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L’Agnese, all’inizio del libro, è un’umile lavandaia che si prende cura del
marito. È una donna semplice e ignorante, non abituata a pensare. Il marito
Palita, sebbene fosse malato, si occupa di politica. La morte di costui segna la
svolta per una nuova vita: comincia anche lei a far parte della Resistenza
grazie agli amici di Palita. L’impiego delle donne nella resistenza costituisce
un punto di forza e di continuità, infatti i tedeschi le credono innocue e si
dimostrarono meno attenti nel perquisirle. L’Agnese è l’esempio calzante, con
il suo aspetto di donna semplice, robusta, avanti con l’età, dai lineamenti
severi e pacifici non attira su di se l’attenzione. La protagonista attua un forte
cambiamento: da ingenua lavandaia diventa l’organizzatrice dei movimenti
clandestini per la Resistenza. Diventa una donna coraggiosa, non ha paura di
morire perché non ha nulla da perdere, la sua preoccupazione è per i
compagni, non vuole che finiscano nei guai per lei e combatte per il loro
futuro, un futuro di libertà.
Sarà lei a prendersi cura dei partigiani quasi come una madre, una sorella,
facendo ciò che può, come preparare il pranzo o rattoppare le calze; sarà
ancora lei, inizialmente, a ospitare in casa propria le riunioni di preparazione
per le missioni e diventando la staffetta per il trasporto di materiale esplosivo
o importanti notizie. Ancora lei riuscirà a nascondere i quattro superstiti del
tentativo di passare la frontiera, nascondendoli e salvandoli da un
rastrellamento tedesco, se pur con molta fortuna. Perderà poi la vita proprio
quando meno se l’aspetta, in un modo cruento e barbaro.