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Renzo Cresti

Claudini Montisviridi,
la musicalit del dire.
La ripresa della musica monteverdiana nel primo
Novecento: DAnnunzio e le prime revisioni.
Gian Francesco Malipiero e Annibale Gianuario.

Bisogna glorificare il pi grande degli innovatori, che


la passione e la morte consacrarono veneziano, colui
che ha il sepolcro nella chiesa dei Frari, degno di un
pellegrinaggio: il divino Claudio Monteverde.
(G. DAnnunzio, Il fuoco)

Claudini Montisviridi, cos si legge nel frontespizio del primo lavoro che
Monteverdi pubblica nel 1582, Sacrae Cantiunculae, presso il famoso editore
Gardano di Venezia, un allievo di Ingegneri e in questa Antologia di Mottetti, pur
nellevidente ricalco di certi stilemi del grande polifonista sacro, Maestro della
Cattedrale di Cremona e col quale il giovane Monteverdi studia, dimostra una
sottigliezza di scrittura che rimarr una felice costante: i Mottetti sono a tre voci (non
a cinque come usanza) e questo ci dice che il giovane Monteverdi non tanto attratto
dalle grosse sonorit quanto piuttosto dal raffinato rapporto con la parola, in tal senso
Monteverdi davvero il grande continuatore della Scuola di canto che ha origine
nelle Corti italiane del Quattrocento.
La relazione parola/suono costituisce il cardine delle(ste)tica musicale
umanistico-rinascimentale, per la quale la musica devessere trasparente, in modo
da rendere intellegibile il testo. La creazione di senso il fine pi alto. La rigogliosa
cultura del Quattrocento italiano influenza lEuropa tutta, un esempio musicale il
De modo bene cantandi, pubblicato nel 1474 da Conrad von Zabern, in cui si critica
con severit le cattivi abitudini dei cantori che nasalizzano e che non pronunciano
bene le parole generando confusione nella pronuncia. Il rapporto col testo ,
insieme alla voce sonora e ad alcuni princpi tecnici, la base su cui simposta
le(ste)tica della grande Scuola di canto italiana, unestetica che si contrae in etica.
Lintellettuale, formatosi alla scuola umanistica, propugnava i concetti di virt,
conoscenza e ragione, aveva formulato un utopico programma di collaborazione col
Principe, un ideale proposto da Baldassare Castiglione, nel dialogo Il cortigiano del
1528. Scrive il grande letterato e diplomatico: bella musica parmi il cantar bene al
libro, ma ancor molto pi il cantare alla viola perch tutta la dolcezza consiste in
uno solo, e con molto maggiore attenzione si nota ed intende il bel modo e laria non
essendo occupate le orecchie in pi che in una sola voce, e meglio ancora vi si
discerne ogni piccolo errore, il che non accade in compagnia perch luni aiuta
laltro. Ma soprattutto parmi gratissimo il cantare alla viola per recitare, il che tanto
di venust ed efficacia aggiunge alle parole ch gran meraviglia (1).
La ricognizione della musicalit del dire, che il Doni scrive non si pi
attuata dopo lantichit greco-latina, uno degli ideali forti del Rinascimento che,
conoscendo Platone, Aristotele, Filodemo, Archita, Cicerone, Aristosseno, possiede la
documentazione per capire come poesia e musica erano tuttuno. La musica era larte
del dire, infatti il pubblico dello scrittore antico non era un pubblico di lettori, ma di
uditori, la retorica diviene, quindi, la base per la realizzazione fonetica del pensiero.
La via della persuasione percorre la strada che attraverso il delectare e il muovere
giunge al docere, le arti devono assumere questa triplice funzione persuasiva //
stabilito come il fine proprio della musica sia il rappresentare gli affetti //
loggetto il suono, il fine il dilettare e commuoverci con gli affetti pi diversi
(Cartesio), lindagine dei musicisti e dei teorici si volge a indagare tutti i possibili
riscontri tra gli stati danimo e i mezzi musicali pi adatti a rappresentarli (2). Per
raggiungere tali obiettivi si riutilizzano i metri antichi, da Bernardo Tasso a Cesare
Monteverdi, al Tolomei, Trissino, Chiabrera fino ai tentativi della Pliade. E
chiaro, comunque, che il ricorso ai piedi greci o il riportare alla luce altri stilemi
antichi, non sufficiente a creare un unicum parola/concetto/suono ( per questo che
la Pliade rimane sospesa a met strada) (3).

La voce sonora e Monteverdi

Da un punto di vista tecnico, i cantanti devono utilizzare la risonanza superiore,


infatti il suono perfettamente emesso viene creato nelle cavit di risonanza superiori,
poggiando sul fiato, realizzando quel cantare sul fiato di cui parlano i teorici: il
Giustiniani descrive le meraviglie canore delle corti di Ferrara e di Mantova:
facevano a gara nel moderare e nel crescere la voce, assottigliandola e
ingrossandola, hora strascinarla, hora smorzarla, con laccompagnamento di un
soave sospiro // accompagnavano appropiatamente la musica e li concetti. La
rappresentazione degli affetti richiede quindi uno stile che vada in profondit, entri
dentro alla parola e ne esalti le innumerevoli possibilit di declamazione. La
naturalezza espressiva fa ricorso anche a un uso sapiente della pausa che deve seguire
il respiro e dar rilievo alla sensibilit dellinterprete.
Sotto il profilo canoro, lestrema purezza e fragilit del suono-poetico richiede
la stessa prefezione della emissione che permette la realizzazione dello spiccato
(tipico della esecuzione della virtuosit) che deve far risaltare bene ogni suono-sillaba
e, per realizzare questa pronuncia, occorre creare il suono utilizzando al massimo i
risuonatori sopra-laringei che hanno sede nelle fosse nasali e nei seni paranasali, cosa
che oggi non si ascolta quasi pi. La risonanza totale quindi (la voce sonora del
Caccini) possibile solo mediante il meccanismo dellappoggio che permette il
registro unico e quindi lomogeneit e la purezza dellintonazione. C un grande
segreto per giungere alla perfetta vocalit ed quello di considerare che esiste un
punto unico dellappoggio per tutti i suoni della scala musicale (nessun testo italiano
antico, e ci significativo, accenna ai cosiddetti passaggi di registro). Inoltre
lemissione va realizzata sul fiato, creando cos un suono vivo e vibrato che permette
di portar la voce attuando i particolari effetti cromatici tipici del canto affettuoso. Il
crescere e lo scemare della voce devessere basato su una buona respirazione (alcune
conformazioni facciali possono aiutare la buona risonanza, come la forma del naso).
Lo stile rappresentativo non tale perch realizza una visione scenica del testo,
quanto perch rappresenta gli affetti, modulando emotivamente la voce, quindi, come
dice Annibale Gianuario, siamo molto lontani dal melodramma e dalloperismo e
siamo lontanissimi da un canto virtuosistico fine a se stesso nel quale e per il quale
si possono inventare diminuzioni, accompagnamenti elaborati e orchestrazioni
(4).
Oltre a Cremona, il giovane Monteverdi ha contatti con Milano, dove vi suona
pi volte la viola, e con Ferrara, dove conosce le celebri tre dame che cantavano trii
scritti appositamente per loro da vari musicisti (fra cui Luzzaschi), ma certamente
Mantova la citt fondamentale per la messa a punto della Seconda pratica. In una
lettera del 1611, indirizzata al cardinale Ferdinando Gonzaga, Monteverdi scrive:
ogni venerd sera, nella Sala degli specchi, si tiene un concerto. La signora Adriana
canta, regalando ai sensi tutti un tale piacere e donando alla musica un tale potere e
una grazia cos particolare che quel luogo diviene un nuovo teatro. Lo specchio
uno dei simboli dellestetica seicentesca, verit del riflesso e, contemporaneamente,
apertura di uno spazio illusorio. Come potremmo vivere senza specchi? // sono le
finestre attraverso le quali vediamo noi stessi // vi piace la Sala degli specchi?
State osservando il soffitto, i quattro cavalli e lauriga // notate che i cavalli
sembrano galoppare nella direzione opposta. Unillusione ottica, come molti nostri
affreschi. Giochiamo con le dimensioni. Tutto ci che potete vedere nella Sala il
vuoto, e voi stessi riflessi negli specchi. Non sentite, seppur debole, la musica che
filtra attraverso il sudario del tempo? // le nostre pareti, l dove non sono
ricoperte di specchi, risplendono con le opere di Tiziano e di Rubens. Il nostro
direttore della musica, il maestro di Cappella, il migliore dItalia, il divino Claudio.
Il duca Vincenzo ha riconosciuto il suo talento la prima volta in cui lo ha visto a
Cremona, un giovane violinista (5). La signora Adriana, citata nella lettera di
Monteverdi, Adriana Basile, cantante di grande fama gi a Napoli, prima di
giungere a Mantova; la lettera del 1611, lanno dopo, il 18 Febbraio, muore
Vincenzo I, quarto duca di Mantova, sposato in prime nozze, con un matrimonio
annullato a Margherita Farnese, poi a Eleonora de Medici (era nato nel 1562), gli
succede, per breve tempo, Francesco (nato nel 1586 e sposato a Margherita di Savoia)
ma in quel tempo breve combiner il guaio di licenziare Monteverdi, insieme al
fratello Giulio Cesare, e invano il successore, il cardinale Ferdinando (al quale
indirizzata la lettera citata) cercher di riportare a Mantova il divino Claudio, che la
Repubblica Serenissima di Venezia aveva ingaggiato come Maestro nella basilica di
san Marco.
E grazie allammirazione e allaiuto che Monteverd avr dal duca Vincenzo
che il Maestro potr realizzare, con agio, le sue composizioni maggiori ( un rapporto
felice quello fra i due, a parte la vicenda della figlia del violinista Cattaneo, Claudia,
che il duca corteggia strettamente, poi sposata da Monteverdi nel Maggio del 1599),
fra i capolavori alcuni Madrigali e le due Opere Orfeo e Arianna, sulla quale il
librettista, Ottavio Rinuccini, in una lettera del 1607, fa questa riflessione: queste
cose cantate sono pi difficili e pi belle di quello che pensa la gente: richiedono
grande squisitezza di versi. La difficolt viene dunque sciolta nella squistezza, ossia
nel modo di porgere la parola e qui la dissonanza assume un ruolo decisivo.
Monteverdi far della dissonanza la manifestazione dinamica della sua musica,
realizzando la visione platonica del concetto espresso in suono. Il pensiero che il testo
esprime si deve concretizzare nelladerenza della musica alle parole: la messa di voce
(il suo aumentare o diminuire), lesclamazione languida o spiritosa, le cascate
(volatine), gli effetti espressivi del legato e il trillo (a imitazione del canto degli
uccelli, come dice Caccini) e tutti gli altri elementi che vanno a costituire la
Sprezzatura (andamento a tempo libero per seguire larsi e la tesi della musica) sono
allora in funzione dellespressione poetica e devono essere realizzati a voce sonora
naturale, in cui cio operante la completa fusione dei due registri. Nel parlare
modulando le sillabe, come dice Caccini, devono essere conservati gli accenti tonici e
le caratteristiche delle vocali.
Il pathos garbato delle musiche di Autori quali Andrea Gabrieli, Giovanni
Croce, Luca Marenzio, deriva dalluso blando della dissonanza, mai dura da
offendere lorecchio, che ben si addatta ai circoli cortesi, ma Monteverdi, quando
passa da Cremona a Mantova, scopre il Manierismo e con esso landare a fondo nelle
passioni, superando gli statici schemi su cui si basa la polifonia accademica, quelli
che aveva in mente il monaco Artusi quando dice che Cruda Amarilli pieno di
errori, dimostrando una visione della scrittura musicale arretrata. Le dissonanze
iniziali servono per dare fin da subito il climax della composizione, mentre le
ornamentazioni intensificano lespressivit, approdando a uno stile tormentato che
supera di gran lunga ogni schema fisso e getta le basi di una nuova concezione della
musica a servizio della parola. La dissonanza serve appunto a creare quellaffondo
altrimenti impossibile seguendo le regole tradizionali e tale affondo guidato dal
significato parole e dalla ricerca della loro comprensibilit. Per esempio, in alcuni
Madrigali del Quarto Libro come Cor mio, non mori? Oppure Anima mia, perdona o
ancora in Anima dolorosa non una sola parola va perduta, in Sfogava con le stelle un
inferno damore le parole sono addirittura declamate. E interessante ricordare che
Monteverdi utilizza la notazione comune per i Salmi, limitandosi a indicare le note
dellaccordo che devono essere cantate, lasciando le durate libere, in modo che il
cantante si avvicini il pi possibile al parlato. Il Quinto Libro di Madrigali (che ha un
grandioso successo ed ristampato pi volte), poi lOrfeo (anchesso ristampato nel
1615), quindi lArianna e, infine, il Sesto Libro (pubblicato dopo che Monteverdi
aveva lasciato Mantova, ma scritto negli ultimi anni del soggiorno mantovano)
dimostrano come questo affondo riesca in maniera perfetta gi a Mantova, facendo di
Monteverdi il divino Claudio. Certo gli Scherzi musicali, gli ultimi Libri di
Madrigali e la musica sacra scritta a Venezia, per non parlare delle due ultime Opere
per il teatro, aggiungono molte tematiche e approfondiscono i tanti aspetti della
produzione monteverdiana, ma lapice pare gi raggiunto nei primi 15 anni del
Seicento: per esempio lapprendimento della tecnica legata alla pratica del basso
continuo, cos importante per le composizioni veneziane, risale allepoca di Mantova,
infatti alla Corte dei Gonzaga che Lodovico Grossi da Viadana, organista della
Cattedrale, sviluppa tale tecnica, descrivendola nella Prefazione del suo Primo Libro
di Concerti (1602). Anche il balletto Tirsi e Cloe, pubblicato nel Settimo Libro (1619)
era stato scritto per il Duca di Mantova, dove Monteverdi aveva conosciuto Giovanni
Giacomo Gastoldi (allora Direttore della Cappella privata in santa Barbara) e del
quale si ricorder quando comporr, a Venezia nel 1632, gli Scherzi musicali, dal tono
leggero proprio come quello del Gastoldi. Inoltre, molta della musica sacra veneziana
si avviciana allo stile profano gi messo a punto a Mantova, per esempio il Mottetto
Pianto della Madonna una rivisitazione del Lamento di Arianna, oppure Laudate
Dominum si basa su un gorgheggio di tipo operistico come pure Ab aeterno ordinata
sum, pezzo ricco di pittoreschi effetti. Infine, nella Prefazione allOttavo Libro il
Maestro sente il bisogno di ricorrere ancora una volta a Platone e alla sua idea di
imitazione, ribadendo, anche a Venezia, la sua educazione formatasi dentro la
cultura delle grandi Corti italiane del Cinquecento.

Il problema dellarmonia

In una lettera del 1633, Monteverdi chiarisce la differenza fra larmonia fondata sulle
ragioni della Prima pratica, dove il testo viene adattato alla musica, e quella basata
sulla Seconda che la realizzazione del suono della dizione emotiva dellespressione
poetica la quale, seguendo le indicazioni di Platone, devessere scelta per il suo
valore spirituale. Da questa differenza era partita la polemica dellArtusi, che nel
1600 aveva pubblicato LArtusi ovvero delle imperfezioni della moderna musica, nel
quale aveva accusato Monteverdi di procedimenti che offendono lorecchio, perch
realizzati non in nome delle ragioni squisitamente musicali, ma in nome di quelle del
testo, quindi per lArtusi la musica ha le sue regole in s, mentre per Monteverdi la
perfetione della moderna musica consiste nel seguire loratione (cos scrive nella
Prefazione al Quinto Libro di Madrigali, nel 1607). Come dice il grande esperto del
periodo Annibale Gianuario (6), per Monteverdi la Seconda pratica dunque il
ritorno alla concezione della musica come realizzazione della poesia nei suoi tre
elementi unitari: il significato, il ritmo e il suono, elementi che il musicista plasma
seguendo la rappresentazione degli affetti, proprio secondo le indicazioni che Caccini
scrive nella citatissima, ma troppo spesso sconosciuta, Prefazione del 1601, in cui
dice che la musica che non lascia bene intendere le parole guasta il concetto e che
bisogna attenersi a quella maniera cotanto lodata da Platone e altri filosofi che
affermarono la musica altro non essere che la favella e il ritmo e il suono per ultimo
e non lo contrario, quindi, per bene aderire a questi precetti, si deve ricorrere alla
nobile sprezzatura di canto // ora allungando ora scorciando le sillabe per
accomodarsi al contrappunto, ci richiede lungo studio, perch questarte non
patisce la mediocrit allora, per raggiungere questo nobile fine, occorre cantare a
voce piena e naturale e isfuggire le voci finte (poich offendono lorecchio), dalle
voci finte non pu nascer nobilt di canto, che nascer per una voce naturale
comoda per tutte le corde.
Nel suo studio sulle Modalit e realt fonetica nel Lamento di Arianna di
Monteverdi (7), Gianuario fa una considerazione interessante sullarmonia e dice: si
potrebbe analizzare la modalit del Lamento basandosi sul basso continuo, cio
considerando indicativa la finale del basso stesso // non ci sembra una soluzione
attendibile, in quanto la modalit viene determinata dal verso e il continuo da
considerarsi rivelazione di particolari armoniche evidenziate dalla dizione che
altres determina quelle componenti armoniche che Monteverdi notizia sul basso. E
quindi lindividuazione del suono vocalico e sillabico che determina lespressione e
di conseguenza la modalit, come nella musica degli antichi greci, ai quali gli
umanisti si richiamavano, il modo allora devessere determinato dalla sonorit della
frase, in ununit fonico-semantica, articolata in accenti e timbri. E il come
particolare dellesprimere lemozione che il testo suscita che determina la mese e la
finalis e, in ultimo, il modo di essere dellarmonia.
Le edizioni moderne delle composizioni di Monteverdi tradiscono spesso il
lavoro originario, inquadrandolo nel sistema armonico delineatosi dopo lepoca
monteverdiana, signora la poiesis e la semiografia del Cremonese, e si d vita a
interpretazioni vocali che non conoscono le flessioni foniche derivate
dallespressione verbale e producono falsi storici. Si crede oggi di conoscere
Monteverdi, ma in realt, per colpa delle troppe falsificazioni storiche si ascolta una
musica altra, riadattata alle mode della early music.
La grande scuola italiana, da Maffei a Caccini, a Tosi, Fedi, Pistocchi, Brivio,
Peli, Redi, Amadori fino a Porpora tiene ancora saldi quei principi che Giambattista
Mancini riassumeva nel suo Riflessioni pratiche sul Canto figurato e cio:
acquisizione del portamento di voce che il passaggio, legando i suoni, duna nota
allaltra; messa di voce cio lazione di attaccare una nota sul pianissimo, aumentare
la sonorit fino al fortissimo e ritornare al pianissimo utilizzando sempre lo stesso
fiato e terminando, se lespressione lo richiede, con un trillo (che devessere uguale,
battuto, granito e moderatamente veloce); lappoggiatura semplice o doppia
laccentuazione su una o pi note trattenute nel discendere (un tono) che nel salire
(mezzo tono); il mordente una nota reale il cui battimento dato da una nota
inferiore di mezzo tono; la cadenza unesecuzione importantissima ed una
creazione espressiva dellinterprete. Mancini scrive che le voci, anche se adatte
allespressione, non possono eseguire che il canto di note e parole. E
unosservazione molto pertinente e che non lascia alcun dubbio sulla realt del Canto
nei secoli che ci interessano, in opposizione al canto che a partire dal XIX secolo
tender allespressione verista, seguendo unestetica completamente diversa dalla
rappresentazione degli affetti. Gi nellappello alla verisimiglianza della cultura
illumistica si era intravisto il passaggio dal mito allepos, un cambiamento che avr
progressive ripercussioni sulla drammaturgia e sul modo di descrivere col canto
personaggi e situazioni. Si perde il contatto con la parola a favore della scena, le
sottili trasfigurazioni emotive espresse dal dire musicale diventano crassi sentimenti
urlati, le raffinatezze vocali si volgarizzano, inseguendo un malinteso senso del
popolare. Ci si allontana dai principi che hanno radice nella grande Scuola che parte
dal Caccini e ci si avvicina allimpostazione verista, che si basa su unestetica dai
segnali forti, molto differente da quella del muovere gli affetti come, e ancor pi, da
quella wagneriana.
La grande scuola persiste ancora fino al primo Romanticismo, come dimostra il
testo del 1847 di Manuel Garcia, Trait complet de lart du chant (trattato in due
volumi, il secondo mai pubblicato in Italia!) ma, contemporaneamente, aveva iniziato
la sua decadenza, Garcia suddivide la voce addirittura in tre registri! Non un caso
che Rossini, nel 1858, constata la mancanza di cantanti adatti alle opere di Cimarosa,
Bellini e sue proprie. E ancora qualche anno pi tardi, il lamento di Rossini si ripete,
in una lettera al figlio di Vaccai del 1864. Lo stesso Verdi, pi volte, dichiara che il
suo canto deve basarsi sulle regole auree dellantica scuola. Bellini risulta essere una
sorta di spartiacque, ma lui appartiene ancora alla grande scuola.
Lideale vocale di Mozart, che fra il 1774 e il 1775, aveva studiato a Londra
con il castrato Giovanni Manzuoli rispecchia completamente la buona scuola
italiana, nelle sue lettere afferma che ci che conta nella vocalit la purezza e
lomogeneit (8), ovvero quelle qualit che permettono lo spiccato del quale
parlano Burney e Chopin. La fusione dei registri e la fioritura sono caratteristiche
indispensabili per eseguire correttamente Mozart, ma anche Bellini, Donizetti,
Mercadante, Paganini e gli operisti di inizio Ottocento, prima che la pratica del
grand cri alla francese (che, nel 1839, faceva inorridire Liszt), il verismo romantico e
il wagnerismo si affermassero.

DAnnunzio, la Raccolta Nazionale delle Musiche Italiane e le prime revisioni

Le fioriture delle Opere di Bellini, le cadenze per quelle di Donizetti e la giusta messa
di voce sono realizzate da cantanti come Crescentini, Rubini, Cinti-Damoreau,
Malibran, Catalani ecc. che dimostrano virtuosit e capacit espressiva. DAnnunzio
a Tosi, in una lettera del 1913, testimonia che anche alla cultura francese lo stile
verista risulta sgradito: Pierre Lalo, in uno scritto recente, cercava di individuare le
ragioni della rottura totale e atroce fra la musica italiana di un tempo e quella
odierna, fra la sublime nudit di Monteverdi e ce grossier talage demotion
populacire che voi consocete bene. Nel suo romanzo Il fuoco, il Poeta scrive:
Claudio Monteverde // di che materia era composta la sua bellezza? // una
sola linea del discorso melodico, sostenuta da un accompagnamento che nella pi
nobile semplicit trova la pi intensa espressione: niente altro. E ogni sillaba ritmica
come il polso del dramma; e ogni inflessione della melodia partecipa della forza
centrale del dramma come il cuore attivo nel corpo respirante: e ogni contorno,
pur concorrendo alla divina proporzione del tutto, si svolge con una flessibilit e una
libert indefinite e infinite. Le altre musiche, al confronto, ci sembrano scolastiche,
rigide, arteficiate, imprigionate nella formula e nella convenzione. Qui lamore, il
dolore, la volutt, la magnanimit, la preghiera, la temenza, tutti gli affetti umani
parlano con la loro stessa voce, col loro accento profondo e originario, con la realt
stessa della carne, del sangue e delle ossa ma sublimata dal pi alto stile. Mardisco
nel dire che tutto qui umano e trasumanato nel tempo medesimo. La musica
rischiara il fondo reale che produce le creature ideali. La potenza e linnocenza della
melodia pari alla potenza e allinnocenza degli elementi primitivi. E, sopra ogni
altro sentimento, sta in noi ascoltanti un sentimento di necessit: di quella necessit
che la vera musa tragica. Abbiamo voluto citare lintero passo perch, pur in una
prosa magniloquente, centra bene alcune caratteristiche della musica monteverdiana:
la nobile semplicit, lintensa espressione, il fatto che ogni sillaba ritmica
come il polso del dramma, la flessibilit e lo stato di necessit in cui musica e
dramma si svolgono. Inoltre la passione di DAnnunzio per Monteverdi anticipa la
riscoperta che ne far la musicologia, infatti ledizione dellOpera omnia di
Monteverdi realizzata da Gian Francesco Malipiero ha inizio nel 1926 (per terminare
nel 1942).
DAnnunzio, nel Libro segreto, descrive il momento in cui fu attirato dalla
forza della musica, grazie a Palestrina, del quale aveva ascoltato, nella chiesa
bolognese di Santa Maria della Vita, il Mottetto Peccatem me quotidie: in quel
punto io nacqui alla musica // in quellora, in quella chiesa parata di porpora, in
quel senso mistico che fluttua tra lestremo della carne e il limitare dellanima,
veracemente sentii dedurre e condurre il mio filo di porpora dalla dita della Musica,
e non per diletto e non per blandizia e non per oblio, s per vocazione di dolore e per
vocazione di martirio, dunque la musica una forma di aspirazione sublime,
meravigliosa e terribile a un tempo, come dimostrer anche Andrea Sperelli, il
protagonista de Il Piacere, dove la musica, in specie la wagneriana, costituisce il filo
rosso del romanzo. DAnnunzio era arrivato a Wagner per due vie parallele, quella
della letteratura francese dei simbolisti e della Revue wagnerienne, e quella delle
letture al pianoforte delle Opere di Wagner, realizzate nellappartamento napoletano
dallamico Nicol Van Westerhout. E ancora la Francia a costituire il terreno
dincontro con i protagonisti della cosiddetta Generazione dellOttanta: Casella (che
era a Parigi fin dal 1896, quando, tredicenne, si era recato per studiare con Faur),
Pizzetti (che nel 1905 aveva gi musicato un testo del poeta, Nave, e col quale
DAnnunzio avr una prolifica e proficua collaborazione) e Malipiero che giunge a
Parigi nel 1913 proprio per chiedere al Vate il permesso di musicare Sogno di un
tramonto dautunno (poi musicher anche I Sonetti delle Fate, il Diticambo terzo
(dalle Laudi) e quattro delle Stagioni italiche (inoltre dedicher a DAnnunzio la sua
Misse pro Mortius). E da Malipiero che nasce lidea della Raccolta Nazionale delle
Musiche Italiane, con lo scopo di riscoprire e di valorizzare la nostra musica del Sei-
Settecento, e di rivolgersi a DAnnunzio per una Prefazione prestigiosa. Lidea nasce
nel 1916, al Caff Cova in piazza della Scala a Milano, qui Malipiero espone a
Massimo Bontempelli, Alberto Savinio e Umberto Notari il progetto, in un primo
momento si pensa a Boito come tutore delliniziativa, ma questi rifiuta, allora Notari
prova a sentire DAnnunzio che accetta la direzione dellimpresa.
La Raccolta Nazionale delle Musiche Italiane, curata dallIstituto Editoriale
Italiano, inizia con un paragrafo intitolato Notizie generali in cui si dice: noto a
tutti che coloro che crearono e stabilirono le forme principali della composizione
musicale e diedero vita alla tecnica vocale e strumentale moderna furono italiani,
segue un elenco di Autori, di costrutturi e di stampatori, poi si pone laccento
sullesigenza di riproporre questo immenso patrimonio: sino a poco tempo fa
esistevano solo singole ristampe // il pi era sparso per i musei, per le biblioteche
pubbliche o private, dimenticato // un simile stato di cose doveva finire //
animato da ferma fede nellimmancabile rinnovamento dellarte musicale nazionale /
/ lIstituto Editoriale Italiano deliber procedere alla pubblicazione di una grande
Raccolta Nazionale delle Musiche Italiane, il titolo sintetizza con limpidit e con
precisione la natura e gli scopi delliniziativa affidata al genio animatore di Gabriele
DAnnunzio e alla dottrina dei maestri Gian Francesco Malipiero, Carlo Perinello,
Ildebrando Pizzetti e Balilla Pratella. La Prefazione di DAnnunzio non incentrata
sulla musica, cosa che il Poeta poteva fare benissimo, viste le sue competenze
specifiche, ma sullamor patrio. La Prefazione viene stesa nel Marzo del 1917,
durante il terzo anno di guerra e da questa situazione tragica che DAnnunzio parte,
scrivendo: intraprendere per le stampe una raccolta di antiche musiche in questa
nostra terza primavera di guerra // pu forse parere impresa intempestiva // ma
dallo smisurato travaglio umano nasceranno le forme necessarie della vita nuova /
/ la tavolozza rasa, la pagina bianca. Che valgono le mestiche e gli inchiostri
davanti allo splendore perpetuo del sangue? // ma limmateriale musica
dappertutto presente, simile a uno spirito di novit // la musica oggi la sola fra le
arti attive // non per tornare allantico ma per riconoscerlo e per vendicarlo nel
nome del Monteverdi, del Frescobaldi, del Palestrina contro un lungo secolo di
oscuramento e di errore. Il Poeta sottolinea quindi, pi che gli aspetti squisitamente
musicali, il tratto storico-politico, e questo sar una costante di quegli anni. Il piano
della Raccolta prevedeva 150 Quaderni dedicati alla musica antica, 50 alla musica
Moderna e altri 50 a quella nuova. Gli Autori presi in considerazione per la musica
antica sono: Banchieri, Bassani, Caccini, Carissimi, Cavalli, Cavazzoni, Corelli, Del
Cavagliere, Durante, Frescobaldi, Gabrieli (Andrea e Giovanni), Galuppi, Gesualdo,
Jomelli, Marcello, Martini, Monteverdi, Paisiello, Palestrina, Paradisi, Pegolese, Peri,
Platti, Porpora, Rossi, Sammartini, Scarlatti (Alessandro e Domenico), Tartini,
Vecchi, Veracini e Zipoli. Di Monteverdi, in particolare, si dice: trascrizione in
notazione moderna, armonizzazione e riduzione per canto e pianoforte a cura di
Carlo Perinello de Il ballo delle Ingrate, Tirsi e Clori e del Lamento di Arianna. Con
tutti i limiti evidenti, rimane il fatto che questa Raccolta segna un confine fra il
disinteresse del periodo precedente verso la musica pre-romantica e linizio di una
nuova e travagliata fase che porter, non senza cedimenti, a riconsiderare la musica
del Cinque-Sei-Settecento in maniera sempre pi attenta e precisa. Vediamone
brevemente alcune tappe.
Una data importante che va ricordata il 1909 quando, al Conservatorio di
Milano, viene eseguito lOrfeo che per non entusiasma affatto la critica musicale,
tant che Carlo Censi, sul n. 30 de La musica, scrive: lanalisi particolareggiata
del lavoro sarebbe opera misoneista, cadrebbe nel calcolo scientifico che il
contrario di estetico, come dire abbandoniamoci al flusso emotivo: lasciamoci
guidare dal nostro sentimento // lasciando da parte ogni gretto criterio storico,
come scrive Domenico Alaleona sulla stessa Rivista qualche anno pi tardi (Aprile
1912). Seguendo una malintesa estetica crociana, si d importanza ai sentimenti
misconoscendo il valore del documento storico, evocando lo spirito del passato come
richiamo a unidealit generica e generale, non rispettando quindi alcuna verit
storica ma adattandola alle svariate esigenze della cronaca dellepoca.
La musica italiana pre-ottocentesca viene esaltata in modo da opporla allo
strapotere di quella tedesca, di quella wagneriana e di Richard Strauss in particolare;
bruciava anche il fatto che lOpera omnia di Palestrina fosse stata realizzata, dal 1862
al 1894, da Breitkopf e Haertel, proprio Palestrina che era stato indicato da Verdi
quale padre putativo della musica italiana (nel 1910 i tedeschi costituiranno anche
una Pergolesi-Gesellschaft). E interessante ricordare come Verdi per tornare
allantico raccomandava di studiare Palestrina, ma non quel Monteverdi che
muoveva male le parti (!). Anche la storia del Melodramma serve, allinizio del
Novecento, pi da generico contraltare politico-sociale-culturale che non
specificatamente musicale, da Verdi tornando indietro a Monteverdi, viene esaltata
come un carattere tipicamente italiano (9), ma ben poco approfondita attraverso la
documentazione storica ed estetica.
Nel 1908 sistituisce a Ferrara lAssociazione dei Musicologi Italiani, in anni in
cui nessuna Universit del nostro bel Paese canoro ha una Cattedra di musica! Ma
non sono i musicologi gli artefici della renaissance della musica antica e
monteverdiana, quanto piuttosto i compositori della Generazione dellOttanta:
Pizzetti ricostruisce il sistema medioevale e al Canto gregoriano pi volte fa
riferimento nella sua produzione; Respighi trascrive molti brani, dalla Ciaccona di
Vitali alla Pastorale di Tartini, dalla Passacaglia in DO minore di Bach al Lamento di
Arianna e allOrfeo di Monteverdi (1931), si tratta di trascrizioni libere e composite
stilisticamente, orientate verso il pastiche, ma, daltra parte, le revisioni dellepoca se
non pagano dazio alla fantasia dei compositori lo pagano allimbarazzo stilistico dei
musicologi, come nelle revisioni di musica monteverdiana di Giacomo Benvenuti.
Come dire che, in quegli anni, non c scampo per la verit storica: ideologia e
sentimentalismo si mescolano in una miscela deprecabile, come dimostra anche la
prima Settimana musicale senese dedicata a Vivaldi.
Un ostacolo alla diffusione della musica pre-romantica viene posto da Giulio
Ricordi che ha tutti gli interessi a sostenere il Teatro lirico, come ben denuncia il
Parigi, in un libro pubblicato nel 1921 dalleditore Vallecchi di Firenze, ma scritto nel
1917, intitolato Il momento musicale italiano dove si legge: il popolo italiano nel
teatro cera, e Ricordi ve lo ha seguito, e ve lo ha lasciato, non solo, ve lo ha
inchiodato.
Molte titubanze della musicologia di allora derivano dal credere che dallinizio
del Settecento in poi si sia verificato un progresso armonico, vero, invece, che dal
1650 si va determinando, parallelamente alla fine della cultura umanistica, un
continuo schematizzarsi della conoscenza armonica, Negli anni Venti-Trenta la
conoscenza musicologica di quel periodo poggia su riferimenti ad Alfredo Casella,
Jean Marnold ed al Koechlin, non si era ancora letto correttamente sugli originali n
Gesualdo, n Monteverdi, n si conosceva il Discorso del Galilei sull'uso delle
dissonanze. Questa misconoscenza ha generato molti equivoci e revisori fin troppo
solleciti hanno corretto quello che loro credevano errori di stampa, ma che errori non
erano, purtroppo si ignorava cosa fosse lottava superflua di Monteverdi e non si
conoscevano correttamente tanti altri aspetti tecnici. Malipiero fu il primo a recepire
quanto poi sar appurato dal Centro Studi Rinascimento Musicale, sulla
interpretazione della semeiografia dei cromatisti del Cinque-Seicento.

Gian Francesco Malipiero

Va sottolineato il fatto che Malipiero si scrive da solo quasi tutti i libretti delle sue
numerose Opere teatrali, a dimostrazione della sua cultura letteraria, perci
acquista particolare rilievo il fatto che si rivolga, con insistenza, a
DAnnunzio che Malipiero sa leggere profondamente, abbagliato quindi
dalla qualit della scrittura del Poeta e non solo dalla sua fama, conscio
anche di dover superare la musicalit dei versi dannunziani per non
sacrificare la musica. Lavventura della grande Raccolta delle Musiche
Italiane, cement poi il rispetto reciproco, basato anche sullamore della
musica pre-romantica.
Bisogna penetrarne lo spirito per ritrovare le nostre origini scriveva nel
1920, in una lettera a Guido Maria Gatti, Gian Francesco Malipiero, riferendosi
allOrfeo di Monteverdi spero di riuscire a pubblicare le opere complete di questo
grande musicista // lOrfeo veramente un capolavoro e le edizioni che esistono
sono delle infamie. Spetter a Malipiero approfondire le origini della musica
moderna, aderendo con curiosit a unaura culturale che il magico mondo antico
suscita, in primis quello veneziano, mostrando un gusto e una consapevolezza che lo
qualificano in maniera del tutto differente da quella di altri musicisti a lui coevi.
Monteverdi, sostengo che nessuno lo conosce scrive a ragione Malipiero nel
1928 e la sua musica religiosa chi la conosce? E lanno seguente, rivolto ancora
a Gatti, parla della ignobile edizione di DIndy (10).
La metodologia seguita da Malipiero si basa sul reperimento delle fonti: ho
raccolto tutti i documenti che illuminano la sua vita e ho cercato di tracciare una
linea di Monteverdi come uomo e come artista scrive nel 1930, quindi nel 1935,
rispondendo a delle critiche di Redlich, dice: il dott. Redlich continua a deformare
le opere monteverdiane sovrapponendovi contrappunti, anacronistiche
istrumentazioni ecc. // io ho messo in opera tutte le mie esperienze per realizzare il
basso senza togliergli il carattere di improvvisazione. Forse egli crede che non sarei
stato capace di imbastardire i capolavori di Claudio Monteverdi con dei vaghi
contrappuntini accademici. Le improvvisazioni sul basso venivano appunto
improvvisate perch dovevano restare in secondo piano, umilmente, onde non
soverchiare il canto. Un amore, quello per il Divino Claudio, vivo per tutta la vita,
anche dopo la realizzazione dellOpera omnia, come testimoniano anche le ultime
lettere dove Monteverdi viene citato fino allanno della morte di Malipiero.
Malipiero ha effettuato numerose trascrizioni, come i Concerti per organo e
archi o orchestra da Corelli, Domenico Scarlatti, Veracini, Tartini; inoltre Madrigali
per orchestra da Monteverdi, e infine realizzando La Cimarosiana (1921), Vivaldiana
(1952) e Gabriellana (1971). Fra le revisioni le Canzoni amorose di Bassani, La
rappresentazione di Anima et di Corpo di de Cavalieri, Il Filosofo di Campagna di
Galuppi (tutte revisioni realizzate nel 1919), La passione di Ges Cristo di Jommelli
(1919), e altre opere di Lotti, Benedetto Marcello, Stradella, Sarti, e altri ancora.
Venendo poi a Monteverdi, Malipiero realizza le revisioni dellOrfeo (1923) e del
Combattimento di Tancredi e Clorinda (1931).
Malipiero muore il 1 Agosto 1973. Nello stesso mese, Annibale Gianuario lo
ricorda in un Convegno al Centro Studio Rinascimento Musicale di Artimino, di cui
Malipiero faceva parte, con una relazione purtroppo introvabile perch fu stampata
dal Centro in soli 200 esemplari mettendo subito in risalto come gli studi di
Malipiero fossero volti principalmente a ritrovare l'essenza fonico-semantica della
creazione del Cremonese.

Malipiero e Gianuario

Ricorda Gianuario: ci accingevamo nel lontano 1965 ad approfondire lo studio


sull'Arte musicale del XVI e XVII secolo in genere e di Monteverdi in particolare e,
dopo aver consultato e schedato tutto quanto era stato scritto sul grande Claudio,
eravamo ragionevolmente pronti ad iniziare la vera e propria ricerca su quel periodo
fascinoso e sull'artista eccelso. Un concetto ci aveva particolarmente colpito, un
concetto espresso dal Prunires (vedi Henry Prunires, La vie et l'oeuvre de C.
Monteverdi, Paris 1924-1926; pagg. 7-8): ... En face de Zarlino, dfenseur de la
tradition, se dresse Vicentino dont le trait "L'Antica Musica ridotta alla Moderna
prattica" (1555), fut le brviaire des musiciens d'avant-garde e ripreso con una
punta polemica da Malipiero nel suo Claudio Monteverdi (Milano 1930): Il
Monteverdi, senza n punto n poco rinunciare alle risorse infinite dell'intuizione,
prefer seguire le teorie di Nicola Vicentino /. . ./, ma non si pu dire per questo che il
"Monteverdi disponeva male le parti /. . . / (cfr. op, cit. pagg. 26-27). Fu questa la
molla che fece scattare il congegno e ci port a trascrivere i 5 libri del battagliero
Don Nicola. L'approfondito studio di questa opera e la conoscenza dei teorici e
pratici dell'epoca: Aaron, Agazzari, Artusi, Banchieri, Berardi, Bononcini,
Bottrigari, Caccini, Diruta, Foliani, Peri, Lanfranco, Zacconi, Tevo, Zarlino, ecc. e
soprattutto l'analisi dei concetti espressi nelle due lettere di Monteverdi del 1633 e
1634 (gli autografi si trovano presso la biblioteca del Conservatorio di Musica
Cherubini di Firenze) ci consentivano una notevole apertura conoscitiva. Ed era
questa maturata conoscenza che ci portava a collegarci con Colui che, molto prima
di noi e lavorando su basi dedotte da una metodologia indubbiamente ancora
lacunosa, era pur riuscito a sollevare il velo sul segreto della Seconda pratica
monteverdiana. Il collegamento fu semplice, spontaneo e fortemente stimolante. Il
carteggio stringato, essenziale e chiarissimo che ho avuto con Gian Francesco
Malipiero doveva fugare le ultime perplessit circa una nuova interpretazione da
dare alla semeiografia monteverdiana soprattutto riferita alle alterazioni.
Proprio nel 1967 (anno della baraonda delle commemorazioni monteverdiane)
usciva, per i tipi di Schweiwiller, il caustico Cos parl Monteverdi in cui Malipiero
scriveva: 1967 sar una gran festa per la musicologia e questa certamente mi far
la festa // Non valgono nemmeno i documenti, il pi importante il libretto della
Proserpina rapita" di Giulio Strozzi, purtroppo la musica andata perduta, ma in
esso sono precisati i modi di ogni singola Aria, vale a dire il Frigio, il Lidio, il
Missolidio e l'Eolio / . . . / Da trent'anni insisto pubblicando il fac-simile di queste
importantissime testimonianze, ma troppo comodo annullarle alterando gli
accidenti che determinano appunto i modi ai quali gli elaboratori preferiscono le
armonie care a Saverio Mercadante. effettivamente essenziale definire il valore
espressivo dellalterazione, sia per lindividuazione della modalit, sia per
riconoscerne il genere. In Monteverdi lalterazione valeva per la sola nota davanti a
cui era posta, troppe pagine monteverdiane sono state lette male e da ci derivato
un evidente appiattimento della tensione emotiva ed un impoverimento delle
espansioni armoniche del continuo. Questo dato di fatto che si desume quale
corollario dalla esposizione di Malipiero dice Gianuario nella citata relazione
commemorativa di Malipiero stato il punto di avvio per una nuova impostazione
da dare alla esplorazione dellopera monteverdiana; nuova impostazione alla cui
realizzazione il Centro Studi Rinascimento Musicale subito si accinse. Procedendo
da una attenta disamina della prassi semeiografica dellepoca, seguendo una serrata
casistica prettamente monteverdiana e confortati dalle preziose affermazioni espresse
da Malipiero nei Suoi scritti dal 1967 in avanti, a quarantanni dalla pubblicazione
maestosa dellOpera Omnia, dovremmo oggi impegnarci tutti alla redazione di una
edizione critica delle opere di Claudio Monteverdi. Scriveva Friedrick Blume nel
saluto rivolto al Convegno di Siena del 28-30 Aprile 1967 (cfr. Rivista Italiana di
Musicologia, Voi. II, Olschki, Firenze 1967): tutti gli sforzi si basano ancor oggi su
fondamenta oscillanti, perch ci manca un'Opera omnia critica e fedele alle fonti.
L'edizione di Francesco Malipiero inizi negli anni venti: nessuno misconoscer i
suoi grandi meriti, ed io posso attestare ancor oggi per mia propria esperienza,
quale lluminazione essa sia stata allora, per noi /. . . / Quasi tutte le edizioni che
conosco direttamente, contengono sbagli: errori di notazione, errori nel basso
continuo, modifiche arbitrarie, ritocchi, ecc. ecc..
L'argomento rimasto di pressante attualit, occorre procedere al confronto
delle diverse edizioni originali apportando alla monumentale Opera Omnia quelle
precisazioni indispensabili alla determinazione indiscutibile del testo esatto.
Gianuario fa lesempio del Lamento d'Arianna monodico che esiste in un unicum del
1623 (Biblioteca dell'Universit di Gent) la cui stesura non trova esatta
corrispondenza con quello contenuto nell'Opera Omnia (nel citato saggio Modalit e
realt fonetica nel Lamento di Arianna Gianuario ha svolto riflessioni sostanziali);
altro esempio pu essere quello dellOrfeo di cui esistono due edizioni originali del
1609 e del 1615, fra le quali non vi sono differenze degne di nota, mentre lOrfeo di
Malipiero (come tutte le edizioni moderne) ha una stesura che sembra esser stata
redatta sulla scorta di un esemplare del 1615 (Biblioteca di Wrocaw - Polonia) nel
quale furono apportate correzioni a mano visibilmente apocrife. Procedendo ad un
auspicabile perfezionamento della conoscenza di Monteverdi, ci si trova di fronte al
rinnovato problema del continuo; e su questo tema la musicologia ufficiale segna
ancor oggi il passo, irretita com in cognizioni inesatte della tecnica armonica
dell'epoca. Il continuo era certamente un semplice sostegno alla espressione
verbale (in caso contrario l'autore lo avrebbe realizzato) precisa Gianuario e
pu darsi che fosse da improvvisare. Comunque solare che l'Armonia del
Cinqueseicento era molto pi ricca e complessa di quanto per strana ed inveterata
consuetudine si continua a credere, basando i giudizi sulle realizzazioni del
Settecento e sulla non conoscenza della Seconda pratica che una luminosa
parentesi fra il mondo contrappuntistico che si dissolve e linstaurarsi di una estetica
che avr le proprie assisi nelle formule della regola dottava e nella pararmonia con
la completa perdita della individuazione fonico-semantica della espressione verbale.
necessario allora procedere ad un completo riesame della praxis compositiva dei
Marenzio, Mazzocchi, Peri, Caccini, Luzzaschi, Frescobaldi, di Venosa.
La tendenza ad adagiarsi nel comodo servizio di revisione, rielaborazione, ecc.,
che ha portato alla deturpazione del volto sublime dellArte monteverdiana stata
smascherata per primo da Gian Francesco Malipiero che rimane lo scopritore pi
valido dell'Arte monteverdiana, ma occorre, ora, ristudiare attentamente anche gli
scritti di Gianuario e quanto il Centro Studi Rinascimento Musicale ha pubblicato per
far s che fiorisca la conoscenza completa del grande Claudio. Una tappa importante
sono stati gli studi di Vito Frazzi sulle scale alternate che hanno permesso un
approccio, da unangolatura nuova, alla realizzazioni armoniche della Seconda
pratica (11). Per onor di cronaca va citata anche la revisione di Valentino Bucchi
dellOrfeo (1966-67). Ma i progressi maggiori sono stati ottenuti da Gianuario e
dallattivit del Centro Studi Rinascimento Musicale. Indispensabili sono le
realizzazioni canore di Nella Anfuso che di tutti gli studi, molti realizzati da lei
medesima in una serie stupefacente di compct-disc, fa tesoro e mette in pratica
correttamente, perseguendo la verit storica della grande scuola di Canto italiana.
Purtroppo oggi pi di prima, seppur in una situazione diversa, bisogna
combattere ci che Malipiero chiamava i raddrizzatori di musica antica, le
conoscenze sono ben maggiori a livello storico, estetico e tecnico, ma troppo spesso
vengono utilizzate male, cinicamente piegate a interessi personali. I continui
fraintendimenti messi in opera dalla Early music derivano solo in parte
dallignoranza, principalmente sono realizzati di proposito, seguendo una logica
commerciale (basterebbe pensare alluso improprio del falsettista, alla ridicola
pronucia della parola e al ruolo del direttore dorchestra, inesistente allepoca di
Monteverdi). E necessario un richiamo alla correttezza, se non si vuole correre il
rischio, davvero irrimediabile, della scomparsa della grande Scuola di canto italiana.
Occorre lavorare sui documenti musicali, seguendo la linea della grande Scuola,
purtroppo oggi misconosciuta per ignoranza o per interesse, fra questi documenti ce
ne sono di importantissimi che possono guidare ogni cantante coscienzioso. La
speranza che si recuperi, con onest e rigore, la grande tradizione italiana di canto,
fornendo cos un indispensabile punto di riferimento per studiosi e studenti,
analizzando e relazionando i fatti musicali con quelli culturali e specialmente estetici,
difendendo ci che Monteverdi chiamava il giusto.
NOTE
1) E noto come il meravigliare sar proprio della concezione manieristica e ancor pi barocca
dellarte, per la quale diventa essenziale commuovere, dilettare, persuadere, legandosi alla Retorica
classica. Va ricordato, onde evitare interpretazioni errate, che il termine maniera indica, nel
Cinquecento, il modo di essere, per cui ogni artista ha la sua maniera, il suo stile. E che Barocco
una definizione di comodo che non va equivocata.
2) D. Bertoldi R. Cresti, Per una nuova Storia della Musica, III vol., Eximia Forma, Roma 1994.
3) Cosa dobbiamo intendere per studio basato sullestetica? Una ricognizione sui caratteri scientifici
ed artistici di un lavoro, mentre va curato contemporaneamente lapprofondimento dellanalisi dei
caratteri poetici del lavoro stesso, intendendo per poetico il carattere della struttura espressiva di
esso, per esempio la Camerata dei Bardi, Monteverdi e tutti i cultori della Seconda pratica seguono
la concezione estetica di Platone; non dimentichiamo che Firenze fu uno dei centri pi importanti
del neo-platonismo rinascimentale (Marsilio Ficino, nel 1460, vi tenne lAccademia Platonica).
Purtroppo la storia della musica ha inteso gli affetti nellaccezione romantica dei sentimenti e cos la
Seconda pratica diventata sempre pi unarte dellaffresco sonoro. Questi errori possono essere
evitati studiando attentamente lestetica, uno studio invece del tutto disatteso sia nei Conservatori,
sia nelle Universit, sia nei Corsi di canto.
4) A. Gianuario, La monodia di Giulio Caccini, la sua realt Artistica e le manomissioni in atto,
Rivista Il Pasquino musicale, anno II, nn. 5/6, Lucca 1992.
5) C. Colvin, La musica dei Gonzaga, TEA, Milano 2000.
6) A. Gianuario, Saggio musicologico al CD Stlinovo SN 8813, Nella Anfuso Parlar cantando I.
7) A. Gianuario, Modalit e realt fonetica nel Lamento dArianna di Claudio Monteverdi,
Centro Studi Rinascimento Musicale, Artimino 1999.
8) Cfr. CD Stilnovo SN 8806, Nella Anfuso Il canto figurato da Mozart a Bellini.
9) Cfr. Primo Levi, in Nuova Antologia, anno XLVI, Maggio 1911.
10) Cfr. G. F. Malipiero il carteggio con Guido Maria Gatti, 1914-1972, Leo S. Olschki, Firenze
1997.
11) Cfr. nel sito http://digilander.iol.it/gianuario lo scritto di Gianuario su Frazzi e il rapporto fra le
scale alternate e la Seconda pratica.

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