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V. RAPPORTO RITO - LITURGIA Le condizioni di celebrabilita della liturgia Fin dall’inizio abbiamo rivendicato la legittimita e il diritto di cittadi- nanza per il metodo trascendentale di sentirsi, a pieno titolo, parte inte- grante delle scienze liturgiche, come la storia, l’euristica, la teologia. Alla fine della ricerca é forse piti facile calibrare le connessioni intime e indisso- lubili fra dimensione trascendentale della ritualita e la teologia liturgica, raccogliendo, in breve, gli aspetti normativi di questo connubio non sempre sereno. Evidentemente dovremo fare una sortita sul terreno dei contenuti cri- stiani, ma é inevitabile se vogliamo far vedere il riscontro delle “condizioni di celebrabilita” del rito in ambito liturgico, pur mantenendo quest’ ultimo una propria originalita. Questo é il passaggio pit delicato, in quanto l’istanza antropologica, indagata con le scienze umane senza strumentalizzazioni di sorta ma nella sua piena autonomia epistemologica, deve essere declinata con I’istanza cri- stologica, che rivendica uno spazio di assoluta novita. L’interferenza tra le due istanze é inevitabile secondo una sana teologia della Creazione e per lo stesso principio d’Incarnazione, tuttavia bisognera evitare ogni commistione, che riduca Puna all’altra. Le indicazioni emerse dall’analisi fenomenologica del rito religioso, dovrebbero trovare un ri- scontro nell’analisi particolare del rituale liturgico, per ottenere un duplice risultato, sia nel rispetto delle condizioni trascendentali della coscienza reli- giosa generale, sia nell’incremento di significato che il rito cristiano porta con sé. La scienza liturgica fondamentale assolve qui il suo pit’ grave com- Pito sulla linea dell’aforisma di Tertulliano: «Caro salutis est cardo». Procederemo pertanto mettendo a confronto i risultati della fenomeno- logia del rito con la celebrazione eucaristica, atto centrale della liturgia ec- clesiale, per sottolineare il rapporto dialettico di discontinuita e di conti- nuita, Evidentemente l’omologia del rapporto sara possibile solo se si riuscira @ provare che la liturgia é un atto rituale, che di fatto assume i tratti carat- teristici della ritualita religiosa segnalati dal capitolo fenomenologico. Per questa ragione proporremo un quadro sinottico, in cui verranno messi in Parallelo i risultati dell’indagine fenomenologica con le norme della IGMR. Rapporto di discontinuita Il “trascendentale” non impone i significati espliciti alla liturgia, ma re scia ad essa un categoriale specifico, su cui non pud intervenire e dj cui a dichiara incompetente. La teologia della liturgia ¢ in posizione dirompente rispetto alla pro. spettiva trascendentale, in quanto ha uno specifico irriducibile a questa Sfe- ra. Nel caso dell’eucaristia l’elemento assolutamente nuovo é Gesit Cristo, E difficile non concordare con la prospettiva di G. Colombo, quando afferma: «Solo a partire da Gest Cristo si pud comprendere l’eucaristia, che resta invece chiusa e incomprensibile se non si parte da Gest Cristo»'*, La singolarita del rito eucaristico sta nella parola di Gesu, che riferisce a se stesso gli elementi rituali del pane e del vino: «Questo é il mio cor- Ppo...»; «questo é il mio sangue...». In questi poveri elementi Gesii Cristo ha “memorizzato” se stesso, il suo sacrificio di salvezza sul Calvario. Senza Gesu l’eucaristia non ha senso: essa per noi anamnesis del momento definitivo della storia, cioé la croce di Ge- su, per farci morire, in forza dello Spirito Santo, insieme con lui ed avere la “caparra” della risurrezione (cf 2 Cor 1, 22; 5, 5; Ef 1, 14; Rm 8, 23). In tal modo l’eucaristia «“anticipa” la risurrezione non perché preserva dalla morte, ma precisamente perché abilita alla morte — quel tipo partico- lare di morte — che postula la risurrezione»'”. Il radicamento cristologico della “piccola pasqua settimanale” é dun- que un dato irrinunciabile e inoggettivabile dal mero punto di vista trascen- dentale. Anche quando avessimo recuperato il valore simbolico del rito eu- caristico, non potremmo attingere Gest Cristo, perché Egli ¢ la novita di Dio nella storia, che nessuna congettura pud prevedere nella sua singolari- ta. Gesii Cristo non é una variabile storico-culturale, che informa local- mente l’esperienza religiosa che si da nei riti, ma é “il Santo di Dio”, la cu! iniziativa salvifica, “taciuta per secoli” (Rm 16, 25), appartiene all’imper scrutabile disegno di Dio. La novita assoluta dell’Incarnazione del Verbo, rispetto alla conoscenza trascendentale che l’uomo puod avere di Dio, & te stimoniata dal grido di sollievo di Paolo: «Ora invece, indipendentemen'? dalla legge, si & manifestata la giustizia di Dio» (Rm 3, 21). Qui ce uu Vindeducibilité del mistero di Cristo Gesii, che l’eucaristia rende presente ritualmente, Gesit infatti ha rivelato agape di Dio, caratterizzata dai trattl ne spontaneita ¢ della gratuita perché si rivolge al peccatore e all’empio- ae 8 G. Covompo, La dimensione cristologica dell’eucaristia, in «Communion 6197 7 ™® Ibid.,p. 15. IL PROGETTO DI UNA SCIENZA LITURGICA ul il Nuovo Testamento, ma specialmente Paolo, riconduce il tema dell’agape alla theologia crucis: «Dio dimostra i] suo amore verso di noi perché, men- tre eravamo ancora peccatori, Cristo é morto per noi» (Rm 5, 8). Nell’aga- pe della croce sta tutta l’indeducibilita e la specificita del sacrificio cristiano (Cf Ef 5, 2). Sulla croce non é ’uomo che offre il sacrificio e non é Dio che lo riceve. II sacrificio é un sacrificio di Dio stesso. «Tutto viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé in Cristo... Poiché Dio ha riconciliato con sé il mondo in Cristo» (2 Cor 5, 18 s). «ll sacrificio non é pid la via dell’uomo a Dio, ma la via di Dio all’uomo»'®, Nel culto cristiano non vi é pili nulla di umano. II che non significa che é abolita la ritualita. Semplicemente significa che la liturgia non é il mezzo di cui l’uomo dispone per arrivare a Dio, ma il luogo in cui Dio si manife- sta. La liturgia é l’epifania di Dio, esattamente come il linguaggio poetico ¢ la casa dell’Essere. Anzi, lungi dal deritualizzare, il cristianesimo, costretto a riflettere sul fenomeno cultuale non piu nei termini della primitiva inge- nuita, é spinto a valorizzare straordinariamente questo linguaggio. Infatti il Padre, mostrandosi come agape nella Croce di Cristo, trova nel linguaggio simbolico e ludico della ritualita l’ambito privilegiato per far risplendere sempre di nuovo la sua assoluta gratuita, rivelatasi “una volta per tutte” nel sacrificio del Figlio. Rapporto di continuita II categoriale liturgico (Gesit Cristo) non elimina il trascendentale, ma lo suppone ed é da esso sostenuto. La teologia della liturgia, a nostro avviso, non é in grado di autolegitti- marsi criticamente sia nell’ambito intra-ecclesiale che all’esterno in campo missionario, se non é sostenuta dalla previa analisi trascendentale. Vedia- mo di illustrare questo assunto. Nell’esperienza intra-ecclesiale non @ sufficiente ricorrere all’esplicita volonta del Cristo per comprendere il senso del rito eucaristico. Rimane in- fatti celato il motivo per cui il Signore Gest ha scelto le sequenze rituali per assicurare la sua presenza memoriale nel tempo della chiesa. La spiegazione genetico-culturale, che colloca Gest nel suo ambiente giudaico, non da sufficientemente ragione dell’assunzione del rito pasqua- le, come rito della nuova Alleanza nel suo sangue, ma sposta semplicemen- teil problema. 150 A. Nycren, Eros e agape, cit., p. 100.

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