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Universit degli Studi di Trento

Anno Accademico 2012-2013

Esame di Paleografia I

LEZIONI DI PALEOGRAFIA LATINA


(12 CREDITI 60 ORE)
[appunti dalle lezioni della prof.ssa Frioli, integrati con i manuali di:
A. Petrucci (Breve storia della scrittura latina, Roma, Il Bagatto 1992) e
G. Battelli (Lezioni di Paleografia, Citt del Vaticano, Libreria editrice vaticana 1999)]

INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLA DISCIPLINA


1. PREMESSA: Cos la Paleografia latina; obiettivi del paleografo; protocollo di Mallon e
successive critiche; alcuni termini tecnici.
2. MATERIALI, FORME E STRUMENTI: le tavolette; il papiro; la pergamena (o membrana); la carta;
dal rotolo al codice; il corredo dello scrittore.
3. ABBREVIAZIONI E SISTEMA ABBREVIATIVO: sigla; troncamento; troncamento sillabico; contrazione;
origine della contrazione: L. Traube e i nomina sacra L. Schiaparelli e le Note tironiane
nuove verifiche; segni abbreviativi.
4. LE ORIGINI DELLA SCRITTURA LATINA.
ESPERIENZE GRAFICHE

5. SCRITTURA CAPITALE

VII A.C VI D.C

6. SCRITTURA ONCIALE

IV SEC IX SEC

7. SCRITTURA SEMIONCIALE

V SEC VIII SEC

8. LA MINUSCOLA CORSIVA

III SEC VIII SEC

9. LA MINUSCOLA CAROLINA

IX SEC XII SEC

Esperienze dei centri di cultura


romana e tardo-antica (sec. I- VIII)

[]

10. SCRITTURA GOTICA

XIII SEC XIV SEC

11. SCRITTURA UMANISTICA

XV SEC

Andrea Giannino

Esperienze dei centri di cultura


medievale (sec. X - XIV)

Esperienze dellet moderna


(sec. XV XVI)

Matricola 139164

PARTE PRIMA :
INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLA DISCIPLINA
1. PREMESSA
Cos la Paleografia latina
La paleografia una disciplina storica che si occupa della scrittura, cercando di indagare, a partire dalle
testimonianze del passato, come si sia modificata la forma delle lettere dellalfabeto. Si tratta di una
disciplina formale (che si occupa cio della forma delle lettere), che prende in considerazione
esclusivamente testimonianze scritte alla viva mano (cio senza ricorrere a mezzi meccanici di stampa).
Esistono naturalmente tante paleografie quante scritture: la sola di cui ci occuperemo, la paleografia latina,
studia la storia della scrittura latina dalle origini (VII secolo a. C.)fino alla diffusione generalizzata della
stampa a caratteri mobili nellEuropa occidentale (XVI secolo). Per scrittura latina sintende la scrittura
alfabetica basata sullalfabeto latino, indipendentemente dalla lingua di cui espressione grafica (scrittura
latina non significa lingua latina).
Alla Paleografia spetta lo studio delle scritture su tavolette, papiro, pergamena e carta: cio scritture di
carattere librario o documentario. Ma evidente che lesame della scrittura, per essere completo, deve
pure considerare le forme che compaiono su qualunque materia scrittoria, oggetto di discipline particolari
(epigrafia, numismatica, sfragistica, diplomatica).
Obiettivi del Paleografo
Fino al principio del secolo scorso lo studio dei manoscritti si limitava a classificare le antiche scritture per
riconoscerle e interpretarle, secondo la ricerca erudita del tempo. A seguito e per effetto del nuovo
sviluppo della critica storica e filologica, verificatosi soprattutto in Germania e Francia, sorta lesigenza di
approfondire lo studio dei manoscritti e delle antiche scritture secondo nuovi criteri. La Paleografia insegna
non solo a leggere le antiche scritture, ma soprattutto a studiarne la storia e le variazioni in rapporto alle
situazioni politiche, sociali, culturali del tempo. La storia della scrittura diviene cos un aspetto della storia
dellumanit: oggetto proprio lesame critico e sistematico di ogni elemento grafico della scrittura (forme
alfabetiche, segni accessori, abbreviazioni, note musicali, riconoscimento di mani, correzioni, ).
Il lungo arco di secoli durante il quale fu usata la scrittura latina ha prodotti un numero enorme di scritti,
di genere diverso e delle pi svariate materie scrittorie. Le domande che, di fronte ad una cos
considerevole disparata massa di materiale il paleografo si pone e che definiscono, in parte, i fini e il
metodo della sua ricerca sono:
- CHE COSA: comprendendo le lettere utilizzate, attraverso una lettura critica (interpretativa) del
testo che la testimonianza studiata presenta, possiamo comprendere il contenuto che esso veicola
e fornirne una esatta trascrizione
- QUANDO e DOVE: saper datare una testimonianza e collocarla geograficamente a partire dalla
forma delle lettere (con unapprossimazione al secolo) permette di stabilire relazioni tra codici
superstiti per ricostruire il cosiddetto stemma codicum.
- COME: indagare attraverso quali strumenti una testimonianza stata realizzata e quale sia la
tecnica desecuzione dellatto grafico permette di spiegare alcune decisive modificazioni
intervenute nella storia della scrittura latina e mettere in rilievo influenze reciproche o analizzare
scritture personali di rilievo.
- CHI e PERCHE: due domande introdotte dal grande paleografo Armando Petrucci che rovesciano il
metodo tradizionale di ricerca paleografica, perch invece di partire dallo studio delle forme
grafiche per collegare poi queste ad altre manifestazioni della cultura coeva, si parte dallo studio
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del significato che una determinata societ attribuiva alla scrittura (PERCHE) e del numero di
scriventi e non scriventi (CHI). In una prospettiva di finalit e di metodo di questo genere assumono
particolare rilievo due fattori: la diffusione sociale della scrittura e la funzione che la scrittura
assolve nellambito di ciascuna societ.
Protocollo del Mallon
Il paleografo francese Jean Mallon, nel suo testo Palographie romaine esplicita le sue considerazioni sulla
metodologia paleografica, spiegando come deve essere analizzata una testimonianza del passato. Egli istitu
un vero e proprio protocollo di analisi (focalizzandosi sullo studio dei documenti della tardo-antichit) in
cinque punti:
I.
Morfologia: il disegno, la forma delle singole lettere e dei singoli segni.
II.
Ductus: lelemento su cui si basa il carattere rivoluzionario dellanalisi del Mallon (dal verbo
ducere = guidare, tracciare). Indica il numero, la successione e la direzione dei tratti costituenti ogni
singola lettera (tav. V). in sostanza consiste nello scomporre la lettera per cercare di ricostruire i
movimenti dellantico scrivente (qualunque atto di scrittura dato da un movimento). In questo
modo possibile capire pi facilmente i cambiamenti intervenuti nei secoli sulle strutture delle
lettere.
III.
Angolo di scrittura: langolo che lo strumento scrittorio forma con il rigo di scrittura.
IV.
Modulo: lindicazione generica delle dimensioni assolute delle singole lettere sia rispetto
allaltezza che rispetto alla larghezza; si distingue un modulo grande da uno medio e da uno
piccolo.
V.
Peso: indica la natura spessa o sottile dei tratti che costituiscono le singole lettere; si distingue cos
un tratteggio pesante (con forti contrasti tra tratti grossi e tratti sottili) da uno leggero, privo di
netti contrasti.
Mallon aggiunge al protocollo unosservazione sul tempo grafico, cio il tempo richiesto per la realizzazione
di un tratto costituente una lettera (minimale frammento di tempo che intercorre tra il momento in cui si
pone lo strumento scrittorio sul supporto e il momento in cui lo si solleva). Alcun lettere prevedono tratti
che si possono tracciare in un unico tempo grafico (es. B: 4 tratti in 4 o 2 tempi), altre non possono essere
tracciate in un numero di tempi inferiore rispetto ai tratti che le compongono (es. M sempre 4 tratti in 4
tempi, perch il calamo, strumento scrittorio dellet romana studiata dal Mallon-, prevedendo
unestremit larga che solleva attrito in caso di movimenti dal basso verso lalto, non permetteva una
abbreviazione del tempo grafico).
e successive critiche
Il carattere innovativo del Mallon venne accolto (negli anni 50) con un plauso generale della critica
paleografica. Pochi anni dopo si rese per necessaria una revisione critica del protocollo di analisi, che
corresse e modific due punti del protocollo:
- Langolo di scrittura: in un primo momento la critica contest al Mallon di aver accostato due
grandezze non omologabili (lo strumento scrittorio si muove nello spazio, la scrittura sul piano). In
seguito si individuarono due variabili che Mallon non aveva preso in considerazione e che sono
responsabili della diversificazione dello scrivere e fanno riferimento allo strumento scrittorio: il
calamo, successore dello stilo (ricavato da canne palustri e poi da penne di volatile, viene
approntato per la scrittura attraverso incisioni atte a ricavare, in una delle estremit, un becco, reso
elastico da una fenditura, che facilita lassorbimento e il rilascio dellinchiostro). Le due variabili
sono:
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La temperatura dello strumento scrittorio, che pu essere scientemente trattato per avere
una temperatura fine (progressivamente assottigliata fino a tendere al nulla) o larga
(superficie del becco estesa, eventualmente zoppa o pari). Nel primo caso i tratti non
presentano sostanziali differenze ed possibile il movimento dal basso verso lalto, mentre
nel secondo caso i tratti ne risentono pesantemente e il movimento dal basso verso lalto
possibile solo con un tratto di frego (ottenuto utilizzando solo una estremit dellapertura
del becco).
- La tenuta dello strumento scrittorio, cio il modo in cui lo scrivente blocca tra le mani lo
strumento scrittorio. Pu essere solidale (tenuta molto rigida, preferita dagli antichi,
stando alle raffigurazioni, comporta un intenso sforzo del polso) o combinata
(maggiormente libera, la penna si muove tra le dita)
La definizione malloniana svuotata di legittimit perch non prende in considerazione queste
variabili non conoscibili a secoli di distanza. Il paleografo belga Leon Gilissen propose di sostituire
langolo di scrittura con un metodo di analisi fondato esclusivamente sullosservazione del dato
oggettivo trasmesso dalle testimonianze scritte: langolo dei grassi (per grasso si intende il tratto
pi marcato, pi spesso, della lettera). Osservando il prodotto scritto si analizza il tratto pi
marcato e lo si ingloba tra due linee parallele per calcolare con goniometro langolo compreso tra le
parallele e il rigo di scrittura.
-

Il modulo: la critica venne mossa al termine modulo assoluto, perch Mallon non fa riferimento al
contesto in cui le lettere vengono tracciate, dimenticando che le lettere rispondono ad una finalit
(come nel caso di scritture esposte, destinata a pubblica fruizione). Per limare questo concetto si
decise di parlare di rapporto modulare: vanno misurate le dimensioni delle lettere, rapportandole
per tra loro. Il modulo di una lettera si ottiene con il rapporto tra altezza media (ottenuta
misurando il corpo delle lettere -aste eventuali escluse-) e larghezza media (ottenuta dividendo la
lunghezza del rigo di scrittura per il numero si lettere e spazi vuoti), in modo da determinare se la
lettera sia inseribile in un quadrato (rapporto tendente a 1) o in un rettangolo (rapporto tendente a
0,5). Per misurare laltezza media bisogna tener presente la differenza tra
- Scritture bilineari: tutte le lettere hanno la stessa altezza e sono contenibili in un sistema
costituito da due linee parallele (dette anche maiuscole);
- Scritture quadrilineari: le lettere per essere contenute necessitano di un sistema di quattro
linee parallele (dette anche minuscole) a causa di linee ascendenti e discendenti.

Alcuni termini tecnici


- NESSO: un fenomeno grafico, per il quale lultimo tratto della lettera precedente costituisce il
primo della lettera che segue.
- LEGATURA: fenomeno grafico, per cui lultimo tratto della lettera che precede si prolunga nel primo
tratto di quella che segue. Si tratta di un fenomeno cosciente che determina un risparmio di tempo
grafico perch non si solleva lo strumento dal supporto (infatti frequente nelle scritture rapide
currenti calamo e faceva parte dellapprendistato grafico). Pu essere di due tipi:
- DALLALTO : detta anche legatura destrogira, perch il movimento va in senso orario, verso
destra, pu essere realizzato da qualsiasi strumento scrittorio, a temperatura sia fine che
larga;
- DAL BASSO : detta anche legatura sinistrogira, non pu essere eseguita da uno strumento
scrittorio temperato largo (a meno che non si ricorra alla realizzazione di frego). Il trionfo di
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questa legatura si nota nel XIII secolo, con laffermarsi quasi esclusivo dello strumento
temperato fine.
SCRITTURA AL TRATTO (O POSATA): una tecnica di scrittura che richiede pi tempi grafici: ogni lettera
viene scissa nei suoi tratti, con esiti grafici gradevoli e ordinati (esecuzione lenta). Si usa anche la
dicitura scrittura libraria per indicare la tecnica utilizzata nella riproduzione di testi letterari che
richiedono esiti grafici facilmente leggibili da un grande pubblico.
SCRITTURA CORSIVA ( O RAPIDA): tecnica di esecuzione rapida che ricorre frequentemente alla
legatura. Non c particolare attenzione agli esiti grafici. Tipica della scrittura documentaria,
utilizzata per esigenze di oggettiva praticit.

2. MATERIA, TECNICHE E FORME DEI MANOSCRITTI


La conoscenza delle differenti materie adoperate come supporto della scrittura nelle varie epoche e degli
strumenti analogamente adoperati per apporvela sopra di fondamentale importanza per il paleografo, in
quanto permettendo lo studio delle tecniche di esecuzione proprie per ogni tipo di scrittura, essa
costituisce un importante elemento critico per la datazione e la localizzazione delle testimonianze grafiche.
Inoltre la materia ha esercitato sulla scrittura unazione che, pur essendo esterna e meccanica, ha
contribuito allo svolgimento delle forme alfabetiche: sulla pergamena si scriveva meglio che sul papiro, con
la penna si potevano eseguire tratti sottili e svolazzi meglio che col calamo. Cos pure la formazione di certi
caratteri della scrittura si spiega pi facilmente se si mette in relazione con innovazioni di tecnica scrittoria,
ma le conoscenze degli usi scrittori del periodo pi antico sono troppo limitate per poter parlare di criteri di
valore generale.
La pi antica notizia delluso di materie scrittorie nellarea mediterranea, attribuita a Varrone, riportata
da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia (XIII, 21): prima del papiro si usarono folia (foglie di alberi), il
liber (parte interna della corteccia di alberi) e libri lintei (di lino), di cui resta un unico esempio in lingua
etrusca a Zagabria. Tuttavia, di queste materia non restano esempi latini.
Scritte latine si hanno su materie diverse, che sono oggetto specifico dellepigrafia, in cui lesecuzione della
scrittura possibile soltanto con lincisione, mediante scalpello, o a sgraffio, mediante una punta
metallica: su terracotta (per annotare conti o appunti di natura privata, vedi gli ostraka greci, usati per
decretare chi espellere dalla comunit; si poteva usare anche inchiostro e raramente- per apporvi il nome
del fabbricante si scriveva a sgraffio prima della cottura), pietra o marmo (incise con scalpello da un
lapicida, che seguiva le trascrizioni e limpaginazione di un disegnatore di lettere o ordinator), piombo e
bronzo (preparati in sottile lamine e scritte a sgraffio, spesso riportanti testi magici, maledizioni o messaggi
affidati ai defunti per gli Inferi), tegole, mattoni e muri intonacati (fra il I secolo a.C. e il III-IV secolo d.C. era
assai comune luso di scrivere sullintonaco interno ed esterno nomi, conti, imprecazioni, allusioni
scherzose o oscene. Tali iscrizioni venivano tracciate a sgraffio, con strumenti metallici e costituiscono -vedi
Pompei- unampia testimonianza di scritture usuali. A pennello venivano invece tracciati, da scrivani
professionisti, i cosiddetti avvisi, in genere di carattere elettorale).
Ma ci limiteremo a considerare brevemente le materie proprie delluso librario e documentario (le
tavolette, il papiro, la pergamena e la carta).
Le tavolette
Il loro uso molto antico: largamente adoperate nellet classica, furono conosciute anche nel Medioevo e
qualche esempio se n avuto fin quasi ai giorni nostri. Erano costituite da tavolette di legno duro lisciate, a
volte imbiancate con del gesso (tavolette dealbate), perch fosse possibile scriverci sopra con il calamo e
linchiostro.
In generale i romani le chiamavano tabulae, usando il termine codices o codicilli per riferirisi allinsieme di
pi tabulae, tenute unite da fermagli metallici (sia sul lato orizzontale che su quello verticale) che secondo il
numero potevano formare piccoli libretti, ora di due (diptycum), ora di tre (triptycum), ora di pi pezzi
(polyptycum).
La maggior parte degli esemplari superstiti costituita per da tavolette di legno (o avorio, come nel caso
dei dittici consolari, riccamente decorati, che consoli e altri magistrati offrivano ad amici nelloccasione
della loro nomina) la cui parte centrale, leggermente incavata a formare una nicchia (in modo che il
margine rialzato proteggesse dallo sfregamento), era ricoperta da un sottile strato di gomma lacca fusa (o
nel Medioevo da un amalgama di pece e cera dal colore nerastro): le cosiddette tavolette cerate. Queste
venivano usate (riunite spesso in polittici) sia per scrivervi appunti scolastici, sia lettere, conti, vendite,
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affitti, prestiti (in questo caso erano costituite generalmente da un trittico, di cui le due facce esterne della
prima e dellultima tavoletta restavano prive di scrittura, mentre il testo integrale era riportato nella
seconda faccia della prima tavoletta e nella prima faccia della seconda tavoletta; questultima nella seconda
faccia recava le sottoscrizioni e i sigilli (sette) dei testimoni, sotto i quali passava una cordicella che legava
assieme prima e seconda tavoletta, rendendo impossibile leggere il contratto senza rompere i sigilli; sulla
prima faccia della terza tavoletta veniva riportato un riassunto del documento nei sui dati essenziali). Sulle
tavolette si scriveva con lo stilus (o graphium), unasticciola che poteva essere di metallo, davorio o dosso,
appuntita da un lato e schiacciata in forma di spatola dallaltra (per permettere la raschiatura che toglieva il
rivestimento delle tavolette e cancellava il testo.
I cinque pi importanti gruppi di tavolette latine pervenuteci sono:
le 127 tavolette pompeiane dellarchivio privato del banchiere Luicio Cecilio Giocondo (aa. 15-62 d.C.);
le circa 200 tavolette ercolanensi, ancora in parte inedite;
25 tavolette daciche relative alle attivit nelle miniere di Alburnus maior in Transilvania (aa.131-167 d.C.)
contenuto documentario, con fasciature esterne senza scrittura;
Un certo numero di tavolette cerate frammentarie proveniente dallEgitto (II-IV secolo d.C.);
56 tavolette non cerate provenienti dallAlgeria e contenenti 34 documenti privati di epoca vandalica (fine V
secolo d.C.) scritte ad inchiostro.
Nessuna tavoletta rimasta per il periodo successivo fino al XII secolo; il loro uso doveva essere assai ridotto e
limitato, ma testimonianze di scrittori ci assicurano che fu ininterrotto nellAlto Medioevo per la scuola e per le
lettere, per la prima stesura di opere letterarie, per appunti, per conti.
Di dittici in avorio ne sono rimasti 71, di cui il pi antico un dittico sacerdotale dellanno 388, conservato a
Madrid; il pi antico dittico consolare vero e proprio appartiene alla cattedrale di Aosta e risale allanno 406, il pi
recente un dittico imperiale della cattedrale di Treviri, attribuito al secolo VII (generalmente questi preziosi
dittici sono stati riadoperati per uso liturgico o nelle rilegature di libri di pregio.

Il papiro
Sia nel mondo greco, che in quello romano, i libri e i documenti pubblici e privati di carattere pi
importante venivano scritti a inchiostro su papiro, una materia scrittoria di origine vegetale. Il papiro
(Cyperus papyrus) un giunco palustre, sottile, alto circa 3-4 metri, coltivato in Egitto lungo il Nilo. La pianta
fu chiamata dai greci e i fogli ; i Romani accettarono poi dai greci i nomi di papyros e di
charta.
Secondo un famoso passo di Plinio il Vecchio (Nat. Hist., XIII, 11, 71-72), che tuttavia non ha alcun riscontro
nelle testimonianze giunte fino a noi, la preparazione della carta di papiro avveniva tagliando il midollo
della pianta (privato della corteccia verde) in sottili e lunghe strisce (phylirae), che incollate luna accanto
allaltra (con abbondante acqua del Nilo) venivano a formare una scheda quadrangolare cui si
sovrapponeva un altro strato di strisce disposto trasversalmente; il foglio cos ottenuto (plagula) veniva
battuto e seccato al sole; quindi con venti plagulae circa, incollata luna accanto allaltra, avendo cura che le
fibre di ognuna fossero sempre parallele a quelle delle successive, si formavano i rotoli, che venivano
immessi sul mercato, differenziando nel prezzo e nelluso i tipi a seconda della qualit (la prima qualit era
detta Augusta, la pi economica Emporetica, che non era buona per scrivere ma solo per avvolgere).
Dei rotoli (detti volumina o scapi), di diversa lunghezza (al massimo 50 metri), il recto era costituito dalla
parte che presentava le fibre parallele al lato lungo; lallineamento della scrittura, disposta su colonne
affiancate, le cui righe contavano 34-38 lettere (lunghezza media dellesametro), era cos il medesimo di
quello delle fibre vegetali; la lettura avveniva svolgendo il rotolo in senso orizzontale, da sinistra verso
destra (detto volumen proprio perch si avvolgeva): aprire il rotolo si diceva explicare, da cui sorse
lespressione liber explicit, per indicare la conclusione del testo.
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Il rotolo, scritto soltanto sul recto (rotoli opistografi, cio scritti anche al verso, sono rarissimi), era munito
allinizio e alla fine di un bastoncino (umbelicus) di avorio o di legno, che facilitava loperazione di
avvolgimento e svolgimento e su cui era attaccata una listarella di pelle (index o titulus) recante il titolo del
testo in esso contenuto; i volumina erano conservati avvolti, chiusi in grandi capsae o thecae cilindriche di
cuoio con coperchio o poggiati in scaffali aperti (opere molto lunghe occupavano pi volumina). Spesso per
lettere e documenti pubblici o privati si usava il verso vuoto di rotoli smembrati gi contenenti opere
letterarie: queste testimonianze vengono a costituire per tali opere un prezioso termine ante quem.
Il papiro fu anche adoperato per produrre libri in forma di codice, almeno dal II secolo d.C., cio in un
insieme di fascicoli di misura pi o meno quadrata, cuciti e rilegati insieme: la fortuna di questo nuovo
formato, assai pi maneggevole, fu sempre pi crescente dal II al IV secolo; essa tuttavia, pi che al papiro,
fragile per resistere a lungo alle piegature e alle cuciture, fu legata ad unaltra materia scrittoria, la
pergamena.
La produzione del papiro fu propria dellEgitto e dur anche dopo linvasione araba (VII secolo), almeno dal
VI secolo si ha notizia di una produzione anche in Sicilia presso Siracusa sulla fine del X secolo a Palermo:
perci possibile che gli ultimi papiri di Ravenna e di Roma siano di produzione sicula, ma la questione
insoluta; certo invece che nel secolo IX la Francia e la cancelleria pontificia usavano papiro egiziano. La
coltivazione cess in Egitto verso la met del secolo XI, quando venne a mancare la coltivazione della pianta
a causa di una siccit del Nilo.
I papiri greci e latini, letterari e documentari, di epoca classica giunti fino a noi sono costituiti da tre gruppi, in ognuno
dei quali la prevalenza di quelli greci sui latini predominante:
Papiri (del IV-XI secolo) rinvenuti in diverse localit dellEgitto lungo la valle del Nilo e soprattutto ad Ossirinco
e ad El-Faijum, nel secolo scorso ed in questo secolo [900 ndr], la cui ricerca e pubblicazione ancora in
corso. I papiri latini sono rari, soprattutto quelli di contenuto letterario.
Papiri rinvenuti a Dura-Europos, una fortezza romana sullEufrate, e in diverse localit della Palestina negli
ultimi 50 anni.
Papiri dErcolano, rinvenuti tra il 1752 e il 1754 in una villa della citt distrutta dalleruzione del 79 d.C.,
complessivamente 1806, fra greci e latini (24). Conservati presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, che
restano per in pessime condizioni di conservazione, in gran parte inediti perch non svolti.
I papiri latini medievali costituiscono quattro gruppi:
Codici medievali di papiro (soltanto cinque, dei secoli VI e VII, anche se almeno nel VI secolo in Italia luso
librario del papiro doveva essere ancora abbastanza diffuso);
Documenti di origine ravennate (67 documenti privati dei secoli V-X, probabilmente provenienti dallarchivio
arcivescovile di Ravenna, oggi dispersi in biblioteche e archivi di tutta Europa e America);
Diplomi di re merovingi di Francia (13, tutti del secolo VII, aa. 625-673);
Privilegi e lettere di pontefici (25, datati dal 788 al 1051).

La pergamena (o membrana)
La materia scrittoria pi largamente adoperata nel Medioevo, sia nel mondo occidentale, sia in quello
greco-bizantino, fu la pergamena, costituita di pelle di determinati animali, preparata in modo particolare
per ricevere la scrittura.
Secondo unantica tradizione riportata da Plinio (Natur. Hist., XIII, 11), luso della pergamena sarebbe stato
introdotto da Eumene II re di Pergamo (an. 195-158 a.C.) per rimediare alla mancanza del papiro, che il re
dEgitto aveva proibito di esportare, per evitare che Eumene creasse una biblioteca che oscurasse quella di
Alessandria. Il racconto non ha alcun fondamento, ma il nome stesso indica che Pergamo fu il centro
principale della sua produzione. Tuttavia il nome usato dagli antichi membrana () e il nome
pergamenum non si trova prima del IV secolo; nel Medioevo era indicata con il termina charta che in
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origine indicava il foglio di papiro. Il pi antico esempio di scrittura su pelle pervenutoci costituito da un
rotolo egizio risalente al periodo della ventesima dinastia (1195-1085 a.C.).
Per la sua produzione venivano adoperate le pelli di vari animali e specialmente di vitello, capra, pecora e
montone; si avevano cos diverse qualit, pi o meno pregiate , che sono ricordate nei documenti medievali
coi nomi di charta vitulina, caprina, ovina, montonina. Con la pelle di agnellini non nati si preparava una
qualit molto sottile detta charta virginea. La morbidezza, la pesantezza e il colore dipendevano dal sistema
adoperato nella preparazione, che non era uguale dappertutto. Le fonti che descrivono le fasi di
lavorazione delle pelli non sono molte (miniature perlopi), ma da un ricettario lucchese del secolo VIII
abbiamo la descrizione delle varie operazioni necessarie per la preparazione della pergamena: Pergamina
quomodo fieri debet. Mitte illam in calcem et iaceat ibi per tres dies. Et tende illam in cantiro. Et rade illam
cum nobacula de ambas partes et laxas desiccare. Deinde quodquod volueris scapilatura facere, fac, et
postea tingue cum coloribus (nel mondo bizantino si usava trattarla anche con bianco duovo, per
accentuarne la levigatezza). La pelle (costituita da epidermide, derma e ipoderma, di cui solo il derma era
utile per la scrittura) veniva conservata sotto sale e lavata sotto acqua corrente; il bagno nella calce, oltre a
sgrassare, facilitava il distacco dei peli dai follicoli; la tensione a cui veniva sottoposta garantiva che il
collagene contenuto nel derma si disponesse parallelamente per garantire che la scrittura non si staccasse.
Di regola la pergamena esigeva ancora una preparazione da parte dello scrittore, per renderla del tutto
liscia con la pomice, e per ridurla alla grandezza desiderata; spesso con punti di sutura si chiudevano i tagli
occasionali della pelle (detti occhi perch di forma ellittica).
La pi antica pergamena pervenutaci un documento greco dellinizio del II secolo, proveniente da Dura Europos;
risalgono al II e III secolo frammenti di opere letterarie sia greche che latine; in una lettera di S. Paolo c un accenno
esplicito nellinvito a Timoteo di portare con s in viaggio i libri (sacri), ma specialmente quelli in pergamena (Tim, II, 4,
13); Marziale ricorda le opere di Omero, Virgilio e altri autori scritti in membranis. Tuttavia fino al IV secolo luso della
pergamena doveva essere molto scarso, perch gli scavi di Ercolano e Pompei non ci hanno dato frammenti
membranacei, n gli scavi di Egitto frammenti anteriori al III secolo. Con il secolo VIII i codici membranacei divengono
pi numerosi, e fino al secolo XIII, cio fino a quando sorse la concorrenza della carta, la pergamena ebbe il dominio
assoluto nel campo librario.
Il documento membranaceo pi antico la carta di fondazione del monastero di Bruyre-le-Chteau dellanno 670 e
sempre alla Francia appartengono unaltra ventina di documenti del VII secolo. In Italia il documento pi antico
originale risale al 716 ed conservato a Milano, allArchivio di Stato, mentre per la Germania i primi originali sono del
secolo VIII, per la Spagna del IX.

La pergamena utilizzata per i codici pi fine e levigata, perch destinata a ricevere la scrittura da tutte e
due le facce, mentre quella dei documenti lisciata solo da una parte (lato carne) e dallaltra (lato pelo)
resta ruvida e scura, perch in esse si scriveva solo sul recto.
Nei codici pi antichi (IV-V secolo) la pergamena di buona qualit, bianca e fine, senza difetti di taglio o di
concia; in seguito diviene pesante e giallastra, con notevole differenza di colore tra lato pelo e lato carne.
Nel secolo XIII si torna ad una buona preparazione , nel XIV troviamo talvolta pergamene sottilissime, nel
XV i manoscritti della rinascenza italiana sono di singolare bianchezza.
Per i codici di lusso, come pure per i documenti di eccezionale importanza, si us tingere la pergamena
prima di procedere alla scrittura; il colore usato di norma la porpora, ma si trovano casi di pergamena
azzurra e nera. Sulla pergamena purpurea si scriveva in oro o in argento, su altri colori in genere con
inchiostro bianco o rosso. Ai secoli V e VI appartengono i pi antichi e noti esempi conservati di codici
purpurei (quelli greci sembrano essere tutti di origine siro-antiochena, quelli latini di origine italiana); fra
questi il pi noto il Codex Argenteus, conservato ad Uppsala, che contiene il testo biblico nella versione in
lingua gotica di Ulfila, scritto in alfabeto goto. Luso della pergamena purpurea fu ripreso, per imitazione, in
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epoca carolingia (IX-X secolo) ed eccezionalmente in epoca umanistica; la colorazione rossa fu in uso a
Bisanzio nella cancelleria imperiale per i diplomi degli imperatori.
Antichissimo era luso di eradere, mediante una raschiatura effettuata con pomice, la scrittura vergata su
un libro per riutilizzarne la materia scrittoria; ce ne forniscono precisa testimonianza Catullo e Cicerone, che
naturalmente si riferiscono al papiro. NellAlto Medioevo si diffuse labitudine di riadoperare fogli di
pergamena gi scritti per formare nuovi codici (per lelevato costo della pelle). Si doveva prima cancellare la
vecchia scrittura immergendo nel latte i singoli fogli e strofinandoli fortemente con una spugna; dopo averli
fatti asciugare (con farina spianandoli sotto un peso) bisognava poi raschiarli con pomice per renderli di
nuovo lisci e per far scomparire le tracce di inchiostro, rifilarli secondo la grandezza del nuovo codice e
rigarli per la nuova scrittura. I manoscritti cos preparati si chiamano codices rescripti o palimpsesti.
Luso di riadoperare si ebbe specialmente nei secoli VII e VIII a causa della scarsit e del caro prezzo della
pergamena nuova, non come stato detto- per un senso di disprezzo che i monaci del medioevo
avrebbero avuto verso libri che contenevano testi di letteratura pagana. Infatti si cancellavano ugualmente
testi sacri e testi profani: si trattava in genere di testi divenuti inutili perch incompleti o antiquati.
Linterpretazione della scrittura dei testi erasi, di solto ridotta a poche e deboli tracce, scarsamente visibili
ad occhio nudo, e almeno in parte ricoperta da quella sovrapposta (scriptio superior), risulta difficile, ma
estremamente importante, specie se il testo tramandato raro o addirittura unico (si pensi al De republica
di Cicerone, scoperto e letto nellOttocento dal cardinal Angelo Mai, prefetto della biblioteca vaticana). Nel
secolo XIX furono adoperati dal Mai e da altri studiosi differenti sistemi chimici per far riaffiorare le scritture
erase; oggi tali sistemi, dannosi per alla conservazione dei manoscritti, sono caduti in disuso, ma sono utili
lampade a raggi ultravioletti o fotografie a fluorescenza.
Il maggior numero di palinsesti latini superstiti dei secoli VIII-IX; essi sono ricavati per la maggior parte dei casi da
codici tardo-antichi; il loro massimo centro di produzione in Italia fu Bobbio (Piacenza), cui se ne possono assegnare
29, su una cifra complessiva di 56 originari dellItalia.

Sulla pergamena, come sul papiro, si scriveva con il calamo, costituito da una cannuccia vegetale tagliata in
punta, e con la penna di volatile, adoperata dal IV d.C. in poi e adottata universalmente dal secolo XI in
avanti.

La carta
La materia scrittoria che contribu fortemente alla diffusione dellalfabetismo nel basso medioevo e nella
prima et moderna in Europa fu la carta. La fabbricazione della carta fu per la prima volta introdotta
nellImpero cinese allinizio del II secolo d.C. (secondo la tradizione, nel 105 d.C. dalleunuco Tsai Lun,
dignitario di corte); i primi documenti scritti su carta pervenutici sono costituiti da lettere del 137 d.C. In
Cina la carta, fabbricata allinizio con vegetali (seta) e stracci, sostitu le precedenti materie scrittorie (legno,
bamb, seta); in seguito, nelle varie regioni dellImpero fu fabbricata carta con diversi metodi e materie
prime.
Fuori dalla ina la carta fu conosciuta soltanto nel 751, quando gli Arabi, catturati due fabbricanti cinesi,
impiantarono in Samarcanda la loro prima fabbrica. Di l la conoscenza e quindi la produzione della carta si
diffusero a Bagdad, a Damasco, in Armenia, in Persia e in Egitto. La carta araba assai perfezionata
tecnicamente e fatta di soli stracci con collante damido, giunse attraverso il Marocco in Spagna nel X
secolo. La prima cartiera fu impiantata sul suolo spagnolo dagli Arabi nel 1151 a Xativa (San Felipe in
Valencia); carta araba fu adoperata a Bisanzio fra X e XI secolo e in Italia dal XII secolo, prima in Sicilia (il pi
antico documento cartaceo pervenutoci una lettera della contessa Adelaide, scritta in greco e arabo, del
1109), poi a Genova, Venezia e altrove.
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Nel secolo XIII gli esempi di manoscritti cartacei si moltiplicano in ogni regione, mentre in Italia troviamo gi
fiorente la celebre cartiera di Fabriano (dal 1276), Amalfi, Bologna e Friuli; in Germania il pi antico
documento cartaceo dellanno 1228, ma le prime cartiere si ebbero solo intorno al 1320 a Colonia e
Magonza, nel 1390 a Ravensburg (la presenza di centri universitari e di grandi corsi dacqua determinante
per la nascita di fabbriche cartiere).
Nel secolo XIV lindustria prese grande sviluppo, tanto che nel secolo XV la carta diviene la materia
scrittoria predominante.
singolare che ladozione della carta non abbia portato in uso in nessuna lingua europea il suo nome
arabo, mentre invece tutte le lingua hanno accettato molte parole relative al commercio (come risma).
Tipico nella carta di fabbricazione italiana fu fin dallinizio la presenza della filigrana, visibile in trasparenza,
la cui particolarit (balestra, forbici, scala, ecc) permetteva di riconoscere da quale cartiera la carta
provenisse (costituiscono delle vere marche di fabbrica, tanto che possono essere utili come elemento di
critica per la provenienza e la datazione dei manoscritti non datati).
La tecnica della fabbricazione della carta europea medievale (sostanzialmente immutata fino al secolo XVIII)
consisteva nella preventiva macerazione degli stracci, selezionati, lavati e sfilacciati, che, ridotti in pasta,
erano posti in tini; in essi venivano poi immerse e quindi estratte le forme, cio telai rettanfolari di legno,
che serravano una rete di fili metallici disposti in senso orizzontale (vergelle) e verticale (filoni), nonch la
filigrana; le forme, nelle quali era rimasto un uniforme strato di pasta, venivano quindi svuotate e gli strati
di pasta disposti ad asciugare e pressati da un torchio per lessicazione; infine i fogli erano sottoposti alla
collatura, cio allimmersione in colla animale, compressi, asciugati e impaccati. I formati correnti della
carta italiana nel secolo XV riportati su una lapide conservata al Museo civico di Bologna, erano: imperiale
(74x50 cm); relae (61,5x45,5 cm); mezzano (51,5x34,5 cm); rezuto (45x31,5 cm).
Dal rotolo al codice
La forma a rotolo, propria dei manoscritti in papiro, fu duso comune fino al secolo IV; rarissima nel
Medioevo per uso librario, invece rimasta fino allet moderna per documenti pubblici o privati in
pergamena o carta. Nel caso dei documenti membranacei il rotolo formato di regola da un solo pezzo di
conveniente dimensione; per altri usi si univano di seguito pi fogli (mediante cuciture se in pergamena,
incollandoli se in carta). Nei rotoli ad uso documentario la scrittura era disposta parallelamente
allattaccatura dei fogli, comportando quindi uno svolgimento in senso verticale cominciando dallalto.
Tornando alluso librario: nei primi secoli si usarono rotoli di pergamena ad imitazione di quelli di papiro,
ma dal III secolo si cominciarono ad usare, ad imitazione delle tavolette cerate e di libretti di appunti e di
conti papiracei, dei codices, costituiti di insiemi di fogli, riuniti in fascicoli, cuciti tra loro e protetti da una
legatura in genere di assi di legno ricoperte o no di pelle (la sua fortuna in parte legata alla diffusione
della letteratura cristiana primitiva, desiderosa di smarcarsi dalla tradizione dei rotoli, tipica del ceto colto
romano che la eredita in ossequio alla tradizione greca).
II secolo
465 rotoli
11 codici
II-III secolo
208 rotoli
6 codici
III secolo
297 rotoli
60 codici
Tabella elaborata sulla base degli esempi conservati greci e
III-IV secolo
28 rotoli
26 codici
latini.
IV secolo
25 rotoli
71 codici
Tra il IV e il V secolo si svolse quel processo che si usa chiamare codicizzazione, e che fu costituito dal
trasferimento dei testi della cultura classica greca e latina dai volumina di papiro al codice membranaceo. in
questa grande opera di trascrizione, alcune opere, non ritenute pi interessanti, furono escluse o subirono
manipolazioni e guasti, di cui la tradizione mostra ancora tracce.
Per formare il codice i fogli venivano piegati e riuniti a fascicolo (quinterno) senza una regola fissa; luso pi
comune era di formare i fascicoli con 4 doppi (quaternio) che corrispondono a 16 pagine delluso moderno,
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ma si trovano anche semplici bifolia, e fascicoli di 2 fogli (binio), di 3 (ternio), di 5 (quinio) ed anche 8 o 10
fogli. Non c una regola e possono aversi nello stesso manoscritto quinterni di diversa composizione.
Per evitare lineguaglianza tra la parte pi banca e liscia (lato carne) e quella pi scura (lato pelo), desse un
aspetto poco decoroso al manoscritto, si badava attentamente a formare il quinterno in modo che,
aprendolo in qualunque punto, le due facciate di fronte fossero sempre dello stesso colore (utile per
riconoscere le manomissioni posteriori).
Prima di iniziare il suo lavoro, lo scrivente procedeva alla preparazione dei fogli per delimitare lo spazio
assegnato alla scrittura e per segnare le righe, a pagina piena o a colonne.
Due o quattro forellini erano incisi in alto e in basso per segnare le righe che delimitavano il testo ed
eventualmente lo spazio destinato alle iniziali sporgenti (quattro o otto nei testi a due colonne); altri fori
erano incisi verticalmente secondo il numero delle righe che si volevano scrivere nella pagina, per segnare il
rigo di scrittura.
La rigatura di regola avveniva a secco, perci bastava tracciarla sul lato carne (pi liscio) perch i segni
risultassero in rilievo anche sullaltro lato. Nellesecuzione di queste due operazioni distinte (foratura e
rigatura) si poteva procedere con tanti sistemi diversi, che spesso permettono di riconoscere gli usi di
particolari scuole e la loro successione cronologica.
Lo specchio di scrittura della pagina di codice varia nella sua estensione a seconda delle fasce cronologiche
(nei pi antichi quadrato con ampi margini bianchi, poi diventa gradualmente pi alto che largo).
In epoca tardo-antica non si usava numerare le pagine, n le carte, bens i soli fascicoli; dallXI secolo (in
Spagna gi dal X) invalse luso di apporre, al termine di ogni fascicolo il cosiddetto richiamo, cio
lindicazione della prima o delle prime parole della prima carta del fascicolo seguente, e ci affinch il
legatore non commettesse errori nel rilegare il manoscritto; la numerazione delle carte, prima in numero
romano poi con cifre arabiche, entr nelluso solo col XIII secolo. Tardo medievale anche la numerazione
dei fascicoli eseguita con il sistema del registro, cio con una serie di lettere indicanti i singoli fascicoli,
accompagnate dal numero dordine dei fogli del fascicolo (a1, a2, a3, a4,).
Terminata la scrittura e la correzione del testo, i quaterni venivano cuciti insieme e il libro cos formato
poteva essere ricoperto in vario modo secondo la sua importanza (semplici copertine in cuoio o
pergamena, oppure legature di lusso formate da assi di legno ricoperte e ornate di borchie, smalti e
gemme). La legatura pi antica rimastaci del secolo VII nellevangelario di Teodolinda a Monza.
Il corredo dello scrittore
La forma e luso dei vari strumenti scrittorii e latteggiamento dello stesso scrivente si trovano raffiguranti
in molte miniature che rappresentano lautore del testo o il copista nellatto di scrivere.
Le penne erano conservate in una theca libraria detta pure calamarium, in cui cera anche il recipiente
dellinchiostro, atramentarium.
La scrivania su cui egli scrive (scriptorium) costituita da un piano di legno sostenuto da un piede e obliquo
come un leggio o da una tavoletta poggiata sulle ginocchia, e su di essa sta il calamarium; lo scrittore ha
nella destra la penna e con la sinistra tiene fermo il foglio poggiandovi uno strumento a lama che poteva
servire come raschino per le correzioni e come temperino per appuntire la penna (scalpellum, cultellus
scripturalis, temperatorium).
Per le grandi iniziali, nelle miniature e in alcune scritture in oro si usava il pennello.
A completare il corredo dello scrittore occorre ricordare il compasso (punctorium) per tracciare i forellini
che segnavano la distanza tra le righe, la riga (regula o norma), il punteruolo di ferro o di legno (ligniculum)
per tracciare le righe a secco (sulcare).
Linchiostro (atramentum dal colore, e pi tardi incaustum, perch preparato con il fuoco), nei tempi pi
antichi si preparava con sostanze vegetali, a base di nerofumo (cfr. papiri di Ercolano), ma sembra certo che
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i Romani conoscessero e usassero anche inchiostri preparati con Sali metallici, simili ai nostri (come
dimostrano esperimenti fatti su pergamene del III secolo e palinsesti del IV-V secolo): perci non esatto
quanto da alcuni sostenuto , che gli inchiostri metallici sarebbero stati introdotti dopo il secolo X. Nelle
ricette medievali troviamo che i componenti principali erano il vetriolo (solfato di ferro) e la nocedi galla
disciolti in vino, aceto e birra, con aggiunta di gomma.
Talvolta per eccesso di contenuto metallico e di acidit linchiostro ha corroso la pergamena o la carta fino
a perforarla (cft. Virgilio Romano).
Per quanto riguarda la gradazione del colore, si osserva che nei manoscritti pi antichi linchiostro molto
nero, nel periodo carolino spesso scialbo, bruno o rossastro, nei secoli XII e XIII di nuovo nero e in quelli
successivi ridiviene bruno o tende al grigio; talvolta nel secolo XIV ha riflessi verdastri dovuti alla presenza
di composti di rame (vetriolo verde o solfuro di rame).
Linchiostro rosso, ottenuto col minio, usato solo nei titoli, nelle iniziali e talvolta nelle prime linee a scopo
ornamentale o per distinguere le varie parti di un testo. Dalluso di scrivere titoli in rosso deriva il nome di
rubrica e il verbo rubricare.
Nei codici di lusso, e specialmente in quelli purpurei, si ebbe pure la scrittura in oro e argento. Luso di altri
colori del tutto eccezionale.

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3. ABBREVIAZIONI E SISTEMA ABBREVIATIVO


Lo studio delle abbreviazioni come sussidio della paleografia ha un duplice scopo: pratico, per interpretare
con esattezza il significato del compendio; critico, per servirsi di esse come strumento per la datazione e la
localizzazione del manoscritto.
Per abbreviazione o abbreviatura si intende una scrittura che prevede leliminazione di una parte delle
parole nellatto dello scrivere. Si tratta di un fenomeno che fin dalle prime attestazioni della scrittura,
attraversa tutta la storia della lingua e della scrittura latina, continuando a interessare poi i caratteri mobili
di stampa, fino al XVII secolo.
possibile individuare dei principi o criteri abbreviativi che permettono di agevolare lo scioglimento .
Seguendo un procedimento diacronico, per quando riguarda il mondo romano possiamo fissare tra il II e il
V secolo il periodo di formazione di un vero e proprio sistema abbreviativo (tipico soprattutto del mondo
giuridico e amministrativo) che prende il nome di notae iuris.
- Sigla
(I sec.
III sec.)
[ripresa dallEpigrafia]
- Troncamento
(fine I sec.
III sec.)
[ripreso dallEpigrafia]
- Troncamento sillabico
(II sec III sec.)
- Contrazione
(IV sec.-) [origine dibattuta]
stato osservato che nei testi di contenuto letterario o storico dellet romana le abbreviazioni sono rare,
limitandosi a quelle delluso epigrafico e a poche altre. Anche se non possibile ipotizzare e dimostrare che
vi sia stato un aumento quantitativo delle abbreviature nel corso dei secoli, innegabile che nel IV secolo vi
sia stato un aumento nel numero di classi abbreviative, che assumono forme diverse e varie e sempre pi
canonizzate. Luso delle notae iuris fu proibito nel 438 per un atto del Senato romano e poi nuovamente
negli anni 530-533, da Giustiniano, per impedire che nei testi giuridici dessero luogo a letture inesatte a
scopo di frode. Non sappiamo se i divieti fossero osservati alla lettera, ma certo le notae iuris caddero in
disuso, perch i codici del VII e VIII secolo ne sono privi (sembra per che i loro uso si sia conservato in
Irlanda e Inghilterra).
Il medioevo eredit il complesso sistema abbreviativo dellet romana, di cui utilizz alcune parti,
soprattutto i due principi del troncamento e della contrazione. Nel periodo del cosiddetto particolarismo
grafico (VII secolo IX secolo) nelle varie regioni dEuropa il sistema abbreviativo fu adoperato con sensibili
variazioni da luogo a luogo; ma con lepoca carolingia e gotica (e laffermazione della cultura universitarioscolastica) il sistema si uniform in tutto il territorio europeo, rimanendo tale fino alle ultime apparizioni
nella stampa.
Come regola generale, le abbreviazioni sono costituite da parole, in cui alcune lettere non furono scritte per
guadagnare tempo e spazio, e in luogo delle lettere omesse fu inserito un segno indicativo. Perci in ogni
abbreviazione bisogna tener conto di due elementi: le lettere alfabetiche espresse e i segni abbreviativi.
Occorre quindi considerare prima i sistemi usati per abbreviare le parole, poi il signifaco dei vari segni.
Sigla
Abbreviatura che elimina lintero corpo della parola, facendo sopravvivere solo la lettera iniziale. Data la
difficolt di scioglimento e la frequente presenza di ambiguit, gi percepita dagli antichi, si circoscrisse i
campi di utilizzo ai seguenti casi:
- Praenomina
C. Iulius = C(aius) Iulius
- Rapporti sociali/familiari
F. = F(ilius)
S.= S(ervus)
V.I. = V(ir) I(nlustris)
- Consuetudini epistolari
SD = S(alutem) D(icit) SPD = S(alutem) P(lurimam) D(icit)
- Forme note
SPQR = S(enatus)P(populus)Q(ue) R(omanus)
PC = P(atres) C(onscript i)
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Lettere tra due puntini

.e. = est
.t. = tunc

.i. =idest, infra


.c. = caput

.n. = enim
.l. = lex
.s. =sclilicet, supra

Troncamento
Abbreviazione che implica che venga tralasciata lultima parte della parola, facendo sopravvivere solo la
radice (il contesto fondamentale per sciogliere correttamente):
AVG= AVG(USTUS)
COS = CO(N)S(UL)
NOM.= NOM(EN)
-B. = -b(us)
-Q. = -q(ue)
[esercizio su Tav. IV]
Troncamento sillabico
Rappresenta unevoluzione del troncamento semplice, perch lascia sopravvivere la prima lettera di ogni
sillaba (inizialmente era utilizzata solo per parole bisillabiche):
QS = Q(ua)S(i)
QQ = Q(UO)Q(UE)
AT = A(U)T(EM)
DD = D(EIN)D(E)
QB = Q(UI)B(US)
VB = V(ER)B(UM)
FCR = F(E)C(E)R(UNT)
MS = M(EN)S(IS)
Contrazione
In tutte le forme abbreviative viste finora venivano sottratti alle parole elementi basilari per definire
genere, numero e caso. Questo non accade pi con laffermarsi della contrazione (da contraho = diminuire):
viene tenuta la lettera iniziale e la desinenza:
- Si ha una contrazione pura quando sopravvivono solo prima e ultima lettera
na = n(atur)a
nc = n(un)c
oe = o(mn)e
- Si ha una contrazione impura quando espresso anche un elemento intermedio
aia = a(n)i(m)a
occo = occ(asi)o
mia = mi(sericordi)a
Origine della contrazione
La contrazione, come si visto, la forma abbreviativa pi completa e precisa, ed quella che d meno
adito a scioglimenti equivoci, proprio perch fornisce la desinenza, intera o parziale del vocabolo
abbreviato. Il problema dellorigine della contrazione stato affrontato pi volte e in pi sedi dalla
storiografia paleografica; sono sostanzialmente due le ipotesi che si sono venute affermando, nettamente
in antitesi tra loro, sostenute rispettivamente da Ludwig Traube, nel saggio Nomina Sacra (Monaco, 1907),
e da Luigi Schiaparelli, nel suo Avviamento allo studio delle abbreviature latine nel Medioevo (Firenze,
1925).
Traube e i Nomina Sacra
Grande studioso di testi sacri ebraici, greci e latini, rilev che nel passaggio linguistico dei testi sacri ebraici
dalla lingua originale al greco viene mantenuta lineffabilit del nome divino: gli ebrei utilizzavano il
tetragramma, gli scribi greci traducono ricorrendo ad una contrazione ( = () = Signore);
lineffabilit conservata perch il nome non scritto a piene lettere.
Questa abitudine fu assunta anche in ambito cristiano ellenistico per rendere graficamente una lunga serie
di nomi sacri. A sua volta il mondo latino adott questi nomina sacra, assumendoli dalle traduzione greche
della Bibbia. Allinterno del sistema grafico i nomina sacra, a detta del Traube, esercitarono uninfluenza
che and oltre il ristretto ambito religioso e che di fatto port allo sviluppo e alla progressiva diffusione di
una nuova classe abbreviativa. Ad accompagnare tutte le forme dei nomina sacra vi era un titulis (linea
soprascritta), che Traube ricorda essere lelemento che comunemente segnala le contrazioni (in realt nella
lingua greca, e in parte latina, serviva solo a segnalare parole straniere o dal valore particolare, come una
sottolineatura oggi).
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Le prime traduzioni latine dellAntico e Nuovo Testamento (prima met del IV secolo in Italia) adottarono a
loro volta i nomina sacra, esemplando la forma latina su quella greca e avviano talvolta un vero e proprio
calco.
Secondo la ricostruzione del Traube, col tempo i copisti ampliarono il numero dei nomina sacra,
abbreviando, secondo il principio della contrazione, numerosi termini di carattere religioso e inserendoli in
testi non religiosi, privandoli delloriginario valore sacrale. Il modello divenne principio secondo cui
elaborare compendi morfologicamente nuovi, appunto le contrazioni.
Schiaparelli e le Notae tironiane
Secondo il paleografo italiano Luigi Schiaparelli il principio generativo della contrazione sarebbe in nuce
allinterno dei criteri formativi delle notae tachigrafiche o tironiane (dal liberto di Cicerone, Tirone, che ne
sarebbe stato il creatore): si tratta di un sistema basato sulluso di una serie di segni principali per il tema o
prefisso delle singole parole e di una serie di segni ausiliari (vergati sopra o sotto il rigo) per le desinenze (le
note tironiane sono elemento fondamentale nella formazione del sistema di notae iuris fin qui esposto).
La costruzione delle note avveniva quindi secondo quello che abbiamo riconosciuto essere il principio
normativo della contrazione, poich della parola si danno la parte iniziale e la parte finale.
Il principio normativo della contrazione si sarebbe affermato in ambito abbreviativo quando questa
procedura pass dal campo tachigrafico a quello alfabetico. A detta dello Schiaparelli questo sarebbe
avvenuto allinterno delle notae iuris: esse avrebbero assorbito una struttura abbreviativa nuova (la
contrazione del sistema tironiano) lavrebbero elaborata per poi diffonderne lesempio nel sistema grafico
romano.
Nuove verifiche
Le osservazioni che scaturiscono dallesame delle fonti inducono a ritenere che il rapporto tra nomina sacra
e contrazioni non sia quello di una filiazione diretta. Le testimonianze attestano che i nomina sacra
rappresentano un gruppo chiuso, di carattere sacrale e non compendiario.
La conclusione che i nomina sacra siano in realt sentiti e usati non come compendi, ma come forme
sacrali, e che per questo motivo non siano stati considerati un modello formale su cui esemplare delle
abbreviature, avvalorata dallanalisi dei testi sacri del IV secolo, in cui vi una forte compresenza di
nomina sacra e di nomi sacri scritti per intero.
Il censimento effettuato ha dimostrato poi come il fenomeno della contrazione debba subire una forte
anticipazione rispetto alla collocazione del Traube (V secolo): casi isolati e talora incerti si trovano in
testimonianze del II e nel IV secolo la contrazione appare pratica oramai consolidata e diffusa.
Anche la doppia funzione del titulus (distintiva e abbreviativa) sono compresenti nelle esperienze grafiche
precedenti al V secolo (fin dai primi secoli cristiani) e la funzione distintiva era presente fin dal II secolo per
evidenziare notabilia e nomi onorevoli. Il titulus ha poi accompagnato sigle, troncamenti, troncamenti
sillabici fin dalle epigrafi e ha segnalato poi gran parte delle notae iures, in particolare contrazioni.
Ci che sembra rendere definitivamente superate le argomentazioni del Traube lacquisizione che la fase
di elaborazione delle contrazioni vada in realt collocata in un periodo molto anteriore a quello ipotizzato
dal Traube, e che sulla formazione di queste nuove abbreviature non abbiano operato influenze e modelli
esterni alla storia della scrittura latina.
Va infine fatta unultima osservazione: risulta difficile da accettare lipotesi di stretta causalit fra nomina
sacra e contrazioni allinterno del sistema grafico latino, quando questo rapporto causale viene
completamente a mancare nellambito greco, dove questi trovano lo loro origine prima.

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Per quanto riguarda lipotesi di Schiaparelli, il modello tachigrafico non certo assolutamente escludibile,
anzi forte e indubbia la presenza di segni di origine tachigrafica nelle notae iuris, ma per quanto attiene al
caso specifico della contrazione, forse possibile individuare legittimamente allinterno dello stesso
sistema grafico alfabetico una linea di svolgimento che possa suggerire la genesi delle contrazioni.
Si ripensi per un momento alle due pi importanti tipologie abbreviative dei primi secoli: sigle e
troncamenti. Gli unici cambiamenti strutturali che ambedue le forme subiranno nel corso dei secoli sono
costituiti dal raddoppiamento della lettera finale per indicare il plurale e dalla presenza, sempre pi
costante, di segni diacritici che le accompagnano.
Lelemento nuovo e dinamico in questa situazione definita e pressoch statica dato dalle sigle in
successione: vengono accostate due sigle per abbreviare vocaboli composti da due sezioni logicamente
distinte (Infra-Scriptus = I.S.). il passaggio ad una ulteriore elaborazione: si accostano due sigle per
abbreviare sue sezioni solo etimologicamente distinte (B.F. =BeneFiciarius). Da questo momento diventa
possibile parlare di una nuova classe abbreviativa, il troncamento sillabico.
La fase conclusiva di questo articolato iter formativo sembra aver fornito un modello possibile della
contrazione: al troncamento sillabico, che riproduce gli elementi salienti e distintivi della parola, si aggiunge
la desinenza della parola abbreviata, o perlomeno lultima lettera, che rende certa e immediata la lettura
del compendio. Sembra di poter ipotizzare che la struttura della contrazione, durante una fase di
elaborazione, abbia poi subito modificazioni rispetto al modello originario (come leliminazione di lettere
intermedie).
Lipotesi appena adombrata sembra avvicinarsi alla teoria dello Schiaparelli a proposito dellinfluenza
determinante esercitata dalla tachigrafia allinterno del sistema abbreviativo latino, col tramite delle notae
iuris, e si affianchi ad essa accentuandone un particolare aspetto. possibile che chi padroneggiava la
tachigrafia sillabica (persone operanti nellambito amministrativo-giuridico) abbia contribuito alla
diffusione dei troncamenti sillabici, e che su questa base si sia perfezionata la struttura della contrazione.
Segni abbreviativi
Dei segni usati nelle abbreviazioni, alcuni hanno un significato generico, altri un significato determinato e
altri ancora possono avere uno o laltro valore a seconda dei casi:

(punto ad altezza rigo o rialzato o, raramente, soprascritto: segno con ampia funzionalit,
fin dai tempi remoti viene utilizzato per separare le parole nella scriptio continua; ora
assume valore abbreviativo, soprattutto nelle abbreviazioni per troncamento. Alcune sigle
sono costituite da lettere tra due puntini)
/
(lettera sbarrata con un tratto obliquo o sbarra posta dopo la lettera indica un troncamento
__
(linea soprascritta, caratteristica delle contrazioni, posta sopra una vocale ha significato
preciso: indica la mancanza di una consonante nasale; pu essere segno generico di
troncamento nelle desinenze dei verbi; posta sopra una consonante, attraversante lasta
ascendente, in qualche caso indica un troncamento sillabico generico -su b,d-, ma per lo
pi da luogo a uno scioglimento sillabico in cui manca una e,o,u seguita o preceduta da r,n)

(letterina soprascritta, con duplice valore, segno abbreviativo e valore vocalico; usata nel
troncamento e nella contrazione. In alcuni casi si trova anche in sigle; posta sopra g indica
la mancanza di n, sopra q di u; sopra c, p, t, u, indica la mancanza di una r nella sillaba)

(apostrofo posto in alto dopo una lettera usato spesso nelle abbreviature insulari e nelle
notae iuris come segno generico di troncamento)
:;
(i due punti o punto e virgola o un segno derivato simile ad un 3 posti dopo una lettera alla
stessa altezza della linea principale sono un segno di troncamento; dopo una vocale = m;
dopo q = ue; dopo altre consonanti = -us, -et)
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2
7

(un segno ondulato simile a un 2 posto sopra una consonante o a fianco di essa in alto,
indica la mancanza di ur/-er)
(segno derivato dalle note tironiane, ha valore di et, ma viene utilizzato anche per segnalare
un troncamento: at7 = atque; con linea soprascritta significa etiam)
(segno simile ad una c rovescia, posta alla stessa altezza delle lettere = con/cum)
(sempre di origine tachigrafica, posto dopo una lettera in alto, indica la mancanza di -us, os, -is, -s)

[vedi compendi scritti a mano]

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4. ORIGINE DELLA SCRITTURA LATINA


Allorigine dellinvenzione o delladozione di un qualsiasi sistema di scrittura antico sono individuabili due
motivazioni tra loro diverse, ma non prive di reciproci collegamenti ed influenze: quella amministrativa e
quella sacrale-liturgica.
Nel mondo romano dei secoli VII-VI a.C (epoca delle pi antiche testimonianze di scrittura latina in nostro
possesso) quali erano le categorie sociali interessate alluso della scrittura? E a quali fini si cre a Roma un
sistema grafico nuovo quale quello rappresentato dallalfabeto e dalla scrittura latini?
Nella Roma dei secoli VII-VI a.C. erano abitualmente scritti, su materie e con tecniche diverse, sia testi di
carattere pubblico (quali leggi, liste di magistrati, atti di corporazioni sacerdotali) sia testi di carattere
privato (come liste genealogiche, orazioni funebri di patrizi, iscrizioni celebrative di antenati) e personale
(dediche su oggetti di uso comune come fibbie, tavolette,). Daltra parte risulta con evidenza che la Roma
a cavallo tra la monarchia e la repubblica (fine VI secolo a.C.) costituiva un ambiente culturale vivace e
produttivo, aperto al contatto con due grandi civilt, quella etrusca e quella greca della Magna Grecia,
ambedue provviste di progredite scritture alfabetiche.
In questo ambiente si erano costituite due categorie sociali di utenti, diretti o potenziali, della scrittura: la
classe gentilizia (che se ne serviva per fissare testi di carattere annalistico, oratorio, epigrafico a fini
autocelebrativi) e la categoria sacerdotale (che se ne serviva per assolvere a precise funzioni pubbliche e
religiose. Una tale finalizzazione della scrittura non poteva che fissarne le forme in caratteristiche
monumentali, con un andamento posato, lettere staccate le une dalle altre, aspetto spiccatamente
epigrafico (luso personale della scrittura non aveva alcuna consistente diffusione).
Esisteva anche una produzione ti tipo librario: i cosiddetti libri lintei (rotoli di tessuto di lino, adoperati
secondo luso etrusco) contenenti atti di corporazioni sacerdotali; le tabulae dealbate contenenti liste di
magistrati e conservati dal pontefice massimo; documenti scritti su pelli e tavolette cerate.
I testi, tracciati a sgraffio, a calamo o pennello, essendo destinati allesposizione ed avendo solenne
carattere di ufficialit, erano in caratteri monumentali, posati ed in tipi di scrittura modellati sullesempio
epigrafico.
Qual lorigine genetica dellalfabeto latino?
Se un tempo la tesi di una derivazione diretta dal greco sembrava prevalente, oggi pi largamente
accettata quella di una derivazione dalletrusco.
Secondo Raymond Bloch, etruscologo, archeologo, studioso delle origini italiche e di Roma, il problema
dellorigine dellalfabeto latino, a lungo oggetto di accanite discussioni, risolto: esso non fu preso dai Greci
di Cuma, ma dai vicini settentrionali, gli Etruschi. Lo prova a sufficienza lordine della C e della G
nellalfabeto latino, ordine diverso da quello dellalfabeto greco e dovuto allassenza di occlusive sonore
nella lingua etrusca che quindi, nelladottare lalfabeto greco, interpret la gamma come una gutturale
sorda. I Latini diedero alla terza lettera dellalfabeto entrambi i valori e per ovviare ad ogni ambiguit
introdussero (nel III secolo a.C.) la lettera G, che eredit i compiti della gamma greca. La maggiore
modificazione dellalfabeto arcaico fu lintroduzione, alla fine della Repubblica, della Y e della Z per
influenza greca.
Quello che sicuro, che il latini nel VII secolo a.C. svilupparono il loro alfabeto, che nella fase pi antica
(fino alla met del III secolo a.C.)aveva le seguenti caratteristiche:
- lineamento incerto e lettere staccate, inuguali (forme poco geometriche)
- A con traversa obliqua
- E, F con le aste minori che formano angolo acuto, obliquo
- H chiusa in alto e in basso
- L con base obliqua
19

M, N con forme diverse


P con occhiello aperto
R nella forma ro greco (influenza greca)
S con forma angolare
U con la forma dellipsilon
introduzione di G nel 3. sec. a. Cr.

Prime testimonianze:
1. La pi antica testimonianza: una spilla doro di circa 10 cm, la cosiddetta Fibula prenestina: porta la
sottoscrizione dellartigiano Manius (pi il nome del committente). del 670-650 a. C.
MANIOS MED FHE FHAKED NUMASIOI
Cui corrisponde, in latino classico: MANIUS ME FECIT NUMASIO, quindi Manio mi fece per
Numerio.
-os per il nominativo Manios avrebbe fatto loggetto
-oi per il dativo per un altro: Numasioi
- me: pronome personale allaccusativo
2. La pi nota tra le testimonianze antiche sicuramente il Cippo del Foro Romano (impropriamente
chiamato anche Lapis Niger, dalla pietra nera che sovrasta il cippo). la pi antica iscrizione
monumentale latina. Fu scoperta nel 1899 vicino allarco di Settimo Severo in un complesso
monumentale arcaico (fa pensare ad un piccolo santuario) al di sotto del pavimento in marmo nero.
Landamento bustrofedico (fa riferimento allandameneto da dx verso sx e nella riga successiva da
sx a dx, come un bue che ara, da cui il nome) e lantichit dei caratteri aguzzi incisi (direttamente
sulla pietra) sulle quattro facce del cippo, fanno presumere una datazione del VI secolo a.C.
Liscrizione lacunosa, che quindi di difficile traduzione, si riferisce alla sacralit del luogo (testo
mutilo di una legge sepolcrale?). Linizio sembra essere una formula di maledizione scagliata contro
chi avesse violato il luogo sacro. Si ricorda inoltre un rex identificato come re-monarca di Roma a
cui sembra essere dedicato il santuario.
3. Liscrizione di Satricum / Lapis satricanus (antica cittadina tra Latina e Nettuno) fu scoperta nel
1977 e risale con ogni probabilit agli ultimi anni del VI secolo a.C. Liscrizione lunga circa 80 cm
(due righe incise sulla superficie di una base di sostegno per un dono votivo) leggibile
parzialmente. Si tratta di una dedica al dio Marte:
IEI STETERAI POPLIOSIO UALESIOSIO
(-osio ant. genitivo di der. indoeurop.)
SUODALES MAMRTEI
(forma raddoppiata per Marte)
(II STETERUNT PUBLII VALERII SODALES MARTI i compagni di Publio Valerio donarono a Marte)
La persona menzionata stata identificata con Publio Valerio Publicola, console romano nel 509
a.C.

20

PARTE SECONDA - I:
ESPERIENZE GRAFICHE:
CENTRI DI CULTURA ROMANA E TARDO -ANTICA -

SECOLI I/VIII

Dal I al III secolo d.C. (compreso), la scrittura presenta solo due generi: la capitale libraria e la maiuscola
corsiva (documentaria). Dalla fine del III secolo una serie di innovazioni scrittorie comportano lo svolgersi,
accanto alla scrittura libraria tradizionale, di nuove esperienze grafiche: lonciale e la semionciale; alla
maiuscola corsiva succede la minuscola corsiva. Tali scritture continuano ad essere usate fino al secolo VIII,
segno non trascurabile di una continuit di tradizione nei centri che proseguivano lantica cultura.
5. LA SCRITTURA CAPITALE VII SEC A.C. VI SEC D.C.
Nel I secolo d.C. lalfabeto latino si presenta nella sua composizione definitiva di 23 lettere:
A B C D E F G H I K L M N O P Q R S T V X Y Z
Solo pi tardi, nel secolo XI, fu aggiunto il W nei centri tedeschi e inglesi; nellet moderna si distinse la V
dalla U, la I dalla J.
Il termine capitalis deriva da caput, inteso come inizio, perch questa particolare tipologia grafica venne
recuperata in epoca carolingia e adoperata con funzione distintiva nei testi per evidenziare determinate
sezioni testuali (titolo, incipit, nomi di rilievo). Si tratta quindi di un termine altomedievale non utilizzato nel
mondo romano.
La capitale epigrafica
Nelluso epigrafico (lunico documentato con sufficiente continuit per let antica) la capitale latina
mantenne un aspetto arcaico, con allineamento incerto e disarmonie di modulo e di disegno, sino alla
prima met del III secolo a.C.
Lespansione imperiale di Roma, la sempre pi complessa amministrazione pubblica che la nuova realt
portava con s, la formazione di una nuova classe sociale (commercianti e imprenditori), la necessit
crescente di comunicazione fra i vari centri politici e militari favorirono la diffusione della scrittura a livello
privato. Questo fenomeno a sua volta provoc, per naturale contrasto, la canonizzazione della scrittura
ufficiale che segu precise regole modellate sugli esempi greci.
Con la seconda met del III secolo a.C., quindi, sotto linfluenza della scrittura epigrafica greca, si verific un
processo di normalizzazione grafica che nel I secolo a.C. port alluniformit di modulo, alla regolarit di
allineamento e di impaginazione, alla geometrizzazione delle forme (tendenti sempre pi verso la
realizzazione dellangolo retto e della sezione del cerchio), al chiaroscuro dei singoli tratti mediante
lesecuzione del solco in senso triangolare, ad un leggero allungamento a spatola al termine delle aste
verticali, oblique e orizzontali.
Nellepigrafia si segue comunemente la classificazione introdotta da Emil Hbner, che distingue iscrizioni
solenni (tituli) da iscrizioni di carattere pratico (acta), cio documentario (leggi, epistole). In relazione al
contenuto si us anche una materia diversa: per i tituli si ebbe di regola la pietra, per gli acta il bronzo. A
questa diversit di materia si accompagna poi una diversit nella scrittura, che nei tituli di grandi
dimensioni, di esecuzione accurata (detta capitale quadrata per la regolare proporzione tra altezza e
larghezza), negli acta invece la scrittura pi agile, di forme spontanee (detta capitale attuaria).
21

Un esempio di titulus in capitale quadrata su marmo del II secolo d.C ineunte la TAVOLA 4.
Alle due classi di iscrizioni menzionate, chiamate da Hbner monumentali, bisogna aggiungere una terza
classe, costituita da quelle che non sono state tracciate da una mano esperta ma da un lapicida o scrittore
occasionale. Si tratta di iscrizioni relative ad azioni e passioni quotidiane, talvolta funerarie; dipinte o
graffite su muro, terracotta, lamelle di piombo, pietra o bronzo. Il loro tratteggiamento spontaneo,
veloce, corsivo: nel caso dello stilo, strumento a punta che traccia malamente i segni rotondi, i tratti
diventano duri e angolosi. Tale scrittura detta maiuscola corsiva o capitale corsiva.
La capitale corsiva (o maiuscola corsiva o corsiva romana antica)
Abbiamo gi ammesso lesistenza nel periodo arcaico (VII-VI secolo a.C.) di un uso a livello privato della
scrittura capitale eseguita con tecnica a sgraffio su materie dure, pur precisando che questuso avveniva in
stretta dipendenza dai modelli epigrafici ed era occasionale. Sembra invece indubbio un vero e proprio uso
comune della scrittura capitale corsiva per il periodo che va da V al III secolo a.C.
Le caratteristiche principali della corsiva capitale romana nel suo periodo pi antico sono: luso costante
delle lettere corsive A, E, F, O, R (tracciate con gli stessi tratti della capitale, ma con esiti molto diversi a
causa dello strumento scrittorio); la forte tendenza alla verticalizzazione e alla disarticolazione del
tratteggio; lesecuzione a sgraffio su materia dura.
Diverse modificazioni furono dovute alla progressiva diffusione delluso della scrittura in et repubblicana,
dal III secolo a.C., che port come conseguenza una pi rapida evoluzione dei segni grafici in senso
nettamente corsivo.
Allinizio del I secolo a.C. si notano in graffiti pompeiani di et silliana due elementi nuovi, che da allora
saranno tipici della capitale corsiva romana, dovuti ad una modificazione del tratteggio:
la B a pancia a sinistra (asta e base si fondono in unico tratto, come i due tratti dei due occhielli
ne formano uno);
la D di forma pre-miniscola (asta e base si fondono in un tratto curvo unico).
Notevole che in ambedue i casi i tratti diritti siano stati sostituiti da tratti curvi : si pu ipotizzare che
levoluzione sia avvenuta da parte di scriventi a sgraffio su tavolette cerate e a calamo sul papiro (invece
che a sgraffio su intonaco o terracotta) e che si sia poi impostata e trasferita nelluso generale. Ci
confermato dal fatto che la diffusione delle tavolette cerate e della scrittura a calamo su papiro fu
progressiva e parallela alla diffusione dellistruzione scolastica (e dal fatto che i semianalfabeti, i quali non
possedevano tavolette cerate o calamo e papiro, non conoscevano questi due esiti).
Fra I secolo a.C. e I secolo d.C. la capitale corsiva romana -come quella epigrafica- acquist un aspetto
nettamente tipizzato, anche se non certo definitivo, come possiamo dedurre da numerosissime
testimonianze di tavolette cerate superstiti o papiri documentari e privati.
Lalfabeto si caratterizza come segue:
a) generalmente senza traversa, con il tratto di destra pi alto di quello di sinistra
b) in due tratti, quello di sinistra piccolo e tondeggiante ;le curve si sviluppano in altezza in un tratto unico
c) spesso alta, mostra di regola la formazione in due tratti
d) rotondeggiante, con sviluppo prevalente del secondo tratto
e) ridotta a tre o due trattini

22

f)
g)
h)
i)
l)
m)
n)
o)
p)
q)
r)
s)
t)
v)
x)
y)
z)

in due tratti, discendenti


il trattino di destra diviene una coda rotondeggiante
alta, la seconda asta ha solo met altezza e spesso forma un solo tratto con la traversa
ha tre forme: corta, lunga e semilunga
in un sol tratto
con le gambe arrotondate o con i tratti staccati e paralleli
come la m con un tratto in meno
piccola in uno o due tratti
la pancia piccola, aperta e spesso appena accennata
coda lunga e obliqua
il primo tratto rimane diritto, la curva e la coda si riducono ad un trattino ondulato
in due tratti invece che tre
il tratto verticale pu arrotondarsi in basso, verso destra
in uno o due tratti, rotondeggiante
in due tratti, spesso grande
mantiene la sua forma fondamentale
mantiene la sua forma fondamentale

[vedi TAVOLA ALFABETO]


Nel II secolo d.C. la capitale corsiva romana subisce unulteriore evoluzione, assumendo un certo numero di
legature di lettere fra loro
ant

er

ar

eta

abu

e una certa inclinazione verso sinistra (anzich verso destra come tipico del periodo precedente).
Ne un esempio il papiro documentario risalente al 166 d.C. (perch fa riferimento alla tappa di una flotta
marina) riportato sulla TAVOLA VII in basso a sinistra. Il documento registra la vendita di uno schiavo
Questa corsiva su papiro si diffuse sempre pi fra II e III secolo d.C. fino a diventare la scrittura esclusiva
dellamministrazione civile e militare dellImpero romano in ogni sua regione, accentuando, col tempo le
sue caratteristiche di scorrevolezza e corsivit.
Nel III secolo appaiono caratteristiche la E angolare, la M con la sola prima asta lunga, O e U piccole e alte
sul rigo, la T in forma di fiocco.
La capitale libraria
Gli esempi pi antichi dei manoscritti latini che possediamo risalgono alla fine del I secolo a.C. Nei primi
tempi il materiale di studio molto scarso e si limita a brevi frammenti letterari o giuridici, quasi tutti su
papiro e a pochi documenti su papiro e tavolette cerate. I codici diventano pi numerosi a partire dal IV
secolo, quando la pergamena si sostitu al papiro nelluso librario, ma sono scarse le notizie che abbiamo
intorno alla fattura dei manoscritti e ai loro centri di produzione.
I manoscritti letterari si ritengono eseguiti presso officine scrittorie, paragonabili in un certo senso alle
nostre case editrici; lautore era generalmente estraneo a tali copie e, per la mancanza di protezione della
propriet letteraria, chiunque poteva mettere in commercio opere antiche e moderne. La scrittura si
ripeteva quasi meccanicamente in forme stilizzate e perfino le miniature erano copiate dallarchetipi senza
preoccupazioni di originalit. Nei testi sacri cristiani, invece, cera un interesse religioso verso lesattezza del
23

testo, oltre poi il fatto che spesso lo scrittore era un chierico e lavorava con maggior cura di un copista di
professione.
La scrittura capitale quale compare nei manoscritti rappresenta lo svolgimento della capitale primitiva o
arcaica attestata dalle pi antiche iscrizioni. Il modello normale della capitale libraria romana (detta
impropriamente rustica dalla tradizione paleografica in confronto ad una inesistente elegante) assai
vicino a quello della capitale epigrafica, ma con alcuni adattamenti dovuti alla flessibilit dello strumento
scrittorio (calamo), alla morbidezza della materia (papiro e poi pergamena), alla diversa tecnica di
esecuzione (scrittura e non incisione). Si tratta in sostanza di una scrittura posata, dal tratteggio fluido, che
della capitale epigrafica mantiene la rigida separazione tra le lettere fra loro (ma non delle parole), la
verticalit dellandamento, luniformit di modulo e la sicura bilinearit, lassenza di elementi corsivi.
Caratteristiche peculiari sono: il chiaroscuro molto accentuato, con forte contrasto tra filetti e tratti pieni; la
riduzione, pi o meno accentuata, degli angoli da retti a curvi; laggiunta al termine delle aste di
allargamenti a forma di spatola o di trattini di coronamento.
Le numerose testimonianze di capitale libraria si possono dividere in due diversi periodi: il primo, dal I
secolo al III secolo d.C., nel quale la capitale lunica scrittura libraria in uso (importanti i papiri
ercolanensi); il secondo periodo, che abbraccia i secoli IV-VI, caratterizzato dalla presenza e dalla
progressiva diffusione di altre scritture librarie (onciale e semionciale) oltre che dalla progressiva crisi della
produzione libraria romana (con laffermazione del codice membranaceo). Allinterno di queste due grandi
periodizzazioni, basate pi su criteri codicologici che paleografici, una datazione pi precisa delle
testimonianze in nostro possesso assai complessa e dubbia. Non possibile ipotizzare un unico sicuro
canone della capitale libraria e seguirne poi levoluzione nel tempo: le regole generali che presiedono a
questa scrittura si limitano allosservazione del tratteggio delle lettere, alla presenza dei trattini di
coronamento allestremit delle aste verticali, al contrasto tra elementi ingrossati ed elementi sottili. Il
Pratesi tende a ricondurre ad unarea italiana e al periodo V-VI secolo tutti gli esempi presi in
considerazione nel secondo periodo: in particolare il Virgilio Vaticano potrebbe essere attribuito al 375425; il Virgilio Veronese al 475-490; il Virgilio Mediceo al 49; gli altri al periodo tra la fine del V secolo e la
prima met del VI.
Osservando le differenze che alcuni noti manoscritti presentano rispetto ad altri nellaspetto calligrafico, si
riconobbe la distinzione di due tipi di capitale, in analogia con le scritture capitali epigrafiche: elegante il
tipo corrispondente alla capitale quadrata delle iscrizioni, rustica corrispondente alla capitale actuaria.
Tuttavia un parallelismo tra scritture librarie e le epigrafiche non giustificato, perch mentre la quadrata
la scrittura normale dei tituli (usata per iscrizioni solenni) e raggiunge la sua forma tipica nellet augustea,
la capitale elegante compare in tre o quattro esempi non anteriori al IV secolo e sembra che prima non
esistesse: si tratta quindi di un tipo raro, eccezionalmente calligrafico, di capitale, determinato dal gusto del
tempo e dalle innovazioni scrittorie che nel secolo IV costituiscono un fenomeno generale nel mondo
romano (come quella di inclinare il foglio, osservata dal Mallon, che permetteva di tracciare i grossi in
direzione normale al rigo di scrittura, al contrario della rustica, dando vita a esiti scrittori nuovi e contrari
alla tradizione dei grossi inclinati).
La capitale libraria cess di essere utilizzata nel VI-VII secolo, restando con forme pi o meno stilizzate nei
titoli, talvolta anche pagine intere o per testi decorativi. Un elenco di codici in capitale, pubblicato da
Lehmann descrive 27 manoscritti, di cui 4 in papiro (quasi tutti contengono testi di autori pagani della
tradizione romana).
24

Virgilio Augusteo
[TAVOLA VI]
Di questo codice prezioso rimangono solo quattro fogli conservati nella Biblioteca Vaticana (cod. Vat. Lat
3256) e tre nella Biblioteca nazionale di Berlino (Berol. Lat. Fol. 416). Il Pertz, che per primo lo ha studiato,
lo ha creduto dellepoca di Augusto, successivamente fu attribuito al IV secolo per la lingua e per laspetto
della scrittura, messa in relazione con la rinnovata eleganza delle iscrizioni del tempo di papa Damaso (anni
366-384). Ora sembra certa la datazione tra gli anni 495 e 530 proposta dal Petrucci e accettata da Pratesi.
Da notare lartificiosit dei tratti, il cui spessore ritracciabile in luoghi diversi rispetto alla capitale rustica
tradizionale ( un esempio della presunta capitale elegante). Da alcuni viene accostata allepigrafia
damasiana (papa Damaso, aa. 366-384) di Furio Dionisio Filocalo, ma esistono molte differenze tra i due stili
grafici, soprattutto nella diversa disposizione degli elementi ornamentali: la scrittura del Virgilio mostra
notevoli somiglianze con lapidi romane del V VI secolo e con codici in onciale dello stesso periodo.
Probabilmente quindi riconducibile allambiente romano del periodo goto (V ex-VI in), in cui tendenze
conservatrici e restauratrici in campo culturale trovarono alimento nella classe senatoria (sarebbe quindi
stata impiegata come tipologia grafica per manufatti da esposizione con intento nobilitante e di recupero
del passato.
Virgilio romano
[ TAVOLA VI]
La datazione di questo codice (Vat. lat. 3867) stata oggetto di pareri tra i pi disparati: il Pratesi lo colloca
intorno alla met del VI secolo. Da notare la tendenza delle lettere a superare i margini del rigo di
scrittura, come a presagire la minuscola.
NB: La minuscolazzazione: Con il III secolo d.C. si comincia a produrre una metamorfosi nella scrittura latina, sia
libraria che documentaria: la formazione di una scrittura minuscola, cio costruita secondo uno schema quadrilineare,
eseguita con un angolo di scrittura diverso da quello della capitale e con diverso orientamento dei tratti piani, con
forme diverse dalla capitale. Fra III e V secolo la produzione di libri in minuscola, in forma di rotolo prima, ma
soprattutto in forma di codice (su papiro e su pergamena) dovette essere gradatamente sempre pi ampia e diffusa.
ce ne rimangono numerosi esempi, tutti appartenenti allambito usuale e scolastico, contenenti testi di carattere
giuridico, autori di scuola (Virgilio), glossari o anche testi cristiani. Si tratta di un tipo di scrittura definito
comunemente minuscola antica o primitiva, privo di una propria precisa tipizzazione; se ne conosce anche un tipo
obliquo, fortemente inclinato a destra, probabilmente influenzato da scritture greche coeve. [A. Petrucci]

6. LA SCRITTURA ONCIALE

IV SEC IX

Lonciale una scrittura libraria maiuscola dalle forme rotonde che fu in uso dal secolo IV al IX. Il significato
della parola onciale come attributo di scrittura non stato spiegato con certezza: si trova per la prima volta
in S. Girolamo, nel prologo al libro di Giobbe, dove -probabilmente- egli intendeva contrapporre ai codici di
lusso, scritti a uncialibus (caratteri grandi, da uncia), le sue schede modeste, forse scritte in minuscola
corsiva. Si tratta per di un fraintendimento: Girolamo si riferiva in realt alle lettere della capitale libraria.
Sulla formazione dellonciale si sono avute varie ipotesi: alcuni si sono limitati a dichiarare che lalfabeto
onciale sarebbe una modificazione di quello capitale con forme rotonde, derivate dalla corsiva; altri lhanno
considerato come compromesso tra la capitale libraria e la corsiva; il Traube spiegava lapparizione
dellonciale nel IV secolo mettendola in relazione con le prime traduzioni latine della Bibbia, condotte sul
testo greco, scritti in onciale greca; Lo Schiaparelli trovava questa teoria troppo assoluta, perch le lettere
caratteristiche dellonciale compaiono gi prima della scrittura onciale (secoli I e II).
Nel III secolo si hanno scritture con alfabeto misto tra la minuscola e la maiuscola, che gli studiosi sono
incerti nel definire e che lo Schiaparelli considera onciale arcaico e semionciale arcaico (a seconda della
25

prevalenza di maiuscole o minuscole) da cui poi, per intervento di un fatto determinante (lespansione
romana nel mondo greco e lincontro con le due culture [Schiaparelli], il nuovo uso collettivo di tenere il
foglio inclinato a sinistra invece che diritto[Mallon], la sostituzione del papiro con la pergamena e del
calamo con la penna di volatile [Battelli]) si sarebbe passati alla nuova forma di scrittura.
Quale che siano le cause della sua formazione, lonciale compare nel IV secolo come scrittura libraria gi
perfetta, accanto alla capitale rustica e ai rari esempi di elegante; in seguito diviene la scrittura pi
usata nei codici fino a tutto il secolo VIII, sostituendosi quasi del tutto alla capitale.
Essa caratterizzata dal tratteggiamento calligrafico e dalle forme rotonde; le lettere caratteristiche sono
A

Notevole il tratteggio minuscolo di h, p, u, q; particolare il tratteggio di G riccioluta e caudata, di T con asta


tondeggiante, U curva nellasta di sinistra.
Le abbreviazioni sono rare e sono le stesse della capitale (sigle, troncamenti e contrazioni); nei testi cristiani
si hanno pure i nomina sacra; i nessi sono molto rari e in genere solo in fine riga.
In epoca tardo-antica i maggiori centri di produzione di codici in onciale furono in Africa e in Italia. Tra la
fine del V secolo e gli inizi del secolo seguente si provoc un mutamento di stile (Lowe contrappose un old
style ad un new style) per il quale: acquist un notevole irrigidimento in senso geometrico delle forme; il
tratteggio si rinforz e si spezz, accentuando il contrasto tra pieni e filetti; le aste tesero a fuoriuscire
dalloriginario modulo bilineare; nella B locchiello superiore piccolo e linferiore grande; nella E il
trattino intermedio posto generalmente in alto si posiziona al centro; nella L la base molto piccola;
comparvero trattini, forcellature e triangoletti ornamentali al termine delle aste orizzontali e verticali di
alcune lettere.
Fra VI e VII secolo il maggior centro di produzione di codici in onciale fu Roma, ove intorno a Gregorio
Magno si svilupp un centro scrittorio assai attivo. Lonciale romana era caratterizzata da: forme
schiacciate; trattini ricurvi di completamento al termine delle aste orizzontali; d con asta praticamente
orizzontale; frequenti nessi e u triangolare spostata in fine di rigo nellinterlineo (dopo q). Essa, utilizzata
fino al IX secolo, influenz lonciale prodotta in Inghilterra fra VII e VIII secolo (di cui il massimo prodotto fu
la monumentale Bibbia Amiatina) e lonciale prodotta alla corte carolina (fine VIII, inizio IX secolo).
Chatelain fiss le caratteristiche dei codici onciali per ciascun secolo, dal V allVIII:
Secolo V

Secolo VI
L
P
R
F,T
M
N

Termina senza coda


Pancia piccola aperta
Pancia piccola
Molto strette
Formata da due semicerchi
In tre linee senza ornamenti

Pergamena sottile,
Numerazione sul verso ultimo foglio.

F, L, T Occupano maggiore spazio


F
Seconda linea come la prima
L
Talvolta con piccola coda
P, R
Pancia pi grande ma non chiusa
N
Ha un ornamento sullultima gamba
Pergamena sottile, numerazione come precedente,
Compendi DMN in oro nei codici di lusso, in codici comuni
Sostituiti da DNS, DNI, DNO (abbrev. normale da ora)

26

Secolo VII

Secolo VIII

H, L Hanno lineetta su aste


L
Con coda sviluppata
N
Linea su prima gamba .
P
Chiusa (rara aperta)
R
Pancia maggiore
T
Testa >, inclinata a dx
Pergamena per lo pi pesante,
numerazione in alcuni casi centrale in basso

7. LA SCRITTURA SEMIONCIALE

H, L
R
M
N

Lineette su aste sono pi grandi


Pancia oltrepassa la met dellasta
1 semicerc. chiuso, linea centrale
Somiglia ad una H capitale

Numerazione dei quinterni in basso al centro,


nel tempo carolino un ritorno a forme eleganti (onciale di
imitazione)

V SEC VIII SEC

Tra la fine del V secolo e linizio del VI la produzione di libri in minuscola antica, fino ad allora rimasta
relegata a livello scolastico o privato, in esempi di fattura trascurata e in tipizzazioni ricche di legamenti ed
elementi corsivi, pass a veri e propri centri scrittori, in massima parte ecclesiastici; in essi la minuscola
libraria acquist caratteristiche diverse da quelle del periodo precedente: irrigidimento del disegno,
appesantimento del tratteggio, verticalizzazione dei tratti, arrotondamento e schiacciamento degli occhielli,
accorciamento delle aste, limitazione dei legamenti corsivi.
Per distinguere questa minuscola da quella precedente continua ad essere adoperato il termine
semionciale, ma si tenga presente che non esiste nessun diretto rapporto genetico con lonciale (termine
medievale per questa tipologia grafica era litterae affricanae o litterae tunsae).
Lettere caratteristiche sono considerate la
a aperta
la g
la r
(ma si tratta in realt di forme gi note nella corsiva e nellusuale).
Le abbreviazioni sono quelle della capitale, con laggiunta dei nomina sacra e delle notae iuris; le lettere
sono unite tra loro pi spesso che nellonciale, e specialmente formano legatura le aste trasversali di e, f, g,
l, r, t.
Nelle forme si nota una evoluzione che permette di distinguere quattro periodi nello svolgimento della
scrittura: periodo di formazione (prima del V secolo); periodo della perfezione (sec. V-VI); inizio della
decadenza (sec. VII) e prima decadenza (sec. VIII).
La semionciale fu adoperata per trasmettere non tanto testi sacri o liturgici (per i quali si preferiva
lonciale), ma testi di studio e lettura in uso nelle comunit e nelle scuole religiose: Padri della Chiesa, autori
cristiani, raccolte canonistiche. Essa, che nellAlto Medioevo non raggiunse mai una vera e propria
canonizzazione, venne largamente impiegata in tutta Europa nel corso del secolo VII per poi rinascere come
fenomeno imitativo nello scrittorio carolingio di S. Martino di Tours, in pochi elegantissimi esempi, tra VIII e
IX secolo.
Secolo VI
Sec. V
a
b,d,h,l
e
p, q
n
q

Pi piccola di altre lett., obliqua


Hanno asta senza ornamenti
Conserva forma onciale
Coda semplice, senza trattini
Maiuscola, prima gamba lunga
Pancia pi larga che alta

li spesso in legatura,
numerazione e pergamena uguale allonciale

e Occupano maggiore spazio


g Seconda linea come la prima
n Talvolta con piccola coda
m Pancia pi grande ma non chiusa
t Ha un ornamento sullultima gamba
li non forma legamento
Il segno abbreviativo per m e n solo in fine riga, posto sopra
la vocale

27

Sec. VII

Sec. VIII

m
La gamba centrale poggia su trattino
t
Lasta verticale termina diritta
Le aste ascendenti e discendenti hanno pi spesso
trattini ornamentali, si nota grande scorrettezza nelle
forme latine: spesso e invece di i, o invece di u.

b,d,l,p,q
Tratto ornamentale su asta
m
Con coda sviluppata
u
Linea su prima gamba .
Lineetta abbreviativa anche allinterno della riga,
abbreviazioni rare, ortografia ancora buona

8. LA SCRITTURA MINUSCOLA CORSIVA (CORSIVA ROMANA NUOVA )

III SEC VIII SEC

Il processo di minuscolarizzazione, affermatosi fra il II e III secolo nelle scritture usuali e in campo librario
si trasfer, nello stesso III secolo, anche alle scritture documentarie e amministrative; dopo un periodo di
trasformazione lungo e graduale la capitale corsiva o corsiva antica venne sostituita nelluso privato, negli
uffici dellimpero, nelle cancellerie dalla minuscola corsiva o corsiva nuova.
Caratteristiche di questa tipologia grafica sono:
- lassenza di chiaroscuro nel tratteggio (dovuto allutilizzo di un calamo a punta dura (pi tardi
penna);
- la corsivit del tratteggio, che genera frequentissime legature;
- i mutamenti morfologici di numerose lettere dovuti al meccanismo delle legature, che provocano
sia lunione di tratti di lettere diverse, sia la separazione di tratti della stessa lettera;
- il modulo diverso che le medesime lettere assumono alzandosi sul rigo o abbassandosi al di sotto di
esso;
Frequentissime le legature, prevalentemente con le lettere a, c, d, e, f, g, i e t.
am

ear

ap

at

ed

et

ge

ti

as

tc

es

etu

ta

Con il IV V secolo la diffusione della nuova corsiva e la sua tipizzazione si accentuano, mentre con il V
secolo essa diventa lunica scrittura corsiva del mondo romano, acquistando nuove caratteristiche: si fa pi
alta e stretta, sinclina decisamente a destra.
Esempio di scrittura corsiva nuova il papiro riportante una lettera di raccomandazione del IV secolo,
TAVOLA 7 in basso a destra, .
Essa continua ad essere adoperata come scrittura della documentazione privata pure nellAlto Medioevo,
anche se con la met del VII secolo mostra un notevole irrigidimento delle forme, un certo disordine
nellallineamento e una notevole irregolarit nelluso delle legature (molto caratteristica di questo periodo
la e tracciata in un solo tempo simile ad un 8).

*Non affrontiamo le seguenti esperienze grafiche:


L ET DEL PARTICOLARISMO GRAFICO
- LA SCRITTURA DELL ITALIA SETTENTRIONALE E CENTRALE : LA PRECAROLINA ITALIANA
- LA SCRITTURA DELL ITALIA MERIDIONALE : LA BENEVENTANA
- LA SCRITTURA DELLA SPAGNA : LA VISIGOTICA
- LA SCRITTURA DELLA FRANCIA E DELLA GERMANIA; LA MEROVINGICA E LE PRECAROLINE
- LA SCRITTURA DELLA GRAN BRETAGNA E DELL IRLANDA : LINSULARE
28

PARTE SECONDA - II:


ESPERIENZE GRAFICHE:
CENTRI DI CULTURA MEDIEVALE - SEC. IX/XIV
Nella seconda met dellVIII secolo il processo di frantumazione e di diversificazione delle forme grafiche
era ormai lo specchio di una pi profonda e sostanziale differenziazione che divideva fra loro regioni,
ambienti culturali, aree geopolitiche dellEuropa altomedievale. La degenerazione del processo di
frantumazione e di diversificazione delle forme grafiche fu evitato dalla nascita e dalla progressiva
diffusione della scrittura che pu considerarsi lespressione grafica della cultura universalistica dellImpero
carolingio e non demerita perci il nome di minuscola carolina.
9. LA MINUSCOLA CAROLINA

IX SEC XII SECOLO

Si tratta di una scrittura minuscola rotonda nelle forme, semplice ed equilibrata nel disegno (basata su un
armonioso rapporto tra corpo delle lettere ed aste, fra sviluppo orizzontale degli occhielli e sviluppo
verticale dei tratti alti), ariosa con netta separazione tra lettere pi che tra parole), quasi priva di legamenti
e di abbreviazioni.
Il problema dellorigine di questa scrittura fu posto a met del XIX secolo da Leopold Delisle, codicologo e
paleografo francese, quando individu nello scrittorio del monastero di S. Martino di Tours, diretto da
Alcuino, il centro creatore della minuscola carolina, sulla base di modelli semionciali; tutta opposta la tesi
dei paleografi italiani Giorgi e Federici, secondo i quali la nuova scrittura sarebbe stata elaborata a Roma e
quindi, con i codici da l importati in Francia al tempo di Pipino e Carlo Magno, sarebbe arrivata in quella
regione (tesi smantellata dal Traube). Schiaparelli sostenne la tesi dellorigine poligenetica, ipotizzando pi
tipi di minuscola confluite poi nella carolina tipicizzata (tesi a lungo sostenuta, anche nella manualistica,
vedi Battelli).
Allo stato attuale delle ricerche si sostiene che le origini della minuscola carolina vadano individuate in un
complesso movimento di allargamento dellistruzione a tutti i livelli e di aumento della produzione del libro,
verificatosi fra seconda met dellVIII secolo e primi secoli del secolo seguente. Il superamento del
particolarismo grafico altomedievale, sia nella produzione libraria, sia in quella documentaria era
evidentemente unesigenza generale non trascurabile in una visione unitaria dellattivit culturale e politica
dellImpero. E lo strumento della riunificazione grafica fu trovato nella minuscola antica, tramandata dai
codici del IV-V secolo, che proprio i dotti carolingi fecero trascrivere in gran numero.
Comunque si voglia risolvere il problema delle origini della nuova minuscola, occorre tener presenti tre
fatti incontrovertibili:
1. che la nascita e le prime manifestazioni della nuova minuscola non costituiscono lunica creazione
grafica dellepoca carolingia, che ne conta altre e cospicue, come la capitale, lonciale, e la
semionciale di imitazione;
2. che in epoca carolingia nella produzione libraria si impose di nuovo un ordinato sistema gerarchico
dei diversi tipi di scrittura, ispirato allimitazione dei modelli manoscritti ed epigrafici tardo antichi;
3. che, mentre per la nuova minuscola si deve presupporre unorigine poligenetica, i fenomeni
imitativi di maggiore impegno nacquero sicuramente e direttamente nellambiente della corte
imperiale e in quello del monastero di S. Martino di Tours (essi, per la difficolt esecutiva,
godettero di scarsissima diffusione e vita breve).
29

Il fenomeno di rinascita per imitazione consapevole di tutti i tipi tardo-antichi di scrittura libraria pu essere
definito rinascenza grafica carolingia (nel senso per di revival stilistico di carattere puramente
antiquario limitato a pochi centri ed ambienti); la capitale adoperata con eccezionale eleganza nei
manoscritti carolingi fu reinventata, secondo una testimonianza di Lupo di Ferrires, da un certo
Bertcaudo; i migliori esempi di onciale di imitazione provengono dal centro scrittorio palatino di corte, la
semionciale pi organica fu quella del centro scrittorio di S. Martino di Tours.
Lalfabeto ha forme regolari e costanti; le lettere sono tutte minuscole ad eccezione di N, che nei primi
tempi pu essere maiuscola. Ogni lettera sta isolata, rare sono le legature che modificano in parte la forma
alfabetica fondamentale, derivate dalla corsiva o dallonciale
ct

et

nt

rt

st

Le abbreviazioni, pure rare in principio, divengono pi frequenti col secolo XI. A poco a poco si afferma la
tendenza a dividere le parole. Nello sviluppo delle forme si suole distinguere secondo i secoli:
sec. VIII ex.- IX
TAVOLA IX

Caratterizzata da semplicit e regolarit del tratteggiamento; influenze di forme corsive


nella a (onciale con tratto dx obliquo / corsiva aperta) e in alcune legature (et, ct, rt, st)
N
Spesso in forma maiuscola; con la met del IX solo se in fine riga;
g
Ha locchiello inferiore aperto;
b,d,l,h Le aste alte nella parte superiore sono a forma di fuso (raddopp. del tratto);
m,n,i,u Aste semplici, senza trattini iniziali e finali;
m,n
Spesso lultima gamba ripiega in dentro;
Fino a met IX si pu trovare come segno abbreviativo il segno di us con significato
generico us/-ur, successivamente si hanno segni distinti;
Nel secolo IX, accanto a manoscritti modesti duso comune troviamo esemplari di lusso
anche in pergamena purpurea a lettere doro;

Nei primi decenni del secolo IX la nuova minuscola carolina si diffuse a tutti gli scrittorii della Francia, della
Germania renana e meridionale, dellItalia settentrionale e centrale. Il risultato costituito da un gran
numero di variet particolari, dalle quali si distaccano prepotentemente i tipi elaborati dai grandi centri
carolingi, che producono, sin verso la fine del secolo IX un notevolissimo numero di codici di lusso, scritti e
miniati con grande accuratezza.
Sec. X

La fattura dei codici rispecchia le tristi condizioni economiche e politiche del tempo;
scrittura meno elegante e lettere meno regolari; rari gli elementi corsivi;
a
Aperta diviene duso eccezionale;
g
Generalmente chiusa;

Frequentemente usato al posto del dittongo ae;


Scompare lingrossamento superiore delle aste alte, che spesso cede il posto ad un
piccolo uncino verso sinistra;

30

Sec. XI
TAVOLA XI

Sec. XII
TAVOLA XII

TAVOLA XIII

Le lettere sono pi dritte, in modo particolare tende a raddrizzarsi il tratto destro della a
Sono rari gli elementi corsivi, non si trova mai la a aperta e rare sono le legature.
Il tratteggio tende a forme diritte, quasi angolose.
Le parole sono ben divise e si usa la lineetta per segnalare la prosecuzione a capo.
s
Rotonda in fine di parola
l, n, m, p, u
Lo spunto iniziale da luogo ad una lineetta

Diventa pi frequente di ae; spesso usata al posto della e semplice

Il processo iniziato nel secolo precedente porta ad un maggior sviluppo dei trattini
allinizio e alla fine delle aste basse e ad una esecuzione pi acuta dei tratti acuti.
Le aste hanno in alto una lineetta o una apertura a forcella.

Negli ultimi due decenni del secolo sostituisce la z


Ae
Di uso sempre pi raro
e/
Usati indistintamente
Ii
Si aggiungono i segni diacritici per distinguerla dalla u
Le abbreviazioni divengono pi frequenti, la scrittura acquista un aspetto particolare,
tanto che alla fine del secolo si pu gi chiamare gotica.

La minuscola carolina, sorta come scrittura libraria, fu usata anche nei documenti imperiali, specialmente
nelle regioni dove non sopravvivevano le antiche forme della minuscola corsiva o delle scritture curiali.
Con Ludovico il Pio abbiamo la forte presenza di questa tipologia grafica conciliata con (o al posto della)
merovingica tradizionale: il compromesso tra merovingica e carolina divenne, dal IX secolo, norma nelle
cancellerie per la scrittura del testo dei diplomi (mentre la recognitio e la subscriptio presentano tipologie
allungate e stilizzate e la datazione si trova in minuscola carolina vera e propria)
Dalla carolina deriv la minuscola diplomatica (sec. IX-XII) dei diplomi imperiali, reali e signorili (dei privilegi
papali dal sec. XI) con modificazioni dovute al particolare uso diplomatico (aste superiori curvate e
allungate, le curve superiori di f e s sempre pi tendenti a formare occhielli, la a corsiva, la c crestata, la
sostituzione di un nodulo alla lineetta segno abbreviativo generale.
Esempio di scrittura derivata dalla minuscola diplomatica la cosiddetta miniuscola papale riportata in
TAVOLA XV, con la bolla di Eugenio III datata 1145
Nei secoli XI e XII la minuscola diplomatica si irrigid, accostandosi sempre pi alla scrittura libraria, ma, allo
stesso tempo, radicalizzando gli elementi tipicamente cancellereschi (fiocchetti, angolature negli svolazzi
delle aste ascendenti,).
Nei documenti privati essa conserv i suoi caratteri tipici della scrittura libraria, senza dar luogo ad un tipo
corsivo: solo il tratteggiamento pi libero e le lettere hanno forme meno regolari.
Esempio ne sono i documenti di San Gallo, come visibile nella TAVOLA XIV, datati IX-X secolo.

10. LA SCRITTURA GOTICA

XI SEC XIV SEC

Con la seconda met del XI secolo comincia ad affermarsi, soprattutto in Francia, Inghilterra e Germania,
luso di un nuovo strumento scrittorio, la penna animale con taglio obliquo a sinistra, che muta
radicalmente il tratteggio della scrittura, rendendo il chiaroscuro non pi fluido e continuo, ma come diviso
in brevi tratti, tracciati luno di seguito agli altri e animato da un notevole contrasto tra tratti grossi e tratti
sottili (obliqui).
31

Luso di questo nuovo strumento riconoscibile dallattacco delle aste in alto, di solito tagliato
obliquamente verso sinistra (a meno che non sia stato falsato dal ritocco), sia dallo spessore del tratto
orizzontale della t, non inferiore a quello massimo dei tratti verticali, o da quello della nota tironiana et, ove
il contrasto fra tratto orizzontale e tratto obliquo evidente.
Altra conseguenza dellutilizzo di questo strumento la tendenza delle curve a diminuire rapidamente di
spessore e a spezzarsi in veri e propri angoli acuti alla congiunzione dei tratti che la formano.
Alla nascita di uno stile grafico, diverso dal precedente, come fu il gotico, cui si accompagn un nuovo tipo
di produzione libraria, un nuovo modo di leggere e di studiare, non contribu solo un fattore tecnico , come
ladozione di un nuovo strumento scrittorio, bens altri e diversi fattori.
Lultimo periodo di svolgimento della minuscola carolina (quello da alcuni definito minuscola di
transizione) caratterizzato, oltre che dallaffermarsi di alcune forme grafiche leggermente differenti da
quelle precedenti, da una tendenza diffusa a un tratteggio calligrafico che amava marcare particolarmente
il contrasto fra i tratti grossi discendenti delle singole lettere e i tratti fini ascendenti. Graficamente
parlando, il punto critico di questo tratteggio era rappresentato dai tratti curvi, dove il passaggio tra i due
tipi di tratti era graduale; si rendeva dunque necessario tracciare gli archi non pi rotondi e fluenti, ma
angolosi e acuti. Quando questa tendenza (che presuppone il passaggio dal foglio obliquo rispetto alla
penna al foglio verticale) si completamente svolta (il che avviene in Francia nord-orientale), si formata
una nuova scrittura. [Cencetti]
Lesigenza di individuare bene le singole parole, laffermarsi (nel XII e XIII secolo) di un tipo di libro utilizzato
nelle scuole e poi nelle Universit, che comport una nuova impaginazione, luso di marcatori di paragrafi e
di lettere rubricate, luso fitto di abbreviazioni e il maggiore sfruttamento della pagina con la doppia
colonna, fitta e in uno specchio di scrittura maggiore, sono fattori che sempre hanno agito insieme e
uniformemente in tuttEuropa (onde diversi tipi di gotica e sopravvivenza di minuscola carolina in Italia
centrale e beneventana in Italia meridionale), ma che arricchiscono il panorama delle motivazioni che
portarono allaffermarsi di questa nuova tipologia grafica.
Il termine gotica, utilizzato dagli umanisti, non ha alcuna relazione con i Goti: equivale a barbara, in
quanto lantiqua era ritenuta romana (da notare il parallelismo tra il nome della scrittura e quello
dellarchitettura che si svilupp nello stesso periodo).
La gotica libraria
I primi esempi risalgono alla fine del XI secolo, anche se questa tipologia grafica si afferma e diffonde in
Europa durante il secolo XII, raggiunge let della perfezione nel XIII secolo e viene usata dal mondo latino
fino al XVI, realizzando di nuovo lunit grafica che si era perduta con il sorgere dei regni romano-barbarici.
Nel secolo XV gli umanisti riportarono in uso la minuscola dellXI, ma la gotica rimase nei libri liturgici,
soprattutto corali, per tutto il secolo successivo. In Germania, dove non fu accolta la riforma umanistica, ha
proseguito la sua evoluzione naturale fino ai giorni nostri, in modo che la scrittura tedesca moderna
lultimo sviluppo della minuscola corsiva di et gotica.
La principale caratteristica della gotica consiste nella tendenza al tratteggio ad angolo dei tratti rotondi e ad
una scrittura serrata. I trattini iniziali delle aste acquistano lineette sottili che divengono parte integrante
delle lettere, dando luogo ad un forte contrasto tra i tratti grossi e quelli fini.

a
d
i

Secolo XIII
Acquista un piccolo cappello
Compare rotonda oltre alla forma diritta
Ha il trattino diacritico anche se isolata
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Secolo XIV
Spesso del tutto chiusa nella parte superiore
La forma rotonda prende il sopravvento
Comincia ad apparire il puntino invece della linea

r
s
t
u (rotonda)
z
bo, be, do,
oc,
st, ct
q2

Ha due forme: dritta e a due dopo una lettera a tratto curvo


Torna in uso la s tonda di derivazione maiuscola, specie al termine di parole
Lasta verticale sorpassa il tratto orizzontale, che molto piccolo e tendente a dx (come la c)
Pu avere forma di v in principio di parola
Talvolta assume forma particolare: 1 tr. ad arco, 2 lineetta obliqua, 3 arco (inverso al 1)
Spesso i tratti ricurvi di due lettere vicine sono tanto accostati da sovrapporsi
Legature di derivazione minuscola sono ancora presenti come et e cum/con tachigrafico
Frequentissimo per quia
Nei titoli, che nelle scritture precedenti erano in capitale e onciale si usa un alfabeto
maiuscolo gotico, formato da uno sviluppo esagerato delle forme onciali con curve,
rigonfiamenti, raddoppiamenti di tratti e linee ornamentali.

Il massimo sviluppo degli elementi calligrafici si ebbe nei manoscritti liturgici, e in genere nei codici solenni
o di lusso, che hanno lettere molto grandi e una regolarit molto geometrica (lettera di messale, lettre de
forme, textura). Forme meno solenni si ebbero nei codici pi comuni, con tutta una gradazione di tipi
differenziati da nazione a nazione.
Gotica rotunda
In Italia, nel corso del XII secolo si era formata una carolina tarda, larga e rotonda, di grande formato, la
quale influenz le prime forme di gotico italiano. Differenziata la storia dellintroduzione del gotico nelle
regioni italiane: un accenno meritano le zone meridionali caratterizzate dalla tipologia grafica pre-carolina
beneventana: furono in larga parte Cistercensi, subentrati ai Benedettini nella reggenza di importanti
monasteri, a trascrivere in gotica libraria i testi in beneventana.
Per quanto differenziata sia la sua origine, vero per che nel XIII secolo le regioni centrali della Penisola
elaborarono un tipo di gotica che ebbe grande fortuna e si diffuse rapidamente: la gotica rotunda, larga,
con lettere schiacciate e tonde, pochissimo alte sul rigo, spaziosa, con poche spezzature, simile alla littera
bononiensis (vedi sotto).
Esempio ne la TAVOLA 5.
Ebbe larga diffusione nei manoscritti liturgici e ricevette il nome di corale.
Libro universitario e litterae scholasticae
Il secolo XII e il seguente furono il periodo di sviluppo della istituzione universitaria in Europa e del nascere
di una cultura diversa dalla precedente, direttamente legata alle vicende delle grandi citt in cui le singole
universit trovavano sede (spesso trasformando precedenti scuole religiose, come a Parigi).
Luniformit di indirizzo che presero i diversi insegnamenti, linternazionalismo degli studenti e la loro
mobilit, lo scambio frequente di insegnanti da centro a centro, portarono con s anche un grande bisogno
di libri e un forte aumento della produzione scrittoria ovunque: si pensi che in Inghilterra nel 1066 cerano
non pi di 35 monasteri, mentre nel 1200 oltre 500, e che ognuno di essi aveva bisogno di libri per uso
liturgico, per la lettura e la scuola.
Ben presto le universit intervennero a regolare i rapporti tra committenti e scrittori, soprattutto nei centri
maggiori. Parigi e Bologna, gi a met Duecento, elaborarono il sistema incentrato sulla pecia: una serie
di copie ufficiali dei singoli testi (exemplar), sottoposte a periodico controllo, erano depositate presso gli
stationarii (cartolarii produttori di pergamene e librai con botteghe) ufficiali della singola universit; tali
esemplari, conservati in fascicoli sciolti (pecie) erano affittati, secondo prezzi fissi, agli scrittori, in buona
parte laici, studenti e anche donne; i fascicoli stessi servivano da unit di misura per il compenso.
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Gli scribi che operavano presso le universit, al servizio diretto degli stationarii, lavoravano in condizioni
assai disagevoli ed era loro proibito riunirsi in corporazione, perci essi non formavano centri scrittori veri e
propri. Eppure a Bologna e Parigi essi diedero vita a particolari tipizzazioni della gotica libraria e soprattutto
un tipo di libro (con margini ampi per le glosse, precise partizioni delle frasi, iniziali rubricate, segni di
paragrafo, sistemi sintetici di citazione).
Delle litterae scholasticae individuate dal paleografo Destrez (bononiensis, parisiensis, oxoniensis e
neapolitana), soltanto le litterae bononiensis e parisiensis rappresentavano caratteristiche grafiche
specifiche.
- Littera bononiensis: sviluppatasi dalla scrittura notarile locale tra il XII e il XIII secolo, non molto
diversa dalla gotica libraria italiana rotunda, di cui ripete i singoli segni alfabetici, ma pi
economica, pi pigiata, le aste sono pi corte, le interlinee ridotte, i tratti obliqui appena visibili (la
e si distingue a stento dalla c), le parole sono separate male e lassenza di zoccolo alla base rende le
lettere indipendenti luna dallaltra.
Tipica dei testi giuridici, fu largamente adoperata fra XIII e XIV secolo anche a Padova, e nel Regno
di Napoli. Caratteristico luso frequente del segno tachigrafico a c rovescia per con/cum, la
riduzione a quadrangolo del segno abbreviativo e il rispetto delle prime due leggi del Meyer (r in
forma di 2 dopo lettera curva; sovrapposizione di tratti curvi).
- Littera parisiensis: pi piccola, irregolare e apparentemente disordinata della bononiensis, risulta
pi leggibile perch lirregolarit rende pi leggibili segni, parti del discorso, righe; pi angolare,
meno rotondeggiante, il tratteggio pesante e fortemente contrastato, la nota tironiana per et
attraversata da una lineetta. Usata, non solo per testi universitari, nel XIII e XIV secolo.
Non si hanno elementi per distinguere la littera oxoniensis dalla gotica libraria inglese (alta, serrata, rigida
nel tratteggio) e ancor meno siamo informati sulle caratteristiche dei manoscritti napoletani
(probabilmente influenzati dalla scuola medica salernitana).
Uno dei fenomeni che pu essere ricondotto al fervore di produzione di testi caratterizzato dalla nuova
cultura universitaria quello costituito dallaffermarsi, presso gli intellettuali bassomedievali, della prassi
di scrivere di propria mano le proprie opere, dalla minuta fino alla stesura definitiva (nellAntichit e nel
Medioevo un autore componeva di regola dettando e non scrivendo).
Gotica documentaria (corsiva)
La spezzatura delle curve e la loro riduzione ad angoli acuti diede luogo a forme grafiche impossibili ad
essere adottate altrove che nei libri; questa sar la causa del nuovo divorzio tra scritture documentarie e
scritture librarie. Dora in poi le tendenze corsive e cancelleresche avranno libero gioco nel foggiare a loro
modo la minuscola di transizione dalla quale si era distaccata la gotica.
La gotica corsiva non rappresenta quindi levoluzione delle forme corsive precedenti, ma deriva dalla
minuscola carolina al pari della gotica libraria, da cui si differenzia nettamente per il tratteggiamento facile
e spontaneo.
Fra il X e il XII secolo laffermazione della carolina diplomatica comport una netta e improvvisa rinuncia
alla corsivit, irrigidita a partire dal secolo XI dallutilizzo della penna a punta mozza anche fra i notai e i
cancellieri (che rendeva difficoltosa lesecuzione di ponti di congiunzione tra le lettere). La scomparsa di
una scrittura corsiva comport unanalogia strettissima tra scrittura dei libri e scrittura documentaria.
Eppure la diffusione del notariato ad ogni nazione europea, luso abbondante di scrittura anche a livello
privato imposto dallo sviluppo mercantile e artigianale, laffermarsi di narrazioni poetiche in volgare,
34

furono tutti fattori che concorsero fra XII e XIII secolo a proporre i termini per la formazione di una nuova
scrittura corsiva.
Alla base della nascita della nuova corsiva furono alcuni elementi, che si ritrovano allinizio del XIII secolo in
tutte le regioni dEuropa occidentale:
- Lesistenza di un sistema grafico uniforme che diffondeva modelli grafici analoghi a tutti i livelli
(minuscola carolina):
- Un sistema di insegnamento militare sufficientemente uniforme;
- Ladozione di una penna tagliata centralmente (e non mozza a sinistra) e perci morbida nel tratto;
- Linvenzione di un nuovo modo di eseguire i legamenti fra lettera e lettera, procedendo con
movimento sinistrogiro (antiorario) e non destrogiro della mano.
Cancelleresca italiana
Nel corso del Due-Trecento la diffusione della scrittura raggiunse livelli assai notevoli nelle regioni italiane
centro-settentrionali, che erano non soltanto le pi colte, ma anche le pi ricche dal punto di vista
economico. Nelle grandi citt (Firenze, Bologna, Siena) la conoscenza della scrittura, almeno nei suoi primi
rudimenti, divenne comune anche negli strati medi ed inferiori della popolazione, coinvolgendo artigiani,
mercanti, bottegai e donne; si ripeteva cos, dopo pi di un millennio, un fenomeno che era stato tipico del
II secolo. La diffusione capillare della scrittura fu dovuta, nellet comunale come sotto gli Antonini, ad un
sistema di istruzione elementare pi largamente esteso e pi economico che non per il passato (anche se
di natura ancora privata).
La scrittura corsiva formatasi nel corso della prima met del secolo XIII divenne la scrittura comune alla
maggior parte degli Italiani scriventi. Poich fu anzitutto adoperata nelle cancellerie, da quella pontificia a
quelle signorili a quelle dei maggiori o minori comuni, fino alla regia di Napoli, stata definita minuscola
cancelleresca italiana. Occorre per tener presente che essa fu anche e soprattutto la scrittura delluso,
della pratica documentaria notarile (ecco perch quando meno curata possiamo chiamarla minuscola
notarile), e anche di un certo tipo di produzione libraria.
Le caratteristiche principali della minuscola cancelleresca sono relativamente uniformi su tutto il territorio
italiano (escluso il Piemonte, dove si usa la bastarda francese), anche se nellItalia settentrionale
linfluenza franco-tedesca si fece sentire pure in pieno Trecento, con una decisa accentuazione del
contrasto dei tratti ed un forte chiaroscuro; inoltre, nelluso privato si possono avere accentuazioni notevoli
della corsivit, mentre, quando trasferita nelluso librario, una evidente pesantezza del tratto e la
calligrafizzazione delle forme
La minuscola cancelleresca caratterizzata dalla rotondit del corpo delle lettere, dal tratteggio fluido, dal
raddoppiamento delle aste (di f e s), dal tratto corsivo, dai legamenti sinistrogiri, dalluso di svolazzi (a
proboscide nel caso delle aste discendenti sotto il rigo), code ornamentali, bandiere di forma triangolare
a completamento delle aste (di b e d), dallestensione notevole e dalla forma ricurva del segno
abbreviativo.
Criteri di datazione della scrittura possono essere: le evoluzioni dellocchiello della d, negli esempi
duecenteschi aperto, che si chiude soltanto verso la fine del secolo; la forma della g, che rimane duplice, e
cio testuale chiusa e corsiva aperta, sino alla met circa del Trecento, per comparire poi soltanto nella
forma corsiva aperta; la natura del tratteggio, che con la fine del Trecento si fa pi angoloso.
La minuscola cancelleresca divenne anche scrittura libraria (XIV secolo), ed in particolare la scrittura per
eccellenza di quei testi che non appartenevano n alla cultura ecclesiastica, n a quella universitaria (che si
servivano della gotica libraria), cio di quei testi in volgare costituiti da volgarizzamenti, operette ascetiche
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e devozionali, raccolte di proverbi e di prediche, ricettari, bestiari, cronache cittadine, componimenti


poetici (scrittura di Cola di Rienzo, Coluccio Salutati, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio); fu la
scrittura mediante la quale furono copiati e diffusi, tra la fine del Duecento e il Trecento, i nostri pi antichi
testi letterari, anche perch la pi antica tradizione di questi testi si form prevalentemente in Toscana.
Nelluso librario la minuscola acquist caratteri di eleganza e accuratezza (tratteggio sottile, moderato uso
di svolazzi e code, regolare spaziatura): esempio di particolare eleganza nella fattura di libri volgari e nella
costruzione di una minuscola cancelleresca di rara armonia sono i due codici danteschi firmati dal notaio
fiorentino della prima met del Trecento, ser Francesco di ser Nardo da Barberino. Complessivamente fra il
1330 e il 1376 si hanno oltre quaranta manoscritti di Dante in minuscola cancelleresca, provenienti
prevalentemente dalla Toscana.
Mercantesca
Fra Duecento e Trecento limpetuoso sviluppo di attivit artigianali, mercantili, bancarie che
caratterizzavano la vita economica dei maggiori centri urbani dellItalia centrosettentrionale mise quella
parte della borghesia cittadina che era impegnata con funzioni imprenditoriali in queste attivit di fronte
alla necessit di provvedersi di un sempre pi vasto e vario corredo di documentazioni scritte (libri mastri
dei conti, inventari, lettere distruzione e di cambio). Non era possibile n pratico rivolgersi per tutto questo
ai notai privati o a quelli cittadini (che scrivevano in latine e pretendevano laute parcelle). Di qui nasceva la
necessit di scuole particolari, di carattere tecnico-professionale, che costituivano un livello di studio
separato dagli altri (elementare e superiore) esistenti: era abbastanza naturale che in scuole di questo tipo
venisse sviluppata e insegnata una scrittura anchessa separata, propria di una categoria professionale: la
mercantesca (dapprima a Firenze, poi in Toscana e infine in tutta Italia).
La mercantesca era una scrittura corsiva, tracciata con penna a taglio tondo pi o meno largo, che dava un
tratteggio piuttosto largo, uniforme, senza chiaroscuro, con la possibile chiusura degli occhielli delle lettere.
Altra evidente caratteristica la rotondit, anzi lo schiacciamento del corpo delle lettere cui si accompagna
lo scarso slancio delle aste, anchesse di regola arrotondate da occhielli; la scrittura poi, pur essendo
corsiva, diritta e reca pochi legamenti, questi sono prevalentemente sinistrogiri e spesso resi caratteristici
dal ritorno indietro ininterrotto del tratto dopo gli svolazzi discendenti sotto il rigo.
= Per
=me
Le lettere caratteristiche sono la g in forma di alambicco
La a con lasta disposta quasi orizzontalmente
La e con il tratteggio raddoppiato (dal Trecento in poi)
Il legamento della doppia l
Il legamento ch con abolizione del tratto base dellh (solo dalla seconda met del Trecento)
Lassenza di lettere maiuscole proprie: si usano quelle della minuscola cancelleresca.
Alcuni altri legamenti, soprattutto dal Quattrocento in poi, comprendono pi lettere
Con il secolo XV la mercantesca divenne decisamente pi corsiva, con legamenti frequenti, fitti e
coinvolgenti pi lettere fra loro, che provocano una dissociazione dei tratti delle singole lettere:
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La mercantesca fu anche adoperata in campo librario per la copiatura (in privato) di testi volgari e in codici
di aspetto trascurato quasi sempre cartacei. I libri copiati in mercantesca tra XIV e XV secolo sono costituiti
in massima parte da opere di natura tecnica, da opere devozionali, da volgarizzamenti di opere dei Padri
della Chiesa, da esemplari della Commedia di Dante e del Decameron di Boccaccio, da opere della
tradizione religiosa o burlesca e infine da diari e cronache cittadine.
Il sistema di numerazione medievale
Per tutto lalto Medioevo fu adoperato il sistema romano di numerazione, ma, al contrario di quanto
facciamo noi, si usava esprimere il 4 con IIIJ e il 9 con VIIIJ. Altri adattamenti particolari, di carattere grafico
o ortografico, possono rendere difficile linterpretazione delle cifre romane usate in documenti e
manoscritti medievali, come mostrano i seguenti esempi del secolo XV:

Le cifre arabiche sono in realt di origine indiana (costituiscono le lettere dellalfabeto sanscrito iniziali dei
nomi dei numeri); adottate dagli Arabi nel corso del secolo VIII, furono introdotte in Spagna nel corso del
secolo X e compaiono occasionalmente in codici latini di quellepoca; soltanto allinizio del secolo XIII, con
lopera del matematico italiano Leonardo Fibonacci da Pisa, il Liber Abaci, venne insegnato e diffuso luso
delle cifre arabiche, di cui presto si impossessarono mercanti e artigiani italiani, rendendolo normale nel
secolo XIV. Le forme originali del XIII secolo erano:

Le forme assunte nelle diverse epoche dai numeri arabici:

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Reazione anti-gotica: Petrarca e la semigotica


In Italia tra la fine del Duecento e i primi decenni del Trecento, il clima culturale stava mutando: lorizzonte
delluomo dotto, dellintellettuale, si allargava ad un repertorio di auctores che lorganica delleducazione
scolastica non aveva permesso di conoscere per il passato. Si risvegliava un interesse precipuo verso il
mondo classico; si iniziava sistematicamente la ricerca di testimonianze dirette e indirette della cultura
antica, dai manoscritti alle iscrizioni; se ne imitavano la lingua, lo stile, i generi letterari , il mondo
fantastico.
Tutte queste tendenze vennero interpretate e rese attive da una composita categoria di letterati, fatta di
grammatici e di notai, di ecclesiastici minori e di amministratori comunali, i quali tutti vantavano una
precisa specializzazione letteraria e il rifiuto di delle cultura universalistica del canone universitario (essi
sono concentrati in alcune zone delezione, collocate nella Toscana, in Veneto e presso la corte
avignonese).
proprio allinterno di questo movimento che vanno collocati i primi consapevoli tentativi di imitazione di
modelli grafici vecchi di secoli, e cio di tarda carolina del X e XI secolo, che ci sono noti: dovuti a Lovato
Lovati in Padova, e a Landolfo Colonna ad Avignone ( a cui si deve una particolare scrittura di glossa, minuta
e regolare, senza legamenti, ornata con filetti in cima alle aste alte).
Alla base di tali tendenze di ritorno allantico, che si manifestavano nella produzione grafica di determinati
ambienti e che entravano in contrasto con la produzione libraria dellepoca, cerano ragioni pi profonde di
quelle puramente grafiche, ragioni riassumibili nella inconciliabile diversit di due opposti mondi culturali,
sintomo di una crisi resa esplicita dalla raffinata personalit di Francesco Petrarca.
Il Petrarca (1304-1374) ebbe sempre un vivissimo interesse per il libro e le scritture, e di suo pugno verg
numerosi manoscritti, alcuni dei quali giunti fino a noi. In particolare egli svilupp una precisa polemica
contro le scritture scolastiche di tipo gotico del suo tempo (forse pi di area transalpina che non italica,
vista la sua formazione a Montpellier in Jura) e contro gli scribi ignoranti che corrompevano i testi in
trascrizione eseguite con spirito artigianale e senza interesse culturale (non dimentichiamo anche linvettica
contro le negligenti autorit pubbliche nella sezioni De copia librorum del De remediis utriusque fortunae).
In questa polemica vanno distinti tre elementi:
- Il giudizio positivo sulla minuscola carolina, che sobria, elegante, semplice e chiara.
- Il giudizio negativo sulla gotica libraria (forse soprattutto quella dOltralpe, artificiosa) perch
difficile da leggersi -tanto da affaticare gli occhi- e troppo ricca di elementi ornamentali.
- Enunciazione dei principi teorici cui deve uniformarsi la nuova libraria, basata sullimitazione (pi
indiretta che diretta) della minuscola carolina: dovr essere semplice e chiara, leggibile a prima
vista, corretta ortograficamente.
Questi sono i principi a cui il Petrarca di fatto uniform la sua libraria (che si usa definire semigotica
dietro suggerimento del Cencetti, caratterizzata da assenza di spezzature, segni grafici ben individuati,
e aste finali di m e n incurvate a destra secondo il modello carolino: la definizione va per rivista alla
luce dei recenti contributi di Zamponii) e la sua elegante scrittura di glossa (perfezionata dopo
lincontro con la corte avignonese e Landolfo Colonna).
Petrarca non si limit a contestare la scrittura egemone nel suo tempo da un punto di vista grafico: nella
piena maturit arriv a rovesciare la gerarchia dei tipi librari dominanti il mondo della produzione libraria
coeva, inventando e ponendo in opera il modello nuovo del piccolo libretto da mano, che lod
pubblicamente e di cui lasci esempi di sua mano. Egli non fece altro che proporre un ulteriore elemento
della sua polemica contro la produzione manoscritta coeva , contro lignoranza degli scribi a prezzo e
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lindifferenza delle classi colte verso la corruzione dei testi. La soluzione da lui proposta fu quella del libro
dautore, cio del codice scritto dalla mano stessa del creatore del testo, destinato ad una limitata
circolazione e ad una riproduzione garantita da altri colleghi autori, dagli amici e dai discepoli.
Pur non essendoci nulla di eversivo per la moderna utilizzata dal Petrarca, un passo avanti viene proposto:
lallargamento della catena grafica.
Coluccio Salutati e la pre-antiqua
La riforma del Petrarca non rimase un fatto personale, isolato nellambiente culturale del secondo Trecento
italiano. La nuova scrittura libraria si diffuse in Italia attraverso due strade: per imitazione dei discepoli
diretti, e per moltiplicazione delle copie delle sue opere eseguite nel centro scrittorio padovano
organizzatosi dopo la sua morte sotto la direzione di Lombardo della Seta.
A Firenze la semigotica petrarchesca fu assunta per imitazione diretta dai suoi maggiori discepoli, fra i quali
spicca Giovanni Boccaccio, di cui sono rimasti molti codici manoscritti (in campo usuale -lettere, appuntianche il Boccaccio, come il Petrarca, adoperava la minuscola cancelleresca).
Nel quadro del primo Umanesimo la figura di Coluccio Salutati (1331-1406) occupa un posto rilevante:
cancelliere della Repubblica di Firenze dal 1375 alla morte, seppe interpretare il profondo significato della
riforma petrarchesca e ne port le premesse alle estreme conseguenze, facendo della sua scrittura lideale
tratto di congiunzione fra semigotica e antiqua umanistica (la cosiddetta pre-antiqua, ariosa e spaziosa,
dal tratteggio sottile e uniforme, dallandamento sinuoso delle aste, dal tracciato carolino di numerose
lettere, quali la a, la b, la l, m, n, r, s, x.

11. LA SCRITTURA UMANISTICA

XV SEC

Lantiqua di Poggio Bracciolini


Il termine di litterae antiquae e, al singolare, antiqua, come definizione di una particolare scrittura, e
pi precisamente della minuscola carolina, non fu creazione degli umanisti italiani, ma eredit ad essi
trasmessa dalla tradizione grafica precedente, dei secoli XIII e XIV (e contrapposta alle manifestazioni
grafiche di tipo gotico, dette littera moderna).
Ci che n il Petrarca n il Salutati avevano osato fare, fu realizzato intorno allanno 1400 dal mercante ed
umanista fiorentino Niccol Niccoli e dal giovanissimo Poggio Bracciolini (1380-1459), che sarebbe divenuto
uno dei maggiori scopritori di classici del primo Umanesimo e cancelliere della Repubblica fiorentina.
Niccoli e Poggio non si limitarono a riprodurre puntualmente la scrittura carolina, ma anche laspetto
generale e la fattura dei codici antichi, il loro formato, la rigatura, lornamentazione. Poggio cominci a
produrre tali imitazioni probabilmente prima dei venti anni, e lo stesso Salutati ne lod la littere forma.
La nuova libraria del Bracciolini non altro che una puntuale imitazione, anche nelluso di abbreviazioni e
usi grafici, della minuscola carolina del secolo XI-XII, che rivela un tratto rigido, un certo impaccio nel
tracciato e nei legamenti, una generale artificiosit di realizzazione. Con il periodo pi avanzato (esempi
datati 1425-1427), Poggio arriva alla canonizzazione di una minuscola, che, pur partendo dallimitazione di
modelli carolini, diviene personale e acquista un proprio stile grafico, fatto di armonia e fluidit nel
tratteggio , nelle proporzioni e nel disegno (le aste, leggermente marcate, si fanno sinuose e si
arricchiscono di empattements triangolari; le forme divengono rotondeggianti; assai elegante e corta la g,
costantemente in tre tratti la x.
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Poggio cre inoltre un nuovo alfabeto maiuscolo completamente diverso da quello della tradizione gotica,
ancora adoperato dal Petrarca e dal Salutati, esemplato sul modello delle capitali manoscritte epigrafiche
di et romana, ma sempre con liberi adattamenti ornamentali.
Lumanistica corsiva
La minuscola umanistica era una tipica scrittura di lite, sia perch era espressione di una cultura dotta,
basata esclusivamente su unistruzione di tipo superiore e su una conoscenza del latino classino, sia perch
il libro scritto in umanistica era di solito un libro di lusso, elegante, costoso, curato nei minimi dettagli;
inoltre la umanistica non era insegnata nelle scuole, ma si riproduceva esclusivamente per imitazione o di
modelli antichi in carolina, o di esempi di scribi contemporanei noti e particolarmente autorevoli.
Nellambito delluso privato delle scritture e delluso documentario, sia pubblico, sia di notai, veniva
adoperata allincirca dallinizio del Quattrocento una corsiva derivante direttamente da una evoluzione
della minuscola cancelleresca del secolo precedente, ma di essa pi chiara, semplice e ariosa, che il Cencetti
propone di chiamare semigotica delle carte (caratterizzata dalluso della v alta allinizio di parola, dalla e
con occhiello aperto, dalla t in legamento in un tratto solo, dal tratteggio a volte corsivo a volte posato).
In alcuni prodotti della cancelleria fiorentina fra secondo e quarto decennio del secolo (1412-1440) si
sviluppa una tendenza ulteriore al rotondeggiamento delle forme e allinserimento di forme desunte
direttamente dalla minuscola umanistica: tale tendenza di manifesta pi o meno prima della met del
secolo anche a Roma (curia pontificia) e Milano (cancelleria visconteo-sforzesca), dando vita ad una corsiva
inclinata a destra, ricca di elementi della umanistica definita per questo umanistica corsiva.
Il lento processo di formazione di una nuova corsiva che, partendo dalla tradizione trecentesca, finisce per
affiancarsi alla umanistica libraria, culminato intorno alla met del secolo nella nascita della umanistica
corsiva, era stato preceduto a Firenze, in ambiente dotto, dalla solitaria invenzione grafica del gi ricordato
umanista fiorentino Niccol Niccoli, del quale ci rimangono dieci codici cartacei in corsiva, databili tra 1423
e 1433, tutti contenenti testi di autori classici latini. Nella corsiva del NIccoli si possono distinguere caratteri
propri della tradizione semigotico-notarile (la e aperta in due tratti, la a di tipo corsivo, la s in un solo tratto,
la r in un solo tratto, la g corsiveggiante aperta in basso, i numerosi legamenti, il tratteggio inclinato a
destra) ed elementi mutuati dalla umanistica libraria (la m e la n con ultimo tratto ricurvo, il legamento ct, il
nesso et, le abbreviazioni e luso di capitali di tipo poggiano).
La sintesi mirabilmente operata dal Niccoli fra le tre tradizioni grafiche a lui note (umanistica, semigotica
delle carte e mercantesca) per giungere alla creazione di una corsiva personale, riservata alla produzione di
copie private, non ebbe n diffusione n fortuna; e del resto lo stesso Niccoli nelleseguire copie di
apparato in pergamena usava unumanistica posata assai rigida e calligrafica, molto simile a quella del
primo periodo di Poggio Bracciolini.
Fra la prima e la seconda met del XV secolo lumanistica corsiva fu adoperata in campo librario sempre pi
largamente (Pomponio Leto, 1428-1498; Ciriaco Pizzicolli dAncona, 1391-1452), anche tra i maggiori scribi
professionisti di umanistica posata.

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