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Salari e consumi, i due fronti della lotta di classe

Premessa: profitto equo e profitto iniquo'.


Supponiamo che Tizio decida di costituire una piccola impresa per la produzione
di tavoli da salotto, sostenendo costi speciali per materie prime e lavoro e costi
generali per fitti, logorio dei macchinari, elettricit, trasporto, pubblicit ecc.
Gli studiosi di economia aziendale sono concordi nel ritenere che, affinch tale
attivit sia da considerare conveniente, limprenditore dovrebbe conseguire un utile
almeno pari a questi costi effettivi, aumentati per di altri costi, detti figurativi
cio computati ma non sostenuti realmente: gli interessi che in alternativa avrebbe
potuto percepire con un investimento finanziario, il salario direzionale che
avrebbe potuto ottenere svolgendo lattivit lavorativa in unaltra impresa, il
compenso per il rischio di perdita del capitale che corre nello svolgimento
dellattivit imprenditoriale.
Se egli riesce per a vendere il prodotto ad un prezzo maggiore della somma dei
costi effettivi e figurativi, il reddito conseguito va idealmente scomposto in due
parti:
1) la parte corrispondente ai costi figurativi, che costituisce il profitto equo;
2) la parte eccedente, che costituisce ci che il prof. Carlo Caramiello*
eufemisticamente definisce profitto pi che equo, ma che indiscutibilmente non
pu che significare profitto iniquo.
Il profitto: la controversia dei secoli XIX e XX
Il profitto da lungo tempo il terreno di scontro fra partiti di destra e di sinistra, fra
le associazioni degli imprenditori ed i sindacati operai. I liberisti vedono in esso la
molla che spinge allefficienza economica e alla produzione di maggiore ricchezza,
mentre i socialisti ne sottolineano liniquit. I primi sostengono che esso frutto
delle capacit organizzative dellimprenditore, mentre per i secondi si tratta di un
furto del lavoro, in quanto la trasformazione di una materia prima in un prodotti
vendibili, pur tenendo conto delle spese generali e dei costi detti figurativi,
unicamente merito di chi ha materialmente operato quella trasformazione.
Tralasciamo per ora di approfondire questa controversia, per notare che la
realizzazione di profitti notevolmente superiori alla somma degli interessi teorici
sul capitale, del salario direzionale e del compenso sul rischio dimpresa producono
in ogni caso una enorme sperequazione fra i redditi degli imprenditori e quelli dei
lavoratori. I ben noti dati sulla distribuzione della ricchezza (il 10% delle famiglie
che possiede il 45% dei beni) ne una lampante, anche se indiretta, dimostrazione.
Contro queste distorsioni, denunciate come furto o ingiustizia, i partiti ed i sindacati
operai si sono sempre battuti per un aumento dei salari ed un contenimento dei
profitti, ma, dopo un periodo di successi ottenuti negli anni del boom economico,
gli imprenditori sono riusciti, attraverso alcune scelte strategiche, a contenere, e pi
spesso a ridurre, i livelli salariali. Dagli anni 90 le lotte sindacali sono state infatti
neutralizzate mediante il ridimensionamento delle unit produttive (scorporazioni
e lavorazioni affidate a terzi)** e la globalizzazione del mercato del lavoro
(immigrazione e delocalizzazione).

Sindacati e forze politiche per, purtroppo, non tengono nella dovuta


considerazione unaltra possibilit di intervento, per spiegare la quale torniamo
allesempio iniziale del costruttore di tavoli da salotto.
Limprenditore spende un certo importo e ne incassa uno ben superiore. Bene, chi
paga per acquistare tutti i beni prodotti? I possibili acquirenti saranno, vero, anche
altri imprenditori, per cui questi finiscono per derubarsi fra di loro; ma essi, da soli,
non basterebbero ad acquistare tutti i prodotti; necessario ampliare la platea dei
potenziali consumatori agli stessi operai, i quali vengono cos a subire una prima
truffa al momento dello scambio fra lavoro e salario (nella fase della produzione)
ed una seconda truffa nello scambio fra salario e merci (nella fase del consumo). Se
i tavoli sono costati x euro ed il profitto equo stato valutato in y euro, perch
non dovrebbero essere rivenduti al prezzo di x + y?
Qui entra in gioco il mercato, si dir, con le sue leggi della domanda e dellofferta,
ormai deificate dalleconomia liberista come fossero leggi della natura, mentre in
realt sono leggi che risentono fortemente anche di fattori psicologici e sociali.
In effetti si disposti a comprare a prezzi molto pi alti del costo di produzione,
perch il consumatore viene appositamente stimolato dalla pubblicit e soprattutto
dal fenomeno sociale che il sociologo Thorstein Veblen mise ben in luce nella sua
Teoria della classe agiata: la ricerca di prestigio sociale attraverso la competizione
nei consumi (fenomeno per il quale rinvio ai tre articoli di settembre 2012 su questo
blog).
Ricerca del prestigio e pubblicit sono due fenomeni che nascono separatamente.
La prima nasce in epoche ormai remote, col sorgere di societ bellicose in cui chi
dimostra di essere capace di azioni coraggiose e predatorie (caccia, guerra ecc.)
viene esentato dalle attivit produttive e acquisisce il diritto di consumare ci che
altri producono; la pubblicit nasce invece con la societ industriale e si sviluppa
con i mezzi di comunicazione di massa. I due fattori determinanti nascono in
momenti diversi, ma subito si integrano e cooperano allo stesso fine.

Il consumo critico
Buona parte dei messaggi pubblicitari si richiama allo stile di vita competitivo, cio
allesibizione della propriet di beni di lusso e allostentazione della capacit di
consumo di beni superflui, entrambi strumenti di rispettabilit, onorabilit,
prestigio. Se si acquista un certo tipo di beni o si fruisce di un certo tipo servizio, si
dimostra di essere superiori rispetto al parente, al vicino, allamico, al collega di
lavoro, persino rispetto a chi si incontra occasionalmente nei luoghi pubblici; questo
il messaggio dominante delle pubblicit. E la sistematica esibizione del corpo
femminile*** non sfugge a questa logica, perch la prima forma di competizione
fra gli uomini predatori stata quella di catturare, rapire, comprare, far sue le
donne, in qualunque modo. Esibire una moglie bella ed elegante, o meglio ancora
una o pi amanti fascinose, dava e d ancora grande prestigio; anzi spesso
laccumulazione di ricchezze finalizzata proprio a questa conquista, oggi pacifica,
delle donne, per le quali si diventa oggetto di ammirazione e di invidia. Di esempi
del genere ne abbiamo tanti, basta guardarci intorno o riflettere sullo stile di vita di
alcuni uomini alla ribalta nella cronache giornalistiche e televisive.

La competizione, indotta nei consumi da antichi abiti mentali e oggi rinvigorita


dalla pubblicit, altera alcune leggi delleconomia, crea un eccesso di domanda che
permette ai produttori e ai venditori di praticare prezzi irragionevoli. Un esperto
informatico mi disse un giorno che le materie prime necessarie per fabbricare quello
scatolone magico che era il mio primo computer (comprato nel 2000, con rate
mensili, per oltre duemilioni di lire), avevano un valore commerciale di circa 40.000
lire; certo cera da aggiungere il lavoro degli operai indocinesi, le spese di ricerca,
il trasporto ecc., ma, come ci si arrivava a oltre duemilioni?
Per ristabilire un giusto equilibrio economico fra imprenditori e lavoratori, si pu
certo continuare con le lotte per gli aumenti salariali, ma a queste bisogna associare
una maggiore consapevolezza negli acquisti. Evitiamo di comprare in un dato
negozio solo perch frequentato da persone importanti. Evitiamo di comprare
vestiti che costano il doppio solo perch ci facciano fare bella figura. Evitiamo di
andare in vacanza in una certa localit solo per potercene poi vantare.
Ricordiamoci anche che la pubblicit costa e che, a pagarla, siamo noi lavoratori al
momento dellacquisto; paghiamo venendo inconsapevolmente imbrogliati come
si diceva in precedenza - una seconda volta: la prima volta quando riceviamo un
salario basso, rispetto allincremento di valore subito dalle materie prime nella
trasformazione in prodotto finito; la seconda volta quando, invece di acquistare un
tavolo a x + y euro nel negozietto di periferia, andiamo a comprarlo a x+y+z euro
da un mobiliere che ha in esclusiva un tavolo, sempre sorretto da quattro gambe,
ma per il quale siamo costantemente inondati dalla pubblicit.
Note
.* Il prof. Carlo Caramiello stato ordinario di Ragioneria nellUniversit di Pisa
e nella LUISS di Roma, presso la quale gli stato intitolato lIstituto di Studi
Aziendali.
.** Il decentramento delle unit produttive, gli stabilimenti, allontanano
fisicamente i lavoratori con conseguente indebolimento delle loro capacit di
aggregazione culturale, sociale e politica.
*** v. Pensiero critico - www.pensierocritico.it - di Patrizio Paolinelli, sezione
Archivio, doc. Guardami! Corpi femminili nellimmaginario della pubblicit

Cataldo Marino
www.ilsemedellutopia.blogspot.com
17 gennaio 2013

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