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SEARLE E DENNETT: BREVE RAFFRONTO

SEARLE
Fra le quattro certezze, che John Searle concisamente disamina, abbiamo:

I. La coscienza è reale e irriducibile

II. La coscienza è causata da processi neurali

III. Tutti gli stati coscienti occorrono nel cervello. La coscienza è realizzata in processi neurobiologici

IV. La coscienza funziona causalmente

Ai fini della discussione, trovo importante riportare anche le seguenti affermazioni:

“Si possono definire le credenze nei termini delle loro cause ed effetti, inclusi cause ed effetti dei desideri.”

“Il cervello è una macchina che causa e sostiene la coscienza. [...] Non vedo alcuna ragione in linea di principio per
la quale sarebbe impossibile costruire una macchina pensante.”

Detto ciò, parliamo di “livelli di descrizione”:

“Un unico evento ha un livello di descrizione fisico e un livello di descrizione mentale.”

Dato che, afferma poi,:

“Nella mia esposizione, non c’è alcun tipo di dualismo, perché non sostengo l’esistenza di due ambiti ontologici
separati, bensì differenti livelli di descrizione dello stesso ambito ontologico.”

Ecco appunto che la soluzione del filosofo è la seguente:

“...chiamo la mia posizione [...] “naturalismo biologico”: “naturalismo” perché sostiene che la coscienza sia un fe-
nomeno naturale, che è parte del mondo naturale, e “biologico” perché sostiene che il giusto livello di spiegazione,
per trattare la coscienza, è quello biologico, e non, ad esempio, quello sociale o della fisica subatomica.”

Eppure, proprio perché il percorso speculativo affonda nella meccanica quantistica, si dirà:

“[...] laddove è coinvolta la coscienza, noi cerchiamo qualcosa di più della semplice causalità: la meccanica quan-
tistica ci dice che esiste un livello d’ inderminatezza [NdC indeterminazione] statistica, ovvero che esiste un ele-
mento di casualità.

Quando ho iniziato a lavorare su questo problema, ho cercato di trovare qualcosa, in natura, che non sia in realtà
determinato. E l’unica che sono riuscito a trovare è la meccanica quantistica.

Con un breve intermezzo sulle teorie proposte dal nobel Ilya Prigogine:
[...]Tuttavia i fenomeni sono determinati e la difficoltà consiste nella complessità della loro struttura causale. Ma
si tratta pur sempre di una struttura causale: la teoria del caos non fornisce un esempio reale d’indeterminismo, e
per quanto ne so, l’unico esempio di indeterminismo in natura, si trova nella meccanica quantistica.”

E, infine, con grande sincerità e modestia, conclude:

“Ho dunque sostenuto due punti:

Il primo è che è bene tapparsi le orecchie, quando i filosofi parlano di meccanica quantistica. [...]Secondo la mia
posizione [...] la coscienza è una caratteristica di alto livello di certi tipi di strutture neurali complesse.

La seconda ragione per dubitare della meccanica quantistica come chiave della soluzione del problema della co-
scienza e del libero arbitrio, consiste nel fatto che essa ci fornirebbe solo la casualità, e non la razionalità.

Insomma, i quanti ci presterebbero la loro “magica” sfuggevolezza alle misurazioni umane, perdendo quella scomoda e obsole-
ta fatalità:

[...]Devo dire che questa [...] ipotesi non mi lascia del tutto soddisfatto, perché non mi sembra affatto chiara. Tut-
tavia, poiché ritengo che insistere senza posa sia una caratteristica della buona filosofia, continuerò a perseguirla
per vedere fino a che punto si possa giungere.

COMMENTO
Il postulare metafisico dell’indeterminazione quantistica ci rimanda indietro di qualche migliaio di anni, alla Grecia ionica di A-
nassagora e Leucippo, prima, ed Epicuro, dopo. Il patafisico Oktav Votka, scrive in proposito:

“[...] Epicuro ha compreso che al centro di ogni pensiero, come di ogni realtà, (che non è mai altro, per chicchessia,
che un pensiero della realtà), c’è una aberrazione infinitesimale, una flessione fondamentale, che tuttavia sbi-
lancia tutto. Il clinamen è dunque tutt’altra cosa che una semplice fatalità o possibilità come spesso si dice. È in-
vece una nozione beffarda che Epicuro mette al principio di ogni cosa...”

Se la razionalità è una facoltà innata e intrinseca (built-in) e la coscienza è reale, perché fare uso di misticismi e affidarsi a qual-
cosa di non ben definito al di fuori della materia?

Il volere sfuggire alla fisica e alla natura stessa, mi sono sembrati tradire il proposito di naturalismo e scientificità della discus-
sione filosofica.

DENNETT
Il capito primo del libro di Daniel Dennet titola “Libertà naturale”:

Una diffusa tradizione sostiene che noi esseri umani siamo agenti responsabili, capitani del nostro destino, poiché
quello che siamo davvero sono anime, immateriali e immortali grumi di materia divina che abitano e controllano
il nostro corpo materiale quasi come spettrali marionettisti [...], capaci di violare le leggi della fisica [...]

Al di fuori dell’ambiente teologico - religioso, la scienza dona risposte ampiamente contrastanti, ma

molte persone pensano che le implicazioni di ciò siano terrificanti: Noi non abbiamo davvero il “libero arbitrio” e
nulla importa più. Lo scopo di questo libro è mostrare che loro si sbagliano.
La discussione si dispiega rilassatamente per numerosi capitoli. Illuminanti gli esempi del secondo e terzo, sulla riluttanza nel
lasciar Dumbo volare senza la piuma del suo amico topolino e sul Game of Life di Conway, con i suoi animaletti cubici.

Altri esempi, come quelli dei computer A e B che, giocando a scacchi, si alternano nelle vittorie; oppure dei nostri computer
domestici che, nonostante quotidianamente compiamo le stesse routine, a volte, si bloccano improvvisamente. Ma non vive-
vamo in un modo deterministico, viene da chiedersi?

La risposta sta nella “pericolosa idea” di Darwin (titolo di un’opera passata): complessità generata da semplicità! È la libertà a
evolversi!

Un’avventura che, dal DNA e i procarioti, ci porta ai primi organismi complessi, eucarioti e mammiferi. Continuando, discuten-
do sulle strategia di sopravvivenza, applicando teorie dei giochi e varie ricerche di etologi e scienziati, si giunge in cima: l’uomo.

Qui occorre un altro motto: “Nature & Nurture”, ovvero “Natura ed educazione”. Come possiamo fare uso di ragionamenti e
scelte, se, siamo nati con un corredo genetico predeterminato? Semplicemente aprendoci nuove possibilità. La liberta è scelta
tra scelte possibili.

Siamo nella migliore posizione per decidere cosa fare ora, perché abbiamo la più vasta conoscenza e perciò la mi-
gliore prospettiva sul futuro. Cosa il futuro tenga in serbo per il nostro pianeta spetta a tutti noi, argomentando
all’unisono.

COMMENTO
Vorrei riprendere ancora un passo importante di “Coscienza, linguaggio, società”:

“Perché abbiamo un problema filosofico riguardante la coscienza? Perché abbiamo un problema filosofico riguar-
dante il libero arbitrio o l’intenzionalità o la razionalità?”

Mi è sembrato che si sia fatto, per dirla con Shakespeare, “molto rumore per nulla”! Viviamo in un mondo pieno di possibilità,
rigoglioso di esperienze e immensamente gravido di così tanta diversità da esser smisuratamente rilucente di bellezza: cosa ci
toglie sapere che siamo fatti di carne ed ossa? Cosa non abbiamo noi esseri umani, soggetti alle leggi della fisica? Senza le quali
non potremmo ammirare arcobaleni, aurore e tramonti...

“Come avviene spesso in filosofia, la soluzione ai nostri problemi, consiste in primo luogo nell’abbandonare le as-
sunzioni che ci hanno condotto a quei problemi.”

“[...] Tu sei figlio dell'universo non meno degli alberi e delle stelle, tu hai diritto di essere qui.

E che sia chiaro o no, non vi è dubbio che l'universo si stia evolvendo come dovrebbe. [...]

Con tutti i suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti è ancora un mondo stupendo!

Cerca di esser felice …”

ANONIMO [Trovata a Baltimora, nella chiesa di S Paolo, datata 1692]

Andrea Cangialosi

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