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Anno XV - N. 5 Settembre/Ottobre 2006 - 5 euro
Reg. Trib. Cremona n. 355 12.4.2000
Sped. A.P. D.L. 353/2003
(con. in L. 27/02/2004 n46) art. 1 c.1 DCB-CR

L'Unione
alla prova
di governo

Brasile:
lotta
alla povert

di Gianluigi Pegolo

di Luiz Incio Lula da Silva


e Renato Rabelo *

Dopo le diffuse perplessit suscitate dal


Documento di Programmazione Economica e Finanziaria (DPEF) e la concitata
trattativa finale il disegno di legge della finanziaria approda alla Camera suscitando
atteggiamenti diversi nelle forze sociali.
La Confindustria, che in precedenza si era
dichiarata soddisfatta, prende le distanze
esprimendo la sua insoddisfazione per la
sottrazione del 50% dei fondi TFR dati
allINPS; le confederazioni sindacali sostengono che la manovra, pur con i suoi
limiti, resta improntata ad un principio di
equit; gli enti locali lanciano strali contro un provvedimento che mette in ginocchio le autonomie locali; le organizzazioni degli artigiani, dei commercianti
e in generale del lavoro autonomo sparano addosso alla manovra dipingendola
come una misura vessatoria, per lingente
prelievo fiscale.
Sul fronte politico, alla contrapposizione
frontale del centro-destra corrisponde la
rivendicazione, nel centro-sinistra, di
unoperazione equa, rigorosa e lungimirante, ma si intravedono differenziazioni
non irrilevanti. Se, cos, il centro moderato lamenta gli eccessi fiscali e la scarsa
attenzione verso il ceto medio, a sinistra si
plaude allequit fiscale ma si sottolineano
i limiti dei tagli allo stato sociale e delle
nuove imposizioni fiscali a livello locale.
La multiformit delle posizioni evidenzia
un quadro tuttaltro che definito e il carattere contraddittorio della manovra.
Accade cos che, a fronte anche a sinistra di atteggiamenti di grande disponibilit manifestati agli inizi, faccia seguito

Nellottobre 2002 il popolo brasiliano ha


eletto Lula a presidente di un paese corroso da profonde contraddizioni economiche, sociali e politiche che hanno lasciato in eredit ineguaglianze, autoritarismo e dipendenza dallesterno. Lula
stato chiamato a governare uno dei paesi
con le maggiori disuguaglianze al mondo,
la cui tragedia sociale ha trovato espressione in dieci milioni di uomini, donne e
bambini che vivono al di sotto della soglia
minima della povert e sono soggetti ad
ogni forma di insicurezza e violenza.
Lamministrazione Lula si trovata a convivere con una doppia eredit negativa.
Quanto accaduto nel 2002 ha rivelato un
paese in profonda sofferenza sotto gli effetti delle politiche realizzate dal Partito
Socialdemocratico e dal Partito del Fronte
Liberale, che avevano arrestato la crescita,
concentrato la ricchezza e i redditi, indebolito lo stato, promosso una corruzione
dilagante, colpito gli equilibri regionali,
danneggiato la sicurezza energetica, compromesso la sovranit nazionale e condotto il paese alle soglie di una nuova crisi
macroeconomica. Sul piano strutturale, il
paese si trovato di fronte alle conseguenze di decenni di crescente concentrazione di ricchezze e potere, costantemente sottoposto a crisi inflattive e ad una
insostenibile esposizione debitoria, incapace di predisporre basi efficaci per uno
sviluppo durevole, combinando crescita,
democrazia e benessere sociale.
Di fronte a tale realt, lamministrazione
Lula si concentrata lungo la via del cambiamento. Dopo circa tre decenni persi, il

segue a pag. 2

segue a pag. 7

Editoriale

Settembre - Ottobre 2006

segue G. Pegolo da pag.1

una maggiore problematicit,


quando non un rettifica sostanziale
di linea. Gli articoli pubblicati in
questi giorni su Il Manifesto sono a
tale riguardo emblematici.
IL

C A R AT T E R E

CONTRADDITTORIO
DELLA MANOVRA FINANZIARIA

Che dire allora di questa manovra


economica? Si pone essa in discontinuit con i provvedimenti finanziari delle precedenti legislature o
ne ripropone sostanzialmente gli
indirizzi? Una risposta a questi interrogativi presuppone un atteggiamento libero da condizionamenti.
Non giova, in tal senso, lenfatizzazione che ha caratterizzato alcuni

E chiaro che la manovra,


bench contenga alcune misure
in s apprezzabili, resta molto
interna ad unimpostazione
liberista e monetarista, mentre
nei confronti del sistema delle imprese
ripropone la logica del sostegno
finanziario generalizzato, relegando
lo stato ad una funzione marginale

commenti a sinistra, tutti improntati a rappresentare la finanziaria


come un provvedimento redistributivo sic et simpliciter. Le cose sono
pi complesse e una cautela nei giudizi dobbligo. Ma veniamo subito
alla questione fondamentale, e cio

la manovra fiscale e le sue conseguenze sulla redistribuzione del


reddito. E indubbio che linnalzamento delle aliquote al di sopra dei
40.000 euro e la riduzione di quelle
inferiori, insieme con lelevamento
degli assegni familiari, introducono
nella manovra un principio redistributivo e, tuttavia, occorre sottolineare come leffetto concreto sul
piano dei redditi sar di un qualche
significato solo per categorie molto
circoscritte, e cio i lavoratori dipendenti a basso reddito con famigliari a carico. Per gli altri la redistribuzione si ridurr a poco pi che
un fatto simbolico. Se, tuttavia, la
manovra si esaurisse in questo provvedimento, ci si potrebbe dichiarare moderatamente soddisfatti, ma
il punto che alcune misure della
finanziaria vanno in direzione opposta, riducendo leffetto redistributivo. Ci vale per i tickets sanitari,
ma vale ancor di pi per la prevedibile crescita della pressione fiscale
locale. Ne deriva che se consideriamo la manovra nel suo complesso,
leffetto redistributivo sar con ogni
probabilit molto esiguo. Nella fascia di reddito medio-basso si avr,
prevedibilmente, una sostanziale
stabilit, con casi di lieve incremento e altri di flessione. E vero,
invece, che nelle fasce a reddito pi
alto vi una maggiore imposizione
fiscale, ma ci pu valere per alcuni
soggetti come il lavoro autonomo,
la piccola impresa o marginalmente
per alcuni settori della rendita finanziaria ma non vale per le imprese medio-grandi che, seppure
penalizzate (si fa per dire) dal prelievo di una quota del TFR, godono
tuttavia degli effetti positivi derivanti dalla riduzione del cuneo fiscale. In ultima analisi, questa la
categoria sociale che (nonostante le
tante lamentazioni) alla fin fine otterr i maggiori vantaggi.
Passando dagli effetti sul reddito a
quelli sullo sviluppo, il quadro si
presenta pi critico, nonostante
lenfasi posta a pi riprese sulla centralit che acquista nella manovra il
sostegno alla crescita. Infatti, le po-

litiche per lo sviluppo si concentrano su tre assi: la riduzione del cuneo fiscale, gli incentivi per il
Mezzogiorno, il sostegno ad alcuni
investimenti (credito dimposta,
ecc.). A nessuno pu sfuggire che
lelemento guida dellintervento sia
la riduzione del costo del lavoro. Ci
vale sia nel caso delle politiche settoriali, sia nel caso di quelle territoriali. Vi sono moltissimi dubbi sul
fatto che tale operazione possa dare
risultati tangibili in termini di sviluppo. La prima ragione sta nel fatto
che - come ormai si da molte parti
sostenuto - le difficolt del sistema
produttivo italiano discendono
dalla scarsa innovativit (specie nel
prodotto), da un assetto basato sulla
piccola impresa, dalla scarsa competitivit sul piano dellexport.
Limiti che ben difficilmente possono essere superati riducendo il
costo del lavoro. Vale semmai il contrario, nel senso che un intervento
a ci mirato rischia di favorire un atteggiamento conservatore delle imprese spingendole a indugiare in
una strategia competitiva tradizionale. Se poi spostiamo la nostra attenzione sul Mezzogiorno, anche
qui si ripropone una ricetta che appare assai poco credibile. Infatti, un
intervento di defiscalizzazione al
sud presupporrebbe che il fattore
chiave per la promozione dello sviluppo di quellarea fosse il sostegno
alla capitalizzazione dellimpresa e
labbattimento del costo del lavoro.
Nel sud, tuttavia, come dimostrano
gli episodi di vera e propria truffa
che si sono consumati nellutilizzo
dei fondi strutturali europei, i limiti
del sistema produttivo locale riguardano anche linsufficienza manageriale, oltre che lassenza di favorevoli condizioni infrastrutturali.
Gli attori locali, per condizioni soggettive e oggettive, non sono in
grado, nella maggior parte dei casi,
di sostenere unattivit imprenditoriale. Per converso, le imprese che
intendono delocalizzare le proprie
attivit non trovano particolari vantaggi nel riposizionarsi in unarea
che, oltre ad avere i deficit infrastrutturali prima richiamati, non si

Settembre - Ottobre 2006

presenta - anche in presenza di incentivi particolarmente favorevole in termini di costo del lavoro,
se paragonata ad altre in Europa e
nel mondo. La manovra si annuncia, quindi, poco efficace in tema di
sviluppo.
Infine, su un terzo aspetto si possono esprimere riserve. Si tratta degli effetti della manovra sul piano
dello stato sociale. Gi si scritto dei
tagli alla sanit o della sofferenza in
cui vengono a trovarsi gli enti locali,
ma non si tratta solo di questo. Basti
pensare alla scuola, alluniversit,
alla ricerca. Vi sono poi altri provvedimenti che fanno parte della manovra (attraverso allegati) o che ne
sono stati solo provvisoriamente
esclusi per ragioni politiche ma che
verranno riproposti in seguito. Ci
vale per il disegno di legge
Lanzillotta, che sopprime laffidamento in house dei servizi pubblici
locali, che verranno liberalizzati e
quindi (almeno in parte) privatizzati. E ci vale anche per il sistema
previdenziale, sul quale grava la
spada di Damocle di un ulteriore allungamento dellet pensionabile.
Alla fin fine, dalla legge finanziaria
arriva un primo segnale, inequivocabile, di ridimensionamento dello
stato sociale. Si tratta di interventi
che vengono spacciati per razionalizzatori, ma che in realt rispondono esclusivamente allesigenza di comprimere la spesa. A
tale proposito, giova ricordare che
la spesa sanitaria italiana nella media dei maggiori paesi europei.
Ancora, che gli enti locali - e nella
fattispecie i comuni - hanno avuto
nel corso degli ultimi anni comportamenti finanziariamente virtuosi, rispettando nella sostanza le
norme (draconiane) delle varie finanziarie; che non vi sono riscontri
empirici tali da giustificare un provvedimento di generalizzazione
delle liberalizzazioni nel campo dei
s e rvizi; che, infine, sulla previdenza, lincidenza della spesa per
lassistenza stata trascurata, in difformit dalle indicazioni espresse
nella mozione di approvazione del

Editoriale

DPEF licenziata dalla Camera dei


Deputati.
Accanto a questi aspetti ve ne sono
altri non meno importanti. Essi riguardano lo stanziamento assai rilevante destinato alla difesa, lirrisoriet delle cifre messe a bilancio
per alcuni interventi sociali (come
il sostegno ai non autosufficienti).
Si tratta di scelte che rendono evidente una impostazione in cui alcune esigenze sociali vengono sacrificate per il raggiungimento di altri, e spesso poco condivisibili, obbiettivi. Ad ogni modo, chiaro che
la manovra, bench contenga alcune misure in s apprezzabili
(come quella sulla modifica delle
aliquote IRPEF), resta molto interna ad unimpostazione liberista
e monetarista, giacch muove dallobbiettivo della riduzione del debito - che persegue non solo attraverso lincremento della pressione
fiscale, ma anche tramite il ridimensionamento dello stato sociale
- mentre nei confronti del sistema
delle imprese ripropone la logica
del sostegno finanziario generalizzato, relegando lo stato ad una funzione marginale. Linterrogativo
che sorge allora spontaneo : quale
sar limpatto di tale manovra in termini di consenso? I primi sondaggi
indicano in modo inequivocabile
che le ripercussioni sono state in generale negative. Basti citare lo studio dellIPR Marketing pubblicato
su La Repubblica (e quindi una testata amica del centro sinistra), che
annuncia un vistoso calo nei consensi al governo. La ragione di tale
insoddisfazione sta, in primo luogo,
nel carattere intimamente contraddittorio della manovra stessa che si
connota per unimpostazione interclassista poco convincente. Per
alcuni versi questa impostazione
allorigine di quellenorme ampliamento della manovra che ha comportato il superamento di 40 miliardi di euro. Un incremento che
non si spiega solo con la volont di
ridurre il deficit al 2,8%, n con
limpostazione monetarista che attraversa il provvedimento.
Elemento altrettanto decisivo

SOMMARIO
Finanziaria: la scelta del rigore
non giova allo sviluppo

10

R. Realfonzo

Capitalisti per caso,


redditieri per convinzione

13

P. Cicalese

Lincerto futuro del sistema


previdenziale pubblico

18

F. R. Pizzuti

Il futuro della scuola italiana

21

A. M. Palermo

Calabria: illegalit e precariet

24

Politica

27

M. Sinopoli

Intervista a Loredana De Petris a cura


di A. Belmonte - Finanziaria: D. Tibaldi

Internazionale
32
Repubblica Ceca (F. Giannini) - Afghanistan
(Intervista a M. Bulgarelli a cura di F. Maringi)
- Iraq (S. Pisa) - Cuba (G. Carotenuto) - Incontro
Internazionale di Lisbona (M. Graziosi) USA/Russia (M. Gemma)
La Stanza dellArte

48

R. Gramiccia

La missione Unifil tra luci e ombre

56

B. Steri

Libano: una tregua in attesa


di una nuova escalation

61

S. Cararo

Mao e una nuova generazione di ribelli

66

S. Di Stefano

Sinistra Europea/Dibattito

69

F. Turigliatto - Lidia Brisca Menapace - L. Masella

Cultura

86

Oriana Fallaci e l antisemitismo


D. Losurdo
La Cina vicina
G. Livio - A. Petrini

Recensioni

93

Tra De Gasperi e Togliatti


di G. Chiarante a cura di G. Pegolo

Settembre - Ottobre 2006

Editoriale

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Pizzuti, Giuseppe Quaranta, Riccard o
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Per la realizzazione di questo numero non stato richiesto alcun
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4

stato il proposito di sostenere contemporaneamente le imprese e il lavoro (attraverso loperazione del


cuneo fiscale). Il risultato che la
difesa di interessi contrastanti ha determinato ripercussioni finanziarie
negative sul fronte del welfare.
Inoltre ha impedito di dare un segnale inequivocabile a difesa di alcuni interessi. Cos potuto accadere che il mondo del lavoro per alcuni versi non percepisca vantaggi
significativi, per altri si senta penalizzato. A questo si aggiunge il malcontento del lavoro autonomo - con
il riproporsi della rivolta fiscale -,
mentre le imprese che dovrebbero
essere grate delle significative elargizioni ottenute, rilanciano lo scontro con il governo perch vengono
penalizzate sul TFR. Il risultato
una maggioranza di scontenti sui
quali fa leva il centro-destra per ottenere una rivincita politica. Le cifre che, ad ogni pi sospinto,
Berlusconi richiama per dimostrare
di disporre di un crescente consenso sono probabilmente false, ma
che lUnione sia oggi in una situazione critica pi che credibile.
L E S I G E N Z A

D I U N A S V O LTA

E IL RUOLO DELLA SINISTRA


D I A LT E R N AT I VA

Questo giudizio rimanda ai compiti


di Rifondazione Comunista e, pi in
generale, della sinistra della coalizione di governo. Sarebbe ingrato
imputare a Rifondazione Comunista, o ad altre forze della sinistra di
alternativa, lesito della manovra. Si
pu anzi sostenere che, se non vi
fosse stato un impegno di tali forze,
la manovra avrebbe potuto presentarsi in termini peggiori, come per
altro faceva supporre il testo del
DPEF. Ma ci non autorizza gli entusiasmi. A questi talvolta hanno indugiato i gruppi dirigenti di queste
formazioni, anche per dare una giustificazione al proprio impegno nellattuale compagine governativa. La
situazione obbiettiva, tuttavia, non
legittima tali atteggiamenti Pi ragionevolmente si pu sostenere che

la finanziaria, al momento attuale,


si presenta pi equilibrata del DPEF
essendo gli oneri distribuiti con
maggiore equit - ma essa non rappresenta una svolta, n i principali
problemi del paese vengono adeguatamente affrontati, siano essi lenorme squilibrio dei redditi, la generalizzata condizione di precariet
del lavoro, il basso tasso di crescita
e della competitivit del sistema
produttivo, la sperequazione esistente a livello nazionale nellofferta dei servizi. Di qui si deve partire per una iniziativa in sede parlamentare volta a modificarne almeno parzialmente lispirazione.
I terreni sui quali si rende necessario un intervento sono almeno tre.
In primo luogo, va ridotto limpatto
dellintroduzione dei tickets sanitari, misura particolarmente odiosa.
In secondo luogo, va rimesso in discussione il taglio sui trasferimenti
agli enti locali. Il passaggio da vincoli sulla spesa a vincoli sul saldo di
bilancio costituisce una misura positiva in quanto allenta la stretta, ma
lentit dei tagli tale da determinare o la riduzione dei servizi o il ricorso ad una forte pressione fiscale.
N, per altro, accettabile che le
nuove potest impositive dei comuni non si basino su criteri di progressivit, per cui si renderebbe necessario consentire agli enti locali di
salvaguardare le fasce a reddito medio-basso. Andrebbe inoltre compressa la spesa per la difesa e accresciuto il sostegno ad alcuni interventi in campo sociale. I provvedimenti correttivi predisposti dallUnione appaiono a tale proposito
non risolutivi. Essi correggono le
storture pi vistose, ma si tratta per
molti versi di interventi di maquil lage, difficilmente in grado di recuperare consensi.
Un simile scenario dovrebbe indurre la sinistra di alternativa, e in
primo luogo il gruppo dirigente di
Rifondazione Comunista, ad interrogarsi sul futuro di questa esperienza di governo, per porre rimedio ad evidenti rischi. Dovrebbe essere ormai chiaro che di fronte alla

Settembre - Ottobre 2006

crisi sociale che si prodotta in questi anni, il recupero di un consenso


popolare richiede un disegno riformatore ben pi incisivo. Di fronte
allesiguit dei salari e degli stipendi, alla drammaticit della condizione del lavoro precario, sarebbe
necessaria una politica pi coraggiosa. Il dibattito promosso da un
gruppo di economisti sulla stabilizzazione del debito costituisce, a tale
riguardo, un punto di riferimento
fondamentale per tracciare le linee
di un diverso approccio in termini
di politica economica. Esso dovrebbe muovere dalla fuoriuscita da
unimpostazione monetarista, evitando la strada dellabbattimento
del debito. Questa impostazione
presente nella manovra frena la ripresa delleconomia e dilata le disuguaglianze sociali. E invece necessario impegnare la maggior
parte delle risorse nella direzione
del sostegno al reddito e ad uno sviluppo virtuoso. In questottica non
ha alcun senso tagliare lo stato sociale (che invece andrebbe sostenuto, riqualificandolo), non ha
senso ridurre il prelievo fiscale (almeno nellimmediato) attraverso
operazioni come il taglio del cuneo
fiscale, e non ha senso distribuire gli
aiuti al settore produttivo in modo
generalizzato. Occorrerebbe allopposto: mantenere la barra sulla lotta
allevasione fiscale e accrescere la
pressione fiscale su alti redditi, rendite e profitti dimpresa; uniformare le prestazioni sociali al nord e
al sud, far decollare il sistema formativo, programmare un intervento per le nuove povert; incrementare pensioni e stipendi, eliminare le norme che hanno introdotto il lavoro precario, stabilizzare
i lavoratori a tempo determinato,
intervenire sulla incapienza; agevolare le imprese virtuose, sostenere
la ricerca e far svolgere allo stato un
ruolo attivo nello sviluppo di nuovi
settori e nellallargamento della
base produttiva al sud.
La distanza fra questi orientamenti
e quelli attuali del centro-sinistra
evidente. Pesa sullo scenario poli-

Editoriale

tico, inoltre, la propensione moderata delle maggiori forze dellUnione. In tal senso non c da illudersi
sul segno che avrebbe un allargamento dellattuale maggioranza, n
si pu escludere che nellUnione
forze significative comincino ad accarezzare lidea di passare ad un governo di larghe intese per superare linstabilit del quadro politico. Rifondazione Comunista non
ha di fronte a s molte possibilit
per fronteggiare simili rischi. Le
scelte si riducono a due: consolidare uno schieramento di sinistra
alternativa, con il PdCI, i Verdi, la
sinistra DS, i movimenti, in grado di
mantenere aperta una dialettica
nella maggioranza, di impedire derive moderate e di alimentare una
mobilitazione sociale che coinvolga
altri soggetti, oltre alle confederazioni sindacali. Fino ad ora nessuna
di queste strade stata percorsa e la
ragione molto semplice: pesa su
Rifondazione il vincolo che il
gruppo dirigente si imposto - e
cio difendere lesperienza di governo in tutti i modi, evitando qualsiasi azione che possa incrinare i
rapporti con le altre forze della coalizione. Purtroppo difficile fare
una frittata senza rompere qualche
uovo e il rischio che ci si avvii verso
un piano inclinato alla fine del
quale potrebbe esserci lespulsione
dalla maggioranza o la perdita di
consenso sociale. Gli effetti negativi
di un eccessivo appiattimento sul
governo sono gi riscontrabili.
Senza sottovalutare le oggettive difficolt che incontra la partecipazione al governo, tuttavia non si possono passare sotto silenzio alcune vicende. Nel dibattito sulla finanziaria stato costruito un rapporto privilegiato con le confederazioni sindacali che ha permesso di avvalersi
di una pressione esterna per vincere
le resistenze presenti nel governo.
E tuttavia quest approccio ha assunto il carattere di unautolimitazione programmatica, avendo dichiarato fin dallinizio che il metro
di misura per giudicare la manovra
sarebbe stato il consenso accordato
dalle principali organizzazioni sin-

dacali. Unimpostazione che ha il


fiato corto, nel momento in cui si
evidenzia uninsoddisfazione generale alla finanziaria. Analogamente,
la vicenda dellAfghanistan ha rappresentato un evidente scivolone.
Lapproccio acritico che ha accompagnato il sostegno al governo, la
criminalizzazione del dissenso interno e la rottura che ne derivata
nei movimenti stanno a dimostrare
linsufficienza di un approccio di
realpolitik.

La proposta della Sinistra Europea


fin dall'inizio stata
estremamente ambigua.
Un partito vero e proprio
o una confederazione di soggetti
pienamente autonomi? Probabilmente
n l'uno n l'altro, ma un qualcosa
che difficilmente consentirebbe di
mantenere in piedi l'attuale Prc

In buona sostanza, o si recupera una


maggiore autonomia - nel governo
e a livello sociale - o ci si rassegna a
seguire unevoluzione naturale
dalla situazione che si annuncia
molto pericolosa.
LA SINISTRA EUROPEA:
U N A R I S P O S TA I N A D E G U ATA
E RISCHIOSA

Lunico terreno diniziativa sembra


a tuttoggi essere quello della costruzione della Sezione italiana del
Partito della Sinistra Europea.
Larea E s s e re Comunisti ha sempre
espresso le sue esplicite riserv e .
Levoluzione recente sembra accrescere, anzich ridurre, le preoccupazioni a tale riguardo. Per molti

Editoriale

versi, si pu sostenere che, nonostante le diffuse perplessit presenti anche nella maggioranza di
Rifondazione Comunista sugli
scarsi riscontri che fino ad ora ha ottenuto la proposta, stia prevalendo
uninerzia che spinge a proseguire
su questa via. Probabilmente vi la
consapevolezza che se si riconoscesse il fallimento del processo costituente vi sarebbero enormi contraccolpi sullo stesso gruppo dirigente. Daltronde, almeno da
sette anni (allindomani della scissione di Cossutta) che si parla di dar
vita a un nuovo soggetto politico ed
difficile prolungare questa estenuante attesa. Nondimeno, il progetto resta pericoloso e va accantonato. Innanzitutto, esso sostenuto
sulla base di argomentazioni ambigue ed elusive dei veri problemi. Si
sostiene che occorre costruire un
soggetto pi ampio di Rifondazione
Comunista e che ci possibile in
virt della crescita dei movimenti.
Ma evidente che in questa fase
siamo in presenza di una riduzione
della conflittualit sociale e di un ripiegamento, anzich di unestensione dei movimenti. N si coglie
una particolare domanda, a livello
sociale, di un nuovo soggetto politico, prova ne sia che le adesioni alla
Sinistra Europea fino ad ora hanno
coinvolto prevalentemente ceti politici, molto spesso gi gravitanti, a
diverso titolo, intorno a
Rifondazione Comunista. Talvolta
si sostiene che tale sbocco necessario, dato che si deve reggere la
competizione con la parte moderata del centro sinistra, ma a tale
proposito non pu sfuggire levidente paradosso di una proposta
che esclude a priori alcune forze
che con tutti i limiti hanno condiviso le principali battaglie condotte dalla sinistra di alternativa. Ci
si giustifica, poi, sostenendo che
non si vuole un rapporto fra stati
maggiori dei partiti ma che si vuole
promuovere un processo che coinvolga realt di movimento, come se
le due cose fossero fra di loro in contraddizione. La verit che a fondamento del progetto della Sinistra

Europea stanno due obiettivi, entrambi non dichiarati. Il primo, che


costituisce la motivazione originaria, che si considera Rifondazione
(con il suo bagaglio politico-culturale) unesperienza inadeguata,
che pertanto va superata. Pu apparire una affermazione tranchant,
ma per chi abbia seguito il dibattito
in questi anni dentro Rifondazione
e la successione di innovazioni politico-culturali, questa affermazione
risulta tuttaltro che forzata. Si tratta
di una propensione la cui pericolosit evidente.
A questo obbiettivo non dichiarato
se ne aggiunge un altro. Si tratta
della volont di intercettare uneventuale diaspora che si producesse
a seguito della nascita del Partito
Democratico. Su questa possibilit
occorre un approfondimento.
Premesso che non dato sapere se
tale eventualit possa prodursi (non
a caso di fronte alle crescenti difficolt del processo di unificazione
fra DS e Margherita qualcuno vorrebbe ripiegare su una soluzione
meno impegnativa come quella federale), ma anche supponendo che
essa si possa verificare, su quali basi
potrebbe prodursi una lacerazione
dei DS? Le dichiarazioni di Mussi o
di Angius sono a tale riguardo inequivocabili. Un nuovo soggetto verrebbe a coprire il vuoto di rappresentanza di unopzione socialista. Ci
si chiede a questo punto se la
Sinistra Europea risponderebbe a
questa esigenza. E dubbio. In ogni
caso, se anche ci fosse possibile,
chiaro che il nuovo soggetto si collocherebbe in una prospettiva
molto distante da quella originale di
Rifondazione Comunista. A questo
si deve aggiungere che la proposta
della Sinistra Europea fin dallinizio
stata estremamente ambigua. Un
partito vero e proprio o una confederazione di soggetti pienamente
autonomi? Probabilmente n luno
n laltro, ma un qualcosa che difficilmente consentirebbe di mantenere in piedi lattuale Partito della
Rifondazione Comunista. Si pensi
alla proposta di costruire case della

Settembre - Ottobre 2006

Sinistra Europea nelle varie citt, o


la possibilit di adesioni anche individuali al nuovo soggetto politico,
o ancora il proposito di passare entro il 2008 ad una struttura formalizzata in cui valga il principio di
una testa, un voto. A cosaltro alludono queste proposte se non ad
un superamento di fatto del partito?
E a che cosa alludeva levocazione
del Segretario di Rifondazione, che
in un Comitato Politico Nazionale
giunto ad auspicare parlando del
futuro Partito della Sinistra Europea una formazione costruita attorno a un simbolo e ad una lista?
E evidente, insomma, che se la Sinistra Europea nascer sulla base di
unaggregazione significativa di
forze ci significher, con ogni probabilit, il definitivo superamento
di Rifondazione Comunista. Non
semplicemente per una difesa dellidentit del partito che siamo contrari a questo sbocco.
Vi anche una considerazione politica. Ma davvero qualcuno pu
pensare che un assemblaggio di culture politiche diversificate, fondato
su un minimo comune denominatore socialdemocratico o radicaleggiante, sia in grado di reggere la
competizione con un Partito
Democratico forte e strutturato? E,
peraltro, allinterno di un assetto bipolare in cui la competizione col
centro-destra sollecita una continua pulsione moderata?
Sostenerlo quantomeno azzardato. Peraltro, fino ad ora la Sinistra
Europea non mai scesa in campo
nelle elezioni mentre lUlivo lo ha
fatto e ne uscito sostanzialmente
vincente. Per questo il processo attivato non d prospettive e pu, allopposto, alimentare una crisi irreversibile di Rifondazione Comunista. Lalternativa ragionevole la
costruzione di unalleanza, impegnativa e chiara, fra tutte le forze
della sinistra di alternativa, che preveda il mantenimento dellautonomia dei singoli partiti. Unitari ed autonomi, insomma. Senza inutili
scorciatoie che, fino a prova contraria, non hanno mai premiato chi
le ha percorse.

Settembre - Ottobre 2006

Brasile

segue Luiz Incio Lula da Silva da pag.1

Brasile si sta incamminando verso


una fase di sviluppo sostenuta. I
cambiamenti cominciano a notarsi,
come testimoniato principalmente
dallestensione delloccupazione e
dei redditi per milioni di brasiliani.
Sar elemento prioritario della seconda parte del mandato avanzare
pi rapidamente lungo il solco tracciato da questa nuova fase di sviluppo. Uno sviluppo durevole, con
la riduzione delle disuguaglianze
sociali e regionali, il rispetto per
lambiente e per la nostra diversit
culturale, loccupazione e il benessere, il controllo sullinflazione;
uno sviluppo guidato dallistruzione, dalla democrazia e dalla garanzia dei diritti umani, con una
presenza autonoma e sovrana sullo
scacchiere internazionale e con una
forte integrazione a livello continentale. Questo limpegno sottoscritto dal Partito dei Lavoratori, dal
Partito Comunista del Brasile e dal
Partito Repubblicano Brasiliano,
un impegno assunto con tutte le
forze politiche e sociali che sostengono la rielezione di Lula e di Jos
Alencar rispettivamente alla
Presidenza e Vice-presidenza del
Brasile, quali il Partito Socialista del
Brasile e la maggioranza del Partito
Movimento Democratico Brasiliano (). Nonostante gli importanti passi avanti compiuti nel corso
del primo mandato di governo, vi
ancora una lunga strada da percorrere per affrontare con successo la
situazione avvilente nella quale milioni di brasiliani ancora vivono. La
rielezione di Lula costituisce da
questo punto di vista un elemento
di garanzia che non vi saranno arretramenti, che la transizione verso
un nuovo Brasile non vedr interrotto il suo corso. Essa costituisce
anche unassicurazione sul fatto
che i cambiamenti verranno attuati
attraverso un rafforzamento della
democrazia e un rinnovamento
della nostra cultura politica ().
COSTRUIRE

IL FUTURO

Con i risultati raggiunti tra il 2003 e

il 2006, lamministrazione Lula ha


dimostrato il proprio impegno
verso un progetto di sviluppo nazionale destinato a porre fine allesclusione e alla povert, migliorare
il grado di democrazia attraverso alcune riforme istituzionali ed assicurare una collocazione del Brasile
nel mondo che sia sovrana e solidale. Le politiche realizzate a partire dal 2003 non hanno soltanto
evitato la catastrofe, ma posto le basi
per uno sviluppo sostenuto che, a
medio termine, dovrebbe consentire al Brasile di entrare in un circuito virtuoso in grado di combinare crescita economica, benessere
sociale, democratizzazione politica,
sovranit nazionale e integrazione
continentale ().
IMPEGNI

VERSO

IL POPOLO BRASILIANO
PER RAGGIUNGERE
IL CAMBIAMENTO

C o m b a t t e re lesclusione sociale, la po vert e la disuguaglianza.


Il secondo governo Lula intende
realizzare ulteriori progressi per
sradicare la fame, per consolidare e
migliorare le politiche sociali positive realizzate a partire dal
Programma Zero Fame, in particolare in materia di Assegni Familiari.
Sar poi pi profonda la lotta contro la concentrazione sul piano regionale come sociale della ricchezza e del reddito. Cresceranno
loccupazione, il lavoro e le opportunit di reddito, in particolare attraverso ladozione di misure volte
ad attirare su questo terreno investimenti pubblici e privati, con particolare attenzione alle piccole e
piccolissime imprese. Si proseguir
nella direzione di rafforzare la pratica della gestione comune da parte
dei tre diversi ambiti di governo, investendo sulla qualit dei servizi per
la popolazione. Si proceder al consolidamento del Sistema Singolo di
Salute (SUS), concentrando gli
sforzi nella direzione delluniversalizzazione dei servizi e sul loro miglioramento.

Proseguir la riforma urbana, con


investimenti volti a consentire laccesso a case decorose e ai servizi urbani essenziali per larghi strati popolari, con particolare riferimento
a sanit e trasporto pubblico. Lo
stesso dicasi per lenergia elettrica,
che dovr essere garantita a tutti.
Continueranno a essere stimolate

Lula intende realizzare


ulteriori progressi
per sradicare la fame,
a partire dal Programma
Zero Fame.
Sar poi pi profonda
la lotta contro la concentrazione
sul piano regionale come sociale
della ricchezza e del reddito

quelle misure volte a costruire uneconomia con una base solidale, favorendo la cooperazione, le iniziative autonome di sviluppo locale,
lautogoverno, il micro-credito e incoraggiando una crescente partecipazione dei lavoratori nelleconomia. Lamministrazione Lula, riconoscendo nei giovani soggetti con
dei diritti, assicurer la continuit di
politiche che possano garantire
loro laccesso a un sistema educativo di qualit a tutti i livelli, alla cultura, agli sports, al tempo libero e a
lavori decenti. Saranno rafforzati
quelle politiche e quei meccanismi
in grado di favorire luguaglianza
per le donne, combattendo la violenza e stimolando la loro partecipazione alla vita pubblica ().

Brasile

La battaglia a favore dellinclusione


sociale e contro la povert passa attraverso una crescita accelerata delleconomia ben al di l degli attuali livelli con prezzi stabili, equilibrio fiscale e ridotta vulnerabilit
esterna.
Lattuale riduzione dei tassi reali di
interesse consentir di diminuire
ulteriormente il debito pubblico e
di accrescere lofferta di crediti al sistema produttivo e ai lavoratori. Il
nostro governo continuer nella
sua opera di costruire un vigoroso

mercato di massa dei beni di consumo, legando tra loro indissolubilmente crescita e redditi. Questa
prospettiva richiede una direzione
assolutamente prioritaria da parte
del governo, in grado di determinare una crescita sostanziale degli
investimenti, principalmente pubblici e nazionali, ma anche privati e
stranieri.
Questo implica un potenziamento
delle iniziative statali, delle aziende
controllate dallo stato e del sistema
finanziario pubblico, a partire dalla

Settembre - Ottobre 2006

loro capacit di indurre sviluppo


().
Affinch lintero quadro possa reggere, sar necessario combinare la
Riforma Agraria con il sostegno alle
famiglie contadine, incentivare settori di agri-industria e la soluzione
dei suoi strutturali problemi legati
alla commercializzazione.
Lespansione sostenuta delleconomia sar garantita dallazione combinata di diverse banche, soprattutto
pubbliche, e da misure aggiuntive
volte a stimolare il ritorno dei capi-

Comunisti in Brasile
Sorto nel febbraio 1962, sullonda del contrasto cino-sovietico, da una scissione interna al Partito Comunista
Brasiliano (PCB, fondato nel 1922), il Partido Comunista do Brasil ha elaborato da allora un proprio percorso
politico e teorico segnato da grande originalit e autonomia, pur se allinterno di unimpostazione marxista e
leninista, un p come nel caso del Partito Comunista Indiano (Marxista). Protagonista dal 1964 della guerriglia
in Amazzonia contro le diverse giunte militari, il PCdoB rientrato nella legalit a partire 1985, sostenendo,
pur senza successo, la candidatura di Lula alla presidenza del Brasile (1989) contro il liberista Collor de Mello.
Dopo un decennio di politiche neoliberali senza freni (dollarizzazione delleconomia e successiva crisi del real,
privatizzazioni su vasta scala, drastici tagli al gi debole stato sociale, totale dipendenza dal capitale straniero),
perseguite anche dal successore di Collor, Cardoso, alle presidenziali del 2002 si imposto Lula, sostenuto da
unampia coalizione comprendente anche il PCdoB. Con lXI Congresso (Brasilia, 20 23 ottobre 2005) ma,
soprattutto, con la Conferenza Nazionale del giugno 2006, il partito ha confermato il proprio sostegno a Lula,
pur non senza elementi di forte criticit, soprattutto sul piano della politica economica e sociale.
Nella scorsa legislatura il PCdoB poteva contare su 12 deputati (sui 513 complessivi), tra i quali il presidente
del parlamento federale Rabelo. Nel 2005, secondo i dati diffusi in occasione dellXI Congresso, il PCdoB poteva fare affidamento su 69.658 iscritti (la maggioranza dei quali militanti), contro i 33.948 del 2001; sul piano
sindacale, poi, i comunisti animano la Corrente Sindical Classista (CSC), che agisce dentro la Central Unica dos
Trabalhadores (CUT), il sindacato di Lula. La CSC dirige la CUT in stati di grande rilevanza quali Bahia, Minas
Gerais e Rio de Janeiro.
Alle elezioni del 1 ottobre 2006, il PCdoB ha eletto, per la prima volta dal 1945, un senatore (rinnovo 1/3)
nello stato di Cear, ottenendo 6.364.019 voti, pari al 7,53%. Alla Camera Federale sono stati eletti 13 deputati in dodici stati, dal momento che il partito, pur non avendo superato lo sbarramento previsto del 5%, ha superato il 2% in nove stati, dove ha ottenuto una media del 4,36%. Nelle diverse assemblee legislative dei singoli stati, invece, si registra un arretramento: sono 12 i rappresentanti eletti, contro i 17 del 2002.
Lorganizzazione giovanile del partito, la UJS, molto attiva tra gli studenti e i giovani lavoratori, con un gran
numero di militanti, attivissima in tutte le edizioni dei Forum Sociali Mondiali (Porto Alegre e non solo), ed
esprime anche il vice-presidente del consiglio internazionale del WFDY.
In Brasile attivo anche il Partito Comunista Brasileiro, ricostituitosi sulle ceneri del PCB, dopo che, in occasione
del X Congresso (1992), la maggioranza dei delegati aveva deliberato la costituzione del Partido Popular
Socialista, oggi allopposizione rispetto a Lula (insieme ai Verdi). Il PC Brasileiro, privo di una reale base di
massa, ha costituito insieme ad altri soggetti il Fronte di Sinistra e sostenuto la candidatura di Heloisa Helena.

Ma. Gra.

Settembre - Ottobre 2006

tali speculativi alla sfera produttiva.


Tutto questo insieme di misure contribuir a costruire un modello finanziario non basato sul debito pubblico o su una pesante tassazione.
Un Brasile per tutti. Uneducazione
di qualit con carattere di massa.
Cultura, comunicazioni, scienza e
tecnologia come strumenti utili allo
sviluppo e alla democrazia ().
Sar posta enfasi sullaccesso a una
scuola pubblica democratica e di
qualit, sullo sradicamento dellanalfabetismo, su un pi amplio accesso a programmi di formazione
professionale, tecnica e tecnologica
e ad ununiversit riformata, pi
grande e di maggiore qualit. Come
premesso, essendo tra i fattori critici per garantire linclusione sul
piano economico, sociale e politico
di dieci milioni di brasiliani, questo
impegno riveste una natura strategia per il secondo governo Lula.
Il punto , comunque, concepire
leducazione come prima questione
per importanza e renderla una priorit per lo stato e la societ ().

Brasile

UN

PA E S E S O V R A N O

NELLO SCACCHIERE
INTERNAZIONALE

Il Brasile accrescer la propria presenza autonoma nel mondo. Esso si


batter negli organismi internazionali a favore del multilateralismo,
contribuendo alla riforma
dellONU e del suo Consiglio di
Sicurezza. Esso manterr la propria
iniziativa a sostegno di un pi favorevole ordinamento economico, finanziario e commerciale, di cui possano beneficiare i paesi poveri e in
via di sviluppo, riducendo nel contempo le asimmetrie del mondo di
oggi. Il Brasile rimarr impegnato
nella sua lotta contro la fame e per
la pace. Esso sosterr un sistema di
relazioni tra nazioni basato sul rispetto dei principi della sovranit
nazionale, della non-aggressione e
della non interferenza negli affari
interni dei singoli paesi. Nostra
priorit sar il processo di integrazione sudamericano in particolare
Mercosul e Comunit delle Nazioni

Sudamericane e il rafforzamento
delle relazioni sud-sud, con particolare enfasi rispetto ai paesi del
continente africano, pur tentando
contemporaneamente di guadagnare maggiore accessibilit ai maggiori mercati europeo, nordamericano e asiatico e mantenendo con i
paesi sviluppati relazioni positive e
sovrane.

* Pubblichiamo le parti fondamentali del


programma di governo con il quale Lula
si ripresentato alle elezioni presidenziali
dellottobre 2006. Dopo aver sfiorato la vit toria al primo turno, Lula si imposto net tamente al ballottaggio del 29 ottobre con
il 60,8% dei consensi, contro il 39,17%
del socialdemocratico e liberista Geraldo
Alckim, ottenendo cos il suo secondo man dato. Il programma sobrio ma chiaro, con
una prima parte generale e una seconda
contenente un lungo elenco di proposte con c rete sui singoli ambiti di interv e n t o .
Renato Rabelo Presidente Nazionale del
Partito Comunista del Brasile (PcdoB).

Settembre - Ottobre 2006

Economia

Non si pu pensare di rastrellare


- tra manovrina e finanziaria ben oltre 25 miliardi di euro
da dedicare al risanamento
delle finanze pubbliche e poi
pensare di fare anche
efficaci azioni redistributive
e di sviluppo

Finanziaria:
la scelta del rigore
non giova
allo sviluppo

di Riccardo Realfonzo
Universit del Sannio

LA

SCONFITTA DELLA SINISTRA SUL QUADRO GENERALE DELLE FINANZE

PUBBLICHE. PERCH ALLA SCELTA POLITICA DELLA TERAPIA D'URTO RISPETTO


AL DEBITO ERA PREFERIBILE LA SUA STABILIZZAZIONE

Il confronto tra le forze dellUnione


sulla legge finanziaria 2007 ormai
in Parlamento. una fase delicata
per la sinistra al governo, stretta
come si trova, da un lato, dalla impostazione rigorista e anti-statale
dei moderati e, dallaltro, dalla linea politica e dagli impegni assunti
in campagna elettorale che spingono verso un diverso e nuovo modello di sviluppo. Il che poi significherebbe cominciare a ridefinire il
modello di specializzazione produttiva della nostra economia, spingere
per un assetto distributivo pi equo,
anche sul piano territoriale, nonch
agire concretamente per il rispetto
delle condizioni di sostenibilit ambientale. Propositi ambiziosi, la cui
realizzabilit dipende in modo cruciale dalla capacit di varare una politica industriale che possa far compiere al nostro Paese un salto strutturale. E quindi anche dalla disponibilit di risorse finanziarie significative, cio da una politica delle finanze pubbliche sufficientemente
accomodante.
Purtroppo, con questa finanziaria,
proprio per quanto attiene al quadro generale delle finanze pubbliche, le forze della sinistra incassano
una sconfitta - come ha sottolineato
tra gli altri, a pi riprese, lo stesso
10

ministro Ferrero. In effetti, la sinistra, Rifondazione Comunista in


particolare, aveva auspicato una finanziaria ben pi leggera, che soprattutto prevedesse un saldo positivo tra entrate e uscite molto pi
contenuto. Insomma, una finanziaria che evitasse una manovra di risanamento dei conti pubblici tale
da depotenziare le politiche per lo
sviluppo e lequit.
Sarebbe ingiusto negare che la sinistra abbia spuntato alcuni risultati
significativi su questi fronti. A cominciare dalla ridefinizione in
senso progressivo della curva fiscale
che scaturisce dalla modificazione
delle aliquote Irpef, oltre che dal
nuovo regime degli assegni familiari e delle detrazioni. Si tratta,
come gi ho avuto modo di scrivere,
di risultati politici di rilievo. Ma purtroppo si tratta anche di risultati
quantitativamente modesti, considerate le risorse a disposizione.
Quando non c trippa per gatti,
come dice il vecchio adagio, non c
molto spazio per la politica.
Insomma, non si pu pensare di rastrellare tra manovrina e finanziaria ben oltre 25 miliardi di euro
da dedicare al risanamento delle
finanze pubbliche e poi pensare di
fare anche efficaci azioni redistri-

butive e di sviluppo. Sarebbe dunque saggio evitare di affannarsi nel


difendere troppo questa finanziaria, che ha indiscutibilmente unanima rigorista.
Nel momento in cui scriviamo queste note, sulla reale entit della finanziaria ancora non c chiarezza.
Di certo c che - nonostante il significativo incremento delle entrate registrato nel primo semestre del 2006
(+8% rispetto allo stesso periodo
del 2005), che ha comportato una
discesa del disavanzo al 2,9% del Pil
nel primo semestre il ministro
Padoa Schioppa ha impresso un carattere molto restrittivo alla manovra. Secondo gli ultimi calcoli, la finanziaria ha un valore di 34,7 miliardi di euro (importo dichiarato
dal governo) cui vanno aggiunti i
5,3 miliardi relativi alla sentenza
della Corte di giustizia sullIVA e relativa copertura. Se a questi valori si
aggiungono gli altri interventi, in
primis la manovrina di giugno,
lintervento complessivo del governo va a toccare i 46 miliardi di euro, di cui quasi 27 per correggere i
conti e poco pi di 19 per sviluppo
ed equit.
2. Mentre il balletto di cifre sulla finanziaria continua, del tutto chiaro

Settembre - Ottobre 2006

che essa si muove in applicazione


della strategia di abbattimento del
debito pubblico prevista dal Dpef
2007-2011 varato a luglio. Anzi, pi
precisamente, dal Dpef come rivisto
dalla Nota di Aggiornamento
(NA) del 30 settembre scorso e dalla
Relazione Previsionale e Programmatica per il 2007 (RPP) che ha accompagnato la finanziaria. Come
noto, il Dpef - a suo tempo opportunamente contestato da Rifondazione Comunista - propone una manovra che, con terminologia impropria e intrisa di ideologia liberista, viene definita di risanamento
delle finanze pubbliche. Si tratterebbe di mettere in fila una sequenza di avanzi primari annuali
(eccedenze annuali delle entrate su
uscite, interessi sul debito a parte)
tali da abbattere progressivamente
il debito pubblico rimborsando le
quote ai detentori dei titoli.
Insomma, un sistematico progressivo ridimensionamento dellintervento pubblico nelleconomia da
perseguire mediante tagli alla spesa
pubblica, incrementi del prelievo fiscale non reimpiegabili nelleconomia, ulteriori dismissioni e privatizzazioni. Il vero obbiettivo del Dpef
proprio il risanamento della finanza pubblica.
Per chi avesse dubbi su quanto appena affermato sufficiente esaminare le linee fondamentali del Dpef
nella versione aggiornata dai due
recenti documenti citati. Il Dpef
fissa le seguenti stime riguardo al
tasso di crescita del Pil reale: (Vedi
tabella 1)
Gli altri assunti su cui si fonda il
Dpef concernono il costo del debito
pubblico (fissato al 4,8% del Pil nel
2007 e al 4,7% del Pil nel 2011) e
linflazione programmata, assai
poco credibilmente fissata al 2% nel
2007, all1,7% nel 2008, all1,5% nel
triennio 2009-2011. Sulla base di
queste ipotesi, il Dpef propone il seguente quadro di finanza pubblica:
(vedi Tabella 2)
Si tratta di un piano di risanamento molto aggressivo. Persino
pi aggressivo di quello previsto
nella versione del Dpef di luglio, nel

Economia

quale si prevedeva una discesa del


debito a fine legislatura al 99,7% del
Pil (contro il valore del 97,8% della
Nota di Aggiornamento). A riguardo opportuno sottolineare
che, nonostante il fatto che il ministro Ferrero non approv il Dpef varato a luglio, nella Nota di aggiornamento il ministro Padoa Schioppa ha accentuato la velocit di abbattimento del debito. Nella versione attuale, il Dpef persegue, nellorizzonte di una sola legislatura,
labbattimento del debito pubblico
di oltre nove punti percentuali (a
partire dal valore del 107,6% del Pil
stimato a fine 2006) e lobiettivo del
pareggio del bilancio (lazzeramento del deficit a partire dal valore
del 4,8% del Pil stimato a fine 2006).
A questo scopo viene fissata una serie crescente di forti avanzi primari.
Si comincer con lavanzo primario
del 2007 che, grazie al combinato
disposto della manovrina e della
finanziaria in discussione al Parlamento, dovrebbe attestarsi al 2%
del Pil, per un importo di oltre 30
miliardi di euro. E si andr avanti di
questo passo, almeno nelle intenzioni del governo, con una sequenza di avanzi primari da brivido
sino allavanzo record di 83 miliardi
di euro del 2011 (valori a prezzi correnti secondo le stime del RPP),
pari al 4,8% del Pil.
Va da s che se questo piano venisse
attuato, in presenza di avanzi primari di tali entit anche le finanziarie dei prossimi anni saranno votate principalmente al risanamento e non potranno recuperare
fondi a sufficienza per le politiche
di rilancio delleconomia. Il tutto
con un forte effetto recessivo, di cui
lo stesso governo costretto a tener
conto gi per il prossimo anno, sebbene con toni eufemistici: Nel
2007 lo sviluppo delleconomia italiana, scontando gli effetti della manovra correttiva di bilancio, subir
un lieve rallentamento rispetto allanno in corso (dalla Relazione
Previsionale e Programmatica).
3. Si tratta di una politica generale
delle finanze pubbliche che trova

molti critici a sinistra e che ha portato allappello degli economisti


Non abbattere il debito, ma stabilizzarlo e rilanciare il Paese (visibile sul sito www.appellodeglieconomisti.com), che rappresenta la
posizione alternativa a quella suggerita dal ministro Padoa Schioppa
e da tutti i rigoristi dellUnione.
Lappello - che ho promosso in collaborazione con Bruno Bosco,
Emiliano Brancaccio e Roberto
Ciccone - chiarisce inequivocabilmente, modelli analitici e dati alla
mano, che non esistono imperativi
tecnici o istituzionali che costringano allabbattimento del debito. I
toni allarmistici sugli effetti (di
breve e medio periodo) sul costo
del debito pubblico di eventuali incrementi del tasso di riferimento
e/o di eventuali declassamenti del
debito da parte delle agenzie di ra ting sono del tutto privi di fondamento. E poi c da tenere conto
che il Trattato di Maastricht e il
Patto di Stabilit non prevedono alcuna sanzione per i Paesi che abbiano un rapporto tra debito e Pil
superiore al 60%; inoltre, dopo gli
sforamenti di Francia e Germania
e le recenti bocciature del Trattato
Costituzionale, ben lecito pensare
che si possano contrattare in sede
europea margini ulteriori intorno
al limite del deficit al 3% del Pil (per
approfondire questi aspetti, tante
volte ribaditi, rinvio ai materiali presenti sul sito).
Nulla obbliga quindi il governo in
carica a procedere a un repentino
abbattimento del debito. Si tratta di
una scelta politica. Tuttavia, sarebbe
molto pi razionale perseguire la
strada alternativa della stabilizzazione del debito rispetto al Pil. Si
tratterebbe cio di fissare il disavanzo in modo da stabilizzare il
rapporto tra debito pubblico e Pil ai
livelli attuali, nel rispetto della condizione di sostenibilit del debito
pubblico (esaminata in un famoso
saggio di Luigi Pasinetti). Si tratterebbe insomma di tenere sotto controllo il debito e liberare importanti
risorse per il rilancio del sistema
economico-sociale italiano.

11

Economia

4. Per chi avesse dubbi sullopportunit di una simile strategia forse


il caso di ricordare che, nelle condizioni attuali delleconomia italiana sussiste una differenza enorme tra la politica proposta dal Dpef
e una politica di stabilizzazione del
debito.
Prendendo per buone tutte le ipotesi relative allinflazione, al costo
del debito e al tasso di crescita del
Pil contenute nella versione aggiornata del Dpef, chiunque pu verificare che lavanzo primario che stabilizzi il debito nel 2007 sarebbe
pari all1,3% del Pil, per un valore
di 19,6 miliardi di euro. Invece la finanziaria, applicando il Dpef, porter lavanzo al 2% del Pil, per un
valore di poco pi di 30 miliardi di
euro. Tutto ci molto semplicemente significa che se noi avessimo
gi applicato in questa finanziaria,
per il 2007, il principio di stabiliz-

Tabella 1

Tabella 2

Tabella 3

12

zazione del debito avremmo liberato risorse per oltre 10 miliardi di


euro. Il governo avrebbe insomma
potuto ridurre i tagli, presentando
una finanziaria pi leggera, e contemporaneamente investire ben di
pi nello stato sociale e per lo sviluppo.
Aggiungo che, sempre utilizzando i
dati del Dpef, la stabilizzazione del
debito avrebbe generato un rapporto disavanzo/Pil sostanzialmente in linea con il vincolo europeo del 3%.
Utilizzando sempre gli assunti del
Dpef possibile calcolare gli avanzi
primari sufficienti a stabilizzare il
debito (al valore del 107,6% del Pil
di fine 2006) nei prossimi anni della
legislatura e le risorse che si libererebbero rispetto alla prospettiva di
abbattimento del debito prevista dal
Dpef. (vedi Tabella 3)
Come si vede, la stabilizzazione del

Settembre - Ottobre 2006

debito consentirebbe una riduzione dellavanzo primario crescente e molto significativa. Addirittura a fine legislatura le risorse
che si libererebbero con una politica di stabilizzazione superebbero i
cinquanta miliardi di euro. Si tratta
di cifre importanti che chiariscono
ulteriormente quanto sia aggressiva
la linea di abbattimento del debito
prevista dal governo.
insomma del tutto evidente che la
stabilizzazione del debito consentirebbe un piano delle finanze pubbliche molto meno gravoso e libererebbe importanti risorse da destinare alle politiche di rilancio del sistema economico e sociale.
Non si tratta di una utopia o un
piano puramente astratto: si tratta
piuttosto dellunica strada perseguibile per rilanciare il Paese ed evitare di preparare il campo a una riscossa delle destre.

Settembre - Ottobre 2006

Economia

La furia devastatrice del duo Tronchetti Benetton si abbattuta sul gruppo,


causando la fuoriuscita di decine
di migliaia di dipendenti, strategia
adottata avendo come unica prospettiva
la svalorizzazione della forza-lavoro.
Tutto ci senza che si assistesse ad
una significativa diminuzione del debito

Capitalisti
per caso
re d d i t i e r i
per convenienza

di Pasquale Cicalese
Professore Ordinario, Dipartimento Economia Pubblica
Universit La Sapienza Roma

DOPO IL CRACK PARMALAT E LE SCALATE INCROCIATE DELL'ESTATE 2005,


SIAMO ALLA CRISI TELECOM, EX GIOIELLO PUBBLICO PASSATO ATTRAVERSO
LE PRIVATIZZAZIONI DI SINISTRA. QUALI LE CONSEGUENZE ALL'INTERNO
DEL SISTEMA CAPITALISTICO ITALIANO?

Ancora una volta, come con Gnutti e


Colaninno, lex monopolio delle teleco municazioni secondo lacuta osservazione di Massimo Mucchetti1 - si
trova sulla testa un padrone troppo in debitato per poter sostenere una grande
campagna di investimenti e con una
partecipazione troppo gracile per affron tare aggregazioni internazionali di va sto respiro.
P R I VAT I Z Z A Z I O N E

DI

TELECOM

E C A P I TA L I S M O
D E C A D E N T E I TA L I A N O :

A L L O R I G I N E D E L L A C R I S I

Era stato fin troppo profetico2, il


Mucchetti analista economico del
C o rr i e re della Sera allorquando
aveva ben inteso le fragili costruzioni finanziarie e proprietarie della
Telecom di Tronchetti Provera, con
effetti a cascata sui processi daccumulazione capitalistica, sul patrimonio industrial-tecnologico e
sulle capacit di penetrazione commerciale nei mercati internazionali;
questultimo fattore ancora presente nellera del capitano coraggioso Colaninno, acciocch e
questo giusto metterlo in conto ben presidiava mercati esteri, tutto
il contrario della furia taglia-partecipazioni dellera Tronchetti.

Il primo fattore, vale a dire il crollo


degli investimenti, era ben visibile
nel primo passaggio tra la gestione
pubblica dei boiardi di stato e la gestione privatistica (periodo 19972001), sguito della scellerata dismissione di una delle aziende pi
strategiche del paese. Seguiamo
quanto scrive Mucchetti nel citato
lavoro sulle magnifiche sorti e progres s i v e della classe proprietaria nostrana, ivi compreso il tanto blasonato Guido Rossi, attuale Presidente Telecom: I manager pubblici investono il 61,7% delle risorse del
gruppo nellallargamento e ammodernamento della base produttiva
di Telecomi nuovi padroni dedicano alla base produttiva soltanto il
3 1 , 8 % 3 . Ancora pi impressionante la differenza tra la gestione
pubblica e quella privata nei termini
dacquisto di partecipazioni societarie (rispettivamente il 12,7% delle
risorse contro il 45%) e di dividendi
(7,9% contro il 16,6%).
Dal 2001, poi, la situazione non ha
fatto che peggiorare ancora: lo
sgonfiarsi improvviso della bolla
speculativa iniziato, vale la pena ricordarlo, prima dell11 settembre
2001 e delle Torri Gemelle -, gli
scarsi investimenti e una maggiore
concorrenza nel fisso da parte dellallora pubblico operatore Wind

e nel mobile hanno provocato una


contrazione dei profitti, elemento
che, unito alla mole del debito, ha
trasformato il gruppo Telecom in
un pachiderma incapace di muoversi nellarena internazionale, rifugiandosi per decisione di
Tronchetti - nella provincia italica,
con leccezione della partecipata
brasiliana.
Si badi: i suddetti dati non devono
trarre in inganno sulla presunta fi nanziarizzazione delleconomia un
problema reale, che tuttavia cela la
causa pi profonda, una sfrenata
concorrenza come effetto della crisi
di sovrapproduzione -, perch nel
caso Telecom il difetto dorigine
essenzialmente negli assetti proprietari e nelle strutture di controllo, il male endemico del capitalismo italiano fragile e immaturo,
a detta dello stesso Prodi -, con effetti dirompenti sullassetto economico, produttivo e sociale del paese.
Nocciolino duro nel 1997 tal per
cui gli Agnelli controllavano
Telecom con solo lo 0,6%4 -, leverage
buy out (scalata a debito) nel 1999
mediante il sistema delle scatole cinesi compresa la dissoluzione finale di quel grande patrimonio industriale e culturale che stata
Olivetti , con alla testa la societ di
diritto lussemburghese Bell, e con-

13

Economia

seguente scarico a valle dei debiti


finanziari per la gioia delle maggiori case finanziarie del mondo,
oneri di commissioni compresi in
quella che da l in poi divenuta la
cloaca finanziaria Telecom, con la
definitiva acquisizione da parte di
Tronchetti e Benetton mediante la
scatola Olimpia. Gli effetti sulla struttura industriale sono stati ben chiariti in un articolo di Milano Finanza
del 26 luglio 2005: queste operazioni hanno implicato una forte
riduzione, rispetto al potenziale,
delle politiche di investimento.
Investimenti che toccano proprio il
campo delle infrastrutture, hard o
soft. (.) I debiti extragestionali
con una durata media, in ipotesi, di

I manager pubblici investono


il 61,7% delle risorse del gruppo
nell'allargamento e ammodernamento
della base produttiva di Telecom
i nuovi padroni dedicano alla base
produttiva soltanto il 31,8%

5 anni, implicano rimborsi alle banche e agli obbligazionisti per 10 miliardi di euro lanno5.
Lesito dellOfferta pubblica di acquisto (Opa) di Colaninno (e scalatori lombardi) si era rivelato ben
differente da quello di Tronchetti:
il mantovano ha pagato cash (denaro sonante) anche gli azionisti di
minoranza, in una scalata borsistica
che, con tutte le partecipazioni societarie del gruppo oggetto di Opa,
paradossalmente aveva da un
punto di vista capitalistico e se paragonato alla non Opa di Tronchetti
una sostenibilit finanziaria mag giore di quella del patron di Pirelli,
visto che ora Rossi ci propina la favola della sostenibilit di Telecom
targata 2006. I guai sono derivati

14

dalle scellerate e costosissime


siamo in piena bolla borsistica campagne di acquisizioni segute
alla presa di Telecom ma, soprattutto, dallassenza di una cultura industriale degli scalatori lombardi,
interessati unicamente alle dismissioni, ai dividendi, alla scure sulle
spese per investimenti, al dimagrimento del numero dei dipendenti
e alle laute plusvalenze. Per il resto,
nel gruppo dei padani, Colaninno
peraltro responsabile, assieme al
compagno De Benedetti, della distruzione di Olivetti - era il solo ad
avere uno straccio di progetto industriale che, con il senno di poi,
dopo circa sei anni, gli analisti economici hanno reputato moderno
e in linea con le strategie internazionali oggi in voga. Il mantovano
stato il primo a parlare delle sinergie industriali media-telecom, cos
come propose, allora bocciato dagli
analisti., la fusione tra fisso e mobile, una strategia che caratterizza,
guarda caso, la fase attuale del
mondo delle telecomunicazioni
(tlc). Anche allora il problema si
rivelato essere, come al solito, lassetto proprietario: i suoi compari
erano interessati al guadagno immediato, utile per altre scorribande
(Antonveneta, Banca Popolare Italiana Bpi -, Rcs, Unipol, furberie e
insider trading vari). E cos, approfittando della vacanza argentina di
Colaninno, i furbetti bresciani nel
2001 gli hanno voltato le spalle, consegnando il forziere Telecom a colui che tutta la stampa italiana reputava essere il migliore capitalista
dItalia, Tronchetti Provera, principe assoluto delle stock options, che
verr ricordato nella storia industriale del paese come il distruttore
del gruppo Pirelli.
Dalla scatola Bell si passati senza
transitare attraverso unOpa totalitaria in borsa, alla scatola Olimpia, a
sua volta controllata da altre strutture piramidali fino alla non quotata Marco Tronchetti Provera & C.
Sapa, un assetto finanziario costruito forse per emulare la societ
accomandita degli Agnelli. Il cambio degli assetti proprietari e di con-

Settembre - Ottobre 2006

trollo stato fatto in barba alle regole del mercato e ai diritti dei piccoli azionisti, in linea con le fregnacce che ci propinano in questi
giorni i cantori si pensi allo stesso
Rossi - dello Stato visto nellunica veste di regolatore del mercato,
giammai come attore principale,
come avviene invece nei principali
paesi a capitalismo avanzato, delle
politiche industriali. La furia devastatrice del duo Tronchetti - Benetton si abbattuta sul gruppo, con
vendite di controllate estere e di
partecipazioni per un ammontare
di circa 16 miliardi di euro, in aggiunta ad una feroce opera di esternalizzazione di fasi produttive che
ha causato la fuoriuscita di decine
di migliaia di dipendenti, strategia
adottata avendo come unica prospettiva la svalorizzazione della
forza-lavoro, lintensificazione dei
ritmi produttivi e la precarizzazione, interna ed esterna, della
forza-lavoro pi giovane. Tutto ci
senza che si assistesse ad una significativa diminuzione del debito, acciocch i profitti erano per lo pi
destinati ai dividendi, utili per finanziare, a loro volta, i debiti - e i dividendi - delle scatole cinesi a
monte.
Il delirio dellassetto di controllo,
volto a non diluire la quota di partecipazione, ha trasformato il gruppo,
a seguito della fusione di Tim con
Telecom (per un ammontare di circa
14 miliardi di euro), in unincontrollabile societ zavorrata di debiti,
i cui oneri finanziari, a valle, ma soprattutto a monte, erano destinati ad
incidere pesantemente sulle prospettive di sviluppo della societ di
telecomunicazioni, nel mentre i debiti dei colossi francesi e tedeschi
smaltite parzialmente le scorie delle
follie borsistiche pre-bolla - venivano
in questi anni contratti per politiche
di investimento finalizzate ad afferrare la rivoluzione tecnologica della
banda larga di ultima generazione,
linfrastruttura strategica di qualsiasi
paese che voglia definirsi a capitalismo avanzato.
E dunque un grosso errore parlare
di f i n a n z i a r i z z a z i o n e come causa

Settembre - Ottobre 2006

della caduta del gruppo Telecom.


Essa essenzialmente dovuta ad insufficienti investimenti che hanno
finito per provocare una riduzione
dei profitti, causata, detta mancata
modernizzazione del capitale fisico,
da una mole impressionante di
oneri finanziari e dalla volont di attuare una forte politica di distribuzione dei dividendi per rimpolpare
le casse delle scatole cinesi a monte.
Questo elemento richiama nuovamente la causa primaria della deriva
anticapitalistica del padronato italiano: gli assetti proprietari e la conseguente ossessione, quasi maniacale, del controllo delle imprese
con pochissimi capitali, reso possibile da una legislazione che incentiva ardite costruzioni finanziarie e
patti di sindacato. E solo costringendo i protagonisti negativi della
vicenda ad una fortissima diluizione
delle partecipazioni a monte, magari con la loro fuoriuscita (attori
possibili: banche e fondazioni) tramite un corposo aumento di capitale, accompagnata da una drastica
riduzione dellammontare dei dividendi a favore di urgenti iniezioni
di liquidit per investimenti in tecnologie e impianti, che il gruppo
Telecom potr avere la possibilit di
avviare un percorso di riduzione del
debito (stimato in circa 45 miliardi
di euro).
LA

C R I S I AT T U A L E

E I L D I B AT T I T O P O L I T I C O

Unicredit e Banca Intesa sono uscite


dalla scatola Olimpia con circa 1,2
miliardi di euro: potrebbe essere
questo il definitivo de profundis
delle scorribande finanziarie di
Tronchetti, visto che sta al contempo ritraendosi anche da patti di sindacato nel mondo bancario. La sorte di Olimpia era segnata da almeno
un anno, quando, dopo la fuoriuscita del finanziere bresciano
Gnutti, colpito dallo scandalo Bpi Antonveneta, le suddette banche
hanno manifestato lintenzione di
fuoriuscire dalla scatola creata dal
duo Tronchetti Benetton. Tutto

Economia

quello che accaduto successivamente pu essere considerato solo


un crescendo di mosse e contromosse, fino allallarmante ingenuit di Prodi, che non capisce che
il giochetto messo in piedi da
Tronchetti riassumibile in definitiva nello spezzatino pu esser
fatto in realt da chiunque abbia
e il mondo ne pieno circa 20 miliardi di euro da destinare ad
unOpa totalitaria sul gruppo, che
attualmente capitalizza circa 30 miliardi, compresa Tim (fusa circa un
anno e mezzo fa). A partire da un
pool di banche italiane ed estere: la
liquidit non manca di certo.
Tronchetti e soci hanno cercato in
questi ultimi mesi una via duscita.
Il motivo? Una corposa minusvalenza (svalorizzazione del capitale
azionario): le azioni Telecom contenute nella scatola cinese Bell sono
state acquistate al prezzo di 4,3 euro
cadauna, mentre oggi non valgono
che la met. In aggiunta a questo, la
Consob potrebbe nei prossimi mesi
costringere la Pirelli & C. a consolidare il debito Telecom, cos come la
galassia Tronchetti potrebbe essere
costretta dalle normative di bilancio
a corpose minusvalenze nelle varie
scatole. Gi oggi i Benetton registrano una minusvalenza in
Olimpia di circa 1 miliardo di euro,
ragione essenziale alla base della decisione di vendere laltro ex gioiello
pubblico costruito con le tasse dei
contribuenti italiani, la S o c i e t
Autostrade, agli spagnoli di Abertis,
dopo aver oberato la societ con
unOpa totalitaria - anche qui con il
leverage buy out - finalizzata nuovamente al controllo assoluto e disattendendo ben due convenzioni che
li obbligavano a fare investimenti
sulla rete autostradale per circa 4
miliardi di euro. In un paese civile
i pubblici poteri toglierebbero loro
semplicemente la concessione per
inadempienza contrattuale, ma
siamo in Italia, il regno dei professori delle regole, giammai in un
paese a capitalismo avanzato.
La via duscita a Tronchetti la offre,
tuttavia, su di un piatto dargento
Romano Prodi, evidentemente

molto avvezzo a questioni finanziarie; le privatizzazioni, del resto, le ha


fatte lui e, a distanza di circa tredici
anni e nonostante lo spaventoso impoverimento del capitale intelligente privatizzato, alla Camera comunica di esserne ancora fiero. Da
carnefice e distruttore di gruppi storici, il patron della Pirelli si trasforma in vittima. Denuncia di essere stato spiato, amara sorte toccata anche alla moglie, nellambito
di quellaltra cloaca denominata
operazione SuperAmanda. La crema
dellaristocrazia finanziaria italiana
e migliaia di lavoratori sono vittime
di spionaggio e lui, Tronchetti, presidente del pi importante gruppo
di telecomunicazioni italiano, non

Quel che certo che l'esito


delle privatizzazioni
semplicemente fallimentare,
ragion per cui un nuovo apparato
produttivo deve essere costruito,
e gli unici soggetti che possono
essere protagonisti di una
nuova modernizzazione
sono lo Stato e le banche

sa dire altro se non che non ne era


affatto al corrente. Il meno che si
possa dire che ci troviamo di
fronte a una persona sbalorditivamente incompetente.
E siamo a quello che divenuto
noto come Piano Rovati, che costato allo stesso Rovati, consigliere
privato di Prodi in materia economica, il licenziamento. Sono necessarie, a tal proposito, due considerazioni. La prima, di ordine politico: se le belle anime della Casa
delle Libert si scandalizzano per

15

Economia

un dossier che parte dai palazzi del


potere, difficile non sorridere.
Tragico invece che tanta parte della
sinistra italiana ponga ancora questioni di ordine morale sulle suddette operazioni, come se non si sapesse, riprendendo una nota immagine di Marx, che il governo il
consiglio di amministrazione della
borghesia e dellaristocrazia finanziaria dominanti un paese. Dossier,
architetture finanziare, alleanze finanziarie e industriali sono il pane
quotidiano di qualsiasi governo a capitalismo avanzato: quel che bisogna evitare la deriva neofeudale
dei riposizionamenti produttivi e finanziari, cosa che invece successa
in questo benedetto paese negli ultimi decenni, con responsabilit oggettive di molti ex comunisti al governo negli anni cruciali delle privatizzazioni.
La seconda: il Piano Rovati non era
affatto eccellente, come invece affermato dai vertici della sinistra moderata e riformista. Nella parte riguardante il ruolo della Cassa
Depositi e Prestiti (Cdp) per lacquisizione della rete, esso non era
altro che una socializzazione su vasta scala delle perdite, per un ammontare quasi equivalente agli introiti della privatizzazione dellintero gruppo Telecom, telefonia mobile compresa. Unennesima scialuppa di salvataggio ai capitalisti
nostrani (i peggiori dellEuropa occidentale), dopo svalutazioni, salari
da fame, incentivi e privatizzazioni.
Non pare una grande strategia in vista della costruzione di elementi di
modernizzazione economica nel
feudalesimo italiano, anche perch
la Cdp sarebbe stata in seguito obbligata a mettere sul piatto circa 15
miliardi per la messa in posa della
banda larga di ultima generazione in
tutta la penisola: tanto valeva allora
lanciare unOpa totalitaria sullintero gruppo, cos almeno i ricavi sarebbero stati sufficienti a coprire gli
ingenti investimenti necessari.
Anche in questo caso, semplicemente, in un paese civile lo Stato al
pari del caso Autostrade - si sarebbe
ripreso linfrastruttura, con largo-

16

mento che il privato, nella sua veste


di concessionario, non ha rispettato
i requisiti del servizio universale, visto che destina gli investimenti solo
nelle aree metropolitane.
Il piano Rovati avrebbe permesso,
tra le altre cose, la quasi immutabilit degli assetti di controllo del
gruppo, il vero dramma in questione.
VERSO

U N U LT E R I O R E

S V E N D I TA D E L PAT R I M O N I O
PUBBLICO?

Quel che si pu e si deve fare, in sede


politica, un bilancio delle privatizzazioni dellultimo decennio: la
storia del capitalismo di stato una
storia di grandi sacrifici, di stupefacenti percorsi di modernizzazione,
che hanno permesso al paese di entrare, dopo circa un secolo dallUnit, nel novero dei paesi industrializzati. Ragionamento, questo, ben
diverso dal dirigismo e fiscal-socialismo (un poco di memoria non
guasterebbe), come affermano invece oggi gli ex comunisti ed ex socialdemocratici, teorici di un liberal-socialismo senza alcuna corrispondenza storica. Quel che certo
che lesito delle privatizzazioni
semplicemente fallimentare, ragion per cui un nuovo apparato produttivo deve essere costruito, e gli
unici soggetti che possono essere
protagonisti di una nuova modernizzazione sono lo Stato e le banche.
Il paese non ha pi, purtroppo, banche pubbliche (in Germania esse
detengono l80% del mercato), necessarie ad un ritorno a processi di
accumulazione capitalistica in vista
di una reale modernizzazione economica: non certo quella che ci propinano i liberisti da cattedra che sognano il libero mercato, quando
nella realt mondiale le dinamiche
del capitale portano, per necessit
e per la legge immanente del capitale stesso, a monopoli e oligopoli,
in una divisione internazionale del
lavoro che vede il nostro paese in
una posizione quasi semi-periferica
dove dominano i subfornitori - che

Settembre - Ottobre 2006

subiscono i prezzi stabiliti dagli oligopoli esteri, con relativa ossessione


per il costo del lavoro -, e non certo
le grandi imprese, ora ridotte al lumicino.
Non rimane che affidarsi ai conglomerati finanziari che si stanno costruendo (con la speranza che almeno questi siano dediti allaccumulazione capitalistica) e alla Cassa
Depositi e Prestiti, in un ruolo diverso da quello prospettato da
Rovati. Non abbiamo pi grandi imprese manifatturiere, con leccezione della galassia Finmeccanica e
Fintecna, motori essenziali di processi e prodotti ad alto contenuto tecnologico e di saperi. Siamo fuori dallinformatica, dalle biotecnologie,
dal farmaceutico, dallelettronica,
quasi fuori dallimpiantistica, dalle
grandi opere, e via elencando. In
quasi tutti questi settori, il pubblico
e non il dirigismo socialista, come
affermano tutti coloro che ignorano
la storia del capitalismo italiano degli ultimi settantanni - era presente;
con pluridecennali sacrifici si era costruita una grande base industriale,
completamente dissolta nel momento in cui Ciampi, Draghi e Prodi
dopo il famigerato patto Andreatta/Van Miert del 1993 hanno
deciso di svendere il capitale intelligente, convinti che il paese potesse
andare avanti con il capitale stupido
degli stracci eleganti, direbbe leconomista De Cecco del piccolo
bello e dei distretti. Tutto ci per la
gioia deicapitalismi tedesco, francese, americano, ecc., che quasi non
potevano credere di aver messo da
parte un concorrente allora ancora
temibile dallarena oligopolistica
mondiale. Alle grandi famiglie
stata concessa la possibilit di ripararsi nei settori delle pubbliche utilit, visto che gli oligopoli mondiali
incominciavano a massacrare le
loro imprese gestite in senso anticapitalistico, effetto, come sempre,
dellossessione per il controllo della
propriet.
I capitalisti nostrani nel frattempo
hanno adocchiato un altro grosso
boccone, i 41 miliardi di patrimonio
delle 700 municipalizzate. I soldi ci

Settembre - Ottobre 2006

sono: checch se ne dica, da questo


punto di vista non mancano i capitali, mancano i capitalisti, quali
agenti del capitale. Certo, gli impieghi bancari faranno la parte del
leone. Vale la pena ricordare che vi
abbondanza di liquidit: alti profitti (associati a salari da fame) negli ultimi tre lustri non reinvestiti e
teusarizzati allestero costituiscono
unenorme massa finanziaria pronta per essere investita nei settori protetti, cosicch avremo una nuova
schiera di falsi capitalisti e di reali
rentiers, per la gioia di chi va fiero
delle privatizzazioni. Una parte di
questa mole di profitti stata scudata nel 2003 con il provvedimento
di Tremonti; si calcola che lo scudo
fiscale con unimposta da pezzenti: 2,5% - abbia fatto rimpatriare circa 80 miliardi di euro. Di
questi, 30 sono ritornati legalizzati
nei paradisi fiscali e in Svizzera e
20 hanno contribuito alla bolla immobiliare tuttora in corso. Ci sono
in giro ancora la bellezza di circa 30
miliardi di euro pronti per essere
investiti nelle pubbliche utilit, e
in loro soccorso pare esserci per
lennesima volta lattuale ministro

Economia

Lanzillotta, autrice della prossima


riforma delle municipalizzate.
Fermare questa altra svendita ai
danni dei salariati italiani sarebbe
una necessit assoluta, atteso che
dopo la tragedia delle privatizzazioni degli anni novanta non si
debba assistere alla farsa della svendita delle municipalizzate, costruite
lo si ricordi - dal movimento socialista di fine ottocento. Esse hanno certo lurgenza - prima che vengano sbranate dagli colossi europei
- di fondersi e crescere da un punto
di vista dimensionale e territoriale
(su questo, il modello tedesco della
RWE proposto da Prodi efficace),
ma lo si pu benissimo fare mantenendo il controllo assoluto da parte
dei pubblici poteri, cosa ben diversa
dalla propriet dei partiti o delle coalizioni, garantendo gestioni efficienti e prezzi contenuti, come succedeva nelle imprese della galassia
Iri (Istituto per la Ricostruzione
Industriale) nei primi decenni del
dopoguerra, prima che la furia partitocratica vi instaurasse quel che
stato definito keynesismo delinquen z i a l e, a causa del quale si passati
dalla padella alla brace.

Note

1 Massimo Mucchetti, Licenziare i padroni?,


Feltrinelli 2003, p. 126.
2 Forse per queste considerazioni che Mucchetti
ha subto per anni intercettazioni, pedinamenti
e spionaggio vario.
3 Ibidem, p. 114-115.
4 Su questo fu ineccepibile il giudizio di
DAlema; il problema venuto poi, al di l del
fatto che ci fosse o meno una merchant bank
a Palazzo Chigi. Il Presidente DS era convinto
e lo tuttora - che ci fosse una classe proprietaria pi moderna rispetto ai blasonati nomi
dellaristocrazia finanziaria. Come politico non
si rivelato lungimirante.
5 La cifra si riferisce al leverage buy out di
Telecom, Autostrade e Wind. Si veda Leverage
buy out: gli effetti perversi.
Larticolo citato nellilluminante saggio di
Massimo Gattamelata, Il mercato immerso in
un liquido. Il leverage buy out in se stesso, in
La Contraddizione, n. 110. E senzaltro uno
dei migliori saggi sugli effetti perversi delle privatizzazioni. Per una disamina completa si
veda pure V. Giacch, Fuga dalla grande industria. Padroni: il fascino discreto dei servizi
pubblici, in La Contraddizione, n. 97.

17

Settembre - Ottobre 2006

Diritti

Dopo le riforme degli anni 90,


ci stiamo avviando verso una situazione
di generalizzata insufficienza della
copertura pensionistica: andando
in pensione a 60 anni con 35
di anzianit, i lavoratori parasubordinati
matureranno una copertura pari a meno
del 30% dellultima retribuzione,
mentre anche i lavoratori dipendenti
non arriveranno al 50%

L i n c e rto futuro
del sistema
p re v i d e n z i a l e
pubblico

di Felice Roberto Pizzuti


Professore Ordinario, Dipartimento Economia Pubblica
Universit La Sapienza Roma

IL NODO-PENSIONI E LA FINANZIARIA.
GLI INTERESSI CHE SI NASCONDONO DIETRO I FONDI PRIVATI

Finora, il provvedimento economico pi significativo del Governo


stato il Documento di Programmazione Economica e Finanziaria
(Dpef); da esso derivano le direttrici
per la Legge Finanziaria che dovr
essere approvata definitivamente
entro la fine dellanno.
Nel Dpef vengono spesso sottolineate le carenze non congiunturali del
nostro sistema produttivo legate alla
maturit della sua specializzazione
settoriale e alla scarsa propensione
allinnovazione. A pi riprese ribadito il principio che occorre perseguire contestualmente la crescita, il
risanamento del bilancio pubblico e
il riequilibrio sociale. Tu t t a v i a ,
quando si passa alla concretezza dei
numeri, il vincolo del bilancio pubblico - che pur sempre uno strumento della politica economica viene enfatizzato a danno di quegli
obiettivi cui pure viene riconosciuto
un rilievo strutturale.
Come viene contabilizzato nello
stesso Dpef, imporsi di abbassare il
rapporto Deficit/Pil sotto la soglia
del 3% gi nel 2007 produce leffetto, rispetto allandamento tendenziale, di frenare il tasso di cre-

18

E LA NECESSIT DI UNA BATTAGLIA POLITICA

scita dello 0,3% e i consumi delle famiglie dello 0,5%. Naturalmente ne


seguono conseguenze negative anche per le entrate tributarie (che diminuiscono) e per il saldo di bilancio (che peggiora). Concentrare lazione di politica economica sulla riduzione del numeratore del rapporto Deficit/Pil (Prodotto Interno
Lordo) implica dunque ridurre anche il denominatore, con il risultato
dinnescare una spirale perversa.
Ma ci che pi conta che accentuando quel vincolo, si costretti a
scadere dalla logica delle riforme
alla pratica dei tagli.
Il risanamento dei nostri conti pubblici certamente una necessit da
non sottovalutare; ma i tempi e i
modi del riaggiustamento possono
essere diversi: ad esempio quelli pi
gravosi, delineati nel Dpef, connessi
allobiettivo di abbattere il debito
gi nei prossimi anni o quelli possibili limitandosi, nellimmediato,
alla sua stabilizzazione.
La scelta non indifferente, ma non
pu nemmeno concentrarsi sugli
aspetti quantitativi delle due alternative (profilo quantitativo-temporale del disavanzo e entit delle ma-

novre finanziarie); la decisione


deve essere presa in rapporto alle
circostanze congiunturali, agli
obiettivi strutturali che si perseguono e alla qualit delle voci di bilancio su cui si opera.
Naturalmente, quanto pi il vincolo
di bilancio stringente, tanto pi gli
obiettivi di crescita sono negativamente condizionati fino a rischiare
di essere declassati a variabili subordinate. Nellattuale situazione italiana non possiamo correre questo rischio; sarebbe un prezzo pagato non
sullaltare del rigore, ma del feticismo ragionieristico che capovolge la
logica della politica economica.
E in questo senso - cio non solo e
non tanto sul piano quantitativo,
ma principalmente su quello dei criteri logici (da cui discendono anche
effetti quantitativi) - che va criticata
laprioristica volont del Dpef di
procedere subito allabbattimento
del debito.
2. La definizione quantitativa dei
modi e dei tempi del risanamento
deve tener conto sia dei segnali di
ripresa che riguardano lintera
Europa, sia dei mutamenti non pu-

Settembre - Ottobre 2006

ramente congiunturali che stanno


intervenendo nelle nostre entrate
tributarie. A questo proposito,
stato positivo ed efficace il segnale
dato dal Governo contro levasione
fiscale, ma i suoi effetti duraturi sul
bilancio vengono indebitamente
sottostimati nella progettazione
della Legge Finanziaria.
Nel Dpef si prevedeva per il 2006 un
miglioramento delle entrate fiscali
del 6,2%, ma nei primi 7 mesi esso
stato del 12,6%. Gli ulteriori dati
sullandamento del fabbisogno di
luglio e agosto e le ultime previsioni
sulla crescita confortano ulteriormente la gi ragionevole ipotesi che
nella rimanente parte dellanno
laumento delle entrate segua almeno lo stesso ritmo registrato finora; in tal caso, a fine anno il miglioramento per il bilancio sarebbe
non di 24 miliardi, come previsto
nel Dpef, ma di circa il doppio.
Dunque per il prossimo anno si pu
ragionevolmente ipotizzare che il
miglioramento di bilancio vada ben
oltre i 5 miliardi che hanno indotto
la riduzione della manovra
Finanziaria solo da 35 a 30 miliardi.
La componente della manovra finalizzata al risanamento del bilancio, pur ridotta da 20 a 16 miliardi,
potrebbe rivelarsi eccessiva anche
in rapporto allobbiettivo di portare
gi nel 2007 il disavanzo pubblico
sotto il 3%.
Ma nel Governo, astraendo da logiche di riforma, si sostiene lopportunit che i tagli alla spesa sociale e alla
pubblica amministrazione comunque non scendano sotto quel livello.
Questa posizione cerca e trova sostegno nelle indicazioni di Bruxelles le
quali, a forza di essere incautamente stimolate, trascendono in
ammonizioni e pressioni che, pure
essendo palesemente inaccettabili,
paradossalmente vengono poi presentate come vincoli istituzionali.
Qui bene si evidenziano la natura e
i limiti della politica dei due tempi,
la quale non ha nulla di rigoroso,
ma si sempre manifestata come
uno stratagemma politico per praticare di fatto la convinzione ideologica liberista secondo cui solo il

Diritti

primo tempo sarebbe necessario,


mentre il secondo non avrebbe bisogno di scelte politiche perch basterebbe il mercato.
Purtroppo, non solo le critiche teoriche allillusione neoliberista, ma
anche la sperimentazione pratica
hanno dimostrato come quella visione fondamentalista spesso sia fallimentare anche sul piano economico, come lo per gli equilibri sociali.
3. Tra i settori dove si vuole intervenire per fare tagli, e non riforme,
c quello previdenziale. Dopo le riforme degli anni 90, che molto
hanno tenuto conto anche dellinvecchiamento demografico, ci stiamo avviando verso una situazione di
generalizzata insufficienza della copertura pensionistica: andando in
pensione a 60 anni con 35 di anzianit, i lavoratori parasubordinati
matureranno una copertura pari a
meno del 30% dellultima retribuzione, mentre anche i lavoratori dipendenti non arriveranno al 50%.
Equivocando tra le problematiche
economiche di breve e di lungo periodo connesse allinvecchiamento
demografico e semplificando i suoi
molteplici effetti sul sistema produttivo e su quello finanziario, c
chi ritiene che per migliorare lequilibrio previdenziale sia necessario aumentare subito let di pensionamento; tuttavia, in presenza
degli attuali bassi tassi di occupazione - tra i minori nei paesi sviluppati forzare il prolungamento dellattivit di chi vorrebbe smettere
equivale oggi - a precludere limpiego dei giovani in cerca di lavoro.
Il risultato di questa scelta nellimmediato sarebbe di ostacolare ulteriormente il ringiovanimento degli
occupati, la crescita della produttivit, il rinnovamento del sistema
produttivo e, dunque, la possibilit
di avviare un aumento duraturo e socialmente equilibrato della crescita.
Nella pubblica amministrazione, invece, molti spesso gli stessi commentatori - sostengono lopportunit contraria di anticipare let di
pensionamento e i pi rigoristi optano per il licenziamento mediante

decimazione.
Unaltra posizione presente tra le
forze di governo, la cui razionalit
economica scarsamente comprensibile, quella di chi continua
a pensare che la preoccupante inadeguatezza del nostro sistema pensionistico possa essere risolta puntando sulla previdenza a capitalizzazione, ovvero trasferendo tutto o
buona parte del Trattamento di
Fine Rapporto (Tfr) ai fondi privati,
la cui funzione diventerebbe sostitutiva e non complementare rispetto al sistema pubblico.
Questa scelta, tanto per cominciare,
determinerebbe un sensibile aggravio per il bilancio pubblico che arriverebbe fino allo 0,3% del Pil.
La copertura pensionistica diventerebbe meno sicura e anche il reddito della vecchiaia verrebbe legato agli
altalenanti rendimenti borsistici.
Pensando alle pi complessive esigenze di rinnovamento del nostro
sistema economico importante tener conto che, dal punto di vista finanziario, il trasferimento di tutto
il Tfr ai fondi privati determinerebbe il dirottamento allestero di
una consistente quota del risparmio
nazionale, che in 5-6 anni arriverebbe a circa 100 miliardi di euro.
Gi oggi i Fondi pensione, che pure
gestiscono risorse dieci volte pi
piccole, solo per il 2,3% le investono
in titoli azionari nazionali poich le
nostre piccole imprese hanno difficolt a quotarsi in Borsa. Ben il 77%
di quel risparmio previdenziale
viene investito allestero dove si finanziano i nostri concorrenti.
Se non si abbagliati da pregiudiziali ideologiche contro la previdenza pubblica, proprio a questa
che si deve far ricorso se si vuole risollevare nel modo pi sicuro la
bassa copertura pensionistica che si
prospetta con il sistema attuale; e lo
si pu fare attuando una proposta
gi presente nel Programma dellUnione, una proposta che avrebbe
anche il grande pregio di contribuire a migliorare, e non a peggiorare, il nostro bilancio pubblico, generando e non assorbendo risorse
per il finanziamento delle politiche

19

Diritti

di sviluppo.
Il provvedimento consiste nellintrodurre la facolt per i singoli lavoratori di aumentare la loro contribuzione al pi affidabile sistema
pubblico.
Attualmente, i lavoratori dipendenti, contando sugli accantonamenti per il Tfr e sullapporto delle
imprese, dispongono di risorse da
versare ai fondi privati pari a quasi
il 10% del costo del lavoro. Tuttavia,
essi non possono impiegare queste
disponibilit, nemmeno parzialmente, per aumentare la propria
posizione contributiva e la corrispondente pensione maturata
presso il sistema pubblico.
E una discriminazione assurda, penalizzante per i lavoratori e controproducente per leconomia.
Simulazioni svolte nel Rapporto sullo
stato sociale 2006 (Utet) indicano
che se la libert di scelta desse luogo
ad una contribuzione aggiuntiva del
5% (e ne rimarrebbero altrettanti
da distribuire tra il finanziamento
del Tfr e dei fondi privati), le pensioni salirebbero dal 48 al 64% del-

lultima retribuzione, andando in


pensione a 60 anni con 35 di contributi, e dal 64 al 74% ritirandosi a
65 anni con 40 di contributi. Le prestazioni nette migliorerebbero ulteriormente se il loro trattamento fiscale fosse simile a quello immotivatamente pi di favore attualmente riservato alla previdenza
complementare.
In aggiunta al consistente aumento
della copertura pensionistica, le
maggiori entrate contributive migliorerebbero il bilancio pubblico
di circa l1% dei Pil per tutto il prossimo decennio.
Si tratta di una proposta tanto semplice quanto efficace, quasi luovo
di Colombo; non detto, per, che
essa riuscir a trovare lo spazio adeguato nel complesso equilibrio delle visioni economiche e degli interessi che premono sulla Finanziaria.
Il provvedimento, per i suoi effetti
strutturali e immediati sul bilancio,
potrebbe essere inserito nella
Legge Finanziaria, anche se contemporaneamente - va sostenuto il
rinvio di altri eventuali interventi in

Settembre - Ottobre 2006

materia previdenziale ad un disegno di legge sul quale avviare il dibattito nella maggioranza e con le
parti sociali.
Il Governo ha di fronte problemi,
specialmente quelli economici, obiettivamente complessi; la sua azione ha finora manifestato segni
dincertezza che riflettono anche il
non ancora definito assestamento
degli equilibri tra le forze politiche
che lo sostengono. Questa instabilit, da un lato, ostacola lesigenza d
interventi omogenei in tempi rapidi;
dallaltro, lascia ancora aperta alle
forze della sinistra la possibilit dincidere maggiormente sulle scelte.
Un coordinamento delle loro rappresentanze parlamentari e al governo che dovrebbero dotarsi di
una corrispondente struttura tecnica per operare efficacemente anche nella fase della concertazione
interministeriale sarebbe un passo
estremamente utile per ribaltare la
condizione di marginalit relativa
che attualmente limita la capacit
dazione di ciascuna di esse singolarmente prese.

WWW.lernesto.it
20

Settembre - Ottobre 2006

Diritti

E necessario cambiare rotta, anche


rispetto alle politiche del precedente
governo di centro-sinistra, e la proposta
di legge di iniziativa popolare Per una
Buona Scuola per la Repubblica,
forte delle sue oltre 100 mila firme,
unottima piattaforma per la
costruzione non solo di unaltra idea di
scuola, ma di un altro mondo possibile

Il futuro della
scuola italiana
dopo la Moratti

di Anna Maria Palermo


Senatrice Gruppo PRC - Sinistra Europea

LE RIFORME DEMOCRATICHE DEL SISTEMA SCOLASTICO NEL SECONDO


DOPOGUERRA; FORMAZIONE, FORMAZIONE PROFESSIONALE
E PARI OPPORTUNIT DOPO LE RIFORME BERLINGUER E MORATTI:
RITORNO A UNA SCUOLA DI CLASSE?

a scuola italiana continua a vivere


nella pi totale incertezza e confusione e la sospensione, da parte del
nuovo governo, di alcuni tra gli int e rventi pi discussi della l e g g e
53/03 (cosiddetta Riforma Moratti)
non basta a restituire la necessaria
serenit sul destino che attende il
nostro sistema scolastico. Le mobilitazioni del mondo della scuola negli ultimi anni hanno sicuramente
contribuito al raggiungimento di alcuni importanti, se pur parziali,
obiettivi: il superamento del tutor; lesclusione del portfolio e il
ripristino della tradizionale scheda
di valutazione; la sospensione dell
anticipo nella Scuola dellInfanzia; lelevamento dellobbligo scolastico a 16 anni; la sospensione
della somministrazione generalizzata delle prove INVALSI; lannuncio della salvaguardia del Tempo
Pieno e del Tempo prolungato e
della revisione delle Indicazioni
Nazionali.
E evidente, per, che tutto ci non
chiarisce quali siano i principi di
fondo su cui il nuovo governo intende costruire la sua politica in
tema di istruzione e non rassicura

sulle reali intenzioni di cambiamento rispetto alla filosofia di


fondo su cui la riforma Moratti
stata costruita.
Molti sono gli aspetti che meriterebbero di essere approfonditi, comunque mi limiter ad analizzare
una delle problematiche, a mio parere, pi indicative e rivelatrici dellapproccio generale su tutta la questione: quella dellobbligo scolastico,
strettamente legata alla riforma della
scuola media superiore.
E noto che la legge 53/03 ha sostituito il concetto di obbligo scolastico
(sancito, per almeno 8 anni, dallart.
34 della Costituzione italiana) con
il diritto/dovere allIstruzione e alla
Formazione fino al diciottesimo anno
di et: la differenza non solo terminologica, ma rivelatrice della differente filosofia che sottende le due
norme. Potrebbe sembrare che la
Riforma Moratti allunghi il periodo
dellobbligo fino a 18 anni; in realt,
a poco pi di 13 anni i ragazzi e le
ragazze dovranno/potranno scegliere se continuare gli studi nella
Scuola propriamente detta, o iscriversi a un corso di Formazione
Professionale di competenza regio-

nale o, infine, dai 15 anni, formarsi nellApprendistato. E evidente che questa impostazione si
basa su un utilizzo quantomeno ambiguo della parola formazione che,
anzich essere usata nella sua accezione pi elevata (maturazione delle
facolt psichiche e intellettuali della
persona), spesso significa forma zione professionale (cio acquisizione
di nozioni operative per limmediato eser cizio di attivit tecnico-pratiche, come
recita la sentenza n. 89 del 1977
della Corte Costituzionale).
Secondo lo spirito costituzionale, la
Scuola il luogo deputato alla for mazione della persona e del cittadino
e ciascuno obbligato a dotarsi degli strumenti culturali che gli consentano di essere parte attiva della societ in cui vive. Nel modello morattiano, evidentemente, gli strumenti
culturali per essere persone mature
e cittadini consapevoli sono gi tutti
acquisiti a poco pi di 13 anni, cosicch a questa et chi vorr potr
continuare ad andare a scuola, gli altri (probabilmente quelli che oggi si
iscrivono agli Istituti Tecnici o ai
Professionali di Stato) saranno costretti a seguire corsi regionali di for-

21

Diritti

mazione professionale o, a 15 anni,


a lavorare come apprendisti. La canalizzazione precoce per lappunto uno dei punti pi fortemente
criticati della legge 53/02.
Ben venga allora il ritorno al concetto di obbligo scolastico fino a 16
anni (in prospettiva fino a 18), per
ribadire che la Scuola lunico
luogo deputato alla formazione dei
nostri giovani, anche perch questa
scelta lascerebbe presupporre la volont di riformare la scuola superiore prevedendo un biennio unitario. Tutto risolto allora? Per non
farci troppe illusioni, bene fare un
salto indietro e analizzare quanto
accadeva nel mondo della scuola
durante il precedente governo di
centro-sinistra.
In verit la legge 9/99, abrogata dalla
legge Moratti, aveva elevato lobbligo scolastico da 8 a 9 anni, cio
fino a 15 anni, e, a riforma dei cicli
scolastici attuata, gli anni di obbligo
sarebbero stati 10. Contrariamente
a quanto si possa pensare per, lobbligo sarebbe stato comunque fino
a 15 anni, poich si prevedeva di approvare in tempi brevi una riforma
del sistema scolastico (la cosiddetta
Riforma Berlinguer, approvata poi nel
2000) che avrebbe ridotto di un
anno la scuola di base (7 anni di elementari e medie, anzich gli attuali
8) e avrebbe reso obbligatorio lultimo anno di scuola per linfanzia
oltre al primo biennio della scuola
superiore, per un totale appunto di
10 anni di permanenza nel sistema
scolastico.
Inoltre la legge 144/99 aveva gi introdotto lObbligo Formativo fino a
18 anni, chiarendo che questo pu
essere assolto in percorsi integrati
di Istruzione e Formazione, secondo tre modalit: nel sistema di
istruzione; nella formazione professionale; nellapprendistato.
Dunque, in pratica, tra i 15 e i 18 anni, ai ragazzi e alle ragazze sarebbe
toccato in pratica lo stesso destino:
il modello morattiano e quello berlingueriano, per questa fascia di et,
sostanzialmente si equivalgono.
Comunque, a differenza della legge
53/03, la riforma Berlinguer prevedeva che il primo biennio delle
scuole superiori si frequentasse al -

22

linterno delle istituzioni scolastiche, anche se, secondo il regolamento attuativo della gi citata legge 9/99,
precisamente lart. 6 del D . M .
323/99, le istituzioni scolastiche pro gettano e realizzano, nel corso del primo
anno di istruzione secondaria superiore,
interventi formativi da svolgersi anche
in convenzione con i centri di formazione
professionale riconosciuti. Dunque, a
14 anni con il precedente ordinamento, e a 13 anni a riforma
Berlinguer attuata, per alcuni
alunni si sarebbero costruiti percorsi
integrati di istruzione e formazione pro fessionale che, se pur pi debolmente rispetto alla Riforma Moratti, lasciano presupporre lidea di
una separazione tra i bravi, che
proseguiranno in un percorso scolastico normale, e gli altri, che dovranno barcamenarsi tra nozioni di
cultura generale e acquisizione di no zioni operative per limmediato esercizio
di attivit tecnico-pratiche. Anche in
questo caso, quindi possiamo rilevare un atteggiamento di rinuncia
ad una scuola di qualit per tutte e
tutti e laccettazione dellidea di
fondo che i ragazzi con maggiori capacit intellettuali (guarda caso
sempre quelli delle classi pi agiate)
debbano percorrere la strada dello
studio, mentre gli altri debbano precocemente essere avviati al lavoro.
Entrambi i modelli dichiaravano il
proponimento di risolvere il problema della dispersione scolastica e
la dualit del nostro sistema formativo (da una parte listruzione, finalizzata alla cultura e alla cittadinanza, dallaltra la formazione professionale o lapprendistato, volti ad
avviare ad un mestiere i ragazzi pi
svantaggiati), consentendo a tutti i
ragazzi di conseguire il successo
formativo. Ma davvero in questo
modo si d risposta a queste due importantissime questioni (sulle quali
gli insegnanti sinceramente democratici hanno investito anni e anni
di lavoro, riflessione, proposte, speranze)? Laffermazione di principio
che, per un ragazzo di 13/14 anni,
un corso di formazione professionale o lattivit lavorativa hanno la
stessa validit formativa rispetto allo
studio, significa davvero consentire parit di opportunit per tutti?

Settembre - Ottobre 2006

Conseguire un attestato per aver


frequentato un corso di formazione
professionale regionale o nellapprendistato, accompagnati da un
portfolio delle competenze, significa davvero, per un ragazzo o
una ragazza, aver raggiunto il successo formativo? Ridurre il sapere
allacquisizione di competenze
certificabili o consentire ai ragazzi
di passare un po di tempo nella
scuola e un po in azienda significa
veramente superare la dicotomia
tra il fare e il pensare? Non sarebbe necessario, a tal proposito, riportare al centro della discussione
le modalit del processo insegnamento/apprendimento, puntando
sulla interrelazione tra astrazione e
manualit, in una dimensione realmente laboratoriale, a partire dalla
scuola di base? Eppure, fino agli
anni 90 molta strada era stata fatta
in termini di democratizzazione e di
costruzione di reali pari opportunit di accesso al sistema scolastico.
Vediamone velocemente alcune
tappe fondamentali.
La scuola del dopoguerra aveva
limpianto della scuola gentiliana
(1923), assolutamente gerarchico e
classista: i Licei erano le scuole che
consentivanolaccesso allUniversit e formavano la futura classe dirigente; gli Istituti Tecnici avevano la
finalit di formare personale specializzato, con la possibilit di accedere solo ad alcune facolt universitarie; listruzione professionale e
artigiana con la finalit di formare
operai specializzati; mentre la maggior parte della popolazione restava
comunque fuori da qualunque tipo
di formazione. Anche perch, sebbene la Costituzione prevedesse
lobbligo scolastico per almeno 8
anni, in realt, fino allistituzione
della Scuola Media Unica (legge
1859/ 63), lobbligo riguardava
solo la scuola elementare: i bambini
e le bambine che volevano proseguire gli studi dovevano affrontare
un difficile esame di ammissione; gli
altri accedevano allavviamento
professionale. A proposito degli
Istituti Professionali, interessante
notare che sebbene la Costituzione
del 1948 prevedesse che listruzione

Settembre - Ottobre 2006

professionale e artigiana fosse di


competenza regionale, fin dal 1938
(legge 739/39) vennero attivati allinterno degli Istituti Te c n i c i
Statali corsi triennali di istruzione
professionale, con qualifica finale,
che nel 1959, con una semplice circolare ministeriale, diedero luogo
agli Istituti Professionali di Stato. In
definitiva, la scuola del dopoguerra era
fortemente selettiva e discriminante: laccesso alla cultura era riservato a pochi (solitamente ai figli
delle classi agiate), mentre alla maggior parte dei ragazzi era riservata
al pi una formazione soltanto propedeutica al lavoro.
Dalla fine degli anni 60, per, la
scuola sub un forte processo riformatore e di democratizzazione:
profonde innovazioni pedagogiche
e metodologiche investirono la
scuola di base, ma anche la scuola
superiore. Sullonda delle proteste
studentesche, poi, lUniversit si
apr a tutti gli ordini di scuola, anche agli Istituti Professionali, con la
sperimentazione di corsi quinquennali e il conseguimento del
Diploma. Dunque, a tutti coloro
che frequentavano la scuola veniva
consentita la possibilit di accedere
al massimo livello di istruzione,
lUniversit, con un conseguente
rinnovamento della didattica e un
elevamento del livello culturale
complessivo delle scuole tecniche e
professionali. Nel 1972 veniva ribadito che quella che nella
Costituzione viene indicata come
Istruzione professionale e artigiana (e che verr poi definita
Formazione Professionale) era di
competenza regionale, mentre gli
Istituti Professionali di Stato erano
a tutti gli effetti interni al sistema di
istruzione statale.
Il quadro complessivo del sistema
scolastico degli anni 70 era dunque il
seguente: da una parte la Scuola
Statale (Licei, Istituti Tecnici e
Istituti Professionali di Stato), che
ha come scopo, pur se impartisce cono scenze tecniche utili per lesercizio di una
o pi professioni, la complessiva forma zione delle personalit; dallaltra la
Formazione Professionale, di competenza regionale, finalizzata al lacquisizione di nozioni operative per

Diritti

limmediato esercizio di attivit tecnicopratiche. Dunque, la maggior parte


dei ragazzi e delle ragazze permaneva nel sistema scolastico e poteva
accedere alluniversit, anche se,
nei fatti, rimaneva la gerarchizzazione delle diverse tipologie di
scuole; ma il processo era avviato e
il dibattito, affinch davvero a tutti
i ragazzi e le ragazze fossero consentite pari opportunit di formazione
e di acquisizione di strumenti culturali di elevata qualit, permeava il
mondo della scuola e vedeva gli insegnanti democratici protagonisti
attivi in questa direzione. I programmi Brocca rappresentavano
un primo passo verso un idea di
scuola di alta qualit per tutti.
Questo processo per si interrotto
alla fine degli anni 90, con una serie di interventi legislativi, di cui si
gi accennato in precedenza, mossi dallidea che la formazione degli
adolescenti possa essere affidata a
chiunque abbia minimi requisiti di
accreditamento: scuole private, enti
di formazione professionale, imprese, scuole autonome.
Non si pu a tal proposito non ricordare la legge di parit scolastica n.
62/2000 che sancisce lequivalenza
formativa tra scuole pubbliche e
scuole private nel sistema dellistruzione, nonostante queste ultime possano avere un progetto
educativo di parte (confessionale,
ideologico,), o la legge costituzio nale n. 3/02, che separa definitivamente il Sistema di Istruzione (legislazione concorrente Stato
Regioni) da quello della Istruzione
e Formazione professionale, di
competenza esclusiva delle
Regioni: gli Istituti Professionali di
Stato (il 21% della popolazione
delle scuole superiori) e alcuni indirizzi di Istituti Tecnici potrebbero
cos diventare Enti Regionali. Altro
tassello fondamentale lautonomia
scolastica (legge Bassanini), che ha
aperto la strada a processi di gerarchizzazione del sistema e ha delineato le nuove competenze del
Dirigente Scolastico, introducendo
lidea che le Istituzioni Scolastiche
autonome possano essere amministrate alla stregua di aziende.
In definitiva, anche la scuola, come

tutta la societ italiana, alla fine degli anni 90 stata travolta da quei
processi di depotenziamento delle
funzioni dello Stato a tutto vantaggio di una visione privatistica che
rende persino le istituzioni su cui si
fonda funzionali e subordinate agli
interessi del mercato. Come non ricordare a questo proposito laccordo
per il lavoro del settembre 96, il cosiddetto accordo Treu, che recepiva
le indicazioni emerse nei documenti europei sulle questioni di lavoro, istruzione e formazione. Vi si
legge: Lassenza di unofferta suffi cientemente dimensionata e articolata di
professionalizzazione per un verso, la ri gidit e impermeabilit della scuola dal laltro, hanno determinato una grande
dispersione di risorse umane, una frat tura tra sistema formativo e lavoro che
rischia di avere ricadute negative sul no stro sistema produttivo.
A tal fine, necessario interconnettere gli
interventi formativi e di ricerca attra verso un forte rinnovamento anche isti tuzionale dei sistemi di istruzione e for mazione. () Questo implica una ride finizione organica dellimpianto com plessivo del sistema di istruzione e for mazione, delle funzioni dei vari soggetti
pubblici e privati, statali, regionali,de gli enti locali. () Da tali innovazioni,
che affermano il ruolo centrale delle ri sorse umane nel processo produttivo, ci
si attende un contributo significativo al lelevamento della qualit dellofferta di
lavoro, delle capacit competitive del si stema delle imprese ed un incremento del loccupazione. () Occorre riordinare
lassetto complessivo del sistema scola stico. Rivedere e riqualificare i pro grammi scolastici anche attraverso lin troduzione di metodologie didattiche ido nee ad attivare abilit e a valorizzare pro pensioni in un rapporto costruttivo e di namico con il mondo del lavoro.
E necessario cambiare rotta, anche rispetto alle politiche del precedente
governo di centro-sinistra e la proposta di legge di iniziativa popolare
Per una Buona Scuola per la Repub blica, presentata a settembre alla
Camera dei Deputati, forte delle
sue oltre 100 mila firme, unottima piattaforma per la costruzione
non solo di unaltra idea di scuola,
ma di un altro mondo possibile.

23

Meridione

Settembre - Ottobre 2006

Sono convinto che


in una terra devastata
dalla pervasivit della criminalit
organizzata, che detiene
tutti i record negativi possibili,
le grandi questioni di fondo
che bisogna affrontare rimangono
legalit, sviluppo, lavoro

Calabria:
quando illegalit
fa rima
con pre c a r i e t

di Mario Sinopoli
Segretario Generale FIOM Calabria

CHI SONO I RESPONSABILI DELLA DRAMMATICA SITUAZIONE ECONOMICA


E SOCIALE DELLA CALABRIA? QUALE IL PREZZO PAGATO DAI GIOVANI E
DAI LAVORATORI? QUALI LE POSSIBILI SOLUZIONI?

ennesima bufera giudiziaria abbattutasi in queste settimane sulla classe politica calabrese con lavviso di
garanzia inviato al Vice-Presidente
della Giunta Regionale, a cui si contestano reati gravissimi quali lassociazione a delinquere e la truffa, interviene su uno scenario politico regionale gi drammaticamente provato da vicende sconvolgenti.
Questo episodio, al momento, lultimo di una catena di scandali che ha
coinvolto trasversalmente i vertici
politici e istituzionali di centro-destra e di centro-sinistra, ha ancora
una volta proiettato la Calabria sul
palcoscenico nazionale dando di
essa unimmagine devastante, di una
terra ormai perduta rispetto ad ogni
possibilit di riscatto e di rinascita.
Sono successe in cos poco tempo
tante e tali vicende inquietanti, la pi
grave delle quali rimane sicuramente quella dellomicidio politicomafioso del Vice-Presidente del
Consiglio regionale Fortugno, da
farci affermare che c oggi in Calabria una vera e propria Emergenza
Democratica.
Perch sono partito da vicende giudiziarie per ragionare sulle grandi
emergenze sociali di questa Regione?

24

Primo: perch in Calabria legalit e


sviluppo sono due facce della stessa
medaglia.
Secondo: perch tutte queste vicende hanno una matrice comune,
quella delle truffe. Truffe per centinaia di milioni sui fondi strutturali
comunitari e nazionali.
TRUFFE
E P R E C A R I E T G I O VA N I L E

Per dare il senso, a chi ci legge, di


cosa stiamo parlando bene fare
qualche esempio concreto. Nel
2005 la Guardia di Finanza ha accertato nella nostra regione truffe
per 118 milioni di euro in merito ai
fondi previsti dalla sola legge 488.
In pratica, un terzo di tutte le truffe
scoperte sul territorio nazionale
avvenuto in Calabria, dove spesso
non necessario neanche far finta
di mettere in piedi i capannoni, magari vuoti e senza macchinari, ma
sufficiente un giro di fatture false.
Tutto questo dimostra che non
siamo in presenza del singolo imprenditore disonesto o del singolo
politico corrotto, no, tutto questo ci
dice che non siamo in presenza di

illeciti isolati, ma di un vero proprio sistema. Un sistema malato


fatto di un intreccio perverso tra
mala-politica, mala-imprenditoria e
criminalit organizzata.
Allora, il primo aspetto che bisogna
tenere fermo (altrimenti oscurato
dalle vicende giudiziarie) che le
vere vittime di questo sistema malato sono le lavoratrici e i lavoratori
calabresi, soprattutto le ragazze e i ragazzi a cui non si impedisce solo di
trovare un lavoro stabile e produttivo
ma si nega perfino la speranza di
avere un futuro. Questo oceano di
fondi regionali, nazionali e comunitari, se correttamente speso, quante
migliaia di posti di lavoro vero avrebbe creato in Calabria? Chi risarcir i calabresi di tante occasioni di
sviluppo mancate?
Per queste vie si negato alla Calabria di avere un vero e moderno apparato produttivo, un sistema industriale degno di questo nome capace
di rendere questa regione produttiva, contribuendo cos a farla
uscire dal sottosviluppo. Per questo
riteniamo che non si tratta solo di
truffe ma di un vero proprio crimine sociale. Questo sistema malato produce un duplice effetto per-

Settembre - Ottobre 2006

verso: da un lato impedisce lo sviluppo, dallaltro ha provocato e provoca lo smantellamento del poco apparato produttivo esistente. E un
caso che tutte le aziende oggetto di
finanziamenti pubblici finiti nel mirino della magistratura sono fallite
o sono in prossimit di chiusura?
Perch lintervento straordinario
prima e quello comunitario poi, in
Calabria, ha solo provocato desertificazione industriale e un apparato
produttivo in pezzi?
Ecco, io credo che occorra ripartire
da questi interrogativi e segnare
una svolta nella storia produttiva e
industriale di questa regione. Sono
convinto che in una terra devastata
dalla pervasivit della criminalit
organizzata, che detiene tutti i record negativi possibili in tema di disoccupazione, lavoro nero, precariet e indici di povert, le grandi
questioni di fondo che bisogna affrontare rimangono legalit, sviluppo, lavoro.
POLITICA

ECONOMICA

E SVILUPPO PRODUTTIVO

Ragionare sulle questioni dello sviluppo, soprattutto dello sviluppo industriale e del lavoro in questa regione, non possibile prescindendo
dalla situazione generale del paese,
dalla sua crisi economica e dal suo
declino industriale. La situazione
economica del paese quella che
tutti conosciamo. La devastazione di
cinque anni di politiche economiche e sociali neoliberiste realizzate
dal governo Berlusconi ha portato
lItalia in una situazione di crisi profonda in cui il Mezzogiorno, e la
Calabria al suo interno, ha pagato il
prezzo pi pesante.
Su questo occorre:
- una politica economica radicalmente alternativa al modello neoliberista. Una politica in cui programmazione e intervento pubblico cessino di essere una bestemmia;
- perseguire il risanamento accompagnandolo con lequit. Non pi
riproponibile la cosiddetta politica
dei due tempi: su questo terreno i

Meridione

lavoratori hanno gi dato, abbondantemente;


- una strategia che si ponga lobiettivo di ricostruire un patrimonio
tecnologico e di ricerca, capace di
riposizionare il nostro sistema industriale su produzioni ad alto valore aggiunto e di lavoro. Una crescita del paese poggiata sulla qualit
del lavoro, innovazione, ricerca e
formazione;
- un piano straordinario per il lavoro rivolto soprattutto ai giovani e
che guardi al Mezzogiorno e allarea del Mediterraneo. Un piano capace di mettere in cantiere la valorizzazione e luso dei beni pubblici,
di utilizzare le risorse naturali e ambientali, di sviluppare una produzione industriale competitiva per
qualit e alto contenuto tecnologico, che intervenga nellinnovazione di processo e soprattutto di
prodotto. Qualit del lavoro e stabilit nel lavoro sono lesatto contrario della precariet.
Questi sono gli assi strategici per
una nuova politica dello sviluppo a
cui si deve accompagnare una diversa, radicalmente diversa, distribuzione della ricchezza.
Questa la partita che si giocher
nelle prossime settimane dal governo e dallUnione con il varo della
legge finanziaria. E del tutto evidente che in atto una battaglia
aspra, allinterno del governo e
delle forze politiche della maggioranza, sulle scelte da adottare. Con
una battuta, o passa la linea di
Cernobbio, cio dei poteri forti di
questo paese, o passa la linea di
Sbilanciamoci e delle forze popolari. Tutto questo non sar indifferente per la stessa tenuta del governo e della maggioranza. Credo
che il movimento sindacale non
possa fare il tifoso in questa partita. Esso, semmai, deve contrastare
con decisione e con la mobilitazione necessaria una deriva moderata delle forze di centro-sinistra. Mi
pare che la linea della FIOM vada
in questa direzione; non altrettanto, allo stato attuale, quella di
CGIL-CISL-UIL.

IL

QUADRO CALABRESE

Mi scuso per questa digressione di


carattere nazionale, anche se del
tutto evidente che senza un quadro
generale che vada in una certa direzione ragionare sullo sviluppo del
Mezzogiorno, e della Calabria al suo
interno, costituisce un puro esercizio retorico.
La drammaticit della realt calabrese sufficientemente nota.
Pochi punti bastano per delinearla
con sufficiente chiarezza:
a) Una situazione di non lavoro che
ha dimensioni di massa, con un
tasso di disoccupazione che oscilla
tra il 25-27%. Se ci riferiamo al dato
giovanile e soprattutto femminile, il
tasso di disoccupazione sale a oltre
il 60%;
b)lincidenza del lavoro nero e sommerso, senza diritti e senza tutela,
riguarda un lavoratore su tre;
c) il 40% della popolazione vive
sotto la soglia di povert;
d) un Prodotto Interno regionale
che osciller nel 2006 (dati di Bankitalia) tra -1,2% e -1,8%;
e) le esportazioni regionali sono lo
0,1% di quelle nazionali;
f) un sistema produttivo sempre pi
ristretto, frammentato, senza economie di scala e di filiera, con interi
territori della regione che sono stati
desertificati da ogni presenza industriale;
g) un sistema di reti materiali e immateriali al collasso;
h) la ripresa del flusso migratorio.
Negli ultimi due anni 80.000 giovani, ragazze e ragazzi calabresi, sono emigrati. La stragrande maggioranza di essi sono laureati e diplomati. Qui assistiamo a un doppio fenomeno: chi prende la laurea fuori
regione non rientra, chi consegue
la laurea nelle nostre universit emigra. Il motivo che accomuna tali atteggiamenti lassoluta mancanza
di ogni prospettiva di trovare lavoro.
A tutto questo si aggiunge, paradossalmente, un altro fenomeno: esportiamo laureati e diplomati e
siamo contemporaneamente la seconda regione dItalia per popolazione residente analfabeta (dati

25

Meridione

fondazione De Mauro);
i) una presenza della criminalit organizzata soffocante, capillare, diffusa in tutto il territorio regionale.
Omicidi, attentati, intimidazioni,
estorsioni, racket, infiltrazioni nel
tessuto economico e nella pubblica
amministrazione sono cronaca quotidiana nella nostra regione.
Questi sono, purtroppo, elementi
incontestabili della nostra realt.
Non c provincia o territorio della
nostra regione che non sia stato investito da una crisi che non sembra
avere fine. Migliaia di posti di lavoro
cancellati o a rischio di chiusura in
tutti i settori. Nel tessile come nella
chimica, nel settore delle calzature
come nellagro-alimentare, oltre
che nel meccanico. E dove non si
chiude si va in Cassa Integrazione e
Mobilit. Sono dati che fanno della
Calabria un caso limite nel panorama europeo, nazionale e dello
stesso Mezzogiorno. Siamo una regione che assomma arretratezze
storiche a moderne emarginazioni causate da un modello distorto
di sviluppo, un modello liberista
delleconomia che espunge tutti i
Mezzogiorni del mondo da ogni
possibilit di sviluppo. Una regione
che non produce, che non esporta,
che non crea valore aggiunto una
regione senza futuro. Qui sta il
nodo della nostra crisi. Qui dobbiamo ricercare le nostre risposte e
le nostre proposte per la fuoriuscita
da essa. Sapendo che la Calabria
cos com da sola non ce la far mai
a riprendersi.
Ci vogliono politiche europee e nazionali indirizzate alla qualit dello

26

sviluppo e alla crescita di occupazione, allaumento delloccupazione stabile, reale, non sulla base
di statistiche fuorvianti (se non manipolate) che ti dicono che la disoccupazione diminuita solo perch la gente, sfiduciata, non si iscrive nemmeno pi alle liste di collocamento.
Uno sviluppo di qualit passa, nel
Mezzogiorno in generale ed in Calabria in particolare, attraverso un in tervento pubblico in economia ed una
seria programmazione di settore.
La Calabria ha bisogno sicuramente
di tante cose:
1) una moderna rete di infrastrutture materiali e immateriali;
2) un sistema viario e di trasporti degno di questo nome;
3) un sistema di telecomunicazioni
efficiente e veloce;
4) un sistema energetico moderno;
5) una riforma radicale del sistema
creditizio;
6) il recupero e uso dei beni comuni;
7) la valorizzazione delle sue risorse
ambientali a cominciare dallacqua;
8) una pubblica amministrazione
efficiente.
Se tutti questi aspetti, ed altri ancora
che si potrebbero ricordare, sono
necessari ma non sufficienti, il nodo
centrale della nostra crisi e rimane
la questione produttiva. E necessario
un grande piano di interventi pubblici e privati che rilanci lindustria
come elemento decisivo dello sviluppo calabrese.
Occorre un intervento pubblico caratterizzato per capacit di concentrazione delle risorse, selezione del-

Settembre - Ottobre 2006

le finalit e dei progetti, con lobiettivo della crescita dimensionale


delle imprese (dati Confindustria:
Calabria 1,5 addetti per impresa) e
con finanziamenti vincolati alla realiz zazione di occupazione qualificata e sta bile, pena la loro revoca. Per questo
necessario che le diverse forme e
gli strumenti di sostegno pubblico
alle imprese siano prioritariamente
indirizzati alla ricerca e allinnovazione. In sostanza, ricerca applicata,
investimenti industriali e formazione dovranno rappresentare elementi integrati di progetti di innovazione tecnologica e di prodotto
che dalle imprese abbiano una ricaduta nei sistemi a rete sul territorio.
E vitale che le risorse comunitarie
del Piano 2007/2013, pari a 8 miliardi di euro, siano progettate e investite in questa direzione.
Questa lultima occasione essendo
lultimo piano dellUnione Europea
per le regioni dellobiettivo 1. Il governo regionale ha lultima occasione per riscattarsi dal proprio fallimento, perdere questa ulteriore occasione non segnerebbe solo il fallimento del centro-sinistra ma la possibilit stessa di riaprire sul serio in
questa regione una speranza per il
futuro. Futuro che credo debba essere un modello produttivo radicalmente alternativo, sostenibile, di
qualit per una Calabria nuova. Una
struttura industriale solida, articolata, moderna e competitiva, compatibile con lambiente, che superi
larretratezza, spezzi lisolamento e
dia risposte vere ai bisogni delle lavoratrici e dei lavoratori, alle ragazze e ragazzi di questa regione altrimenti senza futuro e senza speranza.

Settembre - Ottobre 2006

Politica

Quanto alla Sinistra Europea, essa pare


pi una sorta di allargamento del Prc, la
conclusione di un percorso iniziato con
associazioni e singoli che gi da anni
gravitano intorno a tale soggetto
politico, piuttosto che un reale processo
di riaggregazione a sinistra.
Un percorso, senza offesa, monco,
che non colma il vuoto di questa fase

La Finanziaria
si cambia
da sinistra!

a cura di Alessandro Belmonte


Coordinamento Giovani Comunisti di Bologna

INTERVISTA

iniziato da pochi giorni il dibattito


sulla Finanziaria 2007, provvedimento che contiene qualche luce e
diverse ombre.
Siamo solamente allinizio della discussione, allinizio del percorso.
Questa manovra ha avuto una genesi sofferta e faticosa, il primo risultato di un dibattito intenso e non
ancora concluso. Da una parte avevamo tentato di contrastare la tesi
della terapia durto per la riduzione
del debito, ragionando di una sua
stabilizzazione pi o meno parziale
o di una spalmatura su due anni;
dallaltra abbiamo ragionato delle
priorit di intervento e dei tagli, che
in una prima fase si sono prospettati
consistenti e concentrati nei soliti
comparti, dalla scuola, alla spesa sociale, agli Enti Locali, allambiente,
alle pensioni. Oggi siamo costretti a
registrare un punto di arresto sulla
stabilizzazione o spalmatura del
debito, dal momento che si prevede
una manovra pesante e per nulla diluita, mentre qualche passo in
avanti stato fatto sul versante della
spesa, anche se permangono diverse ombre. Su tickets e tagli alla
spesa sanitaria, ad esempio, dobbiamo essere protagonisti di una
forte iniziativa dentro e fuori il parlamento. Cos come, altro esempio,

L OREDANA DE PETRIS,

sul cuneo fiscale la parte destinata


ai lavoratori quanto mai discutibile, non tanto e solo nellentit,
quanto nelle modalit di erogazione attraverso lIRPEF, con misure quindi di cui potranno godere
anche coloro che hanno fino ad
oggi frodato ed evaso il fisco.
Ragioniamo anche sulla revisione
delle aliquote fiscali.
E passata certamente lidea di un
intervento redistributivo dai ceti
pi abbienti a favore di quelli meno
abbienti, favoriti per soprattutto
attraverso il meccanismo delle detrazioni. Questa scelta, per, rischia
di essere vanificata in assenza di una
seria e conseguente lotta contro levasione fiscale, che la vera sfida
che abbiamo oggi di fronte per recuperare risorse.
Ritornando sulle aliquote, si sarebbe
dovuto intervenire con ulteriori differenziazioni nelle fasce di reddito
tra 75.000 e 150.000 ed oltre.
Quali sono, in concreto, i margini di
cambiamento di questa manovra e
quali gli strumenti possibili?
Occorre per prima cosa, quasi come
antefatto, ribaltare il ragionamento
secondo cui la Finanziaria blin-

SENATRICE VERDE

data a sinistra e non al centro o, ancora peggio, a destra, situazione


questa che lascia aperta la via a possibili contrattazioni peggiorative
con la Casa delle Libert. Permane
inoltre, nonostante alcuni miglioramenti, una certa debolezza sul
piano ambientale, con interventi alquanto timidi su questioni strategiche quali lenergia, la sostenibilit,
una diversa idea di sviluppo.
Occorre lavorare ancora molto. I
margini per operare ci sono, ma
serve un maggiore e molto pi forte
coordinamento della cosiddetta sinistra di alternativa, dentro e fuori
le istituzioni. Solo cos potremo tentare di imporre un terreno pi avanzato di riflessione, di iniziativa politica e sociale per determinare i relativi cambiamenti. Alcuni temi cruciali, a partire da un diverso approccio alleconomia la campagna
di Sbilanciamoci!, tanto per fare un
esempio -, sono abbastanza marginali rispetto alla attuale proposta di
Finanziaria ma anche al dibattito
reale. E se non siamo noi a rilanciarli, chi lo far?
Con larticolo 188, che stanziava 1
miliardo di euro annui per un triennio a sostegno delle attuali missioni
militari allestero, si rischiato di
esaurire il ruolo del Parlamento su

27

Politica

un argomento tanto delicato


Abbiamo tirato tutti un sospiro di
sollievo con la sua cancellazione.
SullAfghanistan i cosiddetti senatori dissidenti, tra i quali vi ero anchio, sono stati trattati come traditori del patto di maggioranza,
come coloro che non erano in
grado di cogliere i passi in avanti
compiuti, i cambiamenti introdotti,
come coloro che volevano far cadere il governo. Sono i fatti drammatici di questi ultimi giorni in
Afghanistan a darci purtroppo ragione, con la morte di due alpini e
la ripresa su vasta scala della guerra.
Oggi il fronte a sostegno del ritiro
del nostro contingente pi largo
rispetto allestate scorsa, ma rimane
ancora aperta lindividuazione di
una possibile via duscita. Noto con
preoccupazione che una parte del
centro-sinistra era intenzionato a
mantenere larticolo 188 e, senza il
dibattito sollevato sul rifinanziamento della missione in
Afghanistan dai dissidenti, anche
a costo di pagare un pesante prezzo
personale e politico, il dibattito sarebbe oggi ancora pi arretrato di
quanto non , anche causa della
purtroppo evidente debolezza del
movimento contro la guerra.
Soffermiamoci su questo, anche se
la domanda pare scontata. Abbiamo
ragionato di guerra e questioni sociali, e siamo arrivati sempre allo
stesso punto: il movimento, le mobilitazioni
Occorre rilanciare il ruolo stesso del
movimento, e su questo terreno
tutti abbiamo delle responsabilit,
soprattutto dopo la vittoria del centro-sinistra, come se eventuali mobilitazioni potessero in qualche maniera disturbare o turbare il governo amico. In realt, tali mobilitazioni potrebbero influenzare in
positivo alcune scelte del governo,
potrebbero svolgere una funzione
cruciale e persino virtuosa e invece,
in diversi casi, si preferisce lattesa
e, con essa, lambiguit. Se escludiamo la manifestazione del 15 lu-

28

glio contro il rifinanziamento della


missione in Afghanistan (a proposito dellimportanza dei senatori ribelli), vi poco altro da registrare
e il movimento di fatto defilato in
una fase nella quale vi sarebbero
forti sinergie da costruire e proposte da mettere in campo: si pensi,
solo per fare un esempio, al tema
della precariet nelle sue diverse accezioni, se non vogliamo rimanere
solo alla guerra. Occorre recuperare al pi presto nuovo vigore e iniziativa: forse potremmo imparare
dallANCI, che sembra voler contrastare con decisione i tagli proposti dal governo amico
LANCI sulle barricate, mentre la
grande maggioranza dei sindacati si
dice soddisfatta dei risultati ottenuti. Altro che mobilitazioni.
Latteggiamento assunto dai sindacati non gioca certo a favore del movimento, che prosegue nella sua afasia, mentre, ribadisco, per evitare
un peggioramento della manovra
occorrerebbe dare inizio a una fase
non solo di discussione in parlamento, ma anche di riflessione e di
iniziativa esterna. Non dobbiamo
giocare a difenderci, anche perch
ci troviamo in una stagione di potenziali scomposizioni e ricomposizioni politiche, dal Partito democratico alla Sinistra Europea.
Quali sono, a tal proposito, le tue
sensazioni?
Il dibattito sulle diverse potenziali
aggregazioni assai complesso. Mi
pare che lipotesi di Partito democratico viva un travaglio complicato,
non so onestamente se questa ipotesi andr in porto. Quanto alla
Sinistra Europea, essa pare pi una
sorta di allargamento del PRC, la
conclusione di un percorso iniziato
con associazioni e singoli che gi da
anni gravitano intorno a tale soggetto politico, piuttosto che un
reale processo di riaggregazione a
sinistra. Un percorso, senza offesa,
monco, che non colma il vuoto di
questa fase. Meglio, allora, indivi-

Settembre - Ottobre 2006

duare percorsi comuni, momenti di


pi larga aggregazione a partire dal
merito, dai contenuti, dalle pratiche politiche. Identit diverse e percorso comune sui contenuti, con
grande apertura e ampio consenso.
Solo cos potremo tentare di contrastare quella che si configura sempre pi come la crisi del sistema democratico, non solo in Italia, ma in
Europa e nellintero mondo occidentale, a partire dal ruolo dei parlamenti. Su questo terreno non bastano le vecchie parole dordine, i
vecchi motivi di aggregazione e mobilitazione, non basta solamente ragionare di partecipazione o bilancio
partecipato. Stentiamo, su questo
terreno, a individuare una via duscita, anche perch nessuno disposto ad uscire dal proprio orticello.
G u e rra e crisi della democrazia
sembrano ormai due nodi inscindibilmente legati e connessi.
Ai disegni di guerra che sembrano
governare il mondo, ovviamente
non senza contraddizioni, si uniscono in occidente processi che accelerano la crisi del modello classico o liberale di democrazia. Il potere politico, non solo i cittadini,
sempre pi sostituito nei processi
decisionali veri, quelli che contano,
dal potere economico e ancora pi
precisamente dal potere finanziario. Basti pensare anche in Italia allaffare Telecom, con i risvolti inquietanti delle intercettazioni e il governo con ogni probabilit tenuto alloscuro di tutto. Governo che, di
fatto, non controlla pi alcune, importanti reti infrastrutturali, innanzitutto delle comunicazioni (Wind e
Vodafone in mano a societ straniere). Sul piano globale, la guerra
preventiva si lega in un intreccio
perverso allegemonia delle grandi
multinazionali, e la posta in palio
costituita dal controllo di acqua, risorse energetiche e cibo, con a rischio la sovranit alimentare di
molti paesi. Se questa spirale perversa dovesse proseguire a lungo, il
destino delle stesse democrazie occidentali parrebbe segnato.

Settembre - Ottobre 2006

Politica

La stima della perdita di potere


d'acquisto subta, a far data
dagli accordi del 1992 -1993,
ammonta per salariati e pensionati
almeno al 13,3% e per gli impiegati
a circa il 9%. Significativo il seguente
dato fornitoci da ISTAT - Banca d'Italia:
tra il 2002 e il 2005 i lavoratori
dipendenti hanno perso in media
1.647 euro annui

Legge Finanziaria
e sinistra
di altern a t i v a

di Dino Tibaldi
Senatore PdCI

NO

AD UNA RIPROPOSIZIONE DELLA POLITICA DEI REDDITI

E CENTRALIT DELLA LOTTA CONTRO IL PRECARIATO A PARTIRE


DALLA

opo mesi di notizie e dibattiti sugli


organi di stampa, il governo ha varato la legge finanziaria che affronter, da ora a dicembre, il suo iter
parlamentare che, mi auguro, sia in
grado non solo di evitare peggioramenti, ma soprattutto di migliorare
e consolidare alcune scelte di
fondo, affinch la manovra possa essere realmente percepita come una
finanziaria di svolta e di cambiamento a favore delle classi pi deboli e del mondo del lavoro.
La situazione sociale del nostro
paese continua ad essere insostenibile. Per la prima volta dopo molti
decenni, le nuove generazioni vivono una situazione di estrema precariet e incertezza, oltre a una prospettiva di arretramento sociale rispetto alle generazioni precedenti.
E sotto gli occhi di tutti il fallimento
del modello praticato anche dal centrosinistra e portato allestrema esasperazione dal governo Berlusconi.
Le conseguenze sono le seguenti:
oltre tre milioni di lavoratori precari, sottopagati e senza diritti e un
drastico abbassamento dei salari e
del potere dacquisto delle pensioni
(oltre 11 milioni di cittadini vivono
al di sotto della soglia di povert, milioni di famiglie non ce la fanno pi

F INANZIARIA 2007

ad arrivare a fine mese).


Nel corso degli ultimi 13 anni, nel
nostro paese stata operata unenorme rapina a tutto vantaggio
della rendita finanziaria e del
grande capitale e ad esclusivo
danno dei redditi da lavoro e da
pensione che hanno registrato una
costante perdita, aggravata anche
dalla progressiva riduzione delle tutele sociali, delle prestazioni assistenziali e previdenziali; dalla vertiginosa impennata dei prezzi al consumo, delle tariffe, delle spese per
listruzione, per le cure sanitarie,
per la casa e per i trasporti. E tornata, dopo decenni dalla sua scomparsa, la cosiddetta sindrome della
quarta settimana in virt della
quale, pur lavorando, il salario non
pi sufficiente a coprire le spese
sostenute in un intero mese.
Secondo lISTAT, alla data del 30
gennaio 2004 sono 2.500.000 le famiglie povere (quelle che hanno visto contrarsi la propria spesa a
meno di 800 euro al mese), pari a
circa 8.000.000 di cittadini, somma
alla quale listituto di ricerca aggiungeva un ulteriore 10% di famiglie a rischio povert, pari ad ulteriori 2.400.000 nuclei familiari.
Secondo i dati forniti dalla stessa

Banca dItalia sono circa 6.500.000


i lavoratori che guadagnano meno
di 1.000 euro netti al mese e circa
10.000.000 i pensionati che ne guadagnano ancora meno.
La stima della perdita di potere dacquisto subta, a far data dagli accordi
del 1992 -1993, ammonta per salariati e pensionati almeno al 13,3% e
per gli impiegati a circa il 9%.
Significativo in proposito il seguente dato fornitoci da ISTAT Banca dItalia: tra il 2002 e il 2005 i
lavoratori dipendenti hanno perso
in media 1.647 euro annui, di cui
1.082 di perdita secca del potere
dacquisto conseguente al caro
prezzi e 565 euro per lomessa distribuzione del fiscal drag. Non solo,
secondo gli stessi rilievi sarebbe il
10% delle famiglie a detenere il 45%
della ricchezza netta nazionale.
Continua la diminuzione delloccupazione nella media e grande impresa, come la perdita di competitivit del sistema paese a livello internazionale. In questi anni aumentata in maniera vertiginosa larea della precariet: secondo le
stime ufficiali sono oltre tre milioni
lavoratori precari, che sono costretti a vivere senza garanzie n
prospettive, con salari del tutto in-

29

Politica

sufficienti, senza i pi elementari diritti. Negli ultimi anni le misure di


blocco del turn-over nel pubblico
impiego hanno determinato un
massiccio ricorso al lavoro precario
(sono oltre 250.000 contratti), che
ha consentito di salvaguardare la
funzionalit delle amministrazioni
e che sarebbe opportuno ora stabilizzare, non solo per lesigenza innegabile di favorire in ogni ambito
il ricorso al rapporto di lavoro a
tempo indeterminato, ma anche
perch tale intervento non comporterebbe alcun costo aggiuntivo
per le amministrazioni interessate.
Nel programma dellUnione sottoscritto da tutti i Partiti della coalizione la volont di porre rimedio a
questa situazione assolutamente
chiara: sul piano delle politiche fiscali, delle politiche redistributive,
dei diritti, della lotta alla precariet
(superamento della legge 30), delle
politiche di welfare (diretto, indiretto e differito), della lotta al declino industriale e per il rilancio del
mezzogiorno, pur in presenza di
uneredit disastrosa sul piano del
debito pubblico e della situazione finanziaria.
Il mondo del lavoro, i giovani, i pensionati senza ombra di dubbio
hanno presente quali sono le reali
condizioni del paese, sanno quali
sono le difficolt e quali sono i vincoli, i ricatti ed i condizionamenti
che le istituzioni finanziarie ed i cosiddetti poteri forti nazionali ed internazionali possono porre a chi ha
la responsabilit politica e sociale
del governo del paese.
E quindi sulla base di queste analisi
e considerazioni che va dato un giudizio sulla legge finanziaria e va calibrata liniziativa parlamentare e
sociale in questi mesi ed in queste
settimane. In particolare vale la
pena discutere sul ruolo che la cosiddetta sinistra dalternativa pu e
deve svolgere a partire dal giudizio
complessivo e possibilmente su alcune scelte di battaglia e cambiamento comuni. Giudizio complessivo che non pu prescindere dal
contesto sociale, dai rapporti di
forza reali e dalle tendenze politi-

30

che in atto.
Lesito delle elezioni, che ci consegnano al Senato una risicatissima
maggioranza, favoriscono, allinterno dellunione il disegno sia della
costruzione del partito democratico, sia i continui tentativi in atto di
allargamento della maggioranza
con lobiettivo evidente di uno spostamento a destra, che comporterebbe senza dubbio una minore capacit di condizionamento da parte
delle forze della sinistra, se non addirittura il cosiddetto taglio delle ali.
Lattuale frantumazione della sinistra, oggettivamente, indebolisce il
nostro potere complessivo di contrasto contrattazione - condizionamento. Da queste considerazioni
non si pu prescindere se si vuole
evitare il rischio di diventare assolutamente ininfluenti e consegnare
nuovamente il paese alle destre.
Lobiettivo dei comunisti e della sinistra non comunque quello di
stare al governo a tutti i costi, ma il
governo lo strumento per il cambiamento dello stato reale delle
cose a favore delle classi pi deboli
e dei lavoratori e per imprimere alla
maggioranza, dopo anni di liberismo sfrenato, scelte politiche di
chiaro segno opposto che siano
chiaramente percepibili dal nostro
popolo (operai, pensionati, donne,
giovani, disoccupati). Per questo
continuo a ritenere che oggi, per i
comunisti, questa alleanza e questa
maggioranza siano strategiche e vadano difese. E sulla base di queste
analisi e considerazioni che va
espresso il nostro giudizio sulla finanziaria in discussione e calibrate
le nostre iniziative, individuate le alleanze e le azioni necessarie per evitare un ulteriore stravolgimento in
senso negativo e apportati i necessari miglioramenti, per rendere la
manvra pi coerente alle scelte del
programma. A mio giudizio la finanziaria coerente con il programma
in materia di fisco, di lotta allevasione fiscale e contributiva e contiene i primi segnali concreti di tutela dei redditi pi bassi (non una
finanziaria bolscevica: la reazione
della destra, della confindustria, del

Settembre - Ottobre 2006

blocco centrista emblematica).


Affrontando, la finanziaria, prevalentemente la difesa dei redditi
medi e medio bassi con particolare
riguardo ai redditi familiari, resta sostanzialmente irrisolta la questione
complessiva del potere dacquisto
dei salari e delle pensioni, che ricordo sono tra i pi bassi dEuropa.
Su questo terreno sar necessario insistere, al di la della finanziaria, rifiutando nettamente la riproposizione di una nuova stagione della famigerata politica dei redditi e riproponendo la reintroduzione di
un nuovo meccanismo di indicizzazione dei salari e delle pensioni, oltre alla strenua difesa del contratto
nazionale di lavoro. Cosi come
credo assolutamente necessario che
il Parlamento vari la legge sulla rappresentanza e sulla democrazia sindacale, garantendo ai lavoratori il diritto di voto sui contratti e sugli accordi che li riguardano.
Molto pi insoddisfacenti sono le
scelte che riguardano il lavoro: non
si intravede un chiaro segnale di volont di tenere fede allimpegno del
programma relativo al superamento
della legge 30 ed alleliminazione
della precariet, sia per quanto riguarda la necessaria drastica riduzione delle tipologie, sia di una sostanziale parificazione economica,
contributiva, normativa di questi lavoratori, che sono i presupposti indispensabili per una lotta vera alla
precariet. Ritengo che su questo
tema vada dispiegata una reale offensiva: non solo modifiche pi incisive, va conquistato un chiaro impegno, magari attraverso una legge delega al governo per la revisione superamento - abrogazione dellattuale normativa a partire dalla legge
30, ma anche di parti sostanziali della
legislazione precedente. Se si vuole
davvero affermare il principio che la
norma deve essere il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non
sufficiente ridurre, anche drasticamente, le tipologie di lavoro precario e flessibile; necessario che il lavoro precario e flessibile costi di pi.
Cos come sar necessario interv enire su tutta la materia che riguarda

Settembre - Ottobre 2006

il pubblico impiego: sulla certezza


dei rinnovi contrattuali, ed in particolare sulla stabilizzazione dei rapporti di lavoro (oltre 250.000 lavoratori), che tra laltro non avrebbe
costi insostenibili. Sarebbe un segnale chiaro di inversione di tendenza ed avrebbe effetti positivi nella battaglia generale contro la precariet, oltre a mettere la pubblica
amministrazione nella condizione
di maggiore efficienza e qualit.
Ci sono poi altri capitoli che riguardano la quantit e la qualit delle risorse destinate al fondo sociale, alla
ricerca ed al mezzogiorno sui quali
sar utile tentare di apportare correzioni positive.
E senza dubbio positivo lo stralcio di

Politica

tutta la materia previdenziale dalla finanziaria, anche se sarebbe sbagliata


la convinzione dello scampato pericolo, non per nulla si continua a parlare di necessit di una nuova riforma, di revisione dei coefficienti,
di innalzamento dellet pensionabile, di chiusura di finestre ecc ecc.
Cos come non possono non destare grande preoccupazione il taglio dei trasferimenti agli EE.LL,
che rischiano, seppur non in maniera automatica, di costringere
gli stessi ad aumenti di tasse, che,
sommati agli aumenti degli attuali
tickets, allintroduzione di nuovi,
sia diretti che indiretti, ed agli aumenti delle tariffe (luce e gas), si rimangerebbero quanto concesso at-

traverso la manovra fiscale. Quelli


sopra elencati sono, a mio parere, i
temi sui quali la sinistra dovrebbe
concertare ed avanzare proposte
coerenti ed unitarie, pena il rischio
di una sua sostanziale impotenza.
Questo ci riporta al tema politico
del futuro e delle prospettive della
sinistra (ricostruzione ed unit) nel
nostro paese, che pi che mai allordine del giorno ed a cui nessuna
forza politica che si richiami ai suoi
valori ed alla sua tradizione pu sottrarsi, pena lessere condannati ad
unazione di pura testimonianza,
senza alcuna possibilit di incidere
e condizionare le scelte reali del
paese ne tantomeno di migliorare e
ridare dignit e valore al lavoro.

WWW.lernesto.it
31

Settembre - Ottobre 2006

Internazionale

Dopo questa decisione apertamente


antidemocratica occorre riprendere
la campagna di solidariet,
nel contesto di una battaglia
pi complessiva contro l'espansione della
NATO, la guerra
e le politiche neoliberiste

La Giovent
Comunista della
Repubblica Ceca
fuorilegge!

di Fosco Giannini

IN R EPUBBLICA CECA

NON SI PU PARLARE DI PROPRIET SOCIALE

DEI MEZZI DI PRODUZIONE .

onostante una grande campagna internazionale di solidariet che si


protratta per mesi, il Ministero degli Interni della Repubblica Ceca ha
ufficialmente posto fuorilegge
lUnione della Giovent Comunista
(KSM). Una decisione, questa, lesiva dei pi elementari diritti democratici, che dovrebbero essere
alla base della stessa Unione
Europea, di cui la Repubblica Ceca
parte dal 1 maggio 2004. LUE,
consolidatasi attorno alla porzione
di Europa uscita vittoriosa dalla
Guerra Fredda, non certamente
lEuropa del diritto e del pluralismo, costretta tra la lotta al terrorismo e la subalternit a
Washington da una parte, e le esigenze dei grandi gruppi economici
e finanziari dallaltra. E in questo
contesto che essa si allargata ad
est, comprendendo paesi poco democratici e certamente non pluralisti: in Lituania i comunisti sono in
carcere da oltre dieci anni senza
processo, mentre in Lettonia esistono senza poter apparire (al contrario dei reduci delle SS). LUE (la
stessa della bozza di trattato costituzionale neoliberista, dei parametri monetari e della direttiva
Bolkestein) ha di fatto coperto i voli
segreti della Cia, aprendo contemporaneamente una violenta campagna anticomunista di stampo maccartista allAssemblea Parlamentare
del Consiglio dEuropa, che ha

32

M ACCARTISMO

come punto di partenza una inaccettabile revisione storica dellintero 900. La prima conseguenza di
questa campagna, contro la quale si
sono mobilitate e coordinate la
grande maggioranza delle forze comuniste, di sinistra e democratiche
in Europa e nel mondo, si vista a
Praga. Poco importa, da questo
punto di vista, che la decisione sia
stata assunta dal governo di centrodestra guidato da Topolnek, dal
momento che sono stati i precedenti
governi a guida socialdemocratica
(Paroubek) ad iniziare la brillante
operazione. Poco importa, evidentemente, che il Partito Comunista di
Boemia e Moravia la struttura alla
quale fa riferimento la KSM come organizzazione giovanile abbia ottenuto, nonostante una violenta campagna demonizzatrice e il cappio del
voto utile, 685.328 voti, pari al 12,8%
e 26 seggi, alle elezioni legislative di
giugno 2006.
Questa decisione, motivata ufficialmente dal fatto che nel Programma
dellorganizzazione contenuta la
prospettiva di superare la propriet
privata dei mezzi di produzione con
la propriet collettiva, costituisce
una sorta di specchio della condizione in cui versano da una parte
lUE e, dallaltra, la grande maggioranza dei paesi dellEuropa
Orientale, dove si vive una grande
disillusione di massa tanto nei confronti delle istituzioni europee

IN

EUROPA

quanto nei confronti della transizione verso il capitalismo, che insieme alla democrazia formale ha
portato crisi economica, disoccupazione di massa, drastici tagli allo
stato sociale, recupero di una condizione di inferiorit quasi coloniale (nella cosiddetta divisione internazionale del lavoro come nelle
relazioni interne alla UE). Fino a
quando le classi dirigenti al potere,
per la maggior parte espressione di
un nazionalismo razzista, bigotto ed
escludente e saldamente legate a
Washington pi che a Bruxelles, saranno in grado di coprire la contraddizione che avanza, contraddizione che i comunisti dove esistono si impegnano invece a far
emergere? La decisione del
Ministero degli Interni avvenuta
alla vigila di un importante incontro internazionale che la KSM stava
organizzando proprio a Praga e che
avrebbe coinvolto tutte le organizzazioni giovanili comuniste del continente, nel contesto di quella che
si configura come una ricerca di
maggiore confronto e coordinamento tra le forze comuniste e anticapitaliste su scala internazionale
come europea. Largomento di
questo incontro emblematico: La
lotta della giovent europea contro
gli attacchi ai diritti sociali e democratici Offensiva militante contro
lanticomunismo! Per una vita decente e un futuro socialista. Un in-

Settembre - Ottobre 2006

contro, come si sarebbe detto in altri tempi, di studio, coordinamento


dellazione e battaglia politica.
Dopo questa decisione apertamente antidemocratica occorre riprendere con forza e vigore non
solo la campagna di solidariet
verso la KSM, ma di denuncia verso
le istituzioni ceche e lUE, nel con-

Internazionale

testo, ovviamente, di una battaglia


politica pi complessiva contro lespansione della NATO, contro la
guerra e le politiche neoliberiste.
Una campagna da declinare dentro
e fuori le istituzioni perch la democrazia, quella sostanziale e non
quella formale esportata sulla punta
delle baionette, non pu essere con-

siderata una conquista irreversibile.


A tal proposito, sarebbe utile costituire subito un Comitato Italiano di
Solidariet, comprendente forze
antifasciste, democratiche e di sinistra, oltre a singole personalit del
mondo politico come culturale. La
mail da utilizzare : campagnaproksm@libero.it

No alla messa fuorilegge del KSM


Interpellanza
Al Ministro degli Affari esteri
Premesso che
il 16 ottobre 2006 lUnione della Giovent Comunista (KSM) della Repubblica Ceca ha ricevuto una lettera dal
Ministero degli Interni nella quale si annuncia la messa fuorilegge dellassociazione;
grande stata la campagna di solidariet che ha coinvolto migliaia di cittadini cechi, insieme con organizzazioni
giovanili e studentesche, sindacati e partiti politici, e ha portato alla sottoscrizione di una petizione contro il procedimento avviato dal Ministero degli Interni per rendere illegale il KSM;
appoggio al KSM stato offerto da un gran numero di parlamentari, affermati intellettuali e personalit come il
Premio Nobel Dario Fo o il cantante degli U2 Bono;
iniziative di solidariet con il KSM sono state organizzate davanti alle sedi delle ambasciate della Repubblica Ceca
in molte nazioni; anche in Italia la mobilitazione stata molto alta con iniziative in tutte le sedi diplomatiche e consolari della Repubblica Ceca in Italia e con ladesione ad un appello di solidariet al KSM da parte di deputati e
senatori, parlamentari europei, dirigenti nazionali di importanti sindacati e partiti politici, giornalisti ed autorevoli
rappresentanti del mondo accademico ed universitario;
la Federazione Mondiale della Giovent Democratica (struttura che gode dello status di organizzazione consultiva delle Nazioni Unite e dellUnesco e che riunisce milioni di giovani e migliaia di associazioni ed organizzazioni in tutto il mondo) ha indetto una giornata internazionale di solidariet con il KSM il 27 Febbraio 2006;
i motivi che hanno spinto il Ministero degli Interni della Repubblica Ceca a mettere fuorilegge il KSM sono essenzialmente di natura ideologica e costituiscono un precedente che potr essere usato contro tutte le altre associazioni civiche operanti nella Repubblica Ceca e non solo;
la messa al bando del KSM stata portata a compimento in un fervente clima anticomunista di caccia alle streghe, che ha coinvolto anche il Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSCM), oggetto di attacchi e nuovi appelli
alla criminalizzazione;
la decisione del Ministero degli Interni avvenuta appena una settimana prima delle elezioni locali e senatoriali
alle quali partecipa il KSCM;
si chiede di sapere
se il Governo non ritenga la messa fuorilegge dellUnione della Giovent Comunista (KSM) un grave atto di violazione delle libert e dei diritti civili e democratici in un paese dellUnione europea;
quali iniziative il Governo intenda adottare nei confronti del governo ceco-moravo affinch vengano garantiti i diritti civili e democratici, a tutti i cittadini della Repubblica Ceca, internazionalmente riconosciuti.

I Senatori
Fosco Giannini - Giovanni Russo Spena - Jos Luiz Del Roio

33

Internazionale

Settembre - Ottobre 2006

Nonostante una grande scarsit


di informazioni, dai tanti resoconti
delle agenzie straniere risulta chiaro
che ci troviamo ad agire in uno scenario
di guerra guerreggiata.
Non si pu continuare a ragionare,
su questo terreno, di missioni di pace
come si trattasse di operazioni
di marketing applicate alla guerra

L'Afghanistan
e la necessit
del movimento
per la pace

a cura di Francesco Maringi


Coordinamento Nazionale Giovani Comunisti

L' ERNESTO INTERVISTA M AURO B ULGARELLI , SENATORE DEL GRUPPO


INSIEME PER L'U NIONE , FORMATO DA V ERDI E P DCI

onostante levidente peggioramento della situazione in


Afghanistan, il ministro DAlema
ha ribadito limpegno italiano in
ambito NATO.
Vorrei iniziare questa intervista ricordando, semplicemente, che
noi siamo sempre stati contrari
alla missione ISAF. Nonostante
questo, in occasione del recente
rifinanziamento, solo otto senatori e una manciata di deputati
hanno tentato di suscitare una discussione.
E del tutto evidente che questa
ipotesi non poteva non passare attraverso il Senato, dove gli equilibri sono molto pi incerti.
Abbiamo tentato di far emergere
quello che oggi sotto gli occhi di
tutti: il contingente italiano in
Afghanistan agisce in un teatro di
guerra, con funzioni di contenimento. Nonostante una grande
scarsit di informazioni, dai tanti
resoconti delle agenzie straniere
risulta chiaro che ci troviamo ad
agire in uno scenario di guerra
guerreggiata. Non si pu continuare a ragionare, su questo terreno, di missioni di pace come
si trattasse di operazioni di mar34

keting applicate alla guerra. Cos


come trova conferma quanto denunciato dagli otto senatori relativamente al ruolo della NATO e
della guerra globale e permanente USA in Afghanistan: dal
febbraio prossimo, infatti, tutte le
forze presenti passeranno direttamente sotto comando statunitense. I nostri timori si stanno,
purtroppo, materializzando.
C o n t ro lipotesi di rifinanziamento si schierata una parte del
movimento pacifista, che si riunita il 15 luglio a Roma
S, anche se occorre notare che,
per la prima volta, il dissenso alla
guerra partito dallinterno piuttosto che dallesterno delle istituzioni, situazione che la dice lunga
sullo stato di salute del movimento per la pace. Nel volgere di
pochi anni, siamo passati dalle
grandi mobilitazioni contro laggressione anglo-statunitense
allIraq al quasi-silenzio sullAfghanistan e, soprattutto, alla mancata, aperta condanna di Israele
per laggressione contro il Libano. Il movimento diviso e la risposta del tutto inadeguata.

Soffermiamoci un poco sul movimento per la pace. Quali le ragioni


alla base di questo arretramento?
Il ragionamento andrebbe affrontato su pi livelli. Nonostante il
grande e generoso impegno profuso, in Italia come nel resto del
mondo, la guerra in Iraq proseguita e continua tuttora, determinando allinterno del movimento,
come delle singole soggettivit
che lo compongono, un senso diffuso di impotenza e frustrazione,
che ha come diretta conseguenza
il ritiro nel proprio ambito privato
a leccarsi le ferite. In Italia, poi,
dopo la vittoria del centro-sinistra
alle recenti elezioni politiche,
aleggia anche la sindrome del governo amico, che non vorrei si
trasformasse in quella del fuoco
amico. Sul nuovo governo si concentrano forti aspettative da parte
di diversi settori del movimento,
una sorta di attesa, che il conflitto
istituzionale apertosi in merito al
rifinanziamento della missione
militare in Afghanistan ha reso
pi complicata. Liniziativa degli
otto senatori dissidenti, pur se in
assenza di risultati concreti e tangibili, ha spronato alcune parti del

Settembre - Ottobre 2006

movimento a riprendere liniziativa. Inutile nascondere che ci troviamo di fronte ad una fase di rifondazione del movimento, e il
silenzio sul Libano pu rappresentare anche questo. La prima
urgenza , da questo punto di vista, la ricerca dellunit.
Facile a dirsi, ma nel concreto
Assai meno facile, anche se io partirei, per prima cosa, da una
chiara e netta distinzione tra movimento e istituzioni, dallindividuazione di terreni di reciproca
autonomia. Al movimento spetta
la mobilitazione, la pressione
esterna, la chiarezza e la radicalit
delle posizioni (senza se e senza
ma, se vogliamo tradurre cos il
concetto), mentre alle istituzioni
spetta decidere, spetta trovare le
necessarie mediazioni. Pi il movimento forte, pi la mediazione
istituzionale potr essere avanzata. Il governo amico rende il
quadro pi complesso, anche se
per innegabile che la situazione sul campo in Afghanistan
volge al peggio, come da noi pi
volte denunciato, e sul Libano si
intrecciano forti aspettative, da
una parte, ma anche forti elementi di ambiguit e rischi di involuzione e degenerazione dallaltra.
To r niamo alla situazione in
Afghanistan, dove lestensione
della missione ISAF ha provocato
una drammatica ripresa del conflitto militare su vasta scala
Abbiamo cominciato a contare i
morti, arrivano le bare. La missione in Afghanistan non diversa
rispetto a quella in Iraq, con la differenza che nel primo caso vi in
Italia un forte e sospetto deficit informativo. Quello che avviene in
Afghanistan lo sappiamo attraverso le agenzie di stampa straniere, lo ribadisco, oppure attraverso Emergency, che costituisce
una rara eccezione. Gino Strada
per me una sorta di ambasciatore

Internazionale

a Kabul. Perch poi, mi chiedo, la


famosa commissione di monitoraggio sulle missioni militari,
frutto della mediazione interna
alla maggioranza di governo in occasione della discussione sul rifinanziamento, non si ancora costituita? In Afghanistan vi una
guerra vera, reale, gestita direttamente dagli USA e dalla NATO
nellambito della guerra globale e
permanente, con il pieno coinvolgimento di civili e lutilizzo di
alcune delle 900 basi militari USA
disseminate nel mondo.
Quanto al Libano, alle potenzialit
della missione UNIFIL si aff i a ncano anche enormi e significativi
rischi.
Certamente, anche se stato fatto
un lavoro per tentare di imporre
regole precise. Le prese di posizione di Prodi e DAlema, con il
relativo tentativo di smarcarsi, almeno parzialmente, dagli Stati
Uniti, sono state un elemento di
novit, avrebbero potuto far ben
sperare, anche se i rischi di precipitazione del conflitto sono tutto
fuorch scongiurati. A partire
dalle tante ambiguit della risoluzione 1701, che stata per accettata da entrambe le parti in
conflitto.
I rischi di involuzione derivano
anche dalla scarsa volont di
Israele di rispettare gli accordi,
dalle continue violazioni della
frontiera e relative provocazioni.
Il contingente UNIFIL dovrebbe
servire ad impedire tutto questo,
mentre sarebbe gravissimo se esso
dovesse operare per contenere solamente la resistenza libanese.
Situazione, questa, che ci riporterebbe al 1982, quando con la copertura dellONU sono stati disarmati solamente i militanti palestinesi, al prezzo di Sabra e
Chatila. Pur tra mille difficolt, sul
Libano si trovata una mediazione istituzionale, rispetto alla
quale occorre per vigilare con
grande attenzione. E ritorniamo
cos al ruolo del movimento

Non forse il caso, in conclusione, di ridiscutere a fondo le relazioni tra Italia e Stati Uniti?
S, e ripartiamo proprio dal tema
delle basi militari straniere sul territorio italiano, ma anche alla dinamica secondo la quale la guerra
globale e permanente si combatte
su diversi piani, inclusa la logistica
e le stesse relazioni culturali tra i
popoli. Gli italiani si sono espressi
attraverso un referendum, massima espressione di democrazia
diretta, sulla non opportunit
della scelta del nucleare per usi civili, elemento che implicitamente
ha riguardato anche il nucleare
per uso militare, tanto che il nostro paese ha sottoscritto tutti i
trattati in materia di denuclearizzazione. Ebbene, nonostante questo, in Italia vi sono 90 bombe atomiche, e questo inaccettabile.
Lo stato delle relazioni tra Italia e
USA rappresentato plasticamente dal caso di Abu Omar, cittadino regolarmente residente,
rapito a Milano da agenti della
CIA e successivamente torturato
una prima volta nella base di
Aviano. Abu Omar poi stato trasferito su un aereo privo di insegne prima in Germania, dove
stato di nuovo torturato, e poi,
sempre nellillegalit pi assoluta,
portato in un paese con minori garanzie democratiche. Scomparso,
insomma.
La guerra globale e permanente
si combatte anche attraverso la criminalizzazione del diverso.
La scommessa che tutti abbiamo
di fronte quella di pensare e
agire globale, pensare e agire locale. Anche per questo sabato 30
settembre ho preso parte alla manifestazione contro il Muro di Padova, perch resto convinto che
anche cos ci si possa opporre alla
guerra.
Lo sforzo senza dubbio immane,
ma a volte basta un granello di sabbia per far inceppare i meccanismi pi perfetti e sofisticati
Cerchiamo insieme di essere questo granello di sabbia.

35

Settembre - Ottobre 2006

Internazionale

La possibile stabilizzazione dell'Iraq


deve avvenire nel quadro
di un processo multilaterale guidato
dall'ONU che coinvolga i paesi
dell'area nel quadro di una
conferenza regionale che miri
all'autodeterminazione del paese.
Esito non semplice, considerato
il deterioramento della situazione

Iraq: la fine di
Antica Babilonia
non cancella
le soff e renze
di un popolo

di Silvana Pisa
Senatrice DS - Commissione Difesa del Senato

LE

Gioved 21 settembre avvenuto a


Nassiriya il passaggio di consegne
dallesercito italiano a quello iracheno alla presenza ufficiale del
Ministro della Difesa Parisi e del
Premier iracheno Al Maliki. Nei
prossimi mesi rientrer il resto del
contingente. E cos finalmente terminata la missione Antica
Babilonia voluta dal governo di destra nel giugno del 2003 col compito
di soccorrere e garantire le condizioni di sicurezza e stabilit necessarie a consentire lafflusso e la distribuzione degli aiuti umanitari e a
mettere in atto le attivit pi urgenti
per il ripristino delle infrastrutture
e dei servizi essenziali.
Lambiguit di questo mandato
stata chiara fin dallinizio: la spesa
per la missione militare era dieci
volte pi alta di quella per lumanitario; era prevista lapplicazione
del codice militare di guerra; il contesto poi era quello di guerra guerreggiata. Questo stato vistosamente chiaro a tutti dopo lattacco
al nostro contingente ad Animal
house del novembre dello stesso
anno. Tanto che dopo gli episodi
delle battaglie dei ponti il nostro
contingente aveva limitato la sua attivit di controllo del territorio

36

PROSPETTIVE DI UN PAESE SEGNATO DALLE TRAGEDIE DELLA

GUERRA E DELL ' OCCUPAZIONE .

B AGHDAD

alla sorveglianza delle zone di transito vicino a Baghdad e Kuwait City;


a rimettere in funzione la centrale
elettrica distrutta dai bombardamenti; a sporadici interventi nei villaggi pi sicuri della zona per un minimo di attivit sanitaria e di distribuzione di pacchi di pasta, ciabattine di plastica e qualche potabilizzatore dacqua. Quello dellumanitario stato uno dei punti pi
controversi: esso per sua natura
deve essere neutrale e cio civile.
Senza contare che gli stessi generali
sul campo si sono a pi riprese lamentati: Ma quali aiuti umanitari
se non c nulla da distribuire!
Noi diciamo finalmente il ritiro,
senza nulla togliere alla capacit ed
alla competenza dei nostri militari
mandati laggi per una decisione
del governo Berlusconi, appiattito
sulle mire espansionistiche dellamministrazione Bush.
Era chiaro fin da allora che le motivazioni addotte dagli USA per la
guerra irachena erano pretesti e per
di pi infondati: lesistenza delle
armi di distruzioni di massa (come
non cogliere lassonanza con lattuale querelle sullarricchimento
delluranio iraniano?); la presenza
in quel paese di una centrale terro-

E GLI INSORTI

rista internazionale (mentre il feroce regime di Saddam aveva un


controllo dispotico e totale del suo
territorio); linsensata teoria dellesportazione della democrazia con i
caccia bombardieri e con la costante violazione dei diritti umani
(dalle torture del carcere di Abu
Ghraib, alle bombe al fosforo sulla
popolazione civile di Falluja, per
non parlare che dei casi pi eclatanti). Fin da allora, sulla scia delle
grandi manifestazioni del movimento per la pace, i parlamentari
pacifisti hanno denunciato il chiaro
obiettivo geopolitico di quella
guerra: controllo della regione mediorientale, delle sue risorse petrolifere, seconda tappa (la prima era
stata lAfghanistan) di quella global war against terrorism che in
realt aveva lo scopo di istallare basi
militari permanenti proiettate verso
oriente: Cina e Russia. Strategia di
dominio contro il diritto internazionale, che aveva bisogno dellavvallo politico, pi che militare, degli zelanti protagonisti della coalizione dei volenterosi. A questa, il
governo Berlusconi si accodato,
con il debole escamotage dinviare
le nostre truppe dopo la fine della
guerra ufficiale, ma pur sempre al

Settembre - Ottobre 2006

seguito delle forze belligeranti di


occupazione: cosa che non poteva
non connotare il nostro intervento.
Non solo: lopera di ricostruzione
dellIraq bombardato e distrutto,
fin dalle primissime fasi si era rivelata come un colossale business per
i personaggi dellestablishment presidenziale americano, considerati i
legami diretti di molti di loro, come
il vicepresidente Cheney, con la
Halliburton che aveva lesclusiva
per gli appalti e le forniture allesercito, per la security (i contractors, che in una certa fase hanno
raggiunto fino a un quinto dei militari USA sul campo) e la pi grossa
fetta dei ricavi petroliferi.
Gli errori compiuti dagli USA sono
stati tanti, con nette responsabilit
sullattuale disastro iracheno: dallaver epurato drasticamente la
pubblica amministrazione, lesercito e la polizia dai sunniti Baathisti
(la classe dirigente del paese), allessersi fidati di personaggi ambigui e corrotti, imponendoli nelle
pi alte cariche; dallavere influenzato le nuove istituzioni basate su
una lottizzazione etnico-religiosa,
alla violenza delloccupazione militare, che invece di conquistare
menti e cuori si sempre posta in
modo aggressivo ed autoritario (basti pensare allesportazione delle
tattiche degli squadroni della
morte dellambasciatore Negroponte), contribuendo a creare una
nuova generazione di terroristi fondamentalisti.
Oggi lIraq un mattatoio, teatro di
una sanguinaria guerra civile strisciante: nella sola Baghdad nei
primi sei mesi del 2006 ci sono state
seimila persone assassinate che si
vanno ad aggiungere al tragico

Internazionale

body-count della guerra irachena,


che raggiunge le cinquantamila vittime civili.
La situazione materiale del paese
catastrofica: peggioramento delle
condizioni di vita, mercato nero e
corruzione, aumento del costo
della vita, scarsit nellerogazione
delle risorse idriche ed energetiche
(che, per uno dei maggiori paesi
produttori di carburante, un controsenso!). I rapporti sociali sono
frantumati e lo scontento nella popolazione elevatissimo.
Il problema della sicurezza diventato dilagante ed il livello di scontri
quotidiani aumentato in tutto il
territorio con alcune aree del paese
periodicamente fuori controllo:
delle ultime settimane la notizia di
un piano di sicurezza per Baghdad,
presentato dal ministro degli interni iracheno che prevede di circondare la citt con costruzioni di
trincee e posti di blocco nelle varie
vie di accesso: questa sarebbe la
nuova strategia per controllare gli
insurgents.
La situazione politica sta deteriorandosi nella direzione della fine
dello stato nazionale unitario.
LIraq curdo gi dalla seconda met
degli anni novanta era autonomo,
mentre oggi in pratica confederato ed indipendente. Anche lo
Sciri, il pi forte partito iracheno
sciita e filo-iraniano, ha proposto
formalmente in questi giorni lunificazione delle otto province del sud
nella formazione di ununica superregione sciita, con diritto di formare proprie milizie e di stipulare
in proprio contratti per lo sfruttamento delle energie petrolifere.
Il disastro provocato dalla guerra
irachena stato recentemente stig-

matizzato anche da Kofi Annan che,


riportando le convinzioni dei leaders moderati del Medio Oriente,
lha definita destabilizzante per
lintera regione.
Persino negli Stati Uniti, oltre alle
voci da sempre critiche dei pacifisti,
stanno aumentando le opinioni
contrarie sia nei vertici militari (ricordiamo le opinioni critiche del
generale Peace e quella recente del
generale Mark Kimmit quando riconosce che la presenza delle
truppe Usa in Iraq fonte di irritazione), sia in ambienti politici repubblicani (James Baker, ex segretario di stato, parla della necessit
di una exit-strategy), sia ancora -
cosa di questi giorni - nella stessa intelligence, dove si dichiara che la
guerra irachena ha aumentato il terrorismo.
Il risultato di questa folle guerra anche la tracimazione del pantano
iracheno e del suo terrorismo oltre
le frontiere dello stesso paese per
tutta larea del Grande Medio Oriente, espansione che si determina in linee di frattura che sono al tempo
stesso etniche, religiose e politiche.
In questo quadro complesso e disastrato la permanenza militare USA
in Iraq, invece di essere soluzione,
causa del problema ed uscirne
diventato sempre pi urgente.
La possibile stabilizzazione dell
Iraq deve avvenire nel quadro di un
processo multilaterale guidato
dallONU che coinvolga i paesi dellarea nel quadro di una conferenza
regionale che miri allautodeterminazione del paese. Esito non semplice, considerato il deterioramento della situazione e nutro dubbi sul
fatto che parlare di Road Map irachena porti bene!

37

Settembre - Ottobre 2006

Internazionale

Strano dittatore, Fidel Castro.


Da tempo le redini del potere reale
sono passate ad una generazione
di quarantenni che hanno studiato
nell'eccellente sistema scolastico
e universitario cubano. Da anni,
Fidel Castro ha un'infinita autorit
morale, ma ha da tempo ceduto ai
giovani i gangli amministrativi dello stato

Rivoluzione
e giovani
generazioni

di Gennaro Carotenuto
Professore di Storia del Giornalismo. Facolt di Scienza
della Comunicazione Universit di Macerata

U N ' ANALISI LUCIDA E COINVOLGENTE DELLA REALT CUBANA .


C ONTRO I PREGIUDIZI INTERESSATI DELL 'UE E CON UNO SGUARDO

no degli articoli pi garbati e riflessivi, nellalluvione di commenti a


senso unico nella lunga estate della
malattia di Fidel Castro, stato
quello di Michele Serra su
Repubblica. Scrive che gli piaceva
Cuba negli anni 60 ma che oggi
non gli piace pi. un argomento
- comune a gran parte del centrosinistra - che rivela le contraddizioni
di una generazione che, per parafrasare Enrico Berlinguer, ha da
tempo esaurito la propria spinta
propulsiva. Piaceva la Cuba che approvava
linvasione
della
Cecoslovacchia e non piace quella
che oggi invade il mondo di medici
generosi ed idealisti che, dal
Pakistan alla Bolivia, testimoniano
che un mondo migliore possibile.
A Serra ed ai suoi piaceva Fidel
Castro quando baciava Leonid
Breznev ma non piace il Fidel
Castro riconosciuto come padre nobile da Evo Morales, Lula da Silva,
Nestor Kirchner, Hugo Chvez e da
centinaia di milioni di latinoamericani sopravvissuti allinverno neoliberale.
Cuba, in tutti questi decenni, ha costruito un sistema socialista.

38

SUL CONTINENTE LATINOAMERICANO

Imperfetto, ma socialista. Ha abolito la propriet privata e percorso


una parte importante del lungo e
non rettilineo cammino verso la
fine della divisione in classi della societ. Potremmo dire che ha compiuto il proprio programma di governo. Ma passa il tempo e, mentre
12 milioni di cubani mandano
avanti la baracca socialista, i nostri
legittimamente - sono diventati signori borghesi genericamente progressisti, liberal alla statunitense.
Cuba cos diventata colpevole dellaver realizzato i sogni della loro
giovent e, dopo la caduta
dellURSS, essersi saputa rinnovare
e profilare come un movimento in
corso di indipendenza nazionale e
continentale.
Strano dittatore, Fidel Castro. Da
tempo le redini del potere reale
sono passate ad una generazione di
quarantenni nati, e che hanno studiato, nelleccellente sistema scolastico e universitario cubano. Da
anni, Fidel Castro ha uninfinita autorit morale, il rispetto pressoch
unanime della popolazione - lo ammette perfino la BBC - ma ha da
tempo ceduto ai giovani i gangli am-

ministrativi dello stato. Tra tutte le


critiche, la pi infondata quella
dellimmagine di imbalsamazione
(la gerontocrazia che esiste solo negli incubi dei giornalisti europei)
del regime.
La barca cubana tutto meno che
in secca. Il problema delle libert
formali non pu essere sottovalutato, ma ipocrita non ricordare
che il comunismo non nasce per garantire libert formali, e nemmeno
per garantire a tutti il diritto a fare
le vacanze allestero. Piaccia o no,
nasce per sanare le ataviche ingiustizie di classe, quelle in entrata, alla
nascita, la schiavit, lo sfruttamento. Nel Sud nasce anche per rispondere al problema dellimperialismo, del colonialismo, di uno sviluppo equo. Chi pu dimenticare i
morti per fame in quella sterminata
pianura fertile che lArgentina?
Lalternativa a Cuba, in America
Latina, stato il fondamentalismo
neoliberale, il latifondismo persistente, il colonialismo che non
passa, il Fondo Monetario
Internazionale che intima di chiudere scuole ed ospedali. Lesempio
il Nicaragua che, dissanguato dai

Settembre - Ottobre 2006

contras, si piegato nel 1990 per


perdere rapidamente ogni diritto
umano conquistato (casa, lavoro, salute, educazione).
apprezzabile della Rivoluzione cubana che veramente non sia (soprattutto da 17 anni a questa parte)
calco e copia dun modello russo
lontano. La Rivoluzione cubana realizza Jos Carlos Maritegui, il suo
m a rxismo creatore latinoamericano, e il nazionalismo di Jos Mart, cosciente e progressivo, che sa
che lisola e il continente - o sar
indipendente o non sar e che sotto
gli artigli degli Stati Uniti non pu
esserci futuro. I cubani, probabilmente non i burocrati pi ortodossi,
ma la maggior parte di quelli che
mandano avanti quella baracca (perch qualcuno deve noiosamente
mandarla avanti la baracca), fanno
proprio quotidianamente quanto
disse Simn Rodrguez, il maestro di
Bolvar: o inventamos o erramos, o
vinciamo noi la battaglia delle idee o
affondiamo. Non perch i cubani
pensino di vivere in una societ perfetta (Pablo Milans), ch solo gli europei sono cos poco realisti da esigere che Cuba (e solo Cuba) sia perfetta, come se la loro societ fosse
davvero perfetta, ma perch lalternativa, anche per i cubani, sarebbe
stata linedia neoliberale.
Strano dittatore, Fidel Castro. E dittatore da mezzo secolo dellunico
paese del continente americano
che non ha conosciuto il dramma
dei desaparecidos. Nella seconda
met del XX secolo, quasi un milione di cittadini americani sono
stati fatti sparire da dittature e democrazie filostatunitensi in tutto il
continente. E triste pensare che
solo la dittatura di Fidel Castro abbia fatto da argine al crimine contro lumanit della sparizione forzata di persone e del terrorismo di
stato. Senza libert di stampa, Cuba
pur sempre lunico paese al
mondo dove in questi 47 anni non
mai stato ammazzato un giornalista. E neanche un sindacalista, laddove in paesi come il Brasile o la

Internazionale

Colombia ne cade uno al giorno


sotto i colpi dei tagliagole pagati
dalle imprese, spesso multinazionali del nord. A Cuba, secondo i dati
di Amnistia Internazionale, ci sono
300 prigionieri politici. Sono 300
prigionieri politici di troppo, ma vivaddio, sono la met dei prigionieri
politici detenuti nel gulag tropicale di George Bush a Guantanamo. Pur condannando lesistenza anche di un solo prigioniero
dopinione, onesto rappresentare
la Rivoluzione cubana come un gulag a cielo aperto? possibile rappresentare la repressione politica
come il tratto distintivo di questa
esperienza?
Se la dittatura cubana stata dichiarata dalla Organizzazione
Mondiale della Sanit come lunico
paese libero dalla denutrizione infantile, ci la cartina tornasole del
fallimento della democrazia liberale in America, triste nemesi per
chi si riempie la bocca di democrazia a patto che sia formale e mai sostanziale. Tra il 46% di bambini denutriti in Guatemala e il virtuale
zero di Cuba, come possibile non
valutare positivamente lopportunit alla nascita che il socialismo cubano riuscito a garantire ai propri
cittadini e che il capitalismo non si
preoccupa di dare? Allo stesso modo, di fronte a quell8,7% di Prodotto Interno Lordo speso in educazione, che secondo dati del CEPAL la percentuale pi alta del
continente e forse del mondo, come
si pu dare una valutazione aprioristicamente negativa? Oggi
lAmerica Latina profondamente
pi diseguale di quanto non fosse
47 anni fa, laddove Cuba infinitamente pi giusta di quanto non
fosse quando era una colonia degli
Stati Uniti.
Una delle grandi menzogne del
Fondo Monetario Internazionale
stata millantare che le proprie ricette neoliberali fossero oggettive
ed universali. Oggi chiaro ad ogni
persona in buona fede che privatizzare lacqua in Bolivia rispondeva

solo alle esigenze della Suez e di una


classe dirigente eterodiretta (non
un caso che il presidente fondomonetarista Gonzalo Snchez de Lozada sia stato rimandato proprio a
Miami). Se in Bolivia vi fosse stato
un regime democratico, a nessun
aymara poteva essere imposta una
cosa cos ridicola come vendere (regalare oltretutto) lacqua che sgorga dalla pachamama (la madre terra) ad una multinazionale francese.

L'alternativa a Cuba,
in America Latina, stata
il fondamentalismo neoliberale,
il latifondismo persistente,
il colonialismo che non passa,
il Fondo Monetario Internazionale
che intima di chiudere
scuole ed ospedali

Eppure gli europei si scandalizzano


quando decine di milioni di latinoamericani - ogni giorno di pi guardano a Cuba non come un modello, e neanche come un esempio
di orgoglio o di dignit, ma soprattutto come una fucina di soluzioni
pratiche a problemi sociali che le
democrazie non hanno voluto o potuto risolvere. E la battaglia delle
idee, stupido e sta al socialismo come leconomia, stupido clintoniano sta al capitalismo.
A

CIASCUNO

SECONDO IL SUO BISOGNO

Non ci sono molti motivi se non


ideali - per i quali un europeo dovrebbe desiderare di vivere a Cuba.
E per motivi ideali sarebbe meglio
andare in Bolivia o in Colombia. La
vita aspra a Cuba, i consumi (che

39

Settembre - Ottobre 2006

Internazionale

non sono necessariamente sinonimo di consumismo) sono talmente compressi da fare la vita materiale difficilissima. Purtroppo,
per, per un guatemalteco o un peruviano, vivere a Cuba sarebbe trasferirsi nel giardino dellEden.
Proviamo a calcolare, dal punto di
vista della vita materiale, quanto varrebbero in un paese latinoamericano i servizi che lo stato cubano d
gratuitamente a tutti i cittadini. A
Cuba ci sono problemi abitativi a
volte drammatici, ma un tetto sulla
testa c. Uno svedese inorridirebbe
a vivere in alcuni condomini
d e l l Avana, ma nelle mille favelas
del continente un padre farebbe
carte false per una casa popolare cubana, perch risolverebbe il suo
problema abitativo qui ed ora, non
in astratto, o in Svezia.

L'accordo commerciale
firmato tra Cuba e il Mercosur
non solo il primo accordo
economico firmato da Cuba
dalla dissoluzione del Comecon,
ma anche la sconfitta
di quasi mezzo secolo
di strategia statunitense
per isolare Cuba
dal resto del continente
Poi c la salute, leducazione e il
non avere bisogno che i figli lavorino. Un europeo, se ha mal di pancia, va dal medico. Neanche riesce
a pensare cosa significa non avere
alcun accesso a cure mediche opportune. Ma non avere accesso a
cure mediche la realt per circa
un quarto della popolazione latinoamericana. Al Maciel, lo storico
ospedale pubblico della citt vecchia di Montevideo, nei primi anni
90 chi scrive ha assistito una persona ricoverata in condizioni infraumane. Aveva avuto la sfortuna

40

di ammalarsi nellunico mese della


sua vita nel quale non aveva potuto
pagare i 100 dollari di sociedad medica, lassistenza medica privata di
fatto obbligatoria. Aveva pagato
ininterrottamente per 22 anni. Ma
quel solo sgarro era bastato perch
la clinica privata, per la quale aveva
pagato dalla nascita, le rifiutasse un
ricovero anche in immediato pericolo di vita. Non aveva pagato, non
aveva diritto a nulla. A Cuba intanto
si vivevano i giorni pi duri del periodo speciale, e i nostri giornali
pontificavano sul fatto che negli
ospedali mancassero medicine e filo
per suturare. La dottoressa del
Maciel mi mostr gli scaffali degli
ambulatori completamente vuoti.
Allapogeo della democrazia liberale non cerano medicine, anestetici, n fili di sutura al Maciel.
Esattamente come a Cuba. Ma per
denunciare Fidel Castro si riempivano le pagine, mentre, per denunciare Julio Mara Sanguinetti, non si
sprecava neanche una riga. Dieci
anni dopo, Cuba, con il proprio potenziale umano e scientifico,
esporta medicine, mentre al Maciel
di Montevideo quegli scaffali continuano a restare vuoti e chi non ha i
soldi per pagare continua a morire.
Quale dei due sistemi ingessato?
Quale pi vitale?
Almeno 150 milioni di latinoamericani e 50 milioni di statunitensi darebbero un occhio per avere un medico cubano a disposizione quando
i loro bambini stanno male. Un abitante del Callao di Lima sa che in
Svezia si vive meglio che a Cuba. Ma
se tutti abbiamo diritto ad essere svedesi, alti e biondi, come si fa materialmente ad andare da Lima a
Stoccolma? Per il momento il limeo del Callao sa che in epoca
neoliberale, a causa della denutrizione diffusa, la sua altezza media si
abbassata di tre centimetri e che a
sua figlia stata imposta la bambola
Barbie come modello di bellezza.
Come si fa ad andare a Stoccolma
partendo da Lima? Come si fa a diventare Barbie? E chi responsabile
della frustrazione della bimba pe-

ruviana che non sar mai Barbie?


Non si possono trascurare alcuni
servizi peculiari. Per esempio pagare labbonamento telefonico 70
centesimi di euro al mese, con incluse tutte le urbane e sei ore di interurbane, interessante per un argentino che fino al 2001 pagava 25
centesimi per 120 secondi di chiamata urbana. A costi simili arrivano
anche luce e gas. La libert di telefonare quasi gratis non sostituisce
ed incomparabile con la censura
di stampa a Cuba, ma si pu censurare perfino la notizia che la risoluzione del bisogno primario di acqua, luce, gas e telefono, qui ed ora,
sia un valore? Si fa un gran scandalo
della tessera annonaria che fornisce
i generi di prima necessit. Secondo
i critici la libreta basta dieci giorni al
mese, secondo gli acritici dura fino
a 20, non di pi. Daccordo, non
sufficiente. Ma quanti paraguayani
al primo del mese sanno con certezza che fino al dieci del mese mangeranno?
Ad un calcolo approssimativo ed economicista, i servizi che lo stato cubano garantisce a tutti i cittadini valgono in America Latina tra i 500 e gli
800 euro al mese, molto di pi in
Europa. Vuol dire che 250 milioni di
latinoamericani e almeno 15 milioni
di italiani non possono permettersi
di pagare tutti i servizi di base che lo
stato cubano offre gratuitamente.
Sono servizi (e se avessimo il coraggio e tornassimo a chiamarli semplicemente diritti?) che sicuramente
non possono sostituire il diritto di
voto, cos come si intende a Stoccolma, ma aiutano. Aiutano soprattutto
a tenere la schiena dritta.
LA

F I N E D E L L I S O L A M E N T O

straordinario il fatto che Cuba, negli ultimi 17 anni, sia uscita dalla
schiavit della monocoltura, problema che non aveva neanche iniziato a risolvere al tempo del rapporto privilegiato con lUnione Sovietica. Dal punto di vista macroe-

Settembre - Ottobre 2006

conomico gli anni da satellite dellURSS non avevano rappresentato


alcuna evoluzione in questo senso.
Trovatasi sola Cuba ha scoperto che
poteva reagire, non solo col turismo
ma sviluppando settori come quello
minerario, petrolifero, le biotecnologie, la farmacologia. Dieci anni fa
il quotidiano Granma faceva il titolo
a tutta pagina per annunciare larrivo di un viceministro dello
Swaziland. Cuba era sola. A met settembre, per il vertice dei non allineati, sono stati a Cuba capi di stato
che rappresentano pi di due miliardi di abitanti.
Tra questi il primo Ministro indiano
Manmohan Singh. Tutti hanno firmato accordi economici e siglato sinergie politiche. Se Fidel Castro avesse concluso la sua carriera politica internazionale con il viaggio a
Cordoba della fine di luglio 2006, la
storia diplomatica cubana, dalla rivoluzione ai nostri giorni, avrebbe
con quel viaggio tracciato un perfetto cerchio concentrico. Fidel Castro ha partecipato come ospite donore al vertice del Mercosur, ottene-

Internazionale

ndo un sonante successo economico. Laccordo commerciale firmato tra Cuba e il Mercosur non
solo il primo accordo economico firmato da Cuba dalla dissoluzione del
Comecon, ma anche la sconfitta di
quasi mezzo secolo di strategia statunitense per isolare Cuba dal resto
del continente. Fin dal 1962 infatti
gli Stati Uniti avevano preteso di isolare riuscendoci in grande misura
- Cuba dal proprio contesto latinoamericano. Cuba era stata espulsa
dallOrganizzazione degli Stati
Americani, e praticamente tutti i
paesi avevano rotto le relazioni diplomatiche e commerciali con lisola. Oggi Cuba torna a far parte di
un accordo commerciale, sia pur
parziale, stante lappoggio aperto di
Hugo Chvez, Evo Morales, Nestor
Kirchner e anche di Lula da Silva e
con la sola titubanza di Ta b a r
Vzquez e del paraguayano Nicanor
Duarte. E un risultato politico ed
economico straordinario che, dopo
quasi mezzo secolo di embargo statunitense allisola, volta davvero pagina nella storia di Cuba e dellinte-

grazione latinoamericana.
Glenda Alfonso Castillo, medico cubana di Barrio Adentro in Venezuela, raccontava a chi scrive dellesperienza in Guatemala, dove rimasta
per mesi con i superstiti delluragano che, nel 2005, ha fatto decine
di migliaia di morti nel silenzio dei
media mondiali, attenti solo a Nuova Orleans.
I suoi assistiti erano tutti analfabeti
e perfino i latifondisti del posto non
avevano pi della seconda o terza
elementare. Confrontava tale esperienza con la propria, discendente
di schiavi, nipote di tagliatori di
canna. Oggi, nella sua famiglia,
sono tutti laureati. La difficolt materiale di vivere a Cuba grande e
lei ne cosciente. Ma sa che non
con il tenore di vita di una dottoressa Glenda di Stoccolma con la
quale deve confrontare il proprio
tenore di vita. Deve confrontare il
suo tenore di vita, quello della discendente di schiavi, con quello che
avrebbe avuto senza la Rivoluzione
e quello che ha con la Rivoluzione.
E non ha dubbi.

WWW.lernesto.it
41

Settembre - Ottobre 2006

Internazionale

Incontro Internazionale di Lisbona,


3-4 marzo 2006

F o rze comuniste
e di sinistra
a confro n t o
s u l l E u ro p a

a cura di Marcello Graziosi

D ALLA NATO

ALLA

B OLKESTEIN ,

PASSANDO PER IL TRATTATO

COSTITUZIONALE : COORDINARE LE LOTTE PER UN ' ALTRA

i tenuto a Lisbona nei giorni 3 e 4


marzo 2006 un Incontro Internazionale
organizzato dal Partito Comunista
Portoghese sul tema Europa ed Unione
E u ropea, realt, esperienze di lotta e
nuove opportunit di cambiamento, al
quale hanno preso parte 23 partiti comunisti ed altre forze di sinistra di diversi paesi europei.
Pubblichiamo, nell'ordine, il testo del comunicato finale dell'incontro, l'intervento di apertura di Albano Nunes a
nome del Partito Comunista Portoghese
e un resoconto della discussione. Tutta
la documentazione pu essere consultata
in versione integrale (in portoghese e in
inglese) sul sito del Partito Comunista
Portoghese www.pcp.pt (dalla home
page cliccare english version, scorrere con
la barra laterale fino alla data dellincontro e poi cliccare di nuovo). Alcuni
dei partiti presenti, pur avendo pre s o
parte ai lavori, non hanno inviato alcun testo scritto (tra questi, la Die LinkePDS tedesca e il Prc).
C O N F E R E N Z A S TA M PA
PA RT I T O C O M U N I S TA
P O RT O G H E S E

DEL

Lincontro ha consentito un utile


scambio di informazioni e opinioni
sulla situazione sociale e politica in

42

ciascuno dei paesi rappresentati ed


un ricco scambio di punti di vista sui
problemi dellEuropa e dellUnione Europea, come sulla cooperazione delle forze appartenenti alla
sinistra anti-capitalista in un contesto internazionale segnato da grande instabilit e pesanti minacce ma
nel quale vi sono anche forti mobilitazioni e significativi elementi di
avanzamento e progresso.
Pur se in un contesto segnato da
grande diversit di analisi e posizioni, i partecipanti hanno valutato
che le politiche neoliberali predominanti di crescente centralizzazione e concentrazione del capitale
e il complessivo attacco contro il lavoro e i diritti sindacali costituiscono le ragioni alla base della
drammatica situazione sociale prevalente sullintero territorio europeo, con disoccupazione di massa,
pratica generalizzata del lavoro sottopagato e senza diritti, crescente
povert e altri flagelli simili.
Lattacco sferrato contro i servizi
pubblici (sanit, istruzione, et pensionabile e pensioni) stato condannato con particolare decisione,
riconoscibile nella lotta contro la
Direttiva Bolkestein.
E stata espressa grande preoccupazione per le crescenti restrizioni dei

E UROPA

diritti fondamentali dei cittadini,


delle libert e delle garanzie individuali che si sono verificate in numerosi paesi. Con il pretesto della
lotta al terrorismo hanno avuto
luogo diverse e inaccettabili degenerazioni sicuritarie. E questo il
caso dei frequenti episodi di razzismo e xenofobia, di banalizzazione
e riabilitazione del fascismo, di revisione storica e di anticomunismo.
Forte accento stato posto sulla crescente importanza della lotta per difendere la democrazia contro ogni
tentativo di svuotamento e degenerazione. E emerso un vero e proprio allarme sui rischi di criminalizzazione dei comunisti e della loro
ideologia (basti considerare il rapporto anticomunista dellAssemblea Parlamentare del Consiglio d
Europa). I partecipanti hanno
espresso la loro solidariet allUnione della Giovent della Repubblica
Ceca ed al Partito Comunista di Boemia e Moravia.
E stato richiesto di fare piena luce
sulle operazioni fasciste della CIA in
Europa.
In relazione ai problemi legati alla
cooperazione e alla sicurezza in
Europa, oltre al contributo dei paesi
europei per un nuovo ordine inter-

Settembre - Ottobre 2006

nazionale di pace, pi giusto ed


equilibrato, i partecipanti hanno dichiarato la loro ferma opposizione
alle politiche di blocco che si
stanno progressivamente affermando; allallargamento a sud e ad
est della NATO e alla sua proiezione
planetaria; alla militarizzazione
dellUnione Europea.
Grande preoccupazione stata espressa per la crescente subalternit
dellUE alle imposizioni degli Stati
Uniti e per il suo crescente allineamento con lamministrazione Bush
e le sue politiche aggressive, rivolte
soprattutto verso il Medio Oriente
e lAsia Centrale, mentre ci che
verrebbe richiesto sarebbero politiche autonome finalizzate alla pace,
al disarmo ed alla soluzione politica
dei conflitti.
I partecipanti hanno evidenziato la
necessit di porre fine alle inique relazioni, fino ad oggi prevalenti, tra
paesi grandi e piccoli, con particolare riferimento allallargamento
verso la parte orientale del continente, come nellarea EuroMediterranea, tanto da parte
dellUE quanto della NATO.
Oltre a questo, i partecipanti si sono
dichiarati a favore del ripristino dei
principi contenuti nellAtto Finale
di Helsinki, considerando lOrganizzazione per lo Sviluppo e la Cooperazione in Europa (OSCE) come
un soggetto regionale nel contesto

Internazionale

di unONU democratizzata; a favore della dissoluzione della NATO


e del ritiro delle basi militari straniere dal territorio europeo, come
della creazione di un sistema di sicurezza collettivo basato sul reciproco vantaggio (economico, sociale, scientifico e culturale) e non
su fattori militari predominanti; a
favore della necessit di porre di
nuovo in agenda il disarmo nucleare.
Pur riconoscendo diversi punti di vista e prospettive, si sono valutate positivamente le molteplici iniziative
assunte per unEuropa di pace, progresso e cooperazione. Riguardo
lUE, stato attribuito particolare significato allopposizione nei confronti del cosiddetto Tr a t t a t o
Costituzionale Europeo, come al
profondo significato politico dei
no francese ed olandese. I partecipanti hanno sottolineato la loro
volont comune di contrastare le
manovre da parte delle classi dominanti (tedesca come degli altri
paesi) di imporre la Costituzione
sconfitta e dispiegare la lotta contro i contenuti neoliberali, antidemocratici e militaristi del processo
di integrazione europea.
Ha avuto un plauso lintenzione da
parte del Partito Comunista Portoghese di organizzare uniniziativa
internazionale nel contesto della
presidenza portoghese dellUE.

I partecipanti hanno espresso la


loro ferma opposizione alle politiche di guerra perseguite dagli USA,
in alleanza con altre grandi potenze, in Iraq ed Afghanistan come
in Medio Oriente ed Asia Centrale,
rivendicando il ritiro delle forze
straniere di occupazione come anche la fine delle minacce di aggressione contro paesi sovrani quali
Siria ed Iran. Sottolineando in questo modo limportanza di smilitarizzare il Mediterraneo e trasformarlo in unarea di pace e cooperazione. Essi hanno espresso la loro
solidariet ai popoli che lottano per
la propria liberazione, con particolare riferimento al popolo palestinese, richiedendo il pieno rispetto
dei diritti nazionali e lapplicazione
delle risoluzioni ONU sulla
Palestina, e al popolo cipriota, per
la fine delloccupazione e la riunificazione del paese ().
Sono stati prodotti numerosi suggerimenti su iniziative comuni o
convergenti delle forze della sinistra anticapitalista in Europa, come
delle forze sindacali e di movimento, e su come articolare, insieme allo sviluppo di azioni di massa,
il lavoro nelle istituzioni internazionali, segnatamente nellAssemblea Parlamentare del Consiglio d
Europa e nel Parlamento Europeo.
Lisbona, 4 marzo 2006

Elenco dei partiti partecipanti


- AKEL Cipro
- Partito Comunista
di Boemia e Moravia
- Partito Comunista in Danimarca
- Partito Comunista di Danimarca
- Partito Comunista di Finlandia
- Partito Comunista Francese
- Partito comunista Tedesco
- Partito di Sinistra Partito
del Socialismo Democratico
(Die Linke PDS)

- Partito Comunista
di Gran Bretagna
- Partito Comunista di Grecia
- Partito Comunista
Operaio Ungherese
- Partito Operaio dIrlanda
- Partito Comunista dIrlanda
- Partito della
Rifondazione Comunista
- Partito Comunista
del Lussemburgo

- Partito Comunista di Norvegia


- Partito Comunista
della Federazione Russa
- Partito Comunista di Spagna
- Sinistra Unita
(Izquierda Unida, IU)
- Partito dei Comunisti
di Catalogna
- Partito Comunista di Turchia
- EMEP (Turchia)
- Partito Comunista di Ucraina

43

Internazionale

I N T E RV E N T O D I A P E RT U R A
DI ALBANO NUNES

Compagni e amici,
in ciascuno dei nostri paesi, in Europa e nel mondo, si sono verificati
di recente avvenimenti e processi
con diversi elementi di novit. La
loro comprensione richiede, oltre
ad un normale flusso di informazioni, anche un frequente scambio
di opinioni. Questo il primo obiettivo che ci proponiamo di raggiungere con questo incontro, obiettivo
che pu apparire modesto ma a cui
il Partito Comunista Portoghese
continua ad attribuire grande importanza.
Un secondo obiettivo, di cui si sente
forse ancora di pi il bisogno,
quello di raccogliere idee e suggerimenti utili per costruire possibili
percorsi di attivit e iniziative comuni. In una fase nella quale i
grandi gruppi dinteresse e le
grandi potenze (seppure in un contesto di rivalit e contraddizioni che
si fanno sempre pi acute) stanno
coordinando con sempre maggiore
profondit la loro offensiva di sfruttamento, oppressione e guerra
opinione del PCP che questo elemento costituisca caratteristica saliente e fattore pericoloso dellattuale situazione internazionale -,
ogni passo in avanti che saremo in
grado di produrre nella direzione
sopra indicata sar destinato ad assumere un valore straordinario.
In Portogallo sullo sfondo di un
contesto segnato, da un lato, da una
continua e violenta offensiva da
parte del grande capitale e dei governi al suo servizio (formati tanto
dal Partito Socialista, PS, come dalle
forze di destra, Partito Socialdemocratico, PSD, e Centro Democratico e Sociale Partito Popolare,
CDS), e, dallaltro, da una persistente resistenza e lotta dei lavoratori e degli altri strati antimonopolisti sono state intraprese impor-

44

tanti battaglie politiche.


In meno di un anno, a partire dal
17 congresso del PCP, tenutosi nel
novembre 2004, si sono succedute
diverse tornate elettorali: per il
Parlamento nazionale (Assemblea
della Repubblica, febbraio 2005);
per i governi locali (ottobre 2005);
per il Presidente della Repubblica
(gennaio 2006). In tutte queste consultazioni il PCP ha ottenuto buoni
risultati. Nelle prime due, correndo
assieme ai nostri alleati allinterno
della Grande Coalizione Democratica (CDU, comprendente anche
Verdi ed indipendenti), abbiamo
accresciuto il nostro consenso elettorale, i seggi nel Parlamento nazionale e il numero degli eletti nelle
municipalit (riconquistando anche importanti citt). Nelle elezioni
per il Presidente della Repubblica
abbiamo ottenuto l8,6% dei consensi a favore del nostro candidato,
il segretario generale del PCP, compagno Jernimo de Sousa. Nonostante i risultati elettorali non costituiscano, ovviamente, il solo o il
principale criterio in base al quale
valutare la situazione, nella fase attuale questi risultati raggiunti a
partire da unenorme sproporzione
di risorse e da una campagna mediatica particolarmente intensa e
volta a condizionare e discriminare
hanno un profondo significato politico: essi dimostrano che il PCP
non solamente non condannato
ad un declino irreversibile, come
i nostri oppositori sistematicamente
predicono, ma che, al contrario,
esso gode di un forte sostegno popolare e di grandi possibilit di ulteriore rafforzamento. con questa
idea che abbiamo riunito il Comitato Centrale per discutere dellorganizzazione del partito, decidendo
di dedicare questanno 85 anniversario della fondazione al rafforzamento del nostro partito. Siamo
impegnati in un duro lavoro per allargare il nostro corpo militante,
rafforzare le nostre strutture di base
- colpite dai profondi cambiamenti
in atto nella realt sociale ed economica del paese e radicare il no-

Settembre - Ottobre 2006

stro partito nella societ e nei luoghi di lavoro.


Contemporaneamente, il paese sta
attraversando una profonda crisi
che sembra volgere al peggio; crisi
che il risultato di quasi un trentennio di politiche di destra perseguite tanto dal PS, quanto dal PSD.
Per superare la crisi non basta una
semplice correzione di rotta, ma
una rottura netta con tali politiche.
Il cambiamento richiesto con la
sconfitta della coalizione di destra
nelle scorse elezioni politiche non
si materializzato. Avendo ottenuto
una maggioranza assoluta, il PS di
Jos Socrates, una volta al governo,
non solo ha proseguito nel solco
tracciato dal precedente governo di
destra, ma ha addirittura accelerato
i tempi di realizzazione di determinate scelte politiche. Il conseguente
malcontento cresciuto rapidamente, aprendo la strada alla vittoria di Cavaco Silva nelle elezioni presidenziali del 22 gennaio 2006; in altre parole, aprendo la strada alla
conquista della Presidenza della
Repubblica alle forze di destra, per
la prima volta dalla Rivoluzione dellaprile 1974.
Questo rappresenta uno sviluppo
preoccupante, che tende ad accelerare tanto la centralizzazione e la
concentrazione del capitale, quanto un brusco peggioramento delle
ingiustizie e delle disuguaglianze sociali e unulteriore crescita della disoccupazione (gi al suo livello pi
alto dal 25 aprile 1974); tende ad allargare le forme di lavoro precario,
a smantellare i servizi pubblici, attaccare i diritti fondamentali.
Questo sviluppo tender a svendere
al settore privato, per poco o nulla,
tutto ci da cui possibile trarre
profitto, dallenergia alle comunicazioni, dai trasporti alla sanit.
Questa situazione potrebbe mettere
a repentaglio il regime democratico
previsto dalla Costituzione della
Repubblica, aprendo la strada ad
una riorganizzazione antidemocratica dello stato, destinato ad essere

Settembre - Ottobre 2006

trasformato in uno strumento alle


dirette dipendenze degli interessi
dei grandi gruppi economici: uno
stato minimo le cui funzioni sociali saranno residuali, ma la cui
componente coercitiva (Forze Armate, apparati di sicurezza, sistema
giudiziario) sar rafforzata, in connessione con i dettami dellimperialismo e di una politica estera di
sottomissione nazionale.
Tutto questo pone una questione
fondamentale riguardante il ruolo
e la natura del Partito Socialista, che
non pu essere evitata. Senza il suo
contributo attivo, il dominio del
Portogallo da parte del grande capitale economico e finanziario e
dellimperialismo non avrebbe raggiunto questi livelli. La sua base popolare e la sua immagine di sinistra consentono a questo partito di
sostenere politiche di destra talmente impopolari che le stesse
forze di destra non sarebbero in
grado di realizzare. Il PS non si
semplicemente piegato di fronte allegemonia delle politiche neoliberali: esso oggi, sotto la guida di
Socrates, uno strumento indispensabile per la realizzazione di tali politiche.
Senza alcun dubbio ciascun paese
ha la propria realt: indagare per
che cosa rappresenta oggi in Europa la socialdemocrazia e il movimento sindacale ad essa legato e
quali interessi serve costituisce un
elemento di grande importanza di
fronte alla violenta offensiva del capitale.
Non consideriamo, naturalmente,
gli sviluppi della situazione interna
del nostro paese come se fossero
avulsi da quanto accade in Europa
e nel mondo. Gli arretramenti sul
piano economico e sociale, cos
come i rischi che emergono dalla
nuova situazione in Portogallo, in
grado di investire pienamente il potere politico, sono parte di tendenze
pi generali. Tutto questo conseguenza dei rapporti di forza sfavorevoli determinatisi con la scom-

Internazionale

parsa dellURSS e la sconfitta del socialismo, come delle specificit


della crisi del capitalismo nellattuale fase di sviluppo e della controffensiva aggressiva e sfruttatrice
di cui si reso protagonista limperialismo, con la scelta deliberata di
tentare di risolvere con la forza le
contraddizioni acute che segnano la
fase mondiale attuale. A partire da
questa prospettiva desideriamo portare alla vostra attenzione tre elementi di analisi e, allo stesso tempo,
avanzare, pur se in termini generali,
alcuni suggerimenti per la nostra
cooperazione.
Primo Portogallo edEuropa.
La rivoluzione dellaprile 1974, che
ha liberato il Portogallo dal fascismo, ha posto fine al colonialismo e
alle guerre coloniali ed ha avviato
profonde trasformazioni in senso
antimonopolista nellinteresse di
tutto il nostro popolo, avvenuta in
un contesto internazionale favorevole, segnato dalle pi significative
vittorie delle forze progressiste
(Vietnam), da importanti accordi
sul disarmo, da passi in avanti nel
processo di distensione e coesistenza pacifica. La Conferenza sulla
Sicurezza e la Cooperazione in
Europa e lAtto Finale di Helsinki
hanno segnato una nuova fase nella
vita del continente. La dissoluzione
dei blocchi politico-militari, labolizione delle armi nucleari, un disarmo generale, simultaneo e controllato apparivano obiettivi raggiungibili.
Oggi la situazione radicalmente
diversa e sappiamo perch. Sappiamo, prima di tutto, che la scomparsa
dellURSS e la dissoluzione del
Trattato di Varsavia, utilizzati dallimperialismo per giustificare la
sua politica aggressiva e le sue alleanze, invece di portare alla scomparsa della NATO, hanno avuto
come conseguenza un suo rafforzamento, una sua estensione, ladozione di una dottrina apertamente
offensiva ed aggressiva, il dispiegamento di forze militari in Afghanistan, la predisposizione di piani di

intervento in Africa e in altre regioni del mondo. Gli USA, invece di


ritirare le proprie truppe e basi dal
continente, hanno consolidato i
meccanismi di egemonia militare,
hanno disseminato di basi la parte
orientale dellEuropa, hanno spudoratamente usato lo spazio aereo
europeo per operazioni segrete e
criminali della CIA, per sequestri,
torture e omicidi. La marcia imperialista verso Est, a sostegno della
controrivoluzione e con imposizioni di natura coloniale, costituisce
una terribile realt. L O r g a n i zzazione per lo Sviluppo e la Cooperazione in Europa (OCSE) ha visto
modificarsi il proprio ruolo originario. La scelta di neutralit e nonallineamento di diversi paesi oggetto di un brutale attacco che contrasta con la volont di quei popoli.
LUnione Europea sta divenendo
sempre pi militarizzata. La Germania si sta ponendo sempre pi come
una potenza militare imperialista
con ambizioni pericolose. La guerra nei Balcani, con la violenta disgregazione della Jugoslavia, ha portato alla inaccettabile creazione di
protettorati, elemento che rappresenta una brutale ingerenza nella
vita dei popoli della regione.
Non coltiviamo la pretesa di essere
esaustivi. Altri compagni ci aiuteranno a completare il quadro di insicurezza e di relazioni ineguali presenti in Europa, come anche nelle
relazioni con altre regioni, a partire
da Medio Oriente e Nord Africa.
Quanto stato detto sino ad ora
sufficiente a dimostrare che ci troviamo di fronte ad una situazione seria, che dovrebbe preoccupare tutti.
Secondo noi, questa situazione richiede unazione di denuncia e protesta pi sistematica e unitaria, su tematiche quali lo scioglimento della
N ATO, lo smantellamento delle
basi militari straniere nel continente, lopposizione ad azioni militari di aggressione contro altri paesi.
Su questi, come su altri problemi,
importante assicurare la collaborazione tra i nostri partiti e con le altre forze di sinistra allinterno del

45

Internazionale

Parlamento Europeo, dellAssemblea Parlamentare del Consiglio


dEuropa e dellOCSE.
Secondo Portogallo, venti anni dopo
l i n g resso nella Comunit Economica
Europea.
Su questo argomento stiamo facendo girare tra di voi un documento separato contenente maggiori
dettagli1. In questa sede nostra intenzione sottolineare come le ragioni che hanno indotto il PCP ad
opporsi allingresso del Portogallo
in quella che era la Comunit
Economica Europea hanno trovato
conferma. Queste sono le stesse ragioni che ci inducono oggi a respingere lattuale processo di costruzione europea, e a lottare per
unEuropa di progresso, pace e cooperazione tra stati sovrani con
uguali diritti.
In effetti, la nostra integrazione
nella CEE stata la pi grossa operazione di pressione e interferenza
contro la Rivoluzione portoghese,
uno strumento attivo a sostegno del
processo di restaurazione del potere economico e politico di quei
grandi gruppi capitalistici che al
fine di difendere la democrazia ed
uno sviluppo economico complessivo erano stati liquidati dalla rivoluzione.
Allo stesso tempo, loffensiva congiunta dei reazionari e della socialdemocrazia a livello interno, e delle
politiche e dei meccanismi comunitari sul piano esterno hanno impedito uno sviluppo indipendente
del Portogallo, che avrebbe tenuto
conto del basso livello di sviluppo
delle nostre forze produttive e dei
reali interessi del nostro popolo e
del nostro paese. Tutto questo ha
determinato la distruzione della
struttura produttiva del paese (a
partire da agricoltura, pesca ed industria di base, in particolare le acciaierie); ha favorito la costruzione
di un modello di crescita basato su
una forza lavoro a basso costo e poco
qualificata; ha consegnato le leve

46

principali della nostra economia ai


grandi gruppi economici nazionali
e stranieri. La subordinazione alla
Strategia di Lisbona e al Patto di
Stabilit e Crescita, con le loro imposizioni quali liberalizzazioni e deficit di bilancio, ha prodotto conseguenze particolarmente nocive per
il paese. Contemporaneamente, la
configurazione dellUnione Europea come blocco economico politico militare imperialista e le politiche subalterne adottate dai governi che si sono succeduti hanno
finito per compromettere profondamente lindipendenza del Portogallo.
Noi non sosteniamo, ovviamente,
che tutto quanto riguarda lintegrazione sia negativo, n sosteniamo
per il Portogallo un non perseguibile quanto rovinoso isolamento autarchico. Quello che non accettiamo sono le relazioni di dipendenza e dominazione rispetto al
grande capitale e ai poteri forti
dellUE, che ledono la nostra sovranit nazionale e, con essa, lo
stesso sistema democratico. Tali relazioni sono state imposte in maniera ancora pi pesante ai nuovi
paesi membri dellEuropa dellEst.
Lattuale costruzione europea
non costituisce una fatalit. La resistenza e la battaglia dei lavoratori e
dei popoli possono imporre differenti dinamiche di cooperazione e
reciproco beneficio. Il trionfo dei
No in Francia e in Olanda contro
la cosiddetta costituzione europea, che ha vanificato sul breve periodo un progetto estremamente
dannoso sostenuto dai grandi
gruppi dinteresse, apre la strada ad
una differente Europa di progresso,
pace e cooperazione. Da parte nostra, non riteniamo che questa prospettiva possa concretizzarsi senza
lotte di massa pi vaste, senza maggiori mobilitazioni sociali e politiche, senza cambiamenti progressisti
in vari paesi. Vada come vada,
molto importante che, nonostante
tra di noi esistano sostanziali diffe-

Settembre - Ottobre 2006

renze su questioni di natura istituzionale, lavoriamo per rendere pi


forte la nostra collaborazione al fine
di seppellire, una volta per tutte, la
cosiddetta costituzione e coordinare una vasta campagna di sensibilizzazione per sconfiggere gli attuali tentativi di imporre modifiche
farsesche e rilanciare cos il progetto. Il lavoro sporco, che sembra
r i s e rvato alla Presidenza portoghese dellUE nella seconda met
del prossimo anno, deve essere smascherato fin da ora.
Cos come importante perseguire
unazione comune o convergente
contro le espressioni pi dannose
delle politiche neoliberali predominanti, quali la disoccupazione di
massa, il lavoro sottopagato e privo
di diritti, i turni di lavoro pi lunghi, linnalzamento dellet pensionabile, i continui attacchi contro i
sindacati e i diritti dei lavoratori,
ecc. La difesa delle conquiste storiche, a partire dai servizi pubblici sanit, istruzione e sicurezza sociale
-, costituisce elemento di grande rilevanza, cos come occorre proseguire la lotta e le mobilitazioni contro la direttiva Bolkestein.
Terzo il peggioramento della situa zione internazionale.
Questo incontro ha luogo in un contesto internazionale estremamente
pericoloso, che la dichiarazione finale del Comitato Centrale del PCP
del 21 febbraio, in occasione della
cosiddetta crisi delle vignette,
tenta di descrivere nei suoi tratti
fondamentali. Non nostra intenzione ripetere in questa sede tale
analisi. Vogliamo semplicemente richiamare la vostra attenzione sui seguenti aspetti:
Primo. Il salto di qualit dellaggressione imperialista in Medio Oriente
e in Asia Centrale e la necessit di
intensificare la battaglia per il ritiro
delle truppe doccupazione dallIraq e dallAfghanistan, di prevenire laggressione contro Siria ed

Settembre - Ottobre 2006

Iran, gi pianificata dagli USA con


la collaborazione dellUE, di accrescere il sostegno al popolo palestinese nella lotta per la conquista dei
propri diritti nazionali, chiedendo
il ritiro israeliano dai Te r r i t o r i
Occupati e la fine delle politiche di
terrorismo di stato finora perseguite ed inviando delegazioni in
Palestina come segno di solidariet
con le forze progressiste dellOrganizzazione per la Liberazione
della Palestina.
Secondo. Il crescente attacco ai diritti, alle libert e alle garanzie sferrato in Europa, con inaccettabili sviluppi sicuritari e con lattivit criminale della CIA, unita alle frequenti manifestazioni di razzismo e
xenofobia, di riabilitazione del fascismo, di revisionismo storico e di
anticomunismo. In questo contesto, il significato della risoluzione
anticomunista del Consiglio
dEuropa, malgrado la sconfitta degli obiettivi pi reazionari perseguiti dai suoi sostenitori, non dovrebbe essere sottovalutato. La lotta
in difesa della democrazia assume
sempre maggiore importanza, la

Internazionale

persecuzione e la messa al bando


dei partiti comunisti e i tentativi di
criminalizzare la loro ideologia devono essere fermamente respinti attraverso iniziative le pi ampie ed
unitarie possibili. La solidariet con
la Giovent Comunista Ceca e con
il Partito Comunista di Boemia e
Moravia costituisce attualmente elemento di grande importanza.
Terzo. Ci troviamo in una situazione
internazionale contraddittoria. La
violenta offensiva imperialista volta
ad imporre sul mondo un nuovo ordine totalitario, ad egemonia statunitense, coesiste con una dura resistenza da parte dei lavoratori e dei
popoli e con un grande potenziale
per sviluppi in senso progressista e
rivoluzionario. Lavanzata delle
forze progressiste in America Latina
(con Cuba e il Venezuela alla testa
della lotta) o gli importanti processi
di riallineamento di forze su scala
mondiale, nei quali la Cina gioca un
ruolo crescente, dovrebbero essere
valutati con estrema attenzione. Ci
sono buone ragioni per credere che
sia possibile attraverso la lotta in
ciascun paese unita al rafforza-

mento di azioni comuni in Europa


e nel mondo contrastare e invertire lattuale, pericoloso corso degli
eventi mondiali ed incamminarsi
cos sulla via della pace, del progresso sociale e del socialismo.
Tutto questo rende irrinunciabile il
rafforzamento del nostro lavoro comune. Superando le nostre differenze del passato, le distanze ideologiche, i progetti, i giudizi storici
riguardanti in particolare la storia
delle classi lavoratrici e dei movimenti di liberazione nazionale -,
dobbiamo prendere in considerazione quello che ci unisce nella
complessa e pericolosa situazione
attuale, di fronte alla quale sarebbe
drammatico se non fossimo in
grado di realizzare questa unit.
Speriamo sinceramente che questo
incontro possa costituire un valido
contributo nella giusta direzione.

Note
1 Il documento, Portogallo, a venti anni dalladesione alla CEE, si trova tra i materiali
dellincontro di Lisbona sul sito del PCP.

segue a pag. 50

47

Settembre - Ottobre 2006

La Stanza

a cura di Roberto Gramiccia

IL LUNGO CAMMINO

I piedi larghi e pesanti dei personaggi di Lorenzo Viani o di Giacometti o di anonimi


artisti africani una cosa significano: che la terra - lesperienza di viverci - richiede
una larga base di appoggio. Questa base di appoggio tanto pi larga quanto pi uno
la vita se la suda.
Le mani, i piedi, le estremit sono i punti di contatto con la vita quando uno sveglio
e attivo. Quando si sdraia la cosa cambia, ma solo per dormire o per fare allamore.
Che una cosa che stata sempre concessa, persino agli schiavi: per recuperare
e n e rgie e riprodursi ( mettere al mondo nuovi schiavi).
E in piedi che si fatica. Con lunica eccezione per chi lavora seduto, che i piedi, pe r ,
ce li ha grandi lo stesso perch si gonfiano a causa della stasi del sangue. La novit, infatti, che oggi uno pu essere sfruttato anche senza che gli vengano i calli
alle mani. Ma i piedi sono sempre grandi.
A Lotito interessa il cielo, prevalentemente. Per anni ha dipinto le nuvole col fumo di
candela. Pazientemente ha sottratto peso alle forme per farle galleggiare nellaria. Ha
reso opaca la superficie dei vetri per creare la penombra. Ha nascosto larroganza del
sole perch con meno luce si pensa e si ama meglio.
Ma ad Adele interessa anche la terra, di pi quella degli sfruttati. E per questo che,
nel suo disegno, due piedi grandi sono protagonisti del viaggio. Mentre una piccola
stella dargento il cielo lo ricorda ancora, sul foglio si squaderna leffetto ottico di
dodici quadrati concentrici che alludono a un percorso senza fine.
Quei piedi dovranno affrontare il cammino. Lungo il perimetro delimitato dai lati del
quadrati. Oppure, dritto, lungo le volte circoscritte da essi. In entrambi i casi non un
cammino facile. N breve. La fine non c perch, allorizzonte, un quadrato sempre
pi piccolo si staglia. Che come dire: non c mai riposo.
E riposo non c. Neanche per quelli che hanno i piedi sottili (figuriamoci per gli
altri). Perch i motivi per soffrire sono tanti. E per questo che pi che la felicit ci
interessa la giustizia. Lunica felicit possibile quella di immaginare che un giorno
ci sar solo gente coi piedi sottili (e con il lusso di poter soffrire in pace).
R.G.

Opera di Adele Lotito


"Il lungo cammino"
TECNICA: grafite su carta
DIMENSIONI DELL'ORIGINALE: 34x25 (cm)
48

Settembre - Ottobre 2006

dsellArte

Adele Lotito

49

Internazionale

Settembre - Ottobre 2006

segue Incontro Internazionale di Lisbona da pag. 49

UNA DISCUSSIONE
A P E RTA
Gli spunti emersi sono stati diversi
e di grande interesse, a dimostrazione della grande attualit dellargomento trattato e della conseguente necessit di tenere aperto il
confronto tra le forze comuniste e
di sinistra, a partire dalla piena autonomia e dal reciproco riconoscimento delle diverse posizioni in
campo. La prospettiva dellintegrazione europea pi generalmente intesa e della riformabilit dellattuale modello, colta anche in diversi
dei suoi aspetti (dalla collocazione
geopolitica alle relazioni con gli
USA; dalla NATO alle politiche di
difesa e sicurezza; dallesercito europeo alla bozza di trattato costituzionale, allattuale predominio di
politiche rigidamente neoliberali),
costituiscono argomenti di straordinaria complessit. Quando si ragiona, allinterno dei diversi paesi e
delle diverse soggettivit politiche,
di un altra Europa, a cosa si intende fare riferimento? Il modello
Unione Europea, che si configurato come lestensione della
parte del continente uscita vittoriosa dalla Guerra Fredda, saldamente ancorato, pur se non senza
contraddizioni, agli Stati Uniti e alla
NATO da una parte ed alle esigenze
dei grandi gruppi economici e finanziari dallaltro, davvero riformabile? Quale altra ipotesi potrebbe rimanere sulla scena? Quale
il significato della vittoria dei No
in Francia e Olanda sulla bozza di
trattato costituzionale? Dal 1 maggio
2004 lUnione Europea si allargata
a 25 paesi, mentre sono in corso negoziati per un ulteriore espansione
(dalla Turchia alla Croazia, a
Bulgaria e Romania), elemento questo che ha finito per modificare la
struttura e gli orientamenti della
vecchia Eruopa e creare elementi
di forte tensione con Mosca sul
piano economico e geopolitico.
Difficile non ricordare, nel pieno
delle divisioni emerse in occasione
dellaggressione unilaterale anglostatunitense contro lIraq del 2003,

50

il richiamo del Segretario alla Difesa


USA, Donald Rumsfeld, alla nuova
Europa da contrapporre alla vecchia. Quali potrebbero essere, da
questo punto di vista, i futuri scenari? Quali le relazioni con la Russia,
che non pi il paese allo sbando
dellepoca eltsiniana e che tende al
contrario ad acquistare un ruolo
sempre meno marginale e un profilo sempre pi autonomo nel quadro internazionale?
Sul piano dello sviluppo economico
e sociale, poi, a fronte di politiche rigidamente neoliberali che hanno finito per ispirare la stessa bozza di trattato costituzionale (egemonia incontrastata del mercato e del privato,
anche nella sfera sociale; centralit
della competizione e dei profitti; imposizione ai paesi membri di politiche monetariste e di austerit su debito e spesa pubblica con un furore
ideologico degno di miglior causa;
contrazione dei nuovi e vecchi diritti
e stato sociale ridotto ai minimi termini), aumenta la distanza tra paesi
pi ricchi e sviluppati e paesi pi poveri cos come, nei singoli paesi, tra
aree avanzate (lormai nota concorrenza tra sistemi territoriali) ed
aree pi povere e depresse. Quale, in
questo contesto, il senso delle mobilitazioni contro la direttiva
Bolkestein e quale la funzione dei
sindacati europei? E realistico lobiettivo di costruire una Unione
Europea dal volto umano o bisogna
ripensare lintero processo di integrazione su nuove basi, che non
siano solamente quelle funzionali
allo sviluppo dei grandi gruppi economici e finanziari? Da questo punto
di vista, lincontro di Lisbona segna
un importante, e speriamo non isolato, momento di approfondimento,
riflessione e discussione.
Diversi sono stati gli interventi che
hanno approfondito alcune delle
dinamiche che caratterizzano lattuale, delicato quadro internazionale, a partire dal peggioramento
della situazione in Medio Oriente
(in molti sono stati facili profeti nel
denunciare i rischi di estensione del
conflitto nellarea, alcuni mesi

prima dellaggressione israeliana


contro il Libano), dalla crisi sul nucleare iraniano, dalla crescente resistenza in Iraq e Afghanistan contro le forze di occupazione, intrecciando il ragionamento con le politiche di difesa e sicurezza europee,
con le relazioni tra Washington e
Buexelles, con la nuova NATO aggressiva e ormai in grado di intervenire su una dimensione planetaria. Su questo si soffermato Daniel
Cirera, a nome del Partito Comunista
F r a n c e s e, che ha individuato tra le
priorit per lEuropa quella di opporsi allegemonia e alla strategia di
guerra nord-americana, avanzare
sulla base di principi fondamentalmente differenti, fondando la propria sicurezza sul dialogo politico, la
cooperazione, la smilitarizzazione e
il disarmo. Prospettiva che mette in
discussione lesistenza stessa della
NATO. Necessit urgente ha sottolineato Cirera -, se non vogliamo
trovarci di fronte a crisi pi profonde che potrebbero sfociare in
conflitti assai pi larghi. Opinione,
questa, largamente condivisa.
LEuropa non ha bisogno di unalleanza aggressiva che mina e in pratica stravolge il ruolo dellONU
gli ha fatto eco, intervenendo a
nome del Partito Comunista di Boemia
e Moravia, Ren David. La NATO
inaccettabile nella sua forma attuale
e la richiesta di una sua abolizione
costituisce oggi elemento di grande
rilevanza E di vitale importanza
per i paesi europei mantenere un livello adeguato di sovranit nel percorso di assunzione delle decisioni,
anche per evitare di essere trascinati
in nuove avventure militari.
LEuropa ha bisogno di un differente sistema di sicurezza rispetto a
quello rappresentato dalla NATO,
che sia difensivo e non aggressivo,
che sia basato sulluguaglianza e la
pari dignit, in grado di includere
tutti i paesi del continente, dal
Portogallo alla Russia e al Caucaso,
dalla Scandinavia ai Balcani. Da
questo punto di vista, secondo
David e diversi altri intervenuti, la
creazione di una forza di dispiegamento rapido da parte dellUE, in

Settembre - Ottobre 2006

sintonia con USA e NATO, costituisce un elemento destinato ad accrescere la dipendenza sullo scacchiere internazionale di Bruxelles
nei confronti di Wa s h i n g t o n .
Osservazione condivisa dal rappresentante del P a rtito Comunista di
Spagna, Jos Luis Centella Gmez,
che ha sottolineato come la
Dottrina Solana per la militarizzazione dellUE volta a costruire una
forza di intervento, dipendente
dalla NATO sul piano della logistica
e dei servizi di intelligence, che permetta a Bruxelles di intervenire laddove non siano intenzionati a farlo
gli Stati Uniti, come in Africa o nei
Balcani. Allo stesso tempo, il trattato
costituzionale prevede una politica
comune per sviluppare lindustria
degli armamenti in Europa. Se lalleanza atlantica, rifondata nei suoi
obiettivi strategici a partire dal 1999,
definisce come priorit il riarmo, la
creazione di forze di intervento immediato disposte ad agire in qualsiasi parte del mondo, ponendo le
basi di ci che abbiamo definito
guerra preventiva, le linee della
Strategia per la Sicurezza Europea
elaborate nel 2003, lungi dallessere unalternativa alla politica
estera nordamericana, costituiscono il modo europeo (pi blando,
raffinato, politicamente corretto) di
integrarsi allinterno della strategia
di Washington. Quadro che, secondo Marina Pilaeva, P a rt i t o
Comunista Operaio Unghere s e, ha subito unulteriore involuzione dopo
la vittoria della Merkel e la creazione
in Germania di un governo di larga
coalizione. Le forze del capitalismo
sembrano pronte a sostenere le richieste statunitensi in Medio
Oriente ed Asia Centrale. La politica
aggressiva contro lIran costituisce
una parte importante della strategia
imperialista per proseguire la cosiddetta democratizzazione.
Particolarmente sensibile ai progetti
di espansione della NATO ad est
stato, a nome del Partito Comunista
Ucraino, Nikolay Alekssandrovitch
Chulg, che si soffermato a lungo
sul tentativo da parte del governo
arancione di integrare lUcraina

Internazionale

allinterno dellUE e dellalleanza atlantica, anche a rischio di dividere il


paese e allargare la frattura con
Mosca. Il governo ha autorizzato nel
corso di questanno la realizzazione
di diverse manovre militari congiunte con truppe della NATO, che
ha tentato ci accreditarsi attraverso
una vasta campagna di massa come
elemento utile alla crescita della democrazia (un ulteriore passo avanti
conseguente alla controrivoluzione
arancione) e non come alleanza militare aggressiva. Nonostante questo,
per iniziativa dei comunisti, il parlamento non ha autorizzato lingresso di truppe straniere sul nostro
territorio e, dopo laggressione statunitense contro lIraq, la percentuale di ucraini favorevoli alladesione alla NATO si ridotta dal 25 al
15%. Chulg ha poi chiarito lintenzione dei comunisti ucraini di indire su questo delicato argomento
un eventuale referendum popolare.
Di reciproca disillusione, se non di
vera e propria irritazione, ha parlato Vladimir Nikitin a nome del
Partito Comunista della Federazione
Russa, che si soffermato sulle relazioni storiche, geografiche ed economiche che legano lUE, e lEuropa
pi in generale, con la Russia.
Assistiamo tuttavia ad un approfondirsi delle divergenze principali
nella sfera politica e ad un aggravarsi
della concorrenza sul piano economico. Russia e UE mal si comprendono, e il livello di incomprensione
tende ad aumentare, soprattutto a
seguito dellallargamento dellUnione a 25 paesi, con Bruxelles disposta
a sostenere governi decisamente
ostili a Mosca e piani di destabilizzazione pi o meno controllata dello
spazio ex-sovietico (le rivoluzioni
colorate in Georgia, Ucraina ed Asia
Centrale, i tentativi di destabilizzazione della Bielorussia).
Lingresso di Cipro nellUE ha
sottolineato Kamil Tekin Surek, a
nome del P a rtito del Lavoro di
Turchia (EMEP) e i negoziati per
una futura adesione del nostro
paese stanno creando nuove opportunit per la politica europea in
Medio Oriente. Partendo da questo

possibile scenario futuro, i confini


dellUE si estenderanno fino al
Caucaso e al Medio Oriente, e questa la vera posta in gioco legata allingresso turco, nonostante le tante
obiezioni che si sono manifestate
negli ultimi anni. Assai interessante la descrizione della situazione interna turca fornita da Tekin
Surek che, a tre anni dallinizio dei
negoziati tra Ankara e Bruxelles, ha
dipinto un quadro per larghi tratti
simile a quanto accaduto in diversi
dei paesi che hanno di recente aderito allUnione, dove alle grandi
aspettative iniziali, cavalcate senza
scrupoli da tanta parte delle classi
politiche nazionali, si sostituita
una prepotente e dilagante disillusione di massa. I circoli al potere in
Turchia, i mezzi di informazione favorevoli allUE e la sinistra liberale
hanno illuso per anni i lavoratori sostenendo che, una volta ottenuta ladesione allUE, le loro condizioni di
lavoro sarebbero migliorate, la disoccupazione sarebbe scomparsa e
cresciuto il livello di ricchezza. E
questa propaganda ha ottenuto gli
effetti desiderati Nel frattempo,
mentre proseguivano i negoziati di
adesione, non era difficile registrare esattamente lopposto di
quanto fino ad allora dichiarato.
Causa i cambiamenti strutturali imposti dalle politiche di armonizzazione, la vita dei lavoratori ha subito
unulteriore deregolamentazione, mentre al centro dellagenda politica vi sono la prospettiva
di incrementare let pensionabile
e la privatizzazione del sistema di sicurezza sociale come educativo
La classe lavoratrice comincia a vedere, in pratica, che lingresso nella
UE non si traduce in migliori condizioni di lavoro e in un incremento
dei livelli di vita.
La Turchia pu essere considerato
il paese pi orientale dellEuropa
ed il pi occidentale dellAsia, confinante con Iraq, Siria ed Iran, paesi
sui quali si sta concentrando laggressione dellimperialismo, ha
chiosato Ozgur Sen, intervenuto a
nome del P a rtito Comunista di
Turchia. Per poi proseguire: Il pro-

51

Internazionale

blema di tutti e il clima di guerra


non danneggia solamente il Medio
Oriente, ma finisce per avere pesanti
ripercussioni anche in Europa. La
battaglia per la pace inizia da questo
assunto Da questo punto di vista,
il sostegno alla resistenza irachena
diviene elemento sempre pi importante; resistenza che ha senza
dubbio il problema di trovare espressione ed identit. Al di l della presenza di gruppi di orientamento islamico radicale, sono i patrioti arabi,
i socialisti e i comunisti a formare la
maggior parte di questa resistenza.
Dal nostro punto di vista ha chiarito Neoklis Sylikiotis, intervenuto a
nome del cipriota AKEL lUE rimane una forma avanzata di integrazione economica e politica capitalistica, che ha origine nella necessit di allargare costantemente sul
piano interno la sfera di azione del
grande capitale come anche la necessit di sostenerne lazione di
fronte alla crescente competizione
con gli altri centri del capitalismo
globale, Stati Uniti e Giappone La
nostra valutazione dellUE deriva
dallattuale realt che la caratterizza. Per prima cosa, sono fattori
dominanti il neoliberalismo e il
neoconservatorismo e, conseguentemente, leconomia di mercato si
sta espandendo a spese degli interessi popolari. La Banca Centrale
Europea costituisce un esempio emblematico di istituzione conserv atrice che frena ogni proposta politica a favore del popolo La reazione dei popoli europei contro il
neoliberalismo si espressa nel risultato dei referenda riguardanti il
Trattato Costituzionale. Insieme ad
altri partiti comunisti, forze di sinistra e progressiste e popoli in
Europa, il nostro partito ha respinto
la bozza di Trattato, trovandoci in
disaccordo con unimposizione costituzionale del neoliberalismo,
dello smantellamento dello stato sociale e di tutto quanto concerne i diritti dei lavoratori. Cos come respingiamo ogni ipotesi di restrizione dei diritti politici e delle libert individuali con il pretesto
della sicurezza e della lotta al terro-

52

rismo. Altro argomento, questultimo, largamente condiviso.


Lapidaria la valutazione di Ali
Ruckert, Partito Comunista del Lus s e m b u r g o: Con la sconfitta
dellUnione Sovietica nella Guerra
Fredda e la fine del confronto su vasta scala di sistemi alternativi, il capitalismo ha ritrovato in Europa un
funzionamento normale e rimesso
in discussione, nella sua ricerca del
massimo profitto, tutte le concessioni fatte nei decenni precedenti.
Il blocco imperialista che governa
lUE ha sottolineato a sua volta
Gnter Pohl, Partito Comunista Te desco (DKP) ha la necessit di costruire lUnione su basi neoliberali,
con una centralizzazione a livello europeo delle decisioni pi importanti
e una conseguente diminuzione dellinfluenza e dei diritti dei paesi
membri, con la predisposizione di
proprie truppe per eventuali interventi militari Questa impostazione sintetizzata nella bozza di
trattato costituzionale. I poteri forti
ne hanno bisogno per la formazione
sul piano economico e politico di
unEuropa funzionale agli interessi
del capitale finanziario, ne hanno bisogno per perseguire i propri obiettivi politici globali.
Le ristrutturazioni che lUE e i singoli governi nazionali stanno promuovendo sono espressione di un
singola strategia imperialista ha
fatto eco Giorgos Toussas a nome
del Partito Comunista Greco (KKE)
Queste sono misure di cui il sistema
capitalistico ha assolutamente bisogno di fronte alle proprie difficolt
nella riproduzione del capitale sociale. Se poi questo approccio finisce per accomunare tanto i partiti liberali quanto i socialdemocratici
(un esempio caratteristico recente
costituito dalla direttiva
Bolkestein), trova forte e ulteriore
conferma il fatto che le politiche cosiddette neoliberali non costituiscono semplicemente una scelta politica quanto una necessit intrinseca allinterno del sistema capitalistico. I maggiori aspetti delle politiche di ristrutturazione riguardano:
a) il calo del costo del lavoro, la cre-

Settembre - Ottobre 2006

scita dello sfruttamento, il dilagare


della precariet, liper- s f r u t t amento dei migranti (giovani donne
e giovani uomini), laumento dellet pensionabile; b) lintensificarsi delle politiche di privatizzazione e liberalizzazione dei mercati
(energia, trasporti, telecomunicazioni); c) la totale commercializzazione di tutto quanto necessario per
la riproduzione della forza lavoro in
settori quali leducazione, la sanit,
i servizi sociali.
Su diversi di questi aspetti, come
sulla necessit di costruire mobilitazioni per contrastare ogni ipotesi
di nuova proposizione della direttiva Bolkestein sui servizi, si sono
concentrati la grande maggioranza
degli interventi. Interessante ed emblematico quanto emerso riguardo
il mercato del lavoro nella sua dimensione europea. La strategia del
capitalismo monopolistico europeo
ha sottolineato con estrema chiarezza Mchel Mac Aonghusa, int e rvenuto a nome del P a rt i t o
Comunista Irlandese , dopo aver
mandato in rovina le economie
dellEuropa orientale, utilizza i lavoratori di quei paesi come arieti
per minacciare e colpire i diritti
conquistati nellultimo mezzo secolo dai lavoratori in Europa occidentale. In questo contesto stabilire
e mantenere lunit dei lavoratori
costituisce per i nostri partiti e per i
sindacati una seria scommessa.
Sulla stessa lunghezza donda, a dimostrazione di quanto sia necessario un coordinamento e potenziamento dellazione comune per evitare la prospettiva della guerra tra
poveri e di come in tutti i paesi
dellOccidente avanzato ci si trovi di
fronte ad una nuova classe operaia multietnica, si sono espressi i
rappresentanti del P a rtito Comu nista Danese, Partito Operaio Irlan d e s e e P a rtito Comunista di Gran
Bretagna. Una sfida, questa, che coinvolge in pieno anche le forze sindacali, nei diversi paesi come a livello europeo, come anche le forze
comuniste e di alternativa, sul piano
del coordinamento come dellazione quotidiana.

Settembre - Ottobre 2006

Ancora Toussas (KKE): Vi sono certamente segnali incoraggianti di ripresa nelle lotte e nei movimenti
popolari, favoriti dal fatto che la legittimazione dellUE in declino
agli occhi dei popoli; che la cosiddettavisione europea si affievolisce e che lUE incontra difficolt
sempre maggiori cos come trovano confutazione alcuni argomenti quali: a) la possibilit che
lUE del capitale e della guerra, costruita sulla base dello sfruttamento
e degli interventi militari, possa essere trasformata in una supposta
Europa sociale; b) che nella fase
attuale sia possibile una migliore ridistribuzione della ricchezza allinterno della struttura dellunificazione capitalistica, senza intaccare il
dominio dei monopoli sui mezzi di
produzione e il potere del capitale;
c) che eventuali soluzioni o sviluppi
positivi per i popoli possano provenire dalla partecipazione dei partiti
comunisti e radicali a governi di

Internazionale

centro-sinistra.
Il Partito Comunista Greco ritiene
che latteggiamento nei confronti
della UE costituisca un criterio fondamentale per il carattere di ciascun partito. Lallineamento rispetto ad una sola ipotesi di integrazione possibile verso lUE destinato a cancellare ogni prospettiva
di politiche a favore del popolo
Oggi laura mitica che ha circondato lUE si appannata. E caduto
il mito che essa potesse determinare
una riduzione delle disparit e maggiore convergenza tra i paesi, ad
esempio, o che potesse condurre ad
un miglioramento delle condizioni
di vita e dei diritti democratici, con
riferimento particolare ai nuovi
paesi membri; come le affermazioni
secondo cui lUE costituisce una
tendenza naturalmente progressiva, o peggio una realt che siamo
costretti ad accettare, e che il suo futuro sar una via senza scossoni e intralci verso un ulteriore allarga-

mento. Al contrario, lacutizzarsi


delle contraddizioni inter-imperialistiche, tanto allinterno dellUE
quanto nelle relazioni e competizione con gli altri centri e le altre
forze dellimperialismo, rende
maggiormente visibile la possibilit,
se non la prospettiva, di una rottura
interna, di disimpegno e distacco da
parte di paesi che individueranno
un diverso modello di sviluppo Il
futuro dellEuropa intrinsecamente legato al rafforzamento del
movimento antimperialista e allorganizzazione delle lotte nei diversi
paesi membri. Concetto cos sintetizzato dal cipriota Sylikiotis: AKEL
ritiene lEuropa un territorio pi vasto rispetto allUE. Per raggiungere
davvero lunit delle sinistre in
Europa, di vitale importanza rafforzare e migliorare la cooperazione tra le forze comuniste e di sinistra ad est come ad ovest. Un auspicio da tradurre quanto prima in
iniziativa concreta.

Elezioni Europa
Svezia: le elezioni legislative del 17 settembre hanno segnato un vero e proprio terremoto politico, con la sconfitta del blocco guidato
dai socialdemocratici, al governo da 75 anni (46,2%, -6,8 rispetto al settembre 2002), e la vittoria dellAlleanza per la Svezia, coalizione costituita da quattro partiti di orientamento centrista e liberal-conservatore. Allinterno della coalizione sconfitta, solo i verdi
hanno tenuto (5,2%, +0,6), mentre sono arretrati tanto i socialdemocratici (35,2%, -4,8%), quanto il Partito della Sinistra Vnsterpartiet
(5,8% e 317.228 voti, -2,6% rispetto al 2002), che ha sostenuto dallesterno il governo uscente. Lattuale risultato per il partito il
peggiore degli ultimi dodici anni (1994, 6,2%; 1998, 12%; 2002, 8,4%) e non si discosta molto da quanto otteneva il Partito Comunista
prima del 1989, a dimostrazione di quanto sia complessa e non riducibile a schemi preconfezionati - la situazione per tutte le forze
che in Europa agiscono a sinistra delle socialdemocrazie.
Germania: domenica 17 settembre si sono tenute le elezioni in due importanti stati federali orientali, Meclemburgo Pomerania
Occidentale e Berlino, entrambi governati da una coalizione tra socialdemocratici e sinistra socialista (Die Linke-Pds, la nuova formazione politica sorta dallalleanza tra la WASG di Lafontaine e il Partito del Socialismo Democratico, tra i soggetti promotori della
Sinistra Europea). Se nel primo caso la Linke ha tenuto rispetto alle precedenti elezioni statali, ottenendo il 16,8% dei consensi e 13
seggi nel parlamento regionale, non pu non destare preoccupazione il risultato di Berlino, dove il partito si fermato al 13,4% dei
consensi (-9,2% rispetto alle precedenti elezioni statali), ottenendo 24 seggi contro i precedenti 33, a tutto vantaggio dei Verdi. Il calo
maggiore della Linke-Pds si registrato a Berlino Est, storica roccaforte rossa, dove il partito ha dimezzato i voti, passando da oltre il 40 a poco pi del 20%, segno che la crisi di consenso si registra proprio in quello che sempre stato considerato lo zoccolo
duro per gli eredi della Sed.
Crisi dei partiti di nuova sinistra socialista? Dopo la crisi di Izquierda Unida, oggi al minimo storico sul piano del consenso elettorale (5,3% alle ultime politiche del marzo 2004, un risultato analogo al quello raggiunto dal PCE di Santiago Carrillo nella prima
met degli anni 80), le attuali difficolt registrate tanto dalla Die Linke Pds quanto dal Vnsterpartiet, con un ritorno a percentuali
elettorali simili a quelle ottenute dai comunisti alla fine degli anni 80 del secolo scorso, segnalano quanto non sia scontato il successo
per ipotesi di diluizione dei comunisti (pi o meno profonde sul piano organizzativo) in formazioni pi ampie di orientamento socialista di sinistra.
Lettonia: le elezioni di domenica 8 ottobre hanno confermato la vittoria del governo di centro-destra uscente. Il blocco elettorale Per
i diritti umani in una Lettonia unita, che aveva ottenuto alle precedenti elezioni il 19% dei consensi e 25 seggi, ha ottenuto, senza il
pi grande tra i soggetti politici che lo componevano, un dignitoso 6,02% e 6 seggi. Allinterno del blocco agisce il Partito Socialista
Lettone, che comprende anche i comunisti, costretti di fatto ancora ad agire nella semi-illegalit causa la presenza di leggi repressive
e liberticide.

53

Settembre - Ottobre 2006

Internazionale

Il Ministero della Difesa russo


ha elaborato una nuova
dottrina militare in cui,
nell'ordine, Stati Uniti, NATO
e terrorismo internazionale
vengono indicati quali
nemici potenziali della Russia

USA - Russia:
relazioni
s e m p re pi diff i c i l i

di Mauro Gemma

WASHINGTON
DI M OSCA . L E

ei giorni scorsi stato reso pubblico


a Mosca un importante lavoro, commissionato dalla Duma di Stato (la
camera bassa della Federazione
Russa) e curato da due autorevoli
esperti di politica internazionale e
di questioni della difesa e della sicurezza nazionale, Valentin Falin,
ex segretario del Comitato Centrale
del Partito Comunista dellUnione
Sovietica, e Ghennadij Jevstafiev, gi
tenente generale dei servizi segreti.
Il documento, dal titolo Probabile
guida delle azioni degli Stati Uniti
nei confronti della Russia nel periodo 2006-2008, verr ora sottoposto allattenzione delle commissioni competenti del Parlamento
russo e, molto probabilmente, discusso anche in sessione plenaria.
I due prestigiosi esperti fanno il
punto sullo stato delle relazioni tra
le due grandi potenze e analizzano
nei dettagli la politica USA nei confronti della Russia, delineando, gi
per limmediato futuro, scenari a
dir poco inquietanti. I rapporti
russo-americani, secondo il rapporto, dovrebbero subire un brusco
e accelerato deterioramento, a prescindere dal tipo di amministrazione che, in futuro, fosse chiamata
a gestire la Casa Bianca.

54

ALL ' ATTACCO DELLA

SOVRANIT

ENERGETICA

CONTROMOSSE RUSSE

Il documento che, a parere della


stampa russa, sembra essere una risposta a un testo, pubblicato nel
marzo scorso dal Consiglio di New
York per le relazioni internazionali, dal significativo titolo La
strada sbagliata della Russia, mette
in guardia il Cremlino e le autorit
russe rispetto alla pericolosit dei
progetti messi in campo da
Washington per fronteggiare il crescente protagonismo di un paese
che ormai considerato un pericoloso concorrente da neutralizzare e
ridimensionare.
Da un lato, Washington sembra intenzionata a produrre ogni sforzo
per intaccare la sovranit energetica della Russia, mediante la sollecitazione di processi separatisti allinterno della stessa Federazione
Russa e gravi forme di ingerenza negli affari interni del paese; dallaltro, lamministrazione USA (con
una sostanziale comunanza di intenti di repubblicani e democratici)
sicuramente dar ulteriore impulso
a tutte le iniziative tese a promuovere lallargamento della NATO ad
est e la rapida integrazione nellalleanza nord-atlantica di alcune repubbliche dellex Unione Sovietica,
in particolare della Georgia e dell

Ucraina.
E cos prevedibile che non cessino
i tentativi di promuovere rivolgimenti nelle strutture di potere dei
paesi che fanno parte della
Confederazione degli Stati
Indipendenti (CSI), e che venga rafforzato il sostegno materiale e propagandistico alle forze filo-occidentali fautrici di nuove rivoluzioni colorate, puntando, in tal modo, direttamente alla destabilizzazione
della stessa Federazione Russa, mediante lisolamento dei suoi dirigenti e lazione delle forze di opposizione della destra neoliberista presenti nel paese.
Per quanto riguarda il programmato
attacco alla cosiddetta sovranit
energetica, secondo gli estensori
del documento, si dovrebbe assistere
ad unintensificazione delle pressioni dellamministrazione USA allo
scopo di ottenere la privatizzazione
del settore dellenergia, oggi in larga
parte tornato sotto controllo statale,
pretendendo la partecipazione obbligatoria delle compagnie multinazionali occidentali ai pacchetti azionari. Allo stesso tempo, sempre in
merito al settore strategico dellenergia, il lavoro redatto da Falin e
Jestafiev accenna a iniziative ten-

Settembre - Ottobre 2006

denti a favorire linterruzione dei


piani di cooperazione tra Russia e
Cina e allintensificazione delle pressioni su Azerbaigian, Kazakhstan,
Uzbekistan, Kyrgyzstan e Turkmenistan per coinvolgerli attivamente
nei progetti dellamministrazione di
Washington.
Non privo di interesse il fatto che
il documento presentato allattenzione del parlamento russo venga
reso pubblico in coincidenza con
lelaborazione da parte del Ministero della Difesa russo di una nuova
dottrina militare, in cui, nellordine, Stati Uniti, NATO e terrorismo internazionale vengono indicati quali nemici potenziali della
Russia e dove si spiega che la maggior minaccia alla sicurezza nazionale continua ad essere costituita
dallingerenza straniera negli affari
interni del paese, attuata attraverso
lappoggio a strutture interne (un
riferimento esplicito a ONG e
gruppi informali, ispirati da istituzioni occidentali) animate da in-

Internazionale

tenti eversivi.
Di pi. Il documento viene significativamente diffuso mentre in
Russia e in altri paesi della CSI si sta
assistendo ad una fase di particolare
vivacit del vasto movimento di opinione (testimoniato da tutti i sondaggi) che intende opporsi alle ingerenze e alle pressioni degli USA e
della NATO negli affari interni dellex URSS, pretendendo dalle autorit locali una pi energica politica
di contrapposizione ai piani delle
potenze imperialiste.
Un seppur limitato risalto hanno ricevuto in Occidente le manifestazioni di massa in Crimea e nel resto
dellUcraina contro la presenza
delle truppe USA sul territorio nazionale, che hanno certamente
avuto un ruolo non secondario
nella sconfitta della rivoluzione
arancione, nel mutamento degli
assetti di governo a Kiev (con lingresso di due ministri proposti dai
comunisti nellesecutivo) e nel conseguente congelamento di una

quasi scontata (fino a pochi mesi fa)


adesione alla NATO, annunciato
dal primo ministro Janukovic a
Bruxelles.Non ha avuto praticamente eco, invece, il rilevante movimento che si manifestato nelle
scorse settimane in Russia contro
leffettuazione di manovre militari
congiunte russo-statunitensi nella
regione di Nizhegorod nel quadro
degli accordi di partnership militare realizzati nellultimo decennio,
culminato in incisive manifestazioni su tutto il territorio nazionale,
con la partecipazione complessiva
di decine di migliaia di persone.
Quasi a coincidere con gli umori
oggi prevalenti negli ambienti militari della Federazione, il movimento (in cui ha giocato un ruolo
rilevante il Partito Comunista della
Federazione Russa) sembra aver offerto ai vertici della difesa lopportunit per rinviare sine die lo svolgimento delle operazioni previste,
lanciando in tal modo un secco segnale al partner statunitense.

WWW.lernesto.it
55

Settembre - Ottobre 2006

Libano/Dibattito

Crediamo che al movimento


contro la guerra spetti il compito
di vigilare e operare affinch
la missione mantenga caratteristiche
compatibili con lo sviluppo
di un equo processo
di pace in Medio Oriente

La missione
Unifil
tra luci e ombre

di Bruno Steri

LE

DIFFICOLT DI

USA E I SRAELE
H EZBOLLAH .

IN

M EDIO O RIENTE

E LA RESISTENZA DI

LA

PRESENZA INTERNAZIONALE IN

L IBANO :

RISCHI E POTENZIALIT

Linvio della missione Unifil 2 in


Libano oggetto di giudizi differenziati allinterno delle forze che in
questi anni hanno dato vita al movimento contro la guerra, oltre che tra
i partiti comunisti. Poich riteniamo
politicamente essenziale, pur in presenza di valutazioni divergenti, mantenere tra queste stesse forze ancora
ben teso il filo della discussione e
dellapprofondimento sui dati di
fatto, proviamo a fornire qualche
considerazione analitica a supporto
della posizione non sfavorevole che
la componente di minoranza del Prc
Essere comunisti ha maturato in
relazione alla suddetta questione.
Detto per inciso, restiamo fortemente preoccupati per gli sviluppi
che il teatro mediorientale pu riservare nellimmediato futuro; cos
come ci sono sembrati del tutto fuori
luogo alcuni toni trionfalistici - comparsi anche su Liberazione - con cui
stata accolta la decisione dellimpegno militare italiano in Libano.
Non siamo tuttavia daccordo con
quanti hanno su di essa espresso un
giudizio radicalmente e pregiudizialmente negativo.
2. Muoviamo, intanto, dalla giusta

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indicazione dell ambiguit che


grava sulla risoluzione 1701, con cui
lOnu ha dato il via libera alla missione lo scorso 21 agosto. La risoluzione non contiene infatti alcuna
condanna di Israele, non distingue
con chiarezza tra aggressore e aggredito, disloca il contingente Onu
sulla frontiera israelo-libanese ma
integralmente entro i confini del
Paese dei Cedri, non fa alcun cenno
alle passate e ripetute aggressioni al
territorio libanese (la cui porzione
meridionale restata sotto loccupazione delle truppe di Tel Aviv per
18 anni a partire dal 1982, da
quando cio lesercito di Sharon
lanci la sua offensiva militare causando tra le 15 e le 20 mila vittime
tra la popolazione civile). Soprattutto, essa lascia margini di ambiguit in ordine ad un eventuale uso
della forza e - di riflesso - al cosiddetto disarmo di Hezbollah.
Infine, la risoluzione non fa parola
della questione palestinese, vero
punto di svolta per qualsiasi ipotesi
di pace duratura in Medio Oriente.
E evidente che i silenzi e le interpretazioni capovolte cui costretta
tale mediazione condensano ancora una volta lo strabismo ipocrita

che ha caratterizzato sin qui latteggiamento della cosiddetta comunit internazionale nei confronti
dei principali attori mediorientali.
3. In merito alla condanna della politica coloniale di Israele occorre essere chiari. Questa ennesima aggressione al Libano non un evento
imprevedibile e determinato da circostanze contingenti. Esso si inquadra nella logica della guerra preventiva e permanente, resa operativa allindomani dell11 settembre
2001 ma concepita ben prima di tale
data, in sintonia con i vitali interessi economici e geopolitici degli
Usa: lespansionismo neocoloniale
israeliano, in cui nei fatti si traduce
la costante mobilitazione dellopinione pubblica attorno alluso della
forza e al fantasma della sicurezza
nazionale, costituisce il caposaldo
mediorientale di tale politica globale. Anche in riferimento a questultimo massacro bellico, non vi
alcuna giustificazione etico-politica
che possa attenuare le responsabilit di Israele. Con rarissime eccezioni, la stampa occidentale ha mischiato le carte, individuando nel 24
giugno scorso - giorno della cattura

Settembre - Ottobre 2006

del caporale israeliano Gilad Shalit


- la data di inizio delle ostilit. Ma,
come ha osservato Noam Chomsky,
nessuno ha ricordato che appena il
giorno prima i soldati israeliani avevano rapito due civili da Gaza; esattamente come era successo a decine
di altri civili palestinesi. Allo stesso
modo, con estrema disinvoltura i
giornali occidentali hanno rapidamente archiviato il fatto che, ben
prima del rapimento (ma perch
non cattura?) dei due militari
della Tsahal, le truppe doccupazione israeliane avevano sequestrato e imprigionato nove ministri
del governo palestinese legittimamente in carica e una trentina di
parlamentari eletti in libere elezioni, tutti appartenenti ad Hamas.
Assordante, davanti a simili azioni,
il silenzio dei difensori nostrani di
diritti individuali e democrazia: peraltro gi anticipato dal gravissimo
atteggiamento adottato dallUnione Europea, in complice e servile
sintonia con le reazioni di Usa e
Israele, nei confronti della (democraticamente ineccepibile) vittoria
elettorale di Hamas. Cos, alla cattura dei due suoi soldati, Israele risponde devastando un intero Paese
e lasciando sotto i bombardamenti
un migliaio di vittime inermi. Tutto
ci va chiamato col suo proprio
nome: terrorismo di stato.
4. Stati Uniti e Israele da tempo avevano pianificato lattacco israeliano
al sud del Libano: lo riferisce, documenti alla mano, il giornalista
americano Seymour M. Hersh sul
New Yorker del 21 agosto. Si pensava
che, colpendo le infrastrutture e annichilendo la vita civile del Paese, si
sarebbe potuto ottenere il risultato
immediato di una sollevazione popolare contro Hezbollah da parte
della maggioranza della popolazione cristiana e sunnita. Una tale
azione aggiunge Hersh avrebbe
dovuto supportare lobiettivo a
lungo termine della costituzione di
una coalizione arabo/sunnita, alimentata da Arabia Saudita, Egitto e
Giordania, contro lo stesso Hezbollah e lIran a maggioranza sciita.

Libano/Dibattito

Secondo la ricostruzione di Joseph


Halevi - professore di economia internazionale, nonch ebreo comunista e assiduo collaboratore de
Il Manifesto - lattacco era stato tuttavia preventivato per un periodo
successivo, allapprossimarsi dellinverno: in concomitanza cio con
lintensificarsi della pressione Usa
sullIran e allindomani del rifiuto
da parte di questultimo di piegarsi
al diktat di interrompere il suo programma nucleare. La pressione
della destra e dellapparato militare, gi impennatasi con il sequestro del soldato israeliano, ha infine
indotto il governo Olmert a cogliere
al volo lopportunit della cattura
dei suoi due militari e ad anticipare
il lancio delloperazione, mantenendo comunque inalterati i suoi
obiettivi immediati: eliminazione di
Hezbollah, insediamento in Libano
di un governo filo Usa-Israele, consolidamento delloccupazione delle
porzioni di territorio libanese, isolamento politico della Siria. Grazie
alla resistenza di Hezbollah, nessuno di questi obiettivi stato raggiunto. Anzi, possiamo dire che lapertura del terzo fronte - dopo
lAfghanistan e lIraq - ha aggiunto
problemi a problemi, ponendo ancora pi a nudo gli esiti fallimentari
della politica di guerra preventiva
e permanente: Hezbollah, fermando sul campo quello che considerato uno dei pi potenti eserciti del
mondo, ha conseguito un enorme
risultato politico e simbolico, guadagnando la quasi totalit dei consensi allinterno del Libano e aumentando il suo prestigio nellintero mondo arabo; al contrario, la
politica guerrafondaia di Bush e
Olmert e non la Siria oggi pi
isolata di ieri presso le rispettive opinioni pubbliche e, allesterno, nellopinione internazionale.
5. Sino a questo punto, le opinioni
presenti nel movimento contro la
guerra, nelle sue varianti di pacifismo integrale e di ispirazione antimperialista, grosso modo si trovano concordi. La forte preoccupazione per la stretta correlazione tra

vicenda israelo-libanese e anglo-iraniana, con la seria prospettiva a


breve di una conflagrazione pi generale, di tutti. Che la tregua possa
essere concepita non come un passo
verso la pace, ma come una temporanea interruzione della guerra,
cosa a tutti presente. In proposito
istruttiva, nonch sinceramente impressionante, la lettura dei resoconti della stampa in lingua ebraica
di questi giorni, con dichiarazioni
di autorevoli esponenti del governo
e di alti ufficiali dellesercito di Tel
Aviv, cos come sono riportati dallo
stesso Halevi e da Uri Avnery. Su HaAretz del 29 agosto, Ari Shavit cos
sintetizza la prospettiva: Sul fronte
iraniano il quadro limpido: il momento della verit cadr in inverno.
Se gli Usa attaccheranno lIran,
Israele verr attaccata. Se gli Stati
Uniti non attaccheranno, allora
Israele dovr far fronte alla pi seria minaccia alla sua esistenza dalla
data della sua fondazione.
La strada dellescalation bellica, posta su queste basi, appare obbligata.
I termini analitici di tutta questa vicenda sono dunque chiari; ma la discussione si problematizza quando si
passa al giudizio sul che fare, o meglio su quello che gi si sta facendo.
Si detto della grave ambiguit
della risoluzione 1701. Ma da qui a
sostenere che tale risoluzione e la
missione che essa autorizza avallano la guerra israeliana, che in sostanza la missione in Libano non si
distingue dalle precedenti in
Afghanistan e Iraq, poich tutte insieme sono lespressione di una medesima e uniforme politica di aggressione imperialista, ce ne corre.
Queste ultime sono, a nostro parere, valutazioni schematiche e sbagliate, sia sotto il profilo dellanalisi
delle forze in campo, dei conflitti e
delle contraddizioni che le attraversano, sia sotto quello della possibilit di garantire allazione politica
passaggi stretti ma possibili, prima
che sia troppo tardi.
6. Diciamo per inciso che la discussione andrebbe depurata da fattori
spuri. A cominciare dallinfluenza

57

Libano/Dibattito

che qui in Italia pu avere su di essa


la battaglia politica interna e la posizione di ciascuno rispetto allattuale governo. E evidente che il giudizio sul governo pu trascinare con
s un giudizio premeditato su ogni
azione, quale che sia, del governo
stesso. Dal momento che, in ogni
caso, tale interferenza pu riguardare chiunque operi politicamente
nel nostro Paese, bene contemplarla in parentesi e stare al merito
specifico delle questioni.
Torniamo dunque ai fatti. Lincontro internazionale di Roma aveva visto prevalere loltranzismo bellicista
degli Usa, aprendo la strada per ulteriori vittime e devastazioni. Sul fatto che vi fosse la drammatica urgenza di un cessate il fuoco non
pu ovviamente esservi disquisizione alcuna: averlo poi raggiunto
ha - soprattutto per la popolazione
libanese - un valore umanitario in

L'apertura del terzo fronte,


dopo Afghanistan e Iraq,
ha aggiunto problemi a problemi,
ponendo ancora pi a nudo
gli esiti fallimentari
della guerra preventiva

s. Ma va detto che, lungi dall avallare laggressione israeliana, la risoluzione 1701 stata - nonostante
tutto - manifestamente subita da
Israele. Sino ad ora, questultimo
non aveva mai accettato la presenza
di truppe Onu a dirimere controversie che lo riguardassero o comunque in funzione di interposizione. Israele ha acconsentito alla
tregua perch stato fermato sul
piano militare. Possiamo dire quin-

58

di che la resistenza Hezbollah ha costituito la base materiale sulla quale


si potuta inserire lazione di mediazione europea e, in particolare,
franco-italiana. Non insomma la
tregua dei vincitori; la tregua imposta dalla resistenza. Interpretare
ogni cosa come derivante dalla
forza e dallastuzia dellavversario fa
perdere di vista pezzi importanti di
realt. Ad esempio, il valore delle dichiarazioni ufficiali che hanno accompagnato le trattative per la composizione della missione. Si detto
che la risoluzione non scioglie le
ambiguit sulla natura di questultima. Ma va anche detto che in merito al punto pi delicato non solo
Prodi e DAlema ma lo stesso segretario generale delle Nazioni Unite
hanno ripetutamente ed esplicitamente dichiarato - in contrasto con
le reiterate pressioni israelo-statunitensi - che il disarmo di Hezbollah
non fa parte dei compiti del contingente. Non un punto da poco.
Beninteso, noi pensiamo che
Hezbollah abbia tutto il diritto di
non smobilitare la sua organizzazione militare finch il territorio libanese rimarr minacciato e parzialmente occupato. Nel contempo,
non pretendiamo che DAlema o
Annan dicano esplicitamente la
stessa cosa, impegnati come sono a
cercare una mediazione possibile
con la parte anglo-israeliana. E tuttavia importante il fatto che si riconosca tale tema come appartenente
per intero al dibattito interno alle
forze politiche libanesi: ci che
Hezbollah ha pi volte ribadito.
7. Allo stesso modo, un fatto significativo che la pressione di
Annan per la revoca del blocco aeronavale sul Libano abbia raggiunto
lo scopo. Va ricordato che Israele
era allinizio rigidamente intenzionata a mantenere il blocco finch la
risoluzione 1701 non avesse trovato
a sud del fiume Litani unapplicazione completa ed estensiva:
dando ovviamente per scontato che
a decidere di un tale riscontro sarebbe stato solo e soltanto Israele.
Ancora: Israele si era nettamente

Settembre - Ottobre 2006

opposta allipotesi che facessero


parte della missione Unifil 2 Paesi
di fede musulmana. Anche su questo ha dovuto recedere dalle sue posizioni iniziali: Malaysia e Indonesia
non intrattengono rapporti diplomatici con Israele, ciononostante
daranno il loro contributo alla missione. In effetti, il coinvolgimento
di Paesi islamici e non europei era
stato uno dei punti di intesa tra
Prodi e Chirac. Confermato, peraltro, nelle recenti dichiarazioni di
questultimo: Era significativo che
i Paesi musulmani si impegnassero.
Era fondamentale che le nazioni
dellEstremo Oriente come la Cina
e la Corea del Sud si impegnassero
per mostrare lunit della comunit
internazionale nel sostegno alla ricostruzione e alla pace in Libano
(Il Sole 24 Ore, 12- settembre 2006).
Sappiamo bene che Chirac non un
buon samaritano. Ma non pu sfuggire ad una seria valutazione il carattere dirimente mantenuto dalla
stessa composizione della missione:
evidente che lorientamento dei
Paesi che vi partecipano contribuisce a determinarne la natura.
Infine: la risoluzione 1701 non fa
parola della questione palestinese.
Ci tuttavia non ha impedito a
DAlema di rilasciare, nel corso di
un recente incontro con Abu
Mazen, un inequivoco pronunciamento per la costituzione di uno
stato palestinese. Si tratta, vero,
della mera espressione di unintenzione. Ma perch dovremmo azzerare il valore del contenuto politico
che essa veicola? Perch dovremmo
impedirci di vedere che essa allude
ad un percorso post-tregua diverso
da quello che abbiamo visto descritto nei resoconti di Halevi? Essa
evidentemente parte di un atteggiamento complessivo nei confronti del mondo arabo: che non
quello di Bush.
Tutti questi sono fatti. Ma con lultima notazione siamo giunti, forse,
al cuore di una questione rilevante.
Si diceva di Chirac e DAlema: essi
sono, seppure con diverse collocazioni, entrambi parte della compagine capitalistica europea. E incar-

Settembre - Ottobre 2006

nano il nuovo protagonismo multilaterale, che ha a che vedere con


gli interessi che la suddetta compagine detiene nellarea mediorientale. In questo senso, concordiamo
senzaltro con laffermazione che la
risoluzione 1701 sia anche frutto di
un compromesso tra interessi capitalistici (Salvatore Cannav).
Questo per non significa che tale
compromesso sia in s ricompositivo delle evidenti linee di frattura
che - pur se contenute dallo strapotere militare Usa - continuano a sussistere tra questi diversi poli. Molto
banalmente: Bush non Chirac; e
non nemmeno DAlema (non lo
vedrete mai accanto a rappresentanti di Hezbollah tra le rovine di
Beirut). Si tratta di capire bene il
perch.
8. Come si vede, il giudizio sulla missione Unifil 2 condizionato anche dai differenziati approcci ad un
tema che a tuttoggi oggetto di dibattito tra i partiti comunisti, cos
come allinterno del movimento
contro la guerra: il tema del peso
delle cosiddette contraddizioni interimperialistiche nei rapporti tra
Usa e Ue, nonch quello - strettamente connesso - del ruolo sullarena internazionale di nuove potenze economiche emergenti, quali
la Cina o lIndia.
E bene, intanto, ribadire che la contrapposizione agli Usa di Francia e
Germania in occasione dellaggressione statunitense allIraq non
stata un accidente della storia ed
anzi derivata dal perseguimento di
interessi strutturalmente divergenti. Ricordiamo anche che la
prima guerra del Golfo fu da pi
parti ribattezzata una guerra contro lEuropa. LUnione Europea
non interna al piano statunitense
del cosiddetto Nuovo Medio Oriente: il quale prevede lappoggio
allespansionismo di Israele, vero e
proprio gendarme dellintera area,
lobbedienza filo-atlantica - quali
che siano i loro governi - di Afghanistan e Iraq, lannichilimento di
Iran e Siria, la subordinazione politica - seppur entro una forma

Libano/Dibattito

pseudo-statuale - dei palestinesi. La


posta in definitiva il controllo politico e militare dellarea mediorientale e delle sue risorse energetiche. Come stato ampiamente e
da pi parti tematizzato, si tratta
della messa in opera di due dispositivi conflittuali e, ognuno a suo
modo, riconducibili alla nozione di
imperialismo. Con il primo, espressione di una conflittualit imperialistica classica, si ha di mira il controllo delle risorse energetiche, in
una fase critica di surriscaldamento
planetario della corsa alle fonti di
petrolio e gas naturale: proprio la
politica espansionista Usa in Medio
Oriente serve a mostrare che il controllo dellarea non serve semplicemente a soddisfare il proprio fabbisogno energetico, ma anche e soprattutto a condizionare la produzione (ad esempio, russa) e lapprovvigionamento altrui (in particolare, di Europa e Cina).
Il secondo dispositivo rappresenta
una forma contemporanea di competizione tra poli capitalistici, concretizzatasi nel confronto/scontro
tra aree monetarie. La maggior
parte delle transazioni internazionali avviene in dollari e la quota
principale di esse costituita appunto dallinterscambio energetico: ci ha sin qui fatto del dollaro
la moneta egemone. E noto che,
prima di essere attaccato, lIraq di
Saddam aveva deciso di passare dal
dollaro alleuro per le riscossioni
petrolifere. Anche se in primo
piano campeggia soprattutto la vicenda del nucleare, il medesimo
confronto monetario sembra riproporsi con lIran; ed anche con
questo Paese, come gi con lIraq,
gli interessi e i legami economici
dellEuropa (e della Cina) sono giganteschi.
9. Si tratta di questioni sufficientemente note: non per questo esse
vanno derubricate dalla discussione. Esse contribuiscono certamente a rendere conto di atteggiamenti politici, di sensibilit differenti verso il mondo arabo e, per
converso, di una certa tradizionale

diffidenza di Israele nei confronti


dellEuropa. Si pensi ad esempio
allItalia, alla sua vocazione mediterranea che fu gi propria di settori
della prima repubblica (penso ad
Andreotti e allo stesso Bettino
Craxi), che Berlusconi interruppe
drasticamente e che presumibilmente DAlema cerca ora di riesumare. Che poi, contemporaneamente, questultimo sia il ministro
degli Esteri di un governo che ha
ereditato dai suoi predecessori un
patto pluriennale di cooperazione
militare con Israele (Paese nu-

Lungi dall' avallare


l'aggressione israeliana,
la risoluzione 1701 stata
- nonostante tutto manifestamente subita da Israele

cleare, che non aderisce al Trattato


di non proliferazione) una contraddizione che pesa gravemente
sul preteso cambiamento di passo in
merito alle questioni internazionali
e mediorientali in particolare.
In ogni caso, abbiamo a che fare con
una realt non semplificabile, che
coinvolge le politiche di blocchi
economici e di singoli stati, di cui
occorre tenere conto. Sappiamo
che nel movimento contro la guerra
coesistono culture diverse e che, tra
queste, il pacifismo antimilitarista
diffida per principio delle divise militari e delle armi (nonch, per certi
versi, degli stati di cui gli eserciti
sono emanazione). Rispettiamo
tale impostazione pur non trovandola affine alla nostra. Non amiamo
affatto la retorica militarista, ma riteniamo giusto contemplare la possibilit di missioni militari di inter-

59

Libano/Dibattito

posizione, laddove sia effettivamente garantito tale carattere. Ad


esempio, in riferimento alla natura
e agli esiti possibili di Unifil 2, non
pu dal nostro punto di vista lasciare indifferenti il fatto che Cina
e Russia - due membri con diritto di
veto del Consiglio di sicurezza
dellOnu abbiano ufficializzato la
loro partecipazione al contingente
internazionale. Ci contribuisce in
maniera determinante, a nostro avviso, a caratterizzare il prevalente segno politico della missione in direzione di una reale interposizione.
Non privo di significato il fatto che
Cina e Russia abbiano da un po di
tempo coordinato le loro politiche,
entrando ad esempio a far parte del
cosiddetto Gruppo di Shanghai (assieme a Uzbekistan, Kazakistan,
Tajikistan e Kyrgyzstan), costituendo cos nel cuore dellAsia un
patto di cooperazione che raccoglie
insieme un miliardo e mezzo di persone e che chiaramente punta a ri-

equilibrare i rapporti di forza planetari rispetto allarea filo-atlantica.


Ci dovrebbe rappresentare anche
agli occhi del mondo arabo unulteriore garanzia che la missione
stessa non si trasformi in una sorta
di cavallo di Troia al servizio degli
intenti aggressivi di Usa e Israele.
10. In conclusione. Siamo perfettamente consapevoli dei rischi. Labbiamo detto: essi si condensano
nella propensione bellica dellestablishment statunitense e israeliano.
E la prospettiva delle elezioni americane di novembre non contribuisce certo a diminuire le preoccupazioni. Non siamo indovini e non sappiamo quale piega possano prendere gli avvenimenti: in un contesto
come quello descritto non vi sono
garanzie assolute. Sta di fatto che
Hezbollah e Hamas, pur mantenendo nel merito un atteggiamento
critico, hanno comunque accettato
la mediazione. Crediamo che al mo-

Settembre - Ottobre 2006

vimento contro la guerra spetti non


il compito di essere pi Hezbollah
di Hezbollah ma quello di vigilare
e operare tutte le pressioni necessarie affinch la missione mantenga
caratteristiche compatibili con lo
sviluppo di un vero ed equo processo di pace in Medio Oriente. Per
questo occorre pazientemente lavorare per ritrovare lunit del movimento contro la guerra. Nei prossimi mesi sar determinante la sua
presenza e visibilit per far compiere passi concreti in direzione
della pace: chiedendo con forza il
ritiro delle truppe italiane dall
Afghanistan, denunciando il patto
militare tra Italia e Israele, sollecitando la convocazione di una
Conferenza internazionale per la
Pace in Medio Oriente, che riunisca
tutte le principali forze ivi presenti.
Senza uno scatto in avanti della politica, la stessa missione di interposizione resterebbe drammaticamente priva di prospettive.

WWW.lernesto.it
60

Settembre - Ottobre 2006

Libano/Dibattito

In Italia, sulla base di un pudore


politico inspiegabile ci si nega
e si nega il confronto con le forze
che animano la resistenza in Libano,
in Palestina, in Iraq, finanche
in Afghanistan e ci si adegua
a convivere negli interstizi della
politica estera del nostro governo

di Sergio Cararo
direttore di Contropiano

Libano: una tre g u a


in attesa di una
nuova escalation?

IL

CESSATE IL FUOCO IN

L IBANO

RISCHIA DI ESSERE FRAGILE

TRANSITORIO , ANCHE SE CI SONO I SOLDATI ITALIANI .

LA

VA L U TA Z I O N E N E G AT I VA D E L L E F O R Z E C O M U N I S T E E D I

MOVIMENTO A LIVELLO INTERNAZIONALE RISPETTO ALLA RISOLUZIONE

1701

entre i soldati israeliani si ritiravano


dai territori occupati in Libano (al
momento restano a presidiare solo
la cittadina di Gahjar) il ministro
Ben Eliezer ha avvertito che molto
probabilmente, lesercito israeliano dovr tornare in Libano fra
pochi mesi. Qualche giorno prima
riferiscono le agenzie - un convoglio militare israeliano e uno francese della forza Unifil si erano trovati uno di fronte allaltro. Anche in
quel caso, lufficiale israeliano aveva
minacciato torneremo qui tra tre
mesi e faremo quello che avremmo
dovuto fare questa estate. Unaltra
agenzia ha riferito il 2 ottobre che
Nuovi raid sul Libano: quanto minaccia lesercito israeliano se la
forza internazionale non riuscir a
impedire a Hezbollah di riattestarsi
al confine con lo Stato ebraico e di
compiere attacchi. Al momento
non in agenda - ha dichiarato un
alto ufficiale israeliano - ma, se sar
necessario, si vedranno in Libano
operazioni simili a quelle portate
avanti a Gaza dopo il sequestro del
soldato Shalit, come incursioni in
territorio libanese con lappoggio
dellaviazione e attacchi mirati
(Adn/Kronos, 2 ottobre).

DELL 'ONU, L ' ARRETRATEZZA DEL DIBATTITO IN I TALIA

Queste dichiarazioni ci danno la misura di quanto il cessate il fuoco


sulla frontiera israelo-libanese sia
fragile e transitorio. Coloro che prevedono un secondo round dellaggressione israeliana al Libano sembrano essere andati molto vicini alla
realt. Ma appare chiaro sin da ora
che se a ridosso delle elezioni di medio termine negli Stati Uniti (novembre) ci sar un secondo round
dellescalation della guerra preventiva in Medio Oriente, questo non
potr che tenere conto e coinvolgere anche i militari inviati in Libano nella missione Unifil 2. Le finalit di questa missione sono ancora
oggetto di interpretazioni diverse.
Gli israeliani vorrebbero che disarmasse gli Hezbollah e creasse una
fascia di sicurezza a ridosso del confine israeliano. Questa idea della sicurezza da parte di Tel Aviv ha fatto
s che prima del ritiro le sue truppe
abbiano fatto tabula rasa di una fascia di territorio libanese a ridosso
del confine e abbiano deviato (intubandole) una parte delle acque
del fiume Wazzani per farle arrivare
in territorio israeliano. Ma soprattutto Tel Aviv vuole liquidare con
ogni mezzo la possibilit che un

suo attacco alla Siria o allIran si


trovi a fare i conti con una insidiosa
capacit militare sul suo fianco rappresentata da Hezbollah. Le spinte
affinch Unifil 2 operi in questa direzione sono numerose. Un recente
articolo del New York Ti m e s, dava
voce alle interpretazioni dei likudzik attaccando linerzia del contingente Unifil 2 nei confronti di
Hezbollah, mentre il partito israeliano in Italia, dalle colonne del
Corriere, esplicitava quello che a suo
avviso il nodo strategico della missione: Un Hezbollah che conserva in tatto il suo arsenale, oltre a violare le ri soluzioni dellOnu, crea la premessa
strategica di un nuovo e ancor pi di struttivo conflitto. La questione del disarmo di Hezbollah non da oggi la
chiave di volta della crisi libanese.
(Venturini, Corriere della Sera del 24
settembre).
E evidente dunque come il cessate
il fuoco in Libano sia fragile e transitorio e come, quanto prima, quel
quadrante torner ad essere al centro dellescalation della guerra preventiva in Medio Oriente ma con
una differenza rispetto a luglio. Sul
terreno infatti adesso ci sono anche
i soldati italiani inquadrati nel con-

61

Libano/Dibattito

tingente Unifil 2. E questo ci pone


parecchi problemi politici in pi rispetto a quelli gi evidenziati nel
conflitto questa estate, che hanno
visto una preoccupante inerzia politica dei partiti della sinistra e del
movimento per la pace tradizionale
(ad esclusione della manifestazione
convocata dal Forum Palestina il 27
luglio). Una inerzia che ha lasciato
campo libero e semaforo verde solo
alliniziativa di politica estera di
DAlema e del governo Prodi.

La presenza della forza ONU


ha il compito di governare
- anche con la forza - un processo
politico che impedisca in Libano
l'affermazione di forze politiche
anti-israeliane, antimperialiste
e indipendenti dalle relazioni
politico-economiche prioritarie
e subalterne con l'Europa
e gli Stati Uniti

IL

D I B AT T I T O S U L L A

M I S S I O N E M I L I TA R E

UNIFIL 2

Da alcune settimane un dibattito talvolta aspro in corso nel movimento contro la guerra e nei partiti
della sinistra sulle finalit e la natura
della missione militare ONU in
Libano e sul ruolo che in essa viene
svolto dallItalia. Su vari siti sono
stati ospitati interventi e valutazioni
divergenti. In particolare tra lautore e il compagno Steri, responsabile
della politica internazionale dei
compagni dellarea de l E rn e s t o.
Questo dibattito attiene sia allanalisi della situazione in Libano e della

62

missione Unifil, sia alle ricadute che


analisi differenti producono sul
quadro politico e lazione dei movimenti in Italia. Infatti se la rappresentanza politica parlamentare appare piuttosto omogenea nel sostegno alla missione Unifil (vedi il recente voto bipartisan alla Camera,
con la sola opposizione della Lega),
le valutazioni del movimento contro la guerra e dellopinione pubblica non sembrano corrispondere
a tale unanimit. Alcuni recenti sondaggi hanno confermato che almeno un italiano su due contrario
allinvio dei militari in Libano e che
sulle finalit della missione si assiste
alla medesima polarizzazione: per
quasi la met la missione serve a proteggere il Libano, per laltra met
serve a disarmare Hezbollah. Non
solo, i pi convinti della bont della
missione sembrano essere gli elettori
di centro-sinistra, mentre i pi ostili
sembrano quelli del centro-destra.
Dentro al movimento contro la
guerra definizione che insieme a
Gino Strada riteniamo oggi diventata pi calzante di quella di movimento pacifista si assiste ad una
frattura profonda e spesso dura nei
toni. Le associazioni storiche (ARCI, CGIL, Tavola della Pace) si sono
riallineate rapidamente al governo
e ai loro azionisti di riferimento, arrivando a dare vita ad una marcia
Perugia-Assisi con lo slogan Forza
ONU di aperto sostegno alla missione militare in Libano.
I partiti della sinistra radicale (PRC,
PdCI, Verdi) hanno espresso in ogni
sede il loro sostegno alla missione
in Libano. Nellultima direzione del
PRC solo tre dirigenti hanno votato
contro il sostegno alla missione
Unifil. Nel PdCI prevale una posizione favorevole alla missione Unifil
2 senza discrepanze interne, anche
se non scevra di preoccupazioni sullesito della missione stessa. Una posizione analoga quella dei compagni de lErnesto e di molti altri autorevoli esponenti del movimento pacifista che appaiono critici ma possibilisti (Zanotelli, Baracca, Dinucci
ed altri) sul ruolo della missione
ONU in Libano.

Settembre - Ottobre 2006

Al momento lopposizione alla missione militare in Libano appare limitata ad una minoranza del movimento che il 30 settembre ha dato
vita ad una prima manifestazione
nazionale in cui tra i punti della
piattaforma che chiedeva il ritiro
delle truppe dallAfghanistan e da
tutti i teatri di guerra vi era laperta opposizione alloperazione Unifil 2. In questa minoranza sono
compresi i Cobas, il Forum Palestina, il Comitato per il ritiro dei militari italiani, i comitati Iraq Libero,
il collettivo Red Link, organizzazioni politiche come la Rete dei
Comunisti e il Partito Comunista
dei Lavoratori e individualit come
Stefano Chiarini, Lucio Manisco,
Gino Strada, Joseph Halevi. Il tentativo di liquidare sbrigativamente
le posizioni di questa attuale minoranza come pregiudiziali o ideologiche (cosa del tutto possibile ma
non necessariamente ed esclusivamente negativa) si infrange per davanti ad alcune argomentazioni
strettamente connesse alla realt sul
campo (in Libano), alle valutazioni
prevalenti nei movimenti e nei partiti di sinistra a livello internazionale
e ad analisi del tutto in coerenza e
non in discontinuit con quelle
sulle quali si dato vita ad un forte
movimento contro la guerra.
LA TREGUA
LI B A N O

V I S TA D A L

Il ritorno dei compagni della delegazione per ricordare Sabra, Chatila e Cana ha consentito di raccogliere ed elaborare le informazioni
raccolte in decine di incontri e colloqui con tutte le forze politiche
presenti sullo scenario libanese.
Attualmente i compagni stanno tenendo decine di incontri di resoconto un p in tutta Italia. Lindagine sul campo ci dice che la missione militare ONU non stata accolta a braccia aperte n dagli Hezbollah, n dal Partito Comunista Libanese, n dalle organizzazioni palestinesi (su questo vedi anche alcune corrispondenze su El Pais). I

Settembre - Ottobre 2006

soli a sentirsi rassicurati dalla missione Unifil 2 sono i protagonisti


della primavera libanese o personaggi come Walid Jumblatt, che
venuto a colloquio con Fassino e
che vede con timore la crescita di
credibilit di Hezbollah. Perch?
Perch in Libano oggi quello che
tutti temono la ripresa della
guerra civile in un paese di frontiera, dove i templari della guerra di
civilt dispongono di tutti gli ingredienti necessari. E inutile nascondersi dietro un dito: la forza multinazionale ha il chiaro obiettivo di
neutralizzare politicamente (e militarmente) la forza politica uscita vittoriosa dalla resistenza contro loccupazione israeliana: Hezbollah.
Per questo partito, ormai significativo nello scenario libanese come
mediorientale, non si tratta solo
della vittoria militare ma della possibilit di riaprire una dialettica interna alla realt libanese che metta
fine ad un equilibrio confessionaleelettorale ereditato dal colonialismo e che, per esempio, tiene fuori
dal Parlamento i comunisti libanesi
(nonostante abbiano il 10% dei
consensi) in quanto partito non religioso. La presenza della forza
ONU ha il compito di governare
anche con la forza un processo politico che impedisca in Libano laffermazione di forze politiche antiisraeliane, antimperialiste e indipendenti dalle relazioni politicoeconomiche prioritarie e subalterne con lEuropa e gli Stati Uniti.
Era questo del resto - anche lobiettivo della precedente risoluzione dellONU sul Libano, la 1559
voluta dal tandem Francia - Stati
Uniti in funzione antisiriana e anti
Hezbollah.
In secondo luogo, il dispiegamento
della forza militare ONU avvenuto
solo sul territorio libanese, con le
armi puntate verso linterno del territorio e non (anche) verso il confine israeliano. Le testimonianze
raccolte ci dicono che i soldati dei
vari contingenti incluso quello italiano girano per i villaggi in assetto
di combattimento e non con latteggiamento di chi l a protezione

Libano/Dibattito

della popolazione e con il ruolo di


interposizione. Non ci sono al momento atti ostili (se non qualche sassata dei ragazzini), ma non c simpatia n benevolenza. Le dichiarazioni degli esponenti Hezbollah
sono chiare: per Hassan Hadrush,
La missione Unifil non ha il compito
di disarmare la resistenza e quindi se le
truppe si atterranno al mandato rice vuto non dovrebbero esserci problemi. Le
g i u d i c h e remo da come si comport e ranno; e ancora, per Nabil Qaouk:
Non intendiamo neppure discutere di
un nostro disarmo, qualunque cosa di cano a Beirut. Certo nessuno vedr le no stre armi nel Libano del sud ma nessuno,
bene essere chiari su questo punto, n
lesercito, n lUnifil le dovr cercare e toc care . Sostenere che gli Hezbollah
appoggino la missione ONU
quantomeno un eufemismo.
Hezbollah ha giustamente sostenuto il cessate il fuoco e lo ha salutato positivamente, ha scelto una
posizione non ostile alla missione
ONU per non far precipitare la delicatissima situazione interna in
Libano. Un atteggiamento intransigente di Hezbollah avrebbe avuto
come risultato uno scontro con i falangisti e i gruppi filo-occidentali
appoggiati da una forza multinazionale sin dallinizio e con la ripresa
degli attacchi israeliani nel sud. La
trappola stata sventata ma ancora operativa. Hezbollah ha preso
tempo e sta cercando di gestirsi politicamente la credibilit conquistata fermando sul campo la macchina militare israeliana.
I

COMUNISTI E I MOVIMENTI
DANNO UN GIUDIZIO

N E G AT I V O S U L L A M I S S I O N E

UNIFIL
Ad una discussione sulla risoluzione
1701 dellONU che ha previsto linvio di una forza militare multinazionale in Libano, e alla luce delle
considerazioni sopra esposte, occorre anteporre una domanda:
giusto o sbagliato il disarmo di
Hezbollah e dei campi profughi palestinesi in Libano? Dalla risposta a

questa domanda e la nostra chiaramente no discendono le valutazioni nel merito della questione.
Anche perch i precedenti della
missione internazionale del 1982 in
Libano hanno avuto conseguenze
tragiche come i massacri di Sabra e
Chatila, e questo non un dettaglio.
La risoluzione dellONU consente ad
Israele di ottenere quello che non ri uscita ad ottenere con la guerra. Le parole di Sadlallah Mazraani, vice segretario del Partito Comunista
Libanese che abbiamo incontrato

Il ministro Ben Eliezer


ha avvertito che
molto probabilmente,
l'esercito israeliano dovr
tornare in Libano fra pochi mesi

qualche giorno fa a Roma, sono


chiare. Sono le stesse parole del responsabile esteri e del segretario generale del PCL incontrati a Beirut
la settimana scorsa. Sono le stesse valutazioni di un dirigente del Partito
Comunista Cubano o dei comunisti
greci e portoghesi, come della conferenza dei partiti dell area mediterranea e mediorientale tenutasi
ad Atene questa estate; sono in parte le valutazioni della stessa Die
Linke-Pds, che al Bundestag ha votato contro (e non a favore) linvio
di truppe tedesche in Libano.
Nei movimenti contro la guerra in
Gran Bretagna, Grecia, Germania,
Spagna sono state organizzate manifestazioni con piattaforme e valutazioni del tutto analoghe a quelle
della manifestazione convocata il 30

63

Libano/Dibattito

settembre a Roma contro la missione ONU in Libano. Samir Amin,


intervenendo in un dibattito alla festa de lHumanit a Parigi, ha sostenuto la medesima tesi. Joseh Halevi,
in un saggio circolato in queste settimane, sostiene che Questa risolu zione dellONU talmente mal concepita
dalla Francia che perfino un governo fi lofrancese come quello di Beirut laveva
rifiutata in una prima istanza vor rebbe vincolare Libano, Siria e Hezbollah
senza porre il vincolo fondamentale ad
Israele che quello di procedere alleva cuazione delle alture del Golan ed alla
striscia di Shaba. Tale azione fa soltanto
risaltare latteggiamento unilaterale da
parte dellEuropa e degli USA nei con fronti del problema del Medio Oriente e

tario, ma al momento esso minoritario in Italia. Sembrerebbe una


anomalia, ma non lo . Il movimento
contro la guerra in Italia e in Francia
in questi anni stato spesso un frenatore rispetto a quelli degli altri
paesi europei ed extraeuropei sulle
piattaforme da sottoscrivere al termine dei forum internazionali, soprattutto da quando la componente
antimperialista (dal Forum Sociale
Mondiale di Mumbay in poi) diventata pi forte in queste sedi. Ma
in questa vicenda del Libano e della
missione Unifil 2 siamo di fronte a
contraddizioni che potremmo definire paradigmatiche.
QUAL

IL RUOLO

D E L L I TA L I A ?

Ci sono molti compagni,


onesti compagni di strada
di questi anni, che vedono
nell'entrata in campo dell'Unione
Europea un fattore positivo
a prescindere dagli obiettivi
e dalla natura dell'intervento
militare dei contingenti
europei in Libano

soprattutto nellattuazione delle risolu zioni dellONU: vincolanti per gli arabi,
non vincolanti per Israele. Perm e t t e
quindi ad Israele di pianificare con or dine assieme agli USA la nuova guerra
in cui lItalia si trover coinvolta in
pieno.
Insomma il fronte di coloro che
nelle forze della sinistra, nei movimenti, negli stessi partiti comunisti
danno una valutazione negativa e
preoccupata della risoluzione 1701
dellONU ampiamente maggiori-

64

Il ruolo dellEuropa e dellItalia


nella missione militare ONU in
Libano un p il nodo gordiano
della discussione di queste settimane. Molte delle forze politiche o
delle personalit possibiliste su un
esito positivo della missione Unifil
2 condividono in misura maggiore
o minore alcune delle osservazioni
fin qui esposte. La divergenza interviene nella lettura di alcuni fattori
obiettivi che sembrano per lasciar
fuori questioni importanti come i
fattori soggettivi e lindipendenza
dei movimenti dai governi.
Nel colpo di reni della politica estera italiana e soprattutto dellasse
Prodi - DAlema - Parisi in contrapposizione a quello Rutelli - Fassino
(decisamente filo-israeliano), molti
compagni hanno visto una rottura
del monopolio unipolare degli Stati
Uniti e della loro alleanza con
Israele nella realizzazione del
Grande Medio Oriente attraverso la
guerra preventiva. C stato un cessate il fuoco imposto a Israele mentre lamministrazione Bush difendeva la completa mano libera ai
bombardamenti e alle incursioni
israeliane in Libano; c stata una riconsegna della crisi nelle mani
dellONU invece che in quelle esclusive della Casa Bianca e di Downing Street; c stato lattivismo di

Settembre - Ottobre 2006

Kofi Annan in Medio Oriente e la


ripresa del negoziato con lIran; c
una composizione e una leadership
della missione Unifil in mano a
Francia e Italia e ci sono state le parole di DAlema a favore di uno Stato Palestinese Indipendente.Visto
cos innegabile che lo scenario mediorientale di oggi sia diverso da
quello di quattro mesi fa e sarebbe
miope non coglierne i cambiamenti
oggettivi. Non solo. La politica estera di DAlema e Prodi non la stessa
di Berlusconi e Fini. Dal servilismo
verso USA e Israele, si sta virando
verso un recupero della tradizionale equidistanza italiana nelle vicende mediorientali. Alcuni compagni si spingono a vedere nella possibile partecipazione di contingenti
russi e cinesi alla missione Unifil 2
una ipoteca importante sulle tentazioni statunitensi - israeliane per
una escalation regionale della guerra verso Iran e Siria. Occorre segnalare per che la Russia intende inviare solo un plotone di genieri e al
di fuori della missione Unifil 2.
La presa datto di questo nuovo scenario per alcune forze porta per ad
atti politici concreti come il sostegno alla missione Unifil 2 in Parlamento, come nel dibattito dentro
il movimento e nella stesura delle
piattaforme per le iniziative politiche. Pur con tutte le cautele, si d,
di fatto, carta bianca al governo
Prodi e alla politica estera di DAlema. E in questo passaggio tra analisi dello scenario oggettivo e scelte
soggettive che emerge la contraddizione.
LA S O G G E T T I V I T
DEL MOVIMENTO
CONTRO LA GUERRA

Alcuni ritengono che questo attivismo multilaterale dellItalia sia lelemento di novit. Altri, meno lieti
di sentirsi appiattiti sul governo, sottolineano come a rendere possibile
questo nuovo scenario sia stata la
sconfitta militare e morale israeliana in Libano ad opera di Hezbollah. In questo secondo caso una do-

Settembre - Ottobre 2006

manda sorge spontanea: ma se a riaprire lo scenario politico e diplomatico mediorientale sono le resistenze (oggi quella libanese, ieri
quella irachena e palestinese) perch mai dovremmo sintonizzare la
nostra iniziativa politica sulla linea
del governo italiano e non su quella
delle resistenze popolari che hanno
riaperto politicamente la situazione
in tutta larea? Sta qui il nodo gordiano. Lindipendenza dei movimenti dalle politiche dei governi
non solo una garanzia e una ragione sociale naturale ma deve essere la piena consapevolezza della
propria funzione indipendente e
non subalterna. Riconoscere come
una fotografia i dati oggettivi, anche
e soprattutto quelli che aprono in
positivo nuovi scenari, non pu significare la rinuncia alla propria autonomia di elaborazione ed iniziativa politica. I movimenti, i partiti,
le associazioni non sono dei fotografi ma dei soggetti politicamente
attivi che hanno la funzione di
orientare lopinione pubblica, di incalzare i governi, di indebolire le
forze militariste e le ambizioni imperialiste anche del proprio paese
in sintonia con le forze che agiscono
sulla linea del fronte.
In Italia stiamo assistendo allesatto
contrario. Sulla base di un pudore
politico inspiegabile ci si nega e si
nega il confronto con le forze che
animano la resistenza in Libano, in
Palestina, in Iraq, finanche in Afghanistan e ci si adegua a convivere
negli interstizi della politica estera
del nostro governo, limitando la
propria azione ad una serie di au-

Libano/Dibattito

spici e speranze che le cose vadano


per il verso giusto e non come vorrebbero le autorit di Washington e
Tel Av i v. Non solo. Ci sono molti
compagni, onesti compagni di
strada di questi anni, che vedono
nellentrata in campo dellUnione
Europea un fattore positivo a prescindere dagli obiettivi e dalla natura dellintervento militare dei
contingenti europei in Libano. Che
lEuropa debba cominciare a sgomitare nel Mediterraneo rispetto allegemonia statunitense sta nellordine delle cose da diversi anni. La
nostra insistenza sulla competizione tra il progetto del Mercato
Unico Euro-Mediterraneo del 2010
e il Grande Medio Oriente non
una fotografia delloggi ma di una
tendenza reale che ancora non si
manifesta come realt, ma anche
lindicazione di uno scenario che
vedr gli stessi interessi di classe che
hanno edificato il Trattato di
Maastricht, il Patto di Stabilit, la
Banca Centrale Europea, la Costituzione Europea e la Direttiva Bolkestein agire concretamente per
omologare a questa edificazione anche i paesi del sud Mediterraneo. Se
il giudizio negativo sulla natura, gli
obiettivi e gli interessi della grande
borghesia europea ha visto le mobilitazioni di questi anni, come possiamo improvvisamente affidare a
questa natura, a questi obiettivi e a
questi interessi di classe una funzione comunque progressiva per i
paesi del bacino mediterraneo? Il
protagonismo europeo (italiano e
francese soprattutto) nella missione militare in Libano sta tutto

dentro questa ambizione. E una


ambizione che a volte deve convivere e a volte confliggere con gli Stati Uniti, ma che non ne disegna una
alterit nelle relazioni sociali e internazionali nellarea mediterranea e mediorientale. Quello a cui
stiamo assistendo sicuramente la
dimostrazione delle crescenti contraddizioni interimperialiste, ma
esaurire la propria funzione nel fotografare queste contraddizioni
senza discutere e decidere in quale
direzione cercare di orientarle, sul
come intervenirci concretamente
(consapevoli certo dei propri limiti,
ma avendo almeno una prospettiva
da perseguire) rischia di rendere i
partiti della sinistra e i movimenti in
Europa spettatori inerti e subalterni
di processi determinati da altre forze
e spinti in direzioni opposte da
quelle perseguite dalle forze progressiste. Non avere a disposizione
tutti gli elementi di valutazione o
non poter avere le idee chiare sugli
esiti possibili della missione Unifil in
Libano non assolve dalla necessit di
dare coerenza al proprio percorso
antimilitarista e antimperialista e
dallo svolgere la propria funzione indipendente nello scenario politico
italiano ed internazionale. Dov e
come agisce altrimenti la soggettivit
dei movimenti, dei partiti della sinistra? E questo il segnale da mandare
in questo momento al governo, alle
forze della resistenza in Medio
Oriente e ai movimenti nel resto del
mondo, soprattutto in previsione di
una nuova verifica sulla missione militare NATO in Afghanistan.
Ora, non quando sar troppo tardi.

65

Settembre - Ottobre 2006

Dibattito

Del socialismo cinese si apprezzava


tantissimo la centralit delle masse,
la determinazione a continuare
la lotta di classe
nella societ socialista, criticando
la posizione dei sovietici che all'inizio
degli anni Cinquanta avevano ritenuto
maturo il comunismo commettendo
un gravissimo errore teorico-pratico

Mao
e una generazione
di ribelli

di Salvatore Distefano
Docente di Filosofia - Catania

LA

ellestate del 1966 le notizie che


giungevano dalla Cina suscitavano
in me enorme curiosit: che cosera la grande rivoluzione culturale proletaria? Chi era Mao TseTung? Perch la Cina e lUrss, due
paesi socialisti guidati da forti partiti comunisti, si scontravano?
Queste e altre domande riempivano la mia mente, interrogativi ai
quali avrei cominciato a rispondere qualche anno dopo.
Lanno successivo la casa editrice
Feltrinelli pubblic il libro delle
guardie rosse nel quale erano
raccolti i pensieri di Mao, anche
se quello dordinanza divent il
libretto rosso, con la copertina di
plastica rossa, col ritratto di Mao
Tse-Tung e la prefazione di Lin
Piao, e io potei acquistarlo, diventando subito maoista.
Ora, tutti sanno, anche quelli che
oggi esaltano la societ capitalista,
che in quegli anni, il periodo tra il
68 e il 73, difficilmente le nuove
generazioni potevano sfuggire allimpegno politico pi o meno
consapevole. Il 67, dunque, rappresent per me, e per tanti altri
che attualmente soffrono di amnesia, ladesione al maoismo, la mi-

66

FIGURA DEL

G RANDE T IMONIERE VISTA CON GLI OCCHI


'60 E '70 DEL NOVECENTO

DEL MOVIMENTO TRA GLI ANNI

litanza nel comitato di lotta a


scuola, la propaganda davanti alle
fabbriche della zona industriale e
il volantinaggio nei quartieri popolari.
Tutto questo veniva portato avanti
richiamando lesperienza cinese,
che aveva preso il posto di quella
sovietica nei giovani militanti comunisti, che divent immediatamente terreno di scontro nei rapporti tra i vecchi e i giovani, soprattutto quando i due paesi socialisti si fronteggiarono sul fiume
Ussuri, fortunatamente per breve
tempo.
Il fascino della Cina di Mao era
senza limiti; va da s che le nostre
letture furono indirizzate verso la
nuova realt del socialismo. E dunque non solo il libretto rosso stampato dalla casa editrice in lingue
estere di Pechino con le Citazioni
dalle opere del presidente Mao Ts e
Tung, ma tutti gli scritti di Mao circolavano abbondantemente affinch gli aderenti ai gruppi della
nuova sinistra potessero avere
una seria formazione politica. Del
resto, anche le riviste italiane e straniere, Problemi del socialismo, Vento

dellest, Quaderni rossi, Quaderni pia centini, Monthly Review, Pekin


Review, avevano messo al centro
del loro dibattito la Cina e il maoismo; non per caso, il modello cinese fu contrapposto a quello sovietico, giudicato revisionista e burocratico, privo di qualsiasi attrattiva per giovani ribelli che volevano
cambiare il mondo.
Gli anni Sessanta, infatti, avevano
modificato profondamente lo scenario mondiale: la guerra fredda
era diventata meno aspra, nonostante la vicenda dei missili a
Cuba, in virt della coesistenza
pacifica voluta da Kruscev e
Kennedy con il sostegno mostrato
da Giovanni XXIII, il papa del
Concilio Vaticano II. A tal proposito, i cinesi avevano aperto una
dura polemica nei confronti
dellUrss e dei partiti comunisti
considerati ad essa vicini, come il
Partito Comunista Italiano, perch
temevano che la coesistenza pacifica potesse rappresentare una
sorta di cedimento verso limperialismo americano, definito da
Mao nellintervista alla giornalista
statunitense Anne Louise Strong
una tigre di carta. Per questo nel

Settembre - Ottobre 2006

1963 il Renmin Ribao (Quotidiano


del Popolo), con un famoso editoriale, esplicit il dissenso col Pci,
Le divergenze tra il compagno
Togliatti e noi, cui seguir subito
dopo Ancora sulle divergenze tra
il compagno Togliatti e noi, accusato di essere avviato sulla strada
del cedimento ai (dis)valori della
borghesia perch assumeva posizioni revisioniste.
Scrivevano i cinesi, dopo aver letto
la relazione di Togliatti e il discorso
conclusivo al decimo congresso :
Essi [i comunisti italiani, ndr] nutrono le pi grandi illusioni circa
limperialismo, essi negano il fondamentale antagonismo tra i due
sistemi mondiali del socialismo e
del capitalismo e il fondamentale
antagonismo tra loppressore e le
nazioni oppresse, ed in luogo della
lotta di classe internazionale e
della lotta antimperialistica essi sostengono la collaborazione di
classe internazionale e la creazione
di un nuovo ordine mondiale.
Per poi descrivere la via italiana,
vista come labbandono della rivoluzione, come una linea comune
per lintero movimento comunista
internazionale. Nello scritto il
Partito Comunista Cinese (Pcc) insisteva molto nella denuncia dellimperialismo e manifestava
grande preoccupazione per la
pace nel mondo, indicando negli
USA - in quella fase era Kennedy il
presidente degli Stati Uniti - i principali responsabili delle politiche
guerrafondaie. Al tempo stesso,
prendevano di mira lillusione del
riformismo borghese, incarnato
nella linea delle riforme di struttura quale sostituto della rivoluzione proletaria.
Intanto il pianeta era letteralmente sconvolto dalle lotte studentesche partite dai paesi pi
avanzati del capitalismo, USA,
Germania, Francia, Italia, e proseguite in quasi tutto il mondo.
Nei giovani la voglia di ribellione,
di contestazione del sistema, di
profonda trasformazione, dopo le
prime forme di spontaneit an-

Dibattito

tiautoritaria, si indirizz verso una


forte politicizzazione, trovando
nel marxismo i punti di riferimento. Dopo Marx ed Engels,
Mao, Che Guevara, Ho Chi Minh,
Lenin, Fidel Castro e Stalin.
In particolare, Mao incarnava la
critica al modello sovietico, senza
essere scaduto nel bieco anticomunismo, il desiderio di ribellione
contro la famiglia e la scuola, e contro tutto ci che si identificava con
la societ borghese; ribellarsi
giusto e bombardare il quartier
generale, il riscatto di un popolo
e di una nazione vessati dai residui
del feudalesimo e dallimperialismo, leroismo di un partito comunista che nellarco di alcuni decenni, basti ricordare la lunga
marcia, aveva condotto la Cina allindipendenza, consentendole di
proclamare il 1 ottobre 1949 la
Repubblica Popolare.
Del socialismo cinese si apprezzava
tantissimo la centralit delle
masse, dalle masse alle masse, la
determinazione a continuare la
lotta di classe nella societ socialista, criticando la posizione dei sovietici che allinizio degli anni
Cinquanta avevano ritenuto maturo il comunismo commettendo
un gravissimo errore teorico-pratico, la ricerca di armonia tra lo sviluppo industriale e la questione
contadina, i dieci grandi rapporti, limportanza attribuita alluguaglianza e alla giustizia sociale, il ruolo straordinario assegnato alle nuove generazioni nella
trasformazione della societ cinese, evidenziato dallattribuzione
di cariche politiche rilevanti, nel
Pcc, ai giovani rivoluzionari secondo la politica dei cento fiori
e dal lavoro per impedire la burocratizzazione del partito voluta dal
Krusciov cinese, Liu Shao - Ci.
Questi e altri segnali dimostravano
che il vento dellEst soffiava pi
forte di quello dellOvest e che
limminente risveglio dei popoli
contro limperialismo USA e il social-imperialismo, cos i cinesi definivano lUrss nel momento pi
aspro della polemica, sarebbe stato

foriero della vittoria del socialismo


in tutto il mondo. E in effetti cos
apparve a molti per una certa fase:
gli USA andarono incontro ad una
crisi gravissima con le discutibili e
peraltro deboli presidenze Nixon,
Ford e Carter, ma soprattutto con la
sconfitta e fuga ingloriosa (30 aprile
1975) nel VietNam; lUrss fu imbalsamata dalla stagnazione brezneviana, mentre lEuropa continuava a recitare un ruolo comprimario, cos come stabilito a Yalta.
La Cina, invece, otteneva successi:
nel 71 Pechino fu ammessa
allONU guadagnando un prestigio straordinario e nel frattempo
cresceva la partecipazione popolare al processo di costruzione di
un socialismo diverso da quello
realizzato in Urss e negli altri paesi
del Comecon e del Patto di
Varsavia.
Lesperienza cinese in sostanza rimetteva al centro la riflessione e il
dibattito sulla transizione al socialismo e al comunismo dopo il fallimento dellUrss evidenziando, al
di l di momenti estremistici, la necessit di un lungo processo grazie
al quale e con il quale si potessero
superare le contraddizioni che si
erano manifestate in Unione
Sovietica, senza che il gruppo dirigente dellUrss sapesse affrontarle
e risolverle.
Il maoismo, pertanto, poteva essere definito come il marxismo applicato alla Cina, analisi concreta
della situazione concreta. In virt
di unanalisi di classe originale,
Mao capisce limportanza della
questione contadina non uniformandosi alla lettura che proponeva il movimento comunista internazionale, e di una politica delle
alleanze che individua di volta in
volta il nemico principale, secondo
una corretta interpretazione dialettica delle contraddizioni della
realt. Non per caso, lo scritto del
1937 Sulla contraddizione un
eminente contributo teorico al
marxismo perch spiega, ad esempio, il carattere universale e specifico della contraddizione, la contraddizione principale e laspetto

67

Dibattito

principale della contraddizione,


lidentit e lotta degli aspetti della
contraddizione e la posizione dellantagonismo nella contraddizione.
Del resto, citare questo testo di
Mao non vuol dire trascurare tutta
la sua produzione teorica e la sua
riflessione pratica sulle dinamiche
che il socialismo cinese aveva innescato; n sottovalutare lazione
del Pcc nella sua interezza, impresa
capace di coinvolgere grandi
masse in un paese sterminato.
Ma a met degli anni Settanta cominciarono ad avvertirsi anche i
primi segni della crisi.
I movimenti e le organizzazioni
che nel mondo si richiamavano al
maoismo implosero pi o meno ra-

pidamente, mentre in Cina i problemi tendevano a radicalizzarsi


dato che bisognava decidere quale
linea economica adottare per garantire a quellimmenso paese, gi
allora gli abitanti erano pi di un
miliardo, uno sviluppo moderno e
democratico. Dubbi, peraltro, che
assalirono noi maoisti occidentali,
preoccupati che la cercata modernit fagocitasse legualitarismo non pi esperti e rossi? -, svuotando gli insegnamenti del maoismo, anche se nessuno avrebbe potuto negare lesigenza dello sviluppo per uscire dalla subalternit
e dalla dipendenza nelle quali la
Cina sarebbe precipitata se non
avesse affrontato il problema della
crescita. Certo, la morte di Mao e
la vittoria della linea di Deng ha ac-

Settembre - Ottobre 2006

centuato la spinta alla modernizzazione, ma non pensiamo che si


possa ragionevolmente riferirsi a
Mao come a un dirigente insensibile alle questioni che quel paese
ha dovuto fronteggiare.
Ripensare Mao a trentanni dalla
morte non significa, dunque, riproporre acriticamente alcune tematiche che hanno interessato i
comunisti, soprattutto i pi giovani, negli anni Settanta; per,
francamente inaccettabile dover
sentire che Mao era solo un dittatore e per lui non c posto tra i democratici.
Per noi, invece, rimane un comunista che ha contribuito allo straordinario progresso della Cina e al
tempo stesso ha arricchito il marxismo a livello mondiale.

WWW.lernesto.it
68

Settembre - Ottobre 2006

Sinistra Europea/Dibattito

Vogliamo che i militanti del partito


possano trarre gli adeguati
bilanci dalla attuale esperienza
di partecipazione al governo
nazionale e vogliamo difendere
l'autonomia del partito e
un suo rilancio. Di esso c' ancora
bisogno nella societ italiana

Una rinnovata
p rospettiva
anticapitalista
che viva
nella societ

di Franco Turigliatto
Senatore Gruppo PRC - Sinistra Europea

LE

DIFFICOLT DEL CONFLITTO SOCIALE IN

E IL RILANCIO DEL

on c dubbio che la dimensione politica organizzativa nazionale oggi


insufficiente per affrontare le sfide
politiche e sociali che le scelte delle
forze dominanti in Europa pongono al movimento dei lavoratori.
Anzi, da tempo esiste una forbice tra
le capacit di iniziativa sopranazionale delle grandi corporations economiche e quelle delle organizzazioni sindacali che, pur riunite in
una Confederazione europea,
hanno brillato per la mancanza di
mobilitazioni e lotte su scala europea (se non per rare eccezioni), per
non parlare della sudditanza alle
politiche della Commissione europea. Ma lo scarto anche sul terreno
delle scelte politiche ed economiche: pur con molte contraddizioni,
difficolt e contrasti, qualche volta
anche passi indietro, il progetto
borghese di Europa andato avanti
nel corso degli anni (tra cui il successo della moneta unica), riuscendo a generalizzare su tutto il
continente politiche liberiste il cui
fine ultimo una sconfitta storica
del movimento operaio quale si
costruito nel corso del novecento;
sullaltro versante lorganizzazione
politica delle classi subalterne non
ha saputo finora rispondere a questa sfida: rincorre lavversario di
classe, cerca di resistere con grande

E UROPA , I NODI DI
S INISTRA E UROPEA

FONDO DEL QUADRO ITALIANO , I LIMITI DELLA

P RC

difficolt agli attacchi sociali ed economici, trova anche la capacit di ottenere importanti successi come il
NO francese e olandese alla costituzione neoliberale decisa dalle elites, ma resta continuamente sulla
difensiva, vede erodere lo stato sociale e i livelli salariali, viene indebolita dal generalizzarsi della precariet e dalla rimessa in discussione dello stesso diritto del lavoro.
Non si riesce ancora a rispondere
agli attacchi dei padroni con iniziative adeguatamente coordinate su
scala europea e a dotarsi di strumenti sindacali che se ne facciano portatori.
E non ancora stato posto allordine del giorno la costruzione di
una forza politica anticapitalista di
massa che sia punto di riferimento
per un progetto alternativo a quello
della borghesia.
In realt un approccio internazionalista sarebbe stato necessario da
molto tempo, ma le forze principali
della sinistra hanno sempre avuto
una visione abbastanza nazionalista,
un rapporto tra loro segnato da un
puro approccio diplomatico e, una
esperienza come quella delleurocomunismo, al di l dei giudizi sul
suo contenuto, vissuta il breve spazio di una congiuntura politica particolare.

IL

PROGETTO INIZIALE

Per queste ragioni abbiamo apprezzato fortemente, a suo tempo, la


scelta del partito di mettersi a disposizione per costruire un soggetto
europeo che provasse a rispondere
alle sfide internazionali ed internazionaliste del processo di unificazione capitalistica dellEuropa, a costruire una forza di alternativa alle
politiche neoliberiste capace di
dare risposta alla domanda dei movimenti di massa, che contestavano
la globalizzazione capitalista.
Lintento era buono, ma, dopo
qualche anno, necessario trarre
un primo bilancio della esperienza
e dei suoi limiti su scala internazionale e italiana. Liniziativa, infatti,
sospinta dalle vicende del movimento dei movimenti, dal cosiddetto biennio rosso, dalla svolta a
sinistra del congresso del 2001, si
poi intrecciata con il successivo percorso della maggioranza di Rifondazione, la scelta cio di integrarsi nellUnione e di esperire fino in fondo
una partecipazione di governo, congiunta a una serie di ripensamenti
teorici e politici assai impegnativi,
ma anche assai discutibili (la teoria
del compromesso dinamico, la cancellazione del concetto di imperialismo, le teorizzazioni semplificate

69

Settembre - Ottobre 2006

Sinistra Europea/Dibattito

sulla non violenza, ecc). Non c


dubbio che la nuova collocazione di
schieramento prima e di governo
poi non poteva non condizionare
linterpretazione della sinistra europea.
DUE

NODI DI FONDO

Due macigni strategici e politici stavano e stanno di fronte alle forze


che oggi costituiscono la Sinistra
Europea e su entrambi mi pare che
il nostro partito, dopo aver esitato,
stia dando una risposta erronea. Il
primo riguarda le scelte delle classi
dominanti di fronte alle contraddizioni prodotte dallattuale fase di accumulazione e di concorrenza capitalistica, che va di pari passo con
livelli accentuati di sfruttamento
delle classi lavoratrici. La domanda
se di fronte alle difficolt e alla presunta crisi del liberalismo ci possa
essere uninversione di rotta della
borghesia capace di favorire quelle
intese, quei compromessi storici
che arrestino lattacco alle classi popolari. Pi mi guardo intorno in
Europa e in Italia nella ricerca di
qualche settore borghese che intenda ritornare sui suoi passi, pi
trovo il deserto. Si leggano gli intenti delle grandi istituzioni finanziarie internazionali e della Commissione europea, si misurino le politiche concrete dei governi e i propositi di Montezemolo, di Tr o nchetti Provera, ma anche di Rossi; il
quadro offre ununica interpretazione: Avanti tutta col liberismo.
Lo stato pu servire, ma solo se serve
questi interessi. Aggiungo che anche il rinnovato ruolo dellEuropa
nella politica estera di fronte alle
difficolt del socio di oltreoceano,
deve essere letto in questo quadro e
il giudizio sulle missioni militari
delle potenze europee partecipanti
alla Nato andrebbe compreso in
questa chiave strutturale. Non vediamo da nessuna parte una borghesia riformista per una ragione
molto semplice: i meccanismi della
globalizzazione capitalistica, fondamentali per garantire i livelli di profitto, non glielo permettono.

70

Il secondo macigno collegato al


primo e riguarda lanalisi, linterpretazione e la natura delle forze socialdemocratiche europee, che, con
piacere, abbiamo scoperto in un recente articolo su Liberazione, essere
opportuno definire pi correttamente, come fa la sinistra anticapitalista europea da tempo, forze social-liberali. E vulgata comune in
Rifondazione che queste forze, che
negli anni 90 hanno gestito direttamente in prima persona (13 governi
dellUnione Europea sugli allora 15)
le politiche neoliberiste, sotto limpatto della crisi del liberismo o del
venir meno dei margini di riformismo, sarebbero spinte a un ripensamento, a scegliere altre strade. Un
giusto mix di riflessione critica, di
spinta dei movimenti, di nostra incisiva alleanza, aprirebbe dunque la
strada, per usare la nuova formula,
alla affermazione della alternanza
come apripista dellalternativa.
A me pare che lanalisi corretta di
queste forze, le scelte che propongono, le politiche che praticano, indicano che non c nessun ripensamento sulle pesanti responsabilit
che hanno avuto nella gestione governativa, ma che semplicemente
manovrino per tornare al governo
l dove ne sono state cacciate, ma in
totale continuit con le vecchie politiche e in stretto rapporto con le
forze economiche dominanti. Sul
piano internazionale, poi, si vedano
le recenti dichiarazioni di DAlema
sulla piena alleanza con gli USA.
Pensare di costruire una alternativa
in Europa con queste forze, costruire politiche di governo, cio
complessive sul terreno economico
e sociale, un disegno del tutto utopistico e velleitario che apre la
strada a rischiosissime derive moderate e di subordinazione per i partiti che la praticano, di contraddizioni con i movimenti reali, di impossibilit a costruire effettivamente movimento di lotta al di l
delle migliori intenzioni. Per fare
due esempi, Rifondazione riesce
per fortuna a stare dentro la mobilitazione del 4 novembre contro la
precariet, ma stata del tutto in-

capace di difendere contro gli opposti estremismi le decisioni del


Forum sociale di Atene di dare vita
a una forte mobilitazione contro la
guerra.
Ma, soprattutto, in ultima analisi,
questa opzione strategica rende impossibile costruire e dare credibilit
a una forza anticapitalista; lalleanza
con le forze social-liberali diventa
una prigione.
LIMITI

DI UNA ESPERIENZA

I partiti che hanno costituito la


Sinistra Europea si sono incontrati
e messi in cammino senza chiarire
anche solo in parte questi problemi,
producendo testi generici, e quindi
genericamente condivisibili, di intenti per unaltra societ. Lhanno
fatto scegliendo, discutibilmente,
chi ci poteva stare dentro e chi no,
escludendo le forze di tradizione comunista pi chiuse nei loro vecchi
recinti, nello stesso tempo evitando
di interloquire seriamente con
quelle forze anticapitaliste, meno
consistenti per ora sul piano istituzionale, ma forti sul piano politico
e nella costruzione militante dei
movimenti di massa.E significativo
che Rifondazione, che pure aveva
partecipato dagli inizi alle Conferenze della Sinistra Anticapitalista
europea, se ne sia allontanata, puntando solo ad inserire nella sfera
della SE alcune sue componenti.
Non stupisce quindi che cos concepita, senza un minimo di progetto
forte comune, la dimensione internazionale della SE si sia ridotta a
qualche incontro, a una logica diplomatica, in cui ognuno bada ai
fatti di casa sua; il necessario e auspicato momento di iniziative, campagne e mobilitazioni comuni, non
ha trovato finora alcuna attuazione
pratica. Ma allora cosa serve? Non
dovrebbe venire proprio da questi
partiti uno sforzo per costruire momenti sociali, attivit a carattere europeo? Perch non si sfruttato la
vittoria del NO in Francia e Olanda
per una forte campagna di massa
contro questa Europa dei padroni,
per esprimere i contenuti rivendi-

Settembre - Ottobre 2006

cativi di unaltra Europa? E non si


dica che per questa bisogna basta
qualche articolo sul giornale.
LA

VICENDA ITALIANA

Ma veniamo a casa nostra. La costruzione della sezione italiana della


SE ha conosciuto una significativa
evoluzione con il sistematico impegno della Direzione di Rifondazione di collocare il partito nella coalizione di centro-sinistra. Lispirazione originaria era molto positiva e le
compagne e i compagni che oggi
compongono Sinistra Critica lavevano fortemente sostenuta: si trattava di aprire una nuova fase, di
forte interlocuzione con tutte quelle aree politiche, militanti di movimento, militanti sindacali, giovani,
che si stavano impegnando nelle
mobilitazioni da Genova in poi; una
fase di costruzione del conflitto sociale, di rielaborazione politica per
costruire un nuovo progetto alternativo dai contenuti anticapitalisti.
In questa prospettiva il baricentro
del nuovo soggetto politico sarebbe
stato nellazione militante, nelle
lotte e non nelle istituzioni.
Il partito avrebbe potuto operare
uno svecchiamento, un rilancio e
un vero processo di Rifondazione.
In questo quadro, secondo me, non
poteva essere escluso un vero processo costituente, una ricomposizione che costruisse una nuova organizzazione, che sapesse unire
quello che di importante ci ha lasciato la storia del movimento operaio, con una ridefinizione della
lotta contro il capitalismo, disegnando il nuovo progetto socialista;
non svilimento della rifondazione
comunista, ma un suo rilancio con
la partecipazione di tutti: una testa,
un voto, ma anche una partecipazione collettiva, nelle lotte, nelle
strutture di base e di direzione.
A noi pare che del primitivo progetto rimangano alcune definizioni
generali, ma che la carica iniziale e
il suo afflato anticapitalistico si
siano fortemente sviliti nella scelta
di alleanze, nelle aule elettive, nel
peso crescente del ruolo nelle istituzioni e che tutto questo, necessario dirlo, sia avvenuto nella de-

Sinistra Europea/Dibattito

moralizzazione prodotta dalle difficolt dei movimenti e dellattuale


fase politica. Cambia il contesto, la
linea del partito diventa moderata e
listituzionale, al di l della parole,
prende il sopravvento; cambiano
anche inevitabilmente gli interlocutori o, se anche restano gli stessi,
lattivit comune e le riflessioni politiche assumono altre caratteristiche.
Si respinge giustamente la scelta di
unificazione di vertici e di apparati,
ma quello che emerge non un vero
processo dal basso, ma il coordinamento, e la convergenza politica di
gruppi dirigenti di diverse forze sociali e politiche, del tutto legittima,
ma in cui la dimensione istituzionale sembra essere lelemento ordinatore, tanto pi in una fase in cui
il partito al governo pressoch
ovunque. Mentre si predica lapertura allesterno, in alternativa a un
partito troppo chiuso, si ha limpressione che alla fine sia svilita
quella attivit militante che pur
sempre un tratto forte di una parte
cospicua di Rifondazione. Si riafferma che Rifondazione continua a
vivere, ma la sensazione che essa
sia destinata a scolorirsi sempre pi
dentro la nuova formazione e che
sar penalizzata la caratteristica fondante del PRC, quella che, tra mille
difficolt, lha fatto essere presente
nella societ. Non nego la necessit
di rapporto con gruppi dirigenti pi
o meno rappresentativi dellassociazionismo o dei movimenti. Sarebbe sbagliato non farlo; ma di per
se questo non assicura un pi forte
inserimento sociale e un rilancio
della dinamica militante e di iniziativa.
NON

ABBANDONARE

LA RIFONDAZIONE

Vedo quindi con preoccupazione le


modalit con cui si delinea la nuova
formazione. Lavevamo immaginata come il motore della lotta sociale e della battaglia anticapitalista,
si presenta come alternativa di sinistra al partito moderato, cio come
la seconda gamba dellUnione rivolta a contendere al primo un ruolo dentro la coalizione di governo,

attenta ai movimenti della societ


ma anche spostata in senso moderato, condizionata dai giochi della
coalizione e non programmata per
costruire quella lotta sociale che
pure resta indicata come priorit.
Inoltre le ipotesi di aggregazione federative hanno una logica solo se
sono veramente ampie e funzionali
a costruire un vasto fronte sociale,
altrimenti tutto si ridurrebbe a un
cambio di sigla e a uno svuotamento
del partito. La discussione dei prossimi mesi e la verifica concreta delle
dinamiche della lotta di classe indicheranno quanto queste preoccupazioni siano reali. Quel che certo
che larea programmatica Sinistra
Critica continuer la battaglia perch il PRC non rinunci al progetto
della rifondazione comunista,
cio a un impegno e una vita collettiva militante nei movimenti e
alla elaborazione di una strategia
anticapitalista; non sarebbe giusto
disperdere quanto il PRC ha saputo
fare, pur con molte contraddizioni
in 15 anni. Vogliamo che i militanti
del partito possano trarre gli adeguati bilanci dalla attuale esperienza di partecipazione al governo
nazionale e vogliamo difendere
lautonomia del partito e un suo rilancio. Di esso c ancora bisogno
nella societ italiana.
Per parte nostra sentiamo la necessit di fare uno sforzo ulteriore per
far vivere nellazione e nel dibattito
politico del nostro paese una opzione anticapitalista coerente, nel
lavorare perch si sviluppino movimenti di massa capaci di portare
una critica pi forte ed efficace alle
dinamiche della globalizzazione capitalistica e alle forze della borghesia. Ricostruire le condizioni di un
blocco sociale antagonista, per usare un termine forse desueto ma che
esprime una finalit chiara: non farsi piegare dalle difficolt presenti,
ma perseguire nellintento di dare
forza e credibilit alle parole, ai progetti di rivoluzione e socialismo
che sono riapparsi, rinnovati, moderni e funzionali alla lotta di classe
in America Latina; lavorare per costruire un processo rivoluzionario
alternativo alla inaccettabile realt
esistente.
71

Sinistra Europea/Dibattito

L'occasione per sottoporre


a critica precisa e profonda,
ma non distruttiva,
l'impianto analitico della sinistra
e affrontare i terreni politici
che tradizionalmente
le formazioni storiche della sinistra
di tradizione marxista non hanno
considerato adeguatamente
di Lidia Brisca Menapace
Senatrice PRC - Sinistra Europea

a proposta di avviare la costituzione di un soggetto politico detto


Sinistra Europea muove da alcune
convinzioni che ritengo giuste e attuali.
Si intende cio mettere un freno e
un rimedio efficace alla continua
frammentazione, divisione e conflitto tra pezzi di sinistra nati da
scissioni, separazioni, divisioni che
lasciano molta conflittualit e un
atteggiamento di difesa quasi superstiziosa di proprie caratteristiche, fino a dar luogo a culture politiche identitarie, quanto mai pericolose. E ancora: cominciare a
pensare e ad agire nello spazio politico Europa, come giusta mediazione tra uno spazio nazionale del
tutto insufficiente e uno internazionale senza relazioni intermedie. LEuropa oggi la dimensione
giusta per affrontare problemi di
dimensioni significative; inoltre
essa ha una storia, quella del movimento operaio e sindacale come
quella del femminismo e dellemancipazione delle donne, che
non solo stata ma pu continuare a essere un punto di riferimento e relazione mondiale. Ci,
tra laltro, pu correggere un atteggiamento di disinteresse verso

72

Settembre - Ottobre 2006

Sinistra Euro p e a :
nuovi metodi
e nuove culture

F EMMINISMO ,

ECOLOGIA , PACE ,

E UROPA , ONU:

I NUOVI ORIZZONTI

lEuropa politica che stato proprio della sinistra nel nostro paese
e non solo, lasciando con ci che
la fase preparatoria della formazione dellEuropa politica fosse in
mano alle destre e ai partiti moderati. Il risultato anche un percorso gi predisposto a una formazione liberista, come si vede anche dallimpianto del Trattato per
la Costituzione, per fortuna fermato da Francia e Olanda.
Inoltre la Sinistra europea anche
loccasione per sottoporre a critica
precisa e profonda, ma non distruttiva, limpianto analitico della
sinistra e affrontare i terreni politici che tradizionalmente le formazioni storiche della sinistra di
tradizione marxista non hanno
considerato adeguatamente, cio
il femminismo, lecologia, la pace
come problema politico specifico
e non solo come aspirazione.
Vediamo brevemente i punti citati:
per poter combinare una sinistra
che non sia esposta in ogni momento a scissioni bisogna trovare
metodi di assunzione delle decisioni che lo consentano; non serve
o non basta lappello alla solidariet. Per questo sono tanto coinvolta nel sostenere il metodo detto

del consenso, col quale stato


scritto il programma dellUnione.
Esso - elaborato da decenni nelle
organizzazioni nonviolente - non
poggia sulla conta a maggioranza,
con la quale si mette ai margini
quelli e quelle che non fanno parte
della maggioranza, ma considera
che tutti quelli che concorrono a
una decisione hanno qualcosa da
dire e da far considerare. A partire
dal fatto che anche in una posizione gi collocata da una parte (a
sinistra), ci sono molte declinazioni possibili dei problemi, delle
priorit, dei metodi di risoluzione
e, di conseguenza, occorre discutere fino a trovare una decisione
che non scontenti o non sia inaccettabile da tutti e su quella si agisce, senza emarginare n obbligare a decisioni non accettabili. Il
contrario di quanto si fa con il voto
di fiducia, che lesaltazione massima del voto a maggioranza, che
obbliga anche chi non daccordo. Il metodo del consenso lascia il diritto di esprimere anche
pubblicamente il proprio dissenso
e le motivazioni per le quali lo si
mantiene, ma non si rompe il vincolo di maggioranza o di organizzazione e si continua a portare i

Settembre - Ottobre 2006

propri argomenti per ottenere un


pi alto e diffuso e condiviso contenuto di decisione.
Quanto al rinnovamento del patrimonio teorico della sinistra, questo un terreno molto delicato e
insieme di grande fascino culturale, politico e morale. Infatti non
n la cancellazione del proprio
passato, come capita con la proposta del partito democratico per chi
a sinistra si attrezza a farne parte,
n il revisionismo dei partiti socialdemocratici classici arrivati a
una sconfitta storica oggi visibile,
n lattaccamento quasi dogmatico ad analisi e scelte del passato
che avevano la loro motivazione in
una analisi precisa, oggi non adeguata nella societ in cui viviamo.
Si tratta di confrontare il patrimonio del passato, criticamente esaminato e rivissuto, con le domande poste dal femminismo
(come stato fatto con il grande
convegno tenuto appena pochi
giorni fa a Trieste dalla rete femminista della Sinistra europea, dal
titolo Violenza e Patriarcato), cultura politica della differenza, intreccio tra contraddizione principale e contraddizione originaria,

Sinistra Europea/Dibattito

come dallecologia (problema


delle risorse, che non sono infinite come creduto dalleconomia
classica anche marxista) e dalla
pace, come problema politico mai
considerato per se, fino al punto
da non avere una definizione giuridica e politica di pace. La pace
come governo nonviolento d e i
conflitti parte dal riconoscimento
e analisi dei conflitti, dalla loro prevenzione, dal loro affrontarli in
termini diplomatici, politici e sociali, non bellici o militaristi, ma
nemmeno genericamente anelati
(basta ritirare tutti i soldati, basta
mandare persone disarmate ecc.).
Osservare anche solo i differenti
esiti di Iraq, Afghanistan e Libano
immediatamente significativo:
mentre Iraq e Afghanistan precipitano sempre pi in un delirio di
orrori ai quali non si sa quale esito
dare, il Libano si avvia dalla tregua
garantita dai militari ONU, al ristabilimento dei confini, allo scambio dei prigionieri, ai preparativi
di una conferenza di pace che
metta dentro subito la Palestina e
avvii verso una soluzione negoziata
tutto il terribile deposito di conflitti dellarea.

Tutto ci non pu essere fatto da


un paese solo, non certo da quello
che si candida ad essere limpero
del bene (!), bens da organizzazioni politico-diplomatiche complesse e molteplici come lEuropa o, sul terreno istituzionale del
diritto internazionale, da una organizzazione dellONU, rinnovata
e ripensata. Nasce da qui in tutta
evidenza la dimensione europea di
sinistra della Sinistra europea in
un rilancio dellONU rinnovata,
con un Consiglio di sicurezza
tutto a rotazione, con lEuropa rappresentata da un solo rappresentante del continente, con labolizione del diritto di veto e la costruzione delle istituzioni necessarie (polizia internazionale, tribunale penale internazionale, codice internazionale).
LEuropa pu presentare allONU
il progetto della loro riforma, in
quanto spazio geopolitico sul cui
terreno vivono i popoli che vinsero
e quelli che furono sconfitti nella
seconda guerra mondiale e tra
quei popoli si stipula oggi un patto
che rende impossibile la guerra tra
loro: un esempio difficile ma possibile nel mondo.

73

Sinistra Europea/Dibattito

Settembre - Ottobre 2006

Il fine non di ritornare a Lenin


(operazione antistorica) ma
di analizzare leninisticamente
la realt di oggi, profondamente
diversa dai primi del '900, cio tentare
di analizzare l'attualit come l'avrebbe
analizzata Lenin se fosse vissuto
ai nostri giorni. Questa , secondo me,
la grande operazione da fare

Da nani a giganti

di Leonardo Masella
Comitato Politico Nazionale del PRC

S IAMO NANI SEDUTI SULLE SPALLE DEI GIGANTI DEL NOVECENTO .


M A I COMUNISTI NON VOGLIONO RIMANERE NANI , VOGLIONO
DIVENTARE I GIGANTI DEL XXI SECOLO . P ER FARE QUESTO DE VONO SCENDERE DALLE SPALLE DEI GIGANTI E RIMETTERSI IN CAM MINO PER CAMBIARE IL MONDO

ra alcune settimane dovrebbe avere


inizio la Conferenza di organizzazione del Partito della Rifondazione
Comunista che avrebbe il compito,
fra laltro, di decidere le modalit
della partecipazione del Prc al congresso costitutivo di primavera del
nuovo soggetto politico denominato Sezione italiana della Sinistra
Europea. Usiamo il condizionale
perch allo stato attuale verifichiamo ancora molta confusione
nelle dichiarazioni ufficiali dei promotori di questi appuntamenti, oltre al fatto che siamo in presenza ancora di tante variabili che potrebbero cambiare anche radicalmente
il quadro politico e quindi condizionare i tempi e le modalit del
processo in corso.
Cosa diciamo noi, cosa propone larea de lErnesto in relazione a questi
appuntamenti cos importanti per il
nostro partito, per la rifondazione
di un partito comunista?
La nostra area arriva a questo appuntamento in una situazione critica,
con divisioni interne, con una insufficienza di discussione e di elaborazione di fronte ai tanti, troppi
nodi mai sciolti che ora giungono al

74

pettine, con un vuoto di proposte,


di iniziativa, di battaglia politica. Ha
fatto bene, pertanto, la nostra rivista
ad aprire il dibattito nellultimo numero de lErnesto. Intervengo in questo dibattito con un approccio molto
diverso dal numero precedente, tentando da un lato di avanzare una
proposta alternativa a quella della
Sinistra Europea e dallaltro di affrontare, anche con qualche intenzionale provocazione, alcuni nodi
strategici e di cultura politica per il
superamento della crisi della nostra
area e per il rilancio della rifondazione/ricostruzione di un moderno
partito comunista con consenso di
massa nellItalia di oggi.
SITUAZIONE

A P E RTA

A TUTTI GLI ESITI

La situazione politica, sia interna


che internazionale, in grande e
continuo movimento, aperta a sbocchi diversi ed anche opposti e
quindi difficile, e sarebbe sbagliato, fare previsioni anche di medio periodo. Per dimostrare questa
tesi provo a porre alcune domande

e chiedo ai compagni e alle compagne di provare a dare delle risposte.


Cosa succeder per la missione in
Libano? Siamo di fronte alla fine
della guerra permanente e al rilancio del ruolo dellOnu in un nuovo
multilateralismo, anche attraverso
un ruolo pi forte dellUnione
Europea in questa direzione (1) ?
Oppure siamo invece alla vigilia di
una escalation della guerra permanente nella quale gli USA vogliono
trascinare anche lUnione Europea, a partire dalla pi volte minacciata aggressione allIran ed anche
utilizzando la missione in Libano?
Non vanno in questa direzione le
minacce dellamministrazione
americana che questa estate passata dalla guerra al terrorismo alla
guerra allislamo-fascismo? Come
mai un quotidiano come il Corriere
della Sera, che non L i b e ro o I l
Giornale, ma il principale giornale
della grande borghesia italiana,
giunge a livelli mai visti di razzismo
contro gli immigrati, in particolare
quelli di origine islamica, assieme
alla giustificazione persino della
tortura, alimentando quella spirale
pericolossissima guerra-razzismo

Settembre - Ottobre 2006

nella quale stanno scivolando le nostre societ occidentali?


Cos per la politica interna. Quanto
durer il governo Prodi? E una domanda peregrina e inutile oppure
non la domanda che vanno facendosi tutti i principali osservatori
politici di ogni orientamento? E che
scenario si aprirebbe se cadesse
Prodi? Elezioni anticipate oppure
un nuovo governo allargato ad una
parte del centro-destra? Non stanno
lavorando, neanche tanto segretamente, in questa direzione sia le
parti moderate del centro-sinistra
che quelle del centro-destra? E non
cambierebbe tutto per il Prc, che sarebbe costretto, probabilmente assieme a Verdi e Pdci, a tornare allopposizione? I Ds e la Margherita
lo faranno il Partito democratico,
oppure Rutelli e gli ex-democristiani della Margherita riusciranno
a rinviare ancora sino allincontro
con gli ex-democristiani dellUdc e
di Forza Italia liberati di Berlusconi?
E a sinistra del partito democratico,
se questo dovesse farsi, cosa succederebbe?
Come si vede non facile dare una
risposta sola, si possono dare pi risposte a quasi tutte le domande. Ed
del tutto evidente che il dibattito
interno al Prc cambierebbe radicalmente a seconda di una risposta o
dellaltra. E non si pu escludere
nessuna, ma veramente nessuna
nuova situazione, neanche il precipitare di eventi oggi neanche prevedibili, come scomposizioni e ricomposizioni sia nella gestione interna
del Prc che fra le diverse forze della
sinistra di alternativa. Vorrei ricordare che in una situazione molto ma
molto meno aperta e imprevedibile
di quella attuale nessuno aveva
neanche lontanamente previsto nel
1997 che il Prc di l a un anno sarebbe uscito dalla maggioranza del
governo Prodi e che dal Prc ne sarebbe uscito uno dei principali fondatori come Armando Cossutta, con
la scissione che dette vita al Pdci.
Ci che sarebbe sbagliato, in una situazione di questo tipo, dare lidea
di un esito gi scontato. Sia dare lidea per esempio che il processo di

Sinistra Europea/Dibattito

costituzione della Sinistra europea


porti, come altre volte nella storia del
Prc, ad un nulla di fatto e che quindi
sia inutile intervenire e opporvisi, sia
allopposto che questo processo sia
destinato sicuramente a concludersi
con la liquidazione del partito, passando per la non presentazione col
proprio simbolo e nome alle prossime elezioni europee del 2008,
dando cos lidea che non ci sia pi
niente da fare perch il processo di
liquidazione, o di decomunistizzazione che dir si voglia, del Prc irreversibile. Entrambi gli atteggiamenti
sono sbagliati a causa della imprevebilit della situazione e peraltro rischiano di portare, ovviamente in
perfetta buona fede, ad un atteggiamento rinunciatario e attendista,
non rivoluzionario e di lotta.
I

COMUNISTI

E LA SINISTRA EUROPEA

Io tenter, pur nella situazione


aperta e in movimento, di fare qualche proposta per uscire dallimmobilismo che attanaglia larea de
lErnesto, per rimetterla in moto e alloffensiva assieme allintera sinistra
del partito. Parto dalle scadenze immediate, gli appuntamenti della
conferenza di organizzazione del
Prc e della costituzione della sinistra
europea, poi tenter nella seconda
parte di affrontare alcuni nodi politico-culturali per un lavoro pi di
lunga lena.
E del tutto evidente che una parte
della maggioranza del Prc e una
parte del ceto politico e sindacale
della sinistra esterna al partito sperano e lavorano per un processo che
porti nei tempi pi brevi possibili,
ma anche con la necessaria tattica
graduale (senza troppi strappi, con
la tattica dei due passi avanti ed uno
indietro), ad una nuova forza politica non comunista n di nome n
di fatto, dentro cui superare il Prc,
che al pi porterebbe i comunisti a
diventare una sorta di corrente organizzata. Tuttavia, diciamo subito
che se non vogliamo farci della
propaganda fra di noi - questa non

una novit e non neanche solo


una conseguenza che molti di noi
avevano gi previsto quando si avviato qualche anno fa il processo di
costituzione su scala europea del
Partito della Sinistra Europea. E
vero o no che da anni ormai che
siamo in presenza di questo processo di superamento della natura
comunista del Partito della
Rifondazione Comunista? Potrei
elencare una sfilza lunghissima di
tentativi di limitare la sovranit e
lautonomia del Prc per costituire
altre cose non comuniste, dalla
Convenzione per lAlternativa del
1992-93 alla proposta di confederazione della sinistra con Pintor, ad altri tentativi caduti regolarmente nel
vuoto. Contemporaneamente, la rifondazione comunista, la rifondazione cio di un moderno partito
comunista adeguato ai tempi, rimasta solo nel nome. Del resto, perch avremmo fatto i 4 emendamenti
al 5 Congresso e il documento
E s s e re Comunisti allo scorso congresso se non per contrastare questo processo? Ma io dico di pi, anzi
gi qui introduco un elemento di riflessione che riprender pi avanti
a proposito dei nodi politico-culturali da affrontare. Siamo sicuri che
il processo di snaturamento comunista nasca con Bertinotti? Cosa sarebbe diventato il Prc se nel 1998
non ci fosse stato Bertinotti, insieme
a tutti noi, a contrastare la scissione
di Cossutta sostenuta dal centro-sinistra e dal grande capitale? Si sarebbe gi allora annegata nelle compatibilit capitalistiche e liberiste
del governo di centro-sinistra la natura comunista. Come avvenuto,
infatti, per il Pdci, che di comunista ha conservato solo il nome e la
simbologia, sempre pi roboanti in
misura direttamente proporzionale
alla moderazione della linea politica. Non mirava gi da allora, e
chiss da quanti anni prima, la linea
di Cossutta a diluire la natura comunista del partito con una politica
di subalternit al governo Prodi? E
anche qui mi fermo per esprimere
una riflessione che dovrebbe essere
logica ma invece pu essere persino

75

Sinistra Europea/Dibattito

provocatoria per alcuni di noi. Io


credo che linsidia pi grande per
un partito comunista non venga da
chi esplicitamente ne propone il
cambiamento del nome e dei simboli (come fece Achille Occhetto
nel 1989 per il Pci), perch questo
un avversario facile da individuare, ma da chi al contrario ne
esalta la simbologia, liconografia,
la storia e la tradizione e dice di
mantenere persino lobbiettivo strategico del superamento del capitalismo (tanto non costa niente visto
che non allordine del giorno e
non lo sar nella nostra vita), e, contemporaneamente, cambia la natura del partito praticando concretamente una linea moderata e subalterna alle compatibilit capitalistiche, smantellando lorganizzazione rivoluzionaria, antagonista,
protesa al conflitto sociale, del partito (2). Non avvenuto questo per
il Pci, chiss da quanto tempo, o si
pensa che lo scioglimento del Pci se
lo sia inventato Occhetto la notte
prima della Bolognina? Io credo, e
su questo punto non abbiamo mai
fatto una riflessione seria n nel Prc
n fra di noi de lErnesto, che era gi
da anni avvenuta una mutazione genetica dellorganizzazione, dei militanti, delle classi sociali di riferimento. Il Pci era rimasto comunista solo nel nome, nella simbologia,
nella liturgia, a parole e non nei
fatti, era gi da anni un partito nella
sua essenza riformista e non pi comunista. Il cambiamento del nome
non fu che la conclusione di un processo di involuzione moderata e liberal-socialista.
Ho affermato questo concetto non
per assolvere il bertinottismo ma
per evitare il rischio di continuare a
non comprendere le cause vere dei
processi, di vedere gli effetti e non
le cause e cos di non sradicare mai
le cause che impediscono nel nostro
paese la rifondazione di un partito
comunista. E le cause non vanno ricercate nella storia breve di
Rifondazione ma in quella pi
lunga del Pci e dello stesso movimento comunista internazionale.
Anche se non bisogna neanche fare

76

lerrore, che sento spesso fare, di assimilare il processo in corso nel Prc
con quello avvenuto nel Pci, parlando per esempio di Bolognina 2 o
cose simili. Il Prc completamente
diverso dal Pci, la situazione (italiana, internazionale, del partito)
totalmente diversa da allora ed ogni
parallelismo rischia di portare ad errori clamorosi e disastrosi.
N O A L PA RT I T O
SINISTRA EUROPEA.

DELLA

AL MOVIMENTO DELLA

S I N I S T R A D I A LT E R N AT I VA

Allo stesso modo bisognerebbe, con


grande attenzione, evitare di fare
un altro errore che spesso nella lotta
politica si rischia di fare. Poich allo
scopo di diluire e liquidare il Prc ed
ogni luogo di rifondazione comunista con consenso di massa, si utilizza lesigenza reale, che c nella
societ, fra i nostri iscritti e militanti
di unit della sinistra, il rischio che
corriamo quello di contrapporci a
questa esigenza. Alla subalternit
moderata contrapponiamo il settarismo minoritario. E cos non vediamo lesigenza, reale, di massa,
proletaria, di costruire un polo di sinistra che controbilanci la spinta
moderata di Ds e Margherita verso
il partito democratico (che si faccia
oppure no), che raccolga le forze e
che rappresenti una pi forte
sponda politica alla lotta sociale e di
classe. Se siamo comunisti non possiamo non porci il problema di
come mobilitare tutte le forze della
sinistra di alternativa, cio tutte le
forze politiche, sindacali, movimenti, che non si riconoscono, anzi
che si oppongono alle posizioni moderate dellasse Ds-Margherita. Ma
senza che questo processo di forte
movimento ed unit dazione porti
ad una diluizione-superamento
della natura comunista del partito,
ma anzi al contrario in modo che
questo processo esalti il ruolo e la
natura comunista del partito. Solo
un partito nella sua essenza comunista in grado di mobilitare attorno a s altre forze sia nella lotta

Settembre - Ottobre 2006

contro il capitalismo che nella lotta


contro le forme concrete che il capitalismo assume oggi (guerra e
neolibersimo).
Per questi motivi, noi dobbiamo certamente contrastare decisamente la
modalit di costruzione dellunit a
sinistra attraverso la sinistra europea e la sua conseguenza italiana,
ma controproponendo contemporaneamente unaltra modalit, che
sia in grado di mettere in moto la sinistra di alternativa, persino una sinistra pi ampia e pi efficace nellazione e nella mobilitazione di
quella che propone la maggioranza
e, contemporaneamente, di riprendere e di rilanciare il processo di rifondazione comunista, di rifondazione di una moderna, forte, organizzazione comunista, radicata
nelle avanguardie di lotta, come
condizione indispensabile, persino
della tenuta, della forza e della mobilitazione dellintera sinistra.
Luna e laltra cosa, movimento
della sinistra di alternativa e partito
comunista, si tengono ed hanno bisogno luna dellaltra, si alimentano
reciprocamente.
Bisogner evitare e contrastare dunque due errori speculari, due oggettive rinunce, sia quella di chi si
appiattisce sulle posizioni dellattuale maggioranza del partito, sia
quella di chi si emargina dalla discussione nel partito e non incalza le
contraddizioni che possono aprirsi
nella maggioranza. Entrambe rinunciano alla lotta, ad incalzare le
contraddizioni nella maggioranza
che per la prima volta potrebbero
concretamente aprirsi ed essere dirompenti, proprio quando tutto ci
che sta avvenendo conferma pienamente la nostra analisi, dalle politiche moderate del governo Prodi ai
rischi di subalternit del Prc in questo governo, dallimperialismo alla
nuova centralit della contraddizione fra capitale e lavoro, sia pure
nelle forme inedite con cui si stanno
manifestando.
Dunque nella conferenza di organizzazione noi dellarea de lErnesto,
assieme a tutte le opposizioni interne al Prc e alle parti critiche della

Settembre - Ottobre 2006

maggioranza che sono disponibili,


dovremo avanzare una proposta alternativa a quella finora avanzata
dallattuale maggioranza, che sia in
grado di parlare anche allesterno
del partito, ai lavoratori, ai giovani,
agli intellettuali, ma anche alle parti
gi coinvolte nel progetto di sinistra
europea, cos come a quelle parti,
come il Pdci, i Verdi, Il Manifesto, che
non hanno manifestato la loro disponibilit. Questo del resto il
modo pi efficace per rilanciare un
nuovo protagonismo della nostra
area, per farla uscire dal malessere
e dal torpore in una battaglia a tutto
campo non solo allinterno del partito ma anche allesterno, nei rapporti con i movimenti e con le altre
sinistre politiche e sociali, per cominciare ad affrontare, non a tavolino ma nel vivo della lotta, alcuni
nodi teorici, strategici e di cultura
politica che si sono accumulati nel
corso degli anni.
CENTRALIT

DELLE LOTTE

SUI CONTENUTI

Nel contestare lipotesi della sinistra di alternativa intesa come coordinamento di Prc, Pdci e Verdi, si
agita lo spauracchio dellassemblaggio di ceto politico. Proprio ci
che si sta facendo con la Sinistra
Europea, che mette assieme gruppi
e gruppetti di ceto politico. Per evitare lassemblaggio di ceto politico
il problema da porsi quale obbiettivo Rifondazione si pone.
Perch se lobbiettivo quello di
fare un nuovo partito, oppure di
presentarsi come Sinistra europea
alle prossime elezioni, inevitabilmente sar un assemblaggio politicista con una logica organizzativista
e burocratica. Se invece lobbiettivo
quello di ricostruire e rilanciare
un forte movimento nel paese su
precisi contenuti coerenti con il NO
alla guerra e al liberismo, per evitare di uscire a pezzi dallesperienza
di governo in corso, interessa poco
se vi partecipano partiti, componenti di partiti, sindacati o componenti di sindacati. Il politicismo si

Sinistra Europea/Dibattito

sconfigge con i contenuti e con il


movimento.
Si dice allarea de lernesto: la Sinistra
Europea in difficolt, ma qual
lalternativa che proponete voi? La
domanda corretta. Per quanto mi
riguarda non n un nuovo partito
n un nuovo soggetto politico (termine ambiguo). Lobbiettivo che
Rifondazione dovrebbe darsi quello di costruire un polo di attrazione,
di mobilitazione sociale a sinistra diverso sia dallipotesi di partito democratico che da quella sostenuta
da Folena, ora ripresa da Mussi, cio
un nuovo partito (o formazione politica) socialista e socialdemocratico
(sia pure di sinistra). La sinistra di
alternativa o un movimento di
partiti, correnti di partiti, sindacati,
giornali, riviste, associazioni, comitati, con un asse programmatico basato sul NO alla guerra e al neoliberismo, oppure inevitabilmente
un assemblaggio di ceto politico e
sindacale con un asse programmatico moderato che finisce per coincidere con la nuova formazione socialista e socialdemocratica (comunque essa si chiami) conseguenza del processo di costituzione
del partito democratico.
Per questi motivi dovremo investire
la discussione sia della conferenza
di organizzazione che del confronto
a sinistra non solo delle forme e
delle modalit della Sinistra europea (a cui necessario ribadire la
contrariet e insieme proporre
forme e modalit alternative), ma
anche dei contenuti dellattualit,
in particolare in relazione alla politica del governo Prodi (se fino alla
primavera il governo Prodi regger), contenuti coerenti con il NO
alla guerra e al liberismo, a cominciare dal rifiuto della politica economica e sociale figlia delle concezioni liberiste di Maastricht e del
Patto di Stabilit dellUnione
Europea fino alla richiesta di ritiro
dellItalia dalla guerra in
Afghanistan, guerra pi fedele alla
Nato che alla Costituzione italiana
(3), passando per la richiesta di
abrogazione della Bossi-Fini e di
chiusura dei Cpt, per labrogazione

della Moratti e dei finanziamenti


pubblici alle scuole private, per la
difesa dellambiente e contro la Tav,
contro le privatizzazioni e per la rinascita di un settore pubblico delleconomia, per il rilancio della laicit dello Stato contro il crescente
neo-integralismo cattolico, altra faccia della medaglia dellintegralismo
del mercato capitalistico, per una
democrazia proporzionale e parlamentare contro le ipotesi maggioritarie e presidenzialistiche. Ci di cui
c bisogno e di cui i comunisti devono essere protagonisti non la costruzione a tavolino di diverse ipotesi di assemblaggio di ceti politici e
sindacali (destinati tutti, peraltro, al
fallimento), ma la crescita di un

Una parte della maggioranza


del Prc e una parte del ceto
politico e sindacale della sinistra
esterna al partito sperano
e lavorano per un processo
che porti nei tempi pi
brevi possibili ma anche
con la necessaria tattica
graduale ad una nuova
forza politica non comunista
n di nome n di fatto
nuovo movimento di lotta, fatto da
partiti, correnti, sindacati, parti di
sindacati, associazioni, comitati, singole personalit, simile a quello che
ha dato vita alla mobilitazione (da
giugno fino alla manifestazione del
4 novembre) contro la precariet e
per labrogazione della legge 30,
della Moratti e della Bossi-Fini,
dando continuit anche su altri contenuti a questo tipo di aggregazione
e di movimento.
Una discussione sui contenuti e la
crescita di movimenti su di essi aiuta
peraltro far vedere la giustezza della
tesi di involuzione moderata e libe-

77

Sinistra Europea/Dibattito

rista del centro-sinistra gi evidente


prima delle elezioni che sconsigliavano il nostro ingresso prima
nellUnione e poi nel governo, involuzione che si accresciuta, non
ridotta, dopo le elezioni e la formazione del governo.
PER LA RIPRESA DELLA
R I F O N D A Z I O N E C O M U N I S TA
La proposta alternativa a quella
avanzata finora dovrebbe dunque
tenere assieme due esigenze, in
grado di alimentarsi lun laltra reciprocamente. Assieme alla costruzione di un movimento della sinistra di alternativa, forte ed efficace,
il rilancio, al suo interno, del processo di rifondazione comunista
(colpevolmente affievolito di anno
in anno), di un moderno partito comunista, forte, organizzato e radicato nelle parti pi avanzate della
societ, del movimento dei lavoratori, dei giovani, degli intellettuali.
Bisogna fare proprio il contrario di
ci che ha fatto il gruppo dirigente
nazionale del Prc, il quale ha fatto
tutto tranne che curare e rafforzare
il partito, tutto tranne che rinnovare e rilanciare la natura comunista del partito adeguandola a cosa
sono oggi il capitalismo italiano e i
suoi antagonisti sociali. Per costruire, tuttavia, una proposta forte
di rilancio della rifondazione comunista necessario cominciare
(almeno cominciare) ad affrontare
alcuni temi di fondo che rappresentano le cause alla base della crisi
della nostra area e che non portano
alla responsabilit di questo o quel
dirigente, in quanto risalgono ad
una certa cultura politica che ci portiamo dietro e che affonda in un bel
pezzo di storia del comunismo italiano e internazionale.
Io credo, lo dico anche qui schiettamente, che avremmo bisogno e
parlo di noi dellarea de lErnesto
di rinnovare in senso rivoluzionario
la nostra identit e cultura comunista e di fare quindi una battaglia non
per conservare il Prc cos com ma
per rinnovare in senso comunista li-

78

dentit, la cultura e lorganizzazione


del Prc. Per spiegare cosa intendo
per rinnovamento in senso rivoluzionario e per dimostrare i grandi
limiti della nostra cultura politica e
le grandi potenzialit del cambiamento di mentalit, user due
esempi, uno di natura organizzativa
e laltro di natura politica (con una
ricaduta organizzativa).
Latteggiamento culturale di cui, a
mio parere, dovremmo finalmente
liberarci non effetto della nostra
cultura politica originaria, che il leninismo, ma delle incrostazioni con
cui stato travisato e coperto dai suoi
successori. Non colpa di Lenin ma
del mausoleo in cui stato chiuso il
leninismo. Il rinnovamento in senso
rivoluzionario che propongo dunque non per liberarci del leninismo, anzi allopposto per liberare
il leninismo dal mausoleo, da ci che
venuto dopo. Il fine non di ritornare a Lenin (operazione antistorica), ma di analizzare leninisticamente la realt di oggi, profondamente diversa dai primi del 900,
cio tentare di analizzare lattualit
come lavrebbe analizzata Lenin se
fosse vissuto ai nostri giorni. Questa
, secondo me, la grande operazione
da fare, su cui coinvolgere i migliori
intellettuali marxisti.
Vengo ai due esempi. Il primo di
natura organizzativa: la questione
dellorganizzazione del Prc basata
sui circoli territoriali e quindi la questione del cosiddetto partito di massa; laltro di natura politico-culturale: il fenomeno dellimmigrazione
cosiddetta extracomunitaria.
I

CIRCOLI TERRITORIALI

Settembre - Ottobre 2006

ciale anticapitalistico, se questo ,


come credo, il compito primario di
un partito comunista in una societ
capitalistica come la nostra.
Io rifiuto la logica della lotta politica a colpi di invettive e di etichette
del tipo operazione revisionista,
liquidatoria, ma a chi accusasse
con queste etichette la mia tesi (linutilit dei circoli territoriali per il
conflitto sociale) potrei dimostrare
facilmente lopposto, e cio che liquidatoria la posizione che persevera nei fatti a conservare gli attuali circoli territoriali, che revisionista, totalmente fuori dalla teoria leninista, una organizzazione imperniata su strutture territoriali, che
hanno una natura riformista e non
rivoluzionaria, potrei riprendere il
dibattito sul partito fra Lenin e i
marxisti riformisti del tempo, potrei
riprendere Gramsci contro Bordiga
oppure il dibattito sullorganizzazione nel Pci degli anni 50, fra chi
pensava ad una organizzazione fortemente presente nei luoghi di lavoro, cio nei principali, allora, luoghi del conflitto sociale, e chi pensava allorganizzazione solo territoriale del partito. Ma non mi piace
questa discussione. Non mi piace
perch non un modo leninista n
razionale di ragionare, far derivare
meccanicamente e ripetitivamente
e dogmaticamente sempre dalla storia ci che dobbiamo fare oggi.
Potremmo anche pervenire ad una
soluzione non prevista da Lenin nel
17 o dal PCI negli anni 50. Questo
lapproccio giusto, secondo me, di
chi vuol essere un leninista.
CENTRALIT

D E L L E R E A LT

M E T R O P O L I TA N E

Parto dallaffermazione provocatoria che spero provochi interesse ed


attenzione invece che, come temo,
attacchi, insulti, convulsioni, derisioni: io penso, anzi sono convinto
che i circoli territoriali, cos come
sono, non servono pi a nulla per rilanciare
n
Rifondazione
Comunista n qualunque partito comunista, anzi a dire il vero non sono
mai serviti a costruire il conflitto so-

I circoli territoriali, trasposizione in


sedicesimi nel Prc delle vecchie sezioni territoriali del Pci (gi in crisi
da tempo con la crisi del partito di
massa), quando va bene servono e
sono serviti per fare la propaganda
e il tesseramento (cose non di per
s disprezzabili), non certo per costruire il conflitto sociale. Poich
non abbiamo mai messo mano ad

Settembre - Ottobre 2006

un profondo rinnovamento (o meglio un rivoluzionamento) dei circoli e del partito di massa, si sono
gradualmente rinsecchiti, hanno
perso del tutto i gi pochi giovani
che li frequentavano ed oggi spesso
non fanno pi neanche n la propaganda n il tesseramento. I circoli
territoriali esistono spesso solo sulla
carta, hanno perso del tutto anche
quella funzione propulsiva che ebbero nei primi anni di
Rifondazione. La maggioranza dei
circoli non fa pi iniziative, assemblee, non riunisce mai gli iscritti e
persino neanche i direttivi. A volte
mi si risponde: colpa del gruppo
dirigente nazionale del Prc che ha
abbandonato i circoli e la concezione del partito di massa.
Certamente questo vero, il gruppo
dirigente ha abbandonato lorganizzazione dei circoli e pi in generale il modello del partito di massa
per abbracciare un modello di partito di opinione basato sul leaderismo, sui mass-media, fortemente
schiacciato sulle istituzioni. Ha cio
sciolto a destra la crisi del partito di
massa e dei circoli. Ma la crisi del
partito di massa e dei circoli esisteva
davvero e noi non siamo stati capaci
di proporre e di praticare un superamento a sinistra della crisi, una innovazione da sinistra, in senso comunista, dellorganizzazione del
partito. Spesso abbiamo proposto e
praticato una conservazione dellesistente, difendendo come si suol
dire il bidone vuoto.
Io non sostengo ovviamente che
vanno chiusi tutti i circoli territoriali. Per esempio nei piccoli comuni i circoli territoriali svolgono
sempre meno a dire il vero una
funzione utile di aggregazione dei
militanti del Prc. Certamente anche
qui sarebbe opportuna una riflessione su come rafforzare, rilanciare
e rinnovare queste strutture per
renderle attrattive ai lavoratori ed ai
giovani che risiedono nei comuni.
Altra cosa sono i circoli nelle grandi
citt, assolutamente inadeguati ormai persino ad aggregare i militanti.
Nelle grandi citt, e in particolare
in quella decina di realt metropo-

Sinistra Europea/Dibattito

litane (che sono i luoghi dove vivono le grandi e stridenti contraddizioni sociali del capitalismo e che
sono destinate a produrre i principali movimenti di lotta e di opinione e a trascinare il conflitto sociale su tutto il territorio nazionale),
bisogna concentrare lo sforzo innovativo per dotare il partito e i comunisti in queste realt di nuovi
strumenti forti, efficaci, di elaborazione e di azione, in grado di trascinare il conflitto sociale su tutto il
territorio nazionale.
Certamente per affrontare con rigore la discussione sulla crisi del
partito di massa e sulle alternative,
bisognerebbe fare una profonda riflessione sulla societ italiana, su com cambiato il proletariato, su qual
oggi il blocco sociale alternativo al
capitale, e di conseguenza sul tipo
di organizzazione di cui ci sarebbe
bisogno e che sarebbe possibile costruire, dopo la fine definitiva del
partito di massa. Questo il vero argomento strategico, perch attiene alla stessa esistenza di un partito comunista in Italia: quale partito comunista nella societ di oggi?
La domanda divisa in due parti, la
prima: quale partito comunista; la
seconda: nella societ di oggi.
Quale partito comunista, quindi
quale organizzazione comunista,
cio in grado di essere la parte pi
avanzata della lotta il capitalismo, in
grado di fare non del folclore (come
ha detto Prodi riferendosi sia al Prc
che al Pdci) ma di fare un po di
male al capitalismo; la seconda
parte: nella societ di oggi, cio in
Italia, cio in una societ con una
struttura economica complessa ed
una sovrastruttura giuridica e culturale ancora pi complessa.
COME

della contraddizione fra capitale e


lavoro un punto caratterizzante. E
vero oppure no che i circoli territoriali non sono in grado minimamente di radicarsi fra i lavoratori?
Perch non vediamo la contraddizione fra la centralit conclamata
della contraddizione capitale-lavoro e linadeguatezza degli strumenti che abbiamo per farla vivere
concretamente nella realt? Questo
un problema che non si pu continuare a nascondere, anche fra di
noi. Non ho in tasca una soluzione
bell pronta, ma indico il problema
(la totale inadeguatezza dei circoli
territoriali per il radicamento del
partito fra i lavoratori), per non far
finta di nulla, per scoprire un punto

L'una e l'altra cosa, movimento


della sinistra di alternativa
e partito comunista,
si tengono ed hanno bisogno
l'una dell'altra, si alimentano
reciprocamente

di crisi e per avviare una discussione


che poi giunga, collettivamente e
probabilmente attraverso alcune
sperimentazioni concrete, alla soluzione del problema. Propongo
quindi un dibattito da aprire sulla
nostra rivista su come radicare un
moderno partito comunista fra i lavoratori, a partire tuttavia non da
astrazioni ideologiche ma dalla
realt odierna e da esperienze concrete, politiche, sindacali, di movimento e di lotta.

FA C C I A M O A R A D I C A R C I

T R A I L AV O R AT O R I ?

Un partito comunista deve avere


una organizzazione minimamente
radicata fra i lavoratori. Nessun comunista pu negare questa esigenza, e men che meno la nostra
area che ha fatto della centralit

CIRCOLI

G I O VA N I L I

Ho parlato dei lavoratori per non


parlare di altre soggettivit a cui dovrebbe guardare con interesse un
moderno partito comunista nella
societ di oggi. Per esempio, le parti

79

Sinistra Europea/Dibattito

pi avanzate dei giovani, i tantissimi


giovani che erano a Genova nel
2001, i numerosissimi giovani che
erano alle manifestazioni contro la
guerra, i giovani, anche se meno numerosi, che lottano ancora per loccupazione, contro la precariet, per
la scuola pubblica, nelle universit,
contro la mafia, i giovani, e sono
tanti, che non sopportano lipocrisia della morale sessuale repressiva
cattolica, i giovani che soffrono per
la mercificazione totale di tutti gli
aspetti della vita a cui sta portando
la nostra societ capitalistica, eccetera. Questi giovani sono lontani
anni luce da come sono fatti e da
come fanno politica (ma fanno politica?) i nostri circoli, pur essendo
interessati a ci che diciamo e scriviamo noi (per noi intendo tutta
Rifondazione in tutte le sue componenti interne).
Ci sarebbe un grande potenziale fra
i giovani, non vero che sono tutti
omologati. Una parte maggioritaria
senzaltro lo , del resto la cultura
dominante quella delle classi dominanti, diceva Marx, e questa una
affermazione che vale anche oggi,
anzi a maggior ragione oggi nella
pervasivit ossessiva e nella potenza
della diffusione mediatica della cultura capitalistica dominante. Ma c
una parte, soprattutto fra le giovani
generazioni, che soffre, che vorrebbe ribellarsi, altrimenti non ci sarebbe stata lesplosione del movimento no-global solo 5 anni fa, da
noi de lErnesto non prevista (anche
qui dovremmo interrogarci sul perch non lo abbiamo previsto e
spesso abbiamo anche dato una deleteria impressione di ostilit).
Genova non stata uninvenzione
del bertinottismo o dei centri sociali, stata una realt. E peraltro il
movimento di Genova non stato
come il movimento contro la
guerra, tutto sommato sostenuto
dalla Cgil e dal centro-sinistra e in
una fase in cui lEuropa era contro
la guerra. No, Genova aveva tutti
contro (tranne Rifondazione, la
Fiom e alcuni pi avanzati movimenti cattolici), a dimostrazione
dellesistenza oggettiva di un forte e

80

diffuso malessere giovanile che pu


esplodere anche in maniera imprevista nelle nostre societ (come per
esempio avvenuto con lesplosione del forte, imprevisto, anche
violento movimento contro la precariet in Francia che ha persino
sconfitto il governo di destra, per
non parlare, sempre in Francia, del
movimento dei giovani immigrati
delle banlieue).
E allora, quale organizzazione fra i
giovani? Anche qui propongo una
discussione specifica su lern e s t o, a
partire da esperienze concrete. Avanzo modestamente una ipotesi di
lavoro. Perch non costruire una
rete di circoli giovanili nelle principali citt e dovunque vi sia la forza
per metterli in piedi? Penso a circoli, dei quali noi comunisti siamo i
promotori e gli organizzatori, le
avanguardie coscienti appunto,
che producano aggregazione giovanile di sinistra anche attraverso musica, cinema, cultura alternativa a
quella dominante che sta devastando le coscienze dei giovani, anche prendendo quanto di positivo
ha prodotto lesperienza dei centri
sociali ma superandone i limiti e fornendo cos una alternativa al divertimentificio borghese. Luoghi di aggregazione e di iniziativa sociale e
culturale, contro la disoccupazione
giovanile e il precariato, contro il
razzismo nella lotta assieme ai giovani immigrati, contro la guerra e
per la solidariet fra i popoli del
mondo. Proviamo a fare qualche
esperimento concreto e poi tiriamo
un bilancio?
L I M M I G R A Z I O N E
Il secondo esempio utile a capire lenorme (ed anche significativo) ritardo, persino di mentalit, come
abbiamo affrontato e stiamo affrontando la questione dellimmigrazione, un fenomeno in impetuosa crescita e carico di implicazioni storiche, teoriche e politiche.
Conservatorismo e astrattismo ideologico ci hanno impedito di accorgerci che limmigrazione (dallAfr-

Settembre - Ottobre 2006

ica, dallAsia, dallEst europeo) il


punto di incrocio, oggi, delle principali nostre concezioni teoriche
(anche qui, solito difetto: distanza
abissale fra teoria e prassi), in particolare di due fondamentali categorie marxiste: quella dellimperialismo e la centralit della contraddizione fra capitale e lavoro. Infatti,
scriviamo e parliamo di imperialismo (una delle quattro tesi alternative del 5 congresso) e poi non ci
accorgiamo che il fenomeno crescente dellimmigrazione che sta investendo il nostro paese e tutta
lEuropa non che una conseguenza dellimperialismo, cio
dello sfruttamento sistematico del
terzo e quarto mondo da parte degli stati capitalistici occidentali e
delle sue multinazionali e del rollback che limperialismo ha prodotto nellEst europeo. Il fenomeno
dellimmigrazione pu essere la dimostrazione concreta, palpabile,
della categoria dellimperialismo e
non per pochi addetti ai lavori ma
per ampi settori di militanti di sinistra. Le masse di immigrati dal terzo
e quarto mondo che sbarcano sulle
nostre coste, disponibili ad ogni sacrificio, anche a mettere a rischio la
propria vita, rappresentano plasticamente il prodotto del nostro sistema capitalistico e imperialistico,
che ha impoverito per secoli fino
alla fame e alla miseria nera gran
parte del sud del mondo. I nuovi immigrati dellEst, con la schiavit, la
prostituzione, i lavori pi umili e faticosi (edili in nero che muoiono
come mosche nei cantieri per costruire le nostre case, badanti e domestiche supersfruttatte 12 ore al
giorno nelle nostre case e preda del
racket) rappresentano fisicamente
leffetto della controrivoluzione di
velluto, le conseguenze della svendita di quei paesi del cosiddetto socialismo reale al capitalismo occidentale.
E cos per laltro punto fondamentale della nostra impostazione teorica. Scriviamo e parliamo continuamente di centralit della contraddizione fra capitale e lavoro e
poi non ci accorgiamo che buona

Settembre - Ottobre 2006

parte dei lavoratori, spesso la parte


pi sfruttata, costituita da forza lavoro straniera e immigrata. Nelle ceramiche di Sassuolo, grosso distretto industriale della provincia di
Modena, la maggioranza della
classe operaia che lavora 10-12 ore
al giorno nelle fornaci delle piastrelle costituita da immigrati marocchini, tunisini, pakistani. Che comunisti siamo se non ci poniamo il
problema di radicarci in questa
nuova, inedita classe operaia, di
come costruire unit e solidariet di
classe fra lavoratori italiani e stranieri, di come rivendicare, a partire
dai diritti degli immigrati, nuovi diritti sociali e democratici per tutti,
il diritto alla casa, alla salute, allistruzione, il diritto al voto?
GUERRA,

RAZZISMO,

ISLAMOFOBIA

C unaltra problematica collegata


allimmigrazione, densa di implicazioni storiche, analitiche e politiche, che ci servirebbero per aggiornare ai nostri tempi e nella nostra
parte del mondo la nostra teoria e
il nostro essere comunisti. I nazisti
affermavano di avere come nemici
i negri, i comunisti e gli ebrei. Il
vice-presidente del Senato (non un
avventore qualsiasi del bar sport),
Roberto Calderoli ha dichiarato
pubblicamente dopo la vittoria calcistica con la Francia, che lItalia ha
vinto contro i negri, i comunisti e i
musulmani. Qual la differenza fra
lo slogan nazista e quello leghista?
Si noti bene, la differenza sta solo
nella sostituzione della parola
ebrei con la parola musulmani.
Cosa voglio dire? Siamo in presenza
di una ventata razzista islamofobica
paragonabile al razzismo antiebraico nazifascista che non vede
protagonista solo la Lega nord, cio
la parte pi estremista dello schieramento di destra, ma anche rappresentanti della grande borghesia.
Si pensi alla affermazione, di una
gravit inaudita, dellallora presidente del Senato Marcello Pera di
qualche anno fa: La sciagura

Sinistra Europea/Dibattito

dellEuropa il meticciato. Affermazione ultrarazzista che avrebbe


destato scandalo persino negli Usa
e che invece nel nostro Paese (a dimostrazione della pericolosissima
indifferenza di fronte al razzismo dilagante) passata pressoch sotto silenzio anche a sinistra, in Rifondazione e persino nella nostra area.
Per non parlare delle affermazioni
del Papa contro lIslam o della campagna razzista ed islamofobica del
C o rr i e re della Sera sullonda della
guerra ai fascisti islamici del presidente americano Bush.
Dunque limmigrazione, e in particolare limmigrazione di religione
islamica, che molto consistente e
in crescita nel nostro Paese, dovrebbe fornire ai comunisti, ai marxisti, elementi preziosi di analisi e di
lotta politica nel nostro Paese. E invece niente. Come mai? Oltre alla
sottovalutazione del potenziale dellimmigrazione per sostenere i nostri fondamenti teorici, c unaltra
causa, pi profonda, che ci ha impedito e ci impedisce di analizzare
la realt di oggi. Noi vediamo la
realt come se continuamente ricordassimo la storia. C una nostalgia del bel tempo che fu che ci
impedisce di guardare la realt con
le lenti di oggi e com oggi.
Intendiamoci, ci sono due errori di
natura opposta che si possono fare.
C anche lerrore di chi non vede
la storia e laiuto che ci pu dare nel
capire i fenomeni della realt, di chi
non vede che ci sono sempre similitudini fra diverse epoche storiche.
Ma fra di noi si fa pi spesso lerrore
opposto: non si vede che la storia
non si ripete mai nelle stesse forme.
Per esempio spesso indirizziamo la
nostra lotta con grande allarme contro i rigurgiti neofascisti, contro i
gruppi di Forza Nuova, di Rauti ed
altri residuati bellici, come se la storia potesse ripetersi con le sue stesse
forme, non vedendo invece che
oggi il pericolo di ritorno delle teorie pi reazionarie non viene dai residuali nostalgici in camicia nera
(che ovviamente rimangono dei nostri nemici), bens da forze nuove
come la Lega o come linedito con-

nubio fra lestremismo laico-liberista e lestremismo cattolico (PeraRatzinger). Queste nuove tendenze
stanno raccogliendo e presentando
in forme nuove (e quindi molto pi
pericolose di quelle che si presentano con la simbologia del passato)
leredit del nazismo e del fascismo
(ricordiamo il manifesto per la difesa della civilt occidentale e quali
e quante firme vi sono state raccolte?). Del resto il fascismo,
quando arriv, lo fece in forme inedite rispetto a come la reazione borghese si era presentata fino ad allora. Anche per questo non fu riconosciuta subito come pericolosa dal
movimento operaio.
Siamo di fronte ad una spirale per-

Il fenomeno dell'immigrazione
pu essere la dimostrazione
concreta, palpabile,
della categoria dell'imperialismo
e non per pochi addetti ai lavori
ma per ampi settori
di militanti di sinistra
versa e pericolosissima: guerra sul
fronte esterno - razzismo sul fronte
interno. Guerra dellimperialismo
contro lIraq, lAfghanistan, lIran,
le nuove crociate contro lIslam del
fondamentalista cristiano che governa gli Usa e contemporaneamente razzismo dilagante contro gli
immigrati musulmani che vivono e
lavorano nel nostro Paese. Si pensi
alla campagna di stampa criminalizzante che ha dovuto subire
lUcoii, una delle associazioni musulmane italiane, per aver prodotto
quel manifesto che a mio parere, al
fine di tentare di sensibilizzare lopinione pubblica italiana addormentata e indifferente di fronte al
massacro dei palestinesi e dei libanesi, diceva una verit incontrovertibile: che i bombardamenti, le

81

Sinistra Europea/Dibattito

stragi, le rappresaglie israeliane in


Libano e in Palestina somigliavano
ai bombardamenti, alle stragi e alle
rappresaglie naziste in Italia.
Questo parallelo storico stato non
casualmente condannato da tutti i
fautori della guerra di civilt, con
alla testa le lobby israeliane, e invece
un parallelo storico corretto che i
marxisti dovrebbero fare proprio
(4). La storia non si ripete mai nello
stesso modo. Se dovesse tornare il
nazismo non tornerebbe con le svastiche, con le camicie nere e con la
faccia di Adolf Hitler, ma con la
guerra permanente e preventiva,
con le minacce di primo colpo nucleare, con la dittatura planetaria
persino nello spazio, con i nuovi lager e le torture scientifiche e terrificanti di Guantanamo e Abu
Ghraib, con le stelle e strisce e con
la faccia di Gorge Bush.

Siamo in presenza di una ventata


razzista islamofobica paragonabile
al razzismo antiebraico nazifascista
che non vede protagonista solo
la Lega nord, cio la parte pi
estremista dello schieramento
di destra, ma anche rappresentanti
della grande borghesia

RADICARE

migrati!). No, ho portato questo


esempio non solo per correggere
lerrore politico ed aggiustare il
tiro, ma anche perch voglio capire
come mai c un errore cos macroscopico, dove stanno le cause profonde, altrimenti ripeteremo questo tipo di errore in altri campi. O
la realt si presenta come labbiamo
sempre conosciuta o studiata sui testi di storia o sui libri marxisti, oppure noi non la vediamo. O, per
esempio, la contraddizione capitale
- lavoro come labbiamo studiata
sui libri o vissuta nelle fabbriche degli anni 60 e 70, cio quella costituita dal classico rapporto e contrasto fra padrone e operaio in tuta bl,
oppure la contraddizione ci passa
davanti e sotto le finestre e noi non
ce ne accorgiamo neppure. E cos
non vediamo che la classe oggi formata anche dai tecnici che lavorano
alle macchine e ai computer del
nuovo ciclo produttivo altamente
tecnologico e automatizzato, non
vediamo che classe oggi anche il
lavoro sfruttato nei servizi appaltati
spesso alle cooperative, non vediamo che classe oggi anche il personale supersfruttato dei grandi
centri commerciali, non vediamo
che classe il precariato giovanile
(e non solo giovanile) ormai presente dappertutto, nel pubblico
come nel privato, e non vediamo,
per tornare allargomento in oggetto, che classe oggi gran parte
dellimmigrazione, i nuovi operai,
gli edili, le badanti, gli addetti alle
pulizie, tutti i lavori pi umili che gli
italiani (che se lo possono permettere) non vogliono pi fare.

I COMUNISTI

F R A G L I I M M I G R ATI

UNASSOCIAZIONE
Noi dellarea de lernesto dovremmo
dunque essere alla testa sia delle
lotte, classiste, civili, democratiche,
antirazziste, a fianco degli immigrati, sia nella battaglia contro la
guerra allIslam intrapresa dalloccidente capitalistico. E invece non
cos. Perch? Io non credo vi sia solo
una sottovalutazione politica del fenomeno. Non basta correggere lerrore (si, giusto, occupiamoci di im-

82

A N T I R A Z Z I S TA

Dobbiamo o no radicarci e organizzarci allora nel mondo dellimmigrazione? Anche qui, come per i giovani, propongo una discussone ed
un lavoro politico ed organizzativo
con alcune sperimentazioni concrete. Io credo che sarebbe limitativo affrontare il problema solo dal
lato classe - lavoro. Propongo di af-

Settembre - Ottobre 2006

frontare il problema del radicamento nellimmigrazione con un


approccio pi generale che ci consenta di stabilire il rapporto con gli
immigrati attraverso i diversi
aspetti, non solo quello del lavoro,
ma anche quello dei diritti e della
solidariet nella lotta comune contro il razzismo e la guerra, anche per
rivitalizzare la nostra impostazione
antimperialista e internazionalista.
Dal lavoro concreto con cui ho affrontato negli ultimi anni il problema dellimmigrazione in una regione ad alto tasso di immigrazione
come lEmilia-Romagna, mi sono
convinto che lapproccio pi semplice, quello che ci consente di tenere assieme i diversi aspetti del problema (lavoro, diritti, guerra) e che
ci consente con pi facilit di mettere assieme italiani (soprattutto
giovani) e stranieri in un lavoro comune, quello dellantirazzismo.
Per questo propongo concretamente di diventare i protagonisti
della costituzione di una grande associazione nazionale antirazzista,
che tenti di unificare i movimenti
che gi esistono e si muovono da
anni sul terreno migranti - razzismo,
prendendo contatti con tutte le comunit straniere esistenti in Italia
cos come con le associazioni musulmane. Unassociazione che abbia le sue diramazioni nelle principali citt, che veda i comunisti protagonisti e che non si limiti ad una
attivit di denuncia dei fenomeni di
razzismo (a partire dalle manifestazioni razziali e xenofobe del mondo
politico e intellettuale), ma che
svolga un ruolo di iniziativa permanente di conoscenza reciproca, di
integrazione solidale, di lotta comune per i diritti sul lavoro e nella
societ, di battaglia culturale e politica contro il razzismo e la guerra
nel loro attuale intreccio perverso.
Attraverso una associazione come
questa sarebbe possibile cercare e
determinare rapporti sia con le associazioni di immigrati che con i singoli immigrati, per far avanzare la
coscienza di classe, anticapitalista e
comunista in masse proletarie che,
spesso, non hanno niente da per-

Settembre - Ottobre 2006

dere se non le loro catene. Si tratta


di un potenziale assolutamente inedito e rivoluzionario sia per la collocazione di classe nel ciclo produttivo sia per la provenienza da paesi
che hanno subito la violenza e lo
sfruttamento del colonialismo e dellimperialismo.
TOGLIERE

IL LENINISMO

DAL MAUSOLEO

Nel presente articolo non ho voluto


affrontare e neanche elencare tutti
i nodi strategici che si sono accumulati, forse non basterebbe un libro. Nella prima parte ho avanzato
una riflessione ed una proposta di
linea politica per limmediato dibattito che si sta aprendo nel Prc,
nella seconda parte ho solo indicato
la necessit di affrontare un tema
strategico, a mio parere quello pi
importante, quale partito comunista oggi in una societ come quella
italiana ?, che, mai affrontato seriamente, ha mandato in crisi sia la
nostra area che tutta Rifondazione
ed anche altre formazioni politiche
che si definiscono comuniste. Ho
fatto alcuni esempi sia dei nostri limiti di cultura politica che ci impediscono di adeguare la linea politica
e lorganizzazione comunista allo
scontro di classe ed antimperialistico di oggi, sia di alcune direzioni
di lavoro politico ed organizzativo
(lavoratori, giovani, immigrati),
senza nessuna pretesa di risoluzione
ma con lunica intenzione di sollevare una riflessione ed una discussione.
Tuttavia mi sono convinto che non
potremo efficacemente n contrastare i tentativi liquidatori n intraprendere un lavoro di analisi del capitalismo oggi e di radicamento
nelle contraddizioni prodotte dal
capitalismo odierno se non supereremo le cause principali che ci frenano e che ci impediscono di dispiegare tutto il potenziale della nostra battaglia politica da comunisti
in campo aperto e che risiedono in
limiti ben precisi della nostra cultura politica che non derivano,

Sinistra Europea/Dibattito

come ho gi detto, dal leninismo,


ma dal mausoleo in cui i posteri di
Lenin (in tutti i paesi) lo hanno
messo, Stalin e Trotski compresi.
In Italia obbiettivamente la nostra
area stata permeata da anni di cultura cossuttiana e ne risente ancora
linfluenza di cultura politica e di
impostazione mentale. Se non ci liberiamo di quellimpostazione
mentale faremo fatica a uscire dalle
difficolt. Provo a riflettere su alcune, e solo su alcune, delle conseguenze di quellimpostazione mentale sul nostro operare.
NON

F U G G I R E A L L E S T E R O

Non c dubbio che un movimento


comunista che prospetti una alternativa storica al capitalismo o
esiste anche in una dimensione internazionale, o non esiste. Cos
come un fatto della realt che
spesso non si capisce o si sottovaluta
che la globalizzazione ha reso il
mondo sempre pi interdipendente e quindi spesso per capire un
fenomeno che avviene in Italia necessario conoscere quel che avviene
a migliaia di chilometri di distanza.
Per questo, la conoscenza del
mondo ci aiuterebbe a fare politica
qui ed in particolare a fare una politica comunista, che per sua natura internazionalista. Invece, purtroppo, lignoranza delle cose internazionali e il provincialismo
pragmatico un difetto enorme di
Rifondazione Comunista ed anche
di gran parte della nostra area. E
necessario colmare questo vuoto e
combattere questo difetto, senza
tuttavia cadere, per il solito spirito
di contrapposizione, nel difetto opposto: vivere di politica estera. Non
si fa un partito comunista, si fa un
centro culturale, unassociazione di
amicizia. Lo dico con grandissimo
rispetto e sincero apprezzamento
per chi si occupa con grande dedizione e competenza di questa materia e ci fornisce informazioni preziose e inedite. Tuttavia, noi, se vogliamo fare un partito comunista
(nei fatti e non nelle declamazioni

verbali), dobbiamo vivere della lotta


anticapitalistica qui, nel nostro
Paese. Cio concentrare la stragrande maggioranza delle nostre
energie, dei nostri quadri, dei nostri
intellettuali per costruire la lotta anticapitalistica nella nostra societ,
senza mai perdere la dimensione internazionale ed internazionalista
dei problemi.
Io credo che anche il vivere di politica estera costituisce un limite storico che ci deriva dallinfluenza del
cossuttismo su una parte rilevante
della nostra area. Larea cossuttiana, di cui facevo parte anchio,
negli anni 80 apr una battaglia nel
Pci pi che fondata sulla lotta contro la diluizione dellidentit e della
natura classista, anticapitalista e comunista del partito, sulla lotta contro lo strappo dallUrss e dal campo
socialista. La lotta contro la dichiarazione di Berlinguer sullesaurimento della spinta propulsiva della
rivoluzione dOttobre, con la scesa
in campo di Cossutta, invece che diventare una lotta contro lo snaturamento della natura comunista e rivoluzionaria del Pci, si trasform in
una lotta contro lo strappo dallUrss
e dal campo socialista, concentrando tutte le attenzioni a rintuzzare la politica internazionale del
Pci. La dimostrazione concreta che
il processo in corso riguardava pi
che la politica internazionale la natura comunista del partito la
avemmo anni pi tardi con la
Bolognina e con leliminazione del
nome comunista.
Tutte le energie di quella battaglia
furono concentrate per anni ed
anni sulle questioni internazionali,
sulla politica estera, sullanalisi
della contrapposizione fra il campo
socialista e quello imperialista, e
cos la maggioranza dei quadri e dei
militanti di quellarea si formata
con quella cultura e con una conseguente debolezza invece nellanalisi della societ italiana e nella
costruzione di movimenti di lotta di
classe ed anticapitalista qui ed ora.
Questo un limite che ci portiamo
ancora dietro, che va superato, se
vogliamo intraprendere un lavoro

83

Settembre - Ottobre 2006

Sinistra Europea/Dibattito

di costruzione di un partito comunista. Altrimenti, in perfetta buona


fede, diciamo, a parole, di voler
combattere la liquidazione, ma nei
fatti contribuiamo alla liquidazione, ritagliandoci al pi uno spazio compatibilissimo allinterno di
un partito laburista e riformista
per un centro studi storici e un associazione di ricerche internazionali, cose di cui pure avremmo un
grande bisogno se avessimo gi un
partito comunista.
Certamente anche fondamentale,
nella debolezza in cui siamo, per
darci forza e coraggio, conoscere il
resto del mondo e verificare che i
comunisti e le forze rivoluzionarie
nel resto del mondo non sono conciate cos male come in Europa e nel
nostro Paese, anzi sono in una fase

Abbiamo sempre pi bisogno


non di comunisti che parlano
a se stessi o di se stessi,
ma di comunisti che parlano
della societ e a quei settori
di societ che noi riteniamo
interessanti nella lotta anticapitalista

di ripresa e rilancio. Tuttavia bisogna evitare il rischio che invece di


darci forza per combattere la nostra
battaglia qui, nella situazione di obbiettiva grande difficolt in cui
siamo, si spingano i militanti a sfuggire la dura realt e a rifugiarsi con
la testa in altri paesi. Appunto, a fuggire allestero. Bisogna combattere
questo difetto, non avallarlo.
Spesso i compagni che si occupano
di politica estera ci indicano i partiti comunisti di altri paesi.
Diversamente da altri compagni io
credo che questo sia giusto. Nel
mondo vi sono partiti, forze, movimenti comunisti e rivoluzionari an-

84

cora vivi e vitali e questo un incoraggiamento alla nostra azione. E la


nostra rivista lunica in Italia che
fa questo lavoro prezioso di controinformazione internazionale.
Tuttavia, ci viene per lo pi fatto conoscere ci che dicono e scrivono
questi partiti comunisti e rivoluzionari sulla situazione internazionale
o sulle questioni teoriche, la qual
cosa comunque di una certa utilit. Suggerisco di farci conoscere
anche quel che fanno nei loro paesi
questi partiti. In particolare sarebbe
interessante conoscere quel che
fanno i partiti comunisti e rivoluzionari nei paesi pi simili al nostro,
in Francia, Spagna, Grecia e
Portogallo, le loro attivit, le loro
lotte. Pur non ricevendo queste informazioni (che, ripeto, sarebbero
preziose), io sono convinto che la
maggior parte delle attivit di questi partiti non si sviluppi sulla politica internazionale oppure sulla
analisi teorica, bens sul lavoro pratico di radicamento e di lotta contro i diversi effetti del capitalismo,
altrimenti non si spiegherebbe la
loro forza organizzata ed elettorale
incomparabile con quella di chi, nel
nostro Paese, si definisce comunista. Un partito comunista esiste se
rappresenta una parte, anche piccola, di societ. E per rappresentare
una parte di societ bisogna essere
utili a quel pezzo di societ, utili socialmente. Per ottenere alle elezioni
dal 6 al 10-12%, vuol dire che quei
partiti comunisti in alcuni paesi europei sono utili ad una parte rilevante di societ. Per questo abbiamo
sempre pi bisogno non di comunisti che parlano a se stessi o di se
stessi, ma di comunisti che parlano
della societ e a quei settori di societ che noi riteniamo interessanti
nella lotta anticapitalista, di comunisti che affrontano con una concezione marxista le diverse contraddizioni create dal sistema capitalistico, che sanno far risalire dal particolare al generale, dalla lotta contro una piccola ingiustizia alla critica al sistema. Anche questo il
cambiamento radicale, culturale,
che dobbiamo fare per passare dalla

fase teorica allapplicazione pratica,


dalle declamazioni verbali alla lotta,
dal dire al fare, dallidentit centrata sull essere allidentit centrata sul fare, da unidentit statica ad una identit dinamica. Tu sei
quello che fai non quello che dici di
essere. Fare i comunisti chiamerei
la nostra mozione piuttosto che
Essere comunisti.
NON

FUGGIRE NEL TEMPO

Un altro difetto a cui ci ha portato


il cossuttismo la fuga nel tempo,
simile come riflesso condizionato
alla fuga allestero. Si manifesta in
due forme: nel rifugio nel futuro e
nel rifugio nel passato. Sia luno che
laltro sono spesso due modi diversi
(che coesistono spesso negli stessi
militanti) per fuggire dalla realt.
Poich la realt difficile, la lotta
anticapitalistica complicata e
spesso inedita, poich non facile
essere rivoluzionari in una fase non
rivoluzionaria (questa una domanda da porci: come essere rivoluzionari in una fase e in un paese
in cui non obbiettivamente allordine del giorno la rivoluzione?), ci
facciamo facilmente prendere da
quella tendenza classicamente cossuttiana che sostituisce ad una prassi
comunista e rivoluzionaria qui ed
ora la proclamazione della prospettiva comunista e rivoluzionaria nel
sol dellavvenire, cio in un futuro
indeterminato. In tal modo spesso
ci concentriamo sullobbiettivo strategico (il superamento del capitalismo, il socialismo, il comunismo, eccetera) e sottovalutiamo la lotta
contro il capitalismo qui ed ora, anzi
a volte la prospettiva strategica viene
usata proprio per far accettare una
pratica politica manovriera e moderata. Non bisogna ovviamente
mai perdere di vista che lobbiettivo
strategico, il compito storico della
lotta dei comunisti il superamento
del capitalismo e la costruzione di
una societ superiore che noi chiamiamo socialismo prima e comunismo poi, anzi bisognerebbe capire
come riprendere e rilanciare lidea,

Settembre - Ottobre 2006

soprattutto fra le giovani generazioni, di una societ senza il dominio del dio denaro, del profitto e
delle merci, senza lo sfruttamento
delluomo sulluomo, senza classi,
senza propriet privata dei mezzi di
produzione, dove siano socializzati
(cio di tutti) almeno i principali
mezzi di produzione, i principali
settori delleconomia e della societ. Tuttavia, per la prospettiva
strategica fondamentale la via che
si imbocca qui ed ora. Se per esempio noi fossimo andati con Cossutta
nel governo DAlema nel 1998
avremmo intrapreso pur proclamando ad alta voce la nostra identit comunista, la nostra storia comunista e la nostra volont di costruzione del socialismo una
strada che andava in una direzione
totalmente contraria. La tattica pu
e deve essere flessibile e deve modificarsi con il modificarsi delle situazioni ma non pu entrare in contrasto con la strategia, deve anzi essere funzionale al perseguimento
dellobbiettivo strategico.
DA

NANI A GIGANTI

Altro approccio culturalmente influenzato dal cossuttismo il rifugiarsi nel passato. La storia grandiosa dei comunisti del Novecento
a cui apparteniamo invece di darci
lo slancio per il presente, come potrebbe, spesso paradossalmente il
nostro freno. Paradossalmente pi
grande la consapevolezza della imponenza della nostra storia, delle
nostre radici, pi abbiamo difficolt
ad immergerci da comunisti nella
realt di oggi. Pi difficile essere
comunisti oggi, pi tendiamo spontaneamente a fuggire dalla realt rifugiandoci nel passato. Bertinotti in
una famosa intervista a Il Manifesto
di alcuni anni fa, in occasione dellanniversario della nascita del Pci,
afferm pressappoco (cito a memoria) che tutti i principali maestri
del socialismo del novecento erano
morti e non solo fisicamente.
Affermazione gravemente liquidatoria di tutto il patrimonio storico

Sinistra Europea/Dibattito

comunista. Tuttavia, noi a questa affermazione rispondemmo con una


opposta: noi siamo nani seduti sulle
spalle dei giganti del novecento.
Frase ovviamente del tutto corretta,
ma assolutamente non sufficiente,
anzi rischiosa. Perch rischiosa?
Perch in questa nostra affermazione c una verit ma c anche un
gongolarsi, un rifugiarsi consolatorio nella storia molto pericoloso. A
chi vuole liquidare il partito comunista noi rispondiamo rifugiandoci
nella storia, pi forte, pi grande,
pi rassicurante della dura realt di
oggi, ma questo non ci aiuta a ricostruire un partito comunista. E vero
che noi siamo dei nani seduti su giganti, ma noi comunisti, se siamo
dei comunisti, dei rivoluzionari,
non vogliamo rimanere dei nani, vogliamo diventare dei giganti, i giganti del XXI secolo, e per diventare i giganti del XXI secolo, o almeno per tentare di diventarlo (e i
comunisti devono avere questa ambizione), devono scendere, finalmente, dalle spalle dei giganti per
cominciare a camminare con le loro
gambe, per iniziare a guardare il
mondo con la loro testa e a cambiarlo con le loro braccia. Altrimenti se la nostra azione si limita a stare
seduti comodamente sui giganti, a
lamentarci del mondo che non ci
piace, a mugugnare per le sconfitte
che abbiamo subito e che subiamo,
a ricordare un po nostalgicamente
il passato, a scambiare lazione rivoluzionaria con la storia rivoluzionaria, noi non cresceremo mai, rimarremo sempre dei nani. E questo
cambiamento culturale, radicale, di
approccio mentale, va fatto senza
dover rinnegare nulla della nostra
storia, che nonostante errori e difetti, stata una storia grande,
eroica, di lotta mondiale contro il
capitalismo e limperialismo e di costruzione di societ nuove rispetto
al passato. Invece di metterci in cattedra a fare la lezione col senno di
poi su cosa avrebbero dovuto fare i
comunisti in quellanno o in quel
paese, dovremmo provare noi a fare
meglio se siamo capaci, qui ed ora.
Appunto, da nani diventare giganti.

Note
1 Peraltro sarebbe lora di fare una discussione approfondita su quale posizione dobbiamo avere nei confronti dellUnione Europea. Perch vero che anche
lUE capitalismo e imperialismo, ma anche vero che
fra Usa e UE esiste ancora (anche se sembra sopita)
quella che abbiamo chiamato al 4 Congresso del Prc
una contraddizione interimperialistica ed indiscutibile che limperialismo americano dellattuale amministrazione Bush rappresenta con la guerra preventiva e permanente e a causa della forza militare
sproporzionatamente superiore la minaccia principale per il mondo intero, un po comera la Germania
nazista nei primi anni 40 rispetto alle altre potenze
imperialiste di allora, come Francia, Gran Bretagna e
Usa.
2 E un po come per la Costituzione italiana. Il pericolo principale, perch pi insidioso, non viene dalla
destra che punta esplicitamente a liquidare la
Costituzione come si visto con le recenti controriforme,
ma dal centro-sinistra ulivista che con la mano sinistra difende spesso in modo roboante e demagogico la
Costituzione, ma la difende solo come storia, come
icona, come involucro vuoto, la santifica, la ritualizza,
e contemporaneamente con la mano destra la stravolge
nella sostanza, violandone i contenuti pi avanzati,
come larticolo 1 (sul lavoro) e larticolo 11 (sul ripudio della guerra), per non parlare degli articoli 42 e
43, sui rapporti fra pubblico e privato, totalmente dimenticati e cancellati dalle politiche liberiste e privatistiche della sinistra moderata. Chi si fa ingannare
dallo specchietto per le allodole della simbologia e dal
nominalismo comunista, fa un errore simile a chi si fa
i n g a n n a re dalla santificazione formale della
Costituzione e non vede la liquidazione di fatto che gi
vi stata. E un po come avvenuto per la Resistenza,
che stata tradita negli anni proprio celebrandola e ricordandola storicamente, come qualcosa del passato,
invece di metterne in pratica i suoi contenuti che invece venivano calpestati gi a cominciare dal primo
dopoguerra (per esempio con ladesione dellItalia alla
Nato).
3 Peraltro, dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia
e ancora di pi nellera della guerra permanente lanciata dai fondamentalisti di destra che governano alla
Casa Bianca, anacronistico oltre che complice dei crimini di guerra che si stanno perpetrando in Iraq ed
Afghanistan, ogni atteggiamento di sudditanza agli
Usa. Un programma delle sinistre di alternativa non
pu non porsi lobbiettivo di far uscire lItalia dal patto
di acciaio con gli Usa rappresentato dalla Nato. Invece,
guarda un po, questo obbiettivo viene sempre rimosso
da tutti i luoghi di discussione dei ceti politici e sindacali di sinistra, camera di consultazione e sinistra
europea compresa.
4 Si pensi anche a quella sorta di dittatura di fatto che
esiste nel nostro Paese, determinata dai mezzi di informazione del pensiero unico. Si scatenata una vandea sui giornali contro una libera manifestazione del
pensiero e nessuna voce significativa, di giornalista,
di intellettuale, di politico, si levata a difendere lUcoii
o almeno la sua libert di opinione e di espressione.
Sommario: Il fine non di ritornare a Lenin (operazione antistorica) ma di analizzare leninisticamente la
realt di oggi, profondamente diversa dai primi del
900, cio tentare di analizzare lattualit come lavrebbe analizzata Lenin se fosse vissuto ai nostri giorni.
Questa , secondo me, la grande operazione da fare.

85

Cultura

Settembre - Ottobre 2006

La storia triste di una giornalista


e scrittrice brillante che credeva
sinceramente di contribuire alla causa
della lotta contro l'antisemitismo
e non si rendeva conto di alimentare
in realt il nuovo antisemitismo,
quello che oggi risponde ai bisogni
dell'imperialismo e prende di mira
il mondo arabo e islamico

Oriana Fallaci
e l'antisemitismo
dei giorni nostri

di Domenico Losurdo

CONTRO I LUOGHI COMUNI DILAGANTI DELLISLAMOFOBIA E DEL RAZZISMO

n occasione della morte di Oriana


Fallaci, la grande stampa e lideologia dominante non si sono limitate
a rendere omaggio alla memoria di
una giornalista brillante e di fama
internazionale; hanno colto loccasione per rilanciare la crociata antiislamica, di cui la personalit appena scomparsa stata, purtroppo,
una interprete di primissimo piano.
Oltre che a difesa dellOccidente e
di Israele, la crociata viene condotta
in nome della lotta contro lantisemitismo, rimproverato al mondo
arabo e islamico. Assistiamo qui ad
un vero e proprio capovolgimento
della verit: in realt, i motivi che
tradizionalmente hanno alimentato il furore giudeofobo ed antisemita oggi risuonano nella campagna islamofoba. Come dimostra in
primo luogo la lettura di Oriana
Fallaci (rinuncio al consueto apparato delle note in questo articolo,
che anticipa un paragrafo di un mio
libro di prossima pubblicazione).

1. G L I

ISLAMICI

SUBENTRANO AGLI EBREI

Dunque nella Forza della Ragione


possiamo leggere questo atto di ac-

86

cusa contro gli islamici. Persino


quando, disgraziatamente, hanno
conseguito la cittadinanza del paese
che li ospita, essi sono stranieri, e
stranieri di una specie particolare:
gente che non ha alcuna voglia
dintegrarsi, e che anzi ad ogni tentativo in questa direzione risponde
difendendo con le unghie e coi
denti la propria identit. Ecco allora emergere uno Stato dentro lo
Stato, un governo dentro il governo. La messa in guardia della
Fallaci rassomiglia come una goccia
dacqua a quella cara a giudeofobi
e antisemiti di un tempo, i quali proclamavano: gli ebrei sono uno
Stato nello Stato, un popolo nel
popolo, una nazione nella nazione. Per rendersi conto di
quanto arabi e islamici siano irrimediabilmente stranieri, basta
ascoltarli: Perch parlano in quel
modo? Accento, parole, sintassi:
un francese massacrato - sindigna
il filosofo francese Finkielkraut.
Come non pensare alla denuncia
cui procede Wagner dello storpiamento della lingua tedesca messo
in atto dagli ebrei e del loro orribile
tedesco da ebrei?
Siamo in presenza di unidentit gelosa ed esclusiva, che per di pi rivela unarroganza espansionistica.

Al pericolo della giudaizzazione,


che agli occhi dei giudeofobi e antisemiti tradizionali investiva economia e finanza, stampa e cultura,
subentra ora il pericolo della islamizzazione, denunciato dalla Fallaci. E necessario aprire gli occhi:
lislam moltiplica le moschee,
estende la sua presenza nelleconomia occidentale, influenza pesantemente la stampa (con lislam il
Times di Londra sempre stato
molto, molto generoso) e le case
editrici e cinematografiche, spadroneggia nel mondo culturale
(come dimostrano i congressi, i
convegni, i colloqui, i seminari, i
simposi, sempre pi impegnati in
unorgiastica apoteosi della civilt
islamica e in una condanna della
civilt occidentale) e nel mondo
accademico (dove a dettar legge
sono gli storici o i presunti storici,
i filosofi o presunti filosofi, gli studiosi o presunti studiosi che da trentanni denigrano la nostra cultura
per dimostrare la superiorit dellislam). S, la piovra islamica subentrata alla piovra giudaica; per il
resto il quadro ben noto allo storico con un minimo di familiarit
con limmaginario giudeofobo e antisemita.
Il veicolo principale della giudaiz-

Settembre - Ottobre 2006

zazione era a suo tempo la socialdemocrazia giudaizzata. Ai giorni


nostri, la sinistra continua ad essere
lo strumento privilegiato di diffusione in Occidente di unalterit irriducibile ed ostile, solo che tale alterit ora rappresentata non pi
dallebraismo bens dallislam:
stando alla Fallaci, evidente la similitudine tra la sinistra e lislam e
tra islamismo e marxismo, e non a
caso la sinistra ha consegnato
lItalia allislam. Nel far ci essa ha
potuto contare sulla complicit ovvero sulla codardia o sullinettitudine di ambienti che pure avrebbero
dovuto opporre resistenza. Disgraziatamente prosegue la Fallaci
non mancano i sacerdoti e persino i
vescovi che si schierano con la sinistra e quindi con lislam, il quale ultimo, nella sua opera di sovversione,
pu contare addirittura sullaiuto
del Vaticano. Siamo portati a pensare ai cristiani giudaizzati e
allebreo del Vaticano, che erano
la bestia nera dei giudeofobi e degli
antisemiti di un tempo.
Per i giudeofobi e gli antisemiti tradizionali era il sentimentalismo
umanitario a voler riconoscere o
confermare la cittadinanza politica
agli ebrei; nella Fallaci la polemica
contro coloro che vorrebbero concedere o hanno concesso il diritto
di voto agli immigrati islamici e la
lotta contro il pericolo che gli stranieri contino pi dei cittadini
vanno di pari passo con la messa in
guardia contro la frode dellUmanitarismo filoislamico.
Com noto, la denuncia del complotto ebraico attraversa in profondit la storia della giudeofobia e dellantisemitismo. Questo motivo non
scomparso, ma ora prende di mira
lislam: sempre secondo la Fallaci,
in pieno svolgimento il pi squallido complotto, la pi grossa congiura della Storia moderna. Per
comprenderla, oltre agli esecutori
ufficiali della congiura (le associazioni egemonizzate da arabi e islamici) e ai traditori dellOccidente
e ai collaborazionisti, occorre tener presente il ruolo che a vario livello, in modo consapevole o in-

Cultura

consapevole, vi svolgono banchieri, Papi, capi di Stato, politici e intellettuali vari. Il risultato catastrofico: LEuropa vendutasi come una sgualdrina ai sultani, ai califfi, ai visir, ai lanzichenecchi del nuovo Impero
Ottomano. Insomma lEurabia. S,
lEuropa diventa sempre pi una
provincia dellislam, una colonia
dellislam. N il complotto si ferma
qui: se si tiene presente il ruolo della
filoislamica Onu e le manovre per
la Rivoluzione Mondiale Islamica,
evidente la minaccia terribile che
incombe sul mondo intero. Ecco finalmente rivelata la verit che i responsabili hanno sempre taciuto
anzi nascosto come un segreto di
Stato. La cospirazione per il conseguimento del dominio planetario
vede come protagonisti non pi gli
ebrei bens gli islamici.
Un tempo a far pesare una minaccia globale sulla civilt era il complotto ebraico-bolscevico; oggi invece lOccidente costretto a fronteggiare, stando a quanto afferma
Huntington (lautore dello Scontro
delle civilt), lasse islamico-confuciano. Come si vede, lislam ha
preso il posto dellebraismo e la
Cina ha sostituito lUnione Sovietica. Per il resto, il motivo ideologico caro ai giudefobi e agli antisemiti tradizionali rivela una sorprendente vitalit.

2. S U L

BANCO

D E G L I I M P U TAT I

ALLAH
JAHV

PRENDE IL POSTO DI

Lodierna campagna anti-araba e islamofoba individua gi nel Corano


le radici dei misfatti addebitati allodierno radicalismo islamico. Vale
la pena allora di riflettere su un testo classico di uno dei pi famigerati antisemiti (Theodor Fritsch): Le
mie prove contro Jahv. Al posto di
Jahv ai giorni nostri subentrato
Allah! Diamo la parola alla Fallaci:
Allah non ha nulla a che fare col
Dio del Cristianesimo. Nulla. Non
un Dio buono, non un Dio Padre.

E un Dio cattivo []. E non insegna ad amare: insegna a odiare. E


ora apriamo il capitolo secondo del
classico appena citato dellantisemitismo. Balza subito agli occhi il titolo: La crudelt e la misantropia
di Jahv! A dimostrare queste caratteristiche provvederebbe la sorte
dallAntico Testamento riserv a t a
agli abitanti di Canaan, sterminati
al fine di far posto al popolo eletto.
La conclusione chiara: lo spirito
della vendetta e dellodio, proprio
dellebraismo, in irrimediabile
contrasto con lo spirito della mitezza e della bont, proprio del cristianesimo.
Ma vediamo in che modo la Fallaci
sviluppa ulteriormente la sua requisitoria contro Allah, questo Dio
Padrone: Gli esseri umani non li
tratta come figli. Li tratta come sudditi, come schiavi [] Non insegna
ad essere liberi: insegna a ubbidire.
E di nuovo ci imbattiamo nella ripresa in senso anti-arabo e anti-islamico di un tema centrale dellantisemitismo propriamente detto, che
con Dhring rimprovera allebraismo di rappresentare Dio solo come
signoria, dinanzi alla quale al fedele non resta altro che assumere
un atteggiamento sottomesso.
Il culto di Jahv produce un uomo
servile per natura, il quale si prosterna tremebondo ad un signore
arbitrario; il risultato una servit
teologicamente consacrata. In
conclusione dichiara lantisemita
Dhring lebraismo una religione servile, che ispira una morale servile e che non conosce uomini liberi.
Sul banco degli imputati Allah ha
preso il posto di Jahv, ma per il resto non si notano grandi differenze.
Se questo Corano tanto giusto e
fraterno e pacifico, come la mettiamo con la storia dellOcchio-perO c c h i o - e - D e n t e - p e r-Dente? si
chiede con appassionata retorica
Oriana Fallaci, che ignora per di
plagiare Marr: Occhio per occhio,
dente per dente, afferma la religione di Jahv. La portabandiera
dellodierna islamofobia si rivela

87

Cultura

meno informata del patriarca dellantisemitismo: la legge del taglione il Corano la desume, in
forma forse indebolita, da un testo
sacro allOccidente ebraico-cristiano, e cio dallAntico Te s t amento, dovessa ricorre insistentemente: vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per
mano, piede per piede, ustione per
ustione, ferita per ferita, lividura
per lividura (Esodo, XXI, 23-5; cfr.
anche Levitico, XXIV, 19-20;
Deuteronomio, XIX, 21).
Cos anche per la guerra santa.
LAntico Testamento celebra le
guerre di Jahv (1 Sam. XVIII, 17;
XXV, 28; Num., XXI, 14). Il motivo,
che oggi viene spesso evocato per
mettere in stato daccusa il mondo
arabo e islamico, stato a lungo agitato contro gli ebrei ad opera dellantisemitismo propriamente
detto. Riportando e sottoscrivendo
il testo di un altro esponente di
primo piano dellantisemitismo tedesco (Adolf Wa h r m u n d ) ,
Theodor Fritsch vede nellebraismo
collocato in Occidente un esercito
nemico pronto a condurre la
guerra santa contro gli stessi popoli
che lo ospitano.
La religione impedisce ai seguaci di
Maometto di accettare lo Stato laico
e moderno: il cavallo di battaglia
dellodierna islamofobia; lo ritroviamo, con qualche variante, nei
classici dellantisemitismo. In
Dhring possiamo leggere: come
pu lo Stato moderno, fondato sul
principio delluguaglianza, essere
accettato lealmente da coloro che si
considerano gli eletti, ovvero laristocrazia dellumanit voluta da
Dio? Come possono i fedeli di una
religione tutta attraversata dalla dicotomia popolo eletto/gentili obbedire con lealt e sincerit alle au-

88

torit del paese in cui vivono e riconoscere realmente come loro concittadini i suoi abitanti?
Ovvero, per dirla con Marr: lebraismo ha il torto di rivendicare la
partecipazione politica egualitaria
alla legislazione e amministrazione
di quello Stato che esso nega teocra ticamente. Questultimo termine ci
fa sobbalzare. Ai giorni nostri non
si contano le denunce contro la funesta teocrazia, che impedirebbe ad
arabi ed islamici di comprendere le
ragioni della modernit e della laicit. E di nuovo obbligata la lettura di Dhring: per gli ebrei la religione tutto, ed essi sono ossessionati dal culto della teocrazia,
dallidolo di una teocrazia. S incalza Marr a caratterizzare il giudaismo il fanatismo teocratico ovvero il fanatismo veterotestamentario della religione di Jahv.
A farci ora sobbalzare il sostantivo
da me riportato in corsivo. Oggi,
divenuto una sorta di sport popolare denunciare lintolleranza e il fanatismo del mondo arabo e islamico.
Nulla di nuovo sotto il sole! Oltre a
Marr conviene rileggere Dhring:
il maomettanesimo, e ancor pi il
giudaismo, deve opprimere o essere
oppresso, non c una terza possibilit; solo se rinnegassero se
stesse, le due religioni potrebbero
essere tolleranti sul serio. Ed ora
diamo la parola a Chamberlain
(lautore antisemita a cui pi direttamente si richiamato il nazismo):
estranei alla modernit, i semiti
(ebrei ed arabi) non sono in grado
di apprezzare lidea di tolleranza
cara ai popoli indo-europei; dove
incontriamo il divieto della libert
di pensiero, il principio dellintolleranza nei confronti delle altre religioni, il fanatismo infuocato, pos-

Settembre - Ottobre 2006

siamo esser certi che abbiamo a che


fare con idee o stirpi semitiche (che
si tratti degli ebrei o degli arabi). In
modo analogo argomentano i circoli antisemiti inglesi i quali, subito
dopo la rivoluzione dottobre, la
spiegano con lo scatenarsi contro la
Russia cristiana di un fanatismo
ebraico cos esaltato, da trovare
paralleli solo tra le sette pi radicali dellislam. Siamo in presenza
di un motivo che, con lo sguardo ovviamente rivolto in primo luogo allebraismo, diviene in Hitler la
chiave di lettura della storia universale.
S, limpazienza fanatica esprime
lessenza giudaica: bisogna dolorosamente prendere atto che nel
mondo antico, molto pi libero, il
terrore spirituale sopraggiunto
con lavvento del cristianesimo,
esso stesso ebraico; daltro canto, il
fanatismo ebraico continua a manifestarsi con il marxismo e il socialismo. In sintesi. La tolleranza
ariana che Chamberlain contrapponeva all intolleranza semitica
divenuta oggi la tolleranza occidentale che celebra i suoi trionfi sullintolleranza islamica!
Gli omaggi in questi giorni tributati
alla Fallaci non le rendono un buon
servizio. Della sua vita enfatizzano
un capitolo sul quale converrebbe
semmai stendere un velo pietoso di
silenzio: la storia triste di una giornalista e scrittrice brillante che credeva sinceramente di contribuire
alla causa della lotta contro lantisemitismo e, inebriata e annebbiata
anche dal trionfo in suo onore decretato dallideologia dominante,
non si rendeva conto di alimentare
in realt il nuovo antisemitismo,
quello che oggi risponde ai bisogni
dellimperialismo e prende di mira
il mondo arabo e islamico.

Settembre - Ottobre 2006

Cultura

Il regista, pur non sfuggendo


ai luoghi comuni di una certa
campagna anti-cinese
volta a mettere in difficolt
l'enorme sforzo della Cina,
cerca di restituire una qualche
complessit alla materia di cui tratta

La Cina vicina

a cura di Gigi Livio e Armando Petrini

i questi tempi tutti sembrano voler


affermare perentoriamente che la
Cina lontana: da Prodi a Battista,
da DAlema a Brandirali. Ma come
sempre il dubbio lecito e fecondo:
e se la Cina non fosse mai stata cos
vicina?
Nel film di Gianni Amelio, La stella
che non c, a un certo punto del suo
viaggio, Vincenzo Buonavolont si
imbatte in unenorme statua di Mao.
Il Grande Timoniere, monumentalizzato secondo il perfetto stile del
realismo socialista, alza la mano in
segno di saluto verso un grande viale
da cui affluiscono gli operai che devono lavorare nella fabbrica in cui
anche Buonavolont vorrebbe entrare. Il tecnico italiano cerca in
ogni modo di attirare lattenzione
della guardia, che sta di profilo
avendo sullo sfondo la schiena di
Mao; ma Buonavolont non riesce
ad avere la sua attenzione, lincomunicabilit totale. Forse che il regista vuol dire che leredit di Mao
approdata oggi a una Cina senza
pi alcun senso sociale?
Su questo punto, che potremmo
sintetizzare proprio in qual leredit di Mao, la discussione
aperta. Il dibattito ha come nucleo
fondamentale la vexata quaestio che

PROPOSITO DEL FILM LA STELLA CHE NON C' DI

distingue fra vetero e neo. Sarebbe quasi il caso di non affrontare


questo problema sulle pagine de
lernesto non fosse che la speranza
che questa rivista capiti anche in
mani di chi non la pensa proprio
come noi. E dunque: se ci soffermiamo un momento a pensare come la bufera del pensiero postmoderno (che poi anche una prassi
politica) abbia teso a far piazza pulita delle cosiddette grandi narrazioni o costruzioni metafisiche,
evidente che lobiettivo del postmoderno stato tanto lidealismo
quanto il marxismo, ma si sa, perch cos va il mondo, questo mondo, che lunica autentica vittima del
pensiero postmoderno stata poi
proprio la grande costruzione della
liberazione dei popoli e delluomo
proposta da Marx ed Engels. Eppure se, come sembra oggi, cos il pensiero come la prassi politica postmoderna iniziano a denunciare i
primi segnali di crisi, allora possiamo ipotizzare che, se le cose andranno in un certo modo, le posizioni
verranno capovolte e verranno definiti vetero proprio quelli che oggi
cos ci etichettano. Dunque questo
vuol dire che qualsiasi ipotesi di trasformazione del mondo e del-

GIANNI AMELIO

luomo non pu non ripartire proprio l dove la ferocia del capitalismo, tutto teso a recuperare gli spazi
che il socialismo reale gli aveva sottratto o messo in discussione (ovviamente non dimentichiamo i fallimenti che pure ci sono stati del socialismo reale), ha interrotto la lotta
di liberazione dei popoli. Vetero
quindi non tanto colui che in
grado di svolgere questo ragionamento, caratterizzato da una sua
precisa profondit, quanto piuttosto colui che soffermandosi con superficialit sullesistente, lattuale
societ capitalistica e globalizzata,
tende a ritenerlo eterno e immutabile. In questo caso vetero assume
il corretto significato di vecchio:
proprio dei vecchi infatti non possedere pi la plasticit mentale dei
giovani e quindi non rendersi conto
delle trasformazioni in atto.
Rossana Rossanda, noto e arcinoto non solo per limportanza della
ragazza del secolo scorso, ma soprattutto per lo scomposto canaio
da lei scatenato nelle ben costrutte
menti e ben affilate penne di tanti
che le si sono opposti, ha scritto un
articolo su Il Manifesto che pretende
di osservare con serenit, a trentanni dalla morte di Mao, leredit

89

Cultura

del grande capo rivoluzionario. Il


punto pi importante che Rossanda
mette in evidenza quello della singolarit e specificit della direzione
politica di Mao che quella al tempo definita della rivoluzione ininterrotta: c in lui la persuasione
che ogni rivoluzione sempre minacciata da un ritorno a ci che lha
preceduta. Mao lo ritiene nellordine delle cose appena si cessa di
remare controcorrente. La fine
che hanno fatto le altre rivoluzioni,
in modo diverso luna dallaltra e comunque sempre affermando nella
sostanza la necessit della liberazione dellumanit dallo sfruttamento, non pu non far ritenere
giusta questa linea politica. Il pro-

L'unica autentica vittima


del pensiero postmoderno
stata proprio la costruzione
della liberazione dei popoli
e dell'uomo proposta
da Marx ed Engels

blema di tutte le rivoluzioni proprio quello di saper resistere al ritorno dei rapporti economici e politici precedenti, il cui fascino potente. La continua ricerca da parte
di Mao di evitare queste secche ci
che lo porta a tentare di scongiurare
in tutti i modi la burocratizzazione
del partito e lingessamento della rivoluzione. E La Rivoluzione culturale nasce proprio di qui, da questa
precisa intenzione di portare la rivoluzione a esiti sempre pi alti. Oggi
sappiamo che lesito non fu quello
sperato, tanto che Mao e Zhou Enlai
fecero di tutto per liquidare ben presto quellesperienza.
Ma, si sa, in Occidente la Rivoluzio-

90

ne culturale ebbe unaltra storia che


si lega strettamente al movimento
del 68. Ma non solo. Quello che si
tende a dimenticare che in quel
torno di tempo cerano pure dei
giovani marxisti che non erano per
niente soddisfatti di come andavano
le cose nel movimento anche se non
necessariamente aderivano al PCI:
e come ci sono quelli tanti!- che da
sessantottini sono diventati ora reazionari di tutte le razze, cos ci sono
anche quelli che negli anni immediatamente successivi aderirono al
partito e rimasero e rimangono comunisti. Per gli uni e per gli altri la
Rivoluzione culturale fu un mito,
nel senso stretto della parola.
Perch lumanit ha sempre avuto
bisogno, e sempre lavr finch non
sar unumanit liberata, dellutopia; e lutopia, formidabile motore
di sviluppo e progresso, si basa comunque e sempre su un mito, non
necessariamente, ma anche, appartenente al campo dellirrazionale.
Potremmo schematizzare cos, convinti di non andare molto lontani da
una descrizione storica del fenomeno: coloro che nel movimento
cercavano una palingenesi fondata
soprattutto su ipotesi in qualche
modo religiose e, appunto, irrazionali fruirono di quel mito in modo
fideistico, con tanto di santini che al
posto di don Bosco avevano Mao e
al posto del catechismo il libretto
rosso; e i secondi, pur sentendosi
parte di quellesaltazione, cercavano in ogni modo di razionalizzarla, di capire quanto quel movimento di liberazione dalle pastoie
del burocratismo in cui evidentemente era ormai involtolata lUnione Sovietica potesse servire da molla
utopica, proprio, per poter cercare
di aspirare alla possibilit di una altrettanto spinta liberatoria qui da
noi, in Occidente. Per questi, giovani e meno giovani, la Rivoluzione
culturale costituiva un movimento
in atto, non qualcosa che si pu sognare ma proiettato nel futuro, da
cercare di imitare nella sua tensione
politica di base per giungere a una
societ pi giusta: in fine, unutopia
concreta. Le guardie rosse, poi,

Settembre - Ottobre 2006

erano portatrici di un modo di comportarsi che qui sembrava, e che l


in parte certamente era, anticonformista nel mettere in discussione
tutto il passato alla ricerca della storia vera e non di quella scritta dai vincitori, che sono poi sempre gli stessi
e cio i padroni. E lesercizio dello
spirito critico quello che questa utopia metteva in moto, certamente solo
per in chi era in grado di recepirlo
e di rilanciarlo come tale.
Non stupisce quindi, oggi, che molti
dei maoisti di allora siano passati
alla pi bieca reazione: Brandirali,
intervistato su La Repubblica (10 settembre 2006), ex capo di Servire il
popolo e ora eletto al Comune di
Milano con Forza Italia, parla di
Mao come di chi non ha pi niente
da dirci, se non darci una lezione sul
fallimento del comunismo. Ma il
fatto per che Brandirali non
mai stato comunista cos come non
era comunista Servire il popolo
che aveva una struttura politica cattopopulistica molto evidente a chi
aveva occhi per vedere gi allora. E
qui non tanto ricorderemo che il
partitino era spregiativamente denominato Servire il pollo, quanto
ci che scrissero gli operai della Fiat
Mirafiori su un muro della fabbrica
su cui campeggiava la scritta, appunto, Servire il popolo: Il popolo si serve da solo, netta e giustamente sprezzante rivendicazione
della propria autonomia politica
nei confronti di chi si diceva dalla
parte della classe operaia ma questa
solo sfruttava per la propria individualistica redenzione pi o meno
spirituale.
Qualcosa del genere, non pi riferito alla classe operaia ma allattuale
situazione della Cina, e cambiato
tutto quello che c da cambiare, capita anche nel recente film di
Gianni Amelio La stella che non c,
film per che, come vedremo subito, denuncia una certa onest e
problematicit.
La vicenda raccontata semplice.
Un gruppo di imprenditori cinesi
compra laltoforno di una grande
fabbrica italiana in fase di dismissione. Un tecnico di quella fabbrica,

Settembre - Ottobre 2006

Vincenzo Buonavolont, si mette in


viaggio verso la Cina per consegnare allazienda che ha comprato
laltoforno un pezzo mancante, da
lui stesso aggiustato. Dopo un lungo
viaggio, che anche una lunga traversata dentro una Cina che il protagonista non immaginava cos, riuscir nel suo intento. Ma il pezzo
verr buttato via perch nessuno
pi in grado di capirne limportanza. Buonavolont ha concluso il
suo viaggio ma il pubblico del film
capisce che non tutto perduto: da
quel momento comincer la sua storia damore con Lin Hua, la giovane
cinese che lo ha accompagnato alla
ricerca del suo altoforno.
La stella che non c intreccia due temi
diversi gi presenti nelle opere precedenti del regista. Innanzi tutto la
volont di realizzare ancora una
volta una sorta di road movie, incentrato sulla ricerca personale che
un uomo, qui Vincenzo Buonavolont, conduce su se stesso. In secondo luogo la tendenza a farne lo
spunto per un film di tematica sociale, con uno sguardo tanto alla vecchia tradizione operaia italiana di
cui Buonavolont , almeno in parte,
erede - quanto allo sviluppo magmatico e contraddittorio della Cina.
Iniziamo dal primo aspetto. Il tema
del viaggio esistenziale accentuato
dal modo in cui Vincenzo Buonavolont attende al suo progetto. La
trama del film non fornisce infatti
motivazioni a ci che fa il protagonista. Anzi, la storia rende semmai
leggermente inverosimile ci che
accade. Buonavolont un tecnico
che dalloggi al domani si trasferisce in Cina senza alcuna apparente
difficolt economica. Ma naturalmente questa incongruit nella
trama voluta. Serve al regista a
mettere a fuoco meglio il vero nodo
che gli interessa. Appunto, il viaggio esistenziale del protagonista, il
cui nome, Buonavolont, gi un
modo per indicare agli spettatori
che lui non un uomo qualsiasi, con
una storia qualsiasi, ma luomo che
ci parler della volont. E infatti
tanto il protagonista quanto la coprotagonista, Lin Hua, sono due

Cultura

personaggi che mostrano di avere


una forte volont. Entrambi hanno
dei problemi individuali (per esempio familiari), ed entrambi appaiono risoluti nel volerli affrontare. La loro, in questo senso, la
volont individualistica di chi occupato a risolvere innanzi tutto i
propri problemi. Ma i due protagonisti hanno altre due caratteristiche
in comune, che contribuiscono a
spingere sul pedale del viaggio esistenziale. Sono entrambi stranieri
in un mondo che viaggia troppo velocemente e troppo velocemente fa
a pezzi, letteralmente, il passato:
Buonavolont in un paese, lItalia,
che svende il proprio passato industriale e operaio, e dal quale il protagonista del film infatti si allontana; Lin Hua in un altro paese, la
Cina, che acquista ci che altrove
frutto del passato (laltoforno) ma
per privarlo in realt di ogni autentico rapporto con quel passato (il
pezzo sapientemente aggiustato dal
tecnico Buonavolont viene buttato
via). Entrambi i personaggi infine
sono soli. E il loro incontro lincontro fra due solitudini. Il film
sembra allora voler raccontare il
progressivo avvicinarsi di due diverse umanit, ciascuna delle quali
a una certa tappa del proprio viaggio esistenziale. Dal loro incontro
cos il film lascia chiaramente intuire - troveranno uno spunto per
ripartire insieme. Lultima scena
non a caso girata in una piccola
stazione ferroviaria una specie di
vecchio west cinese - che vuol indicare un posto di frontiera, dove finisce la storia ma inizia anche qualcosa di diverso.
La recitazione degli attori, soprattutto di Castellitto, sottolinea la
chiave di lettura esistenziale e individuale. Castellitto costituisce un
perfetto esempio di attore naturalistico. Ogni suo sforzo teso a riprodurre sullo schermo, il pi fedelmente possibile, le movenze precisamente verosimili del personaggio che deve recitare. Se gli capita
di essere in alcune rare circostanze
leggermente sopra le righe, solo
perch la sua bravura (che parti-

colarmente evidente in questo film)


gli prende un po la mano, e sembra quasi compiacersene. Ma in
tutti gli altri momenti del film la sua
recitazione molto naturale, emozionale, calda, funzionale allimmedesimazione dello spettatore, che
in questo modo perde quel distacco
critico che unaltro tipo di recitazione (pensiamo per esempio se a
recitare quella parte fosse stato
Sergio Rubini) avrebbe potuto comportare. Lo stesso Castellitto, riferendosi al lavoro fatto per questo
film, stato esplicito: Quando sono
l recito e basta. Penso che la recitazione sia un gesto emotivo prima
che razionale. E se emotivo prima
che razionale il gesto dellattore,

La Cina lontana o vicina?


Clamorosamente vicina,
se si tiene conto che rappresenta
un problema storico appassionante
un poco per tutti e la potenziale
alternativa all'impero statunitense

emotiva prima che razionale tender a essere anche la reazione


dello spettatore.
Ma La stella che non c anche un
film a tematica sociale: un film sulla
Cina, o meglio sul progresso
sulla variante del progresso che
oggi incarna un paese cos magmatico come la Cina - e sulle sue contraddizioni. Indubbiamente Amelio si sforza di restituire complessit
alla materia che tratta. La Cina della
Stella che non c s la Cina di unaccelerazione dello sviluppo industriale che il film si incarica di mostrare nella sua brutalit (le grandi
fabbriche, i grattacieli), ma allo
stesso tempo la terra di un sentimento della collettivit molto forte,

91

Cultura

che stempera o comunque pone


sotto unaltra luce quella stessa brutalit. Allinterno dei grattacieli, fra
chi ci vive, permane un deciso sentimento fraterno, tutti si aiutano fra
di loro e i visi di ciascuno non tradiscono langoscia tipica della vita
massificata. La stessa cosa pu dirsi
delle fabbriche, dove vengono mostrati bambini che vivono in condizioni sconvolgenti, ma che fanno comunque parte di una comunit coesa e che non si direbbe alienata.
Il regista, insomma, pur non sfuggendo ai luoghi comuni di una certa
campagna anti-cinese volta a mettere in difficolt lenorme sforzo
della Cina di tenere insieme lesigenza di competere con le grandi
potenze occidentali con quella di
rafforzare una politica di solidariet
e di uguaglianza sul fronte interno,
pur non sfuggendo a questo luogo
comune, costruito in occidente ad
arte, cerca, come abbiamo detto, di
restituire una qualche complessit
alla materia di cui tratta. La Cina,
sembra voler dire Amelio, molte
cose insieme, e contraddittorie fra
di loro. Ed molto vicina. In questo
senso il regista sembra voler sospendere il giudizio e portare al
pubblico pi che la soluzione di un
problema il problema stesso. Il che
sarebbe in fondo, nonostante le riserve di cui si detto, interessante.
Non fosse per che limpianto linguistico complessivo del film contribuisce a impedire di raggiungere
davvero lobiettivo. Per realizzare il
suo intento, infatti, Amelio avrebbe
dovuto costruire un film a impianto
epico, un film cio con una maggior
dose di freddezza, meno caldo,
meno empatico, pi distaccato e riflessivo. Avrebbe dovuto, detto in
una parola, sciogliere tanto lo sviluppo della trama quanto la recitazione degli attori dalla loro matrice
naturalistica. Il naturalismo infatti
impedisce di cogliere in modo cri-

92

tico un problema, per il semplice


fatto che prevede limmedesimazione dello spettatore nella vicenda
e nei personaggi. E limmedesimazione, come ci ha insegnato Bertolt
Brecht, porta al banale trasporto
emotivo e non favorisce, anzi ostacola, la riflessione critica. Lo spettatore della Stella che non c tende a
vedere la Cina con gli occhi del protagonista, Vincenzo Buonavolont,
perch tende a identificarsi nel personaggio recitato da Castellitto.
Anzich avere di fronte agli occhi
uno scenario complesso, ha invece
di fronte agli occhi ci che vede
Buonavolont, ed portato, di conseguenza, a ridurre lintera vicenda
alla storia personale ed esistenziale
di Vincenzo Buonavolont. Che
poi un modo per ridurre la potenziale complessit del film a una questione pi circoscritta, intima, che
finisce per risultare non problematica e favorire un conciliante happy
end: quello, guarda caso, dellamore che vince sopra ogni cosa.
Ma ora, riprendendo ci che abbiamo detto allinizio, la Cina, oggi,
lontana o vicina?
Clamorosamente vicina, se si tiene
conto che rappresenta un problema
storico che, in un modo o nellaltro,
appassiona un po tutti per il suo potenziale di divenire, o di essere gi,
lalternativa allimpero statunitense. In un libro recente Alberto
Bugio sostiene che il motivo pi
forte dellinvasione dellIraq proprio costituito dalla concorrenza
con la Cina. E il fatto che quel paese
possa opporsi oggi allAmerica costituisce anche il motivo di tanto
astio nei confronti del suo passato.
Ha solamente il valore di aneddoto,
di uno squallido aneddoto, riportare ci che recentemente stato
pubblicato sul supplemento letterario de La Stampa, Tutto libri. In
prima pagina, il 19 agosto 2006,
Antonio Scurati scrive una puntata

Settembre - Ottobre 2006

delle Vacanze del Novecento. E il 1976


e larticolo ha come cardine il romanzo Porci con le ali. In conclusione
il giornalista fa il punto su quellanno; dice di varie cose e cos conclude: A settembre, a Pechino,
muore il compagno Mao Tse-Tung.
Contro lirresistibile evoluzione
verso il capitalismo, e contro la vedova del Presidente che ostenta il
suo guardaroba acquistato negli atelier parigini, si scatena la rivoluzione culturale. Proprio cos. Ora
si capisce che lanticomunismo viscerale dello Scurati spinga lo stesso
a trovare comunque qualcosa da
dire anche in quellanno per compiacere i suoi padroni, che sono la
FIAT e la Confindustria, ma possibile che le sue laute prebende non
gli consentano di comprarsi una
qualsiasi cronologia?
Recentemente stata inaugurata a
Roma una mostra di reperti archeologici cinesi che coprono un periodo della sua storia molto esteso (dal
1000 a.c. ai primi decenni d. C.). La
mostra si intitola Cina. Nascita di un
impero.
Sembrerebbe trattarsi di unaltra
occasione sprecata. Le delicatissime, e bellissime, statue dei guerrieri antichi esposte sono collocate
allinterno di un percorso vagamente suggestivo, datmosfera, che
non aiuta per il visitatore a capire
davvero le caratteristiche e la complessit della cultura da cui quei reperti provengono. La regia di Luca
Ronconi rende spettacolo questa
bellezza cos profonda, finendo per
trasformare un valore estetico in banale estetismo.
La Cina vicina, dicevamo. Ma proprio perch si avvicina sempre pi,
lindustria culturale si preoccupa di
rendere il pi possibile inoffensivo
il suo potenziale critico, che risiede
anche nella possibilit di parlare a
ragion veduta della sua cultura e del
suo passato.

Settembre - Ottobre 2006

Recensioni

Colpisce nel libro, in primo luogo,


la dinamica di un percorso politico
che risente fortemente del clima
post resistenziale.
Un clima che pu consentire
ad un giovane di aderire alla DC
con spirito laico, nel contempo
guardando con interesse
all'esperienza del PCI,
a cui poi approder

Tra De Gasperi
e Togliatti

di Gianluigi Pegolo

l maggior pregio del libro di Giuseppe Chiarante, Tra De Gasperi e


Togliatti (Carocci, 2006), quello di
offrire una interpretazione degli
anni 50 che fa giustizia di molti luoghi comuni. Loriginalit dello
scritto dovuta, in larga misura, alleccezionalit dellesperienza politica dellautore, passato in quegli
anni dalla DC (in cui conobbe una
rapida carriera, ancorch giovanissimo) al PCI.
Questo passaggio, esito di una maturazione che egli condivise con altri esponenti della Sinistra di Base,
avvenne in una fase storica densa di
avvenimenti. E la fase che si apre allindomani della rottura dellunit
delle forze antifasciste, nel 1947, cui
segue un lungo periodo di governi
centristi e che culminer allinizio
degli anni 60 nelle prime esperienze di centro-sinistra.
Litinerario politico-intelletuale di
Chiarante si compie nellarco di pochi anni. Dal 1950, anno in cui con
altri giovani (fra cui Magri) entra
nella DC di Bergamo, divenendone
subito dopo il delegato giovanile, al
1955, quando ne esce per confluire
poi, nel 1958, dopo unesperienza

IL PERCORSO POLITICO-CULTURALE DI UN GRUPPO DI INTELLETTUALI


CATTOLICI NEGLI ANNI '50 NELLA RICOSTRUZIONE
DI GIUSEPPE CHIARANTE

di collaborazione con Rodano alla


redazione de Il dibattito politico,
nel PCI. Nel suo libro Chiarante
percorre questo itinerario, focalizzando lattenzione su alcuni momenti topici. Lexcursus muove dallesigenza di mettere in luce alcuni
temi, solo in parte seguendo la successione degli avvenimenti storici.
Alla ricostruzione dettagliata di tali
avvenimenti contribuisce, peraltro,
la postfazione di Giovanni Galloni,
che riprende i vari passaggi entro i
quali si disegna la ricerca politicoculturale di Chiarante. Colpisce nel
libro, in primo luogo, la dinamica
di un percorso politico che risente
fortemente del clima post resistenziale. Un clima che pu consentire
ad un giovane di aderire alla DC con
spirito laico, nel contempo guardando con interesse allesperienza
del PCI. Si tratta certamente di unesperienza particolare, non assimilabile a quella di molti altri, ma ciononostante indicativa della profondit della trasformazione culturale
indotta dallesperienza della guerra
di Liberazione e pervasa dallo spirito costituente. Come richiamato
anche da Rossanda nella prefa-

zione, questa comune matrice delle


principali forze politiche di allora
(DC e PCI.) sar destinata ad influire non poco sul corso degli avvenimenti, consentendo al Paese di
permanere nel solco di un percorso
democratico e di procedere lungo
la fase dello sviluppo consentendo
importanti conquiste sociali. E
questa, peraltro, la tesi sottointesa
al libro, e cio il carattere propulsivo di una esperienza politica forgiatasi nella Resistenza.
Questo assunto traspare nel libro,
oltre che attraverso i commenti ai
principali avvenimenti e la ricostruzione del profilo dei principali esponenti politici dellepoca, dal tono.
Una estrema pacatezza che consente di penetrare nella vicenda politica con quel distacco necessario a
liberarsi da una retorica che ancora
accompagna quegli avvenimenti o
da uneccessiva partigianeria. E
cos possibile cogliere, ad esempio,
la complessit del pensiero di De
Gasperi, non riconducibile semplicemente ad un approccio interclassista, ma anche alla consapevolezza
del carattere plurale della formazione sociale e politica. Una consa-

93

Recensioni

pevolezza che gli consentir di frenare le spinte pi integraliste presenti nella DC: dai contrasti con
Gedda e i Comitati Civici, al rifiuto
di espellere il PCI e la sinistra dalla
dialettica istituzionale, alla differenziazione da Fanfani e dalla sua impostazione liberista e modernista.
Unesperienza - quella della Resistenza - dalla quale emergono nel
mondo cattolico figure di primo
piano, come quella di Rossetti, che
cos grande spazio occupa nel dibattito dellepoca. Il suo ruolo decisivo in quegli anni per influenzare
le prime esperienze di governo.
Vanoni e Mattei ne sono influenzati.
Lo stesso programma di governo ne
assume alcuni orientamenti. Dalla
riforma agraria, allistituzione della
Cassa per il Mezzogiorno, allavvio
dellintervento pubblico in economia con il rafforzamento dellindustria siderurgica e con lENI. Si
tratta di unesperienza tutto sommato breve - dato che Dossetti assume la carica di vicesegretario nel
1950 e gi lanno successivo lascia la
DC, per limpossibilit dimporre al
governo un orientamento pi decisamente riformatore ma che segna la fase. Sia in positivo che in negativo. Perch, da un lato, mostra la
permeabilit sul piano culturale che
comunque mantenne la DC anche
in una fase contrassegnata dalla rottura dellUnit nazionale ma, dallaltro, dimostra anche la difficolt
che un pensiero democratico e riformatore incontr nel momento
in cui la DC venne sempre di pi
strutturandosi su alcuni centri di
potere e assunse una collocazione
spiccatamente atlantica in politica
estera. E tuttavia il lascito di
Dossetti fu notevole, se vero che
da l trae ispirazione la Sinistra di
Base, e con essa numerosi intellettuali e dirigenti (anche fra quanti
pi tardi diedero vita alla corrente
di Iniziativa Sociale).
Il gruppo di Bergamo che crebbe intorno alla figura di Chiarante e di
altri giovani intellettuali, come lo
stesso Magri, si collocarono da subito nellarea dossettiana ma costituiscono, in quella stessa vicenda,

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unesperienza sui generis, collocandosi nella DC su posizioni di


estrema sinistra. Colpisce nel libro
di Chiarante non tanto la rievocazione di alcune posizioni tipiche
della sinistra DC come la collaborazione di governo con le forze di sinistra quanto la profondit della
riflessione sul cambiamento dello
scenario nazionale e internazionale. Ne sono desempio le esperienze di alcune riviste come: Per
Lazione, La base, Prospettive,
Il ribelle e il conformista, Il dibattito politico. Il contributo specifico del gruppo di Bergamo a
tale riguardo rilevante soprattutto
nellanalisi delle trasformazioni sociali. Per molti versi si tratta di un
percorso che rende conto dellevoluzione politica di alcuni giovani intellettuali. In esso significativo lapporto di Gramsci, la lezione di
Rodano e sicuramente esercita
uninfluenza considerevole la figura
di Togliatti. Un percorso che conduce giovani dirigenti DC a spingersi oltre la tradizionale apertura a
sinistra per individuare nel rapporto
col PCI il passaggio fondamentale
per promuovere la crescita sociale
del Paese. Che li conduce anticipando temi sui quali pi tardi si
aprir lo scontro fra Amendola ed
Ingrao - a rileggere lo sviluppo capitalistico in atto in termini di modernizzazione e a concentrare lattenzione sulla sua qualit.
Bene si capisce come questa ricerca
oltrepassasse i limiti del dibattito interno alla DC dellepoca. E non a
caso, dopo lesperienza unitaria del
congresso di Napoli in cui la Sinistra
di Base si alle con Iniziativa
Democratica - la corrente guidata
da Fanfani -, si apr uno scontro con
la nuova segreteria che condusse allespulsione di alcuni esponenti di
spicco, non ultimo lo stesso
Chiarante, a seguito della partecipazione alla conferenza mondiale
dei Partigiani della pace a Helsinki.
In verit la fuoriuscita dalla DC era
gi nelle cose e come lo stesso
Chiarante sottolinea, la partecipazione al convegno di Helsinki in
realt aveva rappresentato una veri-

Settembre - Ottobre 2006

fica finale allagibilit di un partito


di cui non si condivideva la propensione centrista, la deriva moderata (stava gi emergendo il disegno
dordine del governo Scelba), il crescente allineamento atlantico e la
pulsione neo liberista. Ma questo
passaggio segnato anche da un interesse crescente per il PCI e per
limpronta lasciata dalla gestione di
Togliatti. Colpisce nel libro lassenza - nella ricostruzione delle posizioni tenute dal gruppo che faceva
capo a Chiarante - di una qualsivoglia inclinazione anticomunista (la
stessa scelta di aderire alla DC non
muove da un rifiuto aprioristico del
PCI, quanto semmai da una distanza culturale) e la lucidit di
unanalisi che a tuttoggi risulta di
estrema acutezza. Il PCI visto come
una forza democratica, autenticamente riformatrice, diversa per
orientamento e pratica politica
dalla esperienza del socialismo
reale. Esperienza che non viene criminalizzata, senza per questo subirne il fascino. Esemplare la posizione espressa sul 20 Congresso. La
condanna dello Stalinismo non fa
velo a uninterpretazione rigorosa
della situazione internazionale, n
lavvento di Kruscev viene interpretato banalmente come laffermarsi
di una leadership sensibile al tema
della democrazia e della legalit, ma
di questo si intravedono le ambiguit che saranno poi destinate ad
emergere in tutta la loro evidenza.
Si tratta di unimpostazione innovatrice che va a merito di questo
gruppo di intellettuali, ma che ci
parla anche del ruolo del PCI, della
sua vocazione egemonica. E peraltro questo traspare dalla lettura, nel
testo, dei giudizi dati negli articoli
dellepoca sulla dialettica presente
nel PCI. Per una parte del mondo
cattolico la scelta democratica di
Togliatti costituiva una garanzia, nel
contempo se ne apprezzava la vocazione nazionale, la capacit di rompere gli steccati, di tenere vivo un
dialogo. Da queste premesse era
possibile unadesione politica anche per chi aveva militato nel campo
cattolico anche se, allatto pratico,

Settembre - Ottobre 2006

solo pochi intellettuali provenienti


da tale esperienza trasferiscono, nel
corso degli anni 50, il loro impegno
dalla DC al PCI. Lesperienza precedente del Partito della SinistraSociale si era infranta di fronte alla
scomunica della Chiesa cattolica.
Una parte di quanti avevano partecipato erano rifluiti nella DC, mentre altri, come Rodano, erano rimasti, con una decisione sofferta,
nel PCI. Ma si tratt di unesperienza minoritaria, come minoritaria fu quella di Chiarante, di Magri
e di altri giovani che avevano militato nella DC.
Per questo, al di l dellinteresse storico, ci che emerge con pi forza
dal libro non tanto la vicenda politica di un piccolo gruppo, quanto
il contesto entro cui essa si svilupp,

Recensioni

come questo venne interpretato e


percepito da quegli intellettuali.
Questo sguardo sugli anni 50 oggi
prezioso e bench Chiarante dichiara di essersi voluto limitare alla
ricostruzione di unesperienza che
egli definisce generazionale, essa
ci d molti elementi utili per la comprensione di un decisivo passaggio
storico. In questo sta anche lattualit del libro. La riflessione condotta
su quel periodo, infatti, ci restituisce uno spaccato dal quale emergono alcune interpretazioni che
per molti versi suonano in stridente
contrasto con la vulgata che si sta affermando oggi nel paese E il caso
del carattere fondante della resistenza e dellassetto costituzionale
nato nel 1948, la rilevanza nella vita
democratica delle grandi organiz-

zazioni di massa come elemento di


coesione sociale, di mobilitazione
ideale e di crescita politica e morale.
In questo ambito riemerge loriginalit del comunismo italiano nellintreccio fra il ripensamento teorico di Gramsci sulla rivoluzione in
occidente e la costruzione di unesperienza di massa, ispirata dalla ricerca del consenso, in una costante
tensione egemonica che ebbe in
Togliatti il massimo riferimento.
Sommario: Colpisce nel libro, in
primo luogo, la dinamica di un percorso politico che risente fortemente del clima post resistenziale.
Un clima che pu consentire ad un
giovane di aderire alla DC con spirito laico, nel contempo guardando
con interesse allesperienza del PCI,
a cui poi approder

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Festa de lernesto:
un grande successo!
La quinta edizione della festa de
lernesto approdata a Quarrata
(Pistoia), graziosa cittadina dalle
cento piazze che deve il suo nome
alla centuriazione, al modo in cui
gli antichi romani nel tardo I secolo a.C. dividevano la terra in appezzamenti, solitamente di forma
quadrata. Oggi Quarrata un importante polo industriale tessile e
di produzione di mobili legato
alla citt di Prato: proprio qui,
dove la classe operaia fortemente diffusa, lernesto ha voluto
organizzare la sua festa. Grazie soprattutto allaiuto dei compagni
della federazione di Pistoia che,
con una capacit organizzativa
particolarmente efficace, hanno
totalmente gestito il ristorante garantendo sia il pranzo che la cena con centinaia di coperti al giorno.
Grazie alla presenza di diverse associazioni, dallANPI
alla CGIL, da Libera allARCI, da Emergency alla cooperativa sociale Don Chisciotte, la festa stata
grande, bella, accogliente, colorata, partecipata e divertente: un successo che andato oltre ogni aspettativa.
Gi allapertura, effettuata dal direttore della rivista,
Fosco Giannini, dal segretario della federazione di
Pistoia, Ugo Bazzani, e dal saluto del sindaco di Pistoia,
Renzo Berti - questultimo ha fatto un accorato discorso
contro i tagli della finanziaria che andranno a colpire
i Comuni, accogliendo molti applausi e consensi -, vi
era un grande pubblico che andato via via crescendo
durante tutti i dibattiti. Un pubblico attento, curioso,
con molta voglia di sapere, capire, discutere.
Tante le iniziative politiche (da Cuba alla politica internazionale, dallinformazione alla precariet, dal
ruolo dei comunisti nel governo Prodi alla politica economica), tutte riuscite, tanti gli ospiti (da Ugo Intini a
Maria Luisa Boccia e ad un rappresentante dellambasciata cubana, da Cesare Salvi a Giulietto Chiesa, da
Valentino Parlato a Renato Curcio, da Giorgio
Cremaschi ad Albertina Soliani, da Don Gallo al
Sindaco di Quarrata, i concerti, tutti bellissimi da Cisco
ex Modena city ramblers, che presenta il suo ultimo al-

bum, ai Rosso Colore.


Impossibile davvero fornire un efficace resoconto di tutto in poche
righe.
Dalla discussione alla lotta, alla
mobilitazione: dallassemblea
sulla precariet uscito limpegno a partecipare in massa alla
manifestazione nazionale del 4
novembre, perch la frammentazione della classe operaia giova
soltanto al capitale e ai poteri
forti, contro loffensiva dei quali
occorre invece mobilitarsi uniti.
Le nuove leggi sul lavoro, al contrario, introdotte dai vari governi
dellUlivo come del centro-destra
(Legge 30), oltre a gravare pesantemente sulla condizione occupazionale giovanile e non solo,
rendono pi difficoltose le lotte. Il compagno Alberto
Pastorini, poi, ci consegna il plico dei moduli contenenti le firme per la proposta di legge sulla Scala
Mobile: sono 1.038, la federazione ha raggiunto lobiettivo. Con una federazione cos gestita non avevamo
dubbi.
Al presidente del Parco Verde dellARCI, Patrizio
Mearelli, va il nostro particolare ringraziamento per lospitalit offertaci e per la calorosa accoglienza riservataci da tutti i soci.
A tutti coloro che hanno organizzato e lavorato, e sono
tanti, va il nostro grazie.
E luned mattina, sono le dieci. Ci prendiamo un caff
al bar dellARCI, lo vuole offrire la signora che giornalmente gestisce il bar: dice che anche lei, anzi molti
di loro, sono di Rifondazione Comunista. Altri frequentatori del bar vengono a congratularsi e a salutarci
ci chiedono se ci saremo anche il prossimo anno, ma
noi non siamo in grado di confermare. Chiss dove approder la festa, ma ovunque vada questo posto rimane
nel nostro cuore. Abbiamo finito di smontare, tutto
pulito, le macchine caricate dei materiali, il camion di
Sanchini pronto a partire. Un ultimo abbraccio e arrivederci al prossimo anno con lorgoglio di lottare per
costruire un grande Partito Comunista, ognuno come
pu.
Alba Paolini

Campagna abbonamenti 2006


Annuale ordinario 25 euro - Annuale ordinario posta prioritaria 45 euro
Annuale estero posta prioritaria 60 euro - Annuale sostenitore (p. prioritaria) 80 euro
E ff e t t u a re il versamento sul c/c postale n. 14176226 intestato a lernesto - via del Sale 19 - 26100 Cremona - email:abbonamenti@lern e s t o . i t

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