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D. W. Winnicott
di
Anna Troiano
1. Il fenomeno del bullismo: una prospettiva d’insieme
1.1. La sopraffazione nell’infanzia
Winnicott, nel Il bambino deprivato1, esplorando le radici dell'aggressività, ritiene che sia
l’amore che l’odio implichino aggressività. Egli sostiene che quando nel mondo interno c'è
speranza, l'individuo può godere dell'uso degli impulsi istintuali, compresi quelli aggressivi,
riparando nella vita reale ciò che è stato danneggiato in fantasia. Winnicott afferma inoltre che
“fondamentalmente tutti gli individui sono uguali”, quello che cambia è il modo di affrontare il
L'aggressività reale è una conquista che il bambino raggiunge grazie all'intervento della
madre che lo accompagna gradualmente a distinguere tra oggetti percepiti soggettivamente e oggetti
percepiti oggettivamente. Essa è parte della natura umana come pulsione primaria, e nel corso dello
non ha dunque soltanto una valenza negativa: se ben gestita, cioè se non indirizzata ad infliggere un
l’autorealizzazione.
Spesso invece, già nella prima infanzia, i rapporti tra i bambini evidenziano forme di
aggressività, che, gradualmente, vanno a configurarsi come vere e proprie azioni offensive o
violente.
delle forme di comunicazione e di relazione con gli altri, favoriscono il consolidarsi, nella
come modalità abituale di vivere i rapporti interpersonali. L’incapacità di sviluppare, all’interno dei
contesti educativi, un clima positivo di gestione del conflitto, l’adozione di stili educativi
inadeguati, l’assenza di una cultura del dialogo e del rispetto sono alcuni dei molteplici fattori che
dell’infanzia.
1
D. W. Winnicott Il bambino deprivato: le origini della tendenza antisociale, Milano, Cortina, 1986, p. 105
Molti dei valori, sulla cui base dovrebbe essere modellato qualunque intervento educativo,
non trovano corrispondenza nella pratica concreta e restano pertanto concetti astratti, caratteristici
di una comunicazione che alimenta delusioni, disillusioni e sfiducia dei ragazzi verso gli adulti. Il
problema delle prepotenze tra bambini e ragazzi ha sicuramente un’origine antica e per troppo
tempo è stato non riconosciuto o sottovalutato. Oggi, grazie ad una serie di studi sistematici, a
cominciare dal lavoro pionieristico di Dan Olweus2, che per primo ha dato l'allarme sul fenomeno, è
stato dato un nome e una fisionomia ad un disagio che studenti e docenti percepivano da tempo
come fortemente disturbante nella scuola. Le diverse forme di prevaricazione fra pari vengono ora
considerate un problema complesso, da analizzare nella molteplicità dei fattori che lo costituiscono
all’ambiente familiare o al gruppo dei pari, ha ormai ampliato le sue dimensioni investendo la
scuola, il contesto urbano e la società nella sua complessità, generando forti preoccupazioni in
genitori, educatori e in quanti si trovano coinvolti nell’azione educativa. Di fronte alle difficoltà che
adottare un approccio per cui il bambino da problema possa diventare risorsa»3 Si tratta di una
nuova visione dell’infanzia basata sul riconoscimento di una partecipazione attiva dei bambini al
fine di migliorare la qualità della loro vita e della comunità in cui essi vivono.4
sopraffazione, soprattutto in ambito scolastico, risale a pochi anni fa. Il significato di "bullo" 5 deriva
direttamente dal termine inglese "bully", con cui viene definita una "persona che usa la propria
forza o potere per intimorire o danneggiare una persona più debole". E’ soprattutto l’asimmetria
2
D.Olweus, Bullismo a scuola, Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono, Giunti, Firenze, 1996
3
N . Iannaccone, Né vittime, né prepotenti. Una proposta didattica di contrasto al bullismo, La Meridiana, Bari, 2007,
p. 10
4
N. Iannaccone, op. cit. p. 10
5
Al termine "bullo", sul dizionario Zingarelli (1993), corrisponde la definizione di "prepotente, bellimbusto", cioè colui
che si mette in mostra con spavalderia. Sul Devoto-Oli (1993), il bullo è un "teppista, sfrontato, un bellimbusto che si
rende ridicolo per la vistosità e l'eccentricità dell'abbigliamento". Solo dal 1996 il termine "bullismo" comparirà su
alcuni dizionari nella sezione "neologismi". Sull’Oxford Dictionary del 1990, bully denota una «persona che usa la
propria forza o potere per intimorire o danneggiare una persona più debole».
della relazione che viene messa in rilievo come caratterizzante gli atti di bullismo. Sono atti di
bullismo quelli nei quali è identificabile un dominante e un dominato, ovvero atti nei quali chi è
vittima subisce azioni o parole “cattive o spiacevoli”, o viene “ripetutamente stuzzicato in un modo
che non gli piace” oppure “escluso apposta”. Al contrario, non sono atti di bullismo ma piuttosto
crisi di violenza, quelli nei quali avviene uno scontro tra pari.
La dimensione del bullismo mette dunque in gioco la gestione dei rapporti di forza (forza
fisica ma anche forza sociale, sicurezza di sé, gradimento da parte del gruppo…) o di potere tra i
emergono gli aspetti principali che gli studiosi utilizzano per caratterizzarlo: “ripetizione
intenzionale di atti di prepotenza verso un proprio pari che configura una vera e propria
persecuzione”. Lo studio del fenomeno del "bullying" include sia i comportamenti del "persecutore"
che quelli della "vittima“, e si focalizza sul contesto relazionale in cui si verifica.
Numerose ricerche sono state realizzate negli ultimi anni per comprendere le dinamiche
psicologiche, individuali e di gruppo, alla base del manifestarsi del bullismo fra ragazzi. Proprio la
interazionista, che non privilegi risposte parziali: la personalità, i modelli familiari, gli stereotipi
imposti dai mass media, un’istituzione scolastica spesso disattenta alle relazioni fra ragazzi,
dinamiche di gruppo che trascendono il singolo individuo, sono tutti fattori concomitanti che, in
dimensioni attuali è quello di una società che privilegia «la cultura della violenza e della
sopraffazione, della diffusione di un ethos i cui fondamenti, piuttosto che essere quelli della
reciproca tolleranza, della comprensione, della cooperazione sono quelli dell’intolleranza, della
Caratteristiche Fare il bullo significa dominare i più deboli con atteggiamenti aggressivi e con la
o Intenzionalità
qualcuno;
aggregazione.
Vedremo come diversi studi e ricerche a carattere nazionale ed internazionale abbiano ben illustrato
Negli ultimi decenni del secolo scorso, particolarmente nel corso degli anni Settanta, il
Olweus (1978) che con il suo lavoro ha portato un contributo significativo alla conoscenza del
problema, evidenziandone entità e gravità. I risultati del suo primo studio, relativi alla
somministrazione di un questionario ad oltre 150.000 studenti dagli otto ai sedici anni (1978),
indicarono che il 16% degli studenti risultava coinvolto nel fenomeno del bullismo, come bullo o
vittima; in particolare il 9% della popolazione studentesca apparteneva alla categoria delle vittime,
il 7% a quella dei bulli8. Successivamente anche in altri paesi l’attenzione degli studiosi si è diffusa
rapidamente: si sono sviluppati studi e ricerche e aperto un dibattito a tutt’oggi molto acceso. Le
ricerche effettuate in Svezia (1986), Finlandia (1982), Inghilterra (1991), Stati Uniti (1988),
Giappone (1992) e Spagna (1992) hanno confermato l’esistenza del bullismo in paesi anche molto
7
A.Fonzi, idem. p. 3
8
D.Olweus, op. cit. p. 13,14
diversi fra loro. In Italia è Ada Fonzi9 ad avviare la prima rilevazione nazionale sul fenomeno con la
e a delineare un quadro della situazione italiana con il volume “Il Bullismo in Italia (1997)”. Le
ricerche coordinate dalla Fonzi hanno rilevato percentuali più elevate di comportamenti bullistici
rispetto a quelle di altri paesi: nelle scuole italiane il bullismo si presenta con indici complessivi che
vanno dal 41% nelle elementari al 26% nelle medie. Così anche i media si sono impadroniti del
tema della violenza e dei comportamenti aggressivi nelle scuole con una serie di articoli che
Quasi tutti gli studi scientifici realizzati sinora seguono un’impostazione psicologica (dello
sviluppo). Le analisi, sia quelle internazionali (Olweus 199610; Sharp e Smith 199511), sia le prime
condotte in ambito italiano (Fonzi 199712; Marini e Mameli 199913), alle quali si aggiungono
alcuni aspetti salienti, in relazione alle seguenti categorie di problemi: la definizione di bullismo, la
sua natura, l’entità del fenomeno, la caratterizzazione del bullo e della vittima. In generale, si può
affermare che tali studi sono volti ad individuare forme e frequenza degli episodi, a tracciare le
prevalentemente riparative. Il modello psicologico che li accomuna vede nel sistema scolastico e nei
suoi protagonisti gli interlocutori privilegiati per realizzare un intervento integrato di riduzione e
9
A.Fonzi Il bullismo in Italia, Il fenomeno delle prepotenze a scuola dal Piemonte alla Sicilia - Ricerche e prospettive
d'intervento, Giunti, Firenze, 1997
10
D.Olweus, op. cit.
11
S.Sharp e P.K.Smith Bulli e prepotenti nelle scuole, Erikson, Trento, 1995
12
A.Fonzi op. cit. 1997
13
F. Marini e C. Mameli, Bullismo e Adolescenza Carocci, Roma,1999
14
E.Menesini Bullismo che fare? Giunti, Firenze, 2000
confermano una frequenza più generalizzata del bullismo nelle elementari e nei primi anni delle
medie quale fenomeno socio-relazionale e modalità diffusa di soluzione dei conflitti. Anche i dati
forniti dall’indagine della Fonzi confermano che le vessazioni a scuola sono in misura maggiore alle
elementari e diminuiscono nelle medie. Il fenomeno decresce dunque con il crescere dell'età,
dei casi si restringe, nell’adolescenza però si riscontra una maggiore radicalizzazione dei ruoli
violenza: sono più i maschi che le femmine a fare prepotenze, mentre il coinvolgimento di entrambi
nel ruolo di vittima non appare significativamente differente. Anche se le femmine si dichiarano
meno frequentemente dei maschi come autrici di prepotenze a danno di loro compagni, il loro
coinvolgimento risulta ugualmente molto elevato. Nel nostro paese infatti le ragazze "prepotenti"
non differiscono significativamente in percentuale da quella dei maschi, soprattutto in alcune realtà
del sud d’Italia come Napoli e Palermo. Quest’elemento contribuisce a modificare alcune
costituiscono un nuovo impegno di studio della ricerca psicologica che nel passato ha centrato
l’analisi delle condotte aggressive quasi esclusivamente su soggetti di sesso maschile. Alcuni
ricercatori sostengono, confortati dai dati, che le forme di aggressione femminile sono più di tipo
“indiretto”, relazionale, la cui peculiarità risiede nella maggiore finezza psicologica nel
Gli studi hanno infatti accertato una differenza di genere nell’adozione di prevaricazioni
dirette o indirette: quelle dirette, soprattutto fisiche, sembrano prevalere nei maschi, quelle indirette
prevalgono invece nelle femmine, ma non sono esclusi comportamenti violenti anche nelle ragazze.
15
E.Menesini op. .cit. p. 38
In conclusione in base ai dati finora raccolti in paesi europei ed extraeuropei si può dire che:
1) sono generalmente più maschi che femmine sia a fare che a subire prepotenze;
indirette;
3) molte prepotenze vengono compiute dai ragazzi nei confronti delle ragazze e
1.5. Il Cyberbullismo
Con la diffusione della tecnologia il bullismo ha assunto una nuova veste: è nato il
Alla base di questa nuova forma di bullismo risiede il concetto di Trasmissione Elettronica
delle Informazioni. Si tratta di una modalità per cui varie forme di prevaricazione quali il
attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici (siti web, e-mail, blogs, sms, mms, ecc.). Il fenomeno
non necessita della compresenza di aggressore ed aggredito nel medesimo contesto fisico (in
genere, nel bullismo “tradizionale”, la scuola ed i luoghi e le circostanze ad essa connessi) e/o
• intenzionalità;
• natura ripetitiva;
seconda)
Gli studi di Patchin e Hinduja16, attraverso un’indagine svolta nel 2005 su un campione
di1400 adolescenti statunitensi utenti di Internet, hanno messo in luce i seguenti dati:
(genitore, insegnante)
Con questi nuovi strumenti, il fenomeno del bullismo è cresciuto in maniera impressionante,
ha varcato velocemente i confini fisici dei corridoi e delle mura delle scuole, per svilupparsi nello
Di recente si è molto sviluppata la pratica definita “happy slapping”, e cioè la ripresa (spesso
imbarazzanti, per diffamare, ricattare e perseguitare il protagonista del video o della foto. Le
immagini dell’inconsapevole vittima, vengono diffuse attraverso posta elettronica o altri canali del
Secondo lo studio citato infatti, il 55% del bullismo elettronico avviene all’interno delle
chat-rooms, mentre circa il 28% avviene via e-mail. Utilizzando un instant-messaging program (IM)
è possibile anche allontanare, così come accade nel “mondo reale”, la vittima dal gruppo di
appartenenza, con una pratica denominata “kick” (e cioè “calcio”). Sono ormai innumerevoli i casi
denunciati alla polizia, che, a sua volta, difficilmente può risalire all’identità del persecutore
britannico si è mobilitato, adottando una serie di misure e coinvolgendo anche molte aziende
allo sviluppo del cyberbullying: Schneier, esperto di psicologia della sicurezza, indica infatti nella
mancanza di visibilità (lack face-to-face contact) l’estrema potenza e pericolosità del “bullo
elettronico”che, grazie alle nuove tecnologie, è riuscito a trovare una maschera dietro cui
nascondersi per molestare e perseguitare senza essere scoperto. Si tratta di un contesto in cui
“l’identità reale”, la persona umana, svanisce definitivamente, per lasciar posto solamente a un
A.Fonzi (a cura di) Il bullismo in Italia. Il fenomeno delle prepotenze a scuola dal Piemonte alla
1999
E. Menesini Bullismo che fare? Prevenzione e strategie d'intervento nella scuola, Giunti, Firenze,
2000
Menesini E. (a cura di) Bullismo: le azioni efficaci nella scuola. Percorsi italiani alla
D.Olweus Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono, Giunti, Firenze, 1996