Está en la página 1de 40

HP 2010 #2 6

Disabili e web 2.0


Relazioni sociali e servizi, informarsi e informare, accessibilità

a cura di Nicola Rabbi

Nicola Rabbi, giornalista esperto in


informazione sociale e giornalismo on line,
si avvicina ai 50 anni e desidera
la pace per sé e per gli altri.

7 HP 2010 #2
1. Introduzione
È da parecchio tempo che da queste pagine parliamo di disabilità e Internet; la
prima volta nel 1994 con “Spazi sintetici” ci siamo occupati di come la realtà vir-
tuale potesse cambiare e migliorare la vita delle persone disabili in termini di re-
lazioni sociali ma anche di riabilitazione. Poi l’anno successivo con “Telematici
sentimentali” abbiamo trattato il tema dell’informazione sociale che cominciava a
viaggiare sulle reti telematiche (ancora non si parlava di Internet e di web in Ita-
lia, era un mondo nuovo e pieno di promesse). Nel 1998 invece, quando oramai
il digitale cominciava a diffondersi un po’ dappertutto e il mondo dell’associazio-
nismo iniziava a dotarsi di posta elettronica e di siti web, abbiamo organizzato un
convegno e poi scritto un libro L’handicap in rete (Bologna, Prometeo, 1999) che
raccoglieva le maggiori esperienze presenti in rete; si cercava anche di leggere il
fenomeno non solo in un modo enfatico o semplicemente descrittivo, ma si pone-
vano precise domande sui limiti del mezzo, sul suo effettivo uso, sui problemi di
accessibilità alle tecnologie (domande che venivano rivolte alle stesse persone
disabili). Infine nel 2005, in un panorama tecnologico e in una cultura telematica
molto diversi, abbiamo scritto la monografia Disabili1.0 che raccoglieva, per la
maggior parte del lavoro, una serie di articoli pubblicati sulla rivista dell’Anmic
Tempi Nuovi. In questo caso la domanda che ci si poneva era: come Internet può
aiutare la persona disabile nella sua vita quotidiana? Il tutto veniva realizzato at-
traverso articoli brevi nei quali accanto ai commenti venivano descritte anche cer-
te operazioni pratiche, come la prenotazione di un biglietto on line, l’utilizzo del-
l’home banking… Era un modo per alfabetizzare rispetto agli strumenti che il web
offriva (in realtà il lavoro non si riduceva a questo ma prendeva in considerazione
anche varie tematiche culturali come il diritto alla tecnologia e alla privacy).
Tutto quanto abbiamo descritto è ancora raggiungibile in rete agli indirizzi che tro-
verete indicati nella presente monografia. E che cosa offre questo nuovo lavoro
rispetto al passato? Il principale cambiamento avvenuto in rete dal 2005 si può
riassumere in una parola: partecipazione. Il web 2.0 consiste principalmente nel-
la partecipazione delle persone al web: le persone commentano, collaborano,
scrivono grazie a una tecnologia sempre più facile da usare. Questo significa an-
che una maggiore presenza su Internet di soggetti disabili che collaborano e lavo-
rano, col risultato di un miglioramento qualitativo di ciò che si può trovare in rete;
e non stiamo parlando solo di testi ma anche di foto, audio e soprattutto video.
Dal punto di vista metodologico abbiamo usato la tecnica dell’intervista a perso-
ne esperte nei campi che più ci sembravano interessanti e cioè le relazioni socia-
li e la partecipazione (Maistrello), i servizi socio-sanitari (Amadei), l’accessibilità

HP 2010 #2 8
[ Relazioni ]

al web e alle tecnologie per comunicare (Follis), l’informazione (Gubitosa e Bom-


prezzi), l’informazione medico-scientifica (Santoro); infine abbiamo raccolto la te-
stimonianza di persone disabili esperte nell’uso della rete.
Al termine di questa inchiesta rimane un’impressione, sempre la stessa – perce-
pita anche nei precedenti lavori – di come sia importante, al di là di ogni futura
tecnologia, la presenza dell’uomo, al di là di un filo o di un’onda elettromagneti-
ca; una presenza umana che implica anche un preoccuparsi dell’altro, un farsi
carico delle sue esigenze, che significa insomma avere una precisa responsabi-
lità e la percezione che quasi tutto ci riguarda.
L’intermediazione della macchina tende a renderci meno responsabili? Quando
siamo a bordo della nostra automobile tendiamo a essere meno gentili e attenti
verso un altro automobilista e da pedoni siamo sicuramente un’altra persona.
Forse il paragone non è appropriato o forse riusciamo ad avere ancora poca fiducia
in una tecnologia che sembra permettere una connessione sempre maggiore anche
senza la presenza fisica dell’altro; ma rimane una strana sensazione di vuoto e di
desolazione, se l’altro non c’è un po’ di più fisicamente, almeno un po’ di più.

9 HP 2010 #2
2. La parte abitata della rete
Abbiamo intervistato Sergio Maistrello, giornalista freelance, divulgatore di nuove
tecnologie a misura d’uomo, che dirige dal 2006 Apogeonline, rivista on line di
tecnologia e culture digitali della casa editrice Apogeo. Ha scritto due libri: La par-
te abitata della Rete (Tecniche Nuove, 2007), una guida turistica nel mondo dei
blog e dei social software; e Come si fa un blog (Tecniche Nuove, 2004), libro
pratico per muovere i primi passi nel mondo dei siti personali di nuova generazio-
ne. Con lui parleremo delle opportunità che questo “nuovo modo di vivere la re-
te” offre alle persone disabili (ma non solo) in termini di relazioni sociali, rispetto
dei diritti e libera espressione.

Che cos’è il web 2.0 e cosa sono le reti sociali?


Web 2.0 non è altro che il nome che abbiamo dato alla nostra nuova consapevo-
lezza nell’uso di Internet. Una consapevolezza che è stata favorita, a partire dal
2000, dal diffondersi dei blog (diari per le idee, il modo più semplice ed economi-
co che abbiamo oggi per pubblicare contenuti su Internet), dei wiki (siti collabora-
tivi come Wikipedia), dei podcast (serie di brani audio, una sorta di trasmissione
radiofonica o televisiva personale) e dei social network (applicazioni web basate
su reti sociali). Il web in realtà è sempre lo stesso, non c’è stata alcuna evoluzio-
ne tecnologica in senso stretto: quel 2.0 è solo un vezzo divulgativo, che io nem-
meno amo troppo. È cambiato invece il modo in cui percepiamo il nostro ruolo di
nodi all’interno di questa rete sociale. Come dire: abbiamo cercato di fare del
web una televisione giusto un po’ più complicata, lasciando spesso l’iniziativa al-
le grandi aziende, mentre ora stiamo finalmente comprendendo che abbiamo di
fronte un mezzo di comunicazione nuovo, che lascia spazio a tutti e dentro il qua-
le tutti abbiamo l’opportunità di rappresentare noi stessi e le nostre idee su una
scala potenzialmente planetaria.
I social network, in particolare, sono ambienti che abbinano una dimensione so-
ciale ai classici servizi on line (comunità virtuali, servizi di pubblicazione e archi-
viazione di contenuti, punti di incontro fra domanda e offerta di lavoro). Gli auto-
matismi dei social network valorizzano i contenuti messi a disposizione dal sin-
golo iscritto, ma soprattutto permettono di far emergere spontaneamente i con-
tenuti ritenuti più interessanti dalla comunità nel suo complesso. Chi si iscrive
condivide i suoi contenuti e traccia le relazioni che lo uniscono ai propri amici o
colleghi. L’insieme delle interazioni tra questi individui e tra questi gruppi sociali
aggiunge alle funzionalità di base effetti su vasta scala, che generano valore in
modo del tutto spontaneo e automatico.

HP 2010 #2 10
[ Relazioni ]

Un esempio. Condividere fotografie su un social network come Flickr, invece che


su un servizio di pubblicazione chiuso al suo interno, permette di far circolare le
immagini con molta facilità dentro la propria rete sociale di amici e conoscenti
iscritti allo stesso servizio. Se la fotografia riscuote consenso, attraverso le se-
gnalazioni dei propri contatti e attraverso le loro reti sociali, questa può incontra-
re nuovi ammiratori. La condivisione di parole chiave consente di mettere in rela-
zione tra loro fotografie simili per soggetto o tecnica, anche se i rispettivi autori
non si conoscono o abitano dall’altra parte del mondo. Il filtro spontaneo e distri-
buito, continuamente sollecitato dalle attività dei singoli iscritti, premia le imma-
gini più interessanti, facendole emergere e proponendole all’attenzione generale.

Per una persona disabile che opportunità può rappresentare questa evoluzione
della rete?
Finora ci siamo dovuti accontentare di un racconto del mondo secondo filtri di
massa, applicati per noi da chi aveva capitali, spirito imprenditoriale e potere suf-
ficienti a controllare i canali di emissione. Internet ha avviato uno straordinario
spostamento di potere (mediatico, politico, culturale) da questo oligopolio di fonti
alle persone. Su Internet le nicchie che il mercato di massa giudicava antiecono-
miche, e dunque ignorabili, diventano una ricchezza, come dimostrano alcuni
nuovi modelli economici. Un esempio banale: una libreria on line, superando i li-
miti fisici del punto vendita e commercializzando un catalogo potenzialmente pari
alla totalità dei libri stampati, vende pochissime copie ma di tantissimi libri, e la
somma di tutte queste nicchie vale più del giro d’affari delle librerie tradizionali
arroccate intorno a pochi best seller. È l’idea della “coda lunga”: c’è spazio per
tutto e per tutti, non c’è filtro in entrata, ogni nicchia di interessi ha la sua possi-
bilità di trovare un suo “mercato”.
Come può riguardare i soggetti disabili questa novità? Beh, innanzitutto oggi le
persone disabili hanno la possibilità di vedere rappresentato il proprio racconto
del mondo al pari di quello di chiunque altro. Non sarebbe una notizia in sé, se
nel racconto di massa di cui abbiamo appena parlato i soggetti disabili avessero
effettivamente avuto pari dignità, cosa che non mi pare sia stata. Il resto non ri-
guarda le opportunità in quanto disabili, ma le opportunità in quanto persone. La
Rete esalta le differenze, aiuta a far incontrare chi ha idee, interessi e caratteri-
stiche simili, favorisce il confronto tra i diversi sguardi sul mondo. Una volta rag-
giunta la Rete – e so bene che questo passaggio apparentemente banale può na-
scondere difficoltà enormi, che pure oggi vengono ridotte con soluzioni hardware
o software sempre più a portata di mano – un soggetto disabile prende il pieno
possesso della propria socialità digitale così come chiunque altro.

11 HP 2010 #2
HP 2010 #2 12
[ Relazioni ]

Questo che effetti può avere sul rispetto dei diritti delle persone svantaggiate?
Se il racconto del mondo è più vario e si arricchisce di percezioni e punti di vista,
anche le soluzioni alla crescente complessità contemporanea possono essere
più rispettose dei diritti e delle necessità di tutti. È un diritto che assume conno-
tazioni attive: io divento il primo garante del rispetto dei miei diritti, il primo ad
agire perché siano riconosciuti e salvaguardati. Non mi posso più nascondere
dietro l’inefficacia di un’istituzione miope o insensibile.

In particolare quali strumenti del web possono essere utili per un soggetto disa-
bile? (particolari reti sociali, strumenti del web 2.0...)
Non riconosco la categoria “disabile” su Internet. Anche perché so bene l’enor-
me varietà di situazioni che questa parola rappresenta. Di nuovo: parliamo di per-
sone. Non credo avrebbe senso un social network di soggetti disabili, per esem-
pio. Sarebbe un modo per rifugiarsi in un recinto rassicurante, ma poco efficace
per fare qualcosa che già non facciano gli ottimi siti monografici che esistevano
anche prima di questo benedetto web 2.0. I soggetti disabili sono persone e ogni
persona ha caratteristiche, interessi, professionalità, scopi differenti. Il bello dei
blog e dei social network è che ognuno può fare il suo percorso, secondo le sue
predisposizioni individuali.
Qualche idea? Beh, innanzitutto aprire un blog su una delle tante piattaforme gra-
tuite disponibili (Splinder, Blogger, Typepad, Il Cannocchiale, ecc.): serve a rac-
contare, a raccontarsi, a mettere in circolo la propria voce, a sperimentare la bidi-
rezionalità della comunicazione, a stimolare il confronto pubblico nei commenti, a
scoprire le analogie spontanee che si creano tra i propri contenuti e quelli altrui,
a espandere la propria rete sociale. Il blog è il modo più rapido per popolare il no-
stro punto di presenza sulla grande rete sociale di Internet. Dopodiché credo che
nessuno che ami la fotografia possa fare a meno di provare Flickr (www.flickr.com),
chiunque si diletti di riprese video amerà YouTube (www.youtube.com), chi ama la
musica scoprirà nuove frontiere grazie alla condivisione dei gusti di milioni di per-
sone su Last.fm (www.last.fm), via via fino a servizi specializzati come quelli per
condividere curriculum e professionalità (LinkedIn, www.linkedin.com, o Neurona,
www.neurona.com).

Hai delle storie che ti sono capitate in rete o ti ricordi episodi specifici che riguar-
dano il nostro tema?
La tua domanda mi dà l’occasione di ricordare Francesco Grossi, noto in Rete col
suo nick ZoneX (www.zonex.it), che ci ha lasciati proprio alla fine dell’anno scor-
so. Era ipovedente, aveva grosse limitazioni nell’accesso al PC e a Internet, e su

13 HP 2010 #2
questi temi ha condotto la sua personale campagna di sensibilizzazione. Ma po-
co importa qui la disabilità specifica: Francesco era una persona che aveva molto
da dire, aveva capito che poteva dirlo senza attendere che gli venisse dato un mi-
crofono e intorno ai temi che gli stavano a cuore era stato capace di creare una
fitta rete sociale.

Quali sono i limiti o le tendenze preoccupanti che può avere il web 2.0 per un
soggetto disabile (se ve ne sono)?
Spesso in Rete si finisce per mettere in gioco molto di se stessi, senza rete – se
mi concedi il gioco di parole. La percezione di ciò che è pubblico e di ciò che è
privato, oppure della responsabilità che comporta ogni nostra azione on line, è
spesso sottovalutata. Ecco, ancora una volta la disabilità in sé non c’entra, ma a
maggior ragione è bene essere sempre padroni della situazione e non lanciarsi in
esplorazioni che non si è in grado di sostenere senza stress.

Se tu dovessi lanciare in rete un’iniziativa riguardante la disabilità e che sfruttas-


se la “parte abitata della rete” che cosa ti verrebbe in mente?
Semplicemente inviterei tutti i soggetti disabili a entrare, nei tempi e nei modi
che sono loro possibili, nella parte abitata della Rete. Ne può esistere una sola,
secondo me, pur con tutte le sue innumerevoli declinazioni. E così come non co-
nosce confini geografici, non conosce di certo preferenze per le diverse abilità in-
dividuali, se non per quelle che – condivise – arricchiscono tutti.

Per contattare l’autore: www.sergiomaistrello.it

HP 2010 #2 14
[ Servizi ]

3. Il sociale e il sanitario vanno sul web


CUP 2000 è la principale azienda italiana che gestisce i sistemi CUP (Centri Unifi-
cati di Prenotazione), di dimensione metropolitana e regionale, di accesso alla
sanità. Molti di questi servizi vengono erogati attraverso il web; ne parliamo con
Gianluigi Amadei, progettista, che si occupa dell’area servizi sociali all’interno
dell’azienda.

Che tipo di servizi socio-sanitari offre CUP 2000 e a chi sono rivolti?
CUP 2000 non si muove solo nell’area del sanitario fornendo servizi per l’acces-
so alla sanità ma da qualche anno a questa parte fornisce servizi nell’area pro-
priamente sociale; non siamo specificamente indirizzati verso la disabilità, l’area
del sociale è più indirizzata all’anziano, ma il confine tra le due aree è molto labi-
le; ad esempio quando si parla di occasione di socializzazione o di agevolazione
dell’accesso ai servizi, cambia l’offerta ma le modalità spesso sono simili.
Nell’area dei servizi informativi abbiamo sviluppato nel corso del 2009 un punto
di accesso per tutto il mondo della sanità e del socio-sanitario; il cittadino, ma
anche il soggetto disabile, può trovare tutte le informazioni sul sociale e il socio-
sanitario (sul medico di medicina generale, sul pronto soccorso con liste d’attesa
in tempi reali, sugli sportelli sociali…) con la possibilità di avere, una volta indivi-
duato il servizio che si sta cercando, anche i percorsi per raggiungerlo, scelti in
base alle proprie modalità di mobilità. Stiamo raccogliendo anche informazioni
sull’accessibilità.
Il pagamento avviene tramite carta di credito o bancomat, un’operazione molto

15 HP 2010 #2
sicura che si sta estendendo in ambito regionale e non ci sono commissioni ag-
giuntive da parte nostra.
In questo modo è possibile accedere a un servizio sanitario senza dover fare co-
de, ma direttamente da casa.

Ma a quali servizi può accedere una persona disabile o un anziano? Vi sono limi-
tazioni?
Lo sportello on line eroga quasi tutte le prestazioni, rimane la difficoltà per quel-
le che presentano impegnative difficili da interpretare, ma attraverso il Progetto
Sole stiamo riducendo il numero di queste prestazioni “difficili”, in quanto tutte
le impegnative saranno inserite direttamente dal medico di medicina generale nel
suo studio e in questo modo non ci potrà essere margine di errore in quanto ci
sarà sempre un codice preciso e il sistema recupererà i dati inseriti.
In Emilia-Romagna stiamo completando il collegamento al CUP con ogni medico
di medicina generale e con i pediatri che sono, complessivamente, circa quattro-
mila. A ogni medico sarà possibile ricevere i referti e altre segnalazioni come il ri-
covero, le variazioni anagrafiche e certe certificazioni come quella di invalidità; in
Emilia-Romagna infatti esiste il Progetto Rurer che centralizza la gestione delle
certificazioni dell’invalidità mettendo in collegamento la struttura sanitaria, l’In-
ps, l’anagrafe regionale e i sistemi informativi del lavoro. Stiamo sempre parlan-
do di ambienti web, di qualcosa che consente al soggetto disabile, nel momento
in cui gli viene riconosciuta la sua situazione, di essere registrato presso gli spor-
telli del servizio lavoro come disabile e inserito nelle liste di collocamento: in
questo modo si passa dal CUP metropolitano al CUP web.
Il web, attraverso il già citato Progetto Sole, dà la possibilità ai medici di base di
rendere subito disponibili le loro richieste di accertamenti diagnostici. Tutto quel-
lo che è prenotabile dallo sportello entro breve sarà prenotabile dal web diretta-
mente; non sarà così per tutti i servizi, ad esempio, le terapie fisiche si continue-
ranno a prenotare presso le strutture erogatrici, ma la tendenza è inglobare tutte
le prestazioni che saranno direttamente prenotabili via web. Avere in tempo reale
questi dati permetterà anche una migliore programmazione dei reparti ospedalie-
ri, dell’uso delle macchine, come quelle radiologiche.

CUP 2000 è un’esperienza solo di Bologna e dell’Emilia-Romagna?


È un modello già esportato in altre regioni e in alcune grandi città come Genova,
Milano, Napoli.
Abbiamo realizzato questo sportello in Inghilterra nella contea di Birmingham, a
Pechino in Cina, ma le dimensioni del CUP di Bologna sono una realtà unica nel

HP 2010 #2 16
[ Servizi ]

mondo sia come numero di prestazioni offerte che come numero di utenti.

Avete dei dati riguardo l’utenza disabile ed esistono dei servizi indirizzati a loro
via web?
Non abbiamo dati sull’utenza disabile, ma ci stiamo muovendo molto verso l’area
del sociale secondo due linee di intervento. In primo luogo stiamo cercando di
creare il CUP del sociale, rendendo più semplice l’accesso a tutta una gamma di
servizi socio-sanitari o socio-assistenziali che sono ancora sparsi sul territorio;
vogliamo fare una rete integrata del socio-sanitario e assistenziale, anche con lo
scopo di creare una cartella socio-sanitaria sul modello di quella sanitaria dispo-
nibile sempre on line. Una cartella di questo tipo contiene i trattamenti che mi
sono stati erogati, che cosa mi sta succedendo, se ho una assistenza familiare,
se sono inserito in particolari programmi, se mi vengono erogati determinati ausi-
li o servizi di supporto (accompagnamento, bagno a domicilio…). Qui il nostro
pubblico di riferimento sono gli anziani ma anche i soggetti disabili e le persone
“fragili”. Vogliamo disegnare intorno all’anziano e al soggetto disabile quella che
è la sua rete di riferimento e di supporto, e rendere visibile questa rete facilitan-
do gli interventi aggiuntivi. Bisogna uscire dalla logica sanitaria per entrare in
quella socio-sanitaria che prende in considerazione non solo la salute della per-
sona ma il suo benessere in generale.
In secondo luogo, stiamo realizzando un por tale chiamato Bolognasolidale
(www.bolognasolidale.it) che raccoglie tutto quello che si sta muovendo sul terri-
torio disegnando la rete di chi assiste. In questo modo la persona che si registra
sul portale può conoscere una rete fatta di volontariato, di parrocchie, di mini-
gruppi di supporto familiare; con il progetto Icare lo stiamo già facendo, seguen-
do circa tremila anziani. Se un anziano ha problemi di mobilità, vediamo se vicino
a lui vi sono dei gruppi che possono aiutarlo. La nostra mediazione è gratuita e
non ha costi per l’utenza.

Internet offre non solo testi ma anche la possibilità di usare strumenti multime-
diali: ne fate uso all’interno di questo discorso?
Per quanto riguarda la multimedialità abbiamo il Progetto Oldes, che utilizza un
computer multimediale collegato a un televisore, ovvero uno strumento facilmen-
te accessibile anche a chi non ha particolari conoscenza tecnologiche. Si offrono
dei contenuti informativi, contenuti di intrattenimento mirati ai gusti e alle carat-
teristiche dell’utente che tendono alla socializzazione; ad esempio non trasmet-
tiamo un documentario su Bologna ma su particolari percorsi che si possono fa-
re in città e che possono essere effettivamente fatti grazie a gruppi di volontaria-

17 HP 2010 #2
to che organizzano le uscite. Tramite questo sistema è possibile anche telefona-
re e comunicare con un moderatore/sollecitatore di dibattito e con la rete di per-
sone con cui l’anziano ha scelto di stare connesso; in questo modo si ha la pos-
sibilità di comunicare direttamente con un gruppo di persone. Viene creata una
sorta di centro sociale virtuale per anziani, senza doversi spostare fisicamente
per incontrare gli amici.
Il sistema comprende anche una piattaforma di tipo tele-medico che dà la possi-
bilità di tenere controllati una serie di parametri clinici (pressione, glicemia, pul-
sazioni…).

Ma questo non comporta un rischio di ulteriore isolamento per la persona anzia-


na o disabile?
Questo spostamento della vita di relazione su una piattaforma virtuale rischia di
aumentare la situazione di isolamento anziché diminuirla. Per contrastare questo
rischio noi organizziamo delle feste, feste vere; sono occasioni di contatto fisico,
dove gli anziani si incontrano tra loro e con gli operatori telefonici con cui sono in
contatto.

Che progetti avete per il futuro?


Penso soprattutto al fascicolo sanitario elettronico che sarà presto una realtà per
chi vive in Emilia-Romagna; avrà una valenza clinica non amministrativa e sarà di-
sponibile on line. Il fascicolo sanitario proposto da Google Health (un servizio sa-
nitario simile) è su base volontaria, il nostro non sarà così. Stiamo digitalizzando,
con un’operazione molto impegnativa per l’Asl di Bologna, tutte le cartelle clini-
che in modo che sia reperibile on line lo storico cartaceo per il singolo paziente.
Anche cambiando residenza una persona potrà immediatamente ritrovare on line
la sua cartella clinica completa.
Per finalità diverse abbiamo anche digitalizzato dei registri clinici scritti in folio a
mano di fine Ottocento, che hanno un valore per la storia della medicina e della
scienza.

HP 2010 #2 18
[ Accessibilità ]

4. Se gli utenti disabili reclamano il


diritto all’accessibilità
Intervista a Carlo Filippo Follis, che dal luglio del 2006 al 2009 ha tenuto un inte-
ressante blog sul tema dell’accessibilità delle nuove tecnologie e soggetti disabili
(www.norisberghen.it), con un occhio particolare al web e ai cellulari. Il blog è an-
cora visibile ma non più aggiornato a causa delle difficoltà che ha avuto l’autore
nel coinvolgere le stesse persone disabili sul tema.

Che cos’è Norisberghen.it e quali sono le idee fondamentali che ti hanno mosso?
Norisberghen.it è nata come area di sperimentazione per portali realizzati tramite
il celebre software WordPress. Doveva essere un’area prototipale dalla quale ge-
nerare cloni tematici destinati a blog dove si sarebbe veramente discusso di temi
specifici. Sebbene ciò sia accaduto per DisabileDoc.it – Libera Community di Di-
sabili Protagonisti – Norisberghen.it ha iniziato da subito a esaminare la tecnolo-
gia nelle sue differenti espressioni tanto da dar vita a un progetto specifico: l’Ap-
ple D-User. D-User è un termine che ho voluto coniare per estrarre dal mazzo la
persona disabile ed evidenziare così un mondo che ha bisogno di attenzioni an-
che per poter essere di utilità a chi può diventare disabile per quello che io chia-
mo “evento storico”: un incidente, la manifestazione di una patologia di carattere
genetico o, semplicemente, un invecchiamento che mina le capacità residue ab-
bassandone il livello.

Che cosa significa per te accessibilità a un dispositivo tecnologico?


Una forma di utopia da commutare in realtà. Mi spiego meglio. A nessuno so-
stanzialmente interessa realmente impegnarsi nella realizzazione di dispositivi
accessibili. Di fondo ci sono essenzialmente alcune spiegazioni: oggi vengono
prodotti molti hardware che si vendono perché stupiscono la massa dell’utenza,
una sorta di prodotto non sempre utile, ma che piace a tal punto da rimpiazzare
ciò che già abbiamo. I killer product servono per continuare a vendere generando
un’evoluzione che, quasi sempre, non è innovativa bensì è un esercizio di stile
che fa marketing. I prodotti poi sono progettati da ingegneri che non avendo defi-
cit non possono conoscere le nostre necessità. In quei pochi casi in cui il genio
prevede, il marketing sovente obbliga a rivedere in funzione di canoni estetici glo-
bali. Non dimentichiamoci poi del paradosso accettato dai soggetti disabili, alme-
no dai più, che negando i propri limiti ed esigenze con espressioni false e abomi-
nevoli come “diversamente abili” soffocano quella consapevolezza che invece li
dovrebbe portare a urlare le loro innumerevoli necessità.

19 HP 2010 #2
L’utopia dell’accessibilità deve essere resa reale proprio da coloro che amano
meno esporsi sottolineando un essere palese, ma che non va detto per non sen-
tirsi disabili. È come se i neri d’America o i gay avessero condotto le loro batta-
glie dichiarandosi chi “diversamente bianco” e chi “diversamente etero”.
Se accessibilità è sinonimo di raggiungimento, beh, allora ci vuole il giusto corag-
gio per percorrere una strada che sarà di vantaggio a tutti: persone disabili e nor-
modotate.

Internet, attraverso i dispositivi hardware e software, è accessibile ai soggetti di-


sabili? Dove si riscontrano le maggiori mancanze?
Non basterebbe un trattato di quattrocento pagine per rispondere, quindi giun-
giamo al verdetto: no. No, non è accessibile, o meglio, non lo è per tutti in
egual misura. I soggetti disabili sono talmente variegati nelle loro caratterizza-
zioni che non vi è una copertura tecnologica per realizzare un’accessibilità per
tutti. Mancano ancora le tecnologie e quelle che ci sono non vengono spesso
applicate. Siamo costantemente in una fase di concertazione globale dove un
soggetto promuove la filosofia e traccia le linee di base, ma poi arriva l’interlo-
cutore forte e impone canoni fuori regola. Il futuro HTM 5, ad esempio, è già
oggi in fase di reinterpretazioni che lo indeboliranno proprio sui fronti usabilità
e accessibilità.
La maggiore mancanza è sempre espressa in una lacuna culturale e sarà così
sino a quando non si comprenderà che l’impegno in questa materia è una poliz-
za sul futuro di tutti. E ancora che l’espressione di forza non viene manifestata
attraverso la discussione di regole che devono essere di tutti, bensì sulla bontà
di prodotti e ser vizi di maggiore eccellenza.

HP 2010 #2 20
[ Accessibilità ]

Internet sempre più sarà consultabile tramite reti mobili, attraverso cioè cellulari,
palmari... Quali sono i principali problemi di accessibilità in questo caso?
Il soggetto disabile che non ha problemi motori agli arti superiori o problemi di
grave ipovedenza potrà beneficiare di dispositivi convergenti sempre più evoluti e
meno costosi. Per tutti gli altri sarà una strada in salita o impraticabile. I disposi-
tivi mobili esasperano una miniaturizzazione che rende l’apparecchio sempre più
ingestibile anche da chi non ha problemi.
Poniamoci poi anche una domanda mettendo da parte le attuali tendenze o mo-
de tecnologiche: il cellulare, che sia smartphone oppure no, è proprio il mezzo a
cui guardare per navigare in Internet?

Oltre alle disabilità sensoriali e motorie (di solito quelle prese più in considerazio-
ne quando si parla di barriere) anche i disabili psichici possono avere difficoltà
nell’uso dei dispositivi tecnologici per accedere alla rete, se questi ad esempio
sono troppo complessi. Cosa si fa per loro?
Non vorrei apparire banale o peggio, ma da dire c’è ben poco. Mi spiego. Se so-
no un soggetto disabile con deficit psichici avrò le stesse possibilità di rapportar-
mi alla rete, o alla tecnologia, che ho nello sfogliare una rivista, un mensile. Il
prodotto se ben fatto offrirà a tutti il beneficio della chiarezza che andrà incontro
anche, ma non solo, al soggetto con disabilità psichica.
Il punto è proprio sempre quello: non abbiamo ancora imparato a realizzare for-
mat evoluti che esaltino accessibilità e usabilità per tutti. È ancora una volta una
carenza culturale oltre che professionale.

I soggetti disabili possono rappresentare una fetta di mercato appetibile per i

21 HP 2010 #2
HP 2010 #2 22
[ Accessibilità ]

produttori di dispositivi software e hardware; il mercato è consapevole di questo?


E questa fetta di mercato si sta organizzando, sta facendo pressione sui costrut-
tori per richiedere dispositivi già accessibili?
Le persone disabili, aggettivo che andrebbe sempre scritto con la D maiuscola,
rappresentano certamente un mercato vastissimo e al contempo ignorato. Non
solo non sono organizzate, ma non partecipano neppure a progetti mirati. In poco
più di un anno di vita del progetto Apple D-User non ho ricevuto un solo input,
idea o richiesta da parte di un soggetto disabile. Di contro, sono stato accusato
di mercificare l’immagine di una categoria a tutto vantaggio di un’industria. Since-
ramente non ho ancora compreso di chi è la follia... Poi vi è il paradosso delle im-
prese che non ascoltano i consigli specifici per non palesare carenze, per altro
ovvie, che delegittimerebbero i loro uffici tecnici: non considerano insomma il
suggerimento come complemento essenziale a uno staff di ingegneri che, se non
sono disabili, non possono certo prevedere necessità che non vivono.

Cosa intendi con il concetto di D-mercato e di D-users?


Il D-Mercato è un bacino di potenziali clienti che conta nel mondo 650 milioni di
unità. I D-Users sono le unità del D-Mercato.
Il D-Mercato è anche miliardi di euro l’anno, ma molti vengono persi dalle impre-
se che ignorano una realtà che non spende solo per piacere, ma soprattutto per
necessità e che per questo ha (raggiunge) anche budget più alti...

Si sa che costruire fin da subito case senza barriere architettoniche è molto più
economico che adattare quelle che ne hanno: questo principio vale anche per i
dispositivi tecnologici?
Il principio vale in linea teorica e deve valere come principio ispiratore anche se
non esiste l’adattamento di un computer o di un cellulare. Non sarei invece così
sicuro della certezza espressa. Se così fosse saremmo di fronte a una marea di
persone mefistofeliche e insensibili per pura cecità e pigrizia.
Beh, a pensarci bene...

Qual è la tua sensazione rispetto a questo tema? Pensi che in futuro si realizze-
ranno prodotti tecnologici fin da subito attenti alle esigenze di persone “diver-
se”?
Il futuro è un tempo presente nel momento in cui si manifesta e, paradossalmen-
te, propone prodotti realizzati su idee vecchie. Questo è un dato di fatto e non un
esercizio filosofico. I prodotti dei prossimi anni sono già stati immaginati e in par-
te progettati. Oggi stiamo vivendo in un medioevo tecnologico che non credo sap-

23 HP 2010 #2
pia bene il perché produca questo o quel prodotto o soluzione. È un momento di
alambicchi che distillano oggetti da comprare, elementi sempre più complemen-
tari a una illusoria vita digitale castrata anche dalle carenze di strutture e reti po-
tenziate rispetto alle origini.
Il futuro, quello dei film, è molto lontano. Il prossimo futuro sarà peggiore del pre-
sente e i soggetti disabili avranno sempre più difficoltà a utilizzare quegli stru-
menti che invece dovrebbero essere di Vita Indipendente.
Come sempre sarà un problema figlio di una lacuna culturale...

Se tu potessi creare un dispositivo per accedere alla rete, senza badare ai limiti
tecnologici di oggi e pensando a qualcosa che appartiene al futuro, come te lo
immagineresti?
Sottintendendo la mia natura disabile mi vien solo da pensare a una cosa che,
se fantascienza oggi, un domani non certo vicino potrebbe trovare riscontro nella
più spinta ricerca. Se un soggetto disabile si deve rapportare a innumerevoli
hardware e quindi software, è egli stesso il fattore comune di una realtà che do-
vrà evolvere con lui e non solo per lui.
Ecco che entrano in gioco le potenzialità cerebrali che, canalizzate e rese decodi-
ficabili, potrebbero offrirci un potere mentale noto come telecinesi. Tasti, mano-
pole, touch screen e qualsiasi altro elemento fisico potrebbero essere “toccati”
con la mente e non con il corpo.
Troveremmo l’autonomia diventando Jedi, ma senza per questo dover recitare in
Guerre Stellari... Consideriamo che questa utopia, oggi, un domani potrebbe es-
sere una soluzione super tecnologica. Io, affetto da tetraparesi spastica, avrei le
stesse potenzialità di un distrofico, atassico o altro soggetto disabile con pari ca-
pacità intellettive. Addirittura un cieco potrebbe vedere, percepire e avere l’am-
biente circostante definito. Sarebbe possibile per la bidirezionalità del segnale:
input e output.
La folle soluzione che ho descritto trova già applicazione in alcuni confortanti
“tentativi tematici” come l’occhio bionico che ora punta al riconoscimento del co-
lore oltre che ai già conquistati toni di grigio.
Sino a quel tempo la risposta trova riscontro nei ragionamenti precedenti, che al-
la base hanno prodotti che dovrebbero essere pensati in collaborazio-
ne/consulenza con le persone disabili. Purtroppo questa è un’utopia più forte e
amara della precedente, perché pur essendo attuabile non la si prende neppure
in considerazione...

Per contattare l’autore: cffollis@gmail.com

HP 2010 #2 24
[ Informazione ]

5. L’informazione sulla disabilità al tempo


di Internet
Carlo Gubitosa è un giornalista e attivista per i diritti umani e la libera informazio-
ne, che dagli inizi degli anni ’90 si occupa di informazione on line; ha pubblicato
vari libri tra cui Italian Crackdown – BBS amatoriali, volontari telematici, censure
e sequestri nell’Italia degli anni ’90 (Milano, Apogeonline, 1999) e Hacker, scien-
ziati e pionieri. Storia sociale del ciberspazio e della comunicazione elettronica
(Viterbo, Stampa Alternativa, 2007).
Franco Bomprezzi è un giornalista disabile; attualmente lavora come freelance a
Milano ed è un esperto di comunicazione sociale. Ha scritto i romanzi La contea
dei ruotanti (Padova, Il Prato, 1999), Io sono così (Padova, Il Prato, 2003) e Han-
dicap power (Lucca, LibertàEdizioni, 2008).
Abbiamo rivolto ai due giornalisti alcune domande su come i soggetti disabili usa-
no Internet e in particolare su come è cambiata l’informazione a proposito di di-
sabilità con l’avvento delle nuove tecnologie del comunicare.

In qualità di giornalista e di persona disabile che utilizza in modo costante la re-


te, che cosa ha significato per te l’uso di Internet?
Bomprezzi: Moltissimo, direi tutto. Oggi non riesco neppure a immaginare il mio
lavoro senza Internet. Innanzitutto, banalmente, l’uso sempre più soddisfacente
dei grandi motori di ricerca consente di trovare notizie, fonti, confrontare opinioni,
rintracciare documenti utili. Da persona con disabilità la rete aggiunge la como-
dità del telelavoro, quando possibile.

La rete permettendo la moltiplicazione dei canali rende possibile anche un’infor-


mazione individualizzata, di nicchia e per temi specifici: questa evoluzione ha por-
tato a reali cambiamenti positivi per quanto riguarda l’informazione sulla disabi-
lità?
Gubitosa: Direi di più: ha portato a cambiamenti positivi per quanto riguarda l’infor-
mazione DEI disabili, che grazie alle nuove tecnologie hanno l’occasione di produr-
re e condividere informazioni come mai prima d’ora. Nel 2000 ho effettuato un la-
voro di inchiesta e di approfondimento su questi temi che ha dato vita a un proget-
to multimediale ancora on line all’indirizzo http://www.olografix.org/gubi/smau/.
Sono rimasto sorpreso scoprendo che per usare un computer basta anche solo la
lingua, il soffio o la possibilità di premere un singolo pedale o interruttore. Anche
in questo ambito vale un discorso generale: la migliore informazione è quella pro-
dotta da chi ha esperienza diretta dei temi trattati. E quindi l’informazione migliore

25 HP 2010 #2
sulla disabilità è quella che proviene dai soggetti disabili. Basti guardare al lavoro
immenso di giornalisti come Franco Bomprezzi, o al premio “Ilaria Alpi” vinto dal di-
sabile Franco Civelli nella sezione “telestreet”, con un video di inchiesta/denuncia
in cui descriveva le barriere architettoniche della sua città.
Bomprezzi: Certamente. Ha portato una maggiore consapevolezza degli strumen-
ti a disposizione, dagli ausili tecnologici alle opportunità di viaggio, dalla rete del-
le associazioni alla documentazione legislativa; non c’è campo nel quale i canali
del web non abbiano offerto strumenti nuovi e in larga misura validi.

E i soggetti disabili stanno usando questo strumento per informare l’opinione


pubblica e per veder riconosciuti i propri diritti?
Gubitosa: Prima ancora che come strumenti di attivismo, credo che la produzio-
ne di contenuti da par te delle persone disabili sia un indispensabile strumento
di espressione, una forma per esercitare quel diritto alla comunicazione spes-
so rivendicato nella sua sola forma passiva (ricevere informazioni corrette) ma
sempre più praticato nella sua forma attiva e riflessiva (informaRE e informar-
SI). A par tire da questo, è indubbio che oggi in rete è molto più facile denuncia-
re le situazioni in cui la disabilità si trasforma in handicap per negligenza altrui,
come insegna il caso di Fabio Pavone, il giovane abruzzese affetto da distrofia
che ha denunciato in rete la mancata coper tura mutualistica di un costoso
mouse pilotato con le labbra che gli permette di comunicare [abbiamo trattato
di questo caso anche in una rubrica di Bandieragialla.it, che trovate pubblicata
a questo indirizzo, www.bandieragialla.it/node/6370 n.d.r.]. In altri tempi il ca-
so di Fabio sarebbe passato inosser vato, ma il suo utilizzo intelligente della re-
te come cassa di risonanza gli ha permesso di ottenere visibilità su un dato
cruciale per molte persone nelle sue stesse condizioni, e il tutto agendo come
singolo cittadino, senza dover passare per l’intermediazione di gruppi o asso-
ciazioni.
Bomprezzi: In parte sì, in parte no. Sicuramente alcune realtà organizzate sono
state in grado di utilizzare la rete per informare e formare l’opinione pubblica. Ma
il limite è rappresentato dalla nicchia, ossia dalla difficoltà di arrivare, anche sul
web, ai media generalisti di larga diffusione, dove sarebbe indispensabile incide-
re efficacemente e tempestivamente.

I disabili in Italia hanno una buona formazione sul tema dell’uso delle nuove tec-
nologie?
Gubitosa: Sarebbe corretto dire che hanno una buona AUTOformazione, visto che
né i percorsi scolastici ufficiali, né le strutture di assistenza, né tantomeno le

HP 2010 #2 26
[ Informazione ]

istituzioni o il Ministero del Welfare hanno dimostrato in questi anni una partico-
lare attenzione per l’accessibilità delle tecnologie. In Italia siamo riusciti a pro-
durre la legge Stanca che ha portato solo confusione nel settore, mentre sareb-
be bastata una legge di una riga che richiedesse il rispetto degli standard inter-
nazionali di accessibilità già ottimamente definiti e codificati.
Bomprezzi: Credo che ci sia una formazione a macchia di leopardo sul territorio
nazionale. Bene al Nord e in parte al Centro, i problemi nascono al Sud anche
per le difficoltà nell’estendere le linee a banda larga in territori non sorretti ade-
guatamente dal punto di vista economico e infrastrutturale.

Quali sono in rete alcuni esempi validi per te di buona comunicazione on line?
Gubitosa: Tra i più recenti potrei citare “Crisi TV” (http://crisitv.wordpress.com/)
dove una community di precari mette insieme testi, approfondimenti e materiali
multimediali per affrontare la crisi in modo informato e consapevole, e sostenere
le battaglie per il diritto al lavoro. C’è poi la rivista antimafia catanese Ucuntu
(www.ucuntu.org), lo storico portale pacifista www.peacelink.it e l’esperimento di
giornalismo satirico che stiamo realizzando su www.mamma.am dove una satira
che non fa solo ridere incontra un’informazione che fa anche sorridere.
Bomprezzi: Vi sono parecchie esperienze in rete di buona comunicazione come il
portale disabili.com (www.disabili.com), il portale interattivo di Vita (www.vita.it)
ma adesso anche molti blog, e la trasformazione in atto con il social network sta
ulteriormente fornendo strumenti validi, interessanti, creativi.

Che cosa manca invece ancora in rete, cosa vorresti realizzare sul tema della co-
municazione e la disabilità sul web se ne avessi la possibilità?
Gubitosa: Mancano dei servizi che permettano di vivere meglio il proprio territo-
rio, un motore di ricerca finalizzato al vivere quotidiano dove si possa cercare la
struttura senza barriere architettoniche ma anche il gruppo d’acquisto solidale
per organizzare la propria spesa con intelligenza e sobrietà (anche i soggetti disa-
bili devono mangiare, e anche loro storcono spesso il naso davanti a OGM e pe-
sticidi), l’officina onesta per riparare carrozzine elettriche, la libreria di quartiere
che vende testi in Braille e tutti quei piccoli servizi che messi insieme determina-
no la qualità della vita.
Bomprezzi: Vorrei aumentare l’interattività. Perciò mi piacerebbe una web tv effi-
ciente gestita direttamente dal mondo delle persone con disabilità, con una spe-
cie di YouTube specifico, per testimoniare in tempo reale barriere, difficoltà, ma
anche buoni esempi, attività artistiche, sport, letture, insomma tutto ciò che fa
normalità di vita.

27 HP 2010 #2
E se questo desiderio fosse libero e non legato alla disabilità cosa vorresti vede-
re o fare in rete?
Gubitosa: Vorrei vedere che cosa accadrebbe se venisse legalizzata la copia pri-
vata senza scopo di lucro, che ha come unico obiettivo la condivisione della co-
noscenza e la trasformazione di Internet nella più grande biblioteca della storia
umana.
Bomprezzi: Fare libera informazione, competente e attendibile. A volte il web è
autoreferenziale ed esagerato, come una volta lo erano le prime televisioni locali.
Mi piacerebbe lavorare a un progetto serio di informazione di qualità, non ideolo-
gico, non legato a vecchie testate.

Per contattare gli autori:


Carlo Gubitosa: c.gubitosa@peacelink.it
Franco Bomprezzi: franco.bomprezzi@gmail.com

HP 2010 #2 28
[ Informazione ]

6. Maneggiare con cura: l’informazione


medico-scientifica
Intervista a Eugenio Santoro, responsabile del Laboratorio di Informatica Medica
dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”. Autore del volume Web
2.0 e Medicina: come social network, podcast, wiki e blog trasformano la comu-
nicazione, l’assistenza e la formazione in sanità (Roma, Il Pensiero Scientifico
Editore, 2009).

Che tipo di informazione medico-scientifica è rintracciabile su Internet?


Su Internet si possono trovare numerose informazioni: da quelle relative al tratta-
mento di una patologia ai consigli su come prevenirla o su come gestirla e affron-
tarla; dalle informazioni riguardanti i centri dove è possibile curarsi o richiedere
assistenza, a quelle che illustrano le possibili interazioni tra terapie farmacologi-
che e i loro possibili effetti collaterali; dalle informazioni sulle sperimentazioni cli-
niche in corso in una data area medica a quelle che permettono di venire a cono-
scenza dei progressi scientifici più recenti.
Spesso poi, chi naviga in Internet non trova solo informazioni, ma anche servizi
di “teleconsulto” nei quali l’utente, dopo aver esposto i suoi problemi sanitari, ri-
ceve un parere medico. È un genere di servizio che non deve essere confuso con
la “telediagnosi” (pratica peraltro osteggiata dallo stesso Ordine dei Medici), ma
piuttosto inteso come possibile strumento di “monitoraggio” della propria salute,
da completare con un incontro con il proprio medico.

Quali sono gli strumenti più idonei per ricercare questo tipo di informazione in un
panorama web come quello attuale?
Nel cercare una informazione di tipo medico partirei dai siti web delle società
scientifiche. Queste hanno infatti ormai da tempo previsto sui propri siti web se-
zioni appositamente pensate per il cittadino, dove, in un contesto scientificamente
attendibile, si può trovare la maggior parte delle informazioni di cui si ha bisogno.
Anche i siti web delle associazioni di pazienti fanno ormai concorrenza, in termini
di completezza, aggiornamento e utilità delle informazioni presentate, a quelli pro-
fessionali usati dai medici. Non bisogna infine dimenticare i siti istituzionali (come
per esempio quelli sviluppati dal Ministero della Salute o dall’Istituto Superiore di
Sanità) o i portali scientifici che, sebbene siano frutto di iniziative commerciali “for
profit”, spesso offrono (gratuitamente) servizi e informazioni di indubbia utilità. Un
altro strumento per consentire ai cittadini di muoversi tra i siti web medici affidabi-
li sono i siti web appartenenti alla famiglia X.CARE (www.cardiocare.it) che abbia-

29 HP 2010 #2
mo sviluppato presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” nel corso
di questi anni in varie aree mediche tra le quali la cardiologia, l’oncologia, la tera-
pia del dolore, la gastroenterologia e la pneumologia. Si tratta di una sorta di “pa-
gine gialle” dei migliori siti web selezionati e commentati dal personale del nostro
istituto attraverso rigidi criteri di selezione adottati a livello internazionale e che
prendono in esame la loro affidabilità e la continuità del loro aggiornamento.
Tuttavia non si può ignorare il fatto che lo strumento più frequentemente impie-
gato per cercare informazioni mediche in Internet sia Google. Se da un lato è
possibile che tra primi i risultati offerti da Google compaiano le pagine web pro-
venienti dai siti web con caratteristiche simili a quelle appena enunciate, dall’al-
tra non è da escludere che i link rimandino a fonti di informazioni non certificate.
Lo stesso discorso vale per Wikipedia, la nota enciclopedia collaborativa che, an-
che in italiano, ospita numerose voci di tipo medico. I suoi contenuti, frutto della
collaborazione tra più persone, non necessariamente esperte del settore, potreb-
bero infatti essere incompleti o addirittura presentare imprecisioni. È per questo
motivo che gli stessi responsabili del progetto Wikipedia suggeriscono agli utenti
(con un apposito “disclaimer”) di non impiegare l’enciclopedia come fonte prima-
ria e di confrontarne i contenuti con altre fonti.

Che precauzioni bisogna prendere prima di affidarsi a notizie reperite in rete e


quali criteri adottare per verificare la loro attendibilità?
È importante che il cittadino impari a sviluppare il suo spirito critico quando legge
una notizia o accede a una fonte di informazione in Internet, anziché subirla in
modo passivo. Sul por tale di un nostro progetto chiamato Par tecipasalute
(www.partecipasalute.it), frutto della collaborazione tra l’Istituto di Ricerche far-
macologiche Mario Negri, l’agenzia di giornalismo Zadig e il Centro Cochrane Ita-
liano, forniamo una serie di strumenti che suggeriscono cosa bisogna chiedersi
quando si legge una notizia sulla salute, come interpretare notizie, numeri, dati,
implicazioni cliniche e conflitti d’interesse, e come si fa a riconoscere se una fon-
te è affidabile. In riferimento a quest’ultimo punto, suggeriamo di verificare che i
siti Internet dedicati alla salute che il cittadino si ritrova a visitare contengano al-
cune fondamentali informazioni tra cui il nome dell’autore del contributo, la data
della sua creazione e le fonti di informazioni alle quali l’autore si è ispirato, oltre
alle indicazioni sulla eventuale fonte di finanziamento del sito web che ospita tale
contributo e sul suo proprietario.

Qual è il contributo che la gente può dare a questa informazione?


I cittadini e i pazienti che oggi navigano in Internet non vogliono solo sentire la voce

HP 2010 #2 30
[ Informazione ]

dell’esperto, ma desiderano fortemente un confronto con altre persone che si tro-


vano nelle stesse condizioni, che soffrono delle stesse patologie, che hanno affron-
tato esperienze simili a quelle che loro (o i loro famigliari) sono costretti ad affron-
tare. È la cosiddetta “saggezza della folla” (una delle teorie alla base del fenomeno
del web 2.0) di cui parlo nel mio volume, che offre ai pazienti maggiori possibilità di
acquisire conoscenze, fare scelte consapevoli che riguardano la propria salute e,
per usare una espressone oggi di moda, accrescere il proprio “empowerment”.
Il confronto avviene attraverso l’impiego dei blog, dei social network, dei wiki, dei
forum, e di tutte quelle applicazioni “socializzanti” che hanno il pregio di aggrega-
re le persone in base ai loro specifici interessi. D’altra parte ricerche condotte
negli Stati Uniti indicano che ormai tali strumenti sono tra i preferiti dai cittadini,
quando si tratta di cercare in rete informazioni sanitarie, e che sono superati so-
lo dai motori di ricerca generalisti come Google e dai portali sanitari.

Nel caso di una persona disabile, quale dovrebbe essere il suo atteggiamento
verso le informazioni medico-scientifiche raccolte on line?
Valgono tutte le precauzioni che si dovrebbero prendere quando si accede a qua-
lunque materiale medico-scientifico e che ho precedentemente esposto. A quelle
aggiungerei il suggerimento di verificarle ogni volta con un operatore sanitario
specializzato (il medico, lo specialista, il fisioterapista, ecc.) per evitare di incor-
rere in possibili bufale.

Potrebbe raccontarci il caso di clamorose bufale di notizie pseudoscientifiche dif-


fuse in rete e viceversa di informazioni preziose sparse in rete?
Per quanto riguarda le bufale, è sufficiente pensare a tutti quei siti che promuo-
vono l’uso e la vendita di pseudofarmaci presentati come “il rimedio” alla cura di
numerose malattie, comprese quelle particolarmente invalidanti come il tumore
allo stadio avanzato.

31 HP 2010 #2
Tra quelle sparse in rete, si annidano comunque preziose informazioni che difficil-
mente si potrebbero reperire attraverso le vie tradizionali. Penso per esempio alle
informazioni su sperimentazioni cliniche in corso alle quali un paziente, magari
con patologie rare, potrebbe prendere parte, oppure a quei servizi on line che
informano i cittadini sulla disponibilità in una data struttura sanitaria degli stru-
menti per eseguire specifiche indagini diagnostiche o analisi mediche.

Ci può citare una serie di siti web che offrono servizi di informazione medico-
scientifica di qualità?
Numerosi sono gli esempi nel mondo anglosassone. Dal portale Medlineplus
(www.medlineplus.gov), il sito web istituzionale americano per il cittadino che of-
fre informazioni sulla prevenzione, la diagnosi e la cura delle principali malattie,
all’omologo portale inglese realizzato dal National Health Service (il Ministero
della Salute inglese) e chiamato NHS Choices (www.nhs.uk).
Per quanto riguarda l’Italia, oltre ai siti web del Ministero della Salute (www.mini-
sterosalute.it) e dell’Istituto Superiodi Sanità (www.iss.it), si possono citare por-
tali come Dica33 (www.dica33.it), Yahoo! Salute (http://it.health.yahoo.net), Par-
tecipasalute (www.partecipasalute.it) e quelli delle principali società scientifiche
italiane.
Per quanto riguarda l’area riguardante la disabilità segnalerei il portale Disabi-
li.com (www.disabili.com) e quelli delle principali associazioni di volontariato che
operano in questo ambito, che possono essere raggiunti attraverso il link
www.asphi.it/Link/LinksAss.htm.

HP 2010 #2 32
[ Informazione ]

E in futuro che cosa ci si può aspettare dalla rete? Quali sviluppi per l’informazio-
ne medico-scientifica e come ne potranno beneficiare le persone disabili?
Per il futuro penso a un uso, anche in Italia, più frequente e ragionato di blog, so-
cial network e social media che porteranno, a mio avviso, un duplice beneficio ai
malati e, in particolare, alle persone disabili. Da un lato la possibilità da parte di
queste persone di aggregarsi in reti sociali per esprimere il proprio parere e fare
sentire in modo più deciso la loro posizione. Penso, per esempio, all’esperienza
del por tale PatientsLikeMe (www.patientslikeme.com) attraverso cui pazienti
americani che soffrono di malattie neurologiche particolarmente invalidanti (co-
me la Sclerosi Laterale Amiotrofica oppure la Sclerosi Multipla) possono scam-
biarsi esperienze, dati e suggerimenti per combatterle o per conviverci. Dall’altro
lato, la possibilità da parte dei malati di poter ricevere più velocemente aggiorna-
menti grazie all’adozione, da parte dei principali produttori di informazione medi-
co-scientifica (organizzazioni istituzionali, società scientifiche, associazioni di pa-
zienti), dei cosiddetti “social media” (tra cui YouTube, Twitter e Facebook), capaci
di diffondere sulla rete e sui social network i propri contenuti.
Grazie all’uso di questi strumenti il ruolo dei malati sarà sempre più decisivo an-
che nella valutazione delle prestazioni sanitarie e delle strutture ove queste ven-
gono fornite. È quanto, per esempio, già oggi possono fare i cittadini inglesi attra-
verso il portale NHS Choices (www.nhs.uk), sul quale, oltre a trovare gli “indicato-
ri di performance” di una struttura sanitaria sul territorio inglese, possono con-
sultare i giudizi che, su quella stessa struttura, sono stati forniti dai cittadini at-
traverso il medesimo portale.

33 HP 2010 #2
7. L’uso della rete da parte dei soggetti
disabili
Non è certamente facile fornire una risposta di tipo generale alla domanda che
sta dietro al titolo di questo articolo, ma lo abbiamo fatto ugualmente dando la
parola a tre persone disabili che usano la rete in un modo approfondito già da
tempo e che svolgono lavori di tipo intellettuale. Un punto di vista privilegiato
quindi, che non può essere la voce della maggioranza delle persone disabili, ma
che indica sicuramente un uso preciso della rete che si proietta nel futuro.

“Un circolo virtuoso che mi dà lavoro a ciclo continuo”


Claudio Imprudente, autore di numerosi libri sul tema della cultura e i diritti dei
disabili.

Ho un ricordo ben preciso di quando ho utilizzato la posta elettronica per la prima


volta; perché prima facevo un centinaio di telefonate al giorno, poi tutto è cambia-
to; nel 2001 ho spedito le mie prime e-mail, e probabilmente la persona che mi ha
fatto vedere come farlo è stato Ivan, l’informatico della nostra associazione.
In effetti la mia vita ha avuto una accelerazione non indifferente, è stato un pas-
saggio molto importante e se penso alla mia storia personale è stato importante
tanto quanto passare dalla tavola orizzontale a questa verticale. Mi spiego me-
glio: prima per comunicare, dato che non parlo, usavo le mani che toccavano del-
le lettere su una tavola posta su un piano; poi ho visto che indicare le lettere con
gli occhi utilizzando una tavola trasparente era un modo molto più efficace per
comunicare. Così è stato anche per l’utilizzo del web. Avevo capito che era uno
strumento molto valido per raggiungere le altre persone, superava i miei problemi
di mobilità in senso fisico e mi permetteva anche di avere più relazioni. Anche le
mie attività lavorative sono aumentate.
Mi ricordo che all’epoca avevo un pallino in testa, quello di andare in televisione,
ma poi devo avere intuito che Internet avrebbe sostituito la televisione. Questo
ha diminuito la mia ansia di trovare un programma televisivo che mi accogliesse.
Da principio ho usato Google per fare ricerche, soprattutto quando ho incomincia-
to la collaborazione con Superabile (www.superabile.it); per questo sito dell’Inail,
che tratta di informazione sulla disabilità, dovevo curare una rubrica settimanale
di rassegna stampa; dovevo trovare tre articoli che mi colpissero e commentarli
con uno stile ironico. Ho cominciato a chiedere alle varie agenzie di stampa di in-
viarmi gli aggiornamenti, tramite e-mail. Ovviamente altri suggerimenti mi arriva-
vano anche da e-mail provenienti da fonti diverse.

HP 2010 #2 34
[ Testimonianze ]

Ho iniziato a usare le mailing list praticamente da subito per diffondere quello


che scrivevo; davo un certo tipo di informazione, non quella privata, ma di inte-
resse generale. Ho questo stile da sempre; non uso questi strumenti per tenere
una sorta di diario personale, ma per fare informazione pubblica e commento. Il
90 per cento delle persone che conosco e che utilizzano la rete, invece, mi dico-
no i loro fatti privati.
L’esperienza del blog è stata più difficile; la mia idea era quella di sostituire la
mailing list con il blog ma il gruppo di lavoro, la mia associazione, mi ha chiesto
di creare e animare un blog a più voci, e questa esperienza stenta ancora ades-
so a decollare pienamente.
Facebook invece, che utilizzo da due anni, è stato lo strumento ideale per fare
una cosa più personale; anche in questo caso ho voluto usare il mezzo non priva-
tamente, come uno “sfogatoio”, ma ho cercato di farlo diventare un tramite per
la diffusione delle mie attività lavorative; in Facebook infatti metto i miei articoli e
aspetto i commenti degli “amici” che sono quasi 3 mila. Ho creato un circolo vir-
tuoso che mi dà lavoro a ciclo continuo: scrivo, cioè, un articolo e aspetto i com-
menti; poi a partire dai commenti scrivo un altro articolo oppure un libro.
Oramai sto collegato diverse ore al giorno a Internet, sia a casa che al lavoro.
Per l’uso privato Internet non ha molto significato per me; a parte alcuni compa-
gni di scuola che ho ritrovato tramite Facebook.
In futuro vorrei che Internet diventasse uno strumento che ti permette una visibi-
lità sempre maggiore; faccio un esempio: organizzo un incontro a Brescia e tutte
le scuole di quella provincia hanno la possibilità di collegarsi in tempo reale a
quell’evento.

“Come staccare la spina dal mondo”


Fabrizio Galavotti, critico cinematografico per conto del sito di informazione socia-
le BandieraGialla (www.bandieragialla.it) e giocatore nella squadra Rangers Bolo-
gna di hockey su carrozzina elettrica.

Per me la rete è diventata fondamentale, ci passo molto tempo, ho incominciato


a usarla alla fine degli anni ’90 a scuola, dato che ho fatto un indirizzo per perito
informatico.
Agli inizi la connessione era lenta e non ho avvertito subito i vantaggi; da quando
ho avuto l’adsl a casa e in seguito altre connessioni veloci, la rete è diventata
più importante.
Dati i miei interessi, guardavo i siti sportivi e cercavo informazioni su Google.
Come programmi, ricordo, usavo le chat, come Msn Messenger e Skype, per ripren-

35 HP 2010 #2
dere contatto con persone che già conoscevo o anche per conoscerne di nuove.
In chat non ho mai conosciuto persone che poi sono diventate mie amiche. Ho
consolidato vecchie amicizie, ma gli incontri sulla rete non si sono mai tradotti in
incontri reali.
Uso normalmente anche la community di Libero dove chatto e carico fotografie.
Per i miei hobby seguo i siti che trattano di sport, l’hockey e il basket.
Adesso lo uso soprattutto per lavoro e quindi ho tutta una serie di link a siti che
trattano di cinema e li utilizzo per documentarmi e approfondire i film o anche per
ascoltare interviste; prima usavo i giornali cartacei, ma naturalmente mi assicu-
ravano fonti di informazione minori, e poi si dovevano comprare.
Attraverso Facebook, che uso dal 2008, ho conosciuto uno sceneggiatore che si
occupa di temi sociali e con il quale ho allacciato anche rapporti di lavoro. Non
utilizzo Facebook a fini ludici, ma soprattutto per chattare.
Tramite Internet faccio anche altre cose più pratiche come ricaricare il telefono,
scaricare la musica comprandola, a volte faccio acquisti mediante la carta di cre-
dito postale ricaricabile. Scarico anche parecchi film.
Certo è che adesso senza Internet la mia vita sarebbe diversa. Internet mi per-
mette molte cose, mi sentirei perso se non ci fosse: sarebbe come staccare la
spina dal mondo.
Mi serve per passare il tempo. Passo diverse ore al giorno di fronte al computer,
collegato a Internet. Penso che in futuro sarà sempre più semplice usare la rete.

I quattro tipi di network sociali


Francesco Levantini, lavora in Ibm dal 1985 e si occupa principalmente di divul-
gare le nuove tecnologie nel mondo delle aziende.

Ho incontrato Internet nel 1985 quando era limitata alle grandi aziende e alle
Università; il primo incontro è stato con l’e-mail che è uno strumento altamente
produttivo e che mi ha permesso, come non vedente, di avere già a disposizione
documenti leggibili dalla sintesi vocale.
Poi sono apparsi i libri digitalizzati, che i non vedenti si scambiavano, e i giornali
pubblicati sul web.
Poi ho cominciato a utilizzare le chat, i forum…
Nel mondo relazionale preferisco il mondo degli atomi, quello fisico insomma; dal
punto di vista relazionale non è cambiato molto, dato che io preferisco incontrare
le persone realmente e non in rete. Uso i social network come strumento per por-
tare la mia scrivania di lavoro all’esterno, ma poi le relazioni si fanno nei pub, nei
locali, in una cena assieme.

HP 2010 #2 36
[ Testimonianze ]

Internet è uno strumento importante per un disabile perché regala parecchio


tempo operativo.
Per il futuro penso a un Internet “for thing”, l’Internet delle cose ovvero la domo-
tica; vedo anche sparire il computer che si diffonderà nei vari oggetti; mi immagi-
no che anche il televisore e gli altri elettrodomestici si uniranno alla rete.
Oggi quando il computer non si connette a Internet ho quasi la sensazione che si
sia rotto, visto che quello che faccio è quasi tutto on line.
Se all’improvviso non disponessi più del collegamento a Internet, non ottenere le
informazioni digitalizzate sarebbe semplicemente una seccatura, mentre dover ri-
nunciare alle relazioni, ai rapporti di lavoro e alle opportunità che offrono la rete
e i social network sarebbe una vera tragedia.
Io suddivido i social network in 4 tipi a seconda dell’uso che ne faccio: 1) Face-
book (www.facebook.com) è simile al cortile di casa, uso questo strumento come
una sorta di e-mail permanente, ho a che fare con amici che mi conoscono, che
sanno che sono non vedente; è un rapporto che porta nel mondo digitale gli stes-
si meccanismi del mondo reale; 2) in Linkedin (www.linkedin.com) invece non ti
proponi come persona fisica ma per la capacità che hai di proporti per le tue co-
noscenze; qui le persone con cui lavoro non sanno della mia disabilità. Linkedin
in questo modo amplia la partecipazione; 3) Second Life (http://secondlife.com)
è interessante come laboratorio per provare a costruire nuove personalità (e nuo-
ve persone), e per vedere l’impatto che ha sulla gente. Qui una persona disabile
può provare diverse cose; 4) Twitter (www.twitter.com), infine è il social network
che permette di creare i gruppi di osservazione su determinati temi e per la disa-
bilità non è uno strumento interessante; è solo uno strumento di informazione.

37 HP 2010 #2
8. Funes o della memoria di Jorge Luis Borges (*)

Questo scritto di Borges è stato composto molto prima dell’avvento di Internet


però l’autore, come anche in un altro racconto (La biblioteca di Babele), fornisce
uno spunto per diverse riflessioni che riguardano la rete. In questo caso siamo
partiti dal semplice accostamento tra il tema del nostro lavoro – disabilità e Inter-
net – con la situazione del racconto; Funes è un ragazzo di campagna che, in se-
guito a un incidente, diventa disabile acquisendo però una memoria pressoché
perfetta.
La memoria perfetta per Funes è un’esperienza così totale che a mala pena si
accorge della sua infermità. Anzi, solo dopo che è a letto, paralizzato e a non far
niente, gli sembra di essersi veramente risvegliato, di avere iniziato a usare per
la prima volta i propri sensi. La sua capacità di ricordare è così perfetta che un
semplice frammento di tempo si dilata nel ricordo a dismisura: ma come si può e
che senso ha raccontare un ricordo di pochi istanti in diverse ore? Che fare di
questa mole impressionante di dati? E per Funes, chiuso nella sua stanza in pe-
nombra, in uno stato di sogno “ricordante”, che senso, che valore ha?
La rete in effetti può garantire una registrazione abbastanza completa di quello
che accade, i dati si moltiplicano a dismisura ma questo accrescimento può risol-
versi sia in un’opportunità che in una occasione persa per una persona disabile,
anzi per ogni persona.

[…] Il mio primo ricordo di Funes è assai netto. Lo vedo in una sera di marzo o
febbraio del 1884. Mio padre, quell’anno, m’aveva portato in villeggiatura a Fray
Bentos. Stavo tornando con mio cugino Bernando Haedo dalla tenuta di San Fran-
cisco. Tornavamo cantando, a cavallo, e questa non era la sola ragione della mia
felicità. Dopo una giornata soffocante, un’enorme tempesta color ardesia aveva
oscurato il cielo. L’incitava il vento del sud, già impazzivano gli alberi; io temevo (e
speravo) che lo scatenarsi dell’acqua ci sorprendesse in aperta campagna. Cor-
remmo una specie di corsa con la tempesta. Entrammo in una stradetta che
affondava tra due altissimi marciapiedi di mattoni. D’un colpo s’era fatto buio; udii
in alto passi rapidi, quasi segreti; alzai gli occhi e vidi un ragazzo che correva per
lo stretto e rovinato marciapiede come su uno stretto e rovinato muro. Ricordo le
sue scarpe di corda; ricordo, contro la già sterminata nuvolaglia, la sua sigaretta e
il suo volto duro. Bernando gli gridò, imprevedutamente: – Che ore sono, Ireneo? –
Senza consultare il cielo, senza fermarsi, l’altro rispose: – Mancano quattro minuti
alle 8, ragazzo Bernando Juan Francisco –. La voce era acuta, burlesca.
Sono così distratto che questo dialogo non avrebbe attirato la mia attenzione se

HP 2010 #2 38
[ Memoria ]

non ve l’avesse richiamata mio cugino, cui stimolavano (credo) un certo orgoglio
locale e il desiderio di mostrarsi indifferente alla replica tripartita dell’altro.
Mi disse che il ragazzo della stradetta era un certo Ireneo Funes, celebre per al-
cune stranezze, come quella di non frequentare nessuno e di saper sempre l’ora
come un orologio. Aggiunse che era figlio d’una stiratrice del paese, María Cle-
mentina Funes, e che suo padre, secondo alcuni, era un inglese O’Connor, medi-
co agli stabilimenti; secondo altri, un ranchero del distretto del Salto. Viveva con
sua madre in una fattoria dietro la villa dei Lauri.
Le estati dell’85 e dell’86 le passammo a Montevideo. Nell’87 tornai a Fray Ben-
tos. Chiesi, com’è naturale, di tutti quelli che conoscevo, e da ultimo, del «crono-
metrico Funes». Mi risposero che era stato travolto da un cavallo selvaggio nella
tenuta San Francisco ed era rimasto paralizzato, senza speranza. Ricordo l’im-
pressione di spiacevole stranezza che mi fece questa notizia: l’unica volta che
l’avevo visto, noi venivamo a cavallo da San Francisco e lui camminava in alto; la
disgrazia, nel racconto di mio cugino Bernando, aveva molto d’un sogno elabora-
to con elementi anteriori. Mi dissero che non si muoveva dalla branda, gli occhi
fissi su un albero di fico in giardino, o su una tela di ragno. Verso sera, lasciava
che l’avvicinassero alla finestra. Spingeva la superbia al punto di simulare che il
colpo che l’aveva fulminato fosse stato benefico… Due volte lo vidi dietro l’infer-
riata, che grossamente sottolineava la sua condizione di eterno prigioniero; una
volta, immobile, con gli occhi chiusi; un’altra, sempre immobile, assorto nella
contemplazione d’un odoroso rametto di santonina.
[…] Nel rancho ben tenuto fui ricevuto dalla madre di Funes. Mi disse che Ireneo
era nella stanza di fondo e che non mi meravigliassi di trovarlo allo scuro, perché

39 HP 2010 #2
soleva passare le ore morte senza accendere la candela. Attraversai il patio la-
stricato, un andito breve; giunsi al secondo patio. C’era una pergola; l’oscurità
poté sembrarmi totale. Udii d’un tratto la voce alta e burlesca di Ireneo. Questa
voce parlava in latino; questa voce (che veniva dalla tenebra) articolava con dilet-
tazione morosa un discorso, o preghiera, o incanto. Risonavano le sillabe roma-
ne nel patio di terra; il mio timore le credette indecifrabili, interminabili; poi, nel-
l’enorme dialogo di quella notte, seppi che erano il primo paragrafo del capitolo
ventesimoquarto del libro settimo della Naturalis Historia. L’argomento di questo
capitolo è la memoria; le ultime parole furono ut nihil non iisdem verbis reddere-
tur auditum.
Senza il minimo cambiamento di voce, Ireneo mi disse d’entrare. Stava sulla
branda, fumando. Mi pare che non vidi la sua faccia fino all’alba; credo di ram-
mentare la brace della sua sigaretta, ravvivata a momenti. La stanza odorava va-
gamente d’umidità. Mi sedetti; ripetei la storia del telegramma e della malattia di
mio padre.
Giungo, ora, al punto più difficile del mio racconto; il quale (è bene che il lettore
lo sappia fin d’ora) non ha altro tema che questo dialogo di mezzo secolo fa. Non
tenterò di riprodurne le parole, ormai irrecuperabili. Preferisco riassumere con ve-
racità le molte cose che Ireneo mi venne dicendo. La forma indiretta è remota e
debole; so che sacrifico l’efficacia del mio racconto; lascio al lettore d’immagina-
re i frastagliati periodi che m’incantarono quella notte.
Ireneo cominciò con l’enumerare, in latino e in spagnolo, i casi di memoria prodi-
giosa registrati dalla Naturalis Historia: Ciro, re dei persiani, che sapeva chiama-
re per nome tutti i soldati del suo esercito; Mitridate Eupatore, che amministrava
la giustizia nelle ventidue lingue del suo impero; Simonide, inventore della mne-
motecnica; Metrodoro, che professava l’arte di ripetere fedelmente ciò che aves-
se ascoltato una sola volta. Con evidente buona fede, si meravigliò che simili ca-
si potessero sorprendere. Mi disse che prima di quella sera piovigginosa in cui il
cavallo lo travolse, era stato ciò che sono tutti i cristiani: un cieco, un sordo, uno
stordito, uno smemorato. (Cercai di ricordargli la sua esatta percezione del tem-
po, la sua memoria dei nomi propri, ma non m’ascoltò). Per diciannove anni ave-
va vissuto come chi sogna: guardava senza vedere, ascoltava senza udire, di-
menticava tutto, o quasi tutto. Cadendo, perdette i sensi; quando li riacquistò, il
presente era quasi intollerabile tanto era ricco e nitido, e così pure i ricordi più
antichi e più banali. Poco dopo s’accorse della paralisi; la cosa appena l’interes-
sò; ragionò (sentì) che l’immobilità era un prezzo minimo; ora la sua percezione e
la sua memoria erano infallibili.
Noi, in un’occhiata, percepiamo: tre bicchieri su una tavola. Funes: tutti i tralci, i

HP 2010 #2 40
[ Memoria ]

grappoli e gli acini d’una pergola. Sapeva le forme delle nubi australi dell’alba del
30 aprile 1882, e poteva confrontarle, nel ricordo, con la copertina marmorizzata
di un libro che aveva visto una sola volta, o con le spume che sollevò un remo,
nel Rio Negro, la vigilia della battaglia di Quebracho. Questi ricordi non erano
semplici: ogni immagine visiva era legata a sensazioni muscolari, termiche, ecc.
Poteva ricostruire tutti i sogni dei suoi sonni, tutte le immagini dei suoi dormive-
glia. Due o tre volte aveva ricostruito una giornata intera; non aveva mai esitato,
ma ogni ricostruzione aveva chiesto un’intera giornata. Mi disse: – Ho più ricordi
io da solo, di quanti non ne avranno avuti tutti gli uomini messi insieme, da che
mondo è mondo –. Anche disse: – I miei sogni sono come la vostra veglia –. E an-
che: – La mia memoria, signore, è come un deposito di rifiuti –. Un cerchio su
una lavagna, un triangolo rettangolo, un rombo, sono forme che noi possiamo in-
tuire pienamente; allo stesso modo Ireneo vedeva i crini rabbuffati d’un puledro,
una mandria innumerevole in una sierra, i tanti volti d’un morto durante una lun-
ga veglia funebre. Non so quante stelle vedeva in cielo.
[…] Mi disse che verso il 1886 aveva scoperto un sistema originale di numera-
zione e in pochi giorni aveva superato il ventiquattromila. Non l’aveva scritto, per-
ché d’averlo pensato una sola volta gli bastava per sempre. Il primo stimolo, cre-
do, gli venne dallo scontento che per il 33 in cifre arabe ci volessero due segni e
due parole, in luogo d’una sola parola e d’un solo segno. Applicò subito questo
stravagante principio agli altri numeri. In luogo di settemilatredici diceva (per
esempio) «Máximo Perez»; in luogo di settemilaquattordici, «La Ferrovia»; altri nu-
meri erano «Luis Melián Lafinur, Olimar, zolfo, il trifoglio, la balena, il gas, la cal-
daia, Napoleone, Agustín de Vedia». In luogo di cinquecento, diceva «nove». A
ogni parola corrispondeva un segno particolare, una specie di marchio; gli ultimi
erano molto complicati… Cercai di spiegargli che questa rapsodia di voci scon-
nesse era precisamente il contrario di un sistema di numerazione. Gli feci osser-
vare che dire 365 è dire tre centinaia, sei decine, cinque unità: analisi che non è
possibile con i «numeri» «Il Negro Timoteo» o «Mantello di carne». Funes non mi
sentì o non volle sentirmi.
Locke, nel secolo XVII, propose (e rifiutò) un idioma impossibile in cui ogni singola
cosa, ogni pietra, ogni uccello e ogni ramo avesse un nome proprio; Funes, aveva
pensato, una volta, a un idioma di questo genere, ma l’aveva scartato parendogli
troppo generico, troppo ambiguo. Egli ricordava, infatti, non solo ogni foglia di ogni
albero di ogni montagna, ma anche ognuna delle volte che l’aveva percepita o im-
maginata. Decise di ridurre ciascuno dei suoi giorni passati a un settantamila ri-
cordi, da contrassegnare con cifre. Lo dissuasero due considerazioni: quella del-
l’interminabilità del compito; quella della sua inutilità. Pensò che all’ora della sua

41 HP 2010 #2
morte non avrebbe ancora finito di classificare tutti i ricordi della sua infanzia.
I due progetti che ho detto (un vocabolario indefinito per la serie naturale dei nu-
meri, un inutile catalogo mentale di tutte le immagini del ricordo) sono insensati,
ma rivelano una certa balbuziente grandezza. Ci permettono di intravedere, o di
dedurre, il vertiginoso mondo di Funes. Questi, non dimentichiamolo, era quasi
incapace di comprendere come il simbolo generico «cane» potesse designare un
così vasto assortimento di individui diversi per dimensioni e forma; ma anche
l’infastidiva il fatto che il cane delle tre e quattordici (visto di profilo) avesse lo
stesso nome del cane delle tre e un quarto (visto di fronte). Il suo proprio volto
nello specchio, le sue proprie mani, lo sorprendevano ogni volta. Dice Swift che
l’imperatore di Lilliput discerneva il movimento delle lancette d’un orologio; Fu-
nes discerneva continuamente il calmo progredire della corruzione, della carie,
della fatica. Notava i progressi della morte, dell’umidità. Era il solitario e lucido
spettatore d’un mondo multiforme, istantaneo e quasi intollerabilmente preciso.
Babilonia, Londra e New York hanno offuscato col loro feroce splendore l’immagi-
nazione degli uomini; nessuno, nelle loro torri popolose e nelle loro strade febbri-
li, ha mai sentito il calore e la pressione d’una realtà così intangibile come quella
che giorno e notte convergeva sul felice Ireneo, nel suo povero sobborgo suda-
mericano. Gli era molto difficile dormire. Dormire è distrarsi dal mondo; Funes,
sdraiato sulla branda, nel buio, si figurava ogni scalfittura e ogni rilievo delle case
precise che lo circondavano. (Ripeto che il meno importante dei suoi ricordi era
più minuzioso e vivo della nostra percezione d’un godimento o d’un tormento fisi-
co). Verso est, in fondo al quartiere, c’era uno sparso disordine di case nuove,
sconosciute. Funes le immaginava nere, compatte, fatte di tenebra omogenea; in
questa direzione voltava il capo per dormire. Anche soleva immaginarsi in fondo
al fiume, cullato e annullato dalla corrente.
Aveva imparato senza fatica l’inglese, il francese, il portoghese, il latino. Sospet-
to, tuttavia, che non fosse molto capace di pensare. Nel mondo sovraccarico di
Funes non c’erano che dettagli, quasi immediati.
Il chiarore esitante dell’alba entrò per il patio di terra.
Allora vidi il volto di quella voce che aveva parlato tutta la notte. Ireneo aveva di-
ciannove anni; era nato nel 1868; mi parve monumentale come il bronzo, ma an-
tico come l’Egitto, anteriore alle profezie e alle piramidi. Pensai che ciascuna del-
le mie parole (ciascuno dei miei movimenti) durerebbe nella sua implacabile me-
moria; mi gelò il timore di moltiplicare inutili gesti.
Ireneo Funes morì nel 1889, d’una congestione polmonare.

(*) Jorge Luis Borges, Finzioni, Torino, Einaudi, 1995, pp. 98-99, pp. 101-106.

HP 2010 #2 42
[ Memoria ]

43 HP 2010 #2
9. Bibliografia
AA.VV.
Tecnologia e handicap. Comunicare, apprendere e lavorare senza barriere
Roma, Editoriale Aesse, 2000

AA.VV.
Società dell’informazione e persone disabili. Dal rischio di inclusione ai percorsi
di integrazione
Milano, Guerini e Associati, 2003

Pierluigi Ridolfi (a cura di)


I disabili nella società dell’informazione. Norme e tecnologie
Milano, FrancoAngeli, 2002

Viviana Bussadori, Nicola Rabbi


Spazi sintetici. Nuove sensazioni
Pubblicato su “HP-Accaparlante” n. 30, 1994
www.accaparlante.it/articolo/nuove-sensazioni

Viviana Bussadori, Nicola Rabbi


Telematici sentimentali. L’handicap in rete
Pubblicato su “HP-Accaparlante” n. 38, 1995
www.accaparlante.it/articolo/lhandicap-rete-1

Franco Carlini
Chips & Salsa. Storie e culture del mondo digitale
Roma, Manifestolibri, 1995

Franco Carlini
Internet, Pinocchio e il Gendarme. Le prospettive della democrazia in rete
Roma, Manifestolibri, 1996

Franco Carlini
Divergenze digitali. Conflitti, soggetti e tecnologie della terza Internet
Roma, Manifestolibri, 2002

HP 2010 #2 44
[ Memoria ]

Lorenzo De Carli
Internet. Memoria e oblio
Torino, Bollati Boringhieri, 1997

Carlo Giacobini, Nicola Rabbi


L’handicap in rete. Breve storia di telematica sociale per la disabilità
Bologna, Prometeo, 1999
www.accaparlante.it/lhandicap-rete

Gubitosa C., Marcandalli E., Marescotti A.


Telematica per la Pace. Cooperazione, diritti umani, ecologia
Milano, Apogeo, 1996

Pierre Lévy
L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio
Milano, Feltrinelli, 1996

Nicola Rabbi
Disabili 1.0. Servizi, relazioni sociali, barriere: Internet per i disabili
Pubblicato su “HP-Accaparlante” n. 1, 2005
www.accaparlante.it/articolo/disabili-10

Sherry Turkle
La vita sullo schermo. Nuove identità e relazioni sociali nell’epoca di Inter-
net
Milano, Apogeo, 1997

Libro Bianco, 2003


Tecnologie per la disabilità: una società senza esclusi
Commissione interministeriale sullo sviluppo e l’impiego delle tecnologie
dell’informazione per le categorie deboli

Linee guida 2009 per l’accessibilità dei contenuti Web (WCAG) 2.0
www.w3.org/Translations/WCAG20-it/Overview.html

45 HP 2010 #2

También podría gustarte