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Approcciarsi a A Bigger Splash in maniera retroattiva, dopo tre anni dalla sua uscita in sala e

soprattutto dopo che la cosiddetta “trilogia del desiderio” di cui è il tassello di mezzo (prima di Call
Me By Your Name e dopo Io Sono L’Amore) è giunta alla conclusione, può essere un’esercitazione di
straordinaria efficacia non solo per recuperare un film che di fatto organizza in modo nuovo un
discorso già sentito ma anche e soprattutto per lanciare una nuova luce sulle derive poetiche e autoriali
di questa prima fase della carriera di Luca Guadagnino.
Addirittura si potrebbe dire che proprio con A Bigger Splash la poetica di Guadagnino comincia a far
capolino in tutti i suoi elementi essenziali.
Ci si rende conto, ad esempio, che il concetto di remake o anche solo di adattamento letterario,
insomma il prendere le mosse da un testo (filmico o letterario che sia) non ha quasi mai per
Guadagnino il significato di adattamento e non si accompagna mai al concetto di fedeltà al progetto
di partenza. Se in Cbiamami Col Tuo Nome l’avvenimento al centro del romanzo di Aciman, la
graduale costruzione del rapporto sentimentale tra i due protagonisti, viene lentamente sublimato
dallo sguardo del regista fino a fargli impregnare ogni singolo elemento della messa in scena, in A
Bigger Splash l’elemento centrale della pellicola originale, il gioco di seduzione nato dal triangolo
tra i tre protagonisti e il conseguente e tragico omicidio finale subisce un lento spostamento fino a
perdere gradualmente peso all’interno della pellicola.
Per Guadagnino il triangolo di seduzioni e l’omicidio non sembrano costituire tanto l’apice del film
quanto l’inevitabile conseguenza dei prevedibili comportamenti di quei personaggi che si è scelto di
portare in scena. I rapporti tra questi personaggi e, ancor di più, le loro interiorità sfaccettate,
sembrano stimolare maggiormente l’interesse indagatorio del regista.
Prima di qualsiasi altra cosa A Bigger Splash è uno studio sui relitti del passato, sulle ambizioni, sul
compromesso. Al centro del film ci sono tre individui intrappolati in una dimensione che non è più e
che, tuttavia, provano a rincorrere o a ricreare con tutte le loro forze, malgrado ognuno si impegni
con tutto sé stesso di ammettere di fronte agli altri che allo stato attuale nulla potrebbe andare meglio
di così. Ed è proprio nel portare in scena questi continui tentativi più o meno riusciti, più o meno
evidenti di ricreare il passato, attraverso degli atti concreti o attraverso il ricordo costituiscono che la
pellicola trova il suo fascino e la sua ragion d’essere.
Raramente si è vista una tale delicatezza, ad esempio, nel descrivere un corteggiamento come quella
che emerge dai gesti e dalle attenzioni del personaggio di Harry nei confronti di Marianne, così come
palpabile è la gioia (conseguente ad una riconnessione con un momento passato) che esplode in lui
durante la sequenza in cui balla sulle note degli Stones, discorso a sé, poi, sarebbe da dedicare alle
sfaccettature di caratterizzazione che emergono dai dialoghi tra i personaggi, in fondo delle stilettate
pregnanti che aprono squarci su una realtà lontana ma tangibile. In questo modo si affina lo stile di
messa in scena di Guadagnino ma è necessario notare come proprio con A Bigger Splash si fa più
chiarezza sul contenuto simbolico e tematico di tutta la trilogia.
In termini generali, potremmo dire che Guadagnino affida al passato, alla tradizione, un duplice ruolo:
esso diventa infatti luogo di rifugio ma ad un occhio attento esso si pone anche come luogo da cui
proviene una velata minaccia.
Il nord Italia ritratto nello stile e nei colori di Visconti in Io Sono l’Amore sono da un lato la
rappresentazione della sicurezza e della solidità della famiglia borghese al centro del film, dall’altro
sarà proprio da quel contesto che inizierà la rovina di quella stessa famiglia; la Cremona degli anni
’80 è il luogo, quasi mitico, fuori dal tempo, in cui Elio ha incontrato il suo primo vero amore, ma è
anche la cornice in cui il suo stesso cuore è stato spezzato; così in A Bigger Splash Guadagnino
sembra rincorrere, anni prima di Chiamami Col Tuo Nome, quell’antichità classica di stampo greco
con interferenze del meridione tribale che qui ha i connotati di Pantelleria, dei suoi colori, dei suoi
vecchi, dei suoi rituali. Pantelleria e la Sicilia visti dunque come rifugio, come locus amoenus, un
luogo, però, che il più delle volte viene ritratto come fuori dal tempo, isolato, una bolla in cui
l’eccessiva pace, l’eccessiva monotonia non possono far altro che far scoppiare la tragedia. Non è un
caso, in fondo, se proprio dalla Grecia venga quella tragedia che influenza profondamente l’ultimo
atto sia in termini di storyline sia in termini di gesti (il pianto rituale, muto e disperato, di Marianne,
tanto per dire).
Passato quasi sotto silenzio, di sicuro sottovalutato, A Bigger Splash merita insomma di essere
riscoperto non solo per confrontarsi con una pellicola interessante ed in fondo piena di cose da dire
ma anche per comprendere pienamente certe pieghe del cinema di Guadagnino.

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