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Univerist degli Studi di Padova Corso di Sistemi Ecocnomici Comparati Prof.

Luigi Marcolungo

Il Mercato del Lavoro in Europa e Stati Uniti

A cura di Filippo Vescovo (mat. 575374) Maggio 2010

Introduzione Questo paper vuole proporre un breve confronto tra il mercato del lavoro statunitense e quello europeo. Si tratta di un tema molto dibattuto, sia nei giornali che nel mondo accademico e politico, e rientra nel pi ampio confronto tra i due sistemi sociali tout court: qual' quello vincente? Quale assicura un grado di benessere migliore? Quale dei due assicura una maggiore mobilit sociale? - In questo paper in particolare prenderemo in esame i punti di vista emersi da due saggi recenti che si occupano proprio di questo tema. Da un lato vi Jeremy Rifkin, famoso economista amerciano che preferisce il modello europeo a quello statunitense: nel suo libro Il sogno Europeo, descrive la societ del Vecchio Continente pi equa ed umana, ed in particolare l'approccio al lavoro del tipo lavorare per vivere, a differenza di quello statunitense, figlio dell'era consumistica vivere per lavorare, con il risultato che gli europei sono, in una parola, pi felici. La tesi opposta viene invece da una coppia di economisti italo-europei, Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, che nel loro Goodbye Europa criticano fortemente lo stato sociale europeo, auspicando un modello pi americano; per quanto riguarda il lavoro, invece, vedono negli europei dei fannulloni che fanno troppe vacanze, sono inefficienti, ma sopratutto destinati ad un ruolo di secondo piano nel panorama internazionale. Nel primi due punti dell'esposizione vedremo il perch abbiamo scelto come soggetti del nostro confronto proprio queste due economie e poi passeremo a dare uno sguardo alle strutture basilari dei due sistemi, sia in termini economici che sociali e culturali. Nel punto 3, basandoci su dati di diverse organizzazioni internazionali, tenteremo di dare un quadro statistico delle diverse sfaccettature del lavoro nei due sistemi economici. Nei punti 4 e 5 analizzeremo infine le tesi dei due libri di cui sopra, mentre nell'ultimo capitolo tireremo le nostre conclusioni.

1. Perch un confronto tra Europa e Stati Uniti? L'Unione Europea e gli Stati Uniti d'America rappresentano i due pi grandi sistemi economici del mondo.

Tabella 1 Generalit dei due sistemi economici


UE USA

Popolazione (milioni) Densit (abitante/kmq) Superficie (milioni kmq) Stati membri Lingue ufficiali PIL (trilioni $) PIL pro capite (migliaia$) Gini
fonte: IMF (2009)

499 (2009) 114 4,3 27 24 16,4 (2009) 33,1 30,7

304 (2008) 31 9,4 50 1 14,3 (2009) 46,4 45,0

In comune hanno che il fatto di essere innanzitutto le due pi grandi democrazie del mondo, dove le libert ed i diritti personali sono assicurati nei i principi alla base dei rispettivi sistemi giuridici. L'altro grande punto in comune l'alto grado di benessere dell'economia e la grande estensione: come prodotto l'Unione Europea rappresenta ancora il primo sistema in termini di quantit, mentre se si considera il reddito pro capite, entrambi i sistemi si attestano tra i primi posti nel mondo (6 dei primi dieci competono a membri dell'UE mentre all'ottavo posto gli USA). Le differenze sono molteplici. Gli Stati Uniti sono un'unica nazione con un presidente, e la loro organizzazione politica quella della repubblica federale, che comprende 50 stati parzialmente indipendenti; l'Unione Europea, invece, un soggetto politico che si trova a met strada tra un'organizzazione intergovernativa ed uno stato federale. Anche nell'Unione Europea gli Stati sono parzialmente indipendenti, ma il grado di autonomia molto pi accentuato rispetto agli USA, sopratutto per quanto riguarda le decisioni in termini di politica estera e fiscale. Ed i due sistemi politici rispecchiano, a mio avviso, anche la vera sostanza delle rispettive societ. Nell' Europa di oggi infatti la gente non si sente ancora del

tutto un popolo, e l'identit europea ancora in fase di costruzione; negli Stati Uniti, invece, l'identit nazionale molto pi sentita, e si in particolar modo consolidata nel corso dell'ultimo decennio come risposta all'ondata terroristica scoppiata l'11 settembre. Entrambi i sistemi, vista la loro importanza nel contesto mondiale, si propongono come non solo come modello di economia, ma anche di democrazia e societ per il resto del mondo, e le loro diverse filosofie li pongono inevitabilmente ad un continuo confronto. 2. Generalit dei due sistemi economici. Sotto un punto di vista pi strettamente economico, i due sistemi hanno anche qui elementi comuni ed elementi di diversit. Entrambi presentano grosse eterogeneit interne da regione a regione: in Europa, ad esempio possiamo rintracciare diversi sub-sistemi, come quello dell'Europa occidentale, pi vicino al modello liberista anglosassone, quello scandinavo, che prevede un profondo welfare state con un mercato del lavoro flessibile, i Paesi del sud (che qualche simpatico giornalista ha definito Paesi del Club Med), caratterizzati da grosse inefficienze negli apparati pubblici, bassa flessibilit dei fattori e grossi deficit pubblici ed infine i Paesi ex sovietici, che partono da situazioni generalmente pi povere e si trovano in un rapido processo di modernizzazione. Anche gli Stati Uniti, al loro interno presentano grosse differenze, sia in termini di reddito che in termini di attivit economica. Sotto il profilo della produzione manifatturiera, negli Stati Uniti troviamo che le produzioni da settore a settore sono molto pi concentrate geograficamente rispetto all'Europa; nell' automobilistico, ad esempio, mentre in USA il 90% si concentra nell'area di Detroit, in Europa abbiamo diverse aziende di grosse dimensioni dislocate in diversi Paesi.

Per quanto riguarda il modello sociale, le differenti filosofie sono spessisimo messe a confronto. Americani ed europei la pensano in modo differente in tema di povert, disuguaglianza, retribuzione del reddito tra ricchi e poveri, welfare e protezione sociale. I primi pensano che chi povero, debba aiutarsi da s mentre gli europei, al contrario, sono convinti che il compito di far uscire gli individui dalla povert spetti in primo luogo allo Stato (Alesina/Giavazzi 2006, p.29). In un saggio del 2005, Rafael di Tella e Robert McCulloch1 mostrano che quando la disuguaglianza aumenta, gli europei si considerano ceteris paribus - meno felici, mentre gli americani non ne sono affatto colpiti. Allo stesso modo, mentre il 60% degli americani pensa che i poveri siano tali in quanto persone pigre e demotivate, la stessa opinione condivisa soltanto dal 26% degli europei. Questa differenza cruciale ha notevoli implicazioni politiche per quanto concerne il ruolo dello Stato, imposizione fiscale, regolamentazione dei mercati, spesa pubblica, istruzione e perfino immigrazione e coesione sociale. In Europa i diversi Stati organizzano i loro sistemi di welfare in vari modi, ma hanno in comune una caratteristica: un forte coinvolgimento dello Stato nella redistribuzione del reddito e nelle politiche di protezione sociale, molto maggiore rispetto agli USA. Mentre gli USA destinano soltanto l'11% del PIL per trasferimenti e programmi di protezione sociale, in Europa il dato sale al 26% (2004). Come vedremo, questa diversit si trasmette anche all'approccio al mercato del lavoro. 3. Il Lavoro in Europa e negli USA, dati. In questo capitolo ci apprestiamo a condurre un'analisi del lavoro rispetto a diverse voci e basandoci su dati concreti.

Inequality and Happiness: Are Americans and Europeans Different? Journal of Public Economics, August 2004, 88: 2009-42 (with Rafael Di Tella and Robert McCulloch).

Quantit di ore lavorate All'inizio degli anni Settanta, americani ed europei lavoravano circa lo stesso numero di ore, ma oggi gli europei lavorano molto meno: nel 1973 in USA, Germania e Francia la media di ore annue era di 1800, cifra mantenuta invariata nel primo dei tre Paesi, mentre gli altri due sono calati a 1400 (Alesina/Giavazzi 2006, p.63).
Tabella 2- Quanto si lavora in America e in Europa?
Ore settimanali per persona Usa 25,1 Germania 18,0 Francia 18,7 Italia 16,7 Occupati/Popolazione 15-64 Usa 0,72 Germania 0,64 Francia 0,66 Italia 0,57 Settimane di lavoro annue Usa 46,2 Germania 40,5 Francia 40,6 Italia 41,0
fonte: Alesina, Glaeser, Sacerdote, 2005.

Vi sono tre ragioni per cui il dato inferiore: pi bassa partecipazione al lavoro, esenzioni dal lavoro per diversi motivi (vacanze, malattia, maternit) e numero di ore settimanali lavorate previste pi basso (Alesina/Giavazzi 2006, p.65). Un altro motivo importante quello del lavoro sommerso, in particolare negli stati dell'Europa del sud come l'Italia, Spagna e Grecia. E chi non lavora, che fa? Una gran parte del tempo libero degli europei destinata alla produzione familiare: lavorano pi degli americani in casa (pulizie casalinghe, cucina, assistenza ad anziani e bambini). Questo fatto sottolineano gli autori Giavazzi/Alesina sottrae importanti risorse in termini di produttivit, in quanto essa aumenta all'aumentare della specializzazione. Perch si lavora meno? Le cause sono in parte culturali ed in parte dovute

alle tasse (e gli autori che andremo a confrontare pongono l'uno pi enfasi sul primo aspetto, gli altri sul secondo). Per quanto riguarda il secondo dei due aspetti, in Europa dalla met degli anni Settanta le tasse sul reddito da lavoro sono aumentate molto pi che negli Stati Uniti: secondo alcuni economisti (si veda Edward Prescott) un elevato prelievo fiscale induce a lavorare meno e a prendersi pi tempo libero, rivolgersi di pi al mercato nero e spostare la produzione verso i beni familiari. Accanto al tax factor si affianca quello delle regolamentazioni: mentre in Europa le norme del mercato prevedono in media 5-6 settimane di vacanza all'anno, negli Stati Uniti non esiste alcuna regola di questo tipo. Produttivit Nel grafico 1 sono mostrati gli andamenti della produttivit nei due sistemi.
Grafico 1 Crescita Produttivit in EU e USA a confronto

Da come si pu notare dal grafico, i tassi di crescita della produttivit del lavoro dei due sistemi economici hanno visto uno scambiati i ruoli alla met degli anni Novanta, con gli Stati Uniti ad alzare i ritmi e gli Stati dell'Unione a rallentare. Una buona parte di questo processo va attribuita alla crescita incontrollata dei salari in alcuni Stati europei, avvenuta senza una dovuta correlazione con la produttivit. Ci vale in particolare per Paesi come l'Italia (+7,6% nell'ultimo decennio), Spagna, Francia (+ 9,6%) e Grecia (+39,6%), che infatti oggi si trovano a dover attuare misure restrittive. Tra le cause di questo effetto, ricordiamo la scarsa concorrenza nei servizi ed il deficit innovativo rispetto ai cugini d'oltreoceano. Gli Stati Uniti invece, nei periodi considerati, hanno mantenuto invariata la crescita di ore di lavoro annuali (dall'1,4% all'1,3%), mentre la produttivit ha visto i tassi di crescita passare dall'1,4% al 2,1%. Una delle chiavi di lettura del successo statunitense pu essere quella della maggiore diffusione delle Information and Communication Technologies (ICT), sopratutto nel settore dei servizi, che permettono alle aziende diversi vantaggi, tra cui l'aumento dell'efficienza nei processi decisionali, la riduzione dei costi di comunicazione. Percezione del Lavoro nella societ Diversi sondaggi in Europa mostrano che, se potessero, gli europei tenderebbero a lavorare ancora meno ore di quelle previste (Alesina Giavazzi 2006, p.76).L'esatto opposto negli Stati Uniti: gli americani dichiarano che sarebbero felici di lavorare di pi per guadagnare di pi, se ne avessero l'opportunit. Insomma, gli europei vogliono lavorare di meno mentre gli americani sono felici di lavorare quanto lavorano, se non di pi. Rifkin definisce queste diverse tendenze in tal modo: gli americani vivono per lavorare, mentre gli europei lavorano per vivere. Anche qui la risposta va trovata nelle radici culturali dei due macrosistemi: in USA il self-made man ed in Europa una filosofia molto meno individualista, con un ruolo importante dello Stato.
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Disocuupazione Nell'ultimo decennio (ma in realt sin dal dopoguerra) il livello di disoccupazione in Europa costantemente pi alto che negli Stati Uniti di 3 punti percentuali di media (vedi grafico 1 nella pagina successiva). Molti sostengono che una delle principali cause della disoccupazione e della bassa crescita del Vecchio Continente sia dovuta alla mancanza di flessibilit dei mercati del lavoro. Tale mancanza di flessibilit si riconduce ai pi alti costi per il licenziamento, alla bassa mobilit all'interno dell'azienda e alle restrizioni agli straordinari.

Grafico 2 - Tasso % di disoccupazione in Unione Europea e Stati Uniti.

Il dibattito tra i diversi economisti ed opinione pubblica sta sugli effetti finali di tale situazione: la causa principale della stagnazione dell'Europa oppure solo un freno agli aggiustamenti economici rispetto ai cicli? E' un diritto reale sudato dai lavoratori che permette loro una migliore qualit di vita? Nel confronto che vedremo nei prossimi capitoli tra Rifkin e Alesina/Giavazzi, vedremo come il primo - portando alla luce aspetti molto

interessanti e spesso trascurati - tenta di ridimensionare i successi statunitensi, mentre i secondi due pongono enfasi alle inefficienze del sistema europeo e sulla sua scarsa flessibilit.

L'occupazione durante la Crisi. Secondi diverse stime, la risposta dell'occupazione alla crisi stata migliore in Europa rispetto agli Stati Uniti. Riprendendo in considerazione il grafico 1, possiamo notare come l'Europa, durante la crisi dell'ultimo triennio abbia perso molti meno posti di lavoro rispetto al tracollo statunitense, portandosi addirittura a tassi di disoccupazione minori nell'ultimo trimestre del 2009. Ovviamente ci non significa che in Europa siano tutte rose e fiori: i dati spagnoli di disoccupazione attorno al 20% sono a dir poco terrorizzanti. Anche qui il dato lo si pu leggere in diversi modi: i pro-Europa ci vengono a dire che quello europeo un sistema pi solido e pi capace di assorbire il colpo della congiuntura mondiale, mentre i pro-America torneranno a ricordarci la flessibilit del lavoro: le leggi contro i licenziamenti facili (che alzano il costo dei licenziamenti) presenti i diversi paesi dell'Unione, fanno in parte da freno alla disoccupazione, anche se questo si riflette sull'efficienza delle aziende. Uno dei risultati di quest'ultimo aspetto lo si vede infatti nei dati della produttivit.
Grafico 2 Produttivit del lavoro durante la crisi.

Nel grafico sopra (fonte: Federal reserve Bank of Atlanta) sono rappresentati gli andamenti della produttivit del lavoro, espressa come unit prodotta per persona impiegata. Questo dato vede gli Stati Uniti registrare un trend controcorrente rispetto alle economie degli altri Paesi industrializzati, con un aumento della produttivit di 4 punti percentuali in due anni. Allo stesso tempo, gli altri soggetti presi in esami vedono un calo tra il 2 ed il 4%. Se questi sono i dati in termini dinamici, andando a vedere lo stock 2, vediamo invece come nei primi tre mesi dell'anno la percentuale dei senza lavoro nell'Ue stata del 9,6%, mentre negli Usa ha raggiunto il 9,7%. Prima della crisi, nel secondo trimestre 2007, negli Stati Uniti la disoccupazione era al suo pi basso livello, pari 4,5%, mentre schizzata al 10% nel quarto trimestre del 2009. Nell'Ue invece cominciata a crescere nel primo trimestre 2008 quando il tasso era del 6,7% e da allora aumentata progressivamente fino al 9,6% del primo trimestre 2010. 4. Il punto di vista di Giavazzi/Alesina.3 I due economisti italiani, nel loro testo del 2006 Googbye Europa portano diverse critiche al cosiddetto modello europeo, augurandosi in diversi campi dell'economia una convergenza verso un modello americano di stampo pi liberista. Per quanto riguarda il lavoro, in particolare, vedono nella rigidit del mercato, legislazioni obsolete e sindacati troppo potenti tre cause di inefficienza che abbassano i salari e l'occupazione, e rappresentano un grosso freno all'ascesa dell'economia del Vecchio Continente. Analizzando i dati della quantit di ore lavorate in Europa (vedi punto 3), i due economisti si chiedono il perch di questo fenomeno e le sue conseguenze. Minimizzando l'enfasi che Rifkin e molti altri economisti pongono sulla miglior qualit di vita in un sistema economico con pi tempo libero e vacanze,
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Eurostat News release 67/2010, Impact of the Crisi on unemployment has been so far been less pronunciated in the EU than US, 11 Maggio 2010. 3 Le citazioni proposte in questo capitolo sono relative al libro pubblicato dai due economisti nel 2006 Goodbye Europa (vedi bibliografia).

Giavazzi/Alesina (p.64) argomentano che la bassa quantit di ore lavorate in Europa sia dovuta in grossa parte alle tasse sulle buste paga e le regolamentazioni su orario di lavoro, ferie, straordinari, et di pensionamento imposta dai sindacai che confluiscono a creare ostacoli alla crescita e problemi al sistema pensionistico. Gli autori pensano che gli Europei non percepiscono il pericolo che si nasconde dietro a questa tendenza, che porter nel medio periodo ad una qualit della vita insufficiente rispetto alle grandi aspirazioni del cittadino medio. Dopo aver spiegato i motivi di tale fatto, gli autori puntano il dito contro i sindacati europei, che a partire dagli anni Settanta hanno acquisito grossa troppa rilevanza. Essi non farebbero in realt il bene della societ, in quanto preferiscono garantire un generoso sistema pensionistico a scapito di prospettive rivolte al futuro (p.74), danneggiando cos le nuove generazioni. La riduzione delle ore lavorative vista al termine dell'analisi come una delle principali cause del lento tasso di crescita che ha caratterizzato l'Europa (in particolare la parte continentale) nell'ultimo decennio, e la cause vanno spartite con la bassa produttivit del lavoro in Europa. Per quanto riguarda la disoccupazione, la ricetta proposta quella di progredire verso un sistema legislativo in cui sia pi facile il licenziamento: le aziende suggeriscono gli autori se sanno di non poter licenziare si guarderanno molto bene attorno prima di proporre nuove assunzioni (p.79). Le leggi presenti attualmente in diversi Paesi europei, infatti, sono in linea con il principio di tutelare chi il lavoro ce l'ha il lavoro, ma cos facendo penalizzano fortemente chi disoccupato. Ovviamente un sistema pi flessibile aumenterebbe anche l'efficienza, e con essa il benessere della societ nel lungo periodo: meritano applausi quindi le riforme portate avanti in Italia (legge Biagi) ed in Germania degli ultimi anni. La conclusione che in Europa, il dibattito sulle riforme del mercato dovrebbe avvicinarsi un po' a quello americano (ossia pi libero e flessibile), senza per abbandonare tutte le forme di tutela: questo processo non pu passare
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che per una riduzione del potere relativo dei sindacati, che a parere degli autori in Europa hanno oltrepassato i principi democratici per i quali sono stati ideati, contribuendo ad assicurare gli interessi di una piccola parte della societ (nel concreto, i pensionati e i lavoratori di mezza et). 5. Il punto di vista di Rifkin Rifkin ha una visione molto diversa rispetto ai due autori che abbiamo appena visto. Innanzitutto il suo approccio leggermente diverso, ed in alcuni punti sembra pi quello di un filosofo che quello di un economista. Nel Uno dei primi argomenti trattati nel suo libro quello della mobilit sociale (p.40): basandosi sui dati della disuguaglianza sociale, nota: il grande sogno americano sembra aver subito una grossa battuta d'arresto, e molti americani incontrano sempre maggiori difficolt a materializzare il proprio sogno e ancora il grande mito americano della scalata sociale continua a sopravvivere, nonostante l'accumularsi di prove schiaccianti che il sogno di un tempo diventato un incubo per molti. Al che inizia la sua analisi, basata su diverse stime sull'ineguaglianza sociale: se negli USA a inizio 2000 un lavoratore statunitense d'alta fascia guadagnava in media 5,6 volte tanto quello che guadagnava uno di bassa, in Europa la media scendeva a 3,6. Per quanto riguarda la retribuzione del lavoro, invece, fa notare come negli ultimi vent'anni, se i dipendenti americani erano negli 80' i meglio pagati, ora sono al sesto posto, dietro cinque nazioni dell'Unione. Chiude seccamente: a quanto pare, l'America la terra per un'esigua minoranza di persone ad alto reddito, ed una terra ingrata per molte altre. Un' altro argomento trattato e collegato al lavoro quello della produttivit. I primi autori forniscono un'analisi che vede l'Europa come un sistema economico gravato da deficit innovativi e sotto il giogo di sindacati ancora troppo potenti. Non c' dubbio che in questo aspetto i dati diano piena ragione ai pro-USA. Rifkin invece ridimensiona la faccenda, e dopo averci fatto notare che alcuni Paesi in particolare quelli dell'Europa continentale hanno livelli di produttivit del complesso, tuttavia, la sua analisi risulta a mio avviso molto interessante.

lavoro pari o superiore a quella statunitense, ci ricorda come in diversi settori gli europei siano ancora all'avanguardia. Un altro aspetto che, mentre la produttivit europea si trova tra il 92 e 97% di quella americana, il reddito europeo solo il 72% di quello americano, dato spiegabile in gran parte con il minor numero di ore lavorate. Proprio questo costituisce uno degli argomenti principali del trattato di Rifkin. Egli elogia politiche come quella francese delle 35 ore settimanali, che hanno il merito di aumentare la produttivit oraria del lavoro (lavoratori pi freschi = lavoratori pi efficienti), aumentare l'occupazione, ma sopratutto aumentare il tempo libero a disposizione dei lavoratori. Ed quest'ultimo punto una delle maggiori differenze tra gli autori: Giavazzi e Alesina preferiscono pensare all'efficienza economica ed allo sviluppo, mentre lo statunitense guarda anche ai risvolti sociali di un certo tipo di impostazione della societ. Pensa ad esempio a come un genitore possa avere pi tempo da dedicare ai figli (il 70% degli americani accusa scarso tempo da dedicare ai figli), o a come un lavoratore possa divertirsi e vivere esperienze indimenticabili durante le lunghe vacanze che i suoi colleghi americani possono solo sognare. In ultima, interessante l'analisi rispetto all'occupazione. Entrambi gli autori scrissero i loro trattati nel bel mezzo dei 2000, e non hanno potuto tener conto degli sviluppi durante la crisi (una rivincita europea?). In quegli anni, la forbice della disoccupazione era aperta a favore degli USA di quasi 3 punti di media, e questo dato sembrava da solo dare pi credito al sistema americano. Nell'analisi pi accurata proposta da Rifkin, si fa notare come non siano state prese in considerazione diverse cose. Innanzitutto, come i tassi di disoccupazione statunitensi, rispondano alle crisi con dei grossi tonfi verticali, che potenzialmente possono creare forti squilibri nella societ (analisi che si realizzer in pieno durante l'ultima crisi). A questo fatto si aggiungono due dati statistici molto importanti: primo, il 2% della forza lavoro statunitense si trova in carcere (meno della met in Europa), abbassando il dato della disoccupazione in un modo non certo socialmente
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desiderabile; secondo, diversi studi hanno rilevato che milioni di lavoratori sfiduciati hanno semplicemente smesso di cercare un lavoro perch sfiduciati, falsando cos le statistiche. Tra le sue conclusioni, Rifkin afferma: La Ue si trova al centro di un acceso dibattito sul futuro del lavoro; schiacciati dal peso dell'alta disoccupazione e di gravosi sistemi fiscali, gli esponenti politici dei governi europei si trovano nel bel mezzo di una battaglia ideologica sulla necessit di riformare le leggi che regolano l'attivit economica ed il lavoro; dopo tutte le analisi, siamo davvero sicuri che la via sia un'imitazione del sistema americano?. Secondo Rifkin considerare l'America come una guida e una fonte di ispirazione fiducia mal riposta e la risposta finale sta nel portare avanti s le riforme in Europa, in quanto il sistema presenta diverse inefficienze facilmente eliminabili, ma bisogna tentare di non estinguere del tutto i sistemi di protezione sociale, che rispecchiano una certa cultura di base quella europea che si sta venendo a formare - e portano benessere ed equit; gli europei farebbero meglio a rallegrarsi per essere riusciti a creare la forma pi umana di capitalismo finora conosciuta. Conclusioni Il lavoro in Europa e negli Stati Uniti sottoposto a logiche e leggi molto diverse, che in gran parte rispecchiano il percorso storico e la concezione pi profonda di societ dei due sistemi economici. Nella prima parte, dove abbiamo fornito una breve analisi dei risultati conseguiti dai due sistemi, abbiamo visto come il sistema americano abbia assicurato per lunghi periodi tassi di occupazione pi alti, assicurando inoltre un alto livello di produttivit ed innovazione. Dall' altra parte, il sistema europeo ha avuto performance leggermente peggiori in entrambi i campi, conseguendo per scelta una politica che prevede meno lavoro, pi vacanze. Durante la recente crisi, come visto il lavoro in Europa ha subito s un grave colpo, ma non paragonabile a quello statunitense, sollevando domande sull'effettiva superiorit di quest'ultimo sistema.

Nei due testi considerati, gli autori hanno dei punti di vista diversi: Rifkin per un modello pi europeo, dove si sacrifica un po' d'efficienza e benessere (poi non cos tanto in realt) per maggiore equit; Aleisna/Giavazzi per una concezione pi capitalistica, secondo cui bisogna puntare sull'efficienza e sulla crescita economica, che porter a sua volta pi benessere alla popolazione. Tuttavia le due opinioni sembrano avere anche dei punti in comune: un qualche grado di convergenza tra i due sistemi auspicato da entrambi le tesi, magari copiando ove possibile - le politiche di successo della controparte senza snaturare il proprio sistema. La mia personale opinione rispecchia del tutto quest'ultima idea: le classi politiche americane ed europee devono farsi umili e tentare di identificare e copiare i casi di successo, adattandoli alle situazioni specifiche interne. Un ambiente di confronto come quello attuale a mio avviso molto utile, e non pu che portare alla fine a misure che garantiscano un maggiore benessere per le nostre due societ e le loro persone. Attenzione per a non dimenticarci chi siamo e la nostra storia!

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BIBLIOGRAFIA

ALESINA A., GIAVAZZI F. (2006) The Future of Europe (tr. Goodbye Europa, Rizzoli 2006, p.11, 63-78. COOLEY T.F. (2010), Europe's labour market problem, da Frorbes.com, 31 Marzo 2010. EUROSTAT Bolletino Mensile Maggio 2007. EUROSTAT NEWS RELEASE 67/2010, Impact of the Crisi on unemployment has been so far been less pronunciated in the EU than US, 11 Maggio 2010. RIFKIN J. (2004) The European Dream, Penguin Gruop Inc., p.41-60.

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