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VID, “virtual identity”: la reale?

identità virtuale
Marzia Barella, Fortunato Sorrentino

marzia.barella@alice.it, fortunato.sorrentino@virgilio.it

La VID, virtual identity , è importante per il crescente peso di tutto ciò che,
nel nostro mondo digitalizzato, si deposita “nel virtuale” in seguito all’uso
intenso che ne facciamo: registrazioni nei siti, blog, posta elettronica,
piattaforme e-learning, communities e molto altro. Analizziamo qui il
concetto di VID, osservandolo dalla nascita ad oggi, e poi nel futuro,
preannunciato dall’emergere degli straordinari “mondi persistenti”,
candidati per nuove soluzioni di online learning e knowledge sharing.

Uno degli spunti del presente lavoro è stata la riflessione su quanto emerge
osservando gli abitatori dei mondi virtuali di gioco (es. “The Sims”), quando si
presentano agli altri giocatori. Le costruzioni delle loro “personæ” e le descrizioni di
sé, sono talmente ben costruite, talmente “reali” che viene da domandarsi in cosa
consista effettivamente la loro “identità virtuale” o VID (acronimo proposto nella
letteratura per virtual identity). Un altro punto di riferimento è stato il Centro di
Ricerca svizzero VIP, il Virtual Identity and Privacy Research Center di Berna
(specialmente il lavoro “Virtual?Identity” [Anrig et al., 2005]).
Mentre la verifica di identità e le relative tecniche sono fuori del nostro orizzonte,
l’obiettivo che perseguiamo è tracciare il concetto di VID dalla sua origine, sincrona
alla nascita di Internet, attraverso varie tappe, fino al presente e verso il futuro,
ricercando le ragioni di una forte evoluzione.
Attraverso vari passaggi, troviamo così le trasformazioni del concetto di VID e altri
concetti chiave che lo hanno affiancato, tra cui quello di “digital identity”, talvolta
sinonimo di VID, ma in realtà collocato sul diverso piano dell’autenticazione.
L’inizio della VID si trova nei MUD (Multi User Dungeons), i giochi collettivi su
Internet degli anni ’80 e nelle acute analisi che ne fece Sherry Turkle [Turkle, 1995]
mettendo in luce i nuovi insospettati comportamenti della vita nel virtuale e i rischi
associati. Seguono i Cyborg di Donna Haraway [Haraway, 1991], un potente meme
che vive fino ai giorni nostri e che apre la domanda sull’identità, allorché le tecnologie
si innesteranno profondamente nella fisicità dell’individuo. Il cyberspazio di William
Gibson e di Matrix è alle nostre spalle, se è vero che “nel mondo rapidamente
emergente dei dispositivi mobili e always-on (e, col tempo, degli impianti cibernetici,
delle protesi e della swarm intelligence), le regole che definiscono il mondo delle
relazioni tra informazione, luogo e vita quotidiana verranno riscritte” (lo dice il blog
endofcyberspace.com).
Caratteristiche ancora diverse assumerà l’identità virtuale con l’emergere della posta
elettronica, del chat, dell’online learning e di tutta la gamma delle communities.
Una rilevante prima trasformazione avviene in parallelo alla transizione da
cyberspazio a blogosfera, da web a Web 2.0. L’individuo nel web diventa attore e
produttore e, presentandosi al mondo come tale, si addossa la responsabilità di una
“reputazione” che deve coltivare e difendere nel virtuale, ma che si riflette nel reale.
La frequenza delle nostre presenze nel web, per lavoro o per gioco, per rispondere
alle istituzioni o per ricercare un’informazione, fa sì che diventiamo conosciuti da
punti di prospettiva multipli e di conseguenza la nostra identità virtuale cresce e
contemporaneamente si frammenta.
La percezione che gli altri hanno di noi, la nostra identità nella Knowledge Society e
nella Digital Economy, non si basa più solamente su elementi tangibili. “Una volta” –
se così possiamo dire – per informarsi al riguardo di una certa persona, (parliamo ad
esempio del mondo business) se ne “prendeva la misura” googlando [verbo to
google] il suo nome sul web e vedendo cosa ne usciva. Adesso la misura si prende
cercandolo su Technorati, blog search engine e non web search engine. Quando
vogliamo “capire” una cosa, o vogliamo rivestire un concetto di elementi di
informazione ed esperienze, andare su Google è una prima prassi, ma poi è de
rigueur cercare quanto dicono i blogger esperti su Technorati e processare i post
ottenuti.
La seconda trasformazione proviene, a nostro avviso, da un angolo ancora poco
osservato, od osservato con una certa sufficienza. E’ questa la transizione, già in
corso, che ci porta nei dieci, quindici anni a venire. Stiamo considerando la forte
pressione di un universo di regole sociali, comportamenti e tecnologie che si
espande come una nebulosa: sono i MMOG, MMORPG, POW, altrimenti detti
“mondi persistenti”. Sono i games (ma gioco non è più una parola giusta) a
partecipazione massiccia, potenzialmente milioni di migliaia di persone/avatar in
azione simultanea. Persistenti per il giocatore, perché tengono traccia della sua
“esistenza”, mondi perché tutto è in 3D, interattivo ed animato. I MMOG esistono
essenzialmente nel nordamerica, in Cina e Giappone, ma si stanno
internazionalizzando. Siamo lontanissimi da ActiveWorlds, primo “mondo attivo” di
cui abbiamo tracce di adozione anche in Italia per scopi didattici [Rotta, 2006]: la
perfezione, le prestazioni, la completezza e la “vivibilità” dei modelli recenti non
hanno paragone.
Il mondo persistente per eccellenza è SL, “Second Life” (secondlife.com). Ha varie
centinaia di migliaia di iscritti, le persone/avatar possiedono terreni e abitazioni, si
socializza, si fa business per grandi somme in valuta “L$” che viene tramutata nel
mondo reale in centinaia di migliaia di dollari al giorno. La VID di un iscritto a SL è
lontanissima dall’entità embrionale “username/password” di un giocatore di MUD. La
VID si è trasforma in VP, virtual presence, anzi in VR, virtual residence: “residenti”
così si chiamano i giocatori in SL.
Mentre i sociologi si interrogano sugli inattesi risvolti delle culture esistenti in SL
(politicizzazione, caro-mercato, vandalismo, …), i competitori di SL sorgono
numerosi e la loro maturità si esprime attraverso un evento che ha dello
straordinario. E’ diventato disponibile liberamente “Open Croquet” (opencroquet.org),
un kit non proprietario, bensì open source, molto potente, per costruire mondi virtuali
3D personalizzati.
L’identità virtuale di chi abiterà i mondi fatti da Croquet sarà diversa dal giocatore di
un fantasy game, avrà un profilo “educational”. Questa “transformational technology”
viene oggi interpretata come un promettente approccio, completamente innovativo,
per realizzare applicazioni di online learning, con incomparabili caratteristiche di co-
creatività, knowledge sharing e intensa presenza sociale [Rust, 2004].

Anrig B., Benoist E., Jaquet-Chiffelle D., Virtual? Identity, VIP, Virtual Identity and
Privacy Research Center, 28.04.2005,
<http://www.vip.ch/papers/virtual_identity.pdf>.
Haraway D., "A Cyborg Manifesto: Science, Technology, and Socialist-Feminism in
the Late Twentieth Century," in Simians, Cyborgs and Women: The Reinvention of
Nature, Routledge, New York, 1991.
Rotta M., “Verso i “mondi attivi””, in Formare, Newsletter per la Formazione in Rete,
n. 42, Febbraio 2006,
<http://formare.erickson.it/archivio/febbraio_06/3_ROTTA.html>.
Rust B., “UW-Madison releases open 3D collaboration environment” in IT,
Winsconsin Technology Network, 18.10.2004, <http://wistechnology.com/article.php?
id=1263>.
Turkle S., Life on the Screen: Identity in the Age of the Internet, Simon & Schuster,
New York, 1995.

Preferenze
giochi, simulazioni, laboratori didattici
e-learning e multicanalità
open source

Parole chiave
identità
virtuale
web
gioco
learning

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