gran peso riemp di nuovo la fossa e se ne and. Sulla terra smossa, il destino burlone fece, per, nascere un canneto: e quando i primi venti soffiarono s'incaricarono di ripetere anche a chi non avesse voluto sentirle, le parole che il barbiere credeva di aver ben sotterrate. E dopo questa fase meditativa che si raggiunge il Cuore gentile, requisito essenziale per accedere alle stanze superiori attraverso la gi citata scala a chiocciola con il loro senso antiorario indicano come da ora tutte le conoscenze saranno rovesciate. Cos al termine del percorso turrito che troviamo tre enigmatici volti. Vediamo ancora re Mida, la verit che non pu esser rivelata, ma che sembra quasi sussurrarla, Tengo il

segreto della tua bellezza nel pi segreto del mio cuore. / Il mio cuore resta in silenzio se mi si domanda il segreto del tuo Nome Appare poi lAlma Mater la donna che appare al suo fianco mentre guardano entrambi una mensola rimasta vuota ma sempre illuminata da una presa daria. Cosa rappresentano queste enigmatiche figure. E in questo momento Dante, per diversi studiosi iniziato ai Fedeli dAmore, a venirci in aiuto e a spiegarci larcano. Dopo che furono passati abbastanza giorni perch fossero compiuti nove anni esatti

dallapparizione, qui descritta, di questa molto gentile, avvenne, lultimo di questi giorni, che questa ammirevole dama mi apparve vestita tutta di bianco in mezzo a due dame pi anziane; e, passando per la strada, lei volse gli occhi dal lato ove me ne stavo tutto timoroso; e con quella ineffabile cortesia che oggi viene ricompensata nel secolo senza fine, lei mindirizz un saluto di cos grande effetto che io credetti di vedere gli estremi limiti della beatitudine E qui nascosto larcano dei volti e il tempo diniziazione. Cos si svela alladepto la profonda luce del secondo piano, in netto contrasto con il buio dellIgnoranza, si svela lIside Eterna, come dice il seguace dAmore Francesco da Barberino Ella colei, ch' compagno il figliuolo, del Sommo Iddio, e sua Madre con esso: ell' colei, che con molte siede in cielo, ell' colei, che in terra ha pochi seco Si giunge cos alla famosa camera del re, preceduta da una con raffigurati sulla volta dei serpenti e la sirena, la conoscenza intima, la Melusina che nasconde dietro il suo aspetto lantico ricordo di vetusti culti, la donna che aiuta l'uomo nella ricerca della conoscenza senza dunque distinzioni tra sessi imperfetti ma con lidea che solo nellunione ci si eleva al divino. E la sala pi importante. Affacciandosi dalla finestra lo sguardo colpito da uno "spazio vuoto", poco pi sopra si pu notare un drappello di uomini a cavallo, un pezzo archeologico che Federico li posizionato. Molti studiosi vedevano nel bassorilievo una scena di caccia, la Caccia di Meleandro al cinghiale, per altri lepisodio di Alessandro magno e Timoclea.

Dopo

che

lesercito

macedone

saccheggi Tebe una donna di nome Timoclea fu violentata da un

cavaliere. Per vendicarsi gli disse di aver nascosto un tesoro in un pozzo e quando questi guard gi lo fece precipitare con una spinta. Condotta davanti ad Alessandro Magno la

donna fu giudicata assolta per il gesto inusuale per una donna di fierezza e coraggio. Si esce cos dalla torre "astronomica" e qui le ultime figure, 6 nudi

telamoni, proprio come la verit che non conosce vestiti, con una rosa in mezzo, ecco cos giunti alla Rosa di Soria, ecco finalmente apparire agli occhi lArmonia Mundi. Non si sa se Federico abbia mai messo piede nel castello e se abbia davvero percorso il mistico viaggio iniziatico in esso nascosto, certezza che, ad oggi, milioni di persone si recano nelle stanze del maniero, alla ricerca degli intimi segreti del castello che, silente, sembra quasi sussurrare versi di un Amore universale.

Misteri Romani ITINERARI ISIDEI A ROMA


La citt di Roma da sempre ha esercitato sullUomo un certo fascino , essa e il luogo ove arte e cultura e antiche tradizioni sono mescolate tra loro in un indivisibile connubio, ma la capitale e una citt particolare e misteriosa sotto diversi aspetti e cos ecco una visita per Roma sotto una luce diversa, seguendo le orme invisibile della dea Iside. Primo luogo della visita non pu essere che il Colosseo il cui nome reale l Anfiteatro Flavio, costruito dallimperatore Vespasiano. Ce chi dice che il nome Colosseo derivi dal fatto che esso fosse un grande tempio diabolico e che gli stregoni si rivolgessero ai loro adepti dicendo:Colis eum? cio. adori lui?. Il Colosseo era luogo di forti emozioni se pensiamo alla morte di uomini e belve feroci e per tutto questo rappresent un luogo legato alla negativit, nella tradizione popolare del 500 si credeva che larena fosse sede di demoni e stregoni. Il Cellini, racconta, per esempio , in una sua biografia di aver partecipato a riti magici allinterno del colosseo per ritrovare la bella Angelica , ragazza siciliana di cui era innamorato. Al Cellini, fu , poi, rivelato, da detti demoni, sempre su sua ammissione , anche un tesoro nelle vicinanze della citt, e si narra che lartista andasse in giro con negromanti allinterno dei fori imperiali alla ricerca , appunto, di questi antichi tesori. Poco distante da qui vi e un altro luogo misterioso, un antico mitreo. Il dio Mitra sarebbe nato da una roccia il 25 dicembre , Natalis Solis Invicti , giorno della nascita dellinvincibile sole e che poi coincider con il natale cristiano. La missione di Mitra era chiara, salvare lumanit e per far questo il dio doveva uccidere e spargere sulla terra il sangue dellanimale simbolo della vita, un toro. Il compito di Mitra era tuttaltro che facile, si oppongono a questa sua impresa alcuni animali come lo scorpione, il cane e il serpente, simboli del male, o meglio del caos. Il Dio riesce comunque ad uccidere il TORO, dal cui sangue sparso sulla terra nacque la vite , dal midollo il grano e dal seme gli animali utili. La scelta degli animali che si contrappongono alla tauroctonia non e casuale infatti i riti erano celebrati soprattutto durante lequinozio di primavera , proprio nel segno del toro e la costellazione opposta e guarda caso quella dello scorpione. La religione mitriaca e dunque una religione legata al cosmo e alle stagioni, i riti venivano celebrati in grotte che , oltre al peculiare carattere ctonio, avevano rappresentato nel loro interno appunto la volta celeste, come si pu notare nel mitreo in questione , ove sono presenti anche 11 aperture , numero ancora una volta non casuale

ma che rappresenterebbe il bene e il male e di cui 7 rappresenterebbero le costellazioni principali e 4 le stagioni. Tra le cerimonie di questo culto, alladepto veniva prescritta una abluzione in vasche sacre , piuttosto simile al nostro battesimo , inoltre sembrerebbe che la parte pi caratteristica del rituale fosse il banchetto finale in memoria del trionfo di Mitra , ove si consumavano pane, acqua e vino , cibi e bevande che ritroviamo anche nella cultura cristiana. Insomma, anche nel culto mitriaco troviamo i temi del sacrificio , dell ultima cena e dell ascenzione cari al Cristianesimo. Se le similitudini con il Cristianesimo sono tante, le diversit lo sono ancora di pi , infatti la religione mitriaca si basa sulla liberazione delladepto e la ricerca del raggiungimento di un legame con il divino. Questo mito, per molti aspetti, ricorda un po quelli legati al culto della dea madre altrimenti dettaIside! Infatti la grotta il tipico ambiente ctonio , dalluccisione ,in questo caso del toro , si ha la rinascita come in tutti i culti legati alla natura , che muore e poi risorge. Il giorno consacrato alla divinit era la domenica , e le cerimonie duravano circa 12 giorni. I seguaci venivano battezzati , ricevevano, cio il sacro segno del fuoco e prendevano una porzione di pane e acqua. Ed ecco cos la nostra prima met romana, il mitreo della chiesa di San Clemente.Nel livello inferiore della chiesa troviamo un vestibolo adornato con splendidi stucchi e poi laula, ove si trova un altare ornato appunto con questa tauroctonia , un enorme serpente e infine i due dadofori, uno con la fiaccola abbassata e uno con la fiaccola alzata a simboleggiare rispettivamente il giorno e la notte, o meglio il primo Cautes , simbolo dellattivita solare fra il 21 dicembre e il 21 giugno;laltro Cautopates rappresenta il sole nella fase calante. In una nicchia sul fondo e ancora visibile la statuina del dio.(FIG.1) Il sito di San Clemente e costituito da tre ambienti e un nugolo intricato di corridoi : un Triclinio, un pronao e un ambiente ove gli adepti imparavano le 7 verita prima di essere ammessi ai misteri veri e propri, luogo facilmente osservabile proprio nellambiente della scuola mitraica , ove nelle pareti son scavate 7 nicchie con rappresentate appunto le 7 fasi attraverso cui il catecumento doveva passare prima di poter entrare nel pronao e nel triclinio. Nella discesa verso altri ambienti, poi, si puo ascoltare un sordo rumore di acqua, ebbene sempre nel livello inferiore della chiesa vi si trova una sorgente, elemento che farebbe ancor piu pensare al legame tra il culto mitriaco legato alle stagioni e quello della dea madre. Poco conosciuto dal turismo di massa questo bellissimo mitreo fa respirare ancore laria di secoli di misteri.Proseguiamo verso la vicina chiesa di Santa Maria in Aracoeli, chiesa

di cui abbiamo gi abbondantemente parlato in un altro documento e arriviamo in piazza San Marco per seguire le orme della dea Iside! I primi contatti con il mondo egizio, almeno ufficialmente, si ebbero in Italia proprio a Roma, dopo la conquista della valle del Nilo. I culti di origine egizia che pi di altri attecchirono in Italia furono il culto di Serapide , che poi sarebbe Osiride associato al toro Api , e quello plurimillenario di Iside. io sono Iside, la divina , colei che detiene la magia degli incantesimi Cos troviamo scritto su alcune stele di et faraonica che descrivono appunto la dea e i suoi enormi poteri , con i quali riesce a sconfiggere il male rappresentato da Seth e a resuscitare il marito Osiride grazie alle parole di potenza .La dea pu proteggere i fanciulli dalle aggressioni, pu dominare i serpenti, far indietreggiare le fiammeChiunque in pericolo pu identificarsi in Horus e chieder aiuto alla Grande Madre. Essa spesso rappresentata con il volto bruno e con in grembo un bambino, Horus , il figlioletto , da questa iconografia Iside sar , poi, confusa con la Madonna. I riti isidei sono descritti da Ovidio nelle sue metamorfosi e in particolare nell Asino dOro. Ed ecco l Iside romana , infatti un busto isideo e quello di madama Lucrezia (FIG.2) caratterizzato dal mistico nodo sulla veste e proprio posto in piazza San Marco , accanto a Palazzo Venezia. Oramai ben poco rimane del culto isideo nella citt, un santuario dedicato alla dea si trovava sotto santa Sabina, mentre sul Quirinale si trovava un serapeo, cio un santuario dedicato ad Osiride ed Api, da qui provengono le statue dedicate al dio Bes che si trovano accanto alla pota di villa Palombara. Ancora appartenenti alla cultura egizia e il Piedone che appunto da il nome alla via pi di marmo(FIG.3) o la figura cinocefala che ha dato il nome alla contigua Santo Stefano Del Cacco. Ma per concludere il nostro viaggio tra gli itinerari isidei a Roma dobbiamo spostarci nella vicina piazza Navona. Sul nostro cammino per la piazza incontriamo il famosissimo Pantheon, luogo molto controverso , c chi dice costruito da Agrippa, chi dallimperatore Adriano, ma comunque luogo di culto delle molteplici divinit romane e non. Proprio qui di fronte troviamo la chiesa di Santa Maria Sotto Minerva, ancora una chiara allusione ad unoperazione sincretica di sovrapposizione di culti Iside-Minerva-Maria! Nella piazza antistante ecco un piccolo obelisco sorretto da un elefante(fig4). Questa opera fu concepita dal Bernini, come vedremo in seguito attratto proprio da questa cultura egizia nella capitale. Il grande artista fu influenzato da una figura piuttosto singolare, uno dei primi ad occuparsi dei misteri egizi , il gesuita tedesco Kircher con la sua opera Sphinx mystagoga. Il Bernini si lasci molto influenzare dal gesuita e da questo insolito connubio nasce la spendida opera di piazza Navona, la fontana dei 4 fiumi .In questa fontana ritroviamo diverse conoscenze egizie, il Leone,. per esempio, emblema solare e animale sacro ad Osiride, nel mito gi precedentemente accennato Osiride viene ucciso da Seth, il cui animale rappresentativo e lippopotamo, ebbene il significato etimologico di Ippopotamo e cavallo dei fiumi e cos dal lato opposto al leone troviamo un cavallo con la criniera al vento che esce dalle acque.(FIG.5) La fontana dunque simboleggia leterno equilibrio egizio tra bene e male, tra Osiride e Seth, tra il leone e lippopotamo

Insomma lEgitto "ha sede" anche a Roma.

Torino Misteriosa IL MISTICO OMPHALOS


L Etemenanki: Il luogo ove la Terra si unisce al Cielo

Tutto quello che ci circonda e governato da due forze , due principi chiamati frettolosamente nella cultura Occidentale con l epiteto di Bene e Male , elementi spesso visti in contrapposizione luno laltro. Gi in Nietzsche essi sono presentati sotto la veste dellApollineo o luce e del Dionisiaco o caos , due aspetti in realt non contrastanti tra loro ,ma facce diverse di un apeiron primordiale che monade Leibniziana di tutte le cose. E proprio seguendo questo duplice aspetto che arriviamo nella citt di Torino , omphalos primordiale da dove si dipartono misteriose energie. Secondo diverse leggende esoteriche Torino farebbe parte di un doppio triangolo magico, uno positivo , ai cui vertici si troverebbero Torino, Praga e Lione , e uno negativo composto da Londra e San Francisco. La magia di Torino risiederebbe nella sua posizione , essa sorgerebbe su di un nodo geomantico , un omphalos appunto , punto di intersezione tra le tante correnti energetiche terrestri chiamate leys , appunto spesso caratterizzate dalla presenza di correnti dacqua come nel caso della citt piemontese che sorge appunto alla confluenza di due fiumi, il Po , fiume maschile , il Sole, e la Dora ,elemento femmineo, la Luna ,che formano un mistico anello dacque attorno alla citt. Anche la localizzazione di Torino non e casuale , essa sorge perfettamente sul 45 parallelo, segnalato proprio dallobelisco situato in piazza Statuto , luogo di cui parleremo in seguito. Alcune credenze vogliono che la fondazione della citt risalga al periodo egizio , lo stesso nome avrebbe origini nord africane e in particolare deriverebbe da Thwt Rym .l Alessandra Luciano nel suo libro I magici misteri di Torino afferma che la citt fu fondata da un mitico sacerdote-faraone chiamato Pheaton , che letteralmente significa qui Aton , e la cui etimologia ci riporterebbe al mitico Fetonte greco. Riassumendo rapidamente la leggenda, Fetonte era figlio di Apollo e della bella ninfa Climene , il

ragazzo , orgoglioso di esser il figlio di un dio si vantava spesso delle sue origini e cos , un suo amico , il malvagio Epafo gli raccont che sua madre aveva mentito e che il padre era un comune mortale. Fetonte deluso chiese subito conferma alla madre che , per tutta risposta, lo mand dal dio Apollo in persona. Il giovane , per avere una prova di ci che gli veniva raccontato chiese ad Apollo un atto damore paterno e gli chiese di promettergli qualunque cosa egli avesse chiesto. Il dio accett di buon grado ma , il figlio fece una richiesta molto pericolosa , gli chiese che gli lasciasse guidare il carro del Sole. Cos Fetonte sal sul mistico cocchio , ma non abituato a guidarlo, inizi a perdere il controllo delle redini e il sole si avvicin cos tanto alla terra che Zeus , preoccupato per le sorti del mondo, fu costretto ad ucciderlo con un fulmine . Sempre secondo la leggenda il carro fin tra le acque del Fiume Eridano, nome che ricorda strettamente iw ra danit , il fiume sacro a Ra e dunque ancora richiami all energia solare e al dio egizio Aton. Torino cos la citt solare , legata all aspetto maschile, ma il suo duplice aspetto la lega anche alla terra , al principio femminile e creatore e dunque alla grande madre. Ed ecco cos che la luce fa posto al buio , il sopra lascia spazio al sotto al magico ed impenetrabile sottosuolo della citt ove troviamo gallerie , mura difensive , grotte alchemiche e antri ipogei in parte naturali in parte realizzate dall uomo e dove si perpetuavano misteriosi rituali legati ai culti orfici importati nel periodo dellimpero romano dall oriente come quelli dettagliatamente descritti da Ovidio nelle metamorfosi o ancora da misteriosi alchimisti medievali. Si dice che esisterebbero pi di una trentina di antri di cui i pi importanti posti sotto il Duomo e sotto la chiesa della Grande Madre. Dopo questa virtuale discesa nel cuore della citt torniamo in superficie, soffermandoci proprio su questa chiesa il cui nome gi rievoca strani culti legati alle vergini brune ,del resto il tempio , costruito nel 1814 al ritorno dei Savoia dopo loccupazione napoleonica , sorgerebbe su di un luogo dedicato ad Iside le cui tracce le ritroviamo anche ad Industria , un piccolo centro vicino la citt e a pochi km dalla citt. La chiesa sarebbe anche legata al mito del graal e cos , alzando il nostro sguardo sullingresso del tempio troviamo due stranissime statue , la Religione e la Fede , realizzate da Carlo Chelli. Strana particolarit delle due rappresentazioni il fatto che esse sono rappresentate da due donne prosperose , la prima possiede in fronte un triangolo divino e ai piedi una tiara papale mentre un angelo inginocchiato le tocca la veste ; laltra statua rappresentata appunto dalla Fede sorregge invece con la mano sinistra un calice attorno al quale appunto nasce la leggenda legata al Graal , infatti, secondo la tradizione gli occhi della statua indicherebbero il luogo ove il calice sarebbe tuttora custodito.

Avvicinandoci cos con occhi curiosi capiamo come tutto nella citt visto in una chiave duale , Uomo-Donna , Sole-Terra , dualismo esasperato poi verso il 1800 in ambienti massonici e anticlericali e proprio adesso che il doppio , inizia cos ad esser concepito non pi come aspetti diversi di una stessa realt ma la razionale mente occidentale mette subito in contrapposizione le forze , chiamandole Bene e Male. Ecco che leggende parlano cos di porte per gli inferi e per il paradiso , di cuori neri e bianchi della citt come Piazza Statuto considerato uno dei punti pi negativi di Torino e ancora oggi amata dai cultori della magia nera come luogo ideale per i loro macabri rituali. Questa zona rappresenta il negativo della citt essa si trova ad occidente e quindi in posizione infausta perch qui tramonta il sole e perch qui vi era la "vallis occisorum" luogo ove venivan sepolti i morti nell antichit. Ma Torino non solo male, e cos esisterebbe una porta positiva posizionata nel mezzo alle statue dei due Dioscuri , letteralmente figli di Zeus , Castore e Polluce . Nella citt sono conservate poi importantissime reliquie cristiane prima fra tutte per importanza la Santa Sindone, racchiusa nel Duomo , forse il pi importante disegno acheropita conosciuto , la Chiesa non ha ancora definito la Sindone come vera immagine di Cristo ma , la considera santa per le tantissime preghiere a lei rivolte dai fedeli. Strane energie , mutevoli sensazioni , antichi culti e tradizioni , questo e il fascino intramontabile di Torino , mistico Omphalos ove non Bene e Male , ma Luce e Buio si incontrano per creare mutevoli sensazioni , quasi una sottile linea del crepuscolo oltrepassata la quale, la realt pu esser vista con occhi diversi , gli occhi di colui che sa e che pu ancora ritrovare tra le vie e le strade alberate della citt , ai piedi della fantastica Mole Antonelliana o sulle rive del Po ancestrali ricordi di culti oramai perduti.

SOVERETO e l'Omphalos
Spesso nei discorsi di ogni giorno si sente pronunciare la parola ombelico, quasi ad indicare il centrum di un qualcosa, del mondo, della religione , del pensiero. La parola e di origine greca, Omphalos, ma la sua tradizione e il suo significato molto pi antico e legato a culti e tradizioni che affondano le loro radici nella notte dei tempi. In questa accezione ombelico rappresenterebbe un centro sacro, luogo ove il divino si unisce con il terrestre. Il concetto di Omphalos lo troviamo sia nella Bibbia che in molte culture megalitiche, e lidea di una proiezione in terra di un centro celeste, il loco ove dimorano gli dei. In Italia la tradizione degli Omphalos spesso legata a diversi massi rotondeggianti lavorati dalluomo in epoche remote e appunto connessi alle culture megalitiche. La tradizione delle pietre sacre molto antica, basti pensare ai miti celtici, la pietra di Fal, o culto delle pietre presente in Oriente, per esempio a Petra ed a Hegra. In molte culture si parla di pietre, lo stesso Graal, simbolo della religione cristiana per alcuni viene definito come lapis ex coelis, o ancora il fondatore della Romana Chiesa Pietro, fino a citare la famosa frase del Cristo la pietra scartata dai costruttori e diventata testata dangolo. Quasi tutte le civilt hanno la loro pietra ombelicale o pietra della fondazione. Una caratteristica di questi massi e che molti di essi presentano delle spaccature, inoltre sono spesso associati alla figura dei Paladini francesi e in particolare ad Orlando.

Leggende locali vogliono che Orlando, ormai pazzo per amore, con la sua spada Durlindana spezzava, appunto, con poderosi colpi, queste rocce. Ritorna ,ancora una volta, cos, il mito della spada nella roccia, ben diverso da quello Arturiano, ma con lo stesso significato di unione appunto tra la terra identificata con la pietra, la stessa Cerere chiamata Pietra Nera nelle culture orientali, o ancora Fal dei miti celtici, e il cielo, personificato dalla divinit celtica Duada e la sua spada. Altri studiosi, invece ipotizzerebbero che queste pietre, simbolo di antiche religioni, fossero state, appunto, spezzate da seguaci della nuova religione cristiana che vedevano questi luoghi legati ad entit lontane dal cristianesimo e dunque malvagie. La figura del Paladino, in questo caso Orlando, rappresenterebbe, cos, il difensore della religione. Unaltra ipotesi molto interessante, e quella della rottura per mezzo della magia simpatica, cio quando lantica religione fu sostituita da quella cristiana tutti i suoi simboli si spezzarono. Del resto questa non e una idea completamente nuova, una leggenda medievale narra che quando il Gran Maestro dei templari fu messo al rogo e lordine soppresso gli architravi delle chiese dellordine si spezzarono a met. Gli omphalos, comunque, non sono legati solo alla pietra, spesso essi sono rappresentati da obelischi, menhir, pozzi o da uno stranissimo simbolo, quello della triplice cinta, disegno che ritroviamo in moltissimi punti sacri e rappresentato da tre quadrati concentrici e da dei segmenti che uniscono i punti mediani dei lati. Infatti tali strutture o simboli sarebbero il mezzo stesso per indicare la presenza di un ombelico. Una spiegazione per cosa siano davvero questi centri potrebbe esser desunta dalla teoria dei leys .L idea nacque negli anni 20 in Inghilterra quando Alfred Watkins scopr che molti siti megalitici erano allineati seconde delle direttrici preferenziali, direttrici successivamente chiamate leys. Oggi si parla di una vasta rete che collega siti megalitici di tutta Europa creando una fitta maglia, una maglia di energie sottili che scorrono allinterno della terra, spesso seguendo corsi dacqua sotterranei, e che si addenserebbero in punti particolari, appunto gli omphalos. Omero, per esempio, chiama lisola di Ogigia lombelico del mare, appunto un Omphalos. La narrazione sembrerebbe quasi confermare la teoria delle energie che permetterebbero lunione con il divino,infatti Ulisse trova sullisola, appunto, una dea, Calipso, lelemento femminile, che lo rigenera, lo rinsavisce e finch Ulisse rimane sullisola potr essere immortale. Una teoria piu classica, invece, vuole lombelico come centrum di una civilt o semplicemente di una comunit e per ognuna di esse lomphalos sarebbe la proiezione, sulla terra, dei centri del sopra e del sotto, dellelemento Osirideo e di quello Isideo.

Ancora una volta, dunque, troviamo nellomphalos il simbolo di antichi culti, in particolare di quello ctonio legato alla Vergine bruna , identificata come la terra dalla qualche fuoriescono queste energie che permettono, come nel caso di Ulisse, di avvicinarsi al divino. Un particolare omphalos, presente a Sovereto, piccola frazione del comune di Terlizzi, in provincia di Bari, ove si uniscono magie templari, ricordi di antichi culti di Madonne Brune e allineamenti megalitici. IL suo nome sembra avere il significato di eretto sopra , etimologia che fa pensare ad un qualcosa sotto la contrada. La leggenda vuole che nellanno 1000 un contadino trovasse, in una grotta, una icona della madonna e una lampada accesa. Nacque cos, la chiesa di S. Maria di Sovereto. Licona trovata era quella di una Madonna Nera, la vergine bruna. Il mistero del luogo, per si infittisce, infatti la chiesa di Sovereto ha evidenti simbologie templari, una croce patente spunta sotto lintonaco dellospedale eretto dai cavalieri di San Giovanni, sui lastroni di due tombe presenti nella chiesa sono rappresentati cavalieri con le tipiche insegne templari come la croce a coda di rondine sul mantello e sempre la croce templare e presente nellacquasantiera di destra della chiesa. Misteriosamente una gettata di cemento ha livellato i gradini di ingresso alla chiesa e gli stessi edifici adiacenti non sono visitabili. In aggiunta a questo altri due simboli misteriosi complicano il quadro generale, infatti ecco visibile su un lastrone oggi usato come panca il simbolo della Triplice Cinta precedentemente descritto .Esso dunque sembrerebbe espressamente indicare la centralit e la sacralit del loco. Lidea di coniunctio tra mondi diversi la troviamo allinterno della chiesa stessa, ove, proprio vicino alla cripta, e rappresentato un albero, simbolo cosmico, tramite tra cielo, i rami, e terra, le radici. Insomma, il tutto ci fa pensare di trovarci di fronte a quella che Fulcanelli definirebbe una Dimora Filosofale il che non e neanche troppo strano gi che in tal loco hanno messo il loro zampino gli stessi cavalieri del tempio. La chiesa sembra sorgere dunque su di un nodo geomantico, cosa non difficile da credere soprattutto per i numerosi menhir presenti nella zona, e infatti ancora visibile un allineamento di ben 4 elementi megalitici, un piccolo leys, sicuramente molto pi fitto in passato , ma che pian piano lignoranza popolare ha distrutto. Nel 500 il bosco ove verosimilmente sorgevano tali menhir veniva denominato bosco delle vergini, nome che ci ricorda lontani riti orfici legato appunto alla terra. Infine sempre legato allomphalos e al pozzo vi e la leggenda dellacqua taumaturgica, si narra che sotto la chiesa scorra un fiume e molti testimoni dicono che lacqua del pozzo vicino alla chiesa ha fatto numerosi miracoli tema che ritroviamo sulla parte esterna della chiesa ove e visibile una lunetta nella quale oltre ad essere rappresentata la madonna vi e anche un uomo che sale i gradini di una scala appoggiata nelle acque. Simbologie templari, centri di energia, acque taumaturgiche, strani menhir: nuovi interrogativi che rendono sempre pi intrigante la nostra vecchia Puglia.

LA CAPPELLA SANSEVERO UNA DIMORA FILOSOFALE NAPOLETANA


Nella Napoli seicentesca compresa nella zone di S. Domenico Maggiore, in via De Sanctis, situata la Cappella "Sansevero" (in realt "S. Maria della Piet dei Sangro" o, tout court, "Pietatella"), la pi importante delle "dimore filosofali" di una citt esoterica che pochi conoscono. Esclusa dai grandi circuiti turistici partenopei in effetti ben nota in certi ambienti culturali, vuoi per la personalit fascinosa del Principe di Sangro, vuoi per le intrinseche caratteristiche di un'opera del tutto particolare. Sono aspetti che offrono allo studioso ed all'esoterista diversi - ma sempre coerenti spunti di riflessione e chiavi di lettura di un monumento che avrebbe meritato la penna di FULCANELLI: perch si tratta di un complesso integralmente esoterico, paragonabile, per taluni versi, solo all'anatolico Tempio di Apollo Didimo. Alla costruzione dette inizio GIOVANNI FRANCESCO DI SANGRO nel 1590, ma venne rinnovata dal figlio ALESSANDRO tra il 1608 ed il 1613. Alla sua attuale sistemazione provvide, alla fine della prima met del XVIII sec., il Principe RAIMONDO che elabor il progetto e disegn i bozzetti di alcune statue. Dalla struttura, splendidamente conservata, manca unicamente il cavalcavia di collegamento con il Palazzo dei Di Sangro, andato distrutto nel 1889. RAIMONDO DI SANGRO. principe di Sansevero, nacque nel feudo familiare di Torremaggiore di Foggia nel 1710; venne ben presto trapiantato a Napoli, ove mor nel 1771. Tra queste due date racchiusa la complessa opera di una personalit aperta a tutte le esperienze, che sintetizz a Napoli gli aspetti tipici della cultura mitteleuropea dell'epoca. Visse infatti allepoca di CHRISTIAN ROSENKREUTZ, del Movimento Rosacrociano e del Neotemplarismo, formandosi sugli ideali degli epigoni del Compagnonnage e della nascente Libera Muratoria (che Raimondo introdusse a Napoli rischiando di incorrere nelle ire dellInquisizione Romana). Spirito libero e incline ad ogni esperienza intellettuale, non a caso fu contemporaneo di Rodolfo dAsburgo (noto alchimista), ma anche di ben noti avventurieri, come GIOVANNI GIACOMO CASANOVA (morto a Dux, in Boemia, nel 1798), ed il sedicente CONTE ALESSANDRO CAGLIOSTRO - al secolo GIUSEPPE BALSAMO (morto a S. Leo, nel 1789): fu scrittore di scienza militare, inventore, studioso di esoterismo e di alchimia (fu erede spiituale di BASILIO VALENTINO e di ABRAMO LEBREO), pratic magia naturale, ma anche negromanzia. La Cappella il frutto del coacervo di queste esperienze.

Strutturalmente essa si compone di due parti: un soffitto affrescato (da F. M. RUSSO nel 1749) con raffigurazioni allegoriche dei Santi della famiglia dei Sangro cui si aggiungono i medaglioni delle chiavi degli archi con ritratti di Cardinali. Immediatamente al di sotto della cornice della volta e fino allimpiantito ha inizio la decorazione marmorea e la ricchissima statuaria. Limpiantito e lalzato comprendono alcune opere (lAmor Divino e la Tomba di Paolo di Sansevero di GIULIO MENCAGLIA, 1642; la statua di S. Oderisio e quella di S. Rosalia) che escludo perch, anche se ben inserite nel contesto, sono anteriori al progetto di sistemazione definitiva. Vanno invece valutate a tutti gli effetti, in questa visione globale: la Tomba di Cecco di Sangro (di FRANCESCO CELEBRANO, 1766) al di sopra dellingresso; il celeberrimo Cristo velato (di GIUSEPPE SAMMARTINO) al centro della navata (che si dice dovesse essere collocato altrove, forse nella cripta); la serie di opere allegoriche: Lamore divino (di anonimo), Leducazione, Il disinganno e Lo Zelo Religioso (di FRANCESCO QUEIROLO), Il dominio di se stesso e La sincerit (del CELEBRANO), gli angeli (di cui uno di PAOLO PERSICO), La pudicizia ed Il decoro (di ANTONIO CORRADINI), La soavit del giogo matrimoniale (del PERSICO) e laltorilievo dellaltare. Non posso e non voglio sostiruimi alle guide: la conseguente ma necessaria parcellizzazione cui andrei incontro, fossanche nella enumerazione dei simboli, finirebbe col porre in secondo piano e, forse, col distruggere, quella visione dinsieme che pi interessa. , infatti, la visione coerente dellinsieme che va ricercata e lo scopo di questo breve lavoro unicamente quello di aiutare il lettore a capire come trovarla. Cerchiamo, per prima cosa, di respirare subito laria della Cappella e lasciamoci coinvolgere dalle sue suggestioni magari immaginando di sentire aleggiare nelletere le note di un brano di W. A. Mozart (magari il confutatis della Messa da Requiem o, perch no?, lOuverture del Flauto Magico). Vincendo la tentazione di dirigerci subito al Cristo velato, puntiamo, invece, sul Monumento a Raimondo di Sangro. Qui lAutore ci dice svela in senso exoterico, quella che deve essere la chiave di lettura della sua opera. Ai suoi piedi infatti ha decorato il pavimento con il motivo del labirinto. Questo disegno, come ci insegna FULCANELLI, ci avverte che siamo in presenza della Grande Opera. Questo motivo, caro allesoterismo quanto allalchimia, il nostro liet motif come avveniva nelle antiche cattedrali gotiche. Daltra parte, ce lo conferma la scritta (UNICUM MILITIA FLUMEN) posta ad di sotto dello stemma di famiglia: si tratta, anche qui, di una criptografia che non posso, per ragioni di spazio, analizzare ma che in estrema sintesi ci avverte che siamo in presenza delle metamorfosi della Prima Materia (mercurio vivificato da Sole e Luna) in Pietra Filosofale. Comprendiamo allora che il messaggio della Cappella non diretto allintelletto, ma alla sensibilit; che la Cappella non parla con un linguaggio usuale, bens con un metalinguaggio; il messaggio che essa trasmette non affidato alle parole o alle

immagini di una realt oggettiva, bens al linguaggio del simbolo. Nel suo insieme essa costituisce ci che gli esoteristi chiamano lo steganogramma di una realt sottesa a quello che vediamo; il suo contenuto pu formare solo oggetto di percezione, perch nella sua essenza resta mistero ineffabile. Forti di questi avvertimenti possiamo allora notare che la Cappella si compone di tre percorsi. Il primo metafisico: un Macrocosmo che, significativamente, posto in alto e si snoda negli affreschi della volta e comunque della parte oltre la cornice. Loro di cui sono profusi ed i toni verdi dominanti ci parlano della promessa di quel Tempio-Tenda trascendente che la bont divina offr ad Adam Kadmon agli albori della creazione. Portandoci poi verso limpiantito vediamo la concreta affermazione della massima cos in alto, cos in basso (primo postulato della Tavola Smeraldina). Il secondo percorso, che alchemico, ci guida lungo il cammino del compimento della Grande Opera. Essa inizia dal Cristo velato (il Mercurio filosofale) per finire a La Educazione (cio la Grande Opera realizzata). Il terzo percorso Kabalistico e si origina dalla marmorea pala daltare, passando per la Pudicizia, per finire al Sepolcro di Cecco di Sangro. Al suo centro il Cristo velato costituisce limmagine della stabilit dello Essere, il Tempio divino intorno al quale si sviluppano le Sephiroth dellemanazione divina, il divenire della creazione. Il microcosmo ripropone, in tal modo, in basso il Tempio celeste, della volta. Ed a questo Tempio celeste sono collegati entrambi i percorsi terreni che confluiscono nella grande pala marmorea dellaltare, vero e proprio Or en Soph (la Luce infinita kabalistica). Vista sotto tale ottica possiamo renderci conto di quanto sia profondo il senso dellumanit che pervade lopera. RAIMONDO DI SANGRO vede luomo (il microcosmo) protagonista della propria redenzione, capace di elevarsi dallinteriora tellus fino alla visione mistica del Divino. Ma comprendiamo anche come una simile concezione possa aver dato vita a tante leggende urbane. Si pensi ad una per tutte: sidice che nella cripta, oggi rifugio delle sua macchine anatomiche si aprirebbe il passaggio segreto per laccesso al laboratorio alchemico segreto del Principe. Non speriamo e non cerchiamo di penetrare questo mistero. Piuttosto limitiamoci a gustare una visita, nel concreto, a questa meravigliosa dimora filosofale. PERCORSO ALCHEMICO: a Cristo velato: metallo morto (zolfo naturale) b Pudicizia: acqua mercuriale c Disinganno: zolfo alchemico d Sincerit: nozze alchemiche (unione di mercurio e zolfo) e Soavit del giogo matrimoniale: cottura del Rebis nellAtanor

f Zelo religioso: putrefazione del compost g Dominio di se stesso: il VITRIOL di B. Valentino o Leone Verde h Liberalit: Mercurio filosofale i Educazione: la Grande Opera compiuta.

ALCUNI MOMENTI PARTICOLARI DEL PERCORSO KABALISTICO (1-10) 1 Altorilievo dellaltare (Or En Soph) 10 Monumento sepolcrale di Cecco di Sangro

ALTRI MONUMENTI SIGNIFICATIVI A Monumento a Raimondo di Sangro B Labirinto

VENEZIA: I MISTERI DELLA LAGUNA Tra spettri, Graal e magi occultisti


Quando si parla di Venezia vengono subito in mente le immagini delle bellissime gondole che vagano per i canali e la dolce atmosfera romantica che la avvolge, ma tra i campi e i calli gremiti di turisti si nascondono antiche leggende, misteri insoluti, ombre di antichi personaggi che rendono la citt fortemente inquietante in questa sua gotica disinvoltura. Sar seguendo cos le tracce di questi enigmi che si perdono nella notte dei tempi che riusciremo ad entrare in contatto con il genius urbis che come novello Virgilio ci porter tra le pieghe del tempo al cospetto di tradizioni mai dimenticate come il Graal e Cagliostro, Casanova e lInquisizione che ci faranno cambiare idea sul comune soprannome di Serenissima.
IL GRAAL E I MISTERI DI SAN MARCO

La citt di Venezia ricca di leggende su antiche reliquie cristiane dato anche gli stretti rapporti economici con il mondo orientale e cos ovviamente non potevano mancare storie sui Templari e il mistico Graal, la coppa nella quale, secondo la leggenda, Giuseppe dArimatea raccolse il sangue di Cristo. La via che porta questa favolosa reliquia in citt quella che conduce a Costantinopoli, lodierna Istambul, citt conquistata dai Crociati e strettamente legata al capoluogo veneto. In particolare proprio durante la Quarta Crociata cavalieri e mercanti portarono in citt cultura e tradizioni mediorientali oltre ai moltissimi tesori provenienti dalla citt turca come i quattro cavalli in rame presenti sulla Basilica di San Marco e che tradizione vuole avessero al posto degli occhi degli splendidi rubini. Si sa ancora che da Costantinopoli sarebbe provenuta la Corona di Spine di Ges che Luigi IX di Francia riusc a sottrarre alla citt per portarla in Francia, presso la Sainte Chapelle, dunque non sarebbe impensabile che, nel caso fosse davvero esistito, il Graal nel suo mistico cammino fosse davvero giunto nella citt. La tradizione lo vuole nascosto nel trono di San Pietro, il sedile ove si sarebbe davvero seduto lApostolo durante i suoi anni ad Antiochia costituito da una stele funeraria mussulmana e decorato con i versetti del Corano oggi presente nella chiesa di San Pietro in Castello. Si narra che questa poi sarebbe stata trasferita successivamente a Bari, citt legata a quella veneta da interessanti tradizioni comuni come il santo Nicola le cui due citt si spartiscono le sacre reliquie. Alcune tradizioni locali, poi, vogliono che nella chiesa di San Barnaba fosse stato seppellito il corpo mummificato di un cavaliere crociato francese dal nome di Nicodem de Besant-Mesurier, legato alla vicenda della traslazione della mistica coppa ritrovato nella zona nel 1612. In realt non sono mai stati trovati documenti che parlassero di questo cavaliere. I misteri legati alla religione Cristiana non trattano solo di reliquie, ma diverse sono anche le tradizioni legate a lInquisizione e piazza San Marco, tracce di angusti ricordi sparsi in una delle pi belle piazze dItalia e spesso celati agli occhi del comune

viaggiatore. Allangolo destro della Basilica, ad esempio, presente un cippo che la tradizione vuole utilizzato per le esecuzioni, mentre guardando le colonne del primo loggiato del vicino Palazzo Ducale, ne possiamo scorgere due di colore differente dalle altre ove, secondo la tradizione, venivano lette le sentenze di morte poi eseguite nella piazzetta antistante o nel vicino Campanile. Ecco cos che il meraviglioso Campanile che svetta nella piazza nasconde anchesso macabri ricordi, infatti legato alla tradizione del supplizio di cheba, una gabbia in ferro sospesa nel vuoto nella quale i condannati venivano esposti al pubblico ludibrio anche per lunghi periodi sfidando le intemperie e dunque la morte che presto sopraggiungeva quasi come liberazione. Sempre tra le colonne del Palazzo Ducale, poi, era offerta lultima speranza di salvezza, e infatti, sul lato della costruzione che si offre al mare era presente una colonna che ancora oggi appare con il basamento consumato. Ai condannati era offerta una ultima grazia: se fossero riusciti a girar intorno alla stessa senza cadere mai dallo strettissimo basamento sulla quale poggia, operazione davvero impossibile.
I PALAZZI STREGATI E LE CORRENTI TELLURICHE

Interessanti poi sono le tradizioni legate ai palazzi stregati come Ca Dario e Ca Mocenigo Vecchia. La fama del primo sinistramente conosciuta da tutta la citt, esso fu costruito dal mercante Giovanni Dario e dedicato al genio della citt come testimonia liscrizione Genio urbis Joannes Dario, scritta che, secondo alcuni studiosi, nasconderebbe, anagrammata, enigmatici quanto orribili segreti: SUB RUINA INSIDIOSA GENERO e cio colui che abiter sotto questa casa andr in rovina. Per alcuni la costruzione sorgerebbe su un nodo di energie negative che si trasferirebbero allintera dimora, quella che Fulcanelli definirebbe una vera e propria dimora filosofale. In realt lintera citt sorgerebbe su una rete di correnti telluriche, positive e negative, che caratterizzerebbero cos la sua urbanizzazione, lo stesso Canal Grande sarebbe la rappresentazione del temibile serpente, simbolo delle enigmatiche forze che in alcuni punti diventerebbero fortemente palesi. Del resto nel passato era normale che ci fossero luoghi benefici e malefici, in oriente ove si pratica il feng shui, cio una disciplina che permette di costruire una casa recependo le onde benefiche del grande drago che dorme nel sottosuolo. Sar proprio il drago a caratterizzare la citt, infatti esaminiamo una qualunque cartina di Venezia vediamo il Canal Grande snodarsi come un serpente o un dragone, tagliando esattamente in due parti la citt. Abbiamo cos la testa, caput draconis, ed una coda cauda draconis. Alla fine di questultima troviamo lisola di san Giorgio, con lomonima chiesa, scelta non casuale se pensiamo che nella tradizione cristiana san Giorgio il santo che uccide il drago, e quindi che esorcizza il serpente veneziano, mentre dalla parte opposta vi la Basilica di San Marco, quasi un modo per esorcizzare queste energie. E proprio posizionato nella cauda che troviamo Ca Dario, il misterioso palazzo la cui maledizione colpisce tutti i proprietari che sono morti suicidi o comunque di morte violenta, tra i quali ultimamente Raul Gardini e il tenore Mario del Monaco.

Per quanto riguarda invece la seconda costruzione, silente testimone della visita del filosofo Giordano Bruno in citt, ospite proprio della famiglia di Mongenigo che, dopo aver cercato di carpire le sue conoscenze alchemiche, lo denunciarono come stregone alle autorit veneziane costringendolo a riparare a Roma ove poi sar giustiziato. Tradizione vuole che ancora in quel edificio si manifesti il fantasma delleretico in cerca di giustizia.
ALCHIMIA VENEZIANA

Moltissimi sono stati i maghi, stregoni e alchimisti presenti nella laguna, tra i quali spiccano, oltre al gi citato Giordano Bruno, Casanova e Cagliostro. Dati gli stretti rapporti con il Medioriente, Venezia stata da sempre crogiuolo di culture, il toponimo del quartiere Giudecca sembrerebbe proprio segnalarci la presenza dei suoi primi abitanti, i giudei, da sempre maestri di alchimia e studiosi di Cabala. Moltissime sono cos le leggende presenti nellantico e nuovo ghetto che riguardano gli rabbini e i loro studi di alchimia. Nella citt, poi, sono presenti le conoscenze alchemiche degli arabi le cui tracce ritroviamo nel quadrante della torre dellorologio ove, tra simboli astronomici e astrologici sono presenti raffigurazioni di mori. Pi sconcertanti ed evidenti sono per le simbologie arabe presenti nelle vicinanze della porta della carta vicino la Basilica di San Marco. Qui sono rappresentati in un angolo i cos detti quattro mori, i tetrarchi Diocleziano, Galerio, Massimiliano e Costanzo. In realt la tradizione lega queste figure allalchimia come testimoniato da un fregio alla base dello stesso raffigurante due putti e due draghi intrecciati che portano un cartiglio con la scritta in veneziano arcaico uomo faccia e dica pure ci che gli passa per la testa e veda ci che po capitargli. Sempre sullo stesso lato della Basilica sono presenti due colonne provenienti da Acri ove cultura cristiana e mora si mescolano in una mistica commistione di immagini tra le quali spiccano tre enigmatici criptogrammi per alcuni invocazioni al dio del mussulmani Allah. Tra i personaggi pi enigmatici, per, sicuramente spicca Casanova, mago e scrittore nato nella citt il 2 Aprile 1725 e sepolto nella chiesa di San Barnaba anche se della sua tomba sono state perse le tracce. La sua storia misteriosa parte allet di otto anni quando, per guarirlo da un male che gli costringeva a tenere sempre la bocca aperta, la zia lo port da una strega guaritrice. Sar da allora che lo scrittore inizi ad interessarsi alle arti magiche che gli procurarono problemi con lInquisizione e che lo portarono ad esser imprigionato nei famosi piombi veneziani dai quale riusc in una clamorosa fuga. Sicuramente egli ebbe contatti con la massoneria e con Amadeus Mozart per la realizzazione del suo Don Giovanni ispirato anche alla vita del veneziano e con il famoso Giuseppe Balsamo, noto come Conte di

Cagliostro proveniente da Aix de Provence. Secondo la tradizione i due si incontrarono nella citt nel 1769 per scambiarsi formule e magici rituali e le formule per lelisir di eterna giovinezza.

UN "CODICE DA VINCI" NELLE CAMPAGNE TOSCANE Lenigma della Mater Amabilis dalla Veste Lapislazulo
La campagna toscana, ed in particolare il comune di Monterchi sono testimoni di unintricato enigma, un piccolo Codice da Vinci tutto italiano. Cosa si cela dietro laffresco dipinto in una piccola e sparuta cappellina cimiteriale da uno dei pi grandi geni della pittura italiana, Piero della Francesca? Perch il noto artista decise di realizzarlo proprio in una modestissima chiesetta rurale e cosa si nasconde dietro la sua insolita iconografia? Cerchiamo di squarciare lantico velo che avvolge questo enigma. Piero della Francesca fu uno pi grandi artisti del 400 italiano, pittore, architetto, matematico, persona di spicco di quel nuovo moto di idee che porter al Rinascimento. Lartista lavor nei pi importanti centri culturali dellepoca, Firenze, Roma, Urbino, anche se per pass la maggior parte della sua vita in un piccolo borgo toscano chiamato Sansepolcro ove ebbe i natali. Sar proprio qui vicino che realizzer lo strano affresco, ma andiamo con ordine. Prima di giungere cos davanti allimmagine della Virgo dobbiamo soffermarci su altri due capolavori dellartista. Uno di questi senza dubbio la Resurrezione, imponente opera raffigurante appunto il Cristo che risorge, carica di simbologie e elementi iconografici arcaici. Se infatti lo sguardo attratto dalle guardie dormienti e dallimponente e concreto Cristo, perfettamente frontale, ecco che ponendo attenzione ai particolari troviamo nel quadro la commistione con antiche antiche credenze popolari. Cos la Resurrezione sembrerebbe mascherare rituali agresti legati al ciclo stagonale, come sembrerebbe suggerire il Cristo simbolicamente dipinto per met ancora immerso nella stagione invernale e met in

quella primaverile. Lintera opera sembra un inno al culto vegetazionale e alla fertilit. Non meno carico di contenuti ermetici invece la Maddalena presente nella cattedrale di Arezzo, dallaustero viso e raffigurata con la mistica coppa. In realt per, dovremo spostarci nel borgo di Monterchi per poter ammirare il pi enigmatico dipinto di Piero della Francesca, La Madonna del Parto, una delle opere della maturit della vita dellartista. Sotto un bellissimo baldacchino, dietro un arazzo sollevato con mistica simmetria di gesti ed espressioni da due angeli, appare in tutto il suo austero splendore la Vergine e Madre cristiana, la Mater Magna vestita di una veste blu lapislazulo come lacqua, con il ventre ricolmo di vita. E una delle pochissime raffigurazioni della Madre del Cristo rappresentata in stato interessante, con un atteggiamento materno ma allo stesso tempo dallaustero volto scuro, con una mano sul ventre in quello che certamente un gesto apotropaico di difesa della novella vita. In realt laffresco davvero molto semplice se paragonato ad altri lavori molto pi impegnativi di Piero della Francesca, ma allo stesso tempo quasi ipnotico, la Vergine, anche lei insolita nella raffigurazione, vestita con un abito non certo tipico di una societ contadina, e che forse suggerisce lancor oggi enigmatico mecenate dellopera, sembra voler rivelare qualcosa.

Il Mistero della Raffigurazione


Tra le varie interpretazioni pi comuni del tema iconografico succitato la pi comune quella che vuole la Mater Amabilis come tabernacolo eucaristico vivente, unico centrum di quel regal baldacchino che raffigurerebbe la Chiesa nella sua totalit istituzionale. Ma se fosse stato davvero cos poteva un importante pittore ed artista italiano dipingere una simile metafora in una chiesetta di genti contadine che, presi da affanni e preoccupazioni quotidiane, difficilmente avrebbero compreso il difficile messaggio teologico? Ancor pi sconcertante sarebbe poi lenigmatico volto, impassibile e ieratico, come novella Monna Lisa, che contraddistingue la figura, ben differente dai moltissimi volti sorridenti e materni cui il volgo era solito raccomandarsi. Lintero tema dunque sembrerebbe distaccarsi dal contesto e dal luogo ove stato raffigurato. Per alcuni studiosi la spiegazione molto pi semplice, lopera era una dedica del pittore alla madre che aveva avuto i natali proprio a Monterchi. Del resto lopera sarebbe stata realizzata proprio attorno al 1459, in concomitanza del periodo di passaggio di Piero della Francesca nel vicino borgo di Sansepolcro a causa della morte della sua stessa madre.

La Vergine cos altro non sarebbe cos che tributo allespressione del travaglio della donna che lo avrebbe dato alla luce, il ringraziamento di un figlio alla propria nutrice. Ecco cos che sarebbe cos svelato lenigma del volto stesso della Madonna, in realt raffigurante proprio il di lei ritratto. Ma le leggende si sprecano, cos una tradizione invece narra che passando a trovare una ragazza che abitava a Monterchi, di cui era innamorato, ed imbattendosi in un antico affresco rovinato della Vrgine, Piero della Francesca decise di rifarlo ad immagine e somiglianza della sua amata donzella. Supposizioni e congetture, storie e narrazioni affascinanti circondano con un alone di mistero questo poco conosciuto affresco. Forse per dietro a tale raffigurazione vi era qualcosa di pi ermetico e segreto di un semplice ritratto, a chiunque esso fosse dedicato: la Vergine Partoriente, il mistero della creazione umana e divina che un abile artista come Piero della Francesca avrebbe potuto ben rappresentare. Al di l di questi interrogativi iconografici altri emergono dallaffresco. Terribilis est locus istehic domus dei est et porta coeli. Lopera fu realizzata nella cappella dedicata a Santa Maria a Momentana, che divenne poi la chiesa del cimitero di Monterchi realizzato per solo successivamente nel diciottesimo secolo. La stranezza proprio il locus, infatti, come gi detto, piuttosto curioso per che un pittore cos famoso decidesse di realizzare unopera in una zona contadina piuttosto decentrata. In realt larea non sarebbe casuale, da sempre stata ritenuta sacra e legata ad antiche divinit della fertilit e procreazione. Lo stesso nome del borgo, Monterchi, per alcuni deriverebbe dal suo mitico fondatore Ercole, e dunque legato al toponimi Mons Herculis, il semidio tanto simile, anche iconograficamente, a quellhomo selvaticus regnante indiscusso del regno vegetazionale che con la sua verga arborea, il priapos primordiale, assicura la continuit dei suoi cicli riproduttivi. Credenze e tradizioni popolari poi parlano di animali e donne che, abbeverandosi o bagnandosi nel vicino torrente Cerfone ottenessero abbondante latte per la loro prole e felici parti in rituali del tutto simili a quelli galattofori legati a sorgenti o a grotte, le famose pocce lattaie ben diffuse sul territorio nazionale ed in particolare toscano. Anche il nome del torrente sembrerebbe richiamarci vetuste divinit, cos Cerfone deriverebbe dallenigmatica Grande Madre toscana Cernia, divinit femminile locale della fertilit e dei campi. La stessa collina ove oggi sorgerebbe la chiesetta, conosciuta con il toponimo di Montione, rimanderebbe ad antichi culti legati a Cerere e Giunone, da cui letimologia di Monte di Giunone.

Sta di fatto che da tempo immemore, ancora oggi in questo luogo vengono a rivolgersi donne che avevano imparato e conosciuto gli antichi rituali di fertilit delle loro nonne. Erano le veneratrici delle Madonne dal volto bruno, la Virgo Amabilis, per alcuni la Maddalena, sicuramente trasposizione cristiana dellantica Grande Madre. Essa dunque il Graal, termine per alcuni derivante dal termine latino gradalis o coppa, il metaforico luogo da cui proviene la vita, proprio con il materno ventre della Vergine contenitore di quel sangue del Cristo che verr. Esso per anche Sang Real, forse non una stirpe come affermato da recenti romanzi, ma semplicemente il Sangue del Nostro Salvatore amorevolmente custodito nel ventre della Mater che dolcemente, ma allo stesso modo con la seriet e la preoccupazione di una madre, lo protegge con il gesto apotropaico. Il Culto della Mater Amabilis. Si torna cos prepotentemente allimmagine materna e generatrice di vita, del resto luoghi legati al culto dellallattante non sono cos poi estranei a questi luoghi. Cos proprio nelle vicinanze di Sansepolcro, vi sono edicole votive legate al culto della vergine galattofora ove ancora oggi si espletano rituali di fertilit. Donne sterili o semplicemente partorienti alla ricerca di un aiuto divino da sempre si recavano in questi santuari rurali lasciando ancora oggi, come silenti testimoni, abitini, bottiglie di latte od olio, gli ex voto di grazie ricevute. Un culto cos radicato era davvero impossibile da cancellare dalla mentalit contadina, bisognava necessariamente ricorrere a forme sostitutive di venerazione per modificarlo e plasmarlo in nuova ottica. Ecco lorigine del culto della Vergine in quella sperduta chiesetta rurale di Monterchi. Ma c dellaltro. Nella chiesa si narra che fosse conservata una miracolosissima statua lignea raffigurante la Mater con il bimbo, sicuramente raffigurazione di una delle tantissime Vergini brune, la nigra sum sed formosa, diffuse in tutto il territorio nazionale, simboli di antichi culti dediti alla terra mai dimenticati. La presenza nella cappella della gi venerata statua lignea fa cos pensare che laffresco di Piero della Francesca non fosse dunque stato commissionato per venerazione, forse pi che altro era un modo per rafforzare il messaggio o, molto pi probabilmente, un ex voto commissionato da qualche importante esponente della zona, sicuramente non un contadino, per la grazia ricevuta. Ma chi sarebbe stato, a questo punto, lenigmatico mecenate che commission laffresco allartista. Anche qui le leggende si sprecano, per molti studiosi si tratta dello stesso Piero della Francesca, e per dalla stessa iconografia che possiamo avere qualche informazione in pi. La veste color lasislazulo da nobildonna, il principesco modo di raccogliere i capelli della Vergine, latteggiamento serioso, quasi di distacco dal popolo che a Lei si prostrava, il gesto quasi regale degli angeli che gentilmente ma allo stesso modo con atteggiamento quasi regale sollevano i drappi, il contesto del tutto estraneo al pauperismo delle locali comunit contadine fa pensare a qualche appartenente ad una classe sociale abbiente. Intricati misteri e antichi ricordi, grandi artisti e rustici luoghi, Vergini e Madri avvolte in quel mistero dogmatico della nascita, fanno del piccolo borgo toscano di Monterchi un luogo unico ed eccezionale, un piccolo codice da Vinci tutto italiano.

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