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La letteratura italiana in volgare si rif a quella dei secoli XI e XII in Francia, poich
l dove sorge la prima letteratura in volgare neolatino tesa a realizzare precisi e
raffinati propositi darte. In Italia e in Spagna c unattivit culturale che va dal
campo del diritto a quello religioso, dalla medicina alla retorica, ma si svolge nella
lingua dei dotti: in latino. Bisogna ricordare che in quel periodo si traducono in
quellidioma numerose opere filosofiche e scientifiche dal greco e dallarabo.
Ma, curiosamente, la Francia non unitaria per quanto riguarda la lingua letteraria.
Nel Nord si parla la lingua dol (dal latino hoc ille = ci, questa cosa egli fa, dice) e
nel Sud la lingua doc (dal latino hoc = ci, questa cosa, dice). Ambedue i nomi
provengono dallespressione di risposta affermativa (perci Dante chiama lItalia il
bel paese l dove l s sona, If. XXXIII 80) e danno origine alla letteratura oitanica
(o francese) e a quella occitanica (o provenzale).
Gli scritti in lingua dol costituirono cicli di poemi epici (il carolingio, il bretone e il
classico), che ebbero uninfluenza grandissima sulle altre letterature europee: in
Spagna, nei paesi scandinavi e germanici, e in Italia. In questultima, si diffusero in
lingua originale ma in un secondo momento in numerosi volgarizzamenti e
rifacimenti in volgare italiano o in una lingua ibrida che mescolava lantico francese
col veneto. Mentre il ciclo carolingio narra le imprese leggendarie di Carlo Magno e
dei suoi paladini contro i Saraceni in difesa della Francia e della fede, quello bretone
si occupa del re Art e i cavalieri della tavola rotonda.
Dante Alighieri
Giuseppe Giusti per conto suo aggiunge nell800: Con questo verso di molteplice
significato volle il poeta adombrare dun velo onesto una cosa inonesta in s,
inonestissima in bocca di una donna. Quasi ultimo tcco, volle ripercuotere tutte le
corde sentimentali di quella lagrimevole istoria (Scritti vari, p.235)
Dante ricorda anche Lancillotto nel Convivio quando, parlando del senio cio
la quarta parte della vita, annota:
Daltra parte, ricordata anche Ginevra nel Cielo di Marte, quando Beatrice,
in disparte, vuol richiamare lattenzione del poeta sul suo atteggiamento
vanaglorioso:
Lepisodio si riferisce alla dama di Malehaut, che toss per avvertire della
sua presenza, quando la regina si trov alla soglia del peccato ("primo fallo scritto 4
"), nel suo primo incontro con Lancillotto. Tutto quanto compare nel romanzo
Lancelot du Lac, che di sicuro Dante conosceva, molto probabilmente nella lingua
doil originaria. Nel De Vulgari Eloquentia (I x 2) ricorda le "Arturi regis ambages
pulcerrime" (le "bellissime avventure di re Art"), mentre Tristano chiude - con
Paride - la schiera delle anime dei lussuriosi in If. V, 67.
Rex Navarre:
5. Hee omnes differentie atque sermonum varietates quid accidant, una eademque
ratione patebit.
[2. Di tre specie adunque lidioma, sul quale procede la trattazione, come sopra s
detto, poich alcuni dicono oc, altri s, altri poi oil. E che uno solo fosse al principio
della confusione ci che stato dimostrato dianzi appare dal fatto che ci
accordiamo in molti vocaboli, come mostrano i maestri eloquenti: ed appunto
questaccordo contrasta con quella confusione che piomb dal cielo durante
ledificazione babelica.
Il re di Navarra:
Mentre la lingua dei poemi dei tre cicli quella dol, le poesie liriche che fioriscono
in Provenza si creano in lingua doc. Sono le composizioni damore dei trovatori,
che ricostruiscono latmosfera raffinata delle corti ed esaltano la nobilt spirituale.
Lappellativo di trovatore che venne dato anche ai poeti italiani che scrissero in
provenzale viene da trobador, caso obliquo da trobaire (= inventare in versi).
Lideale di vita espresso da questa letteratura francese del sec. XII , allo stesso
tempo, cavalleresco e cortese.
Corte e cortesia provengono dal latino tardo curtis, che il dizionario Devoto-Oli
definisce ottimamente: Organismo economico e giuridico (tipico dela societ
feudale) pi o meno rigorosamente chiuso, in cui si compiva il ciclo della
produzione e dello scambio e si svolgeva ogni attivit aministrativa, sotto la
direzione di un campo unico, di regola fornito di immunit tributaria e
giurisdizionale.
Cortesia sono, appunto, le qualit proprie di chi vive nella corte del castello
feudale: la raffinatezza e gentilezza di modi, la nobilt di sentire che attesta la
nobilt di sangue, il valore guerriero, la lealt, la generosit, la munificenza.
La bella poesia trovadorica provenzale doveva per tacere (come pi tardi accadr
con la poesia siciliana della corte di Federico II) per un atroce episodio storico: la
crociata degli Albigesi.
Gli albigesi costituiscono una diramazione provenzale delleresia dei ctari (i
puri) e il loro nome deriva da Albi, citt della Francia meridionale che insieme a
Tolosa fu il centro della loro attivit. Nel 1167 eressero una loro diocesi autonoma,
sotto la protezione di Raimondo VI, conte di Tolosa. Dopo i tentativi di ricondurli
all'ortodossia, Papa Innocenzo III (conosciuto anche per i suoi contrasti con
Federico II) band una crociata, guidata da Arnaldo di Cteaux e Simone di
Montfort, che dur fino al 1229 e si risolse con la sottomissione della Provenza a
Luigi VIII.
Il termine Albigesi fu applicato per la prima volta nel 1209 dal monaco di Vaux de
Cernay, storico e promotore della Crociata contro la Linguadoca, e designava, in
realt, una confederazione di eretici del XIII secolo: Pietrobrusiani, Enriciani,
Arnaldisti, Valdesi, Catari, Manichei, eretici della Navarra, Baschi, Cottarelli e
Triaverdini.
Senza protezione politica, fu uno dei tanti massacri commessi in nome di Dio. La
logica del citato Arnoldo di Citeaux (prima abate e poi vescovo) fu spietata:
Accoppateli tutti, Dio riconoscer i suoi. Gli eserciti francesi, assoldati dalla
Chiesa di Roma, portarono a termine una delle tanti soluzioni finali. Basti citare
lesempio della cittadina di Bziers, che venne completamente distrutta, con tutti i
suoi 20.000 abitanti, uomini, donne, bambini, cattolici ed eretici. I nemici non erano
n musulmani n ebrei: solo deviazionisti della Tradizione cattolica, gi 8
impostata nei grandi Concilii: Nicea (325), Costantinopolitano I (381), Efeso (431),
Calcedonia (451), Costantinopolitano II (553), Costantinopolitano III (680-1), Nicea II
(787), Costantipolitano IV (869-70) e soprattutto nel Lateranense III (1179).
Alcuni trovatori provenzali erano gi presenti in Italia del Nord. Si ricordano i nomi
di Peire Vidal, Ramon de Tolosa e Folquet de Romans. Ma senza dubbio il pi
importante Raimbaut (Rambaldo) de Vaqueiras, che arriv alla corte di Obizzo
Malaspina, dopo il 1180, per passare poi a quella di Bonifacio del Monferrato. Con
questultimo combatt in Sicilia (1194) e partecip alla IV crociata e alla conquista
di Costantinopoli. Fra le sue opere si conserva un contrasto con una popolana
genovese. Mentre lui dichiara il suo amore in provenzale, la donna risponde in
dialetto (fra virgolette, perch in realt si tratta di una lingua manipolata in
forma letteraria). Ugualmente interessante un discordo scritto in cinque strofe:
la prima in provenzale, la seconda in italiano, la terza in francese, la quarta in
guascone, e la quinta in galaico-portoghese.
Lamore cortese un omaggio devoto del cavaliere alla dama, rappresentata come
lideale di ogni perfezione fisica e morale. Lo schema uniforme (art de trobar) e
sispira alla consuetudine del vassallaggio feudale usando, dal 1170 in poi, una
fraseologia difficile conosciuta come trobar clus. Questa creazione chiusa
iniziata da Marcabruno - si serve di espressioni complicate ed ellittiche. La migliore
definizione quella che offre Raimbaut dAurenga della propria attivit poetica:
"Cars, bruns et teinz motz entrebesc, / pensius pensanz" (Parole preziose, scure e
cupe, io intreccio, pensosamente pensoso). Gli altri due stili sono il trobar leu (il cui
massimo rappresentante Guiraut de Bornelh) e il trobar ric, che cerca la 9
sontuosit della lingua e il virtuosismo della versificazione.
Linflusso esercitato dai trovatori sulla poesia in volgare siciliano e toscano stato
notevole. Tra i maggiori: Peire Vidal, Bernard de Ventadorn, Folchetto da Marsiglia,
Jaufr Rudel, Giraut de Borneill, e in particolare Bertram dal Bornio e Arnaldo
Daniello, questi due ultimi ricordati da Dante rispettivamente nel canto XXVIII
dell'Inferno e nel XXVI del Purgatorio. Poetarono in provenzale anche alcuni
italiani come i genovesi Lanfranco Cigala e Bonifacio Calvo, il veneziano Bartolomeo
Zorzi, il bolognese Rambertino Buvalelli, Alberto Malaspina e Sordello da Goito, che
Dante colloca come personaggio nellAntipurgatorio, facendolo rivolgersi a Virgilio
con le accese parole:
2. Dicimus ergo quod forte non male opinantur qui Bononienses asserunt pulcriori
locutione loquentes, cum ab Ymolensibus, Ferrarensibus et Mutinensibus
circunstantibus aliquid proprio vulgari asciscunt, sicut facere quoslibet a finitimis
suis conicimus, ut Sordellus de Mantua sua ostendit, Cremone, Brixie atque Verone
confini: qui, tantus eloquentie vir existens, non solum in poetando sed
quomodocunque loquendo patrium vulgare descruit.
[2. Dico adunque che forse non pensano male coloro che affermano parlare i
Bolognesi la pi bella parlata, poich dagli Imolesi, dai Ferraresi e dai Modenesi che
abitano allintorno accolgono qualche cosa per il proprio volgare, ci che
congetturo faccia ciascuno dai suoi vicini, come ha mostrato Sordello rispetto alla
sua Mantova, confinante con Cremona, Brescia e Verona: il quale essendo uomo s
grande nellarte della parola, non soltanto nel poetare in qualche modo abbandon
il patrio volgare.] (VE, I, xv).
Per quanto riguarda Bertram dal Bornio, viene ricordato da Dante nel De vulgari
eloquentia come poeta delle armi, considerando che la armorum probitas uno
dei tre magnalia che possono essere oggetto dellalta lirica darte in volgare
illustre. Gli altri due sono l amoris accensio (la fiamma damore) di Arnaldo
Daniello e la directio voluntatis (la drittura della volont) di Giraut di Bornelh. In
Italia, alla poesia damore fa riscontro Cino da Pistoia, e a Giraut la poesia morale
dell amico di Cino, cio il Dante delle canzoni del Convivio. Non ci sono, invece,
equipollenti per la poesia guerriera.
Arnaldus:
Gerardus:
Cynus:
Amicus eius:
[9. E intorno a queste sole, se ricordiamo bene, abbiamo trovato che uomini
famosi hanno poetato, cio Bertrando del Bornio intorno allarmi, Arnaldo Daniello
intorno allamore, Giraldo di Borneill intorno alla rettitudine; Cino da Pistoia
intorno allamore, lamico suo intorno alla rettitudine.
Arnaldo:
schiarire.
Giraldo:
Cino:
Lamico suo:
Pertanto dopo quel che s visto, palese quali argomenti si debban cantare nel pi
eccelso volgare. ] (VE, II, II).
In questo vuol dire che Dante segue la leggenda secondo cui questo feudatario del
Perigord e signore del castello di Hautefort, nella seconda met del sec. XII, avrebbe
aizzato Enrico III (detto il giovane) contro suo padre Enrico II dInghilterra. Ci
non toglie, per, che nel Convivio ne abbia celebrato la liberalit dei costumi:
12. Per che manifesto in ciascuno modo quelle ricchezze iniquamente avvenire; e
per Nostro Segnore inique le chiam, quando disse: "Fatevi amici de la pecunia de 13
la iniquitade", invitando e confortando li uomini a liberalitade di benefici, che sono
generatori damici. 13. E quanto fa bello cambio chi di queste imperfettissime cose
d, per avere e per acquistare cose perfette, s come li cuori de valenti uomini! Lo
cambio ogni die si pu fare. Certo nuova mercatantia questa de laltre, che,
credendo comperare uno uomo per lo beneficio, mille e mille ne sono comperati.
14. E cui non ancora nel cuore Alessandro per li suoi reali benefici? Cui non
ancora lo buono re di Castella, o il Saladino, o il buono Marchese di Monferrato, o il
buono Conte di Tolosa, o Beltramo dal Bornio, o Galasso di Montefeltro? Quando de
le loro messioni si fa menzione, certo non solamente quelli che ci farebbero
volentieri, ma quelli prima morire vorrebbero che ci fare, amore hanno a la
memoria di costoro. (CV, IV, xi).
Dante incontra fra i lussuriosi del Purgatorio anche Arnaut Daniel, del quale fa dire
a Guido Guinizelli:
Cio, Dante per bocca delliniziatore del dolce stil novo - colloca Arnaut al di
sopra del famoso Giraut de Bornelh (quel di Lemos) e lo fa anche parlare:
[Tanto mi piace la vostra cortese domanda, che io non mi posso n voglio a voi
celare. Io sono Arnaldo, che piango e vado cantando; pensoso vedo la passata follia,
e vedo giocondo il gaudio che spero in futuro. Ora vi prego, per quel valore che vi
guida al sommo di questa scala, ricordatevi a tempo opportuno del mio dolore.]
2. Dicimus ergo quod omnis stantia quod omnis stantia ad quandam odam
recipiendam armonizata est. Sed in modis diversificari videntur; quia quedam sunt
sub una oda continua usque ad ultimum progressive, hoc est sine iteratione
modulationis cuiusquam et sine diesi diesim dicimus deductionem vergentem de
una oda in aliam; hanc voltam vocamus, cum vulgus alloquimur -; et huiusmodi
stantia usus et fere in omnibus cantionibus suis Arnaldus Danielis, et nos eum secuti
sumus cum diximus:
[2.Dico adunque che ogni stanza armonizzata per ricevere una certa
melodia. Ma le stanze mostrano differenziarsi nelle modulazioni, poich alcune
restano sotto un unica melodia fino alla fine, cio senza ripetizione di alcuna frase
musicale e senza diesis (dico diesis un passaggio che volga da una ad altra
melodia, chiamato volta quando si parla ai noi letterati); ed una tale stanza us in
quasi tutte le canzoni Arnaldo Daniello, le cui orme io seguii, quando cantai:
et nos dicimus,
Al poco giorno.
[2. Una la stanza senza rima, nella quale non si mira ad alcuna disposizione
di rime; e stanza di tale specie us Arnaldo Dianello molto di frequente, come l
dove canta:
ed io pure:
Giraldo da Borneill (Giraut de Bornelh): quel di Lemos (Pg. XXVI, 120), che
era considerato come il pi grande dei trovatori dai suoi biografi provenzali e,
anche in Italia, da Terramagnino da Pisa, autore della Doctrina dacort, che un
rifacimento in versi provenzali delle Razos de trobat del trovatore provenzale
Raimond Vidal di Besal. Dante ne cita ben quattro canzoni nel De vulgari
eloquentia.
La prima Sim sentis fezelz amics, / per ver encusera amor, gi presentata
come esempio di una delle tre specie dellidioma (VE, I, IX, 3). Segue Per solaz
reveillar / che s'es trop endormitz, pure ricordata pi sopra come poesia morale
(VE, II, II, 9).
Rex Navarre:
Guido Guinizelli:
Cynus Pistoriensis:
amicus eius:
[4. Es evidente che ci hanno ben considerato i maestri tutti, con quello
cominciando le canzoni illustri, come Giraldo di Borneill:
Il Re di Navarra:
Guido Guinizelli:
Rinaldo d Aquino:
Cino da Pistoia:
Folquetus de Marsilia:
Namericus de Belnui:
Namericus de Peculiano:
Rex Navarre:
Iudex de Messana:
Guido GuinizeIli:
Tegno de folle 'mpresa a lo ver dire.
Guido Cavalcanti:
Cynus de Pistorio:
Amicus eius:
Folchetto di Marsiglia: 19
Arnaldo Daniello:
Amerigo di Belenoi:
Amerigo da Peculiano:
il Re di Navarra:
il Giudice di Messina:
Guido Cavalcanti:
Cino da Pistoia:
lamico suo:
[2. evidente che nelluso nostro tre versi hanno soprattutto il privilegio di
ricorrere frequenti, vale a dirte lendecasillabo, il settenario e il quinario; e ad essi
ho dimostrato che tien dietro prima degli altri il trisillabo.
E anchio canto:
Gli Spagnoli pure lhanno usato, gli Spagnoli dico, che hanno poetato nel volgare d
oc: Messer Amerigo di Belenoi 21
Richiamata da Dante, lanima beata descrive il suo luogo di origine con una
lunga perifrasi geografica:
fu da Demofoonte, n Alcide
Poi si presenta: Mi chiamo Folco: questo cielo di Venere riceve la mia luce
come io sulla terra ricevetti il suo influsso: arsi damore, non meno di Didone, di
Fillide, di Ercole. Qui in Paradiso per non ci si addolora per pentimento, poich il
ricordo della colpa non ritorna alla mente, ma proviamo gioia della virt divina che
ordin provvidenzialmente le influenze celesti. Qui si contempla larte divina che
rende bella lopera della creazione e si comprende il fine buono per cui i cieli
esercitano i loro influssi sul mondo umano.
Adesso come accaduto con Raab, che stata assunta prima di tutte le
anime redente dal trionfo di Cristo Folchetto viene rivendicato come crociato
sanguinaro dellortodossia contro la minaccia ereticale. stato lo Zingarelli a
ravvicinare le due imprese sterminatrici: il canto degli ecclesiastici, guidati dal
vescovo di Tolosa, fece cadere la fortezza albigese di Lavaur il 3 maggio 1211 come
le trombe sacerdotali fecero altrettanto a Gerico.
Secondo alcuni, la prima canzone scritta in siciliano Madonna, dir vo
voglio, di Giacomo (Jacopo) da Lentini e sarebbe un rifacimento della canzone A vos,
midont voill retrair en cantan di Folchetto. Tale affermazione prende lo spunto
dalla sua presenza in primo luogo nel Cod. Vaticano Vaticano Latino 3793, ma
discutibile.
[In favor suo adduce laltra, cio quella doc, che i dicitori in volgare
primieramente in essa poetarono come nella lingua pi perfetta e pi dolce, per
esempio Pietro dAlvernia e gli altri pi antichi maestri.] (VE, I, X).
Per quanto riguarda Francesco (Assisi 1181 circa - 1226), ci sono rimasti il
Cantico delle creature (Canticus creaturarum o Cantico di frate Sole), in volgare
umbro, le Regole, il Testamento, le Admonitiones ai fratelli. Dante ricorda
Francesco come santo e gli dedica lintero Canto XI del Paradiso. Non si fa cenno
alla sua poesia e neanche a quella di Iacopone da Todi, malgrado sia stato un altra
vittima di Bonifacio VIII.
[Passiamo dopo questo ai Toscani, i quali, fatti stolti per loro dissennattezza,
mostrano di arrogarsi lonore del volgar illustre. Ed in ci non solo folleggia la
pretesa della plebe, ma ben so che parecchi uomini famosi hanno ci sostenuto, per
esempio Guittone dArezzo che mai non sindirizz verso il volgare curiale,
Bonagiunta da Lucca, Gallo Pisano, Mino Mocato, Brunetto Fiorentino; le rime dei
quali, se si avr agio di esaminarle diligentemente, si troveranno non curiali, ma
soltanto municipali.] (VE, I, XIII).
Dante non menziona pi n Gallo Pisano (forse un giudice che stato legato al
concilio di Lione del 1275) n Mino Mocato (forse Bartolomero Mocati da Siena) e
Brunetto (Latini) costituisce un episodio a parte nel terzo girone del settimo cerchio
dell Inferno.
Vissuto fra gli anni 1220c. 1294c., Brunetto Latini fu ambasciatore presso Alfonso
X di Castiglia e non pot tornare a Firenze per la sconfitta dei guelfi a Montaperti
(1260). Si stabil per sei anni in Francia e torn in Italia probabilmente dopo la
battaglia di Benevento (1266), diventando come ricorda Giovanni Villani -
"cominciatore e maestro in digrossare i Fiorentini". Scrisse in prosa francese Li
livres du Trsor dove raccolse nozioni di scienza, storia, filosofia, morale, retorica e
politica. Tradusse alcune orazioni di Cicerone (Pro Marcello, Pro Ligario, Pro
Deiotaro) e i primi diciassette capitoli del De inventione, che comment col titolo di
Rettorica. Sono redatti anche in volgare il Tesoretto (il pi antico poema didattico-
allegorico della letteratura italiana, esemplato sul Roman de la Rose) e il Favolello,
una lettera in versi dedicata a Rustico Filippi. Il riferimento dantesco a queste
opere e alla canzonetta Seo son distretto inamoratamente, trasmessa dal
canzoniere Vaticano 3793. Sarebbe pure un riferimento implicito quello del
Convivio, quando Dante difende il parlare italico a perpetuale infamia e
depressione de li malvagi uomini dItalia, che commendano lo volgare altrui e lo
loro proprio dispregiano (CV, I, XI).
Dante aveva gi toccato il tema del volgare illustre nella Vita Nova, quando
affermava che da intendere che anticamente non erano dicitori d'amore in
lingua volgare, anzi erano dicitori d'amore certi poete in lingua latina; tra noi dico,
avvegna forse che tra altra gente addivenisse, e addivegna ancora, s come in
Grecia, non volgari ma litterati poete queste cose trattavano. E non molto numero
d'anni passati, che appariro prima questi poete volgari; ch dire per rima in volgare
tanto quanto dire per versi in latino, secondo alcuna proporzione. E segno che sia
picciolo tempo, che se volemo cercare in lingua d'oco e in quella di s, noi non
troviamo cose dette anzi lo presente tempo per cento e cinquanta anni. E la cagione
per che alquanti grossi ebbero fama di sapere dire, che quasi fuoro li primi che
dissero in lingua di s. E lo primo che cominci a dire s come poeta volgare, si
mosse per che volle fare intendere le sue parole a donna, a la quale era malagevole
d'intendere li versi latini. E questo contra coloro che rimano sopra altra matera
che amorosa, con ci sia cosa che cotale modo di parlare fosse dal principio trovato
per dire d'amore. Onde, con ci sia cosa che a li poete sia conceduta maggiore
licenza di parlare che a li prosaici dittatori, e questi dicitori per rima non siano altro
che poete volgari, degno e ragionevole che a loro sia maggiore licenzia largita di
parlare che a li altri parlatori volgari: onde, se alcuna figura o colore rettorico
conceduto a li poete, conceduto a li rimatori (VN, XXV).
Bonagiunta Orbicciani degli Overardi, notaio, visse intorno alla met del XIII
secolo e sostenne una polemica in rima con Guido Guinizelli per aver inaugurato un
nuovo stile, distaccandosi dai canoni siciliani. Riconosce subito Dante nel cerchio
dei golosi del Purgatorio e gli fa la profezia della Gentucca, donna (figlia?) che lo
consoler durante lesilio. Anche se Dante, nel De Vulgari Eloquentia, biasima
Bonagiunta per aver usato il volgare municipale, fa pronunciare proprio a lui nel
canto XXIV del Purgatorio, la celebre definizione della nuova poesia:
Lanalisi della poesia ricordata da Bonagiunta, che la prima della Vita Nova
(XIX 4-14, vv. 1-70), risulta emblematica. Un ottimo riassunto viene offerto da
Tommaso Casini nel suo Commento alla Commedia:
Il poeta canta della sua donna per isfogo dellanimo commosso, rivolgendo
le sue parole alle donne innamorate (1-14): le nature angeliche pregano il Signore di
accordar loro la compagnia di Beatrice, ma la misericordia divina vuol chella
rimanga ancora sulla terra (15-28). Il poeta vuol dire le virt della sua donna, la
quale ove appare spegne ogni malvagio pensiero, nobilita chi le parla (29-42):
amore stesso non sa come ella possa essere mortale e la giudica opera divina, ch il
suo corpo diffuso dun soave colore di perla, gli occhi feriscono il cuore a chi la
riguarda e tutto il suo aspetto sorridente damore (43-56). Da ultimo il poeta
manda fuori la sua canzone perch trovi la via a Beatrice, fermandosi a chieder di 34
lei solo a donne gentili e a uomini cortesi che laccompagnino l ove potr
raccomandar lui ad Amore (55-70).
Le nove rime non sono altro che il canto della lode della sua gentilissima
Beatrice ripigliando cos matera nuova e pi nobile che la passata (Vita Nova XVII
1).
Lo stile novo perch diverso rispetto al poetare dei rimatori della scuola
siciliana (il Notaro) e dei rimatori toscani (Guittone e lo stesso Bonagiunta), che
non scrivono ascoltando lispirazione dellamore e nei modi richiesti da una simile
ispirazione come gli stilnovisti.
Per quanto riguarda laretino, che io identifico seguendo Guido Di Pino col
primo Guido di Pg. XI, 95 (Nunquam Florentiam introibo y otros ensayos sobre
Dante, Ediciones Video Carta, Santiago de Chile, pp.77-83), Dante particolarmente
severo. In Pg. XXVI, 124-126 fa dire a Guido Guinizelli che la fama di costui
artificiosa:
Cio, non si fatto altro che ripetere di bocca in bocca una formula
consuetudinaria che ha dato a Giuttone una fama priva di giudizio critico. Oltre al
gi citato I, XIII, 1 del De vulgari eloquentia, dice in un altro luogo:
Un tema rimane comune, per, alle due scuole: quello dellamore cortese. 36
et
[8. Ma bench gli Apuli nativi della regione parlino comunemente in una
sconcia maniera, tra loro alcuni uomini illustri si espressero con eleganza,
trascegliendo nelle loro canzoni i vocaboli pi nobili, ci che appare manifesto a chi
ben esamina le loro rime; come per esempio:
Dante, per, colloca a torto Iacopo da Lentini fra i continentali (Apuli), cio 37
fra coloro che abitano il territorio angioino dellItalia meridionale, a sud del Tronto
e del Garigliano. Lerrore pu provenire dalla menzione di un altro Iacopo nei codici
consultati da lui: forse Giacomino Pugliese o Iacopo dAquino (che sincrocia pure
con Iacopo Mostacci nel manoscritto Laurenziano-Rediano). Bisogna pensare che
nel De vulgari eloquentia Dante tratta duramente il dialetto pugliese nei confronti
del siciliano: gli Apuli fanno uso di sconci barbarismi (turpiter barbarizant) per
una loro congenita asprezza (acerbitas I xii 7) o per la vicinanza con Romani e
Marchigiani (I xi 2-3).
Jacopo (Iacopo, Giacomo) da Lentini nacque verso il 1210 e mor nel 1260c.
Malgrado la sua fama di notaio, le notizie sulla sua vita pubblica sono molto scarse. I
documenti autografi attestano la sua presenza vicino allimperatore nel 1233: a
Policoro (Basilicata) in marzo, Catania in giugno, e a Castrogiovanni (attuale Enna)
in agosto. Appose anche la sua firma il 5 maggio 1240 a Messina ad un transunto dal
greco in latino di un privilegio di Guglielmo I del 1557.
Ci sono rimaste cinque canzoni sue: La mia gran pena e lo gravoso affanno,
Gioiosamente canto, La mia vit s forte dura e fera, Ancor che l'aigua per lo foco
lassi e Amor, che lungiamente m'i menato.
Il suo regno moderno, codificato nelle Costituzioni di Melfi (1231) come uno
stato burocratico e centralizzato, non aveva per un territorio dominato
militarmente. La resistenza dei comuni e del Papa (che lo costrinse a partecipare
anche a una crociata) impedirono lo sviluppo del regno, e Federico venne sconfitto
a Parma e a Fossalta (1248-49): la morte lo raggiunse nel castello di Fiorentino,
presso Foggia, mentre preparava una nuova offensiva.
39
Muore cos il sogno feudale dellImpero e anche la produzione culturale
federiciana. E muore pure una magna curia interessata alla poesia e alla lingua
locale. Come far pi tardi col dolce stil novo, sar Dante a creare il nome Scuola
Siciliana, poich chiam Siciliana tutta la produzione poetica precedente a
quella toscana. Ricordiamo le parole del De vulgari eloquentia:
et
[1. Spulati, in certo modo, gli italici volgari, scegliamo subito fra i rimasti nel
vaglio, facendone il paragone, quello che il pi onorevole ed il pi onorifico.
Comunque, la fama del segretario imperiale legata pi che altro alla sua
presenza come personaggio nel noto episodio della selva dei suicidi nella
Commedia, preannunciato dal famoso verso Credio chei credette chio credesse (If.
XIII, 25), che riecheggia lo stile dettatorio latino, suggerito forse dal v. 27 della
Satira I di Persio: Scire tuum nihil est, nisi te scire hoc sciat alter.
Tenne ambo le chiavi, cio fu larbitro del cuore dellimperatore. Come scrive il
Buti: "l'affermativa che apriva (" diserrando ") lo cuore e la negativa che lo serrava
". Il Moore (I,77) ha voluto vedere la fonte dellimmagine in Isaia XXII, 22 (et dabo
clavem domus David super umerum eius et aperiet et non erit qui claudat et claudet
et non erit qui aperiat), il che sembra coerente pure con il cenno del Torraca alle
parole di unepistola di Niccol da Rocca, in cui si riferisce proprio a Pier delle
Vigne: Tamquam imperii claviger claudit, et nemo aperit, aperit et nemo claudit.
Signora perch perse il favore del sovrano nel 1248, ma questi lavrebbe fatto
imprigionare e accecare, per cui si uccise. Il Villani annota: per la qual cosa il detto
savio per dolore si lasci tosto morire in prigione e chi disse chegli medesimo si
tolse la vita (Cron., VI, 22).
Della sua attivit letteraria cui Dante non fa cenno in nessuna delle sue
opere - ci rimasto il suo Epistolario latino, giudicato daglintenditori come una
mostra raffinata degli artifici retorici delle "artes dictandi". Dei suoi versi in
volgare, gli sono attribuiti: due canzoni di maniera (Amore, in cui diso ed
speranza, Amando con fin core e co speranza), una di argomento amoroso (Amor,
da cui move tuttora e vene ) e un sonetto di corrispondenza per la gi citata
tenzone con Iacopo da Lentini e Iacopo Mostacci sulla natura dell'amore (Per
ch'Amore non se p vedire).
Per la prima volta era stato impiegato un volgare italiano con scopo
letterario, con chiari apporti latini e provenzali, secondo risulta dai frammenti
originali di re Enzo e di Stefano Protonotaro, che si sono conservati nella
cinquecentesca Arte del rimare di Gian Maria Barbieri, pubblicata da Gerolamo
Tiraboschi a Modena nel 1780, col titolo Dellorigine della poesia rimata.
Dante vuol essere preciso quando parla di quel volgare siciliano che ha letto,
quasi sicuramente toscanizzato, ma che forse ha sentito cantare in diverse
occasioni:
et
Ma se vogliamo prenderlo nel senso di quello che fluisce dalla bocca dei pi
ragguardevoli siciliani, come si pu ben osservare nelle succitate canzoni, in nulla
differisce da quello che il pi degno di lode, come pi oltre dimostreremo.
7. Gli Apuli inoltre sia per la loro rozzezza, sia per la contiguit coi loro
finitimi, i Romani ed i Marchigiani, hanno una lingua bruttamente viziata. Dicono
infatti:
Non chiaro se Cielo sia un poeta popolare. I seguaci della scuola romantica
credono che la freschezza e la vivacit nascondano un autore nato dal popolo. Ci
sono, per, dei fatti certi: non apparteneva alla scuola siciliana vera e propria e non
stato poeta di corte. Il contrasto contiene numerosi francesismi e provenzalismi,
che non appaiono come prestiti linguistici dellepoca normanna o angioina, e pure
molte parole proprie del vocabolario cortigiano: madonna, sire, donna cortese,
donna cortese e fina, sovrana, di bon core e fino, solaccio e diporto, le altezze,
merz ecc. Ma, soprattutto, il dialogo non popolaresco.
Si tratta della rima "e" chiusa con "i" ("solea" con "mia") e di "u" con "o"
chiusa ("lui" con "voi") e la terminologia stata estesa ad ogni rima di "e" con "i" e
di "o" con "u". Lespressione si spiega con il riferimento ad un fenomeno legato alla
trasmissione dei testi della "scuola poetica siciliana". 50
Rispettando questi illustri predecessori, credo che siano definitivi i risultati cui
arriva Glauco Sanga nel suo volume La rima trivocalica (Il Cardo editore, Venezia
1992).
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