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anno III • n. 1 • 4 febbraio 2011 - redazione.lievito@libero.

it

numero speciale
Proponiamo ai lettori di “Lievito” questo numero speciale del giornale.
Il momento che sta vivendo l’Italia è grave. Noi cattolici non possiamo rimanere inerti.
La nostra preoccupazione è per il futuro del Paese e per i giovani
che di esso dovranno essere i protagonisti.
Quale idea di politica? Quale stile di vita i politici stanno trasmettendo?
Noi siamo convinti che la politica non sia da buttare, ma che debba ritrovare il suo senso.
Per questo intravediamo un’unica strada, che è quella che riparte dal bene comune.
Questo può diventare anche luogo di confronto e di collaborazione
tra tutti i cattolici impegnati in politica.
A tutti chiediamo di accogliere il nostro invito a partecipare al percorso
di formazione di cui si parla nelle pagine interne.
La Redazione

Inquietum est cor nostrum


Editoriale

Il nostro cuore è inquieto.

Non di una inquietudine straripante di speranza che fa guardare avanti con il desiderio incontenibi-
le di arrivare al più presto alla meta, ma un’inquietudine piena di tristezza di chi non vede possibilità
di uscita in una situazione che sta precipitando.
Come cittadini, nell’anno in cui celebriamo il 150° anniversario dell’unità d’Italia, dobbiamo assi-
stere ad un Paese sempre più insanabilmente diviso: l’arroganza e gli interessi personali portano a
dividere i poteri dello Stato mirabilmente composti in equilibrio nella nostra Costituzione: Esecutivo
contro Magistratura, Esecutivo contro Parlamento; la diversa consapevolezza dei cambiamenti so-
ciali e del mondo del lavoro ha diviso il sindacato sulla vicenda FIAT; lo sgonfiamento traumatico
della bolla finanziaria ha separato società da economia, lavoro da profitto; la crisi mal governata
sta uccidendo le speranze e la solidarietà, mettendo una generazione contro l’altra; la politica sgua-
iata populista, in nome di un federalismo che sta diventando la foglia di fico di egoismi oramai mal-
celati, istiga il nord contro il resto dell’Italia, autoctoni contro immigrati, cittadini contro lo Stato. E
poi la separazione tra diritti e doveri, tra etica e comportamento, tra vita privata e vita pubblica, tra
pochi ricchissimi e tantissimi poveri, tra furbetti (sempre più numerosi ed invidiati) e coscienziosi
(sempre più merce rara e disprezzata). E tutto questo, anziché, come ci aspetteremmo, generare indi-
gnazione generale, crea assopimento. La gente si accontenta di clown, nani e ballerine; e non vuole
accorgersi di essere sull’orlo del precipizio. La sentinella chiama (uso un’immagine di Dossetti), ma ci
dà fastidio la sua voce, il suo richiamo ci scomoda troppo.
Come cristiani a cui sta a cuore la politica non possiamo non chiederci dove stiamo andando. Non
possiamo accettare un governo che sembra non avere consapevolezza dei problemi, che sta perden-
do autorevolezza nei confronti di Paesi stranieri (perfino il Brasile si è permesso di ignorarci nel caso
Battisti: e che cosa hanno da dire il Ministro degli Esteri e il Ministro della Giustizia?), che spende le
sue energie non per risolvere i gravi problemi del Paese e degli Italiani ma per fare quadrato attorno

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al premier per minimizzare la gravità (uso volutamente un termine tenero) dei suoi comportamenti.
Editoriale
Non possiamo accettare un presidente del consiglio che sorridente, di fronte alla crisi, dice agli italiani
che non arrivano alla fine del mese tirando la cinghia, che perdono lavoro, che non sanno come far
fronte al mutuo, che guardano con preoccupazione al futuro (e qualche volta al presente) dei propri
figli che bisogna essere ottimisti e che bisogna consumare; che passa le notti organizzando cene con
contorno di facili fanciulle, che per una serata di spensieratezza ricevono come compenso l’equivalente
di mesi di fatica di un onesto lavoratore; che fa politica non con un partito ma con una corte asservita
in tutto e per tutto (in cambio di che cosa?) al suo volere; che si fa schermo dei valori del cattolicesi-
mo per acquistare credito in buona parte dell’elettorato, salvo poi farsene beffa nei comportamenti
(e non mi riferisco solo all’ambito della morale sessuale, ma anche al sospetto di frodi, corruzione, at-
teggiamento arrogante e denigratorio nei confronti degli avversari); che irride alla Costituzione, che
si lamenta che il Parlamento è un peso, che invita al lavoro nero, che promette ostentando sicurezza
e competenza cose che continua a non mantenere, che firma patti con gli italiani che poi rimangono
solo sulla carta, che offende i cittadini che non votano per lui; che tiene duro il potere più che può per
evitare i processi, quei processi che – se veramente fosse innocente – lo scagionerebbero, ma che invece
teme perché evidentemente sa che innocente del tutto non è. Non possiamo accettare una maggio-
ranza che anziché guidare il popolo verso comportamenti virtuosi (in campo economico, nel lavoro,
nell’educazione, nel rapporto tra generazioni, …) ne incarna i vizi e se ne vanta.
Cos’hanno da dire i cattolici che in buona fede si trovano politicamente da quella parte: perché taccio-
no? Perché difendono acriticamente chi evidentemente sbaglia? Perché ripetono pappagallescamente
tutti le stesse parole d’ordine? Quale valore difendono più importante della verità, della trasparenza,
dell’onestà?
Non possiamo accettare una Lega che semina odio e divisioni, disprezzo per lo Stato e per le sue Istitu-
zioni ed i suoi simboli (a partire dalla bandiera); che piega la storia ad interessi di parte; che è disposta
a difendere l’indifendibile per avere in cambio un federalismo anche pasticciato pur di avere consensi;
i cui ministri giurano sulla Costituzione italiana ma non rinnegano uno statuto che mira alla secessio-
ne; che si fa paladina dei valori della tradizione cristiana e al tempo stesso mette in piedi culti pagani
e critica e irride a istituzioni ed associazioni cattoliche che cercano di mettere in pratica la solidarietà
evangelica.
I cattolici veramente si sentono rappresentati da questa gente?
Non possiamo accettare un centro che dice di stare all’opposizione ma al momento opportuno è ti-
mido nel dare la spallata definitiva offrendo la bombola d’ossigeno ad un premier agonizzante che
descrive incompetente ed inaffidabile; un centro che si dichiara l’unico vero difensore dei principi cat-
tolici ma disposto ad allearsi con laicisti pur di fare numero; che ha dato un determinante contributo
all’ascesa di Berlusconi ma non rompe pubblicamente, definitivamente e inequivocabilmente con il
proprio passato.
Non possiamo accettare un Partito Democratico che nel nome di un progetto di sintesi di culture sem-
bra privilegiare una sola delle culture che lo compongono; che dice di voler valorizzare i cattolici, salvo
poi emarginarli quando diventano “troppo” cattolici; che teme di essere sorpassato a sinistra, finendo
con il subire il fascino della strategia del vecchio PCI; che si sfianca in dispute di carattere secondario
di fronte ai problemi del Paese (primarie sì, primarie no). Che cosa dicono i cattolici del PD? Che cosa
fanno per dare il colpo d’ala per cui il partito è nato? Su quale terreno pongono le basi per un confronto
franco e costruttivo tra le culture che lo compongono? Quale spazio rivendicano? Quali punti d’impe-
gno ritengono irrinunciabili?
Il nostro cuore è molto inquieto. Anche perché come cattolici democratici abbiamo la grazia di un pa-
trimonio (valoriale, storico, di impegno sociale e politico) utile alla società tutta. Gilberto Milani, che
molti di noi conoscono ed apprezzano, dall’alto della sua esperienza e della sua età, è solito dire che noi
cattolici abbiamo una Ferrari, ma ci accontentiamo di farla correre come un’utilitaria.
Come uscire da questa situazione? E chi potrà portarci fuori da questa situazione?
Sommessamente ed umilmente noi di Lievito proponiamo di partire da una riflessione sul bene comu-
ne, concetto fondante della politica e tanto caro alla Dottrina Sociale della Chiesa. In questo numero
(numero speciale uscito proprio per questo motivo) proponiamo un percorso di formazione sul bene
comune, declinato su tre ambiti: la gestione del territorio, l’attenzione ai più deboli, la gestione ammi-
nistrativa di un Ente pubblico.
Speriamo di dare il nostro contributo e ci auguriamo di non essere soli.
Francis Contessotto

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per la formazione alla politica
Bene comune e…
Nell’ultimo numero di “Lievito” abbiamo lanciato l’iniziativa di un percorso formativo (per ammi-
nistratori, ma anche per quanti hanno a cuore la politica) sul bene comune, percorso iniziato dalla
conversazione di Giovanni Bianchi (venuto appositamente a Treviso per “Lievito”) su “Il bene comu-
ne, oggi”.
Il sen. Angelo Pavan, in un suo articolo, richiamando l’invito del card. Angelo Bagnasco all’impegno
politico dei cattolici, ha ricordato come “la politica non riguarda solamente il Parlamento od i partiti
politici, ma coinvolge anche l’agire dei cattolici nelle amministrazioni locali; anzi parte da qui l’im-
pegno più importante perché esso si rivolge direttamente alla persona”. Infatti le scelte amministra-
tive condizionano, nel bene e nel male, la vita dei cittadini, a volte anche le loro scelte di vita. Da qui
deriva la responsabilità degli amministratori locali di fare scelte oculate, avendo a cuore, appunto,
il Bene Comune. Continuava infatti Angelo Pavan ricordando, a titolo di esempio, “quale qualità
della vita si intende offrire con la gestione del territorio, delle risorse disponibili; quale perequazione
si intende adottare nelle limitatezza delle risorse a disposizione dei propri bilanci; quale ambiente
si vuole salvaguardare dalla speculazione; quale collaborazione ed interventi si intendono mettere
in atto per la lotta all’evasione fiscale; quale progetto culturale ed educativo si vuole offrire ai gio-
vani, quale modello di famiglia si propone loro, quali condizioni si intendono creare perché questi
possano formarla ed avere dei figli; quale dialogo si vorrebbe instaurare fra le diverse posizioni sulle
cose negoziabili; quale atteggiamento si offre per superare le contrapposizioni; quale accoglienza
si vuole riservare a chi è stato utile in determinati periodi della nostra attività economica per lavori
magari umili o pesanti e che oggi si trova in difficoltà come altri nostri concittadini?”.
Avviamo dunque alcune riflessioni su come “declinare” il concetto di Bene Comune nelle scelte am-
ministrative, per aiutare una riflessione e un momento di confronto, ed anche come contributo di
formazione per chi amministra e per chi ritiene importante una politica che esca dall’improvvisazio-
ne, dagli interessi di parte; e anche per chi vuol capire un po’ di più.

Ecco dunque il programma:

giovedì 10 febbraio – ore 20.45


Bene comune e gestione del territorio
relatore: Franco Bonesso
Roncade – Sala Tintoretto (centro anziani)

venerdì 11 marzo – ore 20.45


Bene comune e attenzione alla persona: le politiche sociali
relatore: Dino Scantamburlo
Paese – Sala parrocchiale

giovedì 7 aprile – ore 20.45


Bene comune e amministrazione delle risorse pubbliche:
la gestione del bilancio
relatore: Luigino Busatto
Asolo – sede Confartigianato

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I relatori

Franco Bonesso
Nato a San Donà di Piave (VE) il 3 marzo1968, vive a Trevignano.
Diplomato Geometra, si laurea in Ingegneria Civile edile a Padova. Ha prestato
il Servizio militare come Ufficiale di complemento degli Alpini a Brunico presso
l’11° Reggimento alpini.
Professione: è libero professionista iscritto all’Ordine degli Ingegneri di Treviso.
Impegno sociale e parrocchiale:
Ha partecipato attivamente alla vita sociale del paese nell’ambito dell’associazio-
nismo cattolico, esperienza che gli ha fatto maturare l’impegno politico ammini-
strativo.
Esperienze amministrative:
Consigliere comunale a Trevignano da novembre 1997 a maggio 2002
Sindaco di Trevignano da maggio 2002 con riconferma a maggio 2007
Presidente dell’assemblea dei sindaci del Consorzio Azienda TV Tre da novembre
2004 a luglio 2008
Vicepresidente ATO Rifiuti “Marca Ambiente” da ottobre 2005
Presidente del Consorzio Azienda TV Tre da luglio 2008
Membro del Consiglio e del Direttivo Regionale dell’ANCI VENETO dal 30 Settem-
bre 2009
Membro del Consiglio di Amministrazione del Consorzio per lo Sviluppo della
Bioedilizia da Luglio 2010
Esperienze politiche:
Membro del Direttivo Provinciale PdL

Dino Scantamburlo
Vive a Camposampiero (Padova).
Professione: docente di Lettere alle scuole superiori
Esperienze ecclesiali:
Formato nell’Azione Cattolica (delegato giovanile vicariale), segretario del Consi-
glio pastorale.
È stato Direttore della Scuola di formazione sociopolitica - Diocesi di Padova,
socio del MEIC (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale) di Padova
Esperienze amministrative e politiche:
Tra gli incarichi ricoperti, Sindaco di Camposampiero, Deputato al Parlamento
1996-2001 (relatore alla Camera della legge quadro 328/2000 di riforma dell’assi-
stenza sociale), Consigliere Provinciale di Padova.
Responsabile nazionale politiche sociali P.P.I., Segretario Provinciale “La Margheri-
ta” (2002-2007), Componente Assemblea regionale P.D.
Attualmente è Consigliere provinciale, Presidente di Spes, Ipab che opera nel
settore educativo e sociale, e operatore in una Ong (Organizzazione non gover-
nativa) di volontariato internazionale.
Pubblicazioni:
Incontri con Turoldo (in ricordo di p. David Maria Turoldo), Dal nordest a Monteci-
torio (sull’esperienza alla Camera dei Deputati, Frammenti di Novecento (Campo-
sampiero nella grande storia del Novecento), Usciamo dalla palude (saggio per
giovani sull’attualità politica). Coautore di altri testi.

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Luigino Busatto
Nato a Salzano (Venezia) e residente a Robegano di Salzano (Venezia).
Ha sempre alternato alla vita professionale e familiare un’intensa attività nel cam-
po dell’associazionismo e del volontariato.
Dal 1994 è impegnato in politica.
Diploma di abilitazione magistrale.
Professione: insegnante elementare, in pensione.
È stato per ventun anni (dal 1973 al 1994 ) presidente della Cooperativa Agricola
Acli “San Giacomo” di Robegano (VE).
Impegno parrocchiale ed ecclesiale:
ha diretto per diversi anni la corale di Robegano;
ha fatto parte del Consiglio Pastorale;
membro del Consiglio Parrocchiale Affari Economici (CPAE);
membro della Consulta dei laici per il Triveneto e della Pastorale sociale e del
lavoro del Triveneto
Impegno nell’associazionismo:
nel 1968 entra nelle ACLI, fino a rivestire il ruolo di presidente provinciale per la
provincia di Venezia e, quindi, presidente Regionale (dal 1990 al 1994)
Impegno politico:
è stato consigliere comunale nel Comune di Salzano;
ha contribuito alla nascita del nuovo Partito Popolare come membro della Com-
missione dei 62 e vicepresidente della Costituente veneta;
per due mandati, dal 1995 al 2004, è stato Presidente della Provincia di Venezia.
è stato membro del Dipartimento Nazionale dell’UPI (Unione delle Province d’Ita-
lia) per le attività produttive.

Una frase per meditare.


Ci sono persone per le quali la verità pura è veleno.
(André Maurois, scrittore francese 1885-1967)

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Pubblichiamo due lettere aperte di cattolici impegnati in politica a commento delle
vicende recenti che hanno coinvolto il Presidente del Consiglio, vicende che non meri-
tano alcun commento oltre a quanto proponiamo alla riflessione dei nostri lettori.
Il primo contributo giunge dal Coordinamento Nazionale dei Cattolici Democratici
“Agire Politicamente”; il secondo è una lettera aperta firmata da un gruppo di autore-
voli rappresentanti del mondo cattolico lombardo.

fuori dai denti


Lettera aperta
ai cattolici “berlusconiani”
«
Qualificati esponenti del “Popolo delle libertà” si sono dichia-
ratamente rivolti, come cattolici, all’opinione pubblica con
una lettera aperta nella quale mettono in guardia contro la
“gogna mediatica” e contro “l’onda nera” che sta travolgendo
Ma, ancora, che cosa ci si attende da un processo? Soltanto
che si stabilisca se Berlusconi è colpevole o innocente dei reati
che gli vengono attribuiti (concussione e corruzione di mino-
renne)? Anche una sentenza di piena assoluzione da questi
il Presidente del Consiglio, sino ad “oscurare il senso del nostro due reati non potrebbe dissolvere le nubi che si sono adden-
lavoro quotidiano per il bene comune” ed invitano conseguen- sate sul Cavaliere di Arcore.
temente a “sospendere il giudizio” in attesa che “il percorso di È vero o non è vero che le ville berlusconiane si sono trasfor-
accertamento dei fatti sarà completato” ed attenendosi, fino mate in serate di esibizionismi erotici, di facili e generose elar-
ad allora, al principio della “presunzione di innocenza”. gizioni a fanciulle a dir poco semi svestite, di “notti bianche”
I firmatari della lettera sono cattolici che si rivolgono ad altri dedicate al “divertimento” (e quale divertimento!) anziché allo
cattolici – oltre all’opinione pubblica in generale – e meritano studio dei drammatici problemi del Paese, in una situazione
dunque una risposta da parte di altri cattolici, che con loro che lo stesso Presidente del Consiglio dichiara di grave emer-
hanno in comune fondamentali valori ma che, del resto legit- genza? E quale immagine offre all’opinione pubblica di altri
timamente, hanno compiuto altre scelte politiche. Paesi un capo di governo che dà di sé – indipendentemente
D’accordo sulla trasformazione impropria dei mezzi di comu- dal fatto di commettere o meno un reato – uno spettacolo così
nicazione di massa in un “tribunale” che ora condanna, ora squallido?
assolve (a parte la domanda, riteniamo legittima, su chi co- Verrà, se verrà, la sentenza dei giudici; ma già è scritta nella
manda nel grande teatro dei media e sull’obiettività di quella coscienza della maggior parte degli italiani questa radicata
informazione di cui oggi Berlusconi si dichiara vittima) ma, sia convinzione: che un così fatto individuo non è degno di rima-
pure in attesa del processo, alcune puntualizzazioni si impon- nere alla guida del paese. Lo dovrebbero riconoscere quanti,
gono. anche cattolici, lo hanno votato e si sono a lui affidati: chi
Il processo, innanzitutto: ma si farà? Si chiede ai cittadini di at- crede nel “Popolo delle libertà” e nel suo progetto politico
tendere il processo, mentre il presunto colpevole – mobilitan- dovrebbe essere il primo a chiedere a questo ormai squalifi-
do una schiera di avvocati di fiducia pluri-esperti in rinvii ed cato personaggio di mettersi da parte, per il bene del Paese e
insabbiamenti – rifiuta di presentarsi ai giudici e cerca in ogni
modo di rinviare la resa dei conti. È giusto attendere i proces-
si: ma è possibile attenderli sine die, non avendo nemmeno il
tano, lo hanno indotto alla “discesa in campo”.
«
nell’interesse stesso delle ragioni che, in un tempo ormai lon-

coraggio di presentarsi davanti ai magistrati per difendersi di Agire Politicamente


persona? 24 gennaio 2011
corsivo

Pane al pane

Berlusconi ha promesso 24 posti nel governo per parlamentari che andassero a rafforzare la sua
maggioranza, dopo il dissanguamento ad opera di Fini.
Veramente, quando in campagna elettorale prometteva un milione di posti di lavoro noi pensavamo si
riferisse ad altro.
effecì

6
«
Dopo aver sentito e letto i numerosi interventi di questi giorni
sulle vicende giudiziarie del Presidente del Consiglio, non sen-
tiamo il bisogno di intervenire sul merito delle questioni che
occupano da troppi giorni le prime pagine dei giornali. Come
politici che tentano di offrire la loro testimonianza cristiana
che sta accadendo in questi mesi, rischiano di condurci attra-
verso riflessioni colme di smarrimento se non di angoscia.
La politica farà le sue scelte e adotterà le sue strategie che
condurranno probabilmente a un duro scontro tra chi difende
le ragioni del Presidente del Consiglio e chi ritiene che i suoi
nel servizio alle istituzioni e a questo nostro Paese, ci sentiamo comportamenti siano lesivi della dignità dell’intero Paese.
piuttosto in dovere di manifestare la nostra preoccupazione Questo non toglie però nulla alla necessità di una profonda
per la deriva che sta interessando in modo sempre più eviden- riflessione sulle conseguenze che abitudini e comportamenti
te la vita pubblica italiana. Un’intera generazione politica, e che si trascinano da tempo e di cui i protagonisti si sono a più
non facciamo differenze di schieramento, rischia di venire riprese vantati, rischiano di far precipitare sull’intera società

fuori dai denti


precipitata in un formalismo che accompagna alla procla- italiana. Anche dalle gerarchie ecclesiastiche si sono oppor-
mazione di valori e tradizioni che spesso vengono qualificati tunamente levate, negli ultimi giorni e non solo, voci preoccu-
con l’impegnativo aggettivo di cristiani, una serie di compor- pate al proposito. Nessuno ha titolo per considerarsi paladino
tamenti pratici che sconfinano nella categoria dell’a-moralità esclusivo del cristianesimo in politica e nessuno può arrogarsi
e pretendono di non diventare oggetto di giudizio in nome il diritto di invocare i valori cristiani, e tanto meno il Vange-
dell’assoluta intangibilità della sfera privata e della libertà, lo, per difendere le proprie scelte politiche che rimangono, è
altrettanto assoluta, di scelta dell’individuo. Per chi fa politica bene ricordarlo, nel campo dell’opinabile e del provvisorio. Ci
la dimensione pubblica non è un accidente o un qualcosa di piace richiamare, per concludere, un passaggio della Lettera a
totalmente separato dalla propria esperienza di vita (anche Diogneto, uno scritto del padri apostolici: i cristiani “dimorano
privata), tanto quanto per chi si definisce credente la testimo- nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbedi-
nianza quotidiana non può essere separata dalle proprie abi- scono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi.
tudini di vita, anche privatissime. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. (…) Sono poveri,
Non si tratta di ergersi a giudici di nessuno; per questo esi- e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano”
ste la magistratura nella città terrena e il buon Dio in quella (V,9-11.13). Anche oggi c’è bisogno di cristiani così e di politici
celeste. Il punto è un altro: il patrimonio morale e cultura-
le di un popolo o di una nazione non sono indipendenti dal
comportamento e dalle abitudini di chi in essi riveste ruoli di
responsabilità, a qualsiasi livello. Il Vangelo non è tenero con
l’arroganza del potere.
«
che, dicendosi cristiani, abbiano l’umiltà di servire e rifuggano

Giuseppe Adamoli, Alessandro Alfieri, Emanuela Baio,


chi si definisce cristiano e rischia di recare scandalo, ovvero
Mario Barboni, Giovanni Bianchi, Luigi Bobba, Carlo Bor-
di offrire una testimonianza dissonante e contraria rispetto a
ghetti, Daniele Bosone, Gianluca Bracchi, Virginio Brivio,
quanto proclama o afferma di credere: meglio che si leghi una
Giovanni Burtone, Ezio Casati, Mario Cavallaro, Paolo Cor-
macina al collo e si getti nel mare. La rilevanza penale di un
sini, Silvia Costa, Paolo Cova, Paolo Danuvola, Lino Duilio,
comportamento è fondamentale per il giudizio terreno di chi
Andrea Fanzago, Enrico Farinone, Luca Gaffuri, Francesco
è investito del compito di vigilare sul rispetto delle leggi, ma le
Garofani, Gianantonio Girelli, Marco Granelli, Lorenzo
conseguenze morali e culturali di ogni nostro comportamen-
Guerini, Daniela Mazzuconi, Alessia Mosca, Giovanni Orse-
to vanno oltre il codice penale e toccano elementi più profon-
nigo, Beppe Pagani, Flavio Pertoldi, Fabio Pizzul, Gigi Ponti,
di e radicali quali l’ethos collettivo e la possibilità di indicare
Francesco Prina, Marco Riboldi, Matteo Richetti, Ettore Ro-
criteri per vivere una vita buona. La grave preoccupazione
sato, Antonio Rusconi, Giovanni Sanga, Fabrizio Santanto-
per l’emergenza educativa che ha spinto i vescovi italiani a
nio, Carlo Spreafico, Gianluca Susta, Patrizia Toia
dedicare un intero decennio della comunità cristiana proprio
al tema della trasmissione dei valori, suona purtroppo come
profetica: quali modelli offriamo ai giovani? Quali prospettive Milano, 23 gennaio 2011
educative si aprono di fronte ai più piccoli? Che cittadini stia-
mo formando? Sono domande che, se guardiamo a quello

Una frase per meditare.


Per perdere la libertà politica, basta non trattenerla, e quella sfugge.
(Alexis de Tocqueville – 1805-1859)

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“SENTINELLA,
testimoni
QUANTO RESTA DELLA NOTTE?”
di Giuseppe Dossetti

Sembrano scritte per il grave momento che sta attraversan-


do il nostro Paese le parole di un grande profeta del nostro
tempo, Giuseppe Dossetti. Un anno prima della sua morte
e all’indomani della formazione del primo Governo Berlu-
sconi, Dossetti commemorò a Milano (18 maggio 1994) l’a-
mico Giuseppe Lazzati in testo rimasto celebre: “Sentinella,
quanto resta della notte?”. Ne pubblichiamo una parte. Che
per noi è un programma.

“Oserei aggiungere un consiglio che, a mio avviso, emerge


dalla nuova congiuntura che si sta creando nel nostro Pa-
ese, proprio in questi giorni dopo la formazione del nuovo
governo.
Conviene ripensare alle cause profonde della notte, quali
già Lazzati le indicava, agli inizi degli anni ’80, come real-
tà intrinseche alla nostra cristianità italiana. Anzitutto una Non si può in nessun modo indulgere alla formula giorna-
porzione troppo scarsa di battezzati consapevoli del loro listica della Seconda Repubblica, impropria, anzi erronea
battesimo rispetto alla maggioranza inconsapevole. Anco- imitazione del modo francese di numerare la successione
ra, l’insufficienza delle comunità che dovrebbero formarli; delle forme costituzionali avvenuta nel Paese vicino.
lo sviamento e la perdita di senso dei cattolici impegnati Non si vuol dire, con questo, che nel caso nostro non ci
in politica, che non possono adempiere il loro compito siano cose da cambiare, in corrispondenza delle grosse
proprio di riordinare le realtà temporali in modo conforme modificazioni intervenute nella nostra società negli ultimi
all’evangelo, per la mancanza di vero spirito di disinteresse decenni. È molto avvertita, per esempio, una diffusa e per-
e soprattutto di una cultura modernamente adeguata; e vasiva alterazione patologica dei rapporti tra privati, par-
quindi una attribuzione di plusvalore a una presenza per se titi e pubblica amministrazione; come pure la pletoricità e
stessa, anziché a una vera ed efficace opera di mediazione; macchinosità di un sistema amministrativo che non si adat-
e infine l’immaturità del rapporto laici-clero, il quale non ta più alle dinamiche di una società moderna; e ancor più la
tanto deve guidare dall’esterno il laicato, ma proporsi più degenerazione privilegiaria e clientelare dello stato sociale
decisamente il compito della formazione delle coscienze, (tradito); la necessità di una lotta sincera e non simulata alla
non a una soggezione passiva o a una semplice religiosità, criminalità organizzata; e infine l’emergenza e la necessità
ma a un cristianesimo profondo ed autentico e quindi ad di adeguata valorizzazione di una nuova classe operosa di
un’alta eticità privata e pubblica. piccoli e medi imprenditori.
Ebbene, se queste erano, e sono tuttora, le cause profonde Si può aggiungere l’esigenza di uno sveltimento della pro-
della nostra notte, non si può sperare che si possa uscirne duzione legislativa, e perciò la riforma dell’attuale bicame-
solo con rimedi politici, o peggio rinunziando a un giudi- ralismo; e soprattutto un’applicazione più effettiva e più
zio severo nei confronti dell’attuale governo in cambio di penetrante delle autonomie locali, da perseguirsi, però, al
un atteggiamento rispettoso verso la Chiesa o di una qual- di fuori di ogni mito che tenda a stabilire distinzioni aprio-
che concessione accattivante in questo o quel campo (per ristiche nel seno del popolo italiano e che perciò tenda a
esempio la politica familiare e la politica scolastica). scomporre l’unità inviolabile della Repubblica.
Evidentemente i cattolici sono oggi posti di fronte ad una Se tutto questo sarà fatto, nel rispetto della legalità e senza
scelta che non può essere che globale e innegoziabile, per- spirito di sopraffazione e di rapina, nell’osservanza formale
ché scelta non di azione di governo ma di un aut-aut isti- e sostanziale delle modalità costituzionali, non ci può es-
tuzionale.

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sere nessun pregiudizio negativo, anzi ci deve essere un incominciato ad ammettere e a deplorare nella misura do-
auspicio favorevole. vuta.
Ma c’è una soglia che deve essere rispettata in modo asso- C’è un peccato, una colpevolezza collettiva: non di singoli,
luto. Certo oltrepasserebbe questa soglia una disarticola- sia pure rappresentativi e numerosi, ma di tutta la nostra
zione federalista come è stata più volte prospettata dalla cristianità, cioè sia di coloro che erano attivi in politica sia
Lega. E ancora oltrepasserebbe questa soglia qualunque dei non attivi, per risultanza di partecipazione a certi van-
modificazione che si volesse apportare ai diritti inviolabili taggi e comunque per consenso e solidarietà passiva.
civili, politici, sociali previsti dall’attuale Costituzione. E così Ma per quanto fosse convinto ed esplicitato e realizzato
pure va ripetuto per una qualunque soluzione che intac- nei fatti, questo pentimento non basterebbe ancora. In-
casse il principio della divisione e dell’equilibrio dei poteri quadrandolo nel pensiero di Lazzati – soprattutto degli
fondamentali, legislativo esecutivo e giudiziario, cioè per anni in cui cominciava più direttamente a pensare alla Città
ogni avvio, che potrebbe essere irreversibile, di un poten- dell’uomo – si dovrebbe dire che i battezzati consapevoli
ziamento dell’esecutivo ai danni del legislativo, ancorché devono percorrere un cammino inverso a quello degli ul-
fosse realizzato con forme di referendum, che potrebbero timi vent’anni, cioè mirare non a una presenza dei cristiani
trasformarsi in forme di plebiscito. (…) nelle realtà temporali e alla loro consistenza numerica e al
Nel caso nostro dobbiamo anzitutto convincerci che tutti loro peso politico, ma a una ricostruzione delle coscienze e
noi, cattolici italiani, abbiamo gravemente mancato, spe- del loro peso interiore, che potrà poi, per intima coerenza e
cialmente negli ultimi due decenni, e che ci sono grandi adeguato sviluppo creativo, esprimersi con un peso cultu-
colpe (non solo errori o mere insufficienze), grandi e veri rale e finalmente sociale e politico”.
e propri peccati collettivi che non abbiamo sino ad oggi
le nostre radici

Lettera a Diogneto (II sec. d.C.)


[…]
V. I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie,
né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero
di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. Vivendo in città greche e bar-
bare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo
di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come
cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come
tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono
secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro
vita superano le leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e
riprendono a vivere. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. Sono disprezzati, e nei disprezzi
hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. Facendo del
bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. Dai giudei sono combattuti come
stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell’odio.

VI. A dirla in breve, come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. L’anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cri-
stiani nelle città della terra. L’anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo.
L’anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile. La carne odia
l’anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo che pur non ha
avuto ingiustizia dai cristiani li odia perché si oppongono ai piaceri. L’anima ama la carne che la odia e le membra; anche i
cristiani amano coloro che li odiano. L’anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo
come in una prigione, ma essi sostengono il mondo. L’anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono
come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l’incorruttibilità nei cieli. Maltrattata nei cibi e nelle bevande l’anima
si raffina; anche i cristiani maltrattati, ogni giorno più si moltiplicano. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito
abbandonare.
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