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APRIRSI PER TRASCENDERE

Ir. Maria de Lourdes Medeiros de Lima*

RESUMO: Cada homem faz parte de uma comunidade, ou mais comunidades, como dizem os
socilogos, isto , pertence comunidade humana, comunidade famlia, comunidade
crist, etc. O homem de hoje o homem do corre-corre, quanto mais corre, mais acentuado
nele um sentimento de vazio e insatisfao. Tudo isso impede-o de viver como protagonista
na aventura da prpria vida. A capacidade de relacionar-se consigo mesmo, de reconhecer-se
uma pessoa capaz de abertura e transcendncia que vai em direo ao outro e em direao a
todas as dimenses da vida o verdadeiro drama do homem de hoje. Estar com os outros no
seu significado profundo e genuno, significa que o homem nunca est sozinho. A inter-
relao o que faz o homem humano. A presena de Deus, acolhida na sua total alteridade, a
base de toda relao. Deus Deus, nao um outro com o qual confrontar-se . Ele a fonte do
ser, por isso, se solidariza com a humanidade e se encarna em Jesus Cristo, Verdadeiro
Homem e Verdadeiro Deus.
PALAVRAS-CHAVES: Pessoa; Outro ; Relao; Dilogo; Solidariedade

APRIRSI PER TRASCENDERE

SOMMARIO: Ogni uomo appartiene ad una comunit, o a pi comunit, come dicono i


sociologi cio, appartiene alla comunit umana, familiare, cristiana, ecc. Luomo odierno
luomo dellaffanno, quanto pi corre, pi si accentua in lui la sensazione di vuoto e di
insoddisfazione. Tutto ci impedisce a lui di vivere da protagonista nella avventura della vita
stessa. La capacit di relazionarsi con se stesso, di riconoscersi persona capace di apertura e
di trascendenza verso laltro e verso tutte le dimensione della vita il vero dramma delluomo
di oggi. Lessere con gli altri nel suo significato profondo e genuino, significa che luomo non
mai solo. Linterrelazione ci che rende umano luomo. La presenza di Dio, accolta nella sua
totale alterit, il fondamento di ogni relazione. Dio Dio non un altro a cui rapportarsi.
Lui la sorgente dellessere perci si solidarizza con lumanit e si incarna in Ges Cristo Vero
Uomo e Vero Dio.
PAROLE-CHIAVE: Persona; Altro; Relazione; Dialogo; Solidariet

*Mestrado em Teologia. Conselheira Geral da Congregao Filhas dos Sagrados Coraes.


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APRIRSI PER TRASCENDERE

Introduco lelaborato citando Alessandro Manzoni: REGALA CI CHE NON HAI.


Occupati dei guai, dei problemi del tuo prossimo. Prenditi a cuore gli affanni, le esigenze di chi ti sta vicino.
Regala agli altri la luce che non hai, la forza che non possiedi,la speranza che senti vacillare in te, la fiducia di
cui sei privo. Illuminali dal tuo buio. Arricchiscili con la tua povert .Regala un sorriso, quando hai voglia di
piangere. Produci serenit dalla tempesta che hai dentro.Ecco, quello che non ho, te lo do. Questo il tuo
paradosso. Ti accorgerai che la gioia a poco a poco entrer in te, invader il tuo essere, diventer veramente
tua nella misura in cui lavrai regalata agli altri.1
Il testo ci richiama ad alcune realt importanti per lesistenza - vita, amore, io, laltro,
dono, prossimo realt che a volte vengono dimenticate. Siamo diventate troppo frettolose
stiamo perdendo la capacit di perdere tempo per qualcuno e con qualcuno - corriamo di
qua e di l, senza accorgerci che, correndo o no, la vita sempre la stessa e peggior ancora:
essa si fa effimera. Ci troviamo in mezzo ad una infinit di persone, per ci sentiamo sole,
perch non siamo capaci di riconoscerci n noi stessi n gli altri. E ci genera un vuoto
incolmabile. come se avessimo perso il senso della vita. Non ci chiediamo pi: Dov Dio?
Qual il senso della vita? Chi sono io? Chi laltro con cui entro in relazione tutto il tempo?
Se riuscissimo a farci di nuovo le domande esistenziali e ci mettessimo alla ricerca delle
risposte, ritroveremmo il perch e lidentit della nostra esistenza. Quindi ci riscopriremmo
amati e voluti da Dio, che amore e per amore ci sostiene e ci accompagna. da sempre e per
sempre. In una analisi storica e non tanto concettuale, perch non si tratta di un
approfondimento filosofico o teologico, ma piuttosto di uno studio in cui si possa transitare
di qua e di l, senza voler fermarsi intorno ad un unico e fisso punto.
Tuttavia bene che si tenga in mente il cammino che va dalluomo vecchio, che tende a chiudersi
in s, alluomo nuovo, che si dona agli altri, lungo e faticoso. (VFC2 21)
Soltanto nellapertura allaltro siamo capaci di trascendenza.

1
Alessandro Manzzoni. Testo trovato in una delle sue tasche dopo la morte.
2
La Vita Fraterna in Comunit, Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le societ di vita apostolica.

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1. Chi sei: individuo o persona?

La prima premessa quella che riteniamo troppo importante, cio, ogni uomo
chiamato a passare da individuo a persona, aprendo la sua individualit nel rapporto verso gli
altri, in modo che luomo non pu diventare persona se non nel rapporto:cos anche noi, pur
essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri. (Rm
12, 5).
Comunque sappiamo che questo passaggio non si d cos facilmente: ci vuole una
grande capacit di libert. Palumbiere si esprime cos, in ci che riguarda il passaggio alla
libert per diventare persona: lenta, faticosa, ripida lascesa verso la terra della libert. Qui e soltanto
qui, nel terreno della libert, luomo capace di scegliere. Ci vuole una rivoluzione, non quella di tipo cruento.
Dovrebbe essere una rivoluzione che si opera con la coscienza e con una operazione non violenta. Ci consiste
nel puntare al capovolgimento dei rapporti con decisione di obiettivi, senza mezzi aggressivi. Quindi occorre
uomini nuovi per un asseto nuovo. Lessere delluomo non di tipo statico, ma si presenta come incessante
dinamismo. lessere per lessere di pi in pi. (PALUMBIERI, 1999, p.284-285).
Prendendo la categoria dellindividualit, intesa non solo come densit della in-seitas,
cio, lindividuo chiuso in se stesso, ma integrata in quella della persona, come connotazione
di unicit, originalit e irripetibilit si apre la strada allincessante dinamismo
allautotrascendenza (Cf. PALUMBIERI, 1999, p.332).
Invece per J. Maritain, nel processo della formazione delluomo, lindividualit e la
personalit sono come la base, cio, il fondamento ontologico e la costruzione dinamica della
struttura dessere delluomo. Aggiunge ancora: in quanto individuo, ciascuno di noi un frammento
duna specie, una parte di questo universo, un punto singolare della immensa rete di forze e dinfluenze
cosmiche, etniche, storiche di cui subisce le leggi. Come persona luomo un centro, in certo modo, inesauribile
di esistenza, di bont e di azione, capace di dare e di darsi, capace di ricevere non solo questo o quel dono fatto
da un altro, ma un altro se stesso come dono, un altro se stesso come autodono (MARITAIN, 1963, p. 23-
24).
Mentre Maritain ha una prospettiva personalistica in chiave piuttosto pedagogica e
politica, E. Mounier accentua quella psicologica ed etica nella definizione di persona. Quindi,
Mounier focalizza il concetto di persona come unit vitale e sintesi aperta, e quello di societ
come comunit orientata verso la scambievole realizzazione di ognuno. Per lui la persona non

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semplice individuo, poich lindividuo dice capriccio, tendenza allautosuficenza e


allautocentrazione. Persona, invece, dice dominio di s, scelta conquistata, (). Tutto ci per
essere autodono allaltro nellincontro con laltro e con tutti gli altri.
Ancora secondo Mounier, la persona relazione originaria di una presenza unificata in
s, relazionata a Dio, collegata alla storia. Essa sottratta alla schizofrenia frantumante e alla
rapsodia intimista. unesperienza costante, pi che un concetto (Cf. PALUMBIERI, 1999,
p.334). Concludiamo citando la Gaudium et Spes3: Luomo per la sua intima natura un essere sociale e
senza i rapporti con gli altri non pu vivere n esplicare le sue doti (GS 12).
Individuate alcune caratteristiche che definiscono cosa vuol dire persona, passiamo al
midollo del nostro studio.

2 Io e Tu

Secondo Martin Buber che possiamo chiamare filosofo della relazione il mondo ha
per luomo due volti, secondo il suo duplice atteggiamento. Latteggiamento delluomo
duplice per la duplicit delle parole fondamentali che egli dice. Quali sono queste parole?
Le parole fondamentale non sono singole, ma coppie di parole. Una di queste parole
fondamentali la coppia IO-TU. Laltra coppia fondamentale la coppia IO-ESSO. Per una
maggiore comprensione si pu al posto dellESSO, sostituire con le parole lui o lei, senza che
la parola fondamentale cambi.
Intanto dire IO-TU diverso dal dire IO-ESSO. Le parole fondamentali non attestano
qualcosa che esista al di fuori di essi, ma una volta dette, formano unentit. Quando si dice
TU, si dice insieme lIO della coppia IO-TU. Quando si dice ESSO, si dice insieme lIo della
coppia IO-ESSO (BUBER, 1993, p.62)4
La parola fondamentale io-tu5 si pu dire solo con lintero essere. La parola
fondamentale io-esso non pu mai essere detta con lintero essere. Chi dice tu non ha
qualcosa, non ha nulla. Ma sta nella relazione, cio in rapporto con io-tu, non in rapporto con
io-esso. La parola io-tu fonda il mondo della relazione (BUBER, 1993, p. 59-61).

3
Dora in poi user GS per Gaudium et Spes.
4
Ci conviene gi dal principio esplicitare, ci che per Buber significa la parola. La parola per lui significa una
realt ontologica, identica, nella sua autenticit, alla relazione, di cui il linguaggio solo un espressione fenomenica, certamente
importante, ma di per s non essenziale.
5
Dora in poi quando parler della coppia IO-TU e IO ESSO, non metterei pi evidenziato con lettere maiuscole.

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Sono tre le sfere in cui si instaura il mondo della relazione6. Queste sfere consistono
nella relazione con la natura, con gli uomini e lessenza spirituale. Le vedremo:
a) La vita con la natura: Qui la relazione oscilla nel buio, al di sotto della parola. Le
creature reagiscono di fronte a noi, ma non hanno la possibilit di giungere fino a noi, e il
nostro dire tu a loro fissato alla sola parola.
b) La vita con gli uomini: Qui la relazione manifesta in forma di parola.
Possiamo dare e ricevere il tu.
c) La vita con le essenze spirituali. Qui la relazione avvolta nelle nubi, ma capace di
manifestarsi, muta, ma creatrice di parole.
In ogni sfera, attraverso ogni cosa che ci si fa presente, lanciamo uno sguardo al margine
del Tu eterno, in ognuna ve ne cogliamo un soffio, in ogni tu ci appelliamo al Tu eterno, in
ogni sfera secondo il suo mondo. Di tutto ci che stato detto possiamo con Buber veramente
riaffermare che relazione reciprocit.
Stando di fronte ad un uomo come di fronte al mio tu, se gli rivolgessi la parola
fondamentale io-tu, egli non una cosa tra le cose e non fatto di cose. Non un lui o una lei,
limitato da altri lui e lei, punto circoscritto dallo spazio e dal tempo nella rete del mondo, e
neanche un modo di essere, sperimentabile, descrivibile, fascio leggero di qualit definite. Ma,
senza prossimit e senza divisioni, egli tu e riempie la volta del cielo. Non come se non ci
fosse niente altro che lui: ma tutto il resto vive nella sua luce.
Come la melodia non un insieme di suoni, il verso non un insieme di parole e la statua
non un insieme di linee occorre strappare e lacerarle per arrivare dallunit alla
molteplicit - cos per luomo, al quale dico tu. Comunque io non sperimento luomo a cui
dico tu. Ma, nella santa parola fondamentale sono in relazione con lui. Appena me ne
allontano, lo sperimento di nuovo. Esperienza lontananza del tu.
Ci pu essere relazione anche se luomo, a cui dico tu, non lo percepisce nella sua
esperienza. Perch il tu pi di quanto lesso sappia. Il tu fa di pi, e gli succede di pi di
quanto lesso sappia. Qui non sopravviene alcun inganno: qui la culla della vita reale
(BUBER, 1993, p.62-65). Relazione reciprocit. Il mio tu opera su di me, come io opero su di
lui.
Che alluomo capiti di non poter dire allessere umano che gli sta di fronte la parola
fondamentale che comporta sempre laffermazione dellessere che appellato , che gli

6
Relazione, per Buber reciprocit. Lui intende sottolineare che la relazione non solo non riduzione dellaltro
alloggetto, ma non nemmeno riduzione dallaltro allio.

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capiti di dover rifiutare laltro o se stesso, la barriera presso cui lentrare-in-relazione


riconosce la sua relativit. Comunque, appena riconosciuta la barriera, questa cade e si entra
in relazione (BUBER, 1993, p.69-70).
Per esempio il sentimento di Ges per lindemoniato diverso dal sentimento verso il
discepolo prediletto, ma lamore uno solo. I sentimenti si hanno, lamore accade. Perci i
sentimenti dimorano nelluomo, ma luomo dimora nel suo amore. Questa la realt. Non una
metafora: lamore non coinvolge lio, come se per lamore il tu non fosse che il contenuto,
loggetto; lamore tra lio e il tu. Chi non sa questo, chi non lo sa con tutto il suo essere, non
conosce lamore, anche se crede di attribuirgli i sentimenti che vive, che prova, che gode e che
manifesta.
Lamore un operare mondano, cio accade allinterno del mondo. Chi sta nellamore e in
esso guarda gli uomini, si libera dall intreccio di guardarli unilateralmente, cio dividendoli,
tra i buoni e i cattivi, i saggi e i folli, i belli e i brutti, luno dopo laltro ma diventano per lui
reali, diventano un tu, cio un essere liberato, fuori dal comune, unico ed esistente di fronte al
soggetto.
In modo meraviglioso sorge di volta in volta, lesclusivit cos luomo pu operare,
aiutare, guarire, educare, sollevare, redimere. Lamore responsabilit di un io verso un tu.
Qui sta leguaglianza di tutti coloro che amano, dal pi piccolo al pi grande, dal felice che si
sente al sicuro, perch la sua vita trova compimento in quella della persona amata, a colui che,
inchiodato tutta la vita alla croce del mondo, pu e osa linaudito: amare gli uomini. 7
In ogni tempo si compreso che lessenziale relazione reciproca tra due esseri ha il
significato di una chance primordiale dellessere, una chance che fa la sua apparizione per il
fatto che c luomo. E si anche capito che proprio entrando nella relazione essenziale luomo
si manifesta come uomo, che solo con questo e per questo egli raggiunge quella valida
partecipazione allessere che stata tenuta in serbo per lui: quindi il dire tu dellio allorigine
di ogni singolo divenir umano (BUBER, 1993, p.319).
Allinizio la relazione, la categoria dellessere; allinizio la priori della relazione, il tu
innato8. Il tu innato produce molto presto i suoi effetti nellistinto del contatto tattile, e poi in

7
Lamore per Buber, ha una realt e un significato ontologici, e laspetto sentimentale e psicologico non che
secondario e concomitante. Amore sinonimo di relazione e di parola (Cf. BUBER, 1993, p. 70).
8
Buber quando si riferisce al tu innato, non vuole dire il Tu eterno, il Tu assoluto, cio, Dio. Ma piuttosto
loriginariet della relazione sia rispetto al rapporto io-esso sia rispetto alla chiusura dellio su se stesso. Quindi
di qua scaturisce un principio ontologico. E questo principio caratterizza la filosofia della relazione proposta da
Buber.

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quello visivo, di un altro essere, cos che sempre pi chiaramente viene a significare la
reciprocit, la tenerezza. E quindi luomo diventa io a contatto con il tu. Ci che sta di fronte
viene e si dilegua, eventi e relazione si condensano e si disperdono, in questo scambio, ogni
volta accresciuta, si fa chiara la coscienza di quellelemento che rimane uguale fra i due, cio,
la coscienza dellio (BUBER, 1993, p. 79).
Tuttavia ce ne ancora un grande passaggio da compiere affinch la relazione divenga
davvero relazione, vale a dire, che se luomo vede laltro solo come oggetto da tenere e
usufruire questa relazione, invece di liberarlo lo fa prigioniero di se stesso. Infatti, il
compimento di questo passaggio, o di questo senso impedito dalluomo che si trovato bene
con il mondo dellesso, come con un mondo che deve essere esperito e usato, e ora ci che in
esso legato lo assoggetta anzich liberarlo, lo osserva anzich volgere lo sguardo verso di lui,
lo sfrutta anzich accoglierlo (BUBER, 1993, p.86).
Se invece al principio c la relazione, allora il suo scopo non altro che il suo stesso
essere, cio, il contatto con il tu. Poich a contatto con ogni tu ci sfiora un soffio della vita
eterna. Chi nella relazione parte di una realt, cio di un essere che non n
semplicemente in lui, n semplicemente fuori di lui. Quindi ogni realt un effetto di cui io
sono parte, senza poterlo far mio. Non c realt dove non c partecipazione. Quanto pi
immediato il contatto con il tu, tanto pi compiuta la partecipazione. Qui il luogo in cui si
costruisce e si innalza il desiderio di una relazione sempre pi alta ed esclusiva, di una
compiuta partecipazione allessere.
A questo punto Buber ci presenta una netta distinzione tra persona e individualit
PERSONA:
* diviene consapevole di se stessa come di ci che partecipa dellessere, come di ci che
insieme agli altri, quindi come un ente.
* dice io sono
* dice conosci te stessa, cio conosciti come essere.
* Guarda te stessa
INDIVIDUALIT:
* diviene consapevole di s come ente che cos, e in nessun altro modo
* dice sono cos
* dice conosci te stesso come conosci il tuo essere cos.
* si occupa del mio, la mia particolarit, la mia razza, la mia creazione.
* non partecipe di alcuna realt e non ne raggiunge nessuna.

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Insomma lindividualit distinguendosi dagli altri, si allontana dallessere. Poich in


fondo per lindividualit riconoscersi significa per lo pi produrre una manifestazione di s,
che ha la forza di farsi valere ed capace di ingannarsi sempre pi profondamente.
Possiamo anche domandarci, allora ci sono due tipi di uomini? La risposta no, non ci
sono due tipi di uomini; ma ci sono due poli dellumanit. Nessun uomo semplice persona,
nessuno semplice individuo, nessuno interamente reale, nessuno interamente irreale. Ognuno
vive lio dal duplice volto. Ci sono degli uomini che sono cos determinati come persona, da
potersi chiamare persona, e uomini cos determinati come individui, da poter essere chiamati
individui. La storia vera si svolge tra luno e laltro.
Luomo tanto pi personale, quanto pi forte, nella duplicit umana dellio, lio
della parola fondamentale io-tu. A che cosa appartenga un uomo e dove conduca il suo
cammino si decide dopo il suo dire io (Cf. BUBER, 1993, p.103-105.
Intanto quando luomo non dimostra nel mondo la priori della relazione, quando non
sviluppa e realizza in ci che incontra il tu innato, allora inferisce su se stesso. Si dispiega in
un oggetto innaturale, impossibile nellio. Cosicch lincontro con ci che sta di fronte avviene
dentro di s, ma non pu essere relazione, fluente reciprocit, bens, soltanto
autocontraddizione.
Nella terza parte del libro IO E TU, Buber ci introduce in unaltra sfera delle
relazione. Secondo lui, le linee delle relazioni, nel loro prolungamento, si intersecano nel Tu
eterno9. Ogni singolo tu una breccia aperta sul Tu eterno. Per mezzo di ogni singolo - tu - la
parola fondamentale interpella il Tu eterno. Quindi da questa mediazione del tu di ogni essere
giunge la pienezza e la non pienezza delle relazioni. Il tu innato si realizza in ognuno e in
nessuno trova compimento. Trova esclusivamente compimento solo nella relazione
immediata con quel Tu, che per essenza non pu diventare esso.
Esclusivisit e inclusivisit incondizionate sono un tuttuno nella relazione con Dio.
Ma anche la relazione con il tu finito dunque esclusiva e inclusiva allo stesso tempo come
quella con Dio, tuttavia non in pienezza.
La relazione perfetta non esclude nulla, abbraccia nel tu ogni cosa, tutto il mondo, in
modo che nulla sia vicino a Dio, ma anche in modo che tutto sia in Lui. Perch chi con lintero
essere, va verso il suo Tu e gli porta ogni essere del mondo, trova colui che non si pu cercare.

9
Buber con lespressione Tu eterno e Tu assoluto vuole indicare Dio. Egli convinto che il pronome Tu sia
lunico modo adeguato per parlare di Dio, poich Egli si rivela appunto alluomo nella relazione.

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Lincontro con Dio non capita alluomo per il fatto di essersi occupato di Dio, ma per aver
testimoniato nel mondo, Dio (Cf. BUBER, 1993, p.11-118).
In conclusione a ci che stato detto prima, la struttura delluomo essenzialmente
dialogale-relazionale. Linterrelazione ci che rende umano luomo, il rapporto autentico fra
gli uomini, che gli permette di essere in grado di comunicarsi e di porsi in relazione.
1.3 Interrelazione: Impegno reciproco

Il pensiero dialogico proposto da M. Buber ci viene messo come una terza via, cio, ci
fa intravedere una possibile soluzione al problema delluomo. Abbiamo accennato prima che
luomo moderno si trova tra lindividualismo e il collettivismo, nessuno delle due tendenze
porta luomo a trovare se stesso e a riconoscere laltro come compagno di strada.
Buber convinto che n lindividualismo, n il collettivismo procedono verso
lintegrit delluomo. Se da una parte lindividualismo guarda luomo soltanto nella relazione
con se stesso, dallaltra parte il collettivismo guardando luomo vede soltanto la societ.
Nelluno il volto delluomo deformato, nellaltro nascosto.
Il collettivismo moderno, nella sua essenza, produce illusione. Lunione della persona a
un tuttosicuramente funzionante che abbraccia masse umane, compiuta; ma non
ununione delluomo alluomo: nel collettivo luomo non luomo con luomo. Non si libera la
persona dal suo isolamento legandola a un vivente che dora in poi vive con essa: la totalit,
esigendo la totalit di ciascuno finisce al contrario, per ridurre, neutralizzare, profanare ogni
legame con ci che vivente. Quindi il collettivismo moderno lultima barriera che luomo
ha eretto davanti allincontro con se stesso.
Lincontro possibile e inevitabile delluomo con se stesso, dopo la fine delle
immaginazioni e illusioni, non potr compiersi che nellincontro del singolo con laltro uomo.
Tale incontro non dovr compiersi che in questa forma. Il singolo non avr spezzato la sua
solitudine se non quando, egli conoscer nellaltro in tutta la sua alterit, se stesso, luomo; se
non quando di qui aprir un varco verso laltro, in un incontro serio e trasformante (BUBER,
2004, p.113-115).
Il fatto fondamentale dellesistenza umana luomo con luomo. Buber chiama questa
sfera luomo in quanto uomo la sfera dellinterrelazione (das zwischen). giustamente
dallidea dellinterrelazione che lui intende (il suo terzo autentico), cio, la via di uscita
dallindividualismo e dal collettivismo. Le sue parole: se raggiunge la concezione che fonda lidea di

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interrelazione quando non si identifica una relazione tra persone umane, o nellinteriorit dei singoli o in un
mondo universale che li abbraccia e li determina, bens, di fatto tra esse. Linterrelazione non una costruzione
ausiliare, ma luogo reale e portatore di ci che avviene tra esseri umani . Considerando luomo con
luomo vedremo ogni volta, la dualit dinamica, che lessenza umana: qui colui che d e l
colui che riceve, qui la forza che assale e l la forza che resiste; qui lo stato di colui che
interroga, l lo stato di colui che risponde; sempre due in uno, completandosi lun laltro, nel
reciproco impegno, mostrando luno con laltro uomo.
Detto questo allora, possiamo concludere che luomo non pu pi essere una cosa tra
le cose, n aver pi un posto fisso nel mondo. Dal momento che egli composto di anima e di
un corpo, diviso tra i due regni. Ogni uomo rappresenta luomo originario nella sua caduta;
in ciascun uomo si svolge e si decide, secondo la sua vita, la problematica dellessere (Cf.
BUBER, 2004, p.117-119).

1.4 Io e laltro

Imposteremo largomento prendendo lalterit in chiave di prossimit, cio laltro


uomo come prossimo.
Lalterit una delle grande sfide della modernit, nonostante, oggi la cultura sia
sempre pi sensibile allaltro, al problema della differenza tra le generazioni, tra i sessi, tra i
caratteri, tra le religioni, tra le nazioni, tra i popoli. E, quindi, la sfida consiste nel rispettare la
radicale alterit dellaltro.
In una conferenza sul futuro dellEuropa il filosofo Hans G. Gadamer ponendo
alluomo moderno un avviso ermeneutico afferma: noi forse sopravviveremo come umanit,
qualora ci dovesse riuscire di imparare che non possiamo sfruttare semplicemente i nostri mezzi di potere e la
loro possibilit di impiego, ma dobbiamo imparare a fermarci davanti allaltro in quanto altro, davanti alla
natura cos come alle culture organiche dei popoli e degli stati e che dobbiamo venire a conoscenza dellaltro e
degli altri come gli altri di noi stessi per prendere parte uno allaltro.10
Il richiamo di Gadamer molto preciso e mette ancora di pi la questione dellalterit
come sfida al pensiero moderno. Secondo lui, si deve prendere coscienza che laltro non

10
GADAMER H.G., La molteplicit dEuropa. Eredit e futuro. In: AA.VV. Lidentit culturale europea tra germanesimo e
latinit, a cura di A. Krali. Jaca Book: Milano, 1988, p. 29.

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soltanto laltro da me - lassolutamente altro ma anche laltro di me colui che partecipa della
mia stessa umanit e del quale io sono responsabile.

1.4.1 Laltro: Chi ?

Si dice che luomo non una parte di mondo, ma un mondo a parte. In questa frase si
riassume, significatamene, la condizione umana: luomo, facente parte di un Tutto la totalit
del mondo si pone anche al di l dal mondo, essendo capace di trascenderlo.
Alla domanda chi laltro? Non si pu rispondere senza capire o definire il senso
delluomo. Sono realt intrinsecamente legate, quindi chi luomo? e chi laltro?
Secondo Aristotele luomo, infatti un essere sociale e portato per natura a vivere insieme con gli
altri (ARISTOTELE, 1979, IX, 9,1169b p.398),. La relazione con gli altri condizione sine qua
non per la vita dellessere umano. Aggiunge A Heschel anche quando vive in solitudine, luomo non
solo. La sua esistenza coesistenza11.
Non si pu comprendere lessere delluomo al di fuori del suo essere insieme con gli
altri. Tuttavia la socialit presuppone la comunicazione tra i soggetti. Il linguaggio la forma
della comunicazione, le cui espressioni fondamentali sono gesti e parole. Quindi lautentico
rapporto avviene, soltanto, mediante il dialogo. Ogni dialogo viene compreso come un
cammino comune, basato sullimpegno di sincerit, di disponibilit reciproca e di interazione
che attua il noi comune.
Comunque in una societ come la nostra in cui, purtroppo, finiamo per diventare
inascoltanti, il primo atteggiamento di responsabilit e di dialogo lattenzione allaltro
nellascolto come apertura e immedesimazione. La responsabilit per gli altri nasce in un
contesto di rispetto reciproco in cui sinstaura il rapporto di persone e soggetti liberi,
piuttosto che il rapporto, che comprende laltro soltanto come oggetto (CICCHESE, 1999,
p.32-33).
Per Heschel il grado dumanit e di civilt si misura con linteresse che ogni individuo
ha per laltro uomo con la sua sensibilit per la sofferenza altrui (Cf. HESCHEL, 1989, p.66).

11
Coesistenza come segno di solidariet e reciprocit. Luomo non pu mai sentirsi realizzato o rendersi conto
del proprio significato se questo non condiviso, se non ha relazione con altri esseri umani (HESCHEL, A., Chi
luomo? Rusconi: Milano, 1989, p. 63).

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Insomma la conoscenza dellatro parte dalla conoscenza di s ed esige un movimento


di integrazione reciproca. In questo processo lesteriorit delloggetto non un limite, ma uno
stimolo a cogliere laltro nella sua irriducibile esistenza, senza sovrapposizioni. Bisogna
metter in atto un vero e proprio esercizio dalterit, a partire da s, dallalterit interiore, e
collegare lintrospezione con la riflessione che gli altri fanno su di noi. Soltanto riflettendomi
nellidea che gli altri si fanno di me riesco ad approfondire la conoscenza che ho di me stesso
(Cf. CICCHESE, 1999, p.36-37) per arrivare al riconoscimento dellaltro.

1.4.2 va anche tu e fa lo stesso

La parabola del samaritano un esempio stupendo di cosa vuol dire alterit come
prossimit. Essa illuminante perch nella finale va e fa anche tu lo stesso
universalizza il concetto di alterit: ciascun uomo il mio prossimo. Il prossimo non un
fatto acquisito, ma una conquista da rinnovare. Ci possibile perch c qualcuno, pi
intimo a noi di noi stessi, alterit interiore e prossimo di ciascuno in modo perfetto.
Un prossimo non lo si ha semplicemente. Lo si acquisisce diventando prossimo a lui.
Questo diventare, per nulla ovvio, che fa diventare prossimo laltro in quanto noi stessi
diventiamo prossimo a lui: questo il nocciolo del comando. Tutto ci trova il suo
compimento e la sua spiegazione in Ges Cristo. Egli realmente il nostro e il mio prossimo
in maniera perfetta, il mio e nostro prossimo per eccellenza e in maniera insuperabile.
questa la rivelazione che Egli ci ha portato (Cf. CICCHESE, 1999, p.93-95).
Detto in altri termini: Entre todos los encuentros interhumanos, reales o imaginarios, ninguno
ms ejemplar e ilustre que el de un samaritano y un hombre maltratado y herido cierto da en que aquel bajaba
de Jerusaln a Jeric (Cf. ENTRALGO, 1968, p.19)
Si legge in Luca: Un dottore della legge si alz per metterlo alla prova: Maestro, che devo fare per
ereditare la vita eterna? . Ges gli disse: Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi? . Costui rispose:
Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la
tua mente e il prossimo tuo come te stesso. E Ges: Hai risposto bene; fa questo e vivrai. Ma quegli, volendo
giustificarsi, disse a Ges: E chi il mio prossimo? .
Ges riprese: Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incapp nei briganti che lo spogliarono,
lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella
medesima strada e quando lo vide pass oltre dallaltra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e

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pass oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e nebbe compassione. Gli si
fece vicino, gli fasci le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo port a una
locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede allalbergatore, dicendo: Abbi
cura di lui e ci che spenderai in pi, te lo rifonder al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il
prossimo di colui che incappato nei briganti? . Quegli rispose: Chi ha avuto compassione di lui. Ges gli
disse: Va e anche tu fa lo stesso(Lc 10, 25-37).
Alla domanda fatta dal dottore della legge chi il mio prossimo? - Ges risponde con
unaltra domanda: Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che incappato nei briganti?.
In questa domanda si ha un cambiamento di paradigma, cio, Ges non enfatizza tanto lio,
ma piuttosto su di chi sono prossimo io.
Lan Entralgo commentando il brano del Vangelo cos se esprime: Jess responde, en
efecto trastrocando la relacin de reciprocidad: de quin soy prjimo?; esto es: Quin es el verdadero prjimo
de quien tiene necesidad de ayuda?. Esto significa que Jess sustituye la antigua jerarqua concntrica, de la
cual es el centro el yo, por una jerarqua concntrica nuova, centrada en torno al t. Es una susticin no
teortica, sino operativa; no pertinente a la doctrina, sino al comportamiento (ENTRALGO, 1968, p.23-
24). In sintesi: es, pues prjimo, segn el Evangelio, todo hombre al cual se puede hacer bien. Y puesto que
ese otro era ya amado por el Padre (Mt 5, 43-48), amarle con amor de caridad ser imitar y prolongar la
dileccin divina por aquel hombre. (...) Ayudando activa, libre y desinteresadamente al otro crase al fin,
respecto de este, la vinculacin entre hombre e hombre. (...) para ser, yo prjimo de otro y para que el otro sea
prjimo mo he de comenzar encontrndome con l y aceptando el encuentro (Cf. ENTRALGO, 1968,
p.24).
Aggiunge Cicchese il samaritano non solo riconosce laltro come prossimo, ma si mette
a servirlo nelle sue necessit del momento: egli propriamente uomo-con-uomo. Il prendersi
cura dellaltro, di ogni altro, a partire da colui che ci pi vicino e ci sfiora nel presente,
espressione di umanit e strumento fondamentale di umanizzazione (Cf. CICCHESE, 1999,
p.270). Quanto pi amiamo pi ci avviciniamo degli altri a dellAltro.

1.4.3 Perch anche io e non soltanto Tu?

Nel campo delle relazioni umane lesistenza del soggetto umano sembra manifestarsi
positivamente nella conoscenza personale, nella comprensione reciproca e nel dialogo;

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negativamente ci avviene attraverso lodio, la vendetta e la guerra. Quindi davanti allaltro o


ci meravigliamo oppure ci troviamo un po scomodi. La meraviglia o il disappunto dellio
espressi nella domanda perch anche tu altro e non soltanto io? Risiedono nella scoperta
di un altro che non sono io, che mostra a me che non sono solo, n posso esserlo: la
meraviglia del tu.
Per concludere, la questione sul senso dellaltro esige una risposta come apertura,
come esodo del proprio io, in una nuova forma di vita che eterocentrica. In questo senso
lumanit diventa con-umanit. Se tratta di considerare laltro uomo non solo come altro da
me il distinto - ma in quanto partecipe della comune umanit, come altro di me colui che
partecipa, insieme a me, al mistero della nostra comune umanit. Non pensare se stesso
come un altro, quanto piuttosto laltro come me stesso (Cf. CICCHESE, 1999, p.277).
Pu essere di stimolo la massima evangelica che esprime la misura pi grande del
rispetto e della custodia dellaltro attraverso limpegno attivo del dare la vita: Nessuno ha un
amore pi grande di questo: dare la vita per i propri amici (Gv 15, 13). Questa
probabilmente, una via privilegiata di convivenza che, vissuta in reciprocit, si rende oggi
necessaria per garantire il futuro dellumanit.
La stabilit del rapporto, in questo caso, garantita dalla dimensione oblativa
dellagpe, che nei Vangeli uguale a perdere la propria vita: dal punto di vista
antropologico uguale a reciprocit del dono di s: il donare donandosi, cio lamore
concreto per laltro inteso come apertura, comprensione e incoraggiamento reciproco.
Per per entrare nella via di ciascun prossimo, bisogner passare attraverso colui che
prossimo a tutti e pi prossimo a ciascun di loro: CRISTO GES. E quindi ci chiediamo: se
nel rapporto con gli altri uomini la domanda suona: perch anche tu altro e non soltanto
io? Nel rapporto con lALTRO, diventa: Perch anche io, e non soltanto TU?.12
Lapertura ad altri ha veramente senso nella misura in cui si inscrive come la verit
stessa di Dio, una verit che impegna realmente, verso il Dio che invita ad una fedelt pi
rigorosa. Egli viene l dove noi non lo attendiamo, la dove noi non siamo. Il nostro cammino
un venire da Dio fin dal principio ed un andare verso di Lui per leternit (CAROLEO, 1996,
p.13). Questo cammino passa attraverso Ges Cristo, poich nellamore di Dio manifestato nel
Volto di Cristo possibile riconoscere il farsi prossimo del Padre e, dunque, via per
comprendere noi stessi.

12
Ges la presenza reale di Dio, uomo tra gli uomini: Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,
14). (Cf. CICCHESE, 1999, p.278-279).

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Se nelluomo vi un senso, questo per sopra di lui, in Dio. Non si pu comprendere


luomo come figura chiusa che consista e viva in se stessa, bens egli esiste nella forma di
relazione: a partire da Dio e in vista di Dio. La non accoglienza dellalterit di Dio e della sua
relazione con la persona umana, ha portato luomo moderno a dimenticare il proprio nome a
non riconoscersi pi. Luomo moderno ha perso il senso, come se fosse affetto da amnesia: egli
non sa pi da dove viene, n quale sia la direzione da prendere. La relazione fondante e
fondamentale dellio con il Tu, della persona con Dio (CAROLEO, 1996, p.26).
Allora dopo queste breve considerazione si pu cercare di rispondere alla domanda
perch anchio e non soltanto Tu? la sintetizziamo cos: () Dio non la persona, e fra i
due vi un abisso immenso, ma Dio riconosce alluomo una dignit, a tal punto che lo rende
suo interlocutore privilegiato, ma in questo rapporto, relazione cura amorosa, dialogo
incessante, Dio non rappresenta per luomo il totalmente Altro. Perch Dio non altro. Dio
Dio! La presenza di Dio, accolta nella sua totale alterit, il fondamento delle polarit, Lui
non un altro a cui rapportarsi, Dio, la sorgente dellessere (CAROLEO, 1996, p.27).
Se Dio il Tu che riempie e d senso alla esistenza, non pu fare a meno di essere con
noi, in noi e per noi. Dio si basta a se stesso, per non ci lascia finch non arrivi il giorno in
cui, Egli sar tutto in tutti. Dio si solidarizza con noi e si incarna.

Al termine della strada, non c la strada, ma il traguardo.


Al termine della scalata, non c la scalata, ma la sommit.
Al termine della notte, non c la notte, ma laurora ().
Al termine dellumanit, non c luomo, ma Dio.
(Da uno scritto di Joseph Folliet)

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REFERNCIAS BIBLIOGRFICAS

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___________. Il principio dialogico e altri saggi. San Paolo: Torino, 1993.

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MARITAIN, J. La persona e il bene comune. Morcelliana: Brescia, 1963.

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Costituzione Antropologica. Urbaniana University Press: Citt del Vaticano, 1999.

Documenti Ecclesiali

Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Societ di Vita Apostolica. La Vita Fraterna in
Comunit. Paoline: Milano, 1994.

Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel Mondo Contemporaneo: Gaudium et Spes.


Disponibili in:
http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-
ii_const_19651207_gaudium-et-spes_it.html. Acesso a: 18 ago. 2016.

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