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Michele Taruffo

La prova del nesso causale

1. Loggetto della prova


Oggetto della prova: nel linguaggio corrente costituito dai fatti della causa ma non si tratta di fatti
empirici in quanto il giudice non pu conoscerli poich accaduti prima ed al di fuori del processo
(la verifica diretta del giudice avviene solo un alcuni casi come nelle ispezioni).
Nella maggior parte dei casi invece il giudice assume delle informazioni indirette sui fatti da
provare cio enunciati linguistici che rappresentano i fatti rilevanti per la causa. Gli enunciati di
fatto quindi, non essendo dotati di unautonoma realt empirica, nascono nel momento in cui
qualcuno li formula (parte, testimone, giudice) costruendoli e dando loro una forma del tutto
personale. Nella creazione degli enunciati hanno un peso fondamentale per la determinazione del
significato di quello che si enuncia, le cd. categorie mentali che sono un meccanismo ineliminabile
del nostro cervello e che tuttavia non sono dotate della caratteristica delloggettivit e
delluniversalit.
Un enunciato che riguardi un fatto descritto sulla base di un nesso causale presuppone quindi la
categoria della causalit, che tuttavia stata oggetto di accesi ed incerti dibattiti e che tutto pu dirsi
meno che un concetto semplice ed elementare. La costruzione del concetto di causalit denota tutta
la sua incertezza infatti essa un modello cognitivo idealizzato basata su di una conoscenza dio
eventi e su di una rappresentazione non oggettiva della realt ma caratterizzata dallesperienza. Si
tratta di un modello mentale di cui ci si serve per interpretare i dati dellesperienza. Si tratteranno di
seguito le discussioni circa la creazione di un concetto di causa utile dal punto di vista giuridico.

1.1. Causa e probabilit


La correlazione tra eventi non va necessariamente espressa secondo la categoria della causa:
potrebbe usarsi la semplice associazione, oppure la correlazione probabilistica (concetto antipodico
rispetto a quello di causa). La probabilit indica la possibilit pi o meno elevata di verificarsi di un
evento dato un altro, la causa certezza del legame tra eventi.
Problema: sufficiente il concetto di probabilit per studiare i fatti da provare? Dipende dalla
natura della fattispecie che su tale fatto si fonda.
Quando giuridicamente rilevante il cd. aumento del rischio ci si pu accontentare di una prova
probabilistica; ci avviene quando ad esempio c lesigenza di evitare il verificarsi di un
pregiudizio che sarebbe reso pi probabile dal verificarsi di un dato evento oppure quando il
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legislatore decide di punire comportamenti che mettono in pericolo determinati beni (ci si
accontenta della messa in pericolo e non si aspetta il pregiudizio). Quando invece la fattispecie
sostanziale costruita come lart 2043 c.c. o lart 40 c.p. in cui si richiede una connessione causale,
la probabilit non risulta pi esplicativa. La dottrina critica infatti la surrettizia trasformazione dei
reati di evento in reati di pericolo che avviene quando al posto della causalit ci si accontenta del
concetto d probabilit. Unaltra licenza giuridica quella presa dalla dottrina civilistica nel
momento in cui al posto della spiegazione causale del rapporto tra eventi, si accontenta della cd.
perdita di chance in cui pregiudizio ed evento dannoso sono collegai da un incertezza non pi
rigorosa della probabilit, la cui dimostrazione, di natura ipotetica, basata su di un giudizio
controfattuale. Altro esempio costituito dalla cd. responsabilit stocastica (Guido Alpa) cio la
probabilit che il soggetto ritenuto responsabile possa aver provocato il danno, trovandosi in una
situazione in cui non possibile distinguere la sua responsabilit da quella di altri soggetti
potenzialmente responsabili. Tale concetto deriva da quello statunitense della market share liability
che non collega la responsabilit al nesso di causalit ma alla presenza ed alla quota che limpresa
ha sul mercato del prodotto sospetto di essere dannoso.
Sebbene voglia esimersi dalla discussione sullopportunit dellinclusione di tali fattispecie nella
responsabilit civile oppure sulla congruit dei criteri di accertamento elaborati in relazione alle
fattispecie sostanziali, quello che risulta chiaro che tali scorciatoie vengono usate in maniera
strumentale per orientare il concetto di causalit con finalit di politica del diritto. Queste
operazioni sono deprecabili poich non tengono in debita considerazione il fatto che la differenza
tra causalit e probabilit non solo quantitativa ma ha matrice qualitativa (per cui non sono
interscambiabili n fungibili). La prova di un istituto che richiede una connessione causale fornita
con un metodo probabilistico, non ha efficacia esplicativa n rilevanza giuridica.

1.2. Causalit generale e causalit specifica


Tale distinzione rilevante per la delimitazione del nesso di causalit come oggetto della prova.
Causalit generale: stabilisce una relazione tra due tipi di eventi, secondo la quale in una data polo
azione considerata, il verificarsi di un evento rende pi probabile il verificarsi di un altro evento. E
la nozione di causalit funzionale alle scienze come lepidemiologia (Ex: il fumo rende pi
probabile linsorgenza del cancro al polmone). La spiegazione non ha i crismi della certezza ma
poggiata su di un paradigma probabilistico di rischio relativo che si esprime spesso in termini
percentuali (dato un evento si studia la frequenza di verificazione di un altro evento).
Causalit individuale o specifica: stabilisce che in una situazione concreta un evento stato
certamente causato da un altro evento. Riguarda un soggetto ed un evento hic et nunc e non una
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classe di eventi ed una popolazione. (Ex: Tizio ha contratto il cancro al polmone destro perch ha
fumato).
La distinzione tra i due concetti dovrebbe essere alquanto chiara anche se in dottrina ed in
giurisprudenza si fa spesso confusione. La certezza della causalit individuale va dimostrata in
modo autonomo e particolaristico e non pu essere surrogata dalla causalit generale. Pi in
particolare la prova della causalit individuale ingloba quella della causalit generale ma non
viceversa, poich una frequenza statistica pur elevatissima rimane muta sul singolo evento. La
statistica utile per fare previsioni tendenziali ma non per accertare fatti. Si travisano questi
concetti quando si agisce come una corrente minoritaria della giurisprudenza U.s.a. che si
accontenta ai fini della prova della causalit individuale di una probabilit statistica tale da far
aumentare di almeno due volte il rischio che in presenza di un evento se ne verifichi un altro. Vi
sono altre teorie, per fortuna minoritarie, in merito che accettano coefficienti statistici elevati per
dare la prova della causalit individuale. La stessa dottrina statistica tende a metter in guardia circa i
limiti della disciplina che studia classi di fenomeni e non singoli eventi ed il cui fine fare
previsioni e non accertare fatti.

1.3. Causalit materiale e causalit giuridica


Prima di affrontare la prova del nesso causale bisogna stabilire con esattezza cosa si intenda per
esso poich potrebbe considerarsi tale sia la causalit naturale, materiale o empirica, sia la causalit
giuridica, secondo la distinzione in voga in dottrina ed in giurisprudenza.
Causalit giuridica: quando una norma prende in considerazione un nesso materiale e ne fa
discendere delle conseguenze giuridiche. (Ex: lart 2043 c.c. descrive il fatto illecito come causa, il
danno ingiusto come effetto ed il verbo cagiona come nesso causale). Potrebbe descriversi come la
veste giuridica attribuita ad un nesso causale, ma il discorso pi complesso di quanto sembra ed ha
dato luogo a 5 orientamenti differenti. Questi non riescono a spigare cosa sia il nesso di causalit
materiale ma lo presuppongono; le nozione di causalit giuridica e materiale sono connesse ed in
particolare quella giuridica implica quella materiale; sono tuttavia anche diverse poich la causalit
materiale considera il rapporto tra due eventi empirici, quella giuridica considera come il diritto
modella tale rapporto tra eventi empirici con finalit giuridiche. Sul piano probatorio ci che
rileva la causalit materiale cio il collegamento tra gli eventi empirici, mentre poi in un
secondo momento si avr la sussunzione degli stessi in categorie giuridiche. La causalit giuridica
nel frattempo indica quali fatti empirici debbano essere provati per potervi ricollegare delle
conseguenze giuridiche.

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2. Lenunciato relativo al nesso causale
Il problema della prova del nesso causale investe anche quello della verit di un enunciato che
descrive il nesso di causalit naturale e specifica; questo pu essere costruito in vari modi: x ha
causato y oppure y presuppone x come sua causa. Il nesso di causalit inoltre pu investire
direttamente due eventi oppure pu passare per il tramite di passaggi causali che coinvolgono eventi
intermedi oppure ancora pu interessare una serie di concause per un medesimo evento. Tutte
queste varianti tuttavia sono quasi ininfluenti in quanto lo schema di base sempre lo stesso x ha
causato y. Ci che risulta imprescindibile la completezza e la precisione dellenunciato, tuttavia
si tratta sempre di concetti relativi dipendenti dalla funzione e dal contesto cui si inseriscono.
Lenunciato causale elementare (x ha causato y) consta di tre elementi: levento-causa, levento
come conseguenza o effetto ed il nesso causale che collega i due eventi. Per quanto riguarda gli
eventi (causa e conseguenza) essi vanno provati secondo le regole ordinarie in quanto si tratta di
eventi empirici per cui possibile una loro percezione, verifica, riproduzione e documentazione.
Diversa la prova del nesso di causalit che non un evento empirico osservabile o percepibile, per
cui la sua dimostrazione, pur imprescindibile, deve essere data in maniera differente. Si utilizza a tal
fine una dimostrazione indiretta per mezzo di una legge di copertura di carattere inferenziale: cio si
tratta di stabilire che fatti del tipo x causano fatti del tipo y e poi dire che x ha causato y. Questo
modello esplicativo della realt, dovuto ad Hempel, si chiama nomologico-deduttivo ed ritenuto
idoneo dalla dottrina penalistica per dare spiegazioni causali. Linferenza nomologica poich si
fonda su di una legge di copertura; deduttiva poich la legge generale e quindi include anche il
caso preso in esame.

3. La prova della legge di copertura


Una volta detto che il nesso causale si prova sulla base della legge di copertura, il problema si
sposta sulla prova dellesistenza della legge di copertura stessa. La legge infatti non pu soltanto
essere ipotizzata, enunciata o presupposta ma deve essere dimostrata (ad eccezione delle banali
leggi notorie la cui verit palese). Stella ha affermato che il giudice non deve essere un produttore
di leggi causali ma un consumatore, non potendosi sostituire allo scienziato nella formulazione delle
leggi (queste infatti devono godere del consenso della comunit scientifica). Il giudice quindi deve
usufruire delle leggi e non inventarle; egli invece utilizza le cd. prove scientifiche per individuare le
leggi causali cu cui si fonda la prova del nesso causale specifico. Il problema investe quindi luso
probatorio delle conoscenze scientifiche, soprattutto in un contesto come quello attuale in cui il
ricorso alle conoscenze scientifiche diventa sempre pi frequente, erodendo larea di influenza del
senso comune o della cultura media nellindividuazione delle nozioni da porre a fondamento delle
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decisioni. Questo mutato clima pone comunque in risalto altre problematiche come quella della
selezione delle scienze dalle pseudo-scienze (cd. junk science).
Sebbene siano le scienze a fornire le leggi di copertura per dimostrare i nessi causali, sono le prove
scientifiche lo strumento processuale per la dimostrazione dellesistenza delle leggi stesse. Tali
teorie, logicamente condivisibili, non godono dellunanimit nella dottrina penalistica: in un recente
scritto Pagliaro infatti, pur ponendo a fondamento della prova del nesso causale le leggi di
copertura, ne ha ridotto la prova dellesistenza ad un mero convincimento morale, motivabile e
motivato e perci oggettivo. Se questa teoria ha un senso quantomeno discutibile: che senso ha
parlare di convincimento morale nella prova di un elemento oggettivo come il nesso causale se non
quello di evocare la intime convinction in voga nellesperienza nordamericana? Inoltre appare
stridente il concetto di convinzione morale con quello oggettivo di motivabilit e motivazione; tra
laltro sebbene si richiamino concetti oggettivi come quello di motivabilit, rimane indeterminata la
base della giustificazione che il giudice dovrebbe fornire (cio basterebbe giustificare
oggettivamente una posizione intimamente soggettiva!). Queste forzature retoriche (inaccettabili)
non fanno altro che legittimare il giudice ad inventare lui stesso le leggi di copertura che gli
servono, in maniera arbitraria e soggettiva.
Il problema rimane quello di capire a quali serbatoi debba attingere il giudice per individuare le
leggi di copertura da porre a fondamento della dimostrazione del nesso causale. Nel caso di leggi
generali ed accettate non esistono problemi in quanto esse sono acquisite al processo mediante
consulenze tecniche (sebbene il giudice debba tenere saldo nelle sue mani il potere di scelta del
consulente e di controllo dellesito della consulenza). Qualche problema in pi costituito
dallinserimento nel circuito processuale delle leggi quasi generali, cio caratterizzata da
unelevatissima probabilit statistica. Si rimane anche in questo caso nellambito del modello
nomologico deduttivo ma con un grado di certezza deduttiva inferiore ma certezza pratica identica.
Discorso completamente diverso va fatto invece per lutilizzo di leggi statistiche come leggi di
copertura del nesso causale.

3.1. Le frequenze statistiche


Una prima ipotesi costituita dalla sussistenza di frequenze statistiche medio basse come quelle
utilizzate dallepidemiologia: in questi casi lutilizzo che se ne pu fare limitato alle fattispecie di
aumento del rischio o di causalit generale e non pu certo coinvolgere la nozione di causalit
individuale. Solo la certezza statistica prossima al cento pu giustificare una spiegazione causale di
carattere particolare anche tenendo presente che il nesso di causalit non un concetto quantitativo
ma qualitativo: cio esiste oppure non esiste affatto ma non pu esistere solo in una certa misura.
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Senza troppi giri di parole quindi, una frequenza statistica non adeguata ad essere assunta come
regola di copertura non fornisce la prova del nesso causale specifico. Esistono voci dissonanti come
quella di Schauer che ritiene che in caso di frequenze statistiche particolarmente elevate le inferenze
che ne derivano, bench non certe, sono preferibili rispetto alle ordinarie prove giudiziarie
soprattutto se incerte. Tale tesi pu risultare convincente da un punto di vista pratico ma da
respingere sotto vari profili: il paragone con le ordinarie prove giudiziarie, anche incerte, non pu
avere efficacia persuasiva poich queste non possono comunque portare ad una condanna; in
secondo luogo lautore non specifica quale sarebbe a suo avviso il livello statistico accettabile per
poter fondare la relazione inferenziale specifica, per cui si finisce per lasciare questa valutazione
nelle mani del giudice e ci risulta inaccettabile perch creerebbe disparit di giudizio e non sarebbe
fondata su criteri razionali e controllabili.

3.2. Massime di esperienza


Pi complicata e pi frequente la questione relativa al caso in cui si pone a fondamento della
prova di un inferenza causale specifica, non una legge scientifica o statistica ma una cd. massima di
esperienza. Questa nozione pone fondamenta mentalmente due aspetti problematici:
- Essa localmente contingente come dimostrato dalla sua esistenza solo in alcuni paesi
(Italia, Germania, Spagna) e non in altri, ci dovrebbe portare a concludere che se non
dannosa essa quantomeno inutile e superflua;
- Essa storicamente e culturalmente contingente.
Stein nel 1893 in un libro sulla scienza privata del giudice defin le premesse fattuali generali come
regole generali derivate induttivamente dallesperienza, supponendo che la cultura media della
societ riassuma lesperienza delle cose pi diverse in massime o regole che prevedono la forma di
leggi generali. Carnelutti nel 1915 riprese la massima desperienza chiamandola prova civile e
conferendole dignit di regola generale. Forti dubbi rimangono soprattutto in relazione alla
possibilit ce lesperienza comune sia in grado di costruire generalizzazioni dotate di forma logica e
contenuto conoscitivo equiparabile a quello delle leggi scientifiche generali o quasi.
Massima di esperienza: qualunque nozione che si ritrovi allinterno del senso comune o della
cultura media di un certo luogo in un certo momento.
A volte si trova no delle massime di esperienza che non sono altro che la traduzione in termini
popolari di leggi scientifiche generali: soltanto in questi casi esse possono assumere il peso
probatorio, in materia di nesso causale, delle leggi scientifiche stesse. Altre volte alle spalle della
massima di esperienza c una legge statistica dotata di elevata frequenza percentuale: in questi casi

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essa equiparabile a quella del modello quasi deduttivo di cui si detto in precedenza e quindi
generalmente accettabile sul piano probatorio.
La situazione molto pi complessa quando le massime di esperienza siano completamente prive di
supporto scientifico o statistico e fondate soltanto sullesperienza. Ci si potrebbero fare infinite
domande a riguardo: di chi lesperienza rilevante per la massima? Del giudice? Come si formata
in lui, decidendo caso per caso secondo quali regole? Lesperienza riferibile al contesto sociale o
culturale? Quale? Quanto esteso od omogeneo? In quanto tempo si formata? Chi lha in definitiva
formulata, il giudice traendola dallesperienza sociale? Tutte queste domande, che potrebbero
essere maggiori, servono da sole a screditare il fondamento epistemico delle massime desperienza
ed a scartare un loro possibile utilizzo per la formulazione di uninferenza causale.
Si potrebbe al contrario affermare che massime e nozioni di senso comune rappresentano un
passaggio ineliminabile nel ragionamento decisorio e giustificativo del giudice, svolgendo un ruolo
decisivo nellambito della prova e della sua valutazione. Il che vero ma non fornisce autorit e
validit alle massime di esperienza: al contrario linevitabilit del ricorso alle stesse impone che se
ne faccia un utilizzo cauto senza sopravvalutare la loro efficacia euristica e giustificativa. In caso di
contrasto tra massima desperienza e legge scientifica andr naturalmente scelta la seconda; in caso
di contrasto tra due massime, il giudice dovr metterne in discussione la veridicit di entrambe,
concludendo se del caso per linaccettabilit di entrambe. Questo presuppone in generale un
giudizio di accettabilit della massima basato su tentativi di falsificazione e sulla ricerca di una base
accuratamente larga di condivisione. Il giudice inoltre dovr procedere alla corretta utilizzazione
della massima una volta che questa sia ritenuta accettabile, assegnando ad essa il limitato valore che
pu avere. Lidea di base deve essere comunque quella dellancoraggio al caso concreto vista la
necessit di dimostrare nessi causali specifici (la domanda sarebbe: esiste un modello ideale nel
contesto socio-culturale di riferimento in grado di dimostrare che x ha causato y). Queste verifiche
che devono essere compiute in maniera particolarmente rigorosa, molto probabilmente non
riusciranno mai a dimostrare lesistenza di una massima di esperienza utilizzabile (ad eccezione di
quelle che poggiano su leggi scientifiche o quasi). La centralit della scienza nella spiegazione del
nesso causale porta a limitare fortemente la capacit esplicativa sia della scienza popolare sia di
quella privata del giudice, se disancorate dalla scienza vera e propria.

4. Gli standards di prova


Uno dei problemi conclusivi e fondamentali quello di stabilire secondo quali criteri probatori il
giudice decide se una dimostrazione del nesso causale ha ricevuto o meno corroborazioni sufficienti
per trarre conseguenze giuridiche. Va ribadito che per laffermazione del nesso causale necessario
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fornire tre distinte prove: quella della causa, quella della conseguenza e quella del nesso causale (le
prime due dirette ed empiriche, la terza indiretta e nomologica-deduttiva).
Su questo terreno necessario differenziare fra i diversi processi in cui si vuole dimostrare il nesso
causale. Sebbene generalmente accettato il principio del libero convincimento del giudice (inteso
sia come svincolo del giudice dalle regole legali di valutazione delle prove sia come potere di
valutare discrezionalmente le prove) infatti, bisogna spingersi alla ricerca di teorie pi razionali. Il
principio del libero convincimento si prestato infatti a varie interpretazioni che lo hanno descritto
in maniera estrema come discrezionalit illimitata del giudice (intime convinction) oppure, in
maniera pi moderata, come discrezionalit del giudice del merito qualora non siano stabilite delle
regole legali cui attenersi nella valutazione delle prove. Altre teorie sul libero convincimento invece
giungono ad affermare che esso debba comunque essere ancorato a criteri controllabili e razionali
(tramite la motivazione negli ordinamenti come il nostro), sebbene svincolandolo da criteri legali di
valutazione delle risultanze probatorie. Riferendosi agli standards probatori necessari per la
dimostrazione del nesso causale ci si avvede che non ne esistono di peculiari ma bisogna fare
riferimento a quelli generali in tema di valutazione delle prove in generale.

4.1. La prova ogni oltre ragionevole dubbio


Il processo penale si pone dinanzi a queste concezioni che fanno leva sulla certezza morale del
giudice in evidente contrasto nel momento in cui richiede per la condanna dellimputato che sia
fornita la prova della sua colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio. Tale principio stato recepito
dal nostro ordinamento provenendo dalla secolare tradizione di common law, che tuttavia ne lascia
ancora indefiniti alcuni tratti definitori. Ci che risulta certa invece la sua ratio di carattere
moralizzante che potrebbe essere riassunta dalla nota frase: preferibile che molti colpevoli
vengano assolti rispetto al pericolo di condannare un innocente. Per questo motivo di carattere etico
si richiede uno standard probatorio elevatissimo equivalente alla certezza. Lo standard probatorio
delloltre ogni ragionevole dubbio applicato alla prova del nesso causale richiede che ognuno dei
suoi tre elementi sia provato mediante quello standard (per cui anche lesistenza della legge di
copertura idonea a spiegare la causalit specifica).

4.2. La probabilit logica prevalente


Sebbene nel processo civile non vi siano regole stringenti come quelle del processo penale, questo
non vuol dire che il giudice possa abbandonarsi alle sue intuizioni interiori per stabilire se un
enunciato vero o falso. Il giudice valuta sulla base delle prove legittimamente acquisite facendolo
in maniera libera ma non arbitraria ed irrazionale. Tra i criteri di regolazione della discrezionalit
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giudiziale vi quello della probabilit prevalente (negli USA preponderance of the evidence).
Bisogna innanzitutto intendersi che per probabilit non si intende frequenza statistica (di matrice
quantitativa e di origine bayesiana) ma il grado di conferma logica che un enunciato riceve sulla
base delle prove che ad esso si riferiscono (cd. probabilit baconiana o logica). Sarebbe pi preciso
parlare quindi di criterio di probabilit logica prevalente come criterio al quale il giudice deve
attenersi nel determinare se un enunciato di fatto ha o non ha ricevuto sufficiente conferma
probatoria, e quindi se pu considerarsi vero ai fini della decisione. Tale criterio si scinde in due
componenti: (1) la regola del pi probabile che no e (2) la regola della prevalenza relativa della
probabilit.
(1) La regola del pi probabile che non indica che un fatto possa essere vero o falso e che quindi
vi sia unipotesi positiva ed una negativa. Tra queste il giudice deve scegliere quella meglio
suffragata dalle risultanze probatorie, cio deve ricercare una conferma forte per la scelta
dellipotesi positiva, mentre in caso di conferma debole si sceglier lipotesi negativa.
(2) La regola della prevalenza relativa si riferisce allipotesi in cui sullo stesso fatto esistano pi
soluzioni, ossia narrazioni dello stesso che risultino preliminarmente credibili in base al
materiale probatorio. A questo punto il giudice sceglier a supporto della sua decisione
lenunciato che ha ricevuto il grado di conferma relativamente maggiore in base alle prove.
Il criterio della probabilit logica prevalente si applica anche quando oggetto di prova sia il nesso di
causalit specifico, nei suoi tre elementi che devono essere necessariamente vagliati secondo questo
criterio. Qualora poi il nesso causale sia ancora pi complesso, la prova deve investire tutti i singoli
anelli che lo compongono, pena la mancata prova dellintero nesso causale.

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