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03/08/2015

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Direttore Responsabile

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Luciano Fontana

362.821

Sicure//a trascurata

Ritaglio stampa ad uso esclusivo interno, non riproducibile

Selpress un'agenzia autorizzata da Repertorio Promopress

L'INTERESSE
NAZIONALE
DIMEZZATO di
Angelo
Panebianco
uando l'ambiente
internazionale diventa
minaccioso, la classe
dirigente di un Paese
dovrebbe creare un fronte
unito per orientare l'opinione
pubblica. Ma ci pu
accadere solo in un mondo
ideale, lontano da quello
reale. Alcuni Paesi, con una
tradizione di coesione
nazionale, si sono in passato
avvicinati un po' all'ideale.
Altri ne sono sempre rimasti
distanti. Per decenni,
guardando alle nostre
esasperate divisioni, certi
osservatori si sono chiesti se
sia mai esistito un interesse
nazionale italiano, un
insieme di stabili obiettivi in
relazione al mondo esterno
che la classe dirigente
condividesse a prescindere
dai suoi conflitti. Se la
domanda posta in questi
termini la risposta deve essere
affermativa: s, esiste un
interesse nazionale italiano e
c' un corpo diplomatico di
buona qualit che si sforza di
tutelare con continuit
quell'interesse chiunque sia di
volta in volta al governo. Ci
che ci ha insegnato il
ventennio e passa seguito alla
fine della Guerra fredda, e nel
quale abbiamo sperimentato
la frequente alternanza al
governo di sinistra e destra,
che, a ogni cambio di
maggioranza, mutano gli stili
comunicativi, qualche
alleanza internazionale
diventa pi stretta, qualche
altra si allenta, ma il cuore
della politica estera non
cambia radicalmente. Tutto
bene dunque? Non proprio.
Ci sono due limiti. D primo
che le nostre convergenze
interne sulla politica estera
sono spesso occulte. La classe
politica disorienta l'opinione
pubblica fingendo divisioni
dove non ci sono, occultando
le convergenze, e in definitiva
vergognandosene.
Facciamo tre esempi. Senza
voler formulare

Editoriali e commenti

giudizi di merito appare chiaro


che Renzi, Berlusconi e Salvini
(ma probabilmente anche
Vendola, la Boldrini, eccetera)
la pensano pi o meno allo
stesso modo su Putin. Ma non
lo ammetterebbero nemmeno
sotto tortura. Cosa pensano?
Pensano che con la Russia
bisogna venire a patti, punto.
Alla faccia di quei prepo
tenti degli americani. Se l'Ucraina
non ne esce stritolata, meglio.
Altrimenti, pazienza. LTtalia ha
pagato un prezzo troppo alto, in
termini di mancate esportazioni, per
le sanzioni alla Russia. E ci dovr
finire. Chi all'opposizione pi
libero di fare sfoggio della propria
russofilia. Chi al governo deve
fare anche i conti con Obama, la
Merkel, eccetera. Ma chiaro che,
in materia di Russia, esiste una
definizione condivisa di cosa sia
l'interesse italiano. Secondo
esempio. Gli italiani sono entusiasti
dell'accordo nucleare sull'Iran. Gli
affari sono af

fari e l'accordo schiude anche


per gli italiani verdi pascoli,
dorate praterie. Del resto, tutti i
governi italiani sono sempre
stati attenti alle esigenze
iraniane. Terzo esempio.
Gheddafi. Al tempo della guerra
occidentale contro il dittatore
libico alcuni iper-faziosi qui da
noi salutarono con favore
quell'intervento militare perch
lo ritenevano (scioccamente) un
colpo contro Berlusconi. Si
trattava di distruggere l'amico di
Berlusconi, quello a cui l'odiato
Cavaliere aveva baciato l'anello.
Ma Gheddafi non era un
famiglio di Berlusconi, era un
famiglio dell'Italia. Con lui,
sia la destra che la sinistra avevano
sempre cooperato. Anche in
relazione alla Libia, sempre
esistito un (occultamente) condiviso
interesse nazionale. Se il primo
limite che laddove c' comune
riconoscimento dell'interesse
nazionale manca la volont di
ammetterlo, il secondo dato dalla
sottovalutazione dei problemi della
sicurezza. Accomuna destra e
sinistra. La destra pare
preoccuparsene solo in relazione
all'immigrazione, il

che assai riduttivo. Ma sulla


sicurezza intesa in senso lato, tolti
coloro che se ne devono occupare
per ruolo (ministri degli Esteri e
della Difesa, diplomatici, apparati
della forza), la disattenzione
massima a tutte le latitudini
politiche. Nei convergenti
atteggiamenti italiani sulla Russia,
ad esempio, le considerazioni sulla
sicurezza (che fare con una Russia
la cui nuova dottrina strategica
indica nell'Occidente il principale ne

mico?) hanno un ruolo


secondario. Anche nel caso dei
rapporti con l'Iran la sicurezza
non pare in cima alle
preoccupazioni italiane.
Nonostante le dichiarazioni in
senso contrario: l'Iran, si dice,
aiuter a colpire lo Stato
islamico. Forse, ma perch non
chiedersi anche quale sar
l'effetto sul mondo sunnita
dell'alleanza fra i crociati e gli
eretici sciiti contro il Califfo,
sunnita pure lui? In questo clima
merito di Renzi essere volato
in Israele, proprio dove la nuova
libert di manovra che l'accordo
regala all'Iran pu generare i pi
gravi rischi esistenziali. Solo nel
caso della Libia, possiamo forse
dire, le preoccupazioni per
l'interesse economico e per la
sicurezza sono sempre stati
appaiate, anzich divergenti (ai
tempi di Gheddafi come oggi). E
si capisce, data la vicinanza
geografica e i legami storici, e il
rischio che la dissoluzione dello
Stato libico fa correre all'Italia. Gli
eccezionali settantenni di pace che
l'Europa ha alle spalle hanno fatto
perdere di vista a tanti europei u
fatto che la pace un bene precario
che richiede di essere coltivato
investendo di continuo in politiche
della sicurezza. Questa
consapevolezza ancora minore in
Italia dove a lungo si creduto che
l'interesse italiano fosse una cosa e
la sicurezza un'altra, dato che di
quest'ultima (fino ad oggi appaltata
agli americani via Nato) si sarebbe
occupata un giorno l'Europa. Ma la
rinazionalizzazione degli interessi
dei Paesi europei impone anche
all'Italia meno opacit e

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meno amnesie. Possibile che n


a destra n a sinistra si trovi oggi
il modo di discutere della Nato e
del ruolo italiano in essa? Non
siamo speciali: anche per noi,
come per tutti, difendere
l'interesse nazionale significa
conciliare affari e sicurezza.

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