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IL NEMICO L'UOMO

TUTTO NON ALLA FINE CHE ORDINE E ARMONIA


La degradazione delle condizioni di vita viene ormai risentita nella sua unit ed universalit come la pi grande minaccia che pesa attualmente sulla sopravvivenza dell'umanit. Questa minaccia costituisce anche la smentita pi categorica della vitalit di un sistema che pretendeva, attraverso la libert del commercio ed il progresso scientifico e tecnico, di assicurare l'esistenza di tutti. Pertanto, davanti ai progressi sempre pi evidenti del disastro, tutti i poteri stabiliti hanno risentito in questi ultimi anni l'urgenza di istituire un largo "consenso". Il grande show eco-mediatico del "Vertice della Terra" a Rio de Janeiro nel giugno del 1992 non aveva altro obiettivo che illustrare di fronte al mondo intero come nessuno pi indicato dei dirigenti e delle istituzioni attuali per porre un termine alle nocivit che la loro incoscienza e i loro interessi dalla vista corta avevano generato. Che era gi come ammettere implicitamente la loro responsabilit in questa situazione. Altri, non meno avidi di "consenso", desiderarono tener conto pi rigorosamente delle contingenze e cancellare dalla confessione di questa responsabilit ogni possibilit di inferirne una qualsiasi colpevolezza (solita solfa). I firmatari dell"Appello di Heidelberg" credettero necessario ricordare a tutti i capi di Stato e di governo in quel momento riuniti che la scienza, la tecnologia e l'industria
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che costituiscono la base dello sviluppo economico e sociale i cui benefici, come ognuno pu constatare ogni giorno, sono universalmente spartiti, non sono in definitiva, nella misura in cui sono gestiti in maniera adeguata, in alcun modo responsabili del disastro. Questo testo, commissionato dalle generose industrie chimiche e farmaceutiche, ci dice insomma che tutte le istituzioni di cui i firmatari fanno parte o sono i rappresentanti (oltre agli scienziati, stato firmato anche da uomini politici, scrittori, artisti e alcuni preti) sono, se non perfette, perlomeno fuori discussione e che non la contestazione di queste istituzioni, strumenti indispensabili, che porr rimedio ai problemi, ma proprio al contrario, il rafforzamento considerevole dei loro mezzi. Di conseguenza, se le nocivit che colpiscono il mondo creato dall'uomo non trovano la loro origine nei difetti degli strumenti o delle istituzioni che si costruito per trasformarlo fino a questo punto, del tutto evidente che provengono dall'uomo stesso. In effetti, proprio l'uomo che troppo sensibile agli argomenti pseudo-scientifici, che incapace di basare il proprio giudizio su criteri scientifici, che fonda le sue decisioni su dati falsi o inappropriati e che infine si comporta in base a pregiudizi e a ideologie irrazionali. Gli uomini devono ammettere che in un mondo che non pu riformarsi se non rafforzandosi, [...] la causa

delle loro sofferenze dentro di loro, come una tara che li rende incapaci alla felicit. Fortunatamente la Scienza, come
un nume tutelare, l che veglia con la sua Chiesa, composta di scienziati il cui sguardo obiettivo e indipendente sa gi distinguere e sapr ben presto estirpare i germi di irrazionalit nell'animo umano... Pierre-Gilles de Gennes, premio Nobel della fisica nel 1991 e firmatario dell"Appello di Heidelberg", conferma: Nella nostra
1 "Le Monde" del 3 giugno 1992. 2 "Le Monde" del 19 giugno 1992. 3 "Le Monde" del 29 dicembre 1992.

epoca c' davvero bisogno di una educazione scientifica di base per tutti i bambini, poich saranno chiamati a prendere decisioni sulla societ cos gravi che, se le prendono con gli attuali criteri dell'opinione, si va al disastro. Bisogna, in effetti, aver davvero la testa piena di pregiudizi e di una ideologia irrazionale per non vedere che il pianeta attualmente minacciato dall'incoscienza delle generazioni future, e che solo una educazione scientifica di base, dispensata dalla generazione dei de Gennes, lei che pienamente cosciente delle sue responsabilit come provano le eccellenti condizioni di vita che ha realizzato, permetter di inculcare in loro il rispetto per l'inestimabile eredit dei suoi predecessori. Ben pi che le sorprendenti conclusioni enunciate sopra, piuttosto il positivismo e il tono tranchant di certezza che emana dall"Appello di Heidelberg" ad aver scandalizzato in seguito i media: che brutto modo di dire quelle cose! I firmatari dell'appello sono stati vittime del loro stesso zelo nell'esporre troppo chiaramente quali erano gli interessi che volevano difendere, ossia quelli dei loro datori di lavoro, nel travestire troppo grossolanamente i loro nemici reali Mica cos che si fabbrica del "consenso"! Sono molti i commentatori che non si sono sbagliati nel vedere che quest'appello non era diretto essenzialmente contro gli ecologisti propriamente detti - che non rimettono per nulla in discussione il progresso scientifico, tecnico, industriale ed economico e aspirano al contrario a divenirne i cogestori illuminati -ma piuttosto che, attraverso quegli ecologisti, era diretto contro l'opposizione alle nocivit e contro la diffidenza verso la scienza e l'industria, che ogni giorno sempre di pi si radica presso le popolazioni. Non stato dunque tanto il merito di quest'appello ad aver indignato i media quanto la sua forma brutale e maldestra che mostrava un po' troppo chiaramente chi difendeva cosa dietro la

buffonata del "Vertice della Terra". Perch quanto al merito, senza arrivare a divinizzare la scienza, tutto quel mondo (industriali, scienziati, giornalisti, ecologisti, uomini di Stato) decisamente d'accordo nel dire che effettivamente il nemico l'uomo. Secondo costoro, sono le sue colpevoli passioni che, responsabili dei disordini attuali, lo rendono incapace alla felicit che pure la nostra societ e le sue meravigliose istituzioni non cessano di promettergli. Tutto sarebbe ordine ed armonia, se non ci fosse ancora e sempre l'uomo. L'industria e l'economia, aiutate dalla scienza e dalla tecnica, hanno fatto del loro meglio per soddisfare i capricci stravaganti dei consumatori. Sono loro che, usando ed abusando in modo "irrazionale" di queste istituzioni, hanno messo il pianeta in questo stato. E adesso, ecco che non vogliono pi i rifiuti che hanno prodotto! Questo audace rovesciamento della realt non semplicemente un pezzo di ideologia che partecipa alla giustificazione ed all'apologia dei poteri costituiti. Il fatto di considerare che nell'uomo che si trovano tutti i peccati, i vizi e i pregiudizi irrazionali che vengono a corrompere il bell'ordinamento della sua societ non certo nuovo. Quel che nuovo, la potenza materiale di cui dispongono le istituzioni esistenti per realizzare le loro ambizioni: queste mobilitano ora la totalit dell'attivit sociale su tutto il pianeta (il mercato ha imposto a livello mondiale i rapporti mercantili tra gli uomini), tutto ci che gli individui fanno determinato, e partecipa che lo vogliano o no, ad accrescere la potenza e gli effetti delle istituzioni esistenti. La questione che alla fine pone l'esistenza delle nocivit in una tale situazione di sapere quali tra gli uomini o tra le loro istituzioni e strumenti debbano essere di nuovo trasformati e quali debbano raggiungere una perfezione tale da non poter pi nell'avvenire riformarsi se non rafforzandosi; in breve si tratta ancora e sempre dell'eterna "questione sul cambiamento" che si pone di
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nuovo nel momento in cui coloro che credevano di averla liquidata ci pensavano di meno. L'organizzazione sociale attuale ritiene di avere sufficientemente provato attraverso i suoi risultati, che trova molto buoni, la sua vitalit e la sua quasi-perfezione, le manca semplicemente qualche mezzo supplementare per venire a capo di alcuni "fastidi residuali" la cui responsabilit incombe sulle debolezze umane. Si tratta precisamente, guarda che bella combinazione, di rafforzare le eccellenti strutture attuali, di approfondirne le fondamenta, di estenderne gli effetti. Tutti i pericoli denunciati dai media consentono cos di giustificare la nostra organizzazione sociale, di renderla necessaria. La perfezione di questo mondo dimostrata dagli stessi disordini che sembravano dovergli essere imputati lAppello di Heidelberg non dice nulla di diverso. Non resta che esaminare dove tutto ci ci conduce...

1 M. Bounan, op.cit.

L'APOLOGIA DELLA TECNICA


Molto evidentemente - li si sar riconosciuti - quando gli scienziati parlano di uomini, parlano di s, e di quel che sono diventati per raggiungere quella famosa oggettivit scientifica disincarnata che considera la soggettivit umana come un ostacolo per l'acquisizione di conoscenze. Ma la soggettivit che hanno in questo modo ricacciato non manca di rispuntare inopinatamente da altre parti: quando parlano di uomini, di come sono, secondo loro, gli uomini, non fanno che proiettare la propria "parte cattiva" rifiutata; quando parlano degli uomini come vorrebbero che fossero, vi proiettano la loro pretesa "parte buona" totalmente illusoria. E in ci si vede che per costoro la diversit delle sensibilit, le differenze tra individui, la variet delle opinioni, non sono una ricchezza, ma piuttosto un flagello che necessario combattere perch fonte di conflitti, di controversie, di rimessa in discussione; per farla breve, una fonte di errori, di attriti, un ostacolo al buon funzionamento di quello che concepiscono come una macchina sociale. Si pu avere l'illustrazione di questi concetti nella rivista "Science et Vie" che riunisce visibilmente i pi puri rappresentanti di questo spirito scientifico ottuso che considera la tecnica come il non plus ultra dei rapporti umani. Nel numero di settembre del 1992 di questa rivista si pu leggere un articolo intitolato "Colpa della Scienza?" dove un firmatario dell"Appello di Heidelberg" espone le ragioni della sua adesione a quel testo. J. C. Pecker, astrofisico, professore al Collge de France, riconosce ingenuamente, in quel testo, di aver vanamente tentato di far di un'erba un fascio dei diversi attacchi concomitanti lanciati contro la Scienza da i fanatici del paranormale, le sette sbocciate dalla New Age, e i sinceri ecologisti fra cui vi sono molti scienziati ben consapevoli della complessit dei problemi sul tappeto, dopodich dice la sua sui vari problemi menzionati nel contesto dell"Appello di Heidelberg".

Dalla messa a punto della bomba atomica nel 1945, prima incoraggiata, ma poi, una volta che l'avevano costruita, combattuta dagli scienziati che avevano partecipato al "Progetto Manhattan", si sa che costoro non sono molto portati per le questioni di ordine politico. In seguito, con la decomposizione dell'universit, le cose non hanno fatto che peggiorare. In effetti, raramente si sar potuto vedere un essere che si pretende fornito di ragione aver cos poca comprensione del mondo in cui vive. Raramente si sar potuto vedere un uomo dedicato alla conoscenza essere cos ignorante delle relazioni viventi tra le cose di cui parla. Ma in fondo, questo J. C. Pecker ben un "uomo di scienza", e allora ascoltiamolo attentamente, poich il puro prodotto della sua epoca. Se viene costretto a constatare che nel corso di questo secolo si verificata una trasformazione fondamentale, ossia che la Scienza, poco tempo fa, per il grande pubblico fu l'annuncio dell'et dell'oro. Essa divenuta portatrice di apocalisse, unicamente per spaventarsi della reazione del pubblico (guru, New Age e oroscopi) di fronte ad una simile evoluzione, piuttosto che della direzione che prende la sua propria attivit. In effetti, la Scienza ha tradito le speranze che gli uomini avevano riposto in lei, e questo scienziato non vuole capire n il come n il perch. Costui non vede, negli attacchi di cui fatta oggetto la Scienza, che la manifestazione dell'irrazionalit fondamentale dell'uomo, troppo incline ad ascoltare la propria soggettivit piuttosto che la propria ragione. Non arriva a considerare questa famosa soggettivit umana anch'essa come un fatto oggettivo e, nelle sue differenti, manifestazioni, come espressione di fatti oggettivi. Per lui la soggettivit umana non ha ragione d'essere, un semplice difetto, un errore - senza causa n origine - nella natura umana. Ma questo errore, questo difetto inesplicabile gli serve per spiegare tutti gli errori e tutti i difetti degli uomini e del loro mondo. Sicch dal loro fallimento, giunge alla conclusione che sono gli uomini ad aver tradito la Scienza e le istituzioni che l'hanno messa in opera e non il contrario. In questo egli non fa che applicare il metodo scientifico, il quale definisce la propria oggettivit contro la soggettivit umana: l'osservatore o lo sperimentatore scientifico deve restare esterno ai
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processi che studia, non deve intervenire personalmente nel loro svolgimento, n fare intervenire il proprio giudizio personale nella loro interpretazione; la conoscenza scientifica si definisce dunque come qualcosa che indipendente dagli interessi umani dai quali fa letteralmente astrazione. I. Prigogine e I. Stengers nella conclusione del loro lavoro La Nouvelle Alliance (Gallimard, 1979) non temono d'altra parte di dichiarare: In questo modo la scienza si afferma oggi come scienza umana, una scienza fatta da uomini per gli uomini. ... la metamorfosi concettuale della scienza con le sue implicazioni, il tentativo di parlare del mondo [...] senza mettere al centro del loro sistema il soggetto umano definito dalle sue categorie intellettuali, senza sottomettere i loro propositi al criterio di cosa possa pensare, legittimamente, un tale soggetto. Questa scienza fatta da uomini per gli uomini che tuttavia non sottomette i propri discorsi a quel che pu pensare legittimamente un tale soggetto proprio la versione modernizzata della scienza del dominio che si mette adesso all'ascolto poetico (sic) degli interessi umani... per emanciparsene ancora maggiormente: non potendo pi tenere un atteggiamento sprezzante, essa deve adesso stare tra gli uomini, da nemica. Gli scienziati sono davvero incapaci di comprendere come l'attivit umana trasformi il mondo, visto che per loro la Storia il luogo dove si scatena tutta l'irrazionalit dell'uomo. A maggior ragione, quelli che hanno pi interiorizzato il metodo scientifico ricacciando totalmente ogni soggettivit, sono incapaci di comprendere in cosa la Scienza, la loro attivit, aumentando considerevolmente i mezzi e la potenza di tutte le attivit umane, abbia contribuito notevolmente a trasformare il mondo e a farne quello che attualmente, e come tutto quello che il metodo scientifico si permesso di disprezzare in teoria sia a sua volta disprezzato in pratica dalle applicazioni della Scienza con una forza demoltiplicata dalla potenza che stata impiegata per metterle in opera.

Ma il signor Pecker conclude: Siamo seri! Se ci sono delle soluzioni, si trovano in un attacco razionale al problema. Controllo della demografia, prima di tutto. Ma anche soluzioni tecniche ai problemi dell'inquinamento.... Tutto chiaro: l'uomo che di troppo e le macchine che non sono abbastanza. Pertanto, la miseria generale e le immense distruzioni che si vedono ai giorni nostri, non sono stati la Scienza n i "veri scienziati" ad aver contribuito a perpetrarli: ... la catastrofe di Chernobyl legata ad una mancanza di competenza e di senso di responsabilit dei tecnici locali: mette in evidenza la stupidit delle persone che credono di sapere ma che non sanno veramente!. Un altro, certamente pi competente visto che si tratta di B. Goldschmidt uno dei "padri" del programma nucleare francese conferma: Chernobyl? Uno straordinario ed eccezionale incidente. Non si mai al riparo dalla stupidit umana. Viene detta cos l'ultima parola: quando va tutto bene, grazie alla Scienza che, come un nume tutelare, ha istruito gli uomini, e quando dice male, per colpa degli uomini che hanno voluto fare di testa loro, quegli imbecilli! E in effetti, ora pi nessuno al riparo dalla stupidit dei nuclearisti come il signor Goldschmidt.

1 "Science et vie", n. 908, maggio 1993.

"Errare umano" dice il proverbio; "per eliminare l'errore, basta quindi eliminare l'uomo" conclude la Scienza. Ma attenzione, ci mette in guardia Pecker, mica che non importi quali uomini: Gli struzzi [coloro i quali osano dubitare della Scienza] cominciano cercando dei responsabili, mai se stessi, certo: ma gli studiosi, la scienza, i tecnocrati, i politici.... Quanto non abbiamo dato retta ai nostri lucidi scienziati, ai nostri tecnocrati disinteressati e ai nostri onesti uomini politici che ci mettevano continuamente in guardia contro gli innumerevoli rischi che facevamo correre alla biosfera con la nostra incoscienza! Ma noi, cittadini e consumatori irresponsabili, abbiamo voluto fare di testa nostra e abbiamo costretto tutte queste brave persone che volevano il nostro bene a costruire centrali nucleari, industrie chimiche e tutte quelle cose inquinanti e pericolose. Ecco un saggio della "lucidit" e dello "sguardo razionale" d JeanClaude Pecker, gli stessi probabilmente che lui e quelli che hanno firmato l'Appello di Heidelberg desiderano veder diffondersi in tutta l'umanit affinch i suoi problemi possano essere risolti... Se ne converr, il compito di questi scienziati non semplice, il signor Goldschmidt lo testimonia: La radioattivit per l'energia atomica quello che la gravit per l'aviazione. Non so se l'uomo potr mai abituarsi alla radioattivit come si abituato alla gravit (sic). Si ha un bello spiegare, non si riesce a rassicurare. Eh s, come convincere l'uomo, questo essere profondamente egoista, che lui non niente e che le centrali nucleari, le macchine sono tutto, che la sottomissione incondizionata alle "necessit tecniche" della produzione di merci il solo modo per raggiungere la vera felicit? Perci, davanti alle difficolt crescenti che incontra questo mettersi al passo, conclude, un po' inquieto: Il timore del moderno pu vincere. L'obbiettivo della Scienza in effetti di elaborare delle soluzioni tecniche per eliminare tutti i fattori "irrazionali e imbarazzanti" legati alle incertezze dell'esistenza, e si sa con quali mezzi il
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capitalismo da due secoli ha potuto prodigarsi meglio di chiunque altro per realizzare quella che appare adesso come un'Utopia: le famose "leggi del mercato" hanno ovunque rotto i legami di dipendenza personale che costituivano il tessuto delle diverse comunit, ma emancipando cos gli individui dalle relazioni tradizionali, spesso opprimenti e limitate, non hanno fatto altro che sottometterli alla potenza sociale diventata autonoma, indipendente da ogni controllo pubblico - l'Economia mercantile - poich la sua molla (il denaro) si trova in mani private. Questi rapporti sociali fanno dell'esistenza umana una merce (lavoro salariato) e implicano la distruzione di tutte le vecchie forme in cui questa esistenza aveva ancora tutto il suo valore d'uso, non essendo ancora stata ridotta a volgare mezzo, ad una risorsa da sfruttare, essendo ancora un fine in s. La contropartita di questa reificazione, della riduzione dell'uomo a una semplice cosa, che nella societ il comportamento degli individui diventa sempre pi oggetto di una gestione puramente tecnica: poco importa quale sia la sua personalit, quali siano i suoi gusti o attitudini, quello di cui ha bisogno, quello che prova o desidera l'individuo dal momento che la sua forza-lavoro pu essere impiegata l dove necessaria alla produzione. sulla base di questa manipolazione puramente tecnica dell'uomo che la societ industriale ha potuto conseguire dei cos grandi risultati, anch'essi puramente tecnici (aumento della produzione, molteplici invenzioni e scoperte etc.). ai primi successi di questo metodo che si deve anche la degradazione senza precedenti della condizione della classe operaia nel XIX secolo. E alla sua applicazione su grande scala che si deve altres la barbarie senza precedenti delle due guerre mondiali. Ed ai suoi sviluppi pi moderni che si deve infine la degradazione senza precedenti delle condizioni di vita in questa fine del XX secolo.
1 Secondo A. Lalande (Vocabolario della filosofia), l'Utopia l dove non si tenuto conto n di fatti reali, n della natura dell'uomo, n delle condizioni di vita. Si tratta proprio della societ attuale.

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LA DISTRUZIONE DELLA RAGIONE


Dopo la fine della seconda guerra mondiale, una nuova "scienza" spicc il volo, si trattava della cibernetica, inventata da Norbert Wiener nel 1942. Dopo trent'anni di guerre e di barbarie, la guerra fredda ostruisce l'orizzonte e le armi atomiche promettono nuovi olocausti ben pi micidiali dei campi di sterminio nazisti o dei bombardamenti di intere citt da parte degli alleati. Wiener porr all'attenzione il ruolo della "comunicazione" come mezzo per lottare contro le gerarchie e le organizzazioni rigide, per ristabilire i legami tra i cittadini e per porre grazie ad essa un termine all'entropia, ai disordini generati da questi anni di barbarie. Questa nuova utopia sociale, come anticip il padre della cibernetica, avr due tratti distintivi: da una parte sar un'organizzazione sociale interamente imperniata attorno alla circolazione dell'informazione, d'altra parte le macchine, in particolare le macchine per comunicare, vi giocheranno un ruolo decisivo. Per Wiener, dopo anni di conflitti in cui non era stata possibile alcuna discussione tra gli uomini, si trattava di ricostruire i canali attraverso i quali potesse rinascere questa discussione, ma facendo in modo che questa non potesse di nuovo sboccare in conflitti e in disordini che mettessero in pericolo la societ. Occorreva dunque instaurare una mediazione tra gli interlocutori, mediazione che, per impedire i conflitti, non potesse schierarsi da una parte n essere interessata; in breve, una mediazione che sia oggettiva ed indipendente dagli interessi umani, vale a dire una mediazione tecnica. L'idea centrale di Wiener che la minaccia di distruzione del legame sociale non pu essere eliminata dagli uomini perch sono proprio loro e le loro organizzazioni rigide e gerarchiche ad essere responsabili di questa distruzione. Pertanto, l dove gli uomini sono impotenti a dirimere il conflitto, le macchine i computer e gli altri sistemi di regolazione automatica devono dar loro il cambio, ristabilire e gestire la comunicazione all'interno della societ al fine di evitare nuovi disordini e nuovi conflitti.
1 P. Breton, L'explosion de la communication, Ed. La Dcouverte, 1989.

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Certo Wiener, sorta di "anarchico razionale" abbastanza originale, in lotta contro il capitalismo, il comunismo, la Chiesa e l'Esercito (op. cit., p. 221), era pieno di buone intenzioni e desiderava prima di tutto salvaguardare una pace cos duramente acquisita e cos precaria. Ma le strade dell'Inferno sono lastricate di buone intenzioni, ed egli fu in definitiva il principale fondatore di quella "ideologia della comunicazione" di cui la nascente societ dello spettacolo aveva bisogno. In effetti, ben lontano dal lottare contro le cause reali degli anni di barbarie da cui la civilt era appena uscita, che trovavano la loro radice nella riduzione dell'uomo ad un oggetto o ad una forza manipolabile tecnicamente dalle istituzioni, Wiener e la sua "ideologia della comunicazione" arrivano al contrario a rafforzarli, a dar loro una forma ancora pi impersonale, ancora meno identificabile non vi sar mai pi posto per un capo conosciuto n per un'ideologia chiara. La cibernetica non altro che l'apologia della tecnica. Non solo consacra la superiorit della macchina sull'uomo, ma in pi, considerando l'uomo come un semplice emettitore e ricevitore di informazioni, fornisce "democraticamente" a ognuno i mezzi per ridursi da s all'oggetto tecnicamente manipolatile dalle sue macchine. Se essa tende effettivamente in certe circostanze a lottare contro le vecchie forme di organizzazione rigidamente gerarchiche, non per emancipare gli uomini dall'autorit, ma al contrario per mettere ogni individuo in fase diretta con il potere che concepisce, distribuisce ed organizza la rete dalle "macchine per comunicare". E ancora ultimamente, il nuovo governo americano si faceva promotore di una rivoluzione nel modo di comunicare proprio nello spirito dell'inventore della cibernetica, volendo creare una vasta rete di "autostrade di dati" sulla scala dell'intero paese. Questa apologia della tecnica e la prodigiosa svalorizzazione delluomo che essa implica raggiunsero quasi immediatamente le vette che le spettavano presso i discepoli della cibernetica. Lo stesso anno in cui G. Orwell scriveva 1984, Padre Dominique Dubarle dichiarava": Possiamo sognare un tempo in cui la macchina per governare arriverebbe a porre un rimedio - in bene o
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in male, chi lo sa? - all'insufficienza oggi palese delle persone e degli apparati abituali della politica. Negli anni `70, il prof. Forrester, inventore delle memorie dei computer e matre penser informatico del Club di Roma, dichiar che ormai i sistemi sociali erano troppo complessi per essere diretti da uomini e che la mente umana, capace solo (sic) di argomentare, di discutere e di fare approssimazioni, era ormai inadatta all'interpretazione dei fenomeni sociali4. Poi, malgrado i folgoranti progressi dell'informatica, si stati giocoforza costretti a riconoscere che nessun computer, neppure se programmato da "intelligenza artificiale", ancora in grado di fare le misere piccole cose di cui "soltanto" capace il cervello umano. Nondimeno, sulla base delle idee dei nostri cibernetica, il computer ha trovato la sua utilit: serve da garanzia scientifica agli argomenti di ogni sorta di esperti e specialisti allo scopo, azzittendo ogni discussione, di fare ingoiare ancor pi facilmente le loro approssimazioni. Certo, n Padre Dubarle n il prof. Forrester ignorano che le loro macchine per governare dovranno essere programmate e che le decisioni dei loro computer rifletteranno le idee politiche dei loro programmatori. Ma per costoro il problema non quello. La loro idea che, proprio come la traiettoria degli atomi in un gas, il movimento degli individui nella societ e le evoluzioni della societ sono retti da leggi scientifiche, in base alle quali, una volta che siano esattamente conosciute, basterebbe istruire dei computer affinch questi, grazie alla loro potenza di calcolo ben superiore, come si sa, a quella della mente umana, e grazie a quella specie di onniscienza conferita loro dalla vasta rete di telecomunicazioni, siano in grado di governare razionalmente la societ. Padre Dubarle riconosce per che alcuni fattori sarebbero suscettibili di rendere forse radicalmente infruttuosa la manipolazione meccanica delle situazioni umane, poich occorrerebbe, affinch la sua macchina per governare potesse
1 G. Debord, Commentari... , Ed. Grard Lebovci, 1988. 2 "Le Monde diplomatique", n. 470, maggio 1993. 3 Le Monde", 28 dicembre 1948. 4 Cfr. P. Breton, op. cit., p. 222. 14

adeguatamente riuscire in questo gioco che il governo di uno Stato, una sufficiente incoscienza della massa dei compagni di squadra, destinata ad essere sfruttata dai giocatori esperti, i quali possono del resto organizzare un dispositivo di paralisi della coscienza delle masse; oppure una sufficiente buona volont per rimettersi ad alcuni meneurs de jeu, arbitrariamente privilegiati, con l'obbiettivo della stabilit della partita. Cos, questa famosa soluzione tecnica non farebbe in fin dei conti che riprodurre la divisione del mondo esistente nel 1948 tra ideologia totalitaria e democrazia rappresentativa! Sembra che la tecnica dominasse la politica gi da molto tempo!!! Se certamente l'idea della macchina per governare abbastanza ridicola e non fa che riflettere l'incoscienza dei suoi promotori e la loro crassa ignoranza della vita, resta il fatto che, nella misura in cui effettivamente tutti i rapporti sociali diversi da quelli mercantili sono spariti, sono essenzialmente le "necessit tecniche" legate alla produzione, l'acquisizione e il consumo di merci che determinano la traiettoria degli individui atomizzati, sicch alla fine sono proprio le macchine che governano la societ; sono le cose che dominano gli uomini. Questa apologia della tecnica dunque in perfetto accordo tanto con le ideologie totalitarie che con l'ideologia liberale; quest'ultima sembra anche darle tutta la sua efficacia: ognuno libero di usare ed abusare della propria propriet privata, dal che ne consegue che tutti i rapporti sociali si riducono a delle operazioni tecniche (scambi mercantili), anche la "mano invisibile" del mercato pu venire assistita dall'intelligenza artificiale dei computer programmati per la gestione dei rapporti sociali reificati senza per questo attentare alla "libert" di circolazione delle merci e degli uomini." Tutti gli interessi che sono alla base della societ mercantilspettacolare convergono verso una gestione puramente tecnica degli esseri e delle cose. Il principale lavoro di tutte le istituzioni fino ai nostri giorni stato quello di ridurre ogni attivit vivente, la
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cui natura di essere capricciosa e imprevedibile dal momento che il prodotto di lotte e animata da contraddizioni, a dei ritmi meccanici, le cui principali caratteristiche sono di essere regolari, ripetitivi e prevedibili in quanto risultanti da rapporti di forza determinati una volta per tutte in modo da stabilire leggi immutabili e rassicuranti. La tecnica, come concepita attualmente, non ha altra funzione che eliminare ovunque la soggettivit, cio l'affermazione autonoma del soggetto vivente e umano, dell'individuo, piegandola al profitto dell'oggettivit, cio della sottomissione incondizionata a ci che esiste, all'ordine stabilito, alle potenze e necessit che lo dirigono. Essendo fondate sulla diffidenza verso l'uomo, le istituzioni non possono, per definizione, considerarsi le responsabili dei loro fallimenti e dei mali che generano. Al contrario, esse sono naturalmente portate a trovarvi i motivi per rafforzare il postulato su cui si fondano: l'uomo che ha abusato dei suoi strumenti, nell'uomo che si trovano le perversioni. Quindi solo con l'aiuto delle istituzioni o di macchine nuove e pi perfezionate che si potr dunque venir a capo di queste perversioni, cio disciplinare i diversi aspetti dell'attivit vivente riducendola a degli stereotipi, dei ruoli pi o meno vari, ma in ogni caso chiaramente identificabili dagli esperti e facilmente manipolabili dai tecnici e dai burocrati - che parlano allora di "integrazione" e di "inserimento". Quel Pecker provveder una volta di pi all'illustrazione delle sue concezioni. Alla fine della sua perorazione, egli riassume in un paragrafo la sua concezione dell'Uomo e della Scienza. E edificante:
1 La Riforma nata dalla corruzione della Chiesa. La corruzione della Chiesa non nulla di fortuito, non un semplice abuso di potenza e di autorit. Parlare di abuso un modo molto comune di designare una corruzione; significa presupporre che il sostrato buono, la cosa in s perfetta, ma che le passioni, gli interessi soggettivi e soprattutto la volont accidentale degli uomini hanno ridotto questa bella cosa ad un mezzo e che basta dunque bandire queste contingenze. In questo sistema, la cosa in s viene fatta salva ed il male considerato come a lei esterno. Quando si abusato di una cosa in modo fortuito, non che nel dettaglio: ma tutt'altra cosa che un male importante e generale in una cosa cos importante e generale come una Chiesa (Hegel, Filosofia della Storia).

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Che noi abbiamo credenze contraddittorie, egoismi locali, non dovrebbe, in questa Babele della civilt, impedire la lucidit. La paura, almeno, potrebbe unire gli uomini (sic). Il metodo scientifico, uno sguardo razionale sui problemi che ci troviamo di fronte, costituiscono il solo metodo unificatore possibile, il solo che possa evitare i conflitti, le sette, gli egoismi, i nazionalismi, i fanatismi.

Si noter la precisione del vocabolario che sostiene la coerenza del ragionamento: le opinioni e le idee degli uomini sono niente di pi che credenze, l'affermazione dei loro gusti, dei loro desideri o dei loro interessi sono niente di pi che egoismi; con simili premesse ogni discussione, ogni opposizione di interessi o di idee, ogni conflitto possono essere identificati automaticamente nel loro contrario, come fossero il prodotto di sette e di fanatismi. Allora effettivamente, in un tale contesto, l'unica politica possibile consiste nel mantenere la gente nella paura (G. Orwell, 1984) affinch, grazie al regno della Scienza, tutto alla fine non sia altro che ordine e armonia... L'eliminazione quasi completa di ogni genere di conflitto nella societ, la sparizione quasi totale di ogni possibilit di scontro degli uomini con la realt concreta costituiscono in effetti il principale successo riportato dalla Scienza. Ma non proprio questo stesso risultato all'origine degli egoismi, dei fanatismi e di tutte le forme di intolleranza, visto che gli individui non hanno pi la possibilit di formare i propri gusti, le proprie idee, la propria personalit se non attraverso le mediazioni imposte da un'attivit sociale fuori dal loro controllo, visto che gli uomini non hanno pi alcun rapporto vivo fra di loro e con il loro mondo, visto che essi stessi e il loro mondo si impoveriscono e appassiscono di giorno in giorno con la generalizzazione delle separazioni implicata dalla soppressione di ogni conflitto e di ogni scontro reale nella societ attraverso "il solo metodo unificatore possibile"?

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Dal momento che le condizioni sociali dell'esistenza degli individui sono fuori discussione perch, quali che siano le conclusioni a cui costoro possono pervenire, la trasformazione di queste condizioni resta comunque fuori dalla loro portata ognuno viene indotto a trovare, per le umiliazioni e miserie che subisce quotidianamente da parte di una societ che si sviluppa fuori da ogni controllo, delle giustificazioni e delle cause tanto pi illusorie e fallaci per la ragione che questa societ ha appunto bisogno, affinch continuino a coesistere nel suo seno interessi sempre pi contraddittori senza per questo entrare in conflitto, di dissimular loro la sua realt, la sua vera natura dietro lo spettacolo di quello che vorrebbe essere. Perci, da una parte, il disprezzo che questa societ nutre verso gli individui sempre pi chiaramente manifestato a costoro con lo sviluppo della potenza dell'Economia e dello Stato e dall'accrescimento delle loro esigenze dementi, mentre da un'altra parte, imperativo per la sopravvivenza di una simile societ che questo disprezzo sempre pi evidente non pervenga chiaramente alla coscienza degli individui affinch questi non siano tentati di porvi radicalmente termine. Per questo, necessario ad ogni costo disappassionare i contrasti, evitare i conflitti e tutti gli scontri in cui le persone potrebbero riscoprire la propria potenza individuale e collettiva di giudizio e di azione, riprendere fiducia in se stessi attraverso la discussione e la messa in comune delle proprie forze. qui che la tecnica - che non che l'applicazione delle scoperte scientifiche - interviene come mediazione, come mezzo per isolare gli individui gli uni dagli altri, come mezzo per dividerli orientando la loro fiducia verso degli oggetti, delle macchine ben regolate piuttosto che verso gli altri individui i cui caratteri vari e mutevoli sono fonte di incertezze e in ultimo oggetti da cui diffidare. Ovunque disprezzato e isolato da tutti, ognuno non pu che ripiegarsi su se stesso, trincerarsi dietro alle differenti forme offerte dallo spettacolo di questo pregiudizio chi tiene in s un tale uso della tecnica: il pericolo da coloro che sono diversi; il nemico, l'uomo. Da qui, si sviluppano il razzismo e l'intolleranza, e
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l'incapacit di fronteggiare la realt sociale (creata mantenuta e utilizzata da questa stessa societ) cagiona la perdita del giudizio, della logica e spinge del tutto naturalmente verso delle credenze irrazionali. Detto altrimenti, le applicazioni della Scienza hanno ai giorni nostri come diretta conseguenza la distruzione della ragione in tutta la societ. Certi scienziati si rendono perfettamente conto di questa evoluzione: Ci allontaniamo sempre pi velocemente dall'ideale di un "buon senso" e di una razionalit, che portino a tutti padronanza del reale, felicit e saggezza. Ma non per deplorarla: davanti alle scelte e alle incertezze economiche e sociali di un mondo in piena mutazione scientifica e tecnica, chi non "evaso" per qualche istante dalla modernit? Come dolce far finta di credere alle predizioni del proprio oroscopo.... Perch se questi signori hanno perso la Ragione, resta loro ancora la Fede, e daranno la caccia agli eretici fino all'Inferno se necessario...

CRITICA DELLA TECNICA


Viviamo in un'epoca in cui ogni progresso tecnico comporta inevitabilmente una regressione umana: mai gli uomini hanno disposto di mezzi cos potenti per dominare la propria esistenza e le proprie condizioni, e tuttavia, nella misura in cui questi mezzi crescono in potenza, l'arbitrio si manifesta nella vita degli individui con sempre pi forza ed estensione attraverso la distruzione di tutte le condizioni che permettevano un'esistenza libera e indipendente. Ben lontano dall'aiutare l'uomo a trasformare la propria condizione, la tecnica si trasformata in mezzo di avvilimento generalizzato: gli individui rispettano di pi le cose e ci che esse rappresentano come loro "necessit tecniche" di quanto rispettino se stessi con i propri desideri e passioni. Alla fine, il progresso tecnico non nulla se non sostenuto e diretto dal progresso nella coscienza della libert (Hegel).
1 "Le Monde", 25-26 aprile 1993. "Le Parascienze in televisione intervista di C. Manuel (psicologo) e A. Partensky (ricercatore al CNRS etc.).

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Il metodo scientifico sperimentale, il solo che possa evitare i conflitti, ha dunque portato la prova che l'assenza di conflitti non pericolosa, fatale: la sparizione di tutti gli scontri nella natura o nella societ implica una separazione totale tra gli elementi che grazie ai loro rapporti conflittuali costituivano l'unit organica della vita. Implica dunque inevitabilmente la morte, perch la vita non si sviluppa seguendo leggi fisse e determinate: essa animata dalle contraddizioni; il suo motore il conflitto, la lotta tra principi opposti. Il capitalismo, con l'aiuto del metodo scientifico, riuscito ad eliminare i conflitti in tutti gli aspetti della vita umana per mezzo della generalizzazione delle mediazioni tecniche: gli individui sono liberi di realizzare la propria soggettivit ma unicamente attraverso la produzione o il consumo di merci, perch ogni altro modo di soddisfare i desideri, implicando necessariamente un conflitto con la natura o gli altri uomini, fa entrare in scena il negativo che interviene a contrastare, intralciare e alla fine impedire questa realizzazione. Ma le conseguenze di questo successo fanno apparire, in ultimo, questo risultato come se fosse il peggior scacco che gli uomini abbiano subito nella realizzazione della propria soggettivit: in assenza di contraddizione la sensibilit si arrugginisce, i desideri vengono svuotati del loro contenuto, la loro realizzazione si riduce a una semplice apparenza che tappezza la superficie di cose insignificanti ed effimere, la vita abbandona la cerchia delle creatura e il mondo, malato a causa della separazione e dellinvecchiamento prematuro, si imbruttisce e si decompone a una velocit ancora maggiore. Questa "vittoria" mostra dunque attraverso i suoi aspetti negativi (le nocivit) quali sono i limiti al di l dei quali l'eliminazione dei conflitti ed il loro rimpiazzo con delle operazioni tecniche, ben lungi dall'apportare pi sicurezza e benessere, si rovesciano nel loro contrario e non provocano ormai che rovina e desolazione.
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Che cosa adesso sembra utile da stabilire da dove derivi la contraddizione in base a cui, per la prima volta nella storia dell'umanit, tutti gli strumenti della sua emancipazione sono infine riuniti e il loro impiego conduca all'esatto contrario del perch sono stati cos assiduamente ricercati e utilizzati. Quel che comporta a questo punto, non la tecnica particolare che serve a (ri)produrre una data situazione e le sue contraddizioni, ma piuttosto proprio la situazione, le contraddizioni a partire dalle quali un tale impiego della tecnica si imposto storicamente al punto da divenire universale nella nostra epoca. Per l'uomo appena uscito dall'animalit della preistoria, il timore dei conflitti trova la sua origine nella scarsit dei beni indispensabili alla propria sussistenza che presenta, ad ogni alea e ad ogni incertezza, il rischio di conseguenze dolorose, se non mortali. Sicch, per l'uomo, ancor pi che le bestie feroci o le condizioni naturali, il peggior nemico l'uomo: lo straniero, lo sconosciuto, l'altro si presenta a lui in primo luogo come un avversario nella lotta per la sopravvivenza, capace, per garantire la propria sussistenza, di appropriarsi a suo scapito dei beni gli sono necessari. Questa mancanza di fiducia dell'uomo in se stesso, ovvero tanto il dubbio sulle proprie capacit personali di impadronirsi e di impossessarsi della propria esistenza attraverso i conflitti, quanto la sfiducia verso i propri simili, la separazione che sta all'origine di tutte le altre separazioni. Ed lo sviluppo della contraddizione che rappresenta questa separazione all'interno dell'uomo stesso a determinare tutta la storia fino ai giorni nostri. In effetti, se i beni sono rari, vuol dire che non sono ancora prodotti socialmente, dall'attuale cooperazione e coordinazione su grande scala delle attivit umane; attivit che necessitano di quella fiducia reciproca a cui si arriva attraverso l'antagonismo ragionato degli interessi individuali. In altre parole, per far fronte immediatamente alle condizioni primitive, per sopravvivere giorno per giorno, gli individui sono portati alla diffidenza, se non addirittura all'ostilit reciproca, mentre invece la realizzazione del fine che hanno in comune, e che
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all'occorrenza perseguono separatamente, contrario di fiducia e di cooperazione.

necessiterebbe

al

Di conseguenza, fintantoch la padronanza sociale dei mezzi e delle condizioni necessari alla produzione della loro vita non copra la totalit degli aspetti della loro esistenza, ossia fino a quando sussista un aspetto non domato a partire dal quale le conseguenze delle loro attivit possono sfuggire di mano, rivoltarsi contro di loro e rimettere cos in questione la totalit dell'esistenza, gli uomini cercheranno di disciplinare ogni attivit vivente, di eliminare le contraddizioni, di abbattere tutte le resistenze e le opposizioni provenienti dalla natura e dagli uomini a causa dei rischi che l'esito incerto di questi conflitti facevano sulla loro sopravvivenza. Questo all'origine dello sviluppo delle tecniche, il che vuol dire che soi privilegiati quei rapporti con la natura (tecnologia) e con gli uomini (istituzioni) i cui effetti, fissati una volta per tutte da un rapporto di forza determinato, sono prevedibili mediante delle leggi e non lasciati ai rischi delle lotte. Per impedire un conflitto, basta mantenere separate le parti suscettibili a scontrarsi. Creare separazioni, imporre mediazioni, fossilizzare i rapporti di forze,
1 Il denaro l'espressione concreta di questa sfiducia, e l'operazione tecnica dello scambio mercantile ci che permette di sormontarla, di fondare un'economia nel contempo su di essa e malgrado essa. Qualsiasi moneta ha valore solo perch un insieme di individui gliene d uno: solo attraverso la mediazione tecnica, il simbolo astratto della moneta, ogni individuo d fiducia a tutti gli altri per dare al suo lavoro un valore, un'utilit sociale, poich ritiene di non poter dare direttamente fiducia agli altri per ricevere spontaneamente, in cambio della sua attivit, i beni di cui ha bisogno (secondo il modo del potlatch, per esempio). 2 Sono anche famose le tendenze bellicose degli uomini. Tuttavia questo non viene ad invalidare la tesi perch in guerra il compito chi assale di sottomettere a s l'avversario, di imbavagliare posizione. La guerra un modo per tagliare il nodo gordiano, delle relazioni politiche e sociali allorquando siano cos aggrovigliate da venirne paralizzate. una soluzione tecnica a problemi considerati sotto un punto di vista essenzialmente tecnico: il modo per sormontare le contraddizioni che altrimenti risultano insolubili allinterno del quadro definito dalle istituzioni stabilite. Non solo la guerra uno dei principali motori dell'innovazione tecnologica, ma ogni periodo di grandi scontri bellici vede generalmente la creazioni di nuove istituzioni sempre pi potenti ed estese... che a loro volta generano delle contraddizioni ancora pi profonde e universali.

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questo , sempre e ovunque, il prodotto delle operazioni della tecnica. La specializzazione del potere probabilmente la pi antica istituzione, ovvero la prima tecnica utilizzata su grande scala nei rapporti sociali. Infatti, che cosa vi di meglio dell'autorit per far tacere antagonismi e impedire i conflitti? Poich detiene la forza, essa impone la sua legge e pone fine a tutte le lotte. Le istituzioni, che siano morali, religiose giuridiche o politiche, non sono dunque delle semplici sovrastrutture ideologiche (Marx). Sono certo il prodotto dei rapporti di forza esistenti nella societ, ma la loro funzione appunto di evitare che le forze in opposizione entrino in conflitto aperto e finiscano cos col paralizzare ogni attivit sociale. Contenendo gli antagonismi, sormontando le contraddizioni con l'aiuto di operazioni tecniche; in breve costituendo una mediazione tra gli opposti interessi, possono recuperare l'attivit degli individui e farla servire a scopi pi generali. Mantenendo in questo modo la fluidit dei rapporti sociali, riescono a fondare una societ, a realizzare l'unione degli individui attorno ad un interesse generale, con l'aiuto di ci che dovrebbe al contrario dividerli: i loro interessi dalla vista corta. In quanto mediazioni, le istituzioni modificano prima di tutto la percezione dei rapporti di forza nella societ, e da questo fatto traggono una effettiva potenza che riposa sulla forza dell'illusione. L'istituzione di un potere separato era dunque stata fondata per proteggere l'attivit sociale dalla paralisi che sarebbe stata inevitabilmente provocata dalle manifestazioni disordinate ed arbitrarie della soggettivit degli individui che componevano la societ. Arrivata adesso in questo modo al culmine della sua potenza - nessun "fattore soggettivo" pu ormai, alla base come al vertice, ostacolare il suo cammino - l'arbitrio, il disordine e la paralisi provengono dalle stesse istituzioni che dovevano proteggerla da ci. Non sono pi le capricciose passioni umane che minacciano l'attivit sociale, ma proprio al contrario l'attivit sociale emancipata da ogni controllo che stritola ogni individuo. L'arbitrio della potenza sociale che si propaga fuori da ogni controllo, funesta ogni giorno attraverso gli incidenti stradali, le
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radiazioni di origine nucleare, l'inquinamento di origine industriale dell'aria, dell'acqua e degli alimenti etc. La "crisi", il disordine, l'instabilit delle condizioni dei (soprav)viventi sono la conseguenza diretta della competizione a cui si dedicano le diverse lobby che si dividono l'esistenza degli individui, e all'interno di queste lobby i diversi capitali che si dividono i mercati corrispondenti. I pretesi "bisogni" dei consumatori o utenti, ridefiniti dopo ogni bilancio contabile, giustificano ogni sorta di pianificazioni e di distruzioni, uno sconvolgimento completo e costante bench ogni volta proclamato come definitivo e sufficiente, ma in ogni caso irreversibile dellesistenza degli individui. L"interesse generale" non fatto ormai che di una infinit di mali particolari, la "stabilit delle istituzioni" economiche e sociali si realizza nella precariet e nel timore permanente del declassamento. La modernizzazione sfrenata, il rinnovamento tecnologico incessante nella nostra epoca segnano l ultimo stadio dello sviluppo della societ di classi, dell'organizzazione sociale fondata sulla neutralizzazione dei conflitti e l'eliminazione di ogni discussione tra gli interessi in contraddizione che sono allorigine dell'attivit sociale. il punto in cui questa societ, al fine di garantire la propria sopravvivenza a dispetto di tutti, tenta di emancipare la tecnica dall'uomo, visto che lui e lui solo - a causa della sua eccessiva sensibilit e della sua irriducibile soggettivit, ovvero nient'altro che debolezze e limiti estranei alle macchine - ad essere il vero ostacolo al buon funzionamento del macchinario industriale, che persegue come solo obbiettivo l'accrescimento indefinito della propria potenza fuori da ogni necessit socialmente definita, cio fuori da ogni razionalit. Non c' quindi a rigore pi alcuna soluzione ai problemi della societ all'interno del quadro delle sue istituzioni, poich sono loro in quanto tali, la tecnica che rappresentano, il tipo di rapporto sociale che implicano ad essere principalmente all'origine di questi problemi. Perseverare nel quadro che propongono non pu che aggravare la situazione, e tutte le buone intenzioni del riformismo sono automaticamente destinate a rovesciarsi nel loro contrario. Soltanto una rimessa in discussione radicale dellordine stabilito, il
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rovesciamento dei rapporti sociali che implica, vale a dire l'abolizione di tutte le separazioni, le mediazioni, le rappresentazioni e in definitiva le tecniche che, con le costrizioni che impongono agli individui, non permettono pi loro di controllare direttamente l'attivit sociale n quindi la loro esistenza personale, potr superare definitivamente queste contraddizioni. A partire dal momento in cui la totalit dell'esistenza umana diventa l'oggetto dell'attivit sociale, lo sviluppo della tecnica e delle istituzioni, fino ad allora condizione effettiva per il progresso della civilt attraverso la circoscrizione dell'attivit vivente disordinata, si rovescia nel suo contrario: tentare di ridurre la diversit delle manifestazioni del vivente per limitare i suoi "effetti indesiderabili", mentre le basi della sua riproduzione allargata sono alla fine teoricamente e praticamente stabilite e che quindi il suo sviluppo e la sua espansione sono ora totalmente controllabili nei loro effetti e nelle loro conseguenze tanto sociali che ecologiche, equivale in conclusione a combattere e a distruggere la totalit dell'attivit vivente. In altre parole, nel momento in cui questo dominio abbraccia la totalit di questa attivit, arriva di fatto a paralizzarla completamente, e ci che fino ad allora serviva a preservare la vita diventa il principale mezzo per diffondere universalmente la morte, proprio mentre gli uomini possiedono adesso i mezzi per dirigere, per organizzare la totalit dell'attivit del vivente di modo che le conseguenze di tale attivit non arrivino pi ad opporsi alla possibilit e alle condizioni della sua stessa esistenza. Le diverse nocivit che minacciano oggi universalmente la presenza della vita sulla Terra non trovano altra origine se non nel fatto che ogni possibilit e ogni condizione per una vita libera si sono infine riunite e che solo la necessit di conflitti, di lotte, di discussioni e della contraddizione degli interessi che questa libert implica viene ancora respinta perch prima la situazione era rovesciata: finch la totalit delle possibilit e delle condizioni di vita non erano il prodotto dell'attivit sociale, tutti i conflitti costituivano una minaccia per l'esistenza umana le cui basi erano ancora tanto precarie.
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La critica della tecnica in senso lato, in quanto rapporto sociale il cui scopo di eliminare ovunque i conflitti, dunque all'ordine del giorno. La tecnica, lo si scopre adesso, diventata un modo per mantenere separato quello che pure deve restare insieme, di fare in modo che coesistano nella societ degli interessi sempre pi in opposizione senza che per questo si scontrino. Oltre che il dominio della tecnologia propriamente detto, questo riguarda anche tutto ci che serve alla societ da utensile per produrre se stessa, ossia le varie istituzioni politiche, economiche e sociali. Questo discorso conduce direttamente a ridefinire il contenuto della politica, riprendendo questo termine nel suo senso quasi originale. La politica, come si ricorda, nata nelle citt della Grecia antica, dalla necessit di mantenere insieme ci che pure sembrava dover restare separato, cio di costruire una citt malgrado le opposizioni di interessi tra gli individui e le lotte tra le classi. In breve, la politica era l'arte di utilizzare la soggettivit umana, le passioni e gli interessi necessariamente in opposizione delle persone, per edificare una comunit. La tecnica e la politica sono cos due mezzi complementari di acquisizione e di esercizio di un potere sulla natura e sull'uomo. La prima ha lo scopo di sottomettere a s le cose o gli esseri, di farne degli oggetti passivi, trasformandoli essenzialmente con la costrizione. La seconda, considerando il loro carattere di soggetto dotato di attivit propria, ha lo scopo di ottenere la cooperazione delle cose o degli esseri per un obiettivo comune, tentando di stabilire un equilibrio tra i differenti interessi in opposizione all'interno di una situazione data. La prima cerca di istituire un rapporto di forza determinato. La seconda cerca di utilizzare i rapporti di forza esistenti. Ma nei due casi, necessario comprendere i rapporti di forza esistenti per poterli trasformare, il che implica una conoscenza chiara e precisa della logica dei conflitti, detta anche della dialettica. Se la tecnica e la politica hanno avuto finora l'obiettivo di eliminare i conflitti creando delle mediazioni, delle macchine e delle istituzioni, nondimeno la conseguenza logica della loro applicazione
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, per reazione, la scoperta e l'apprendistato della logica dei conflitti. Ma coloro che mettono in opera le mediazioni non sono gli stessi che fanno l'apprendistato della dialettica: i primi cercano di preservare la loro esistenza dai conflitti per non dover in questi rischiare la vita; i secondi sono spinti, talvolta loro malgrado, a rischiare la propria esistenza nei conflitti per poter preservare la vita. Gli uni vogliono preservare la forma e le sue apparenze con l'aiuto di mediazioni tecniche sempre pi perfezionate, gli altri sono costretti a preservare il contenuto, la cosa in quanto tale, ed in questo modo a rimettere in discussione il "progresso" che viene loro imposto. Invece di fossilizzare i rapporti di forza, la dialettica dovrebbe permettere di conservare il loro carattere fluido organizzando questa fluidit, creando degli equilibri dinamici. La logica dei conflitti dovrebbe permettere di fondare la tecnica e la politica sull'utilizzo dei conflitti e non gi sulla loro repressione. Non si tratta di una nuova disciplina scientifica, ma piuttosto di qualcosa che va al di l della scienza, dove la conoscenza e le sue applicazioni, la teoria e la pratica, non sono pi separate perch non sono pi il fatto privato di un pugno di specialisti incontrollabili, ma sono diventati veramente il prodotto sociale dell'insieme di individui organizzati la cui principale preoccupazione dirigere l'impiego, l'effetto e le conseguenze della messa in opera delle proprie forze per garantire la loro esistenza, per essere "signori e padroni" della propria vita ed in questo modo vivere liberi. L'uomo sar allora davvero un animale politico (lo "zoon politikon" degli antichi greci), un essere la cui principale attivit di organizzare le cose e gli esseri, di creare degli insiemi costituiti di legami organici (e non pi meramente meccanici); in breve di creare ovunque la possibilit e le condizioni dello sbocciare di tutte le attivit viventi che sono l'essenza della vita.

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Ho voluto mettere qui in evidenza la necessit pratica di alcuni lavori che si possono definire teorici. Il loro fine semplicemente di comprendere per poter trasformare nel momento in cui se ne presenter l'occasione. Se in questa esposizione si trovano gi presenti i materiali e le basi per i lavori presentati come necessari, da una parte proprio perch, all'opposto del lavoro universitario e del suo questionare astratto, essi sono stati considerati da un punto di vista essenzialmente pratico: pur avendo il desiderio tenace di comprendere il mondo, non potevo fare diversamente - bisognava anche (soprav)viverci - non avendo d'altronde la possibilit di perdermi in congetture oziose o in approfondimenti di dettagli come molta gente pagata per pensare e che questo non assolutamente interessata alla soluzione dei problemi la cui "discussione" all'infinito costituisce la paga per il lesso. Le costrizioni che una tale situazione impone (e che una certa pigrizia viene ad aggravare), fanno si che rapidamente si ricerchi di preferenza una maniera di porre i problemi che contenga gi in s la loro soluzione e che permetta in tal modo di articolare facilmente largomentazione e la discussione sulle contraddizioni che animano l'oggetto cos come esiste in concreto. Daltra parte infine, non volevo impegnarmi in lavori di una simile portata senza far vedere che, non potendo forse trattarli da solo, avevo almeno la possibilit, gli strumenti teorici effettivi per intraprenderli. Al "tutto ci che esiste merita di perire" della dialettica hegeliana1, che pure cos ben s'attaglia alla nostra epoca, io preferisco di gran lunga il "ogni cosa contiene in se stessa il germe della propria dissoluzione e della propria ricostruzione rivoluzionaria". Tutti coloro che vorranno aiutarmi in questi lavori su questa base compreso l'apportarvi la contraddizione - saranno i benvenuti.
1 Si veda F. Engels, Ludwig Feuerbach,1888.

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