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Quadro mondiale

ed europeo
in movimento

E la sinistra
italiana?
di Alberto Burgio

Vietnam
1975 - 2005

Resteremo
fedeli ai
nostri sogni
di Vo Nguyen Giap

Generale, gi Comandante in capo


dell Esercito di Liberazione del Vietnam
Dedicato alle compagne e ai compagni
de lernesto (V.N. Giap)

sommario a pagina 3
Anno XIII - N. 3 Maggio/Giugno 2005 - 5 euro
Reg. Trib. Cremona n. 355 12.4.2000
Sped. A.P. D.L. 353/2003
(con. in L. 27/02/2004 n46) art. 1 c.1 DCB-CR

Le cronache politiche delle ultime settimane hanno riservato grande spazio al


conflitto scoppiato in seno alla Margherita
alla fine di maggio, quando quel partito
formalizz la decisione di presentare una
propria lista nel proporzionale e a tutti risult chiaro come, dietro unapparente
unit, covassero divisioni e rancori tra i
suoi vari petali: tra i prodiani, gli ex-popolari e i rutelliani di stretta osservanza.
Nel frattempo lo scontro si generalizzato
e approfondito, trascinando tutti i partiti
dellUnione in un gioco al massacro che
attraversa lo stesso gruppo dirigente diessino, solo in parte disposto a seguire Prodi
sino in fondo nel suo tentativo. Un gioco
al massacro fatto di minacce di scissioni e
di altisonanti proclami, nel quale corrono
com buona regola accuse e parole
forti. difficile dire come questa storia andr a finire. Di certo, al momento, c che
lUnione non pi tale, per non dire che
irrimediabilmente in frantumi. E la cosa
suscita alcune considerazioni, alle quali
conviene subito accennare.
Lo spettacolo di una guerra senza quartiere tra i massimi esponenti di quella che
si candida ad essere la nuova dirigenza del
Paese suscita nellopinione pubblica sconcerto e malcontento. E anche legittime
preoccupazioni. Tra gli elettori che hanno
consegnato al centrosinistra una sonante
vittoria alle Regionali molto diffusa limpressione che ci si ritrovi, per lennesima

Il tempo passer. ma la vittoria del popolo


vietnamita nella guerra di resistenza contro gli Stati Uniti rimarr per sempre nella
storia come una delle imprese pi luminose, il simbolo straordinario del trionfo
delleroismo rivoluzionario e dellingegno umano. La nostra lotta entrata nella
storia mondiale come il pi importante
conflitto del ventesimo secolo, un evento
dimportanza internazionale che ha profondamente segnato unepoca.

segue a pag. 2

segue a pag. 8

Nella sua storia di resistenza il Vietnam ha


affrontato molte e dure sfide contro laggressione straniera. Mille anni sotto la dominazione dal nord. Mille anni di lotta per
lindipendenza contro le invasioni delle
dinastie feudali del nord, comprese le tre
battaglie contro i mongoli Yuan, lesercito
pi potente nel mondo nel tredicesimo secolo. Cento anni sotto il giogo del vecchio
colonialismo aggressivo francese. E ventun anni contro laggressione neocolonialista degli Stati Uniti. Tutte queste
prove sono state lunghe e feroci. Tuttavia,
la guerra di resistenza antistatunitense
stata, per il Vietnam, la sfida pi grande e
pi dura.
Il popolo vietnamita ha dovuto affrontare
i pi ricchi, forti, inumani e perfidi guerrafondai imperialisti. La guerra stata talmente lunga da impegnare ben cinque
presidenti degli Stati Uniti durante i loro

Maggio Giugno

Editoriale

segue A. Burgio da pag. 1

volta, di fronte a una pura e semplice lotta di potere che potrebbe


favorire Berlusconi e regalargli lanno prossimo, alle Politiche, un inaspettato (e tragico) successo. In effetti, se si considera che in tutto questo accusarsi e minacciarsi reciproco non si parla mai di progetti e di
programmi di cose concrete che
interessino davvero la vita dei cittadini appare difficile dare torto a
chi sostiene che tra Prodi e Rutelli
(e tra i rispettivi eserciti) sia in corso
soltanto una sfida personale.
Leffetto pi grave, da questo punto
di vista, potrebbe essere la ricaduta
nella disaffezione dalla politica e il
ritorno di fiamma dellastensionismo tra le file degli elettori del centrosinistra. Le manovre del presidente della Margherita mirano,
stando alle sue dichiarazioni, a raccogliere il massimo di consensi nellelettorato moderato (i voti in libera uscita dalla Casa delle Libert). Rutelli si difende dallaccusa
di avere minato le fondamenta del
lUnione osservando che un eventuale incremento di consensi alla
Margherita rafforzerebbe lintera
coalizione. Ma se la rabbia seminata
dalle lotte intestine dovesse allontanare dal voto una grossa getta di potenziali seguaci del centrosinistra, si
sarebbe trattato del classico calcolo
f u r b o ma s t u p i d o. Per il quale saremmo chiamati a pagare tutti un
prezzo assai salato.

IL
DELLA

PROGETTO

M A R G H E R I TA

C da fare per anche un altro ragionamento se si vuol capire davvero che cosa sta accadendo sotto i
nostri occhi: un ragionamento che
richiede un certo sforzo di freddezza, poich prescinde dal giudizio sul progetto politico del presidente della Margherita. Quale sia
questo progetto e di che segno
non proprio un mistero. Da quando occup la carica di sindaco di Roma, Francesco Rutelli impegnato
in una coerente rincorsa al centro.
Egli ambisce, con ogni evidenza, ad

affermarsi come principale rappresentante (e garante politico) di quel


sistema di poteri forti(Confindustria, banche, Vaticano) che costitu in passato il fondamento dellegemonia democristiana. Per ci
stesso, Rutelli non perde occasione
per rassicurare lelettorato moderato: ieri pronunciandosi contro lidea di abrogare le leggi berlusconiane, proponendo di porre le
scuole cattoliche a carico dello Stato
o evitando di chiedere il ritiro delle
truppe italiane dallIraq; oggi proclamando fragorosamente la propria decisione di astenersi dal voto
referendario in materia di procreazione assistita.
Questultima presa di posizione, in
particolare, si commenta da s. un
gesto molto grave sul piano eticopolitico, poich con esso Rutelli si
colloca (insieme ai presidenti di Camera e Senato) tra i portabandiera
della crociata fondamentalista e
oscurantista bandita dalla Chiesa in
dispregio della laicit dello Stato (e
della legittimit dello Stato laico).
Ed un gesto altrettanto grave per
il merito della materia. La legge 40
anticostituzionale e crudele (come ogni fondamentalismo) nei confronti delle donne, dei malati, delle
coppie sterili e degli stessi nascituri.
Per di pi, oltre a fornire un grande
aiuto al governo e alla Casa delle
Libert, in crisi dopo il voto di aprile, la rovinosa sconfitta del s rischia
ora di dare il via a una nuova sciagurata campagna contro la legge
194 sullaborto.
Sul connotato iper-moderato del disegno politico di Rutelli non possono dunque esservi dubbi di sorta.
Ma il senso politico di quanto sta avvenendo in seno allUnione non si riduce alle intenzioni del presidente
della Margherita, che pure un protagonista dello scontro, e non riflette
meccanicamente i suoi progetti. Le
lotte intestine che scuotono il centrosinistra sono anche il sintomo di
un malessere diffuso. Per meglio
dire, sono anche leffetto di una sofferenza del sistema politico, e vanno indagate (e, possibilmente, affrontate)
con questa consapevolezza.

LE

CONTRADDIZIONI

I N S E N O A L L U N I O N E

Nello scontro senza esclusione di


colpi che vede schierati su opposti
fronti non solo, dentro la Margherita, i seguaci di Prodi e quelli di
Rutelli, ma anche, nel contesto
complessivo dellUnione, i sostenitori della leadership dellex presidente della Commissione europea
e quanti invece pur non mettendola (ancora) esplicitamente in discussione non la considerano un
dato acquisito, non sono in gioco
soltanto ambizioni personali o rendite di posizione di questo o quelluomo politico, di questo o quel
gruppo. In tale conflitto si manifesta anche una contraddizione oggettiva che deve essere riconosciuta
per quel che . Lo scontro sorge dal
contrasto tra le caratteristiche materiali del nostro sistema politico
(specchio di un paesaggio sociale e
culturale estremamente frastagliato) e la forma che gli si voluta imporre con una sorta di rivoluzione dallalto adottando la legge
elettorale oggi in vigore e importando il cosiddetto modello anglosassone, fondato sul maggioritario,
il bipolarismo e lalternanza tra formazioni politiche accomunate da
obiettivi strategici condivisi.
Allinizio degli anni Novanta, nel
pieno dello sconquasso che invest
la classe politica della cosiddetta
prima Repubblica, si posero le
premesse per una rovinosa sequenza di avvenimenti, di cui oggi il Paese paga le conseguenze. Si promise
la semplificazione del sistema e si
determin invece unartificiosa
moltiplicazione dei partiti. Si assicur una maggiore trasparenza
nella formazione della rappresentanza, e si accrebbe invece ulteriormente il potere decisionale di ristrette cerchie dirigenti. Si dichiar
che lintroduzione del maggioritario avrebbe portato la politica pi
vicino ai cittadini, mentre lunica
cosa che effettivamente si ottenne
fu il trionfo della spettacolarizzazione e della personalizzazione
della politica, con un conseguente

Maggio Giugno 2005

impennarsi dei suoi costi. Niente


male per riforme che si pretendevano ispirate ai principi della partecipazione democratica.
Questa presuntuosa (e autolesionista) opera di ingegneria politica e
istituzionale, della quale fu massimo artefice il gruppo dirigente del
Pds allora guidato da Achille Occhetto, non ha avuto, tuttavia, il potere di cambiare una realt che
aveva profonde radici e una lunga
storia. Questo non un Paese pacificato e unificato da una tradizione
condivisa, in grado di fornire allintera cittadinanza un quadro di riferimenti culturali, morali e politici
comuni (al di l dei diversi interessi
di classe). un Paese diviso, che
reca in s, ancora visibili, i segni di
un recente passato di frammentazione. Di questa complessit (che
tuttavia anche una potenziale ricchezza) i grandi partiti di massa e le
formazioni politiche minori riuscirono a farsi carico nel tempo della
prima Repubblica, svolgendo
adeguatamente, pur fra tanti limiti,
i compiti loro assegnati dalla Costituzione repubblicana. Senonch
quei partiti furono bruscamente
spazzati via dalle frettolose riforme
degli anni Novanta, che sostituendo forze politiche insediate nella
storia del Paese con formazioni
mancanti di un effettivo radicamento hanno lasciato parte della
societ italiana sostanzialmente priva di rappresentanza. Anche lUlivo
che pure ebbe il merito, nel 1996,
di mobilitare lopinione pubblica
democratica nella battaglia contro
Berlusconi fu figlio di quella logica, che guardava ai partiti come a
cascami di unepoca passata.
LUlivo ha scritto Ilvo Diamanti
commentando proprio gli ultimi avvenimenti stato piantato, in passato, con poca attenzione al terreno, alle foglie, ai frutti. In altri termini: ai valori, alle idee, al rapporto
con il territorio. Oggi quel che succede nellUnione discende in
buona misura proprio da quella
poca attenzione.
Non solo larrischiato tentativo di
un capo-partito di lucrare su un

Editoriale

buon risultato elettorale e sulla crisi


politica dellavversario. , pi in
profondit, il segno di una rivolta dei
partiti (se non ancora, forse, della
loro riscossa) contro una logica di
coalizioni concepite come partiti dei
leader. Ed , per ci stesso, il segno
di una crisi profonda (e forse irreversibile) del maggioritario, che appare ormai a tanti uninutile camicia di forza, capace solo di trasferire
allinterno dei partiti, parlamentarizzandoli, una dialettica che dovrebbe invece dispiegarsi tra forze
diverse, indipendenti tra loro e realmente libere di costruire con la propria base sociale relazioni concre t e,
fondate sulla conoscenza dei bisogni e delle potenzialit dei soggetti
e dei territori.

SOMMARIO

Quando si dice unaltra Europa

13

F.S.

Que se vayan todo

15

G. Labica

Il condominio imperiale

19

D. Jonhstone

Ue: Costituzione e atlantismo

22

P. Guerreiro

La difesa europea e gli USA

24

Intervista al generale Henri Paris

Di ritorno da Cuba

26

Intervista a Claudio Grassi, a cura di B. Steri

Autonomia del movimento e scelta pacifista 29


COMUNISTI
D A LT E R N AT I VA :

SINISTRA

QUALE RUOLO?

Queste ultime considerazioni ci riportano allo scenario odierno e parlano anche di noi, del ruolo di Rifondazione Comunista nellattuale
fase politica.
Relazioni concrete, dicevamo, costruite sulla conoscenza di bisogni e
potenzialit. Detto in altri termini:
la politica. I programmi. Gli obiettivi
da raggiungere. I progetti. L i n d ividuazione di interessi da tutelare o
da colpire. La scelta tra diversi modelli di sviluppo, tra diverse idee di
societ. Non un caso che di tutto
questo non vi sia traccia nella rovente polemica quotidiana che
scuote lUnione e disorienta un
Paese stremato. Si parla di formule,
di capi (anzi, di leader), di contenitori e di procedure. Si evocano le
primarie, liturgie tipiche del sistema maggioritario, esemplari di
una concezione personalistica e
spettacolare della politica. Ma nessuno, nessuno, sembra interessato a
chiarire perch in vista di che cosa
ci si dovrebbe disporre a votare per
quel leader e per la sua coalizione,
piuttosto che per altri. Dicevamo
che si respira un clima di crescente
sfiducia verso una classe politica litigiosa e assorbita nei propri inde-

S. Cannav

Quel che le Regioni ci mandano a dire

32

G. Mele

La destra perde. Vincer il centrosinistra? 34


P. Beni

Per un exit strategy dal berlusconismo

36

S. Galante

Il programma che non si trova

39

V. Parlato

La scelta unitaria dei metalmeccanici

40

G. Rinaldini

Verso il Congresso della CGIL

43

B. Casati

Fascismo/Antifascismo

46

L. Canfora - D. Greco
Intervista a P. Toekerus, a cura di S. De Bianchi

Internazionale
58
Cuba (M. Baldassarri e S. Cararo) - Paesi Baschi
(M. Santopadre) - Russia (M. Gemma)
Dibattito
70
Perestrojka(A. Catone) - Cina-Usa(P. Theuret)
Partito della Sinistra Europea (H. Charfo)
Pietro Secchia: vita di un rivoluzionario

85

M. Graziosi

Intervista allo scrittore Aldo Bajani

91

G. Livio e Armando Petrini

Recensioni
Memorie del nostro Novecento
M. R. Calderoni

95

Editoriale

cifrabili contrasti. Ma non solo un


problema di scontri e di sgradevoli
aggressioni. Quello che tanti percepiscono la vanit di questo confliggere, la sua incolmabile distanza
dai drammi di un Paese in cui i poveri diventano sempre pi poveri e
la stessa classe media fatica a far durare gli stipendi sino a fine mese.
Vediamo rapidamente poche, aride
cifre.

E noi? Quale ruolo sta giocando


il nostro partito in questa
che potrebbe sembrare
una commedia, se non rischiasse
di concludersi tragicamente?
La recessione colpisce certo tutto il
Paese e si riflette in una pesantissima crisi delleconomia italiana. Il
debito pubblico ha superato la soglia dei 1500 miliardi di euro, pari
al 106,6% della ricchezza nazionale.
Il pil in caduta libera (-0,5 % nel
primo trimestre di questanno rispetto al precedente, gi negativo),
in controtendenza rispetto agli altri
Paesi industrializzati. A fronte di
una drastica caduta del costo del lavoro (-4% tra il 1995 e il 2004), diminuiscono gli investimenti (-0,6),
la spesa della pubblica amministrazione e gli acquisti di macchine e attrezzature (-1,1). Cadono gli ordinativi (-3,6) e le esportazioni (-4,1).
lintero sistema-Paese, ormai,
ad arrancare. Ma tutto ci ha ricadute drammatiche soprattutto sul
lavoro e sui ceti pi deboli, gi penalizzati da uninflazione reale che
viaggia stabilmente sopra il 5% annuo e colpiti da anni di attacchi ai
salari e politiche restrittive, dalla
precarizzazione e dallo smantellamento del welfare e di ogni altro sistema di protezione sociale.
Nel corso degli ultimi cinque anni
loccupazione nellindustria diminuita del 6,5%; loccupazione complessiva risulta in crescita solo per-

ch si generalizzato il ricorso al
precariato; soltanto il 56% della popolazione in et lavorativa risulta occupato e lItalia in vetta alla classifica europea della disoccupazione
giovanile (27%). Il sommerso vale
ormai poco meno del 30% del pil
(con punte di oltre il 40% in agricoltura, nel settore alberghiero e
nei servizi alle imprese e alle famiglie). Ne discende unevasione contributiva per oltre 60 miliardi di euro lanno, a cui vanno aggiunti altri
200 miliardi di redditi che sfuggono
al fisco. Sono cifre da capogiro, che
parlano di una gigantesca e sistematica redistribuzione della ricchezza dal lavoro al capitale e alla
rendita. E difatti la disuguaglianza
aumenta costantemente. Negli ultimi dieci anni, la quota di ricchezza
nazionale detenuta dal 5% pi ricco
delle famiglie passata dal 27 al
32%, il che significa che 950 mila famiglie traggono reddito prevalentemente dal capitale. Dai primi anni
Novanta ad oggi la quota della ricchezza nazionale posseduta dall1%
pi ricco passata dal 10,6 al 17,2%.
A fronte di ci, sono oltre quattro
milioni i nuclei familiari ufficialmente gravati da debiti.
Questa la realt italiana dopo quattro anni di governo Berlusconi, otto
anni e mezzo di osservanza dei vincoli di Maastricht e oltre un decennio di privatizzazioni e liberalizzazione del mercato del lavoro. N
quanto avviene in questi giorni lascia intravedere sia pur timide inversioni di tendenza. Il governo
esclude tassazioni delle rendite finanziarie, progetta ulteriori regali
alle imprese (il taglio dellIrap) e
nuove, sconcertanti privatizzazioni
(le spiagge e le strade). Ma forse che
lUnione linsieme delle forze politiche che dovrebbe rappresentare
unalternativa a questo disastro discute di tutto questo? No. troppo
intenta a dibattere su nomenclature
e organigrammi. Romano Prodi annuncia a mesi alterni lavvio di assemblee programmatiche. Da ultimo, forse stanco lui stesso dei propri proclami, arrivato a scrivere
(nel celebre manifesto cretese) che

Maggio Giugno

non ancora il tempo per tradurre


i nostri grandi obiettivi in un programma dettagliato di governo.
Ma se non ora, quando? Forse alla
vigilia delle elezioni, quando le esigenze elettorali avranno ragione di
ogni altra preoccupazione e faranno premio su ogni altra istanza?
Con il rischio che un accordo dellultimora serva s a nascondere divergenze, ma non certo ad appianarle individuando mediazioni accettabili per tutte le parti in causa?
E noi? Quale ruolo sta giocando il
nostro partito in questa che potrebbe sembrare una commedia, se
non rischiasse di concludersi tragicamente? La nostra impressione
che Rifondazione comunista non riesca a prendere distanza da tutto
questo e a far sentire forte la propria voce, come invece dovre b b e, sui
problemi reali del Paese: sul salario
e sui diritti del lavoro; sui contratti,
che i padroni determinati a sbarazzarsi una volta per tutte del contratto nazionale non vogliono
chiudere, e sui rischi di un ritorno
alla concertazione; sugli scioperi
che ripartono (a cominciare dalla
mobilitazione dei meccanici, che ha
visto oltre un milione e mezzo di lavoratori in piazza il 10 giugno in difesa del salario e delle poche garanzie non ancora travolte dalla flessibilit); sui diritti sociali sempre
pi a rischio e sulla vergogna di un
sistema fiscale che premia evasori e
speculatori.
Il partito rischia seriamente di apparire privo di idee, appiattito sul
centrosinistra, incapace proprio
ora che la crisi dellUnione gliene
darebbe ampie possibilit di proporre al Paese una strada praticabile
per uscire dal disastro prodotto dal
governo Berlusconi, e di promuovere una iniziativa in grado di coinvolgere tutta la sinistra di alternativa sul terreno delle lotte, dei movimenti, della elaborazione programmatica. A nostro giudizio, la linea praticata dal Partito a cominciare dalla discutibile richiesta delle
primarie la conseguenza di un
errore che lamentiamo da tempo,

Maggio Giugno 2005

Editoriale

da quando la giusta decisione di


mettere allordine del giorno il
tema delle alleanze per cacciare il
governo delle destre si tradotta
nella scelta, secondo noi sbagliata,
di dare per acquisito un accordo di
governo prima ancora di verificare
la possibilit di adeguate convergenze programmatiche.
Ma ora non ci interessa tanto recriminare sul passato e sul tempo perduto. Ci preme molto di pi evitare
che gli errori commessi vengano
perpetuati, con pregiudizio per il
Partito, per la nostra gente, per il
Paese. Si dica una volta per tutte,
con forza e con chiarezza, che Rifondazione comunista (disponibile
sin dora, senza se e senza ma, a unire
la propria forza ai partiti del centrosinistra per cacciare Berlusconi)
far parte di una coalizione di governo solo se il programma conterr
alcune condizioni irrinunciabili (a
cominciare dallabrogazione delle
leggi di Berlusconi, dal ritiro immediato delle truppe italiane da
tutti i teatri di guerra e dalla nonpartecipazione a nuove guerre, fossero anche coperte dallOnu). Lo si
dica. Si dia al mondo del lavoro, ai
giovani, alle donne, agli anziani la
certezza che Rifondazione comunista sar al loro fianco nella battaglia
che si annuncia quanto mai aspra
per la riconquista di condizioni di
vita accettabili. Si dia alle altre forze
della sinistra critica e di classe e al
popolo della sinistra, stanco di
sentire parlare di formule astratte e
di assistere a vane lotte intestine, un
segnale forte, netto, finalmente legato a problemi concreti. Chi sa che
questo scossone ben pi vigoroso
di tutte le primarie possibili e immaginabili non risvegli nel Paese
un entusiasmo e una fiducia da
tempo smarriti, e non induca i litiganti del centrosinistra a comportamenti pi seri e pi pensosi del
bene comune.

IL

QUADRO POLITICO

EUROPEO

Lattuale fase politica non turbolenta solo per quanto concerne lo

scenario italiano. Lo scorso maggio


ha visto modificarsi profondamente
il panorama politico europeo,
scosso da alcune tornate elettorali
di notevole rilevanza.
Hanno cominciato le elezioni politiche inglesi (5 maggio), dove Tony
Blair stato rieletto per un terzo
mandato, ma il partito laburista ha
subito una pesante emorragia di
voti (-5,4% a vantaggio dei conservatori e, soprattutto, dei liberal-democratici) e ha visto ridursi di due
terzi la propria maggioranza parlamentare ai Comuni. Il premier inglese, puntualmente celebrato dal
centrosinistra italiano come modello di modernit e di buongoverno, paga le sue politiche sociali
di stampo thatcheriano e paga la
subalternit agli Stati Uniti nella
guerra irachena e nelladozione di
misure liberticide contro il terrorismo internazionale. Sono seguite poi (22 maggio) le elezioni nel
Land tedesco del Nordreno-Westfalia, roccaforte operaia da 39 anni
governata ininterrottamente dal
partito socialdemocratico. Qui la sinistra ha subito una vera e propria
dbcle, perdendo il 5,7% dei voti a
beneficio dei cristiano-democratici
(+7,8): un risultato che prefigura
una sconfitta storica alle prossime
elezioni per il parlamento federale.
Anche in questo caso gli elettori
hanno voltato le spalle al cancelliere Schroeder principalmente per
le sue scelte economiche (privatizzazioni; tagli alla spesa; riduzione
dei sussidi di disoccupazione, in un
Paese che conta un esercito di sei
milioni di disoccupati) ispirate ai
dogmi di Maastricht. In entrambi i
casi le urne hanno punito le politiche neoliberiste della sinistra socialdemocratica.
Preoccupa (ma non stupisce) che i
commenti rilasciati dai dirigenti del
centrosinistra italiano non registrino in alcun modo questo dato di
fatto. Al contrario, un tutto un coro
di elogi per le coraggiose politiche
di modernizzazione: bisogna puntare tutto sulla competitivit, sulla
concorrenza, sul contenimento dei
costi sociali. Come si dice, dio ac-

ceca chi vuol perdere. Viene spontaneo chiedersi che cosa direbbero i
nostri Prodi, Amato e DAlema qualora Blair e Schroeder le elezioni le
avessero vinte per davvero.
Lavvenimento cruciale sullo scenario europeo stato tuttavia un altro:
il referendum francese (29 maggio), seguito a ruota da quello olandese (1 giugno), che ha clamorosamente bocciato la cosiddetta Costituzione europea. questo un
evento di grande rilevanza e complessit, che dovr essere analizzato
con cura quando sar possibile comprenderne appieno presupposti e
conseguenze. Ma sulla bocciatura

Lavvenimento cruciale sullo scenario


europeo stato tuttavia un altro:
il referendum francese,
seguito a ruota da quello olandese
del Trattato costituzionale europeo
alcune valutazioni possono essere
formulate sin dora con relativa sicurezza. E la prima che si trattato di una vittoria delle classi subalterne e dei ceti pi colpiti dalla globalizzazione neoliberista; dunque
di un voto positivo, che salutiamo
con grande soddisfazione. Recatisi
in massa alle urne, i francesi (e gli
olandesi) hanno pronunciato un
sonoro no a questa Europa, concepita a misura degli interessi delle oligarchie finanziarie e imprenditoriali. Hanno detto no a una struttura dei poteri che somiglia sempre
pi, come ha scritto Jean-Paul
Fitoussi, a una democrazie delle
lite. E hanno detto no soprattutto
alla costituzionalizzazione di quel
primato dei mercati e dei capitali
che si traduce ogni giorno nella perdita del lavoro e di ogni sicurezza,
nellimpoverimento di masse crescenti, nello smantellamento dello
Stato sociale, nella privatizzazione
di tutti i servizi e in politiche fiscali

Editoriale

favorevoli a imprese e patrimoni.


Tutto questo possiamo affermarlo
senza tema di smentite, tanto
chiara la matrice operaia, popolare
e giovanile dei voti contrari alla ratifica della Costituzione europea.
Basti un dato. In Francia hanno votato no il 67% degli impiegati, il 70%
dei salariati agricoli e ben l81% dei
salariati del manifatturiero, a cominciare dai lavoratori interinali.
Si tratta di dati inequivocabili, che
attestano come in questo voto si sia
espressa innanzi tutto la richiesta di
ro v e s c i a re le basi dellintegrazione
europea, sostituendo i vincoli attuali con garanzie di occupazione,
di salario, di protezione sociale e
ambientale. Tale prevalente segno
progressivo resta anche a fronte
della preoccupazione che le ansie

In Italia, anche da parte


di autorevoli dirigenti
del centrosinistra, si assicur
che il secondo mandato di Bush
sarebbe stato diverso
generate dalla precariet di massa
possano ingrossare le file di movimenti nazionalisti e xenofobi e alimentare la richiesta di misure repressive nei confronti degli immigrati, facilmente individuati come
responsabili del peggioramento
delle condizioni di vita. Questo rischio non va certo ignorato. Al contrario, occorre intervenire subito
per evitare il pericolosissimo cortocircuito tra paure di massa e tentazioni autoritarie. Ma a questo riguardo va pur detto che la colpa di
tale stato di cose incombe per intero
sugli architetti di questa Europa,
nella quale le imprese hanno tutta
la libert di scorrazzare, delocalizzando le produzioni (sono almeno
500mila gli operai dipendenti da capitale italiano nella sola Romania)
e lucrando su un costo del lavoro
che, nei Paesi dellest europeo,
cinque, sei, persino otto volte infe-

riore a quello medio dei Paesi pi


industrializzati. Quando Giuliano
Amato si permette di insultare i critici del Trattato costituzionale europeo che stanno festeggiando insieme a coloro che hanno votato no
perch sono contro gli immigrati,
sono razzisti e protezionisti, il
meno che gli si possa rispondere
che egli dovrebbe piuttosto trarre
dal voto francese e olandese motivi
di seria riflessione sulle gravi responsabilit che condivide con gli
altri padri di questa Costituzione.
Proprio le parole di Amato (o quelle
di Mario Monti, che ha definito i referendum sul Trattato costituzionale europeo un esercizio molto
astratto e pericoloso di democrazia, colpevole di sottoporre a
gente ignorante e incompetente
un tema obiettivamente complesso) segnalano il vero rischio
che rimane sul tappeto dopo questo
importante risultato elettorale.
LEuropa dei popoli non vuole
lEuropa dei capitali, delle banche
e dei mercati (cos come non vuole
lEuropa degli eserciti, delle armi e
delle guerre umanitarie e imperialiste). Non vuole questa Europa
di cui sperimenta quotidianamente
gli effetti devastanti. Ma i governi e
le burocrazie sono disposti a prendere atto di questo responso? Si atterranno al verdetto delle urne modificando alla radice cos come i
cittadini pretendono le logiche
politiche, sociali ed economiche
dellintegrazione? Per quanto riguarda limmediato, la risposta non
confortante. Limpasse decisa dal
voto francese e olandese ha trasformato proprio Blair (prossimo presidente di turno dellUnione) in un
arbitro influente. E in Francia il
nuovo governo, insediato dopo il referendum, ha subito varato un programma iperliberista che accoglie
tutte le richieste del Medef (la Confindustria francese), a cominciare
dallaumento dellorario settimanale a parit di salario, sulla scia dei
famigerati accordi della Siemens e
della Volkswagen.
Nel breve, il quadro dunque in-

Maggio Giugno

certo e non privo di ombre. Ma limportante successo del no costituisce


un fatto politico di straordinaria
portata, perch lespressione di
orientamenti diffusi e radicati. Su
questo grande patrimonio la sinistra anticapitalista e di classe chiamata sin dora a un impegno costante, volto a conquistare in tutto
il continente direttrici radicalmente nuove alle politiche sociali
ed economiche. Nonch una politica estera di pace, nel segno dellautonomia e dellintransigente rifiuto della violenza imperialista che
oggi gli Stati Uniti impongono in
tante aree del mondo.

AGGRESSIVIT U SA, C UBA


E I M P E G N O A N T I M P E R I A L I S TA

Questultimo accenno agli Stati


Uniti ci impone di soffermarci brevemente, in chiusura, su un altro
tema, connesso precisamente alle
sanguinose conseguenze dellimperialismo statunitense e ai rischi di ulteriori devastanti conflitti che esso
produce.
Allindomani della sua rielezione,
lo scorso novembre, George W.
Bush venne salutato da un coro di
ovazioni. In Italia, anche da parte di
autorevoli dirigenti del centrosinistra, si assicur che il secondo mandato di Bush sarebbe stato diverso, disposto a un pi rispettoso
rapporto con gli alleati europei,
allinsegna del multilateralismo.
Da dove si traessero tali auspici rimane un mistero. Sta di fatto che in
questi mesi Bush ha semmai radicalizzato il carattere aggressivo e la
propensione dispotica e bellicista
del suo governo, promovendo i falchi pi estremisti (Rice, Wolfowitz,
Negroponte, Bolton), nominando
ministro della Giustizia il proprio
consulente giuridico, entusiastico
fautore della tortura, e cercando di
varare una nuova legislazione antiterrorismo ancor pi liberticida
del tristemente famoso Patriot Act.
Gli effetti di questo salto di qualit
non si sono fatti attendere. Le torture nelle carceri americane sparse

Maggio Giugno 2005

per il mondo sono diventate prassi


quotidiana, nella generale indifferenza degli organi di informazione
e delle corti internazionali. In Iraq
(e in Afghanistan) la brutalit dei
marines, coperti da una totale impunit, dilaga, esprimendosi in
comportamenti criminali a danno
delle popolazioni civili.
Intanto Bush alza il tiro, chiarendo
come non aveva mai fatto in precedenza che la posta in gioco non
soltanto il petrolio n solo il Medio
Oriente, ma il dominio mondiale. A
Mosca, in occasione delle celebrazioni del sessantesimo anniversario
della fine della Seconda guerra
mondiale, dichiara che gli accordi
di Yalta furono un errore, lasciando
intendere che con lUrss non si sarebbe dovuti scendere a patti, si sarebbe dovuto combattere, moltiplicando le Hiroshima e le Nagasaki:
si pu immaginare una metafora
pi eloquente? Poco dopo allindomani del fallimento della conferenza di revisione del Trattato di
non proliferazione nucleare, in
larga misura voluto dagli Stati Uniti
(27 maggio) il ministro statunitense della Difesa attacca la Cina,
ammonendola ad abbandonare i
propri programmi di difesa missilistica, giudicati pericolosi per i delicati equilibri regionali e per gli
onnipresenti interessi nazionali
degli Stati Uniti.
sempre pi evidente come limperialismo statunitense costituisca
una seria minaccia per la pace mondiale. Sarebbe tanto pi interessante, quindi, sapere come valutino
questi ultimi episodi quanti a cominciare dai massimi dirigenti dei
Ds hanno ritenuto di pronunciarsi, ancora di recente, a favore della
pratica neo-conservatrice di esportazione della democrazia. E come
giudichino, in questo contesto, la permanenza delle truppe italiane in
Iraq e la non meno cruciale questione delle basi Nato e Usa disseminate sul territorio nazionale, sedi
di armamenti nucleari, snodi nevralgici di un sistema strategico integrato, per mezzo del quale gli Stati

Editoriale

Uniti minacciano quanto ancora


in pace nel Mediterraneo e (i Balcani ce lo insegnano) sullo stesso territorio europeo.
Intendiamoci: sono solo domande
retoriche, per rispondere alle quali
pi che sufficiente considerare
che dallon. DAlema e dallon.
Fassino non mai venuta una parola che sia una in difesa dei diritti
del popolo iracheno a insorgere
contro loccupazione militare anglo-americana (e italiana). Al contrario, ricordiamo solo dure accuse
nei confronti della Resistenza irachena, assimilata al terrorismo. Il
che tanto pi grave se si considera
che il mondo intero deve proprio a
quella resistenza di popolo, capace
di frustrare i progetti statunitensi di
guerra-lampo, che laggressione imperialistica non abbia dilagato nella
regione, attaccando dopo lIraq altri Stati-canaglia. Disse un giorno
DAlema, a proposito di un eventuale accordo di governo con
Rifondazione comunista, che ad
ogni modo la politica estera del centrosinistra non negoziabile. Alla
luce delle sue ultime esternazioni in
tema di esportazione della democrazia (coerenti con le sue gesta ai
tempi del Kosovo), vorremmo fargli sapere che non negoziabile
anche la non-disponibilit di
Rifondazione comunista a qualsiasi
avventura bellica, di qualsiasi genere, con qualsiasi motivazione.
Ma quel che oggi pi conta che, a
dispetto della violenza distruttiva dispiegata dagli Stati Uniti e dai loro
alleati, il panorama internazionale
tuttaltro che privo di luci. Ad ostacolare i progetti imperialistici degli
Stati Uniti non c solo la Resistenza
irachena, ma anche il progressivo costituirsi di aree indipendenti di potenza economica e strategica. Va
letto in questa chiave, da ultimo, laccordo politico, strategico ed economico stretto tra lIndia e la Cina,
a cui si aggiungono gli accordi bilaterali e triangolari dei due giganti
asiatici con la Russia. A ci si aggiunge limponente risveglio dellAmerica Latina, nella quale a mac-

chia di leopardo si estende un gigantesco movimento anti-imperialista di popoli e di Stati che riconquistano indipendenza e sovranit.
Dopo il Venezuela di Chavez e
lUruguay del Frente amplio, di
questi giorni la rivolta del popolo boliviano, con alla testa il movimento
dei minatori e dei c a m p e s i n o s d i
Sucre, che pretende di tornare libero e padrone delle risorse energetiche del proprio Paese, sin qui saccheggiate dalle multinazionali nordamericane con la complicit di governi corrotti. Infine, Cuba.
Quarantacinque anni di embargo
non sono bastati a piegare la rivoluzione cubana. N bastata la
montagna di soldi (oltre 50 milioni
di dollari lanno) che gli Stati Uniti
spendono per finanziare il dissenso, la contra, lo spionaggio e le
bande criminali che dal 1960 ad
oggi hanno compiuto rapimenti e
attentati costati la vita a 3478 persone. Cuba resiste. Al terrorismo imperialista e anche alle campagne di
stampa che la diffamano per isolarla. Resiste e svolge con vigore il
ruolo di capofila del movimento
anti-imperialista in America Latina.
Di questa ferma determinazione
testimonianza, da ultimo, lincontro internazionale contro il terrorismo, per la verit e la giustizia
svoltosi allAvana dal 2 al 4 giugno
con la partecipazione di partiti comunisti, comitati di lotta e movimenti sociali provenienti da ogni
continente. Lincontro (al quale
lo ricordiamo con orgoglio la componente de lernesto stata ufficialmente invitata) ha offerto loccasione per denunciare dinanzi al
mondo i crimini del terrorismo statunitense e per chiamare a raccolta i
movimenti, le forze politiche e gli
Stati che vi si oppongono nel nome
della giustizia e del diritto allautodeterminazione. I popoli questo
ci dice lincontro di Cuba non si
piegano alla violenza del capitalismo imperialista. La resistenza continuer e continuer la lotta per il
socialismo, altro mondo possibile.
13 giugno 2005

Vietnam/30 della liberazione

Maggio Giugno

segue Vo Nguyen Giap da pag.1

mandati presidenziali. Durante la


sua storia, mai il Vietnam aveva dovuto sostenere una guerra di resistenza tanto squilibrata nel rapporto di forze politico e militare.
Registr. del Tribunale di Cremona
n. 355 del 12/04/2000
Bimestrale
Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P.
D.L. 353/2003 (con. in L. 27/02/2004 n46)
art. 1, comma 1, DCB Cremona

Direttore Fosco Giannini


Direttore responsabile Giovanni Lucini
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Hanno collaborato:
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Luciano Canfora, Salvatore Cannav, Hassan
Charfo, Maria Rosa Calderoni, Sergio Cararo,
Bruno Casati, Andrea Catone, Silvia De Bianchi,
Severino Galante, Mauro Gemma, Marcello
Graziosi, Dino Greco, Pedro Guerreiro, Diana
Jonhstone, Georges Labica, Gigi Livio, Giorgio
M e l e , Vo Nguyen Giap, Va l e n t i n o P a r l a t o ,
Armando Petrini, Gianni Rinaldini,M a rc o
Santopadre, Fausto Sorini, Bruno Steri, Patrik
Theuret
Per la realizzazione di questo numero non stato richiesto alcun
compenso. Si ringraziano pertanto tutti gli autori e collaboratori.

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20 giugno 2005
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Gli imperialisti statunitensi hanno


utilizzato nella guerra del Vietnam
una quantit senza precedenti di
munizioni su uno territorio cos relativamente piccolo, e ricorrendo a
tutte le sue armi pi avanzate del
proprio arsenale, escluse solo le
bombe atomiche. Allapice della
guerra, gli Stati Uniti hanno impiegato pi di mezzo milione di soldati
ed un enorme flotta navale e aerea,
oltre ai 75.000 soldati di paesi filoamericani e pi di un milione di soldati delle truppe del Vietnam del
sud. Si tratta di cifre record per una
guerra di aggressione neocolonialista. Washington ha fatto ricorso a
tutte le strategie e tattiche militari
possibili, politiche e diplomatiche,
ai pi brutali atti di guerra, quale
lembargo, il terrorismo globale, la
distruzione economica, lannientamento umano e la distruzione ambientale perpretata con lagente
Orange, lasciando pesanti eredit a
pi di una generazione di vietnamiti
ed ai veterani di guerra americani.
Il Pentagono e la Casa Bianca hanno
fatto ricorso durante la guerra ai migliori strateghi e generali a loro disposizione per cercare di eguagliare
in astuzia e capacit i Vietnamiti.
Il Vietnam si trasformato nellepicentro mondiale della feroce lotta
tra rivoluzionari e reazionari, nel
campo di battaglia della consueta rivalit fra progresso e reazione, fra
giustizia ed ingiustizia, della lotta
dellumanit per la pace, lindipendenza nazionale, la democrazia ed
il progresso sociale.
Di fronte a tali grandi sfide, diversamente dalla precedente guerra di
resistenza contro la Francia il Vietnam ha intrapreso la guerra contro
gli Stati Uniti in nuove condizioni.
Durante la guerra contro la Francia,
il popolo e lesercito vietnamiti
hanno affrontato numerose sfide
che hanno consentito loro di accu-

mulare importanti esperienze.


Liberato il Vietnam del nord, il legame con i paesi socialisti fratelli si
stato sempre pi consolidando
perch fungesse da traino per limportante lotta di liberazione del
Vietnam del sud. Lesercito vietnamita, gradualmente trasformatosi in
una forza moderna e regolare, ha
addestrato le proprie unit raggruppate al nord in modo che, un
giorno, potessero tornare al sud e
poter costruire forti divisioni regolari per rafforzare la lotta nel sud.
Il presidente Ho Chi Minh e il partito hanno avuto ragione nel definire la linea rivoluzionaria nella
nuova fase: lanciare simultaneamente due strategie rivoluzionarie
in entrambe le due parti del paese
con lobiettivo comune di lotta contro gli Stati Uniti e per la salvezza nazionale, e la liberazione del Vietnam
del sud e la protezione del nord per
poter giungere, infine, alla riunificazione nazionale. Essi hanno indicato i legami strategici esistenti fra
le due parti del paese. La costruzione del socialismo nel nord
avrebbe dovuto assicurare una maggiore capacit di resistenza per la liberazione del sud, e il rafforzamento della lotta rivoluzionaria nel
sud avrebbe dovuto liberarlo e contemporaneamente proteggere il
nord. Il nord avrebbe svolto il ruolo
decisivo, mentre il sud avrebbe
avuto un effetto diretto sul completamento della rivoluzione democratica per lintero paese. Tutto ci ha
inoltre rappresentato lo stretto collegamento tra avanguardia e retroguardia, mobilitando la popolazione intera nella lotta contro gli
spietati nemici. Inoltre ha reso esplicita la volont presente nello slogan
Il Vietnam uno, la nazione vietnamita una. I fiumi possono asciugarsi, le montagne possono consumarsi, ma questa verit non cambier mai.
Il partito riuscito a collocare la nostra lotta nel contesto internazionale, combinando la politica nazionale con gli obblighi internazionali,

Maggio Giugno 2005

rafforzando la combattiva alleanza


tra i tre popoli indocinesi, promuovendo la solidariet tra la rivoluzione vietnamita e le tendenze rivoluzionarie nel mondo, legandosi
saldamente allUnione Sovietica,
alla Cina e agli altri paesi socialisti
fratelli. Grazie a tutto questo, il partito riuscito a costruire un ampio
fronte di pace, giustizia e fratellanza
fra i popoli del mondo, compresa
quella parte del popolo americano
che si opposta allaggressione imperialista degli Stati Uniti.
Quando gli Stati Uniti hanno inviato lenorme numero di propri
soldati al sud e utilizzato le forze navali ed aeree per distruggere il nord,
Ho Chi Minh ha detto: La guerra
potr durare 5, 10, 20 anni o anche
di pi. Hanoi, Haiphong ed altre
citt, altre fabbriche potranno essere distrutte, ma il popolo vietnamita non cesser di combattere!
Nulla pi prezioso dellindipendenza e della libert! E pure: Finch nel paese vi saranno gli aggressori stranieri, noi continueremo la
lotta per spazzarli via.
Gli Stati Uniti hanno considerato il
Vietnam un paese chiave nel generale quadro dei movimenti di liberazione nazionale, il paese che era
necessario piegare per poter impedire leventuale insurrezione di altre nazioni nel mondo e la diffusione del comunismo nellAsia sud
orientale.
Il presidente Ho Chi Minh ed il partito hanno saputo valutare la nostra
situazione strategica in modo calmo
e chiaro, ed hanno favorito una grande coesione tra partito, esercito e popolo, tutti determinati per la sconfitta degli aggressori statunitensi.
Nel tentativo di sconfiggere il Vietnam del nord e prima di imporre
un regime neo-colonialismo nel
Vietnam del sud, Gli Stati Uniti
hanno pianificato limpiego di centinaia di migliaia di soldati e per tre
volte hanno lanciato offensive strategiche durante le stagioni secche.

Vietnam/30 della liberazione

Era questa intenzione con cui lanciarono loperazione Cerca e distruggi, sperando di spezzare il nucleo portante dellesercito regolare
Viet Cong, bloccandone o annichilendone il Comando centrale o il
Comando dellEsercito di Liberazione del Vietnam del sud, ed organizzando bombardamenti su larga
scala contro il Vietnam del nord ed
isolando Ho Chi Minh, in modo che
il Vietnam potesse essere definitivamente sconfitto.
Ma nonostante le due offensive
delle stagioni secche 1965-1966 e
1966-1967 e le importanti operazioni che hanno visto la caduta di
Cedar Falls, Attleboro e Junction
City, gli Stati Uniti non sono riusciti
a distruggere le forze regolari dellesercito di liberazione o a bloccare
il cervello della lotta di resistenza
nel sud. Al contrario, hanno subito
perdite senza precedenti. Nel corso
poi della terza stagione secca, mentre gli Usa erano in procinto di sferrare la loro azione offensiva, la battaglia di Khe Sanh e la rivolta Tet del
1968 li hanno travolti, facendo vacillare la loro stessa volont di aggressione. Il Generale Westmoreland venne sollevato dal suo incarico, il Segretario della Difesa McNamara si dimise, il presidente
Johnson dovette dichiarare il cessate il fuoco unilaterale nel Vietnam
del nord oltre il ventesimo parallelo
e, per di ottenere il secondo mandato presidenziale, dovette accettare di sedersi con il Vietnam al tavolo dei negoziati a Parigi.
La battaglia strategica della primavera 1975 ha infine segnato un
punto di svolta nellarte della guerra popolare dellepoca moderna, in
particolare nellarte di controllare
la guerra nella sua fase finale, larte
di organizzare e dirigere lesecuzione delle battaglie chiave e di portare la resistenza alla vittoria finale.
In 55 giorni (una strana coincidenza con i 55 giorni della battaglia di
Dien Bien Phu), grazie ad una forza
politicamente e militarmente sem-

pre pi pressante, alle tre azioni


strategiche, alloffensiva ed alle insurrezioni nel delta del fiume di
Mekong, pi di un milione di soldati filo americani sono stati annientati e dispersi, il governo fantoccio rovesciato, il regime neo-colonialista insediato con grande fatica dagli Stati Uniti distrutto.
La vittoria della resistenza antiamericana stata possibile grazie agli
straordinari sacrifici e sforzi di
unintera nazione, in un feroce e
lungo confronto di forza danimo e
di resistenza con il nemico, specialmente da parte dei compatrioti del
sud, solido baluardo della patria,
della leadership, della direzione e
dellamministrazione, assieme alle
particolari tecniche di combattimento e alla lotta di ogni ufficiale e
soldato su ogni campo di battaglia.
Il giorno della vittoria finale, il 30
aprile 1975, entrato nella storia
come il vittorioso traguardo di una
grande strategia. Attraverso una
marcia durata 30 anni, costruita
dalle tre splendenti pietre miliari
della vittoria dellInsurrezione generale dellagosto 1945, della vittoria nella battaglia di Dien Bien Phu
e della vittoria conclusiva della primavera 1975, la nostra nazione ha
adempiuto gloriosamente alla propria causa di salvezza nazionale. Il
giogo vecchio e nuovo del colonialismo, che nel nostro paese ha resistito per pi di cento anni, stato
distrutto per sempre. La nostra patria completamente indipendente
ed unificata. Il paese intero ha intrapreso la via del socialismo.
Su scala mondiale, per la prima
volta nella storia della lotta dei piccoli paesi, da colonia semifeudale
ed economicamente non sviluppata, una nazione riuscita a liberarsi e ad annientare la pi grande
potenza imperialista del mondo. E
questo grazie soprattutto alla propria resistenza, creando in tal modo
un esempio eroico, impavido, saggio e ricco di talento per lintero
movimento di liberazione nazio-

Vietnam/30 della liberazione

nale mondiale. Lespressione Vietnam-Ho Chi Minh, insieme alla verit che niente pi prezioso dellindipendenza e della libert sono
entrati nel vocabolario delle nazioni
come sinonimo di coscienza umana
e dignit
La vittoria del popolo vietnamita ha
avuto unimportanza internazionale enorme, ed ha rappresentato
un esempio di vittoria per la pace e
per la giustizia dellumanit in tutto
il mondo.
La vittoria del popolo vietnamita
non ha solo segnato unepoca. Questo conferma la verit del detto che
Uno stato, non importa quanto sia
forte, se usa la forza per imporre ad
altri la propria volont, alla fine sar
sconfitto. Le vittorie di Dien Bien
Phu e della primavera del 1975 incarnano il destino che la storia riserva alle guerre di aggressione nellepoca moderna.
Nel 1920 Nguyen Ai Quoc, il grande
patriota formatosi alla scuola leninista della terza internazionale, individu la via verso la salvezza nazionale: il percorso della rivoluzione del proletariato, e divenne il primo comunista vietnamita. Dal leninismo Nguyen Ai Quoc colse la prospettiva rivoluzionaria mondiale e
della vita, apprese e svilupp la metodologia marxista-leninista del materialismo storico e dialettico. Fond il partito comunista vietnamita,
elaborando il breve programma
politico e le tattiche brevi per
condurre la rivoluzione vietnamita.
Grazie al nuovo spirito rivoluzionario, la lotta patriottica ha potuto determinare non solo lindipendenza
e lunificazione della patria, ma anche la libert, la felicit delle classi
lavoratrici, del popolo e dellintera
nazione. Da questo momento in
poi, la nazione strettamente legata
alla classe, il nazionale allinternazionale e lindipendenza nazionale
al socialismo.
Come lobiettivo politico della rivo-

10

luzione qualitativamente cambiato rispetto al passato, anche lobiettivo della guerra di liberazione
nazionale dellepoca di Ho Chi
Minh ha subito nuovi sviluppi qualitativi rispetto al passato. La salvezza nazionale stata strettamente
collegata alla salvezza del popolo.
La liberazione nazionale stata
strettamente collegata allemancipazione dei lavoratori, per portare
la libert e la felicit allintero popolo. Il popolo ha lottato per gli interessi della nazione, della patria e
per se stesso. Ecco perch le insurrezioni generali nellagosto 1945 e
le due guerre di resistenza contro i
francesi e gli americani sono state
insurrezioni e guerre rivoluzionarie
giuste, del popolo e per il popolo.
Lo spirito principale della teoria militare vietnamita allepoca di Ho Chi
Minh si fondava sullimportanza
della determinazione a combattere
e a vincere, lo spirito secondo cui
nulla pi prezioso dellindipendenza e della libert, la lotta deve essere intrapresa da tutto il popolo, il
nemico deve essere combattuto dallintero popolo e da tutta la nazione. Nella sua direttiva per costruire liniziativa di propaganda e
lesercito di liberazione vietnamiti,
lo zio Ho ha scritto: La nostra resistenza quella di tutto il popolo,
quindi tutto il popolo mobilitato
e pronto. Nella sua chiamata alla
resistenza nazionale contro i colonialisti francesi, ha detto: Uomini
e donne, vecchi e giovani, senza distinzione di credo religioso, di qualsiasi convinzione politica e nazionalit, tutti i vietnamiti devono levarsi per combattere i colonialisti
francesi e salvare la madrepatria.
Durante la resistenza contro gli Stati
Uniti, ha confermato: La nostra resistenza di tutto il popolo ed
quindi una guerra di popolo. I trentuno milioni di compatrioti in entrambe le regioni, indipendentemente dal sesso e dallet, devono
essere trentuno milioni di combattenti eroici che combattono gli Stati
Uniti per la salvezza nazionale. Ha
sostenuto la politica di grande unit

Maggio Giugno

nazionale: Unit, unit, grande


unit; successo, successo, grande
successo, ... nelle condizioni di una
nuova epoca un piccolo paese pu
sconfiggere i due pi grandi imperialismi, quello francese e quello
americano.
Lo zio Ho ha anche detto: S, ora
la cavalletta si oppone allelefante,
ma domani lelefante sprofonder.
La teoria militare vietnamita che ha
sempre tenuto fermi i principi rivoluzionari, il marxismo-leninismo ed
il pensiero rivoluzionario di Ho Chi
Minh, si basa dalla realt, analizza la
situazione concreta e da essa ricava
le regole da mettere in atto per sconfiggere ogni nemico brutale.
Nella guerra di resistenza contro gli
americana la teoria militare vietnamita ha riportato un gran numero
di straordinarie vittorie. In alcune
occasioni, tuttavia, allentata la presa
della linea militare del partito e del
pensiero militare di Ho Chi Minh,
la mancanza di senso della realt e
alcune azioni contro di essa, lindividualismo e lavventurismo, ci
hanno privati di alcune vittorie ed
abbiamo subito delle perdite.
C stato un tempo in cui il rapporto
fra la guerriglia e la guerra regolare
era oggetto di lunghi dibattiti fra i
quadri militari al fronte. Alcuni di
essi non comprendevano bene questa materia, attribuendo importanza soltanto allaccelerazione della
lotta politica e alla guerriglia, trascurando la costruzione della forza
politica, delle forze armate locali e
di una milizia, concentrandosi sulla
costruzione dellesercito regolare.
Alcuni strateghi stranieri stanno
conducendo delle ricerche in Vietnam che tendono a collegare la
guerra di popolo alla sola guerriglia. Tale concezione errata. Il nostro partito non mai stato legato
soltanto a una strategia militare, n
ha ridotto la guerra al solo livello
della guerriglia. La strategia bellica
rivoluzionaria del nostro partito era
complessa, univa la guerriglia con la
guerra regolare, le battaglie di pic-

Maggio Giugno 2005

cola e media scala con quelle grandi


in un insieme di tutte le combinazioni immaginabili, permettendo
che ogni tipo di armi a disposizione
fosse utilizzato. Invece di accelerare
unicamente la lotta politica e sviluppare la guerriglia, il nostro partito ha attribuito molta importanza
alla costruzione di truppe regolari
nelle unit, dal battaglione al reggimento, con divisioni interne allesercito solide come punzoni di
ferro, capaci di infliggere decisivi
e pesanti colpi al nemico sul campo
di battaglia.
Un pesante prezzo di sangue stato
pagato a causa di comportamenti
contrari ai principi rivoluzionari.
Rivoluzione vuol dire offensiva.
Lidea strategica di una guerra rivoluzionaria sempre stata un concetto offensivo. Per quanto riguarda
le forme tattiche, vi sono operazioni
strategiche offensive e difensive,
nelle campagne e nelle battaglie.
Avendo in proposito unidea sbagliata, per un lungo periodo un
certo numero di quadri ha sostenuto che cera sola loffensiva nella
guerra rivoluzionaria, negando la
difesa e perfino considerandola un
tab. Questo spiega perch, in un
certo numero di battaglie, le nostre
truppe hanno subito delle perdite.
Gli Stati Uniti e altre forze hanno
sviluppato nuove armi ed attrezzature militari sempre pi moderne e
sofisticate negli ultimi anni. La
corsa agli armamenti aumentata.
In parallelo con la nuova strategia
dove i diritti umani vengono anteposti alla sovranit, alcuni ambienti di venditori di guerre si
sono arrogati il diritto di invadere
alcuni paesi senza nessun riguardo
per la loro indipendenza e sovranit
e per il diritto internazionale. Alla
Guerra del Golfo sono seguite la
guerra di aggressione in Kosovo e la
guerra dellIraq, ed ancora esiste
una minaccia di nuove guerre di aggressione. Si solleva un nuovo problema: in uno stato di guerra di aggressione condotto con le armi
high-tech, la teoria militare vietna-

Vietnam/30 della liberazione

mita ha ancora valore?


Non sottovalutiamo mai il nemico e
attribuiamo sempre importanza
alla ricerca per lo sviluppo della
scienza militare e della tecnica, adeguando la teoria militare vietnamita
alle nuove condizioni, particolarmente quando alcune potenze
stanno intraprendendo una rivoluzione in campo militare. Possiamo confermare che la teoria militare vietnamita dellepoca di Ho
Chi Minh ci aiuter a mantenere
lindipendenza, la sovranit e lintegrit territoriale per il nostro paese,
sconfiggendo tutte le guerre, indipendentemente dalla loro modernit o dalla loro provenienza.
Dopo avere guadagnato lindipendenza e la completa riunificazione,
il nostro paese ha intrapreso la via
al socialismo e tutto il popolo, dal
nord al sud, si unito nella realizzazione di due obiettivi strategici: la
ricostruzione nazionale e la difesa
della patria. Sulla via dello sviluppo
economico, che diventato lobiettivo centrale, dopo un periodo di errori e di sbagli individuali, dovuti
allo stereotipo dellimitazione e dellavventurismo, il nostro partito ha
prontamente fatto ricorso al pensiero di Ho Chi Minh, tornando alla
realt e riscoprendone le leggi, ed
ha prodotto una corretta e creativa
linea di rinnovamento. Questa linea
ha ispirato fortemente tutto il nostro popolo in straordinarie vittorie
in campo economico e culturale. Il
nostro partito giunto ad una conclusione storica: il marxismo-leninismo e il pensiero di Ho Chi Minh
costituiscono il fondamento ideologico e la bussola per le nostre
azioni. Il nostro paese emerso
dalla crisi e sta ora viaggiando sulla
strada dellindustrializzazione e
della modernizzazione, con uneconomia multisettoriale ed elementi di mercato sotto lamministrazione statale, secondo lorientamento socialista.
Non importa comunque quanto sia
grande la vittoria della linea del rin-

novamento, perch dobbiamo essere capaci di superare lautocelebrazione comunista per saper
guardare in faccia la verit. Bisogna
dire che il nostro paese rimane ancora oggi uno dei paesi pi poveri
al mondo, la sua struttura economica principalmente agricola, rispetto ai paesi sviluppati la produttivit cento volte pi bassa ed il livello tecnologico arretrato. Di
conseguenza, la contraddizione
principale presente nella nostra societ fra il grande bisogno di sviluppo delle forze produttive come
pure il continuo miglioramento
delle condizioni di vita sia materiali
che culturali del popolo e lesistenza della povert e dellarretratezza, sempre portando avanti gli
ideali del socialismo deve essere superata a piccoli passi; per non parlare della corruzione, del declino
della moralit e dellapparizione
delle malvagit sociali determinate
dallaltra faccia del sistema di mercato.
Nel frattempo il mondo cambiato
rapidamente. Molti paesi sviluppati
sono ora in una nuova fase socioeconomica, una fase economia basata sulla conoscenza e sullintelletto. In essa i servizi e lintelletto
sono divenute le principali forze
produttive. Su tale base si definito
un nuovo ordine mondiale, tendente prevalentemente ad una globalizazzione che trascina lintero
pianeta in un grande vortice governato da poche potenze e dalle multinazionali. Contrariamente allaspirazione di pace dellumanit
progressista, i fabbricanti di guerra,
i loro circoli egemonici e i loro servizi segreti stanno diffondendo
guerre locali, il terrore, il conflitto
etnico e religioso, la sommossa, la
sovversione, la separazione e una
corsa agli armamenti ad alta tecnologia mai vista prima. Il clima di sicurezza del mondo sta subendo
cambiamenti senza precedenti.
Entrando nel ventunesimo secolo e
nel terzo millennio, il nostro partito
si trova ad affrontare come mai

11

Vietnam/30 della liberazione

prima dora nuove occasioni e


nuove sfide. Come accaduto in
passato, in occasione delle grandi
svolte della lotta per la liberazione
nazionale, quando il nostro partito,
basandosi sulla realt, ha saputo
produrre una politica conforme
alle leggi dello sviluppo della guerra
rivoluzionaria, oggi esso ha dato vita
a nuove politiche di innovazione
per far avanzare il paese.

tendo lindividualismo, il frazionismo, eliminando la corruzione e le


malvagit sociali; rendendolo capace di operare nuove sintesi della
realt e sviluppando le teorie avanzate, cos che possa essere degno
della fiducia delle classi lavoratrici e
della nazione, e di riformare lo stato
del popolo e per il popolo, rafforzando ed ampliando il Fronte di
unit nazionale.

loro vite per la gloriosa causa rivoluzionaria che il nostro popolo e la


nostra patria hanno realizzato.

Queste politiche hanno la costruzione economica come compito


centrale, dando priorit allo sviluppo delle forze produttive. Come
stato affermato da Marx ed Engel,
lo sviluppo universale delle forze
produttive moderne serve da premessa allo sviluppo sulla via del socialismo e del comunismo: i rapporti di produzione devono conformarsi allo sviluppo e al livello
delle forze produttive.

Dobbiamo inoltre accrescere incessantemente la nostra vigilanza, salvaguardare la nostra indipendenza,


sovranit ed integrit territoriale,
lacqua e lambiente; attribuire importanza alla costruzione di un forte
sistema di difesa dellintero popolo;
prendere liniziativa nellintegrazione economica globale; promuovere la massima solidariet ed dare
il massimo appoggio ai movimenti
per la pace, lindipendenza nazionale, la democrazia e il progresso
nel mondo. Tutto il nostro popolo
unito, come una cosa sola, deve essere in grado di superare lindividualismo, il tradizionalismo ed il
dogmatismo, e saper realizzare con
tutti gli sforzi possibili la linea elaborata dal partito.

Vorrei estendere i miei sinceri complimenti e sentimenti pi profondi


a tutti i quadri e ai combattenti delle
forze armate, agli invalidi di guerra,
alle vittime dellagente Orange, ai
veterani di guerra, agli ex giovani
volontari e ai lavoratori.

Tali politiche contemplano lintensificazione dellistruzione e formazione, dando la massima priorit


alla scienza e alla tecnologia, perch
in quanto elementi fondamentali
nel processo di modernizzazione la
scienza e lintelletto si sono trasformate oggi nelle principali forze produttive insieme alla tecnologia avanzata. Tali politiche inoltre mettono
in gioco le forze interna del paese,
soprattutto del popolo e della cultura vietnamita, che devono servire
come base per lintegrazione nella
regione e nel mondo, ricorrendo
alle fonti di capitale straniero, alla
tecnologia e al sapere organizzativo
nel processo di sviluppo nazionale.
Tali politiche richiedono una capacita di costruzione e attualizzazione
continua della linea del partito,
operazione chiave questa per rendere il nostro partito pi puro,
forte, democratico, disciplinato ed
unito, aumentandone la consapevolezza rivoluzionaria, combat-

12

Maggio Giugno

Nel trentesimo anniversario della


vittoria del 30 aprile, ci ricordiamo
ancora del nostro amato zio Ho, la
saggia e cara guida del partito e della
nostra nazione, il padre delle forze
armate del popolo del Vietnam; del
Segretario generale Truong Chinh e
di Le Duan, guide del partito e dello
Stato, dei generali, delle guide e dei
comandanti delle avanguardie sui
campi di battaglia che hanno dato
un grande contributo alla straordinaria vittoria della nazione, ma che
oggi non ci sono pi.
Siamo estremamente commossi nel
ricordare i molti quadri, combattenti e compagni contadini che
hanno impavidamente sacrificato le

Vorrei cogliere questa occasione


per fare i miei complimenti sinceri
e per ringraziare profondamente le
madri degli eroi vietnamiti, le famiglie dei martiri rivoluzionari per il
grande servizio reso, cos come a
tutti i compatrioti di tutto il paese.

Vorrei esprimere il nostro sincero


ringraziamento alle nazioni amiche, cos come a tutti i nostri amici
internazionali, per il loro grande
appoggio ed per la loro solidariet
durante guerra e nel processo di ricostruzione della nazione.
Credo fermamente che sotto la bandiera invincibile del partito e del
grande zio Ho, con una grande ambizione e nella fermezza delle nostre posizioni, con labilit e lastuzia del Vietnam della nuova epoca,
il nostro popolo, in una sempre pi
grande unit, rester fedele ai propri sogni: avanzare verso il rinnovamento, lindustrializzazione e la
modernizzazione, conseguendo
nuove vittorie, realizzando sviluppi
rapidi e costanti.
Ecco il nostro paese, un paese eroico ma ancora povero ed arretrato,
che sta uscendo dallattuale ritardo
per trasformarsi presto in un paese
valoroso, ricco, forte e civilizzato, in
pace, per poter essere al fianco dei
paesi avanzati del mondo; una colonia in passato che si trasformata
in una delle avanguardie del movimento di liberazione nazionale.

Maggio Giugno 2005

No alla Costituzione europea

IL NODO STRATEGICO NON LA COSTITUZIONE EUROPEA, MA QUALE ALTERNATIVA DI PROGRESSO ALLUNIONE EUROPEA

Quando si dice unaltra Europa


n questo numero della rivista affrontiamo il tema
dellEuropa, alla luce del terremoto politico determinato dalla vittoria dei NO nei referendum di Francia e
Olanda. E lo facciamo pubblicando articoli scritti prima
e dopo lesito referendario, per confermare il carattere
non congiunturale, bens strategico, delle questioni
che la vittoria del NO rende pi stringenti. Questi contributi evidenziano le caratteristiche liberiste, militariste e neo-atlantiche della Costituzione europea, la cui
ratifica avrebbe dovuto cristallizzarle come fondamenta
irreversibili del progetto neo-imperialista dellUnione
europea del 21 secolo. E con ci pongono il tema di
unaltra Europa in termini che trascendono lorizzonte
limitato di una mera rinegoziazione della Costituzione
dentro i confini dellUE.
LUE non un contenitore neutrale, tinteggiabile di
destra o di sinistra a seconda delle circostanze o del congiunturale prevalere nel Parlamento europeo di maggioranze di centro-destra o di centro-sinistra (maggioranze di alternanza), bens un progetto strutturato, che
viene da lontano, di costruzione di un nuovo polo capitalistico e imperialistico sovranazionale, consolidato
negli anni da innumerevoli vincoli e trattati, come
quelli di Maastricht, di Nizza, con la formazione delleuro e di una Banca Centrale Europea con relativo
Patto di Stabilit; e di una PESC (Politica estera e di sicurezza comune) che cerca spazi di relativa autonomia
dagli Stati Uniti dentro le strutture e le compatibilit
della NATO e della solidariet atlantica e non certamente in alternativa ad esse (una sorta di condominio
imperiale per il governo del mondo).
Rispetto a queste problematiche le forze di sinistra critica in Europa (quelle cio che dichiarano di proporsi
un progetto alternativo e non di mera alternanza) hanno
espresso fondamentalmente tre tipi di approccio.

re della Costituzione, con un SI critico, perch ritenevo che il rischio che il processo di integrazione si
fermiOggi il problema far ripartire il processo costituente su basi nuoveLavorare ad una vera Costituzionedemandando al Parlamento europeo poteri costituentiLa sinistra nel suo complesso (coloro che
hanno sostenuto il NO e chi ha espresso un SI critico)
oggi possono lavorare insieme ad una Costituzione pi
sociale e meno liberale.
Dice Oliviero Diliberto, segretario del PdCI : i partiti comunisti europei (che sostengono il NO alla Costituzione
NdR) sbagliano. La bocciatura inflitta alla Francia soprattutto una vittoria della linea USA, che quella di
far fallire lunit europea, perch unEuropa politicamente unita e dotata di una propria difesa in grado di
controbilanciare il loro potere. Mentre, da solo, nessun
Paese del nostro continente pu farloQuesta
Costituzione europea arretrata socialmente, non si accenna neppure al ripudio della guerra. Per, visto che
non mi sembra che esistano rapporti di forza per una rivoluzione del proletariato, era un passo avanti.
Se questo approccio avesse prevalso, avrebbe impedito
la vittoria dei NO e certamente non sarebbe stato egemone nel fronte del SI, dove sono del tutto prevalenti
i conservatori europei e le componenti pi moderate,
neo-liberali e atlantiste della socialdemocrazia. In esso
si ritrovano alcuni settori di sinistra socialdemocratica
e le componenti pi moderate della sinistra alternativa
(ad es. settori di Izquierda Unida e della PDS tedesca,
minoritari nelle rispettive formazioni) e, tra i comunisti europei, il solo PdCI. Oggi queste componenti si pronunciano, come alcuni settori del NO, per la rinegoziazione di una nuova Costituzione, ma non contestano lidea in s di una costituzionalizzazione
dellUE.

1)Un primo filone quello del SI critico alla Costituzione europea, che pur criticandone limpianto liberista e atlantico, ritiene che la costituzionalizzazione di questa UE (con tanto di esercito europeo), per
quanto discutibile, rappresenti comunque un passo
avanti nella costruzione di un contrappeso agli Stati
Uniti, al loro modello sociale, alla loro politica estera e
militare aggressiva. E che una crisi di questa UE, accentuata dalla vittoria dei NO, determina un quadro
non pi avanzato, bens pi favorevole allegemonia
USA sullEuropa. Dice Pietro Folena : Ho votato a favo-

2)Un secondo approccio a sinistra quello dei fautori


del NO che contestano i contenuti di questa Costituzione (liberismo, atlantismo, riarmo), ma ritengono
che una rinegoziazione nellambito di un processo
costituente che investa i popoli e il Parlamento europeo possa - nellambito di questa UE - approdare ad
una nuova Costituzione avanzata. Dunque, un approccio emendativo che non contesta al pari dei
fautori del SI critico - la costituzionalizzazione dell
UE, con poteri sovranazionali di tipo federale, da cui
verrebbe oltretutto esclusa una grossa porzione dellEu-

13

No alla Costituzione europea

ropa, Russia compresa (altro che unione !).


In questo secondo filone si ritrovano alcuni settori di
sinistra della socialdemocrazia europea e buona parte
dei gruppi dirigenti del Partito della Sinistra Europea
(SE), che ha fatto di questa posizione interna al quadro UE uno dei tratti fondanti del suo profilo programmatico. Troviamo qui una linea che sostiene che
unaltra costituzione possibile e che dunque il
Parlamento europeo colga loccasione e diventi protagonista (Fausto Bertinotti); che chiede la rinegoziazione del Trattato e il rilancio di un processo costituente (Gennaro Migliore). Pi sfumato il giudizio
espresso collettivamente, dopo i due referendum, dal
Consiglio dei Presidenti della SE (che riunisce i leaders
dei partiti membri) e che riflette una non compiuta
omogeneit di vedute. Non si parla di rinegoziazione, si
afferma che lattuale trattato politicamente morto
e che bisogna ridiscutere le fondamenta e gli obiettivi
dellUE e le sue politiche economiche, sociali, ambientali, istituzionali e internazionali, con una discussione che deve essere aperta prima di tutto ai popoli
europei che dovranno essere protagonisti della nuova
costruzione UE; e dove i parlamenti nazionali e il parlamento europeo siano immediatamente coinvolti in
questo nuovo processo. Il linguaggio radicale, ma il
quadro di riferimento strategico resta lUE, e il tema
dellautonomia dalla NATO non neppure nominato.
3)Un terzo approccio a sinistra caratterizza la maggioranza dei partiti comunisti del continente (dellEst e
dellOvest) e di una serie di forze di sinistra anticapitalistica. Esso non si differenzia dalle altre due posizioni
sull esigenza, condivisa, di lottare per conquiste parziali allinterno dellattuale UE. LUE esiste, esister
probabilmente per un periodo non breve - nonostante
la crisi profonda che attraversa - e non ci si pu estraniare dalla dialettica politica e programmatica che vi si
svolge in nome di un Europa futura, tutta da costruire.
Ci vale anche per i Paesi europei che non sono nellUE, ma che hanno rapporti fortemente integrati con
essa (come ad esempio la Norvegia, che pure sopravvive egregiamente anche al di fuori dellUE). Il punto
- questa lessenza strategica della terza posizione - che
le forze che si richiamano al socialismo ed ad unalternativa anti-liberista, contrarie alla guerra e allimperialismo; le forze che vogliono unEuropa unita e autonoma dagli Stati Uniti e dalla NATO, fondata non su
poteri federali sovranazionali, ma sulla cooperazione
tra Stati sovrani, non imperialista bens amica e cooperante coi popoli del Sud del mondo, non possono pensare di perseguire compiutamente tali obiettivi dentro il
quadro e le compatibilit dellUE, ma debbono avanzare un progetto alternativo. Esso tutto da costruire
e diventa ancora pi pressante proprio in presenza della
crisi attuale dellUE e del terremoto politico che lha
investita grazie alla vittoria dei NO. E non detto che
le tappe intermedie pi conseguenti nella direzione

14

Maggio Giugno

giusta necessariamente coincidano con la salvaguardia


di questa UE a 25, nella quale il condizionamento dei
Paesi pi legati agli USA si rivelato fortemente condizionante (ecco un punto da approfondire).
Si continua inoltre a discutere come se LUE fosse tutta
lEuropa. E per quanto il personaggio non susciti in noi
alcuna simpatia, difficile dar torto a Michail Gorbaciov
quando, allindomani dei referendum di Francia e
Olanda (La Stampa, 4 giugno 2005), sostiene che lidea di una Grande Europa Unita [fattore geopolitico
di significato planetario] non risolvibile semplicemente con lallargamento dellUE, cio per assorbimento o cooptazione; e che un processo paneuropeo
di questa ampiezza non pu essere costruito soltanto
dalla parte occidentale. Al contrario, occorre che vi
prenda parte la parte orientale. LEuropa deve poggiare su due pilastri e nelliniziativa volta alla creazione
di uno spazio economico comune tra Russia, Ucraina,
Bielorussia e Kazakhstan io vedo il progetto della costruzione del pilastro orientale della casa europea. Per
cui si tratta di respingere paure e inquietudini ereditate dalla guerra freddae dare corso a una svolta pi
meditata, pi efficace, davvero pan-europea. Tale
svolta (ecco un altro punto rimosso) dovrebbe innanzitutto opporsi ad ogni interferenza neo-imperialistica degli USA, dellUE e della NATO negli affari interni dei Paesi dellarea ex sovietica, come invece avvenuto pesantemente nelle vicende di Ucraina, Georgia, Paesi baltici e come sta avvenendo in Bielorussia,
Moldavia e nella stessa Russia (a partire dal sostegno di
alcuni servizi segreti occidentali al terrorismo ceceno,
di cui ci ha pi volte parlato Giulietto Chiesa, anche
sulle colonne di questa rivista).
Un intellettuale britannico vicino a Tony Blair, ha scritto
dopo la guerra in Iraq che in Europa il bivio tra euroasiatici, che vogliono creare unalternativa agli Usa (lungo lasse Parigi Berlino Mosca Delhi Pechino) ed euroatlantici, che vogliono mantenere un rapporto
privilegiato con gli Usa. Tony Blair ha espresso con
chiarezza la sua linea euroatlantica, quella di una potenza unipolare fondata sulla partnership strategica tra
Europa e USA : per dirla con Sergio Romano, una
grande comunit atlantica, dalla Turchia alla California, di cui Londra sarebbe il perno e la cerniera.
Se invece lEuropa vuole reggere il confronto con gli Usa
ed uscire dalla subalternit atlantica, deve essere aperta
ad accordi di cooperazione e di sicurezza con la Russia
(che parte dellEuropa), con la Cina, lIndia; e con le
forze pi avanzate e non allineate che si muovono in
Africa, Medio Oriente, America Latina.
Come ha ben sintetizzato Samir Amin, un avvicinamento autentico fra lEuropa, la Russia, la Cina, lAsia
costituir la base sulla quale costruire un mondo pluricentrico, democratico e pacifico. Dunque un E u r asia non allineata, che pu rappresentare un interlocutore anche per le forze progressiste in Africa e America
Latina. ( F.S.)

Maggio Giugno 2005

No alla Costituzione europea

Una vittoria del No


alla Costituzione europea
indiscutibilmente ampia,
di sinistra, popolare e giovane

Que se vayan todo

di Georges Labica

IL SIGNIFICATO DI CLASSE DEL NO FRANCESE ALLA COSTITUZIONE


EUROPEA E LE PROSPETTIVE DI LOTTA CHE SI APRONO
IN

l risultato del referendum di domenica 29 maggio 2005 in Francia sul


progetto di Trattato per una costituzione per lEuropa ha visto vincitori i fautori del No. Questa vittoria merita di essere sottolineata sotto molti aspetti.

PER

UN BILANCIO

La vittoria da una parte incontestabile per la percentuale dei votanti (il 69,74%), un dato che mette
fine alla costante progressione dellastensionismo elettorale, e dallaltra per la rilevanza dello scarto fra
le due risposte possibili, di quasi 10
punti (No 54,87%; S 45,13%) e 3
milioni di voti. 84 dipartimenti su
100 hanno votato No.
La vittoria testimonia unassai forte
determinazione dellelettorato contrario alla costituzione, che non ha
ceduto affatto alla campagna ricattatoria, che faceva leva sulla paura e
sulla minaccia del caos, orchestrata
dalle forze politiche coalizzate della
destra al potere e dei socialdemocratici (Partito socialista e Verdi), appoggiati dalla quasi totalit dei mezzi
di propaganda sia pubblici che privati. E non va dimenticato che il
campo del S non ha esitato a chiamare in suo soccorso i propri sostenitori allestero, da Bruxelles al Lussemburgo, Berlino, Madrid, Roma,
Varsavia e le capitali baltiche, se-

FRANCIA E IN EUROPA

guendo in questo lesempio dato


dalla monarchia francese nel 1792.
La vittoria si situa inoltre risolutamente a sinistra, rappresentando la
percentuale dellelettorato di sinistra (estrema sinistra, PCF, dissidenti
socialisti e verdi) il triplo di quella di
destra (dissidenti dell UMP,
Movimento per la Francia ed
estrema destra). un voto popolare,
con l80% degli operai e degli impiegati, il 95% dellelettorato comunista, il 93 % di quello dellestrema
sinistra e rispettivamente il 59% dei
socialisti e il 64% dei Verdi, bench
queste due formazioni, con una consultazione interna, si fossero pronunciate per il S. Basta poi osservare
una cartina per farsi unidea, anche
geografica, della divisione sociale e
politica del voto. Il S ha prevalso in
7 dipartimenti dell Ovest (Bretagna,
Vandea), nellEst (una met dellAlsazia e lAlta Savoia), tutti tradizionalmente conservatori, e unicamente in due grandi comunit urbane, il Rodano con Lione e a Parigi,
che ha il record con quasi il 70% dei
voti favorevoli al Trattato. Si noter
che queste due citt sono amministrate da consigli municipali socialisti, e che Parigi diventata, sul filo
delle espulsioni e delle discriminazioni legate alla speculazione immobiliare, il ghetto dei bobos1.
La vittoria del No inoltre giovane,
con circa il 60% degli elettori con
meno di 25 anni. noto che questo

segmento della popolazione detiene il record europeo di coloro


che sono alla ricerca di un lavoro, e
che grazie alle recenti lotte contro
la riforma dellinsegnamento che i
liceali hanno fatto il loro ingresso,
con una bella combattivit, nella
lotta politica.

UN

VOTO DI CLASSE

I motivi che hanno permesso la costituzione di questo fronte del rifiuto, secondo lespressione gradita dei giornalisti, sono noti.
Numerosi sondaggi li hanno dettagliatamente analizzati, anche nelle
loro diversit, dallanticapitalismo
al sovranismo. Non comunque
affatto necessario soffermarvisi, poich tre fra di essi risultano essere dominanti e unanimi: il permanere
della crisi economica nella doppia
figura del tasso di disoccupazione e
dellaggravamento di tutte le diseguaglianze; il rigetto della messa in
forma costituzionale, in qualche
modo definitiva, di mezzo secolo
desperienza europea negativa; la
denuncia delle politiche neoliberiste e, alla loro radice, della mondializzazione e dellimperialismo. Va
sottolineato come largomento instancabilmente agitato da tutti i fautori del S, ovvero la necessit di distinguere in questa consultazione
fra giudizio sullEuropa e sanzione

15

No alla Costituzione europea

alloperato del governo, non ha prodotto nessuno degli effetti attesi. Al


contrario, la maggioranza dellelettorato ha perfettamente compreso
il legame tra le pratiche politiche
nazionali, incessantemente operate
dalla sinistra e dalla destra, e la
loro istituzionalizzazione in una
Costituzione che consacra il mercato e la libera concorrenza per 25
paesi, aspettando i prossimi compari. Una simile presa di coscienza
non rimanda ad un semplice stato
danimo, ma il prodotto di unapprofondita conoscenza, di cui testimoniano sia il successo dei libri dedicati alla questione europea, sia la
qualit degli argomenti e la profondit dei dibattiti dalla parte del
No, contrariamente degli anatemi
verbali del campo opposto, che non
si sono astenuti dallingiuria e da
una grande povert argomentativa.
In una parola, i Francesi non hanno
voluto dare il via libera ad unassociazione di malfattori.
Per spiegare lavvenimento, allindomani del voto la stampa del
/al potere non ha trovato altre parole che inquietudine, paura,
angoscia, e, per qualificarlo, impasse, blocco, e caos. Sono invece di tuttaltra fatta i sentimenti
che si sono manifestati nel voto: la
collera certamente, tonica e sovente
creatrice, ma anche il dinamismo,
la speranza nellesemplarit del No
per gli altri popoli e per cambiamenti radicali, e il piacere. Il piacere? S, il piacere di non essere stati
colpiti da indegnit politica. In
primo luogo il piacere dei comunisti (direzione e militanti), che in
questa occasione si sono riallacciati
allidentit perduta durante la lunga penitenza dei compromessi socialdemocratici. E, ancor pi ampiamente, la gioia condivisa di sentirsi di nuovo protagonisti politici.
Perch dietro certe pratiche e disegni politici vi sono personaggi ai
quali si prova la voglia di gridare,
alla maniera del popolo argentino
che ha licenziato i suoi dirigenti:
Que se vayan todos, Che se ne vadano tutti, o, alla francese, questa
felicit di dire merda in un solo

16

colpo alle trib dominanti.


Facciamone lelenco: la pretesa
classe politica, presidente, primo
ministro, governo e la santa alleanza
destra/sinistra che s formata al momento dellelezione presidenziale
sotto la copertura dello sbarrare la
strada al Fronte nazionale; i loro matres penser, veri guru pieni darroganza, dallostentato autore del testo
del trattato, lex-presidente Giscard,
ai Veil, Barre, Badinter, Delors e al
jolly Jospin; il MEDEF, associazione
del padronato e vero detentore del
potere; le pi alte autorit morali e
comunitarie cattoliche, ebree e
musulmane, sino al movimento N
puttane, n sottomesse; la quasi totalit dei facitori dopinione, padroni della stampa, editorialisti, cronisti e i loro servili topolini della
stampa scritta, parlata e dellimmagine; i cani da guardia, ideologi ad
alta fedelt, intellettuali lucida scarpe, esperti in piaggeria e specialisti
del trucco; le star del cinema e dello
show business promossi autorit politiche, uno che crede che il Marocco
stia in Europa (Johnny Hallyday), un
altro che pubblicamente ci da dei
coglioni (un certo Dave). 2
Tutto questo rivela una nuova e non
minore caratteristica della vittoria
del No; il suo contenuto di classe.
Aggiungiamo ai dati gi forniti: il
67% degli impiegati, il 70% dei contadini, il 71% dei disoccupati, il 64%
dei dipendenti pubblici e il 56 % di
quelli privati; in termini di reddito:
il 66% delle famiglie il cui reddito
non supera i 1500 euro; il 56 % fra
i 1600 e 3000 euro, il 40% fra i 3000
e i 4500; il 26% con pi di 45003euro. Linvocazione verbale e demagogica della frattura sociale,
evidentemente da ridurre (Chirac)
ha preso corpo. Dopo levocazione
del lupo, il lupo in persona.

IMMOBILISMO

DI CLASSE

In virt della regola ormai ferreamente stabilita secondo cui lesercizio della sovranit popolare si tradurrebbe in un messaggio indirizzato dal popolo ai suoi dirigenti, e

Maggio Giugno

che sostituisce lascolto alla decisione e allazione, lo tsunami del


29 maggio, come ha detto un magniloquente cronista mondano,
non ha a rigore prodotto NULLA.
Il cambio del governo, che di fatto
ha ci ha riportato al precedente,
stato la verifica, tre giorni dopo, di
questaltra vecchia massima dominante: cambiare tutto perch tutto
resti come prima.
Ecco dunque il risultato dellascolto: il Presidente della Repubblica, sconfessato quattro volte di seguito (elezioni cantonali, regionali,
europee e referendum) e sceso al
24% di gradimento nei sondaggi (3
giugno), il governo e verosimilmente la sua politica, inclusa quella
europea, se ne restano al loro posto.
Il Congresso (Assemblea nazionale
e Senato), che si era pronunciato al
92% in favore del S, resta l. La direzione socialista guidata da Hollande e quella dei Verdi guidata da
Berling adottano un atteggiamento
analogo. Il segretario generale della
C.G.T., rudemente censurato dai
militanti, non sembra aver nulla da
dire loro. Non ci si aspetta inoltre
che altrove dai chierici di tutta obbedienza, ai media e ai loro servi mediatici le cose vadano diversamente. Ad eccezione di qualche fanfarone rimesso in naftalina, tutti, al
contrario, si sono rimessi al loro lavoro di terrorismo morale e hanno
intrapreso lelaborazione del lutto
ma degli altri, i loro avversari che
hanno vinto.
Il capo del padronato francese diventato intanto il capo del padronato
europeo, e il commissario europeo
francese e socialista stato eletto al
rango di capo dellOrganizzazione
mondiale per il commercio.
Di questo atteggiamento ci si pu
dare una ragione, in verit pi psicologica che politica : ovvero che i
fautori del trattato non avevano molto semplicemente neppure immaginato di poter perdere. Ai loro occhi,
il S sarebbe venuto da solo. Non era
che una semplice formalit, e da qui
il referendum che essi speravano alla
spagnola. Bisogna assolutamente
che vinca il S, diceva Jean-Luc Deh-

Maggio Giugno 2005

aene, vice presidente della Convenzione europea nel giugno 2004.


LEuropa non n di destra n di
sinistra, il nostro destino, assicurava il primo ministro francese JeanPierre Raffarin. La disobbedienza
veniva dichiarata impossibile da
Libration e da Le Monde. E Nicolas
Sarkozy dichiarava, in una sorta di lucida profezia: Sarebbe per noi un gigantesco problema se la Francia si lasciasse andare a dire No4. E tuttavia
essa vi si lasciata andare, e ora il problema ce lavete.

PROSPETTIVE
Non tuttavia di moda farsi illusioni. La parola dordine che ha
vinto in America latina, da noi non
ha fatto scuola: loro non se ne sono
andati, e al contrario sabbarbicano. Sar dunque bene analizzare
come lindispensabile seguito insito
nella lezione del referendum, vale
a dire la prospettiva di una alternativa radicale, appaia piena di ostacoli. Che fare? ancora una domanda di bruciante attualit.
Dalle parti del S, gli sviluppi che si
possono avvertire oltre la facciata
dellimmobilismo hanno prontamente rinunciato ad evocare la minaccia dellisolamento della Francia, pecora nera dellEuropa (Jack
Lang). Perso ogni pudore, dopo il
voto dei Paesi Bassi non si teme
nemmeno pi un arresto del processo, tanto che non ha fatto notizia la decisione favorevole della
Lettonia (02.06). Lesemplarit per
contagio o capillarit del No, annunciata da suoi fautori, ha gi provocato questo risultato. Non nemmeno pi questione di ritentare il
colpo della Danimarca e delIrlanda, preconizzando un nuovo scrutinio (Giscard, Barroso, Junker).
Tutto questo non significa affatto
tuttavia che il potere sia rimasto senza munizioni. Il rapporto di forze
stato scosso dallinsurrezione citttadina, ma regge ancora. La solidit dei suoi due pilastri non va sottovalutata.
Il primo rimanda alla pesantezza,

No alla Costituzione europea

debitamente cementata, delle istituzioni ; che vale in modo particolare e soprattutto per quelle della V
Repubblica, costantemente vilipesa
ed ogni volta confermata; e vale
pure per i partiti e le organizzazioni
sindacali, per natura desiderosi di
autoconservarsi e dassicurare la
conferma ai propri eletti.
Ottenebrati come sono dalla scadenza elettorale del 2007, il caso
tanto del raggruppamento dell
UMP attorno a Sarkozy che del PS
attorno ad Hollande o ad un altro
pretendente che presenti migliori
garanzie.
Il secondo rinvia alla situazione prevalente prima del risveglio politico
di classe avvenuto in questa consultazione, vale a dire il tanto celebrato
consensus, ovvero laltro nome delle
braccia penzolanti e della sottomissione interiorizzata nei confronti
dei dispositivi, ribattezzati f a t a l i t ,
delle politiche neoliberiste e del
pensiero unico. La cosa non da
poco: si tratta di fare in modo che il
cittadino si rimetta i panni del portatore di rivendicazioni egualitarie
e dismessi dal consumatore/spettatore/elettore intermittente, e che
affronti le contraddizioni che appesantiscono il No e che di tutto faranno per renderle acute. In chiaro:
agiteranno lo spauracchio dellestrema destra e/o cercheranno di
mettere gli uni contro gli altri i No
di PS/Verdi e i No di PCF/LCR.
Uno scenario possibile: il riallineamento sotto la bandiera di Laurent
Fabius cinicamente presentato
dalla stampa pi favorevole al S
come il grande beneficiario dello
scrutinio (Le Monde) - di tutta la famiglia socialista, ortodossi e dissidenti, in vista del successo di una sinistra plurale resuscitata alle prossime elezioni presidenziali. Grazie
al singolare paradosso di un pretendente convertito, dopo alcuni
affari, dalla liquidazione del socialismo intenzionale del primo governo Mitterrand alla lotta in favore
dellEuropa sociale e della
Francia dal basso, lalternanza social-liberale sarebbe cos chiamata a
sbarrare la strada allalternativa

rossa. Non vi che un mezzo per


impedire un simile esito: lunione
nelle lotte, come si diceva un
tempo, delle forze popolari, condizione per una rifondazione della sinistra (Jean-Pierre Chevnement).
Mantenendo cio la mobilitazione
del paese reale contro il paese legale (De Villiers). Ma a partire da
quali proposte? Sono state numerose quelle avanzate dai diversi protagonisti del fronte del No, ma non
sempre sembrano saper distinguere
fra utopia e rapporti di forze.
***In questo modo il tema quasi
unanimemente condiviso della volont di unaltra Europa, sociale, tradotto in appello per un immediato rinegoziato del trattato costituzionale sembra riposare su tre
presupposti: su quale altra Europa negoziare? Una Costituzione, ma
che obbedisca a quale necessit? da
negoziare con chi?
Tentare di rispondere a questi interrogativi come mettersi a tessere
una tela di ragno. Quali linee di divisione? Con quali dei 24 paesi?
quali le indicazioni per il negoziatore francese, e chi gliele dar (o imporr)? La nuova Costituzione, salvo cadere nei medesimi schemi, sar sottoposta ad unAssemblea costituente? E chi la costituirebbe? Come?
Se il ricorso a un piano di ricambio,
il cosiddetto Piano B, non fa parte
del regno dei fantasmi, a chi o devessere demandato? Alle istituzioni
in carica? Alla Commissione europea di Barroso? Di nuovo alla penna
giscardiana? Allinsieme dei popoli? Ritorniamo allora alle impasse
gi viste
Sul piano nazionale, lesigenza di
dimissioni del presidente della Repubblica francese sembra essere poco realistica. Quella dello scioglimento dellAssemblea lo poco meno, almeno a tempi brevi, in assenza
di uno sbandamento del governo di
fresca nomina. E che cosa attendersi dalla convocazione delle Assise
della Repubblica, di Stati Generali o del ritorno alle Assemblee
citttadine, che non lo sono che di
nome?

17

Maggio Giugno

No alla Costituzione europea

Oltre lUnione europea, per unaltra Europa


Chi vuole unEuropa davvero autonoma dagli Usa e dal loro modello di
societ deve avere un progetto alternativo, che comprenda tutti i Paesi del
continente, andando oltre lattuale Unione europea e le basi neoliberiste,
transatlantiche e neo-imperialiste su cui essa venuta formandosi.
vero che oggi limperialismo franco-tedesco meno pericoloso per la
pace mondiale di quello Usa e pu fungere, a volte, da ostacolo per le
spinte pi aggressive. Ma sarebbe sbagliato trarne una linea di incoraggiamento al riarmo dellUnione europea: i movimenti operai e i popoli europei, e ogni progetto di Europa sociale e democratica, verrebbero colpiti
al cuore da una politica di militarizzazione del continente su basi neo-imperialistiche. Essa stimolerebbe la corsa al riarmo a livello internazionale
e il costo di una crescita esponenziale delle spese militari, in unEuropa
neo-liberale dove gi oggi vengono colpite le condizioni di vita e di lavoro
dei ceti popolari, distruggerebbe quel poco che rimane dello Stato sociale
europeo.
Pi in generale va contrastata lillusione che una Unione europea sotto legemonia del grande capitale possa rappresentare una alternativa di progresso allimperialismo Usa. E che i processi di integrazione in atto in
Europa, nei loro assi portanti, siano una sorta di contenitore neutrale che
possa essere, a seconda dei casi, riempito di contenuti di destra o di sinistra, e non invece come in realt sono un progetto strategico coerente
di integrazione capitalistica e neo-imperialistica .
(dalla mozione congressuale Essere comunisti)
ALCUNE

I N I Z I AT I V E P O S S I B I L I

Possono essere prese in considerazione alcune altre iniziative, sicuramente meno ambiziose ma altrettanto difficili, tenuto conto delle
(cattive) abitudini acquisite. Il loro
numero e la loro natura, che saranno
diretta conseguenza delle lotte concrete, se non possono essere predeterminati, sono quantomeno passibili di un inventario provvisorio a
partire dallesistente.
Citiamo fra di esse, a livello europeo,
da una parte la necessit dimpedire
la messa in opera di tutti o dispositivi
liberisti che sono stati autorizzati dai
trattati esistenti (per esempio, la circolare Bolkestein e lindipendenza
della B.C.E.); dallaltra, qualsiasi
forma di propaganda suscettibile
duniversalizzare la rivoluzione francese, come ci si augurava due secoli
fa, o piuttosto franco-olandese, fino
a quando anche gli altri quattro re-

18

stanti paesi non si saranno pronunciati, spingendo verso ladozione generalizzata della via referendaria; infine, denunciando le burocrazie sindacali che hanno proclamato lacquiescenza al trattato di 60 milioni di
lavoratori, nello sforzo, di fatto mai
realmente avviato, di costituzione di
un fronte sindacale rappresentativo
delle forze produttive umane.
Sul piano nazionale, poich non esiste altro luogo dazione privilegiato
e in stretta relazione con il fronte in
questione, simpone la volont reale di ununione dei lavoratori nella
e per mezzo della convergenza delle
lotte, infelicemente evitate e talvolta sviate sino ad ora, mentre si moltiplicano conflitti di ogni tipo riguardanti tutti i settori dattivit e
tutti i partner sociali. Il No della
protesta di classe ha forse altro ancoraggio che questo?
Linstancabile reiterazione dellesigenza democratica, che si tratti del-

lambito locale, regionale, nazionale ed europeo, rappresenta un pilastro obbligato. Essa presuppone
lannullamento delle misure reazionarie del governo Raffarin, delle
privatizzazioni e delocalizzazioni,
delle riforme in corso (pensioni, insegnamento) e il rispetto delle 35
ore. La conclusione di eque alleanze con i paesi del Sud eluse dal trattato messo a suffragio collegate allannullamento del debito, unaltra iniziativa necessaria. Va inoltre
ribadito con forza che nella natura
della lotta per la democrazia di mescolarsi con quella per la promozione delluguaglianza, ovunque e
per tutti, lavoratori immigrati, donne, giovani, e in primo luogo nel diritto ineliminabile al lavoro e ai relativi rapporti.
Dovr infine essere una campagna
continua, radicalizzata, che non potr dispensarsi dalla solidariet militante con i popoli in lotta per la
loro indipendenza o liberazione,
concretamente dalla Palestina all
Irak, dalla Colombia al Venezuela,
e per principio dallAfrica allAmerica latina e allAsia.
Il primo dovere internazionalista
esige in sommo grado la partecipazione a tutte le forze e movimenti
che soppongono alle imprese di
dominazione imperialista, in particolare a quelle della superpotenza
statunitense. Il No che sapr prendere questa strada non sar stato gridato invano.

NOTE
1 Termine che designa i borghesi bohmes, paradigma dei ceti garantiti.
2 Posso mettere in proposito a disposizione dei lettori una lista che potrebbe divertirli assai.
3 Fonte: due sondaggi effettuati alluscita dalle
urne, dove il numero di intervistati supera ampiamente le abituali quote (5.216 e 3.355).
4Queste citazioni sono prese dalleditoriale I francesi non hanno il diritto di dire No, delleccellente
Giornale progressista radicalmente eurocritico La
Lettre de BRN, n 009, aprile-maggio 2005.

Maggio Giugno 2005

No alla Costituzione europea

LUnione europea
non rappresenta
unalternativa strategica
agli Stati Uniti

Il condominio
imperiale

di Diana Johnstone
Giornalista e saggista statunitense. Da molti anni in Europa,
stata portavoce dei Verdi al Parlamento europeo.
autrice del libro La crociata dei pazzi, uno studio attento
delle cause profonde dellaggressione nordamericana ed
europea contro la Jugoslavia

NEO-LIBERISMO E NEO-ATLANTISMO RESTANO GLI ASSI PORTANTI


DELLUNIONE EUROPEA, CHE IL NUOVO TRATTATO COSTITUZIONALE BOCCIATO IN FRANCIA E IN OLANDA - AVREBBE VOLUTO RATIFICARE

lla questione qual la pi potente


delle argomentazioni a favore del
SI?, Franois Bayrou risponde: Il
mondo dominato dalla potenza
americana, che oggetto di concorrenza da parte della potenza cinese. Vogliamo accettare la sovranit di questi imperi e il loro modello di societ? Oppure vogliamo
contare anche noi, per difendere i
nostri valori? (...) Tutti gli avversari
dellidea europea sognano di vederci votare NO, gli ambienti neoconservatori americani, i conservatori britannici antieuropei, la destra
estrema europea e la sinistra
estrema, Le Pen e Besancenot.
Dominique Strauss-Kahn ancora
pi chiara: C bisogno del Trattato
costituzionale europeo per contrastare legemonismo americano.
Sotto una forma o laltra, questargomentazione ritorna costantemente nelle difese ed argomentazioni a favore del SI. Lidea alla base
che questa Costituzione sia la condizione necessaria (e forse anche
sufficiente) affinch lUnione europea si affermi come "contro-potenza" di fronte agli Stati Uniti.
Vorrei mostrare che questargomentazione falsa nelle sue premesse, e a maggior ragione nelle sue
conclusioni. Allo stesso tempo vorrei sottolineare ci che appare sincero in questargomentazione, cio
il suo significato profondo nello spi-

rito di quasi tutta la classe politica


francese. Poich non si tratta qui di
una volgare menzogna, ma piuttosto dellespressione di una grande
confusione per quanto riguarda "lidea europea".
Innanzitutto, si possono individuare
due premesse errate: a) questa Costituzione rafforza lUe come contropotenza, e quindi: b) gli egemonisti
americani sperano di vedere i francesi votare NO. Dunque il SI sarebbe, in un certo qual modo, una sottile dichiarazione dindipendenza
dell Europa rispetto allegemonia
doltre Atlantico.
La prima premessa contraddetta
dal testo stesso di questa Costituzione, perch i "valori" che in essa
sono espressi ribadiscono i "valori"
neoliberali che sono attualmente
quelli della superpotenza americana. Peggio ancora, in tale direzione questa Costituzione va molto
pi lontano di quella degli Stati
Uniti. La parte III riprende la politica neoliberista gi presente nei
trattati di Maastricht, pietrificandola di fatto in una Costituzione
il cui emendamento esige lunanimit. Contrariamente agli Stati
Uniti, che conservano la possibilit
di cambiare politica economica in
modo pragmatico, ad esempio stimolando la crescita con i disavanzi
di bilancio, lUnione europea vuole
chiudersi in un giogo neoliberista il

cui principale scopo dichiarato attirare gli investimenti produttivi per


creare posti di lavoro non cessa di
allontanarsi.
La Costituzione proposta lega
lUnione europea alla NATO strumento della sovranit statunitense
sullEuropa ed anche alla sua attuale crociata: la lotta contro il terrorismo. Cosa potrebbe dunque
sperare pi di Washington?
Che lEuropa ed i suoi Stati membri
siano completamente privati di
qualsiasi possibilit di definire e di
perseguire una politica estera indipendente chiara ed efficace!
Ebbene, questa Costituzione risponde anche a questo desiderio,
costringendo tutti gli Stati ad accordarsi su di una politica estera decisa allunanimit. La ricetta perfetta per limpotenza. Eccetto per
quegli Stati che, come il Regno
Unito, sceglierebbero di seguire gli
Stati Uniti a tutti i costi. [...]

IL

CONDOMINIO IMPERIALE

Cosa vogliono esprimere coloro che


dichiarano che il principale argomento a favore del SI che questo
permettere allEuropa di tener testa
alla superpotenza americana? Se si
fa riferimento ai testi in particolare larticolo I-41, che lega la politica di difesa alla NATO , questa di-

19

Maggio Giugno

No alla Costituzione europea

chiarazione potrebbe essere liquidata come una semplice contro-verit. Tuttavia forse pi utile assumere che la maggior parte di coloro
che fanno questa affermazione non
mentono, ma che hanno in testa
unidea particolare, e tentare cos di
comprendere il fondamento di tale
idea.
Mi sembra in effetti che gli atlantisti che difendono la Costituzione
per rafforzare lUe nei confronti degli USA immaginano una vera rivalit tra i due, ma una rivalit allinterno di uno stesso sistema socioeconomico e geostrategico: un sistema che io chiamo Condominio
Imperiale (CI, meglio conosciuto
sotto il nome di Comunit internazionale). Questa CI rappresenterebbe una soluzione al problema
posto dalle guerre tra potenze imperialiste che hanno condotto al
disastro del 1914-18. Si tratta di collegare queste potenze imperialiste
sotto legemonia degli Stati Uniti
per promuovere gli stessi "valori ed
interessi" ovunque nel mondo.
[...]
Lindipendenza che raccomandano gli atlantisti non in fondo
nulla di diverso dal livello defficacia competitiva che dovrebbe possedere lEuropa per proseguire questa concorrenza con gli Stati Uniti
pur restandovi strettamente legata.
Si tratterebbe, comunque, di non di
perseguire mai una qualche politica
economica o geopolitica fondamentalmente diversa da quella degli USA.
Questa rivalit concorrenziale fra le
due entit esiste gi, ma i nostri dirigenti ne parlano assai poco o in
modo quasi codificato dinanzi al
loro pubblico. Cos si perseguono
politiche la cui vera ragione, i suoi
fondamenti ed risultati non sono
pubblicamente valutati n discussi.
Prendiamo un esempio: laffrettato
allargamento dellUe ai paesi
dellEst fa parte di questa politica di
rivalit con gli Stati Uniti che non
viene chiamata con il suo nome. I
filo europei non hanno mai cessato
di osservare che sarebbe stato innanzitutto necessario approfon

20

dire lUe prima di allargarla. Si


tratta di buon senso: si pu rovinare
tutto andando troppo rapidamente. Gi si sono visti i danni causati in Germania dalla sua affrettata
riunificazione, ma questo si pu
considerare come un caso distinto.
Per i Paesi baltici, e ora per la Romania e la Bulgaria (e forse un domani per lUcraina e la Georgia)
questa fuga in avanti segue una logica diversa. Si potrebbe immaginare che si tratti di rivalit con la
Russia. Alcuni di questi paesi (in
particolare i Paesi baltici) sembrano
credersi permanentemente minacciati dalla Russia, nonostante il ritiro volontario e pacifico di questa.
Ma i dirigenti occidentali sanno
bene che la Russia non una minaccia.
Effettivamente, lallargamento dellUe verso lEst soddisfa molto pi
le necessit della rivalit con gli Stati
Uniti, la cui influenza in questi paesi
gi predominante e si va rafforzando con la estensione della
N ATO. Lallargamento verso la
Turchia segue una logica analoga.
Lironia della storia che lUe si
trova in tal modo costretta ad una
gara per linfluenza con gli Stati
Uniti proprio quando (attraverso la
Costituzione) essa intende ribadire
il suo attaccamento ad unalleanza
atlantica completamente dominata
da Washington. L a l l a r g a m e n t o
verso i paesi dellEst pu certamente contribuire a rafforzare linfluenza dei paesi dellEuropa occidentale, ma al prezzo di un indebolimento dellindipendenza dellEuropa rispetto agli Stati Uniti.
Si osserva un fenomeno simile nel
ruolo attivo (bench secondario)
giocato dallUe nelle rivoluzioni
arancione e consimili, completamente teleguidate e generosamente finanziate da Washington.
Queste rivoluzioni mirano chiaramente a sottoporre le economie di
questi paesi al capitale straniero tramite dirigenti pi fedeli agli Stati
Uniti (dove la maggior parte di essi
hanno ricevuto la loro formazione)

che non ai loro popoli. Tutto ci


con la costante provocazione verso
la Russia che questo implica veramente nellinteresse dellUe e dei
suoi popoli? Ce lo si potrebbe almeno chiedere. Ma su queste questioni un dibattito pubblico europeo non esiste.

LA LEZIONE

DEI

BALCANI

La confusione che regna nella definizione di una politica europea


dindipendenza raggiunge il suo
culmine con la cosiddetta lezione
dei Balcani. Il clich dominante
stato ben espresso da Henri de
Bresson su Le Monde quando questi, a proposito della politica estera
e di sicurezza contenuta nella
Costituzione, scrive: Traendo la lezione dalle guerre nei Balcani, che
essi non hanno potuto impedire e
alle quali hanno potuto mettere
fine solo con lintervento degli Stati
Uniti, gli europei si dotano di uno
strumento che fornisce una nuova
credibilit alla loro azione esterna.
Si tratta di un grande passo.
Assolutamente tutto, in questanalisi, falso. Non insisto sul fatto che
lattaccamento alla NATO un vizio di partenza in questo strumento che fornisce una credibilit
nuova alla loro azione esterna.
Lerrore allo stesso tempo pi profondo e assai rivelatore.
Innanzitutto non stata affatto
come ci si ostina a ripetere la debolezza militare dellEuropa la responsabile del suo fallimento nei
Balcani. stata, piuttosto, la sua debolezza politica. LUe non ha mai
correttamente analizzato n compreso le cause del dramma jugoslavo. E non ha mai sviluppato -
come avrebbe potuto e dovuto fare
un programma chiaro verso tutta
la Jugoslavia al fine di evitarne le
guerre di secessione. E una volta che
il peggio si verificato, stata incapace di elaborare una politica suscettibile di portare la pace che
avrebbe contrastato gli sforzi di
Washington per evitare qualsiasi
pace che non fosse quella ameri-

Maggio Giugno 2005

cana. (Vedere a questo riguardo le


memorie di David Owen).
Questa debolezza era legata alla
mancanza dunit tra gli Stati membri dellUe ma ancor pi alla volont di nascondere questa assenza
dunit dando limpressione di
ununit che non esisteva affatto! In
tal modo la posizione della
Germania a favore di secessioni non
negoziate una posizione che rendeva la guerra civile inevitabile
stata allinizio respinta, e giustamente, da parte di tutti gli altri Stati
membri dellUe, soprattutto da
parte della Francia, del Regno Unito ed anche da parte di diplomatici
tedeschi in forza a Belgrado. Ma precisamente a causa della prossimit

No alla Costituzione europea

della firma del trattato di Maastricht,


e poich non era opportuno rivelare
al mondo le proprie divisioni, il
buon senso di questa maggioranza
ha capitolato dinanzi al desiderio
del governo tedesco di sopprimere
il suo vecchio nemico, la Jugoslavia,
a profitto dellindipendenza dei
suoi vecchi clienti, la Croazia e la
Slovenia. E successivamente tutti i
dirigenti in particolare francesi
che avevano avuto ragione, hanno
cercato di giustificare una decisione
tragicamente sbagliata.
E non tutto. Si anche cercato di
nascondere allopinione pubblica
le sorde rivalit tra potenze soprattutto tra gli Stati Uniti e la Germania per attirare i vari secessio-

nisti nella propria sfera dinfluenza.


Con una grande manifestazione
dunit occidentale in gran parte fittizia, la NATO ha poi devastato nel
1999 quanto restava della Jugoslavia. Dei reali problemi, fino ad
oggi nulla stato realmente risolto,
ma non se ne parla pi. Si tratta di
una situazione classica: i potenti regolano le loro rivalit, facendo poi
pagare il conto ai deboli. [...]
A queste determinanti questioni, la
Costituzione europea e i suoi partigiani non offrono alcuna chiara risposta. A parte come diceva quel
grandissimo umorista che era il generale di Gaulle il solo gridare:
LEuropa! LEuropa!".

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21

No alla Costituzione europea

Maggio Giugno

La dottrina delladifesa europea


come pilastro continentale
della NATO

Costituzione europea
e solidariet
atlantica

di Pedro Guerreiro
euro-parlamentare del GUE-NGL

UN PROGETTO NEO-IMPERIALISTA DI MILITARIZZAZIONE DELLUNIONE


EUROPEA CHE NON COMPORTA AFFATTO UNAUTENTICA
EMANCIPAZIONE DALLA SUBALTERNIT VERSO GLI STATI UNITI
E IL VINCOLO TRANSATLANTICO

a cosiddetta costituzione europea


pone le basi al pericoloso processo
in atto di militarizzazione dellUnione europea e, va sottolineato,
come pilastro europeo della NATO
, subordinando la politica estera
del Portogallo alla strategia delle
grandi potenze, mettendo in causa
lesistenza di una politica autonoma
e sovrana del nostro paese.
La costituzione europea afferma
orgogliosamente che la politica di
sicurezza e difesa comune della UE
rispetta gli obblighi derivanti dal
trattato del Nord-Atlantico per alcuni
Stati membri che ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite l'Organizzazione del trattato del Nord-Atlantico, ed compatibile con la politica comune di sicurezza e di difesa adottata in
tale contesto, ossia della NATO. E insiste: Gli impegni e la cooperazione in
questo settore rimangono conformi agli
impegni assunti nell'ambito dell'Organizzazione del trattato del Nord-Atlantico che resta, per gli Stati che ne sono
membri, il fondamento della loro difesa
collettiva e l'istanza di attuazione della
stessa.(Articolo I-41, 2)
La costituzione europea stabilisce
che gli Stati membri s'impegnano a migliorare progressivamente le loro capacit
militari, ed istituisce una Agenzia nel
settore dello sviluppo delle capacit di difesa, della ricerca, dell'acquisizione e degli armamenti (Agenzia europea per la
difesa), incaricata di individuare le esi-

22

genze operative, promuovere misure per


rispondere a queste, contribuire a individuare e, se del caso, mettere in atto qualsiasi misura utile a rafforzare la base industriale e tecnologica del settore della difesa, partecipare alla definizione di una
politica europea delle capacit e degli armamenti, e assistere il Consiglio nella valutazione del miglioramento delle capacit militari.( Articolo I-41, 2)
Fra le possibili missioni che la costituzione europea definisce nellambito della politica di sicurezza
e difesa comune (PCSD) vengono
messe in evidenza le sanzioni congiunte in materia di disarmo, le missioni di consulenza e assistenza in materia militare, di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace , le
missioni di unit di combattimento per
la gestione delle crisi, potendo tutte
queste missioni integrarsi e contribuire alla cosiddetta lotta contro il
terrorismo. (Articolo III-309, 1)
Per avere piena consapevolezza
della reale portata che la costituzione europea affida al piano militare mostrato dalle due precedenti citazioni assolutamente necessario conoscere ed analizzare
lattuale processo di militarizzazione della UE, che va peraltro concretizzandosi in modo accelerato
dal 1999.
Una delle componenti pi significative del processo di militarizzazione della UE la sua strategia di

sicurezza europea, adottata nel dicembre 2003. Adottando un mimetismo pressoch assoluto rispetto
alla cosiddetta dottrina Bush e al
nuovo concetto strategico della
NATO, la strategia di sicurezza europea: 1) indica fra le principali minacce il terrorismo, la proliferazione
delle armi di distruzione di massa, i
conflitti regionali e il dissolvimento
di Stati; 2) definisce gli strumenti
per la gestione delle crisi e la prevenzione dei conflitti, ovvero attivit di
natura politica, diplomatica, civile e militare, commerciale e in materia di sviluppo; 3) perora lapplicazione di
una cultura strategica che promuova
un intervento precoce, rapito e, se necessario, robusto; 4) esige la mobilitazione di pi risorse per trasformare
le forze armate in forze mobili e flessibili; 5) tutto questo nel rispetto degli accordi permanenti fra UE e NATO,
in particolare laccordo di Berlino Plus,
che rafforzano la capacit operativa
della UE e costituisce il quadro in cui si
inserisce la partnership strategica fra le
due organizzazioni sul piano della gestione delle crisi, riflettendo la determinazione di entrambe ad aff ro n t a re le
sfide del nuovo secolo. Inoltre, insiste:
nulla pu sostituire le relazioni transatlantiche. Agendo in concerto, lUnione
Europea e gli Stati Uniti possono essere
a livello mondiale una straordinaria
forza benefica aggiungo io per
limperialismo.

Maggio Giugno 2005

S M O N TA R E

I T R AV I S A M E N T I ,

MANIPOLAZIONI ED EUFEMISMI

In modo pi o meno sfacciato, ricorrendo o meno ad eufemismi, le


intenzioni di militarizzazione della
UE vengono espresse in documenti,
in numerose decisioni e con operazioni sino a questo momento realizzate nellambito del PCSD, ad
esempio lOperazione militare
della UE in Bosnia Erzegovina ALTHEA, ovvero nella sostituzione
della NATO da parte della UE al comando delle truppe di occupazione
nei Balcani, che risalta oggi nel momento in cui gli USA sono impegnati dalla resistenza irachena nelloccupazione di questo paese.
La costituzione europea fonda le
basi istituzionali di questo processo
di militarizzazione dellUnione
Europea subordinato alla NATO.
Lobiettivo non sar unicamente di
approfondire la partecipazione e il
ruolo dei membri europei della
NATO in questa organizzazione militare, ma pure di trascinare e vincolare tutti i paesi della UE non
membri della NATO alle sue dinamiche, ovviamente secondo gli interessi e la direzione delle grandi
potenze europee Germania,
Francia, Gran Bretagna che, superando contraddizioni, difficolt e
reciproci antagonismi, dominando
la UE e imponendola come interlocutore, mirano a rafforzare le
proprie posizioni nel quadro della
concertazione/rivalit con gli USA.
Da qui tutta una strategia di sicu-

No alla Costituzione europea

rezza europea votata alla creazione


di forze militari in grado di intervenire in qualsiasi parte del mondo
precocemente, rapidamente e
robustamente: eufemismi questi
per guerra preventiva mirante allaggressione militare.
Detto altrimenti, avviata la concretizzazione di una politica della UE
chiamata di difesa ma che, allopposto, mira ad aggredire la sovranit
degli stati e dei popoli, praticando
lingerenza e linterventismo militare, e facendo la guerra ogni qual volta siano in causa gli interessi delle
grandi potenze europee e dei grandi
gruppi economico-finanziari che i
loro governi rappresentano.
La militarizzazione della UE la misura dellambizione del grande capitale in Europa: spartire con gli
Stati Uniti dAmerica il dominio e
lo sfruttamento del mondo. Per
questo la UE ha adottato come proprio il concetto strategico della
NATO, deciso allincontro al vertice
di Washington nel 1999, noto anche
come Vertice della NATO che ha indicato lobiettivo di militarizzazione
della UE come proprio pilastro europeo. Processo di militarizzazione
della UE al quale si per lappunto
deciso di dare inizio nel 1999.
In fondo i principali promotori
della costituzione europea le
grandi potenze e il grande capitale
europei non cercano di far altro
che di legittimare le proprie ambizioni imperialiste sotto il cappello
politico-giuridico della cosiddetta
costituzione europea, proce-

dendo nella trasformazione della


UE in un blocco politico-militare
imperialista, con una politica cosiddetta di difesa articolata con la
N ATO o ad essa sottomessa. Un
blocco militare presentato talvolta
in contrapposizione agli USA, ma
che di fatto agirebbe come suo braccio ausiliario.
La militarizzazione della UE indissociabilmente parte dellattuale
integrazione capitalistica europea.
Essa integra ed base e componente fondamentale di questo processo, al pari del rafforzamento del
federalismo sotto il dominio delle
grandi potenze e dellimposizione
del neoliberismo, essendo quella il
braccio armato di questo.
Come abbiamo affermato nella
Risoluzione politica del XVII
Congresso del PCP: per i popoli del
mondo pu essere motivo di preoccupazione il fatto che, di fronte alle
sfide e alle questioni cruciali cui il
nostro tempo deve rispondere la
pace, la cooperazione e lo sviluppo
di tutti i popoli, lindipendenza e la
sovranit degli Stati si stia ergendo
una potenza economica, politica e
militare volta al confronto concorrenziale, per mercati, materie
prime e manodopera, per capitale
e dominio politico, che integra articolazioni, alleanze ed accordi di
spartizione con gli USA e il
Giappone.
Per i comunisti, i democratici e i difensori della pace, il rifiuto della cosiddetta costituzione europea
un imperativo.

23

No alla Costituzione europea

Maggio Giugno

Il modello UE
non mette in discussione
l'asse transatlantico

Una difesa eropea


che non sar
autonoma
dagli Stati Uniti

a cura della redazione

INTERVISTA AL GENERALE HENRI PARIS, PRESIDENTE DELLA


FEDERAZIONE DEGLI UFFICIALI FRANCESI DELLA RISERVA REPUBBLICANA

e rch lei si dichiarato contro il


Trattato costituzionale europeo ?
Il Trattato costituzionale fa esplicitamente riferimento alla NAT O
come fondamento di un'eventuale difesa
europea. Quando l'Alleanza atlantica stata fondata, nel 1949, essa rispondeva a due criteri. Da una parte
si riferiva a un'area geografica precisa, quella dell'Atlantico settentrionale. Dall'altra essa veniva costruita per rispondere ad un avversario ben identificato: il blocco
dell'Est e al Patto di Varsavia. Dal
1991 non esiste pi il Patto di
Varsavia e alcun nemico ben identificato, e tuttavia la NATO continua
ad esistere, e in contraddizione con
il quadro geografico del Nord
Atlantico. per esempio contro natura vedere la NATO intervenire in
Afganistan. La NATO non pi che
un semplice sostituto degli Stati
Uniti. Mi sembra quindi inconcepibile che si possa legare strutturalmente una difesa europea
all'Alleanza Atlantica.
Quindi a suo parere il Trattato contraddice qualsiasi difesa europea indipendente ?
In effetti. D'altra parte bisogna ben
valutare tutte le implicazioni che si

24

avranno se vincesse il s. Bisogna


ricordare che l'articolo 5 dello
Statuto della NATO indica che Le
parti convengono che un attacco armato contro una o pi di esse, in
Europa o nell'America settentrionale, costituir un attacco verso
tutte, e di conseguenza convengono
che se tale attacco dovesse verificarsi, ognuna di esse, assister la
parte o le parti cos attaccate, intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l'azione che giudicher necessaria, ivi compreso l'impiego
della forza armata. Il progetto di
Costituzione europea va pi lontano. L'articolo 1-41-7 del progetto
di Costituzione recita che Qualora
uno Stato membro subisca un'aggressione armata nel suo territorio,
gli altri Stati
membri sono tenuti a prestargli
aiuto e assistenza con TUTTI i mezzi
in loro possesso. La sfumatura fra
I due articoli
importante. Da una parte essa rischia di trascinare la Francia in conflitti che non la riguardano, dall'altra questo pone la questione dell'arma nucleare. Bisogna ben valutare che la Francia l'unica potenza
nucleare europea indipendente.
Quanto all'armamento nucleare
britannico, esso sotto soggezione
americana, in quanto i missili sono

di fabbricazione americana. L'arma


nucleare viene messa a disposizione
dei 25 paesi dell'Unione? Perch
no? Ma questo implica la definizione di una strategia comune di dissuasione adattata allo spazio geografico dell'Unione, la definizione
di obiettivi comuni? Ora, quale pu
essere una strategia comune? La dissuasione si riflette in un quadro dal
debole al forte, e chi si vorrebbe
oggi dissuadere? La Cina? assurdo! Una strategia nucleare europea comune implica una revisione
dei concetti strategici. La
Costituzione, ponendo il quadro
della NATO come fondamento
della difesa europea, fornisce gi un
quadro strategico ed impedisce di
sviluppare una politica di difesa indipendente.
Tuttavia viene avanzata l'idea che il
Trattato permette di combattere pi
efficacemente contro le nuove minacce?
Assurdi! Non c' bisogno di una
Costituzione per organizzare una
lotta comune contro il terrorismo.
Di contro,
Io constato che il Trattato stranamente muto riguardo I paradisi europei di riciclaggio del denaro
sporco. Questo denaro rappresenta
il nerbo della guerra dei terroristi.

Maggio Giugno 2005

Sarebbe pi efficace mettere in


opera regolamentazioni e strumenti che permettano di lottare
contro questi paradisi piuttosto che
rincorrere la concezione americana
della lotta contro il terrorismo.
Oggi, appena cinque paesi in
Europa dispongono di quel che possiamo chiamare una difesa organizzata attorno a un'industria della difesa. I tre principali sono la
Francia, la Germania e la Gran
Bretagna. Pi lontano troviamo la
Spagna e l'Italia. La Costituzione,
obbligando
I paesi europei ad aumentare le loro
capacit militari, spinge tutti gli altri paesi della UE all'acquisto di
materiali sul mercato. Se ne ve-

No alla Costituzione europea

dono I risultati quando la Polonia


decide di acquistare degli F16 americani, rafforzando in un colpo solo
la propria dipendenza dallo zio
Sam.
Per essere indipendente, l'Europa
ha bisogno di un'indipendenza tecnologica. Ora, l'allineamento alla
NATO, il concetto d'interoperativit sotto criteri NATO, contraddicono questa indipendenza. L interoperativit non riguarda semplicemente la standardizzazione del calibro delle armi e delle munizioni,
ma pure la messa a norma degli
standards della NATO, dunque
americani, dei sistemi di comunicazione, delle trasmissioni - cifrari
compresi - e dei comandi. Come

dire che la futura difesa europea


sar come un libro aperto per gli
Stati Uniti. Non sono le forme di cooperazione rafforzata evocate
quelle che qui vengono cambiate
pi di tanto. Come concepito dalla
Costituzione, questo sistema conferisce alla Gran Bretagna un ruolo di
arbitro e il potere di opporsi a qualsiasi cooperazione. Essa lo fa gi riguardo le applicazioni militari del
sistema Galileo, che potrebbe essere un'alternativa al GPS americano. Quando si conoscono le inclinazioni atlantistiche di questo
paese, si stenta ad immaginare che
esso appoggi programmi di ricerca
che potrebbero urtare gli interessi
degli Stati Uniti.

25

Lintervista

Maggio Giugno

Cuba fa discutere,
anche nel nostro partito.
E noi discuteremo e cercheremo
di convincere, perch convinti
di essere in questo modo utili ai popoli
e alla loro autonomia,
nonch alla nostra stessa causa

Contro il terrorismo
imperialista,
a fianco della
rivoluzione cubana

a cura di Bruno Steri

INTERVISTA A CLAUDIO GRASSI, A LAVANA SU INVITO DEL GOVERNO


CUBANO E PRESENTE, IN RAPPRESENTANZA DE LERNESTO, ALLA
CONFERENZA INTERNAZIONALE CONTRO IL TERRORISMO,
PER LA VERIT E LA GIUSTIZIA

u invito del governo cubano, 1.400


tra esponenti politici, giornalisti e
intellettuali di cui 600 provenienti
da 67 paesi sono convenuti nellisola caraibica per partecipare dal 2
al 4 giugno ad una Conferenza internazionale contro il terrorismo,
per la verit e la giustizia. Abbiamo
chiesto a Claudio Grassi, della Direzione nazionale del Prc e presente
alla conferenza in rappresentanza
de lernesto, una prima valutazione
politica.
Quali erano le finalit di questo incontro, deciso in poco tempo ma assai impegnativo sotto il profilo organizzativo e politico?
Si trattato indubbiamente di uniniziativa di grande portata politica,
non solo per il numero e lautorevolezza degli intervenuti ma anche
per la rilevanza del tema trattato.
Possiamo dire che lobiettivo stato
quello di avviare, con il dovuto respiro internazionale, una grande
operazione di verit sulla questione
del terrorismo. Come noto, a
partire dall11 settembre del 2001
lestablishment statunitense ha
reso operativa la dottrina della
guerra preventiva e permanente,
rivendicando in pratica un diritto di
intervento armato in ogni angolo
del mondo e adducendo a motivazione di tale criminale condotta pre-

26

cisamente la lotta al terrorismo.


Sulla base di tale appello scattato
lattacco allAfghanistan, e questa
stessa motivazione ha fornito una
delle molteplici e false giustificazioni per la devastazione
dellIraq. Gli ultimi decenni di storia del continente latino-americano
dimostrano, allopposto, che proprio gli Usa sono lultimo paese che
possa ergersi a paladino della lotta
al terrorismo. Questo dato politico
la cui messa in evidenza di grande importanza nel quadro dellodierna congiuntura internazionale
stato posto allordine del giorno
da questa Conferenza.
Dunque, una grande operazione di
verit, e insieme il rilancio di unazione di solidariet con Cuba.
Certamente liniziativa ha avuto lo
scopo di rafforzare i canali della solidariet internazionale nei confronti di un paese sovrano, che subisce da decenni un ignobile blocco
economico nonch delle vere e proprie azioni di destabilizzazione di
marca terroristica. Tuttavia, promossa da Cuba, la Conferenza ha inteso porsi su di un piano pi generale: appunto unazione coordinata
per rilanciare le ragioni dei popoli
e delle classi oppresse dallimperialismo, per far sentire con pi forza
la voce delle forze progressiste e co-

muniste. Nel Salone generale del


Palazzo delle Convenzioni di LAvana erano presenti segretari o esponenti di primo piano di partiti comunisti, tra cui dallEuropa i segretari generali del Partito comunista portoghese e di quello greco, un
autorevole dirigente del Pc spagnolo. Altri, pur non potendo essere
presenti, hanno fatto pervenire calorosi messaggi di saluto, come il segretario del Partito comunista della
Federazione russa Ziuganov, i segretari del Pc indiano, del Pc dello Sri
Lanka, del Partito rivoluzionario panafricano. E, ovviamente, la Conferenza ha fatto registrare la presenza massiccia delle forze antimperialiste e progressiste di tutta
lAmerica Latina, a cominciare dalla Repubblica Bolivariana del Venezuela, autorevolmente rappresentata dalla seconda carica di Stato, il
vicepresidente Vicente Rangel.
Accanto ai delegati statuali e di partito, spiccavano le presenze del
mondo della cultura e dellintellettualit continentale: dai teologi della liberazione Frei Betto e Leonardo
Boff al premio Nobel per la pace
Adolfo Prez Ezquivel. Ma, soprattutto, la Conferenza ha dato voce
alle decine e decine di testimoni
delle vittime dei regimi militari fascisti, sostenuti e addestrati nei trascorsi decenni dagli Stati Uniti, che
hanno insanguinato lAmerica

Maggio Giugno 2005

Latina, dal Brasile allArgentina, dal


Cile al Guatemala, dal Nicaragua
allUruguay. Ho ancora nella mente
le parole dure e appassionate di
Hebe de Bonafini, la presidente
delle Madri di Plaza de Mayo, la
quale ha ricordato a tutti noi il genocidio di unintera generazione,
migliaia di giovani vite scomparse in
64 campi di concentramento costruiti in Argentina e resi operativi
dalla furia anticomunista del Piano
Condor ideato da Cia e Fbi. I popoli
dellAmerica Latina non possono
dimenticare i mandanti, gli artefici
di un tale Terrore.
Nel corso dellincontro stato costituito un Tribunale contro il terrorismo.
importante sottolineare che,
come ha specificato lo stesso Fidel
Castro che ha seguito costantemente i lavori della Conferenza ,
lobiettivo quello di sbarrare la
strada e denunciare qualunque
azione di stampo terroristico ai
danni di persone inermi, da qualunque parte provenga. Non ci pu
essere alcuna ambiguit su questo
punto. Ma evidente che, a tale
azione di controinformazione e di
denuncia politica, men che meno
pu sottrarsi il terrorismo di stato,
la violenza legalizzata che ha colpito
e continua a colpire individui e popoli, coperta dalla vergognosa collusione di gran parte dei media occidentali, dallipocrisia di chi sacrifica il dovere dellinformazione allacquiescenza nei confronti del potere costituito. Perch nessuno ricorda che, come ha ad esempio ribadito nel corso della Conferenza
un giornalista colombiano, il padre
dellattuale presidente degli Stati
Uniti stato implicato quando egli
stesso ricopriva la massima carica di
quel paese nel traffico di droga
che serv a finanziare i Contras in
Nicaragua? Perch non si dice che,
come stato dimostrato con documenti alla mano, gli Usa erano perfettamente a conoscenza del piano
per far esplodere un aereo della Cubana Aviacin che nel 1976 caus la

Lintervista

morte di 73 passeggeri? Perch gli


Usa hanno ospitato e protetto ed ancora ospitano nel loro territorio
seppure oggi tenuto agli arresti domiciliari con la lieve accusa di soggiorno illegale lautore materiale
di quellattentato terroristico, Posada Carriles, a suo tempo debitamente stipendiato dalla Cia? E perch il governo italiano diversamente dal governo venezuelano,
che ha chiesto lestradizione di Carriles tace da anni sullassassinio del
nostro connazionale Fabio Di Celmo, dilaniato in un albergo de LAvana da una bomba piazzata dalle
mani di questo stesso terrorista internazionale? In 45 anni Cuba ha
dovuto contare 3.478 morti e 2.099
feriti in occasione di attentati terroristici. Il paradosso che chi ha
protetto terrorismo e regimi fascisti
lancia oggi la cosiddetta lotta al terrorismo, e in nome di questa bombarda popolazioni intere; mentre
chi come Cuba realmente vittima
del terrorismo, si vede incluso tra gli
stati canaglia amici del terrorismo. semplicemente vergognoso,
da un punto di vista politico ed
etico, che lo spirito di parte e la sudditanza nei confronti dello statoguida del potere imperialistico
possa far ingoiare una tale intollerabile situazione.
D. Eppure noi italiani di stragi terroristiche dovremmo pur saperne
qualcosa.
I legami tra neofascisti nostrani e
servizi segreti Usa sono stati ampiamente documentati nelle coraggiose inchieste del giudice milanese
Salvini, purtroppo finite nel dimenticatoio. Cos come erano note le relazioni tra la destra eversiva italiana
e i regimi fascisti sudamericani.
Anche le forze democratiche del
nostro paese e tanti cittadini innocenti, periti nella buia stagione delle stragi fasciste, hanno pagato il
loro tributo alla nostra sovranit limitata. E oggi, dopo anni ed anni
di inchieste, dobbiamo constatare
che per piazza Fontana a Milano,
per piazza della Loggia a Brescia,

per la strage dellItalicus, per la


strage alla stazione di Bologna, per
Ustica e per tutte le altre la sentenza sempre la stessa: nessun colpevole.
Complessivamente che valutazione
dai di questo viaggio-lampo a Cuba;
quale clima politico hai trovato?
Ovviamente in soli due giorni non
ho avuto il tempo di prendere contatto con la vita quotidiana dellisola. Posso tuttavia dire di aver respirato allinterno della sala della
conferenza unaria nuova; torno
con la netta sensazione di un clima
pi che positivo. Come se fosse passata la nottata. E non sto parlando
solo dei cubani e di Fidel, ma dello
spirito con cui tutti i latino-americani hanno partecipato ai lavori.
Negli interventi si percepiva una determinazione, una fiducia nei propri mezzi che non si sentiva da
tempo. Su questo tutti i delegati
ospiti erano concordi: questo
grande continente si risvegliato, e
non acconsentir di buon grado ad
essere di nuovo il cortile di casa
del potente vicino nordamericano.
Il laborioso clima costruttivo di
quella sala delle conferenze la diretta espressione del grande fermento sociale, del vento progressista che oggi spira su tutta lAmerica
Latina. Non un caso che sia stata
Cuba a chiamare a raccolta tutte le
energie migliori del continente: in
occasioni come questa si percepisce
distintamente che il destino
dellAmerica Latina il destino medesimo di Cuba, e viceversa. Ma, in
particolare, anche nel lunghissimo
intervento del vicepresidente venezuelano si potuto cogliere il cuore
di questa rinnovata forza. Come egli
ha detto, non c compimento della
rivoluzione bolivariana se non c
una societ socialista. Piaccia o non
piaccia agli Stati Uniti dAmerica,
questo il percorso che il popolo
venezuelano si scelto. Ed precisamente su questa prospettiva di
giustizia sociale, di eguaglianza tra
gli individui e tra i popoli, che sancita la stretta alleanza con Cuba.

27

Maggio Giugno

Lintervista

Peccato che attorno a tutto questo


vi sia il pi totale silenzio dei mezzi
di informazione.
Gi. I principali quotidiani sono
stati pronti a strillare la notizia dellespulsione certamente spiacevole di due giornalisti italiani (peraltro giunti a Cuba per esercitare
la loro professione essendo per
provvisti del solo visto turistico) e ad
enfatizzare la riunione di un centinaio di dissidenti finanziata
dallUfficio di interessi Usa di stanza
a LAvana: un vero e proprio flop,
isolato non solo dal resto della popolazione ma anche dalla parte
meno oltranzista della stessa dissidenza. Ed ora tacciono di fronte ad
un evento di enorme portata politica. C di che riflettere sullaffinamento delle tecniche di manipolazione dellopinione pubblica.

Infine, quali indicazioni operative


trai per limmediato futuro?
Intanto c da proseguire liniziativa
politica nel merito delle questioni
trattate nella Conferenza, a cominciare dalla diffusione della grande
mole di materiale raccolto e distribuito in questa occasione. Si tratta
di unindicazione che tutti noi dobbiamo seguire.
E, come si detto, noi italiani in
fatto di atti di terrorismo rimasti impuniti non siamo purtroppo secondi a nessuno.
Dobbiamo altres proseguire nella
nostra azione politica al fianco di
Cuba, del suo governo e del suo popolo: stop ad un embargo infame,
denuncia di qualsiasi atto (politico,
economico, militare) che leda la sovranit di un popolo, libert per i
cinque patrioti cubani a tuttoggi

rinchiusi in un carcere di massima


sicurezza Usa. Dovremo infine porre grande attenzione allincontro
previsto per il prossimo novembre,
anche questo promosso da Cuba,
avente per oggetto la presenza globale delle basi Nato e Usa: unoccasione unica per tutto il movimento
contro la guerra. Faremo tutte queste cose, per quel che nelle nostre
possibilit, certamente rinfrancati
dal grande valore politico di questa
Conferenza. Sappiamo che Cuba fa
discutere, anche allinterno del nostro partito. E noi discuteremo e cercheremo di convincere: non perch
siamo interessati ad incrementare
inutilmente il tasso di polemica interna ai partiti della sinistra, ma perch siamo convinti di essere in questo modo utili ai popoli e alla loro
autonomia, nonch alla nostra
stessa causa.

a Liberazione, a lernesto

A proposito della Conferenza dellAvana


caro Sandro Curzi, caro Fosco Giannini,
leggo su Liberazione la critica del compagno Migliore sulla partecipazione del compagno
Grassi alla Conferenza dellAvana Contro il terrorismo, per la verit e la giustizia.
E leggo anche larticolo di Grassi che Liberazione obiettivamente riporta.
C nella dichiarazione di Migliore un tono da gerarchia infranta: io non so se Grassi rappresenta o no Rifondazione o quanto di Rifondazione. Certamente compagno impegnato
e di grande rilievo. So comunque che in questo caso rappresenta certamente me assieme
a tantissimi altri compagni. Del resto il partito partecipa a molti altri incontri e manifestazioni ove pure ci sarebbe da discutere.
Non capire che almeno la met del partito daccordo con quella Conferenza e ci a
prescindere da critiche su taluni fatti che anche io ho mosso a Cuba prova di miopia
burocratica auto referenziale.
Cordiali saluti
Gianni Alasia

28

Maggio Giugno 2005

Guerra infinita/Lotta per la pace

difficile, se non impossibile,


conciliare unipotesi pacifista
e antimperialista con chi
ha gi scelto di tutelare gli interessi
del proprio imperialismo

Autonomia
del movimento
e scelta pacifista

di Salvatore Cannav
vicedirettore di Liberazione

LE TENTAZIONI DINTERVENTI UMANITARI ORGANICHE


NELLIMPOSTAZIONE DEL CENTROSINISTRA E I PERICOLI
DI SUBALTERNIT DELLA LINEA DEL PRC

e recenti affermazioni di Massimo


DAlema sullesportazione della
democrazia non solo hanno riproposto un dibattito avviato dai neoconservatori statunitensi ma hanno
anche rivelato apertamente quella
che resta unopzione del centrosinistra in politica estera. Molti hanno
interpretato, giustamente, le parole
del presidente dei Ds come un segnale inviato allamministrazione
Usa in vista di un possibile governo
dellUnione e di un possibile accesso dello stesso DAlema alla
Farnesina come capo della diplomazia italiana. Interpretazione corretta, ovviamente, ma anche insufficiente, perch il rappresentante di
maggior prestigio dei Democratici
di sinistra ha scelto di collocare sul
tavolo dei rapporti nel centrosinistra e nel dibattito della sinistra tutta
un tema di enorme rilevanza: quale
debba essere il comportamento dei
governi occidentali in presenza di
regimi anti o ademocratici. E
quindi, quale rapporto debba sussistere tra un possibile governo di
centrosinistra in relazione agli organismi sovranazionali e quindi a
un possibile via libera alluso della
forza da parte di questultimi. Lo
stesso DAlema aveva gi risolto il rebus dando la completa operativit
ai caccia italiani al tempo della
guerra del Kosovo, rendendosi responsabile, politicamente ma anche militarmente, dei bombardamenti sulla ex Jugoslavia. Pertanto,

largomento secondo il quale il presidente dei Ds ha voluto gettare un


ponte oltre Atlantico rendendosi affidabile agli occhi di Bush e soci appare limitativo. Non che non sia
vero, ma la sortita del presidente dei
Ds ha voluto saggiare il dibattito interno al centrosinistra, al movimento pacifista e alla stessa
Rifondazione sulla discussione cruciale della possibile politica estera
dellUnione.
Allinterno dellalleanza che si appresta a sfidare il centrodestra e che
pensa sempre pi con troppa sicumera di potergli succedere, il
nodo cruciale non infatti il giudizio sulla guerra in Iraq, per quanto
il centrosinistra si renda responsabile di comportamenti ambigui e
oscillanti sul ritiro delle truppe. Il
nodo cruciale resta quello del rapporto con gli organismi sovranazionali, con lOnu ma anche con la
Nato (fu lAlleanza atlantica a condurre la guerra nei Balcani).
Su questo punto Massimo DAlema
molto meno isolato di quanto si
sia voluto far credere in questa occasione. Basta andarsi a rileggere un
i n t e rvento di Romano Prodi apparso il 27 marzo del 2004 sul
Corriere della Sera, molto eloquente gi dal titolo: Prodi e l'Iraq:
armi s, ma con l'Onu. In quella lettera Prodi si muoveva nel solco dellarticolo 11 della Costituzione italiana, premurandosi, per, di citarlo interamente. Non solo nella

prima parte, l dove si precisa che


lItalia ripudia la guerra, ma anche dove consente, in condizioni
di parit con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranit necessarie ad un
ordinamento che assicuri la pace e
la giustizia fra le Nazioni; promuove
e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. Un
punto dirimente nella concezione
d e l l i n t e rventismo democratico
che ha caratterizzato diversi governi
di centrosinistra e di sinistra si
pensi al governo della gauche plurielle di Jospin, anchegli responsabile dei bombardamenti nellex
Jugoslavia e che si sempre nutrito di questa concezione, frutto delle
vicende della Seconda guerra mondiale: bloccare e comunque intervenire in presenza di situazioni eccezionali sul piano della democrazia. Insomma, lo spettro del patto di
Monaco del 1938 che diede mano
libera alla Germania di Hitler.
Quindi, il solco della concezione
prodiana e quindi, desumiamo,
della maggioranza dellUnione rimane quello. E Prodi lo argomenta
cos: Il richiamo alle organizzazioni
internazionali si adatta mirabilmente tanto ad un'Unione Europea
ormai prossima a darsi una Costituzione, ad un'Italia che solo nell'
Europa pu costruire il proprio futuro, quanto ad un mondo il cui governo sfugge alla capacit di controllo di qualsiasi singola nazione e,
per ci stesso, richiede lo sforzo e il
29

Maggio Giugno

Guerra infinita/Lotta per la pace

coinvolgimento dell'intera comunit internazionale, a partire da Europa e Stati Uniti, senza la cui alleanza non esiste pace sulla terra. In
queste parole c tutto il senso di
quel multilateralismo che la socialdemocrazia europea, ma anche i
paesi che hanno detto no allavventura di Bush in Iraq Francia e
Germania , hanno sempre opposto
allunilateralismo di cui si nutre lattuale amministrazione statunitense.
Per unanalisi corretta va per precisato che indicazioni, pure importanti come quelle sancite dallarticolo 11, non si mantengono immutabili a prescindere dal contesto storico in cui vengono elaborate. Prevedere lintervento esterno a ridosso della Seconda guerra mondiale e
in relazione evidente alla barbarie
nazista non ha lo stesso significato
se rapportato alle contraddizioni e
alle dinamiche che governano oggi
la politica internazionale. In cui
prevale una relazione irrisolta che
viene spesso sottaciuta, se non negata, ma che serve a comprendere i
comportamenti di Prodi e le parole
di DAlema.

IL

M U LT I L AT E R A L I S M O E U R O P E O

Su scala internazionale, infatti, assistiamo oggi a una contrapposizione


strisciante tra Usa e Europa contraddizione che questa rivista ha ben
argomentato e trattato, e che quindi
non approfondiremo , ma che
spiega gran parte delle variabili politiche in atto. Spiega perch Francia
e Germania mantengano intatto il
fronte del rifiuto nei confronti degli Usa; spiegano perch gran parte
della socialdemocrazia europea,
che ha introiettato del tutto i valori, cio gli interessi del capitalismo europeo, insista tanto sul concetto di multilateralismo; spiega, ad
esempio, perch vengano siglati accordi come quello conclusosi lo
scorso 23 maggio tra Spagna,
Germania e Francia che ha portato
alla formazione di 13 battaglioni da
combattimento, ognuno di 1500 effettivi, per condurre operazioni di
rapido intervento in un raggio di
30

azione di 6000 chilometri. Al di l


delle contrapposizioni ideologiche
o delle strumentalit evidenti, la politica internazionale oggi si legge anche con la categoria delle contraddizioni interimperialistiche che invece di negare occorrerebbe analizzare con molta pi acutezza e precisione e che aiutano a dare una spiegazione agli atteggiamenti di gran
parte della sinistra moderata che ha
scelto di fare propri gli interessi del
proprio capitalismo nazionale ed
europeo. La categoria, inoltre, aiuta
anche a collocare nella giusta dimensione la concezione di multilateralismo che, come spiega chiaramente Prodi, significa ipotizzare interventi militari in cui Stati Uniti ed
Europa siano alleati.
In questo senso, quindi, luso della
forza, spiega ancora Prodi al Corriere
della Sera, consentito quando e
soltanto se esso indispensabile per
portare pace e giustizia ed approvato dalla comunit internazionale. Anche in forma preventiva,
aggiunge il Professore. Che fa degli
esempi per chiarire, se mai ce ne
fosse ancora bisogno, il suo pensiero. La necessit di proteggere
contro un genocidio in atto stata
la ragione che ha condotto all' intervento per la protezione delle popolazioni del Kosovo dalle violenze
dei serbi. Il caso di una guerra civile
legata al disfacimento di uno Stato
quello che ha giustificato gli interventi a Timor Est, in Albania con
la missione Alba guidata dagli italiani e, prima ancora, quello, purtroppo non altrettanto fortunato, in
Somalia.
Il caso dell'aggressione ad uno Stato
sovrano quello che ha spinto la comunit internazionale a difendere
il Kuwait dall'invasione dell'Iraq
(sic!, nda.). L'urgenza di offrire una
protezione dagli atti di terrorismo
stato l'elemento che ha portato
un'ampia coalizione internazionale
all'intervento armato in Afghanistan dopo gli attentati dell' 11 settembre (doppio sic!, nda.).
Come si vede dalle parole utilizzate
da Prodi non pi di un anno fa,
quello di DAlema oggi un intervento organico, interno a un dise-

gno di fondo che viene portato avanti da chi, nellUnione, dovrebbe


rappresentare la sintesi.
Certamente i dirigenti dellUlivo
confermeranno ad ogni occasione
la loro volont di ritirare le truppe
dallIraq. Ma questo tipo di argomenti sono davvero utili a raggiungere lobiettivo? Se si guarda alla situazione irachena, si capisce perch
sia vero esattamente il contrario.

GLI USA

S TA N N O

PERDENDO LA GUERRA?

Gli Stati Uniti, infatti, stanno faticando non poco a tenere la postazione. A oltre due anni dalla vittoria sul campo, la resistenza irachena
sta aumentando le proprie operazioni di guerriglia (arrivate, secondo le fonti americane, a oltre
400 a settimana) e, probabilmente,
anche i propri effettivi. Le elezioni
irachene non hanno certo migliorato la presa degli Stati Uniti su quel
paese, vista la crescita di peso degli
sciiti che puntano, sia pure in forma
moderata, alla fine delloccupazione. Inoltre assistiamo alle progressive prese di distanza degli alleati dalla coalizione dei volenterosi i paesi che hanno mantenuto
proprie truppe in Iraq si sono ridotti considerevolmente e il rispetto di quel patto costa, come nel
caso di Blair, pesanti prezzi da pagare in termini elettorali e politici.
Si pu dire, come ha affermato
Walden Bello in una recente intervista a Liberazione, che gli Usa stanno perdendo la guerra?.
La situazione pi complessa e contraddittoria. Se sul terreno iracheno le difficolt aumentano e gli Usa
incontrano una resistenza che non
accenna a ridursi, sul piano pi generale della strategia per il Grande
Medioriente che rappresenta l
essenza della teoria neocon e la linea
guida dellamministrazione Bush
i progressi sono pi evidenti. La
lotta dei palestinesi infatti ancora
una volta arenata, laccerchiamento
su Siria e Iran prosegue indisturbato, la situazione libanese si rimessa in movimento ma i suoi sboc-

Maggio Giugno 2005

chi possono essere i pi disparati, il


resto del mondo arabo mantenuto
abbondantemente sotto controllo,
lAfghanistan si avvia a divenire una
vera e propria colonia. Certo, per lo
sforzo compiuto nel Grande Medioriente gli Usa hanno dovuto allentare la pressione in America latina, dove proseguono sommovimenti sociali e la rivoluzione bolivariana di Chavez va avanti al momento non troppo disturbata. Ma
lespansionismo nordamericano resta una dominante della politica, e
delleconomia, internazionale. E
questo possibile anche per linconsistenza dellopposizione europea, che mantiene come opzione
strategica la ricostruzione di un asse
multilaterale, e quindi concertato,
tra Usa e Europa. E quindi riduce i
margini di conflitto, lazione di contenimento di quellespansionismo
che invece prova a scimmiottare o a
eguagliare sul piano economico
(dove i rapporti di forza sono pi favorevoli allEuropa).
Si guardi alla competizione strisciante che avviene in Cina ma contestualmente ai tentativi di mediazione in seno al Wto. Insomma, se
gli Usa avanzano indisturbati nonostante le loro evidenti difficolt,
perch non esiste in forma istituzionale e statualizzata unopzione
pacifista coerente e conseguente.
La stessa Spagna di Zapatero ha rappresentato uneccezione ed comunque stata costretta a bilanciare
la decisione di ritirarsi dallIraq con
laumento dei propri militari in
Afghanistan e con il ristabilimento
di unalleanza con gli Usa in America latina.
LEuropa, dunque, resta il grande
assente. Per questo ancora il terreno obbligato per i movimenti e le
forze della sinistra antagonista, che
devono far tesoro di avvenimenti
come quello francese (al momento
in cui scriviamo non conosciamo
lesito del referendum sulla Costituzione europea, ma lampiezza dei
No, al di l della loro vittoria, rimarr comunque come un dato politico di base su cui lavorare) per costruire unalternativa. Il punto, co-

Guerra infinita/Lotta per la pace

me si vede, resta irrisolto: quale alternativa costruire e con chi. Lesperienza delle guerre di questi anni e
degli atteggiamenti assunti a proposito, confermano una valutazione che rinvia anche al dibattito
interno al Partito della Rifondazione comunista: a nostro avviso difficile, se non impossibile, conciliare
unipotesi pacifista e antimperialista con chi ha gi scelto di tutelare
gli interessi del proprio imperialismo. Cos come difficile conciliare le ragioni e le istanze dei movimenti con chi quelle ragioni e quelle istanze cerca di calpestare a ogni
minima occasione (la vicenda Cofferati a Bologna parla forse un linguaggio pi generale). In altre parole, la vicenda della guerra, al di l
di attestati di pacifismo o di dichiarazioni programmatiche generiche, mostra quanto sia difficile ipotizzare unalleanza di governo con
chi la guerra, non solo lha gi fatta
ma propone, sia pure umanitariamente, di continuare a farla.

LAUTONOMIA

DEL MOVIMENTO

Per i movimenti, e per il nostro partito, la possibile vittoria del centrosinistra apre una fase nuova e anche
pi difficile. Come molti sanno, al
congresso del Prc abbiamo proposto un accordo politico-elettorale
per battere le destre senza assumere
responsabilit di governo, ma vincolando alle decisioni concretamente prese il nostro comportamento parlamentare. Questa linea,
come quelle avanzate dalle altre minoranze interne, stata sconfitta. Il
nostro partito si appresta a definire
un programma di governo comune
con lUnione puntando a strappare
unopzione pacifista. Occorre per
sapere che il nostro giudizio non dipender tanto dalla posizione che
sar assunta sullIraq, che ovviamente conter.
Il punto dirimente sar invece il rapporto che lUnione, e con essa
Rifondazione, decider di stabilire
con le istituzioni internazionali, a
partire dall Onu ma anche con

Nato e Unione europea. In caso di


posizioni ambigue e compromissorie noi siamo rimasti al motto del
no alla guerra senza se e senza ma,
con o senza lOnu, quindi non disponibili a compromessi saremmo
in presenza di un ripudio del nostro patrimonio programmatico e
della nostra stessa identit. Ma anche in caso di un accordo programmatico cristallino, il problema dei comportamenti effettivi
una volta che il partito sar al governo si riproporr con forza. Per
questo lautonomia dei movimenti
rappresenter la risorsa essenziale
per mantenere intatta una prospettiva alla lotta per la pace e alla mobilitazione crescente contro la guerra. Purtroppo si tratta di uno scenario messo costantemente in discussione dallo stesso centrosinistra,
e a volte anche dal nostro partito,
che agisce in continuazione sui movimenti per utilizzarli come arma di
pressione verso il confronto programmatico dellUnione.
La vicenda di Bologna ha iniziato a
correggere un atteggiamento che
invece abbiamo visto pienamente
allopera in occasione del Cantiere
che ha visto ospite Romano Prodi.
Uniniziativa deludente e al di
sotto delle aspettative, come hanno rilevato gli stessi organizzatori.
Ma soprattutto uniniziativa che
confonde i piani, quelli che invece
dovrebbero rimanere distinti tra
movimento e forze che si candidano
a governare. Piani distinti e, perch
no?, anche conflittuali. Lautonomia dei movimenti rimane dunque
una bussola fondamentale per evitare che con landata al governo
che comunque continueremo a
contrastare il Prc perda la propria
integrit.
Ma quella autonomia, della quale
intendiamo fare pienamente parte,
ci sembra anche la precondizione
indispensabile, seppur non sufficiente, per fare in modo che una
volta chiamato a scegliere tra compatibilit di governo e compatibilit
di movimento il nostro partito, e noi
con esso, scelga senza esitazioni
questa seconda strada.

31

Maggio Giugno

Politica

La proposta della Fed


non impedisce i giochi verso
il centro come stato affermato
nel congresso dei DS,
semmai li amplifica e li diversifica
a fronte della crisi del centrodestra

Quel che le regionali


ci mandano a dire

DALLE REGIONALI, UN MESSAGGIO ANCHE PER LA SINISTRA RADICALE:

di Giorgio Mele

FARE MASSA CRITICA PER ARGINARE TENTAZIONI


E DERIVE MODERATE DELLUNIONE

n queste settimane s avviato attorno ai risultati delle regionali e


delle amministrative un largo dibattito che attraversa tutte le forze
politiche. Il centrodestra, dopo la
sonora sconfitta, non riesce a dare
un assetto preciso alla propria coalizione. Il nuovo governo, fotocopia del primo, non esce dai confini
della politica che ha portato al loro
disastro e al disastro del paese.
La nostra economia in recessione
e la crisi sociale del paese sempre
pi grave. Tale situazione sta pesantemente incrinando il blocco del
governo su tutto il territorio nazionale. anche se non possiamo dire
che esso sia definitivamente scomposto, come ha dimostrato il voto di
Catania.
Il centrodestra cade sotto i colpi della
propria politica. Oltre alla crisi del
berlusconismo come modo di governo della cosa pubblica, non pi
credibile il modello sociale da essi
proposto fondato sui principi della
deregulation liberista che ha condotto il paese sulla strada del declino.
Sullincapacit del centrodestra si
fonda l'importante vittoria del centrosinistra, su quasi tutto il territorio nazionale. Il consenso al centrosinistra ha superato per la prima
volta il 50%. In tale cifra, pur allinterno di un calo dei votanti, vi sicuramente uno spostamento significativo tra uno schieramento e lal-

32

tro, che pu far guardare alle prossime elezioni politiche con fiducia.
Tuttavia anche il centrosinistra non
tranquillo. Riemergono tentazioni mai sopite, che facendo riferimento allincremento di voti delle
forze moderate della coalizione
puntano ad affermare che la vittoria possibile solo se si guarda al
centro. DAlema ha ripreso le sue
vecchie convinzioni che in fondo la
destra ha ragione e che lobiettivo
dei neocons giusto, che bisogna
estendere la democrazia, e che se
fosse necessario perch non fare
uso della forza, della guerra?; si ricomincia a parlare di flessibilit.
Rutelli va tessendo una propria rete,
tesa a rafforzare la parte centrale
della coalizione che viene rimpolpata da passaggi quasi quotidiani
della maggioranza di governo. La
proposta della Fed non impedisce i
giochi verso il centro come stato
affermato nel congresso dei DS,
semmai li amplifica e li diversifica a
fronte della crisi del centrodestra.
In questo contesto vi un pericoloso silenzio e imbarazzo nella parte
sinistra della coalizione, che esce
dalle urne meno forte e pi divisa.
Lanalisi dei risultati delle elezioni
pu essere loccasione per fare un
bilancio della vicenda di questi
anni. Dopo il biennio rosso della stagione dei movimenti, dal G8 allimmensa manifestazione di Roma sull

articolo 18, alla lotta contro la guerra e per la pace, si espressa alta la
richiesta non solo di contenuti nuovi
rispetto allesperienza di governo
del centrosinistra, ma anche quella
di una nuova soggettivit politica
della sinistra. A questa domanda
nessuno ha saputo dare una risposta
convincente e il peso politico della
sinistra sembra essere in calo.
Allinterno dei DS, la sinistra interna nellultimo congresso ha conquistato un livello di consensi pi
basso di quello raggiunto nel congresso di Torino. Rifondazione comunista che sperava di allargare i
propri consensi si ritrova, dopo queste regionali, meno unita e meno
forte. I risultati di Verdi e PDCI non
annullano, per la loro entit, il dato
che la parte sinistra oggi meno ampia e meno influente che nel recente passato, e questo rischia di indebolire la coalizione di centrosinistra, poich non sono meno forti le
ragioni che hanno spinto 3 milioni
di persone a scendere in piazza a
Roma nel 2002.
Eppure tutti insieme, variamente
collocati, rischiamo di non essere di
pi di unappendice della fabbrica
di Bologna.
Vanificato, con la decisione di
Sergio Cofferati di andare a fare il
sindaco di Bologna, una possibile
proposta di riorganizzazione della
sinistra, la parte moderata della

Maggio Giugno 2005

coalizione ad aver avviato una riorganizzazione del centrosinistra, rispetto alla quale la sinistra radicale
non ha saputo esprimere nessun disegno alternativo. Tutti i tentativi
che sono stati fatti in tal senso sono
falliti o sono stati fatti fallire.
Al fondo di queste difficolt vi in
primo luogo e riguarda tutti la
difficolt a superare i confini degli
attuali soggetti politici e il non saper guardare alla politica in termini
aggregativi per costruire pazientemente ununit tra diversi. Ci ha
impedito e impedisce di guardare
oltre un orizzonte minoritario o
estatico del proprio risultato elettorale contingente. Inoltre vi sono le
storiche divisioni del personale po-

Politica

litico, le antiche e le recenti diffidenze.


Detto questo, utile guardare in
avanti, tenendo conto che sullo
sfondo per quanto mi riguarda rimane lesigenza che, a fronte di una
costituzione peraltro difficile di un
partito riformista, vi sia nel nostro
paese un soggetto politico di sinistra
che non si accontenti della soglia fisiologica della sinistra radicale.
Oggi il compito primario, a partire
dalle attuali appartenenze, di
sconfiggere il governo di centrodestra, perch le sorti della sinistra
passano comunque dalla sconfitta
di Berlusconi. Perch solo cos
possibile creare un terreno pi conveniente e pi avanzato per le nuove

battaglie di democrazia.
Per cui sarebbe importante, per il
complesso della sinistra critica, pi
che coltivare effimere egemonie,
fare massa critica per evitare lo slittamento moderato del centrosinistra, rilanciare insieme e con forza
i contenuti di un nuovo ordine internazionale, di una buona e piena
occupazione, della democrazia nei
posti di lavoro, un nuovo modello
istituzionale che si fondi sulla partecipazione dei cittadini, etc. Mantenendo aperto un cantiere di comunicazione e di unit dazione, a
partire dai tanti contenuti che condividiamo e su cui abbiamo sviluppato in questi anni battaglie decisive
per il nostro paese.

33

Politica

Maggio Giugno

Bisogna trasformare
quella che oggi
solo una domanda di cambiamento,
in condiviso sostegno
ad un progetto
di autentica alternativa

La destra perde.
Sapr vincere
il centrosinistra?

di Paolo Beni
Presidente nazionale ARCI

DALLE ELEZIONI REGIONALI EMERGE UNA DOMANDA DI CAMBIAMENTO,


MA IL CENTROSINISTRA DOVR GUADAGNARSI IL CONSENSO CON UN
PROGRAMMA ALTERNATIVO

alle recenti elezioni regionali emerge


unindicazione netta ed omogenea
sul territorio nazionale: dopo 4 anni
di governo la destra perde consensi e
non rappresenta pi la maggioranza
del paese. Sta crollando il blocco sociale su cui Berlusconi aveva costruito
la sua avventura, nonostante la generosa distribuzione di favori effettuata
in barba ad ogni regola e garanzia democratica, o il tentativo di confondere le carte col miraggio di uno sviluppo che non c.
La domanda di cambiamento emerge
con forza proprio dal disagio e dallincertezza con cui i cittadini assistono allazione devastante del governo delle destre: una politica estera
che ha mortificato il ruolo internazionale del paese trascinandolo nella
guerra di occupazione, una politica
economica e sociale fallimentare che
ha prodotto recessione, ha colpito il
tenore di vita delle famiglie, ha demolito diritti del lavoro e garanzie sociali.
La situazione del paese grave ed assume i caratteri di una vera e propria
crisi morale, che colpisce letica pubblica, le responsabilit civili, il senso
di appartenenza alla comunit.
Il sistema democratico indebolito
dal ricorso sistematico alluso privato
delle istituzioni, dallattacco allautonomia della magistratura e alla libert di informazione, dal tentativo
di delegittimare le rappresentanze sociali, da un progetto di riforma federalista che equivale alla demolizione
34

del sistema-paese.
La destra ha perso perch il suo progetto fallito ed i cittadini, consapevoli della portata politica di queste elezioni, hanno bocciato una classe dirigente e deciso per lalternativa. Dal
canto suo il centrosinistra, finalmente
unito, ha vinto le elezioni soprattutto
grazie a questo declino della destra.
Ha ricevuto dagli elettori unapertura
di credito tanto grande quanto impegnativa e ora dovr essere allaltezza
di queste aspettative, costruendo le
condizioni per un cambiamento che
non sia la semplice alternanza nella
guida del Paese ma una vera alternativa, nei valori e nelle scelte di governo.
Sarebbe un errore clamoroso pensare
che tutto sia gi fatto. Non solo perch
non possiamo sottovalutare i danni che
ancora Berlusconi pu fare al Paese nei
prossimi mesi, ma soprattutto perch
trasformare quella che oggi solo una
domanda di cambiamento nel sostegno consapevole ad un convincente
progetto di alternativa presuppone
che questo progetto prenda finalmente forma.
Un programma di governo che non
mettesse radicalmente in discussione
le politiche liberiste di questi anni, limitandosi allobbiettivo di renderle
compatibili con un quadro di sostenibilit e di equit sociale, destinata a
fallire e produrre gravi danni. Il disastro lasciato dalla destra costringer
il centrosinistra a gestire politiche impopolari e ad affrontare tensioni so-

ciali. Serve una svolta pi radicale,


unalternativa di sistema che rimetta
in discussione il rapporto fra produzione, lavoro e consumi, metta i diritti
al centro di una diversa idea di societ
e di sviluppo.
Quello che sembra prevalere nelle posizioni dei maggiori leader dell
Unione invece un progetto moderato tutto interno alle compatibilit
del liberismo. I recenti commenti alla
rielezione di Blair o le esternazioni
sullaffermazione della democrazia
con luso della forza, evidenziano il rischio di un pesante arretramento negli indirizzi del centrosinistra.
Tutto sta aumentando la distanza fra
la maggioranza della coalizione ed
una vasta area di elettori e di esperienze sociali. Anche perch il paese
realmente cambiato. I nuovi movimenti di questi anni hanno prodotto
nella societ italiana gli anticorpi alla
cultura della destra. La critica ad una
globalizzazione sbagliata, i temi delle
libert e dei diritti di cittadinanza, del
lavoro, dellambiente, dei beni comuni, sono diventati patrimonio diffuso di un nuovo senso comune; il rifiuto della guerra stato largamente
maggioritario tra i cittadini italiani
ben prima di essere recepito in scelte
coerenti da tutte le forze politiche
dopposizione.
Oggi assistiamo ad una sorta di rivalutazione postuma della stagione dei
movimenti da parte di quella sinistra
che in larga parte ne aveva accolto con
diffidenza e sospetto il manifestarsi.

Maggio Giugno 2005

Ma c un equivoco di fondo: qualcuno non ha capito che i movimenti


non sono finiti n tornati a casa. Si
stanno semmai radicando nei territori e nelle citt, nel proliferare di mobilitazioni sociali, reti tematiche, campagne e vertenze sul lavoro, lambiente, i beni comuni, il disarmo, limmigrazione, i diritti civili.
Promuovono nuova partecipazione,
sono alla ricerca degli strumenti per
fare rete, confrontarsi con le istituzioni, incidere nei luoghi delle decisioni. A questa movimentazione sociale diffusa conviene guardare se vogliamo mettere insieme un campo di
forze pi ampio dei soli partiti coinvolgendo sindacati, associazioni, movimenti nella costruzione dellalternativa per il paese.
Se questo sforzo non viene fatto seriamente si rischia di aggravare la distanza fra lalleanza di centrosinistra
ed una parte dei suoi elettori,m lasciando senza rappresentanza politica
quella vasta area sociale, eterogenea
e ricca, che ha pesato in modo decisivo nel determinare le condizioni
della svolta ed il successo del centrosinistra alle regionali.
In realt la questione richiama il nodo
tuttora irrisolto del rapporto fra politica e movimenti, sul quale molto si
detto ma poco si fatto. Le stesse forze
politiche della sinistra radicale, che
maggiormente hanno evocato il tema
assumendolo esplicitamente come
priorit, non hanno superato questo
scoglio.
Il punto centrale lautonomia politica del sociale, la capacit dei movimenti di interagire con i luoghi della
rappresentanza politica ed istituzionale mantenendo la propria autonomia: andare oltre lautosufficienza
della sfera politica, dare dignit ai cittadini che fanno politica fuori dalle
sue sedi tradizionali, immaginare una
democrazia non si esaurisce nei partiti ma si arricchisce di una rete plurale di relazioni e luoghi di confronto.
La crescita di questa prospettiva richiede tempo, coinvolge un arco di
forze ampio ma non immediatamente
riconducibile ad un disegno elettorale. La priorit non accelerarne
laggregazione in forme organizzate,
ma mettere in sicurezza lautonomia

Politica

e la continuit dellazione dei movimenti, anche nella prospettiva della


fase che si aprir dopo le prossime elezioni politiche.
infatti sbagliata lidea, troppo spesso accarezzata e pagata cara dalla sinistra, che la mobilitazione sociale
serva solo quando si deve dare forza
allopposizione. Al contrario, lo stimolo attivo e consapevole dei cittadini indispensabile a sostegno dellazione di governo, a garanzia di un
progetto condiviso e del rispetto degli impegni assunti. Una politica realmente riformatrice ha bisogno di una
movimentazione sociale autonoma e
permanente che abbia vita indipendente da quella delle rappresentanze
politiche ed istituzionali ma sappia interagire con esse.
Ma il compito di garantire la continuit di iniziativa e lautonomia politica del sociale non pu essere consegnato ad un qualsiasi apposito contenitore, come dimostra il fallimento
dei numerosi tentativi di forzare i
tempi con scorciatoie organizzative a
cui abbiamo assistito in questi mesi.
Quella garanzia pu stare solo nellassunzione di un metodo condiviso
da parte di organizzazioni e movimenti sociali diversi.
Oggi il primo obbiettivo garantire il
pieno coinvolgimento delluniverso
dei movimenti nel confronto sul programma per lalternativa, per tre motivi precisi: perch hanno proposte
concrete da fare, hanno competenze
da mettere in gioco, rappresentano le
aspettative di tanti cittadini con domande precise, alle quali lUnione
deve dare risposta.
In politica estera, in grado lUnione
di assumere limpegno di scelte
chiare e non ambigue per la pace e la
cooperazione internazionale? E di
sottoscrivere con i suoi elettori limpegno a non fare pi guerre umanitarie, a ridurre le spese militari, a ripristinare la sovranit nazionale sui
territori occupati dalle basi straniere?
Siamo daccordo a considerare una
priorit linnovazione di un sistema di
welfare che garantisca i diritti per tutti
e rilanci la centralit della funzione
pubblica? possibile segnare nelle
politiche economiche e sociali uninversione di tendenza rispetto al libe-

rismo di questi anni, porre un freno


alle privatizzazioni, allargare lo spazio
pubblico, varare una legge per la tutela dei beni comuni?
Di fronte al fenomeno dellimmigrazione si avr il coraggio di andare oltre la fallimentare politica della chiusura delle frontiere, della tolleranza
zero e dellossessione securitaria per
inaugurare una strategia della promozione dei diritti dei migranti a cominciare dalla possibilit di ingresso
per ricerca di lavoro, dal diritto di voto
e dalla cittadinanza di residenza?
Possiamo decidere fin da ora non solo
di abolire la Legge 30, ma anche di contrastare la precariet restituendo centralit ai diritti del lavoro, alla rappresentanza sindacale e alla democrazia
nei luoghi di lavoro?
Vogliamo assumere, al di la della retorica sulla societ civile, limpegno a
sperimentare strumenti di democrazia
partecipativa che diano ai cittadini un
effettivo potere di scelta?
Si difenderanno con intransigenza i diritti civili, la laicit e la libert di fronte
alloffensiva di un nuovo integralismo,
non solo con le affermazioni di principio ma anche con scelte concrete di
governo come il riconoscimento delle
coppie di fatto?
E si far lo stesso per la difesa del sistema pubblico della formazione, la tutela del pluralismo dellinformazione,
dellautonomia della magistratura, per
la difesa senza tentennamenti della costituzione repubblicana?
Ci sono le condizioni per costruire dal
basso, nella societ, il consenso ad una
reale alternativa. Ma per far emergere
scelte qualificanti necessario fare
della costruzione del programma una
grande competizione sui contenuti, democratica, partecipata e trasparente.
C un anno di lavoro davanti, ed
quello pi importante da fare, anche
perch la politica e la democrazia non
si esauriscono nelle elezioni ma si nutrono di iniziativa continua e diffusa.
Ce lo ricorda la vicenda esemplare
delle elezioni in Puglia, con la vittoria
di Niki Vendola candidato a sorpresa
grazie alle primarie, a conferma che
quando aprono le porte alla partecipazione la politica pu ritrovare passioni, valori, concretezza e capacit di
suscitare consensi.
35

Maggio Giugno

Politica

Serve lunit,
ma lunit possibile.
Vale a dire lunit
rispettosa delle differenze
sia ideali che politiche e organizzative

Per unexit strategy


dal berlusconismo

di Severino Galante
segreteria naz.le PdCI; responsabile Organizzazione

NECESSARIO ORGANIZZARE LA FUORIUSCITA DAL BERLUSCONISMO,


MA URGE PURE LA COSTRUZIONE DI UNA FORZA POLITICA CHE SIA
ESPRESSIONE DEL MONDO DEL LAVORO

nche noi la composita entit che


chiamiamo sinistra, intendo abbiamo la necessit di definire una
exit strategy, quella dal berlusconismo. Non compito semplice, perch non semplice il fenomeno col
quale dobbiamo fare i conti. Esso infatti va oltre il livello, pur qualificante e comunque prioritariamente
ineludibile per tutti gli oppositori,
del governo Berlusconi: investe il
tema del blocco sociale di cui quel
governo proiezione, include la dimensione di regime con cui ha teso
a permeare lintera realt italiana,
rinvia infine al modello neo ottocentesco conformemente al quale si
sta tentando di plasmare la nostra
societ. Lexit strategy della sinistra
devessere alternativa a tutto questo, e le nostre azioni lo devono essere in eguale misura: con lucida consapevolezza sia degli obiettivi sia dei
rapporti di forza tra gli schieramenti contrapposti e al loro interno.
Il berlusconismo non affatto finito, come tanti, come troppi
hanno cominciato a ripetere dopo
lo straordinario successo delle opposizioni alle elezioni regionali.
venuta a proposito, purtroppo, la
sconfitta di Catania a rammentarci
che sempre sbagliato vendere anzitempo la pelle dellorso. E poi ci
sono state Bolzano e Rovereto, dove
il centro sinistra, dato sicuramente
vincente, ha invece perso. Le dina-

36

miche territoriali, dove incidono


fattori non sempre preventivati,
possono riservare sorprese amare:
tanto pi che non corretto proiettare meccanicamente i risultati proporzionali delle regionali sulle elezioni politiche, dato che il meccanismo maggioritario li stravolge in
larga misura. Allo stato delle cose,
nellItalia del Nord in termini di collegi non si spostato quasi nulla dal
centro destra al centro sinistra; nel
Sud va un po meglio, ma non moltissimo, come ci suggerisce, appunto, da ultimo, anche il caso di
Catania. A essere ottimisti, se tutto
va bene il centro sinistra avrebbe un
margine di vantaggio esiguo, calcolabile in poche manciate di collegi.
Se tutto va bene
Ma gi ora non tutto va bene. Anzi.
Nel centro sinistra la discussione sui
contenitori, sui contenuti programmatici e sulle reciproche relazioni,
oltre che stucchevole sempre pi
autolesionistica. Ci vale al centro
come a sinistra: ovunque si vogliano
forzare le differenze profonde (non
solo quelle ideali e materiali, ma anche quelle psicologiche e di ruolo,
che pesano altrettanto) che il passato ci consegna dentro spazi politici e organizzativi troppo rigidi o
troppo escludenti, il risultato non
pu essere altro che laccentuarsi
delle contraddizioni e dei conflitti.
Mentre per combattere il berlusco-

nismo serve esattamente lopposto,


sia in termini di contenuti sia in termini di contenitori, perch non si
danno gli uni senza gli altri se non
per strumentalit argomentativa di
chi punta a imporre il proprio contenuto-contenitore escludendo
quelli altrui: qual la forma dellacqua?, gli chiederebbe Camilleri.
Serve lunit, dunque, ma lunit
possibile. Vale a dire lunit rispettosa delle differenze sia ideali, sia
politiche, sia organizzative. Se si
conviene che lunit del centro sinistra fondamentale, si deve anche convenire sul fatto che al soggetto relativamente unitario dell
Unione ununit di soggetti diversi e autonomi e concorrenti, che
va costruita col confronto e mantenuta sul consenso corrisponde
come massimo contenuto comune
possibile la Costituzione. Che dire
tutto e nulla, lo so, ma che, intanto,
costituisce un discrimine fondamentale tra linsieme della forze
che vi si riconoscono (variamente
eredi del primo compromesso storico che ha preso appunto la forma
della Costituzione), e linsieme
delle forze che vi si contrappongono (quelle della destra secessionista, padronale, e di matrice fascista); e che, poi, in quanto compromesso tra diverse idealit, diversi valori o diverso modo dintenderli e
diversi progetti di societ, costitui-

Maggio Giugno 2005

sce anche il teatro di una dialettica


e, al limite, di una contesa che non
deve diventare distruttiva tra le diverse forze che concorrono a difenderla, ma hanno idee diverse su
come essa debba evolversi (essendo,
per me, naturale il rifiuto di qualsivoglia formula regressiva sul tipo
del Torniamo allo Statuto invocata oltre centanni fa, in unepoca
di transizione non dissimile dallattuale ma di segno sociale e politico
opposto, da un reazionario come
Sidney Sonnino).
La democrazia si difende sviluppandola, sosteneva il Pci togliattiano. La sinistra attuale pu sostenere, analogamente, che la Costituzione si difende attuandola; e che
attuare la Costituzione implica sviluppare la democrazia. Nella situazione data, battersi in tutte le direzioni per attuare la Costituzione
quanto di pi alternativo si possa
dare nella vita politica italiana: centralit del lavoro, ripudio della
guerra offensiva, antifascismo coerente, socialit dello stato, laicit
delle istituzioni, reale divisione dei
poteri. autonomia della magistratura, sistema di governo effettivamente parlamentare Su questi temi, e su tanti altri di analogo rilievo
costituzionale, la sinistra deve e pu
essere unita nel dire la sua e nellesigere dai suoi alleati la comprensione del fatto che porsi fuori o superare questi pilastri non solo valoriali ma anche programmatici (per
le conseguenze operative, di governo, che ne derivano) significa introiettare il berlusconismo anzich
combatterlo e, dunque, significherebbe minare lUnione e registrare
la sconfitta prima ancora di ingaggiare la battaglia elettorale del 2006.
Noi siamo invece determinati a fare
tutto il possibile per vincerla, quella
battaglia. Ci significa, per, che
per contrastare e invertire la pervasiva transizione contro la Costituzione in corso da troppo tempo, la
sinistra deve sapere radicare la sua
lotta politica e istituzionale negli interessi di concreti pezzi di societ,
da ricomporre in un blocco sociale
alternativo a quello delle destre.

Politica

Alla base di questo blocco sociale la


sinistra non pu non collocare linsieme del mondo del lavoro con al
centro la classe operaia. Cominciamo a ribadire in ogni circostanza
che quella della scomparsa della
classe operaia italiana una fola ideologica interessata, priva di alcun
fondamento fattuale, che va contrastata con la massima determinazione sul piano sia della lotta culturale sia di quella sociale e politica.
Gli operai nel 1970 erano in Italia
oltre 9 milioni e mezzo; oggi, trentacinque anni dopo e dopo una
trasformazione epocale delle campagne, che ha visto ridursi al minimo il numero dei salariati agricoli
essi sono 7 milioni e 300.000: una
cifra che assolutamente rilevante
sotto il profilo quantitativo, ma
pressoch ininfluente socialmente,
culturalmente e politicamente. Ci
stato frutto di molteplici e noti
processi: la profonda modificazione
della relazione tra grande e piccola
impresa (per esesempio oggi gli operai Fiat sono oggi 50.000, a fronte
di un indotto che ne conta oltre
150.000), laccresciuta disunione
anche territoriale dei lavoratori, il
venir meno di molte condizioni materiali dellidentit operaia, lindebolimento del sentimento di s
(della coscienza di classe: quando
una coscienza di classe sopravvissuta al contributo volonteroso e sapiente che, anche da sinistra, molti
hanno dato a devastarla) e dellorgoglio del proprio ruolo produttivo
e della propria funzione sociale,
linsicurezza salariale e del lavoro,
la paura del futuro per s e per i propri figli, il crescente isolamento materiale e, soprattutto, culturale.
Per chi sta a sinistra non esiste alternativa possibile al berlusconismo
che non affronti di petto il nodo del
lavoro, in tutte le sue attuali articolazioni materiali, sociali, culturali e
politiche, con lobbiettivo di ricostruirne la centralit e linfluenza.
Nostalgia del bel tempo che fu?
Tuttaltro. Convinzione che al processo di declino economico del nostro Paese, precipitato ormai nella
recessione come effetto di scelte

che hanno espropriato lo Stato del


ruolo di governo e di regolazione
delleconomia, si pu reagire esclusivamente facendo perno su logiche
di classe alternative a quelle sinora
dominanti e, dunque, centrate su
un intervento consapevole dello
Stato per indirizzare il sistema produttivo italiano lungo direttrici coerenti con gli interessi generali (e
dunque rispettose sia del lavoro
umano, sia del capitale da esso prodotto, sia del capitale naturale), e su
un progetto di difesa e di rilancio
del welfare allinterno di un modello di sviluppo alternativo a
quello liberista che nega appunto la
compatibilit tra welfare e sviluppo.
convinzione, perci, che il soggetto pi interessato a essere protagonista (per evitare di restare, altrimenti, vittima) di questa lotta per la
riconversione ecologica e sociale
delleconomia linsieme del
mondo del lavoro, di cui la classe
operaia ancora tanta parte. La
condizione necessaria per unazione efficace del mondo del lavoro
che esso torni a disporre di adeguati strumenti sindacali e politici.
Chiunque militi in un partito di sinistra o, pi ancora, vi abbia compiti di direzione, non pu sottrarsi
alla domanda se gli attuali strumenti politici (per quelli sindacali
spetta in primo luogo a altri interrogarsi) siano adeguati. La risposta
no: divisi, frantumati, litigiosi,
spesso minuscoli come siamo non
siamo adeguati, non siamo idonei a
svolgere la funzione di rappresentanza che ci attribuiamo n, tanto
meno, quella di difesa efficace di
quel mondo. Daltro canto, chi
persuaso che i partiti siano ancora
la nomenclatura delle classi, quante
classi dovrebbe inventarsi per giustificare la propria esistenza? E, tuttavia, so bene che queste esistenze
contano: contano le storie, spesso le
biografie, sempre le organizzazioni,
e dunque bisogna tenerne conto ma
senza rassegnarsi alla deriva della
frantumazione che ci trascina dal
1991. Dobbiamo trovare antidoti,
invertire le tendenze finora prevalenti; e sperimentare vie inevitabil-

37

Politica

mente nuove: ma perch sarebbe


politicistico porsi lobiettivo di dare
agli interessi del mondo del lavoro
cio al minimo contenuto, possibile e insieme necessario, comunque obbligato, della ricomposizione unitaria della sinistra all'interno del centro sinistra una rappresentanza pi forte e efficace di
quella attuale? O perch sarebbe
prematuro fare ora quel che si dichiara di volere fare domani, dopo
le elezioni del 2006? Si crede proprio che il tempo sia una variabile
indipendente per chi ha il problema delloccupazione, del salario, delle protezioni sociali, dei diritti? Che si possa rispondere domani, e forse mai, ai bisogni di oggi?
Che questi bisogni non siano con-

38

tenuti che esigono idonei contenitori? Qual , chiedo nuovamente, la


forma dellacqua?
Un pretesto per rifiutare o per rinviare il percorso dellunit possibile
si trova sempre: se non Stalin
Cuba, se non Cuba sar la Costituzione europea, oppure la non violenza... Ma proprio queste sono miserie politicistiche, anche se condite
da ormai logore declamazioni sulla
politica calata dallalto, centrate sugli ombelichi di esponenti politici
che nella loro vita spesso non hanno
fatto altro che questo. Miserie che
pagano sempre meno, in ogni caso,
come dimostrano, una dopo laltra,
le scadenze elettorali. E che sono
miopi e autolesionistiche: perch
nessuno di noi dobbiamo ficcar-

Maggio Giugno

celo in testa in grado di edificare


su se stesso lunit politica del
mondo del lavoro, mentre ciascuno
di noi nella condizione di impedire agli altri di farlo. Bisogna prenderne realisticamente atto.
I problemi da affrontare per imboccare la strada di una reale alternativa al berlusconismo sono evidentemente molti, ma senza la contestuale ri-costruzione di una forma
di organizzazione politica che sia effettiva e coerente espressione del
mondo del lavoro certo che essa
non potr mai essere percorsa fino
in fondo. La costruzione dell'unit
confederale della sinistra, come sintesi di contenuti e contenitore,
dunque la nostra sfida, prioritaria e
ineludibile.

Maggio Giugno 2005

Politica

L'elaborazione e la discussione
del programma dovrebbe costituire
la sostanza della campagna elettorale,
dal momento che gli italiani hanno gi
cominciato ad accorgersi
dei disastri del berlusconismo

Il programma
che non si trova

di Valentino Parlato

RITENIAMO UTILE RIPROPORRE, PER LA SUA PREGNANZA, QUESTO


ARTICOLO DI PARLATO, PUBBLICATO RECENTEMENTE SU IL MANIFESTO

ampia intervista di Cosimo Rossi a


Fausto Bertinotti, pubblicata sul manifesto del 3 maggio avanza un'ipotesi assai realistica: Passata la festa
gabbato lo stato: puoi vincere le elezioni, ma il giorno dopo ti puoi trovare di fronte al rischio di una nuova
stazione di sofferenza. Le manifestazioni del 25 aprile e del 1 maggio
sono state straordinarie e incoraggianti - conferma Bertinotti - ma
senza nessuna piattaforma culturale,
politica e sociale immediata da mettere alla base della mobilitazione.
Aver evidenziato questo rischio senz'altro prova di grande onest politica e intellettuale, ma bisogna sapere che la realt di questo rischio
pu essere percepita gi oggi, bene
prima della supposta vittoria elettorale, e pu agire sull'orientamento
degli elettori. C' da chiedersi come
mai Berlusconi non abbia cominciato a usare la realt di questo rischio del centrosinistra per recuperare i consensi perduti. Bertinotti
non esita nell'ammettere la difficolt
di rispondere agli interrogativi: occupazione, come? Distribuzione del
reddito, come? Precariet, come?
Al momento, afferma Bertinotti, un
primo abbozzo di risposta nella
sola Costituzione italiana, ma aggiunge che siamo ancora a una metapiattaforma. La via maestra per
avviare l'elaborazione di risposte
convincenti al rischio denunciato sta

- dice Bertinotti - nella democrazia


partecipata. Ho qualche perplessit. Ai tempi della mia giovinezza la
democrazia partecipata si chiamava
democrazia diretta, si citava Rousseau e si aggiungeva che era praticabile solo nei piccoli centri. Con l'avvento dell'informatica alcuni politologi ipotizzarono che si potesse praticare anche su larga scala, ma non
si and oltre.
L'approssimazione novecentesca
della democrazia partecipata l'abbiamo avuta con i partiti di massa;
tutto sommato anche il deprecato
centralismo democratico era meglio
del populismo imperante e incoraggiato dai sistemi elettorali maggioritari. Ma dobbiamo constatare che con
l'inizio del nuovo secolo (ed era cominciata da un po') siamo alla dissoluzione dei partiti, ridotti a comitati
elettorali o a formazioni leaderistiche.
Si aggiunga ancora che non attraversiamo una fase di grande fertilit culturale in campo politico e sociale.
La questione di un programma che
indichi obiettivi e forze, e tale da ispirare fiducia di realizzarlo indubbiamente seria e difficile. Ma proprio per
questo la ricerca e l'elaborazione devono essere rese pubbliche nel loro
definirsi e messe in discussione.
E', mi pare, forse un modo per avvicinarsi alla desiderata democrazia
partecipata; uffici studio e ampia
discussione pubblica. Per finire aggiungerei che le forze del centrosi-

nistra dovrebbero liberarsi da falsi


complessi di colpa per il passato; innanzitutto di quello dello stalinismo.
Nella storia d'Italia, ma anche nella
storia di quasi tutti i paesi sviluppati,
l'intervento pubblico, la complessa
azione dello stato, stato determinante dello sviluppo e del miglioramento delle condizioni di vita.
Pensare di definire un programma
di uscita dal declino nel pi assoluto
rispetto del mercato (il quale spesso
elimina anche la concorrenza) mi
sembra del tutto illusorio.
L'elaborazione e la discussione del
programma dovrebbe costituire la
sostanza della campagna elettorale,
pi ancora della pur necessaria denuncia, dal momento che gli italiani
hanno gi cominciato ad accorgersi
dei disastri del berlusconismo, che si
accresceranno nei mesi che precedono le elezioni politiche. Ma dubito un po' che avremo una campagna elettorale propositiva, programmatica, anche se c' notizia di fabbriche e cantieri gi al lavoro.
Avviare una seria e non approssimativa discussione programmatica, potrebbe - ha detto qualcuno - far nascere qualche dissenso nel fronte del
centrosinistra. In parecchi consiglieranno di rinviare, a dopo il risultato elettorale.
Diranno che non si vende la pelle
dell'orso prima di averlo catturato: i
proverbi servono a tutto.

39

Maggio Giugno

Lavoro

Nella vertenza nazionale


dei metalmeccanici
precipitano questioni sociali
con un significato
di carattere generale
dalle evidenti
implicazioni politiche

La scelta unitaria
dei metalmeccanici

di Gianni Rinaldini
Segretario Generale FIOM CGIL

IL RINNOVO CONTRATTUALE DEI METALMECCANICI E IL CONTESTO

l rinnovo del biennio economico


dei metalmeccanici avviene nel contesto di una situazione del sistema
industriale del nostro paese particolarmente pesante. La produzione
industriale non cresce da diversi
anni e la crisi coinvolge buona parte
dei comparti industriali, dal settore
dellauto agli elettrodomestici, dallinformatica allelettronica.
Lelenco delle aziende che cessano
lattivit produttiva e delocalizzano,
cos come la dichiarazione di licenziamenti e mobilit si susseguono a
getto continuo, dalla Fiat alla
Whirlpool, Electrolux, Ibm, Stm
con relative filiere produttive, producendo un vero e proprio dramma
sociale che coinvolge interi territori
e particolarmente acuto laddove il
tessuto sociale pi debole, come
nel mezzogiorno. Siamo al fallimento sociale di una idea di sviluppo fondata essenzialmente sulle
privatizzazioni per fare cassa, sulla
precarizzazione dei rapporti di lavoro e sulla compressione della condizione lavorativa in tutti i suoi diversi aspetti, retributivi, normativi e
contrattuali.
Una linea contro il lavoro perseguita in questi anni, che ha fatto crescere socialmente e culturalmente
lidea che non c rapporto tra il lavoro che si svolge e il proprio reddito, ma che le forme di arricchimento individuali e collettive sono

40

DI CRISI ECONOMICA E POLITICA DEL PAESE

determinate da altri meccanismi, di


censo, ereditarie, finanziarie ed immobiliari. Lo scarto evidente:
mentre il lavoro costituisce la ricchezza del paese, le forme di distribuzione della ricchezza avvengono
attraverso meccanismi punitivi nei
confronti del lavoro stesso. Sta qui
la radice pi profonda delle misure
legislative attuate dal governo, da
quelle sul lavoro alla struttura fiscale, alla totale assenza di una politica industriale finalizzata alla ricerca e allinnovazione. Sta qui la radice pi profonda della messa in discussione della Costituzione, che allart.1 recita che siamo una repubblica fondata sul lavoro.
Il lavoro, i lavoratori, non sono pi
un soggetto sociale che esprime un
altro punto di vista, ma uno dei fattori della produzione che, in quanto
totale, totalmente subordinato
alle condizioni imposte dal mercato. C in tutto questo un mutamento sostanziale delle relazioni sociali nellinsieme del paese, perch
il conflitto che linfa vitale della
democrazia viene nel migliore dei
casi concepito come un aspetto corporativo, mai come lespressione di
un interesse generale. I guasti sociali che si sono prodotti sono cos
profondi da rendere possibile che,
anche a sinistra, si possa favoleggiare di ipotesi presentate come
radicali di superamento del la-

voro subordinato, considerato come un residuo del Novecento.


in questa situazione, in questo
contesto sociale, che si situa il rinnovo del biennio economico dei
metalmeccanici, con lesigenza assoluta di tenere insieme liniziativa
per gli aumenti retributivi con la necessit di sviluppare uniniziativa
per affermare una diversa politica
industriale. Cosa non semplice, ma
che rappresenta lunica strada percorribile, perch in caso contrario
la tenaglia sociale tra crisi, disoccupazione e vertenza contrattuale porterebbe inevitabilmente ad una divisione, ad un sentire sociale diverso
tra gli stessi lavoratori e lavoratrici
metalmeccanici.
Dobbiamo assolutamente evitare
sia lillusione che esista una via salarialista per riaprire le dinamiche
sociali e politiche di questo paese,
sia lidea che a fonte della crisi sia
inevitabile un ulteriore peggioramento delle condizioni lavorative e
retributive.
Ed questultimo, a ben vedere, il
tentativo in atto da parte di Federmeccanica, che da un parte afferma
che non ci sono le condizioni per un
accordo che vada oltre i 60 euro in
due anni e nello stesso tempo fa balenare lidea che se fossimo disponibili a fare un accordo sulla competitivit per salvare loccupazione, le disponibilit finanziarie potrebbero un

Maggio Giugno 2005

po(ma non di molto) aumentare.


Dietro il temine di competitivit e/o
di politica industriale c in realt un
obiettivo preciso, non dichiarato al
tavolo contrattuale ma nelle interviste giornalistiche. Si tratta della tentazione do ottenere una gestione
unilaterale del tempo di lavoro, con
il superamento dellorario settimanale con lorario annuo, e quindi
con la totale subordinazione della
condizione lavorativa alle esigenze
del mercato e dellimpresa. Si possono cos lavorare 50 ore alla settimana oppure 30, a secondo delle
comunicazioni dellimpresa.
Come dire: dopo la flessibilit in entrata e quella in uscita, ecco la flessibilit e linsicurezza sociale come
condizione di lavoro e di vita. La soggettivit del lavoro che contratta e
media con gli interessi dellimpresa
cos annullato alla radice, a partire
dal tempo di lavoro e di vita.
Pare evidente, come spesso accaduto in passato, che nella vertenza
nazionale dei metalmeccanici, anche se si tratta di rinnovo del biennio economico, precipitano que-

Lavoro

stioni sociali che hanno un significato di carattere generale dalle evidenti implicazioni politiche.
Le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici si presentano a questo
appuntamento con una piattaforma
unitaria, approvata da un referendum e con un documento unitario
che definisce puntigliosamente il
percorso democratico di gestione
della vertenza, comprensivo di unassemblea di 500 rappresentanti sindacali, che permetta una discussione
unitaria anche a fronte di eventuali
posizioni diverse e che prevede il giudizio finale dei lavoratori e delle lavoratrici sulle ipotesi di accordo conclusivo. Si tratta di una piattaforma
unitaria resa possibile, dopo quattro
anni di accordi separati, in primo
luogo dalla conclusione di difficili ed
aspri conflitti sociali, da Melfi alla
Fincantieri, alle Acciaierie di Terni,
che hanno avuto conclusioni unitarie approvate da referendum dei lavoratori e lavoratrici. Ed una piattaforma che esplicitamente non assume come riferimento linflazione
programmata.

La fase di moratoria contrattuale,


cio la fase temporale entro cui verificare la possibilit di addivenire
ad un accordo senza lapertura del
conflitto sociale, si conclusa senza
alcun risultato positivo. Per questo
sono state proclamate dieci ore di
sciopero di tutta la categoria, comprensiva di una giornata di mobilitazione con manifestazioni territoriali per venerd 10 giugno. Nello
stesso tempo abbiamo ribadito la
necessit di uno sciopero generale
per i contratti e per una nuova politica industriale contro la Confindustria ed il Governo.
Non si tratta soltanto di una scelta
sindacale, ma di una scelta che presenta una evidente opzione sociale
e politica che rifugge dalle tentazioni di scoprire improvvisamente
la gravit della crisi per poi riproporre una logica di salvezza nazionale a cui tutti devono concorrere a
livello politico ed a livello sociale.
Una tentazione antica questa, che
sempre riemerge e che in realt misura la presenza o meno di una alternativa alla realt esistente.

41

Maggio Giugno

Lavoro

Il quadro economico sta peggiorando,


e non siamo al tracollo
solo perch regge limpalcato
delle grandi aziende
ancora pi o meno pubbliche,
come Enel, Eni, Poste,
Ferrovie, Fincantieri

Verso il Congresso
della CGIL

di Bruno Casati

MEGLIO CHE IL CONGRESSO DELLA CGIL SI SVOLGA DOPO


LE ELEZIONI: SI EVITER LA PASSERELLA DEL TUTTI DACCORDO
ANTIBERLUSCONIANO E SI SAR COSTRETTI A FARE I CONTI VERI CON
UNA CRISI CHE CHIEDE UNA FUORIUSCITA DA SINISTRA

La mia opinione questa: quello


della CGIL sar un Congresso vero
solo alla condizione che si svolga
dopo le elezioni politiche.
Se le elezioni politiche dovessero tenersi, come sempre pi probabile
anche se non auspicabile, alla met
del 2006 e, quindi, fra un anno e il
congresso CGIL confermarsi per il
marzo precedente, ebbene temo
che il Congresso si andrebbe a configurare in una passerella di dirigenti tutti molto ma molto di sinistra, in gara lun con laltro a dire
peste e corna di un Governo da
cacciare. Servirebbe un Congresso
cos? Di fatto un Congresso cos si
andrebbe, ancora, a ridurre alla
conferma di un gruppo dirigente legittimato s ma solo nel dare lultima spinta a Berlusconi, ma non legittimato nel suo atteggiarsi sul
dopo Berlusconi, in quella che sar
la prova vera e assai ardua per il
Sindacato tutto. Se il Congresso dovesse svolgersi, come oggi mi provo
a sostenere, a elezioni avvenute, nel
campo quindi gi di quel dopo
ammesso che lUnione, pur cos tremebonda e attraversata da pulsioni
suicide, ce la faccia a vincerle e ci sia
quel dopo il quesito di fatto collocato al suo centro, e che farebbe
perci vero il Congresso, sar
quello che lUnione vittoriosa compresa Rifondazione porr al
Sindacato tutto ed alla CGIL in-

42

nanzi tutto. Quesito semplice, articolato ma assolutamente ineludibile, questo: se e quale politica dei
redditi sostenere o meno per risollevare il paese in cui, dopo il passaggio dello tsunami Berlusconi,
il desviluppo scivolato in recessione; e, ancora, come e se, rilanciare la concertazione in un nuovo
patto sociale per lItalia, quale
quello che Montezemolo, ossia la
destra economica dei poteri forti,
oggi sollecita allUnione con perentoriet, incontrando laccondiscendenza, remissiva e troppo tempestiva in verit, di Prodi e Fassino.
Altro livello di sintesi dello stesso
quesito: come e se essere sindacato (autonomo? indipendente?)
a fronte del Governo amico che si
annuncia. Allora, se vero, il Congresso non potr che girare attorno
a questi cardini. Se invece sar svolto
fuori tempo, il Congresso diverr
un surrogato della campagna elettorale e vi si diranno cose scontate.
Un Congresso finto perci in cui, assai probabilmente, la composizione
dei suoi stessi gruppi dirigenti sar
precontrattata a tavolino. Come,
daltra parte, gi avvenuto in altri
tempi. A questo punto taluno potrebbe obiettare che lo spostare il
Congresso a dopo il voto politico e,
quindi, a dopo la scadenza naturale
della sua vigenza quadriennale
sempre che le elezioni si tengano a

met del prossimo anno e lobiezione sia avanzata in buona fede


non costituisca per il Sindacato
(questo spostamento) una buona
prova di autonomia. Di converso mi
provo a sostenere che, proprio il collocarlo a dopo il voto, sarebbe una
forte prova di autonomia sindacale
dalle forze politiche con le quali il
Sindacato si andrebbe a misurare
per davvero, non in una situazione
che forse sar, ma nella situazione
politica che .
Oltretutto, Congresso prima Congresso dopo, credo che il Sindacato
la prova di autonomia potrebbe essere chiamato a offrirla gi in questa estate 2005 quando, dopo la dura
relazione di Fazio e lallarme minaccioso di Montezemolo, il Governo e i padroni potrebbero chiedergli di sottoscrivere un patto straordinario per salvare leconomia,
naturalmente a partire dal blocco
dei contratti. Qualora ci si configurasse si isolerebbe, dopo la firma
del pubblico impiego, il contratto
dei meccanici. Il luglio, al solito,
un mese pericoloso per i lavoratori
ed io temo per davvero un nuovo 31
luglio 92 (Governo Amato, ricordate?). La pi bella prova di autonomia non sar perci e solo il
Congresso prima del voto, ma respingere, si presentasse, quel patto.
2. Il tutto precipita in una situazione

Maggio Giugno 2005

per davvero complicata, seppur interessantissima, dove il quadro politico pare svilupparsi positivamente, malgrado le mille titubanze
nel campo di quanti si appresterebbero a diventare il Governo amico,
ma con il quadro economico in accelerato peggioramento. E domani
toccher al Governo amico sciogliere nodi e spalare le macerie lasciate sul famoso campo. Nel quadro politico c, in tutto il mondo
del lavoro dipendente, lassoluto
convincimento che Berlusconi vada
mandato a casa (ad Arcore? altrove?) ma, parallelamente, aleggia
nei partiti che lo vogliono cacciare,
il terrore di doverlo sostituire in una
situazione negativa e di lungo periodo aggravata dal dissesto- economico, sociale, costituzionale che
Berlusconi ci consegna. LUnione,
certo, vuole vincere ma ha paura di
vincere e dismette anche dal discutere del merito: si avvita su contenitori e leader. Montezemolo pu cos
dettare le sue condizioni e alza la
voce, con lUnione, senza uno straccio di programma, che abbozza.
Quello offerto non un bello spettacolo. Rifondazione, che dellUnione potrebbe essere il sale progettuale ma esce da un Congresso inutilmente lacerante su tuttaltro, si
trova oggi senza un progetto (che
non sono le interviste o le chiacchiere notturne a Porta a Porta) e
si trova anche senza quel consenso
elettorale che nellinsieme, programma e consenso, avrebbero consentito oggi a questo Partito di alzare (lui) la voce nel gran silenzio
dei riformisti. Il quadro politico perci si sviluppa in positivo ma solo
perch si sgretola il blocco sociale
delle destre, ma linsieme delle sinistre non pronto nel consolidamento di un suo blocco sociale. Il
quadro economico sta invece peggiorando per tutti e non siamo al
tracollo solo perch regge limpalcato delle grandi aziende ancora
pi o meno pubbliche come Enel,
Eni, Poste, Ferrovie, Fincantieri.
Ma in Italia oggi, e questa la novit, vanno in crisi contemporaneamente le piccole e medie imprese

Lavoro

che competevano sul prezzo, che


chiudono o delocalizzano e, insieme, le medie e grandi imprese (a
capitale straniero per lo pi) che
competevano sulla qualit, come
IBM o Elettrolux, che si asciugano
perch la qualit emigra, risucchiata dalle case madri doltralpe.
Non c bisogno dei recenti dati
Istat per scoprire questa drammatica realt: oggi leconomia italiana
schiacciata sia dal basso (Cina,
India, Romania ecc.) che dallalto
(Francia, Germania e USA), e non
pu pi salvarsi con la svalutazione.
Non siamo proprio messi bene.
A questo punto due domande polemiche vorrei per buttarle l in
tutta modestia: dovera il Montezemolo che oggi pontifica e fustiga
a destra e a manca, negli anni in cui
leconomia scivolava verso la recessione e, ancora, che titolo ha oggi
costui - dal quale ci si aspetterebbero performance di successo in
casa sua FIAT - per alzare la voce e
chiedere pi soldi per le imprese e
meno potere allo Stato, mentre dovrebbe domandarsi dove sono scappati nel frattempo i suoi industriali
che,proprio in questi anni, invece
di investire in qualit si sono rifugiati nel mercato protetto e nel
cliente tuttora garantito delle autostrade, come Benetton, e delle bollette proprio delle grandi imprese
di Stato, come Tronchetti-Provera,
da privatizzare per dare ritorni certi
ai capitalisti in fuga? Seconda domanda rivolta al Sindacato ed ai riformisti. Ancora in questi anni, a
cosa servita la concertazione se il
risultato questo: meno salario,
meno lavoro, meno contratti, meno
diritti? Almeno il Sindacato risponda, perch un Congresso vero
questo o Congresso non . Non si
pu non fare un bilancio.
3. Sintesi: il Congresso della CGIL
sar vero, ripeto, solo se collocato
nel tempo politico giusto e se risponder alla domanda chiave sopra ricordata. Ma sar cos per davvero? Alla data in cui scrivo non mi
dato di sapere non ancora disponendo, relativamente a questo

Congresso, n di un documento politico direttore n di un cronoprogramma. Taluni sindacalisti comunque, gi fanno circolare ipotesi
di documenti alternativi al documento Congressuale (che non c).
Come elemento per schiodare una
discussione che non decolla, considero questi documenti come pezzi
di un ragionamento interessante e,
per quanto mi riguarda, largamente
condivisibile nei contenuti. Sono
documenti che tirano due righe di
conto di un periodo sindacale
lungo e controverso e, poi, girano
per davvero attorno allineludibile
quesito concertazione s o no.
Come invito invece a uno schieramento alternativo preventivo, che
non escludo affatto per domani,
manifesto tutte le mie riserve , se richiesto oggi.
Oggi credo si debba ragionare non
su come schierarci domani, quando
sar indispensabile farlo, ma per
come farlo crescere (il congresso)
nei ceti medio bassi che vogliamo
rappresentare, costruendo con loro
posizioni condivise e prendendo
(noi) atto che la concertazione assunta dal luglio del 93 non ha difeso n il lavoro n il salario, n con
il Governo amico di Prodi e poi
DAlema, n con quello nemico di
Berlusconi. Due soli sono stati i momenti in cui, nel periodo lungo e
controverso alle nostre spalle, il
Sindacato ha sfondato i muri della
concertazione, fulmineamente
pentendosene: nella lotta per le
pensioni di undici anni fa, alla quale
seguita la giravolta della riforma
Dini; nella possente manifestazione
del Circo Massimo sullarticolo 18,
dopo la quale per Cofferati, spaventato di s stesso, ha fatto marcia
indietro parcheggiandosi a Bologna, con risultati non entusiasmanti
oltretutto. Ancora in questi anni
solo un Sindacato, la FIOM, ha lavorato nel paese e in CGIL, e non
per episodi, a un percorso alternativo rispetto ai comportamenti confederali adattativi. Contratto di lavoro, vertenza Fiat, Melfi, Terni, vertenza Fincantieri sono le pietre miliari del percorso FIOM e che oggi

43

Lavoro

ci sia, in CGIL, una pressione tesa


ad omologare questa FIOM, assorbirla in un percorso comune, disarmarla, del tutto evidente. E la
FIOM rompe le uova anche nel paniere di Epifani e DAlema. Manifesto pertanto la mia preoccupazione per una forzatura oggi su un documento gi oggi alternativo a
quello generale (che sar) per un
ulteriore ragione: perch questa
forzatura porterebbe o a marginalizzare proprio i metalmeccanici il
rischio isolamento presente per
davvero o a regalarli, rischio minore, a Epifani e DAlema.
Insomma, per essere alternativi bisogna correlarsi con la FIOM che
lo stata, alternativa per davvero,
per almeno dieci anni. Attenzione
per: il documento alternativo lo si
dovr fare, se si decider di farlo,
quando si conoscer il documento
generale e si misurer limpossibilit non tanto di emendarlo, quanto
e questo il punto vero si misurer limpossibilit di presentare
tesi alternative collegate, nel loro
esito, alla definizione dei delegati e
dei gruppi dirigenti. Si far insomma il documento alternativo se
non ci saranno altre strade. Oggi
non il momento, a mio parere, di
discettare n di riformabilit o
meno della CGIL, n di documento
s o no, ma di far crescere nella pratica sindacale quelle idee di alternativa che poi possono diventare
tesi o documento. Le tesi se ci vengono consentite, il documento se
non ci vengono consentite le tesi.
Lavoriamo gi sulle tesi. Che vanno
costruite oggi su almeno 4 temi: la
pace, la contrattazione dei salari e
pensioni e quindi il no alle pratiche
concertative, con un messaggio fortissimo da inviare ai giovani che, con
questo mercato, alla pensione non
ci arriveranno mai; il lavoro certo;
la dimenticata democrazia sindacale. Se questi temi non verranno assunti nel documento generale,
come assai probabile, se sar impedito nel regolamento che diventino
(questi temi) tesi collegate ai delegati, allora non si potr far altro che
traslarli in un forte documento al-

44

ternativo. Ma solo in quel momento


e non solo con cinque firmatari, stimatissimi e coraggiosi.
Sintesi delle mie opinioni: sono assolutamente convinto che un documentone unitario sia difficile se
non impossibile comporlo, ma sono
altres convinto che, in CGIL,la sinistra sindacale non sia soltanto la
FIOM, ma non si possa prescindere
dalla FIOM, e, quindi si debba puntare, anche con laiuto dei meccanici, su tesi alternative (o su un successivo documento alternativo) in
cui convogliare quanti oggi si ribellano al conformismo sindacale dilagante. Con un riscontro amaro ma
doveroso, per non imbrogliarci:
mentre la FIOM in questi anni ha
dato battaglia per recuperare la contrattazione, alcuni settori di Lavoro, Societ, Cambiare Rotta hanno ceduto, patteggiato posti e non
dato battaglia (loro) nelle loro categorie, sui loro contratti. In qualche caso si sono configurati posizionamenti, trasversali politicamente e a connotazione lobbystica,
che si collocavano a parole a sinistra
ma per procedure politiche a destra.
Un Congresso fuori tempo o un documentone (improbabile) del vogliamoci beneo ancora un documento alternativo tanto per dire
che ci siamo, possono rafforzare le
rendite di posizione di lobby di
mandarini sindacali che uccidono
la dialettica per difendere appunto
la loro posizione. Un Congresso
vero, in seconda sintesi, un Congresso che vuole far forte la sinistra
sindacale, che c e va liberata, non
si deve circoscrivere a mozioni generose, condivisibili nei contenuti
ma testimoniali se mal poste tatticamente. Va costruita invece, e insieme, una massa critica che faccia
perno sulla parte di sinistra sindacale che c, e si esposta, ed la
FIOM. Ma i confini della sinistra
sono pi in l. Ritengo perci sbagliato, la mia unopinione, forzare
la mano oggi, ma lavorarci insieme
da oggi perch quel che domani
sar, tesi o documento alternativo
(non c una terza via per la sinistra
sindacale, anche se sarebbe pazze-

Maggio Giugno

sco che, ancora domani, ci sia una


parte di questa sinistra, attestata su
un documentino e unaltra parte
su tesine), discende dal carattere
che imprimiamo alla battaglia di
oggi e dalla massa critica che accumuliamo nella battaglia.
4. C infine unultima questione
delicata che, se va in definizione, d
forza allautonomia stessa del
Sindacato. C tutta una maggioranza vasta che, in CGIL, si rapporta
con i DS. C una minoranza non
piccola che non si correla con i DS,
ma si guarda attorno, pi di ieri. Poi
ci sono sindacalisti, ora di
Rifondazione ora dei Comunisti
Italiani, che non fanno area (o non
fanno pi area) e, in ogni caso, almeno quelli di Rifondazione, sono
abbandonati a s stessi, spesso eroicamente perch il solo manifestarsi
come iscritti di Rifondazione vuol
dire, in certe categorie o in certe
Camere del Lavoro, avere bloccato
ogni percorso di inquadramento.
La questione delicata ma va affrontata perch oggi, particolarmente oggi nellannuncio dellarrivo del Governo amico e dei problemi che questo comporter per
un Sindacato che voglia ancora negoziare il valore della forza-lavoro,
oggi quanti si guardano attorno lo
fanno, io credo, per non essere risucchiati nel riformismo dei DS traslato nel Sindacato altroch lautonomia! - e per trovare di converso,
una forza politica di cui non essere
certo la corrente sindacale ma con
cui fare sponda. La sinistra sindacale cerca la sinistra politica. Magari
anche aderendovi a questa forza politica, prima o poi. Il mio un abbaglio? Non lo fosse sarebbe occasione unica offerta a Rifondazione
Comunista che potrebbe finalmente ragionare di radici, che oggi
non ha, nel movimento operaio organizzato. E a Rifondazione in molti
potrebbero guardare dalla CGIL e
particolarmente dalla FIOM (mi
sbaglio?), ma ci guarderanno a due
condizioni: la prima, che il Partito
riassuma la centralit del conflitto
capitale-lavoro, ma non ogni tanto

Maggio Giugno 2005

o in replica talvolta efficace a quel


che dice ora Fassino, ora Montezemolo, ma con un progetto alto sul
salario, sulle pensioni, sui diritti,
sulla democrazia, sui settori su cui
investire per un nuovo sviluppo
compatibile con lambiente (e chi
lo fa se non un partito politico?), sul
lavoro certo e non pi precario. La
seconda condizione che il Partito
si sblocchi da un deludente con-

Lavoro

senso elettorale al quale siamo pi


o meno inchiodati da 6/7 anni, malgrado la forte esposizione mediatica
del Segretario. Certo, il Partito pu
andare oltre il 5%, ma solo se ritorna al lavoro operaio, detto in
larga accezione. Solo cos si raccorda alle masse che ci sono, come
ci ha spiegato lesito del referendum sullart. 18. Se si ritorna al lavoro operaio, Rifondazione non

solo andr oltre quel 5% ma, per la


riflessione pocanzi sviluppata (se
non un abbaglio), pu andarci assai oltre e andandoci assai oltre, pu
avere le carte in regola per affrontare il dopo Berlusconi sospinto
dalla sinistra sindacale.
Certo, il Congresso della CGIL non
si fa per questo, ma questo pu essere un effetto di un Congresso
vero.

45

Maggio Giugno

Fascismo/Antifascismo

Levi, ne I sommersi e i salvati,


defin quello dei campi nazisti
massimo crimine nella storia
dellumanit

Fascismo,
antifascismo,
comunismo

di Luciano Canfora

DA ALMENO VENTANNI IN ATTO UN ATTACO CONTRO


LANTIFASCISMO. UNO DEI PUNTI SU CUI FA LEVA LEQUIPARAZIONE
FRA NAZISMO E COMUNISMO. SOLO DELLE MENTI ABIETTE POTEVANO
CONCEPIRE UNA SIMILE IDEA.

i pare giusto aprire queste riflessioni


con le parole rivolte da Sergio
Romano ad un lettore (Corriere della
sera 21 marzo 2005, p. 31): Fra nazismo e comunismo vi fu effettivamente una fondamentale differenza. Il primo credeva nella superiorit della razza ariana e nel suo
diritto di governare il mondo. Il secondo era fondato sulla convinzione che gli uomini fossero eguali
e avessero tutti gli stessi diritti. La
Germania hitleriana fu uno Stato
razzista. LUnione sovietica fu uno
Stato multirazziale. Dopo lo scoppio della guerra il Terzo Reich tratt
i polacchi e le altre popolazioni
slave dei territori occupati come
Untermenschen, esseri inferiori destinati a servire il popolo dominatore;
mentre lUrss, dopo la fine del conflitto, consider ideologicamente
fratelli i comunisti degli Stati satelliti.
Anche se nel seguito della sua risposta Romano sottolinea che nel
corso del tempo (in particolare
sotto il governo di Lenin e di Stalin,
dunque fino al 1953) queste differenze si appannano a causa del
terrore contro i nemici del popolo, resta il fatto che, anche a giudizio di un conservatore per lo pi
equanime, quale Sergio Romano,
quella differenza alla radice (cio
radicale) resta.
Su La Stampa del 22 gennaio 1987

46

Primo Levi scrisse un articolo intitolato Il buco nero di Auschwitz. Ecco


cosa scrisse: Che il Gulag fu prima
di Auschwitz vero; ma non si pu
dimenticare che gli scopi dei due inferni non erano gli stessi. Il primo
era un massacro fra uguali; non si
basava su un primato razziale, non
divideva lumanit in superuomini
e sottouomini: il secondo si fondava
su unideologia impregnata di razzismo. Se avesse prevalso, ci troveremmo oggi in un mondo spaccato
in due, noi i signori da una parte,
tutti gli altri al loro servizio o sterminati perch razzialmente inferiori. Questo disprezzo della fondamentale uguaglianza di diritti fra
tutti gli esseri umani trapelava da
una folla di particolari simbolici, a
partire dal tatuaggio di Auschwitz
fino alluso, appunto nelle camere
a gas, del veleno originariamente
prodotto per disinfestare le stive invase dai topi. Non a caso lo stesso
Levi, ne I sommersi e i salvati, defin
quello dei campi nazisti massimo
crimine nella storia dellumanit.
L8 giugno 1999 Cesare Segre sul
Corriere della sera scrisse un elzeviro
intitolato La differenza fra Gulag e
Lager (p. 36), in cui molto opportunamente notava: Ci che distingue
il Lager dal Gulag pertanto questa
non piccola differenza: che per
molti deportati (gli ebrei, gli zingari
ecc.) il Lager annienta subito, siste-

maticamente, direi freddamente.


Per i politici, il Lager comparabile
al Gulag; in entrambi, la morte dei
deportati un risultato possibile,
persino in molti casi auspicato dai
capi. Ma lannientamento programmatico una triste esclusiva
dei campi tedeschi. In altre parole,
tanto i Lager quanto i Gulag erano
destinati a persone considerate, per
motivi contorti e capziosi, spesso
per sospetti assolutamente indimostrabili, dei nemici del rispettivo regime. Ma quello che caratterizza il
Lager di considerare nemiche
genti intere, e di distruggerle. Senza
volerlo, anche Herling conferma
questa affermazione, ma con frasi
che mi fanno venire i brividi.
quando dice che nel Lager, almeno
si sapevano i motivi della deportazione; nei Gulag invece si rinfacciavano ai prigionieri generiche attivit controrivoluzionarie. Dunque
Herling protesta a ragione contro
lillegalit degli arresti e la mancata
imputazione di colpe precise ai deportati dei Gulag; mentre gli pare
che lessere ebreo, zingaro od omosessuale costituisca una motivazione in qualche modo valida per
quelli dei Lager. Gli ebrei, gli zingari o gli omosessuali avrebbero insomma avuto, rispetto ai prigionieri
politici dei Gulag, un vantaggio: sapevano bene di dover essere deportati. Una condanna a priori, e irre-

Maggio Giugno 2005

vocabile, alla morte sarebbe, in altre parole, pi ammissibile, o pi


sopportabile, di una imputazione
ingiusta. Spero che Herling si sia
espresso male. Altrimenti si dovrebbe pensare che i nazisti hanno
vinto, rendendo, almeno in linea di
principio, accettabile come motivazione per lannientamento lappartenenza a un popolo, o etnia, o
gente.
Che poi i circa quaranta anni di storia sovietica che vanno dalla morte
di Stalin alla fine dellURSS vengano occultati o meglio presentati
come una prosecuzione immutata
del passato (che era un passato di rivoluzione e di guerra civile e di
guerra esterna) fa parte della consueta stolta malafede con cui si parla
della storia dellURSS.
Lesperienza sovietica scrisse una
volta Hobsbawn almeno per una
ragione dovrebbe essere considerata in Occidente con apprezzamento positivo: perch ha salvato i
sistemi politico-sociali europeo-occidentali dalla sicura distruzione cui
Hitler li aveva destinati (N o u v e l
Observateur, 21-27 ottobre 1999, p.
136). Il 22 giugno 1941, allindomani dello scatenamento dellOperazione Barbarossa, Churchill disse alla radio: Nessuno
stato pi di me avversario accanito
del comunismo in questi ultimi 25
anni. Oggi non ritiro una parola di
quello che ho detto sul comunismo.
Ma oggi tutto impallidisce dinanzi
allo spettacolo che si offre ai nostri
occhi. Vedo i soldati russi fermi sul
limitare della loro terra natale, che
i loro avi hanno coltivato da tempo
immemorabile. Li vedo mentre difendono le loro case, dove le madri
e le spose pregano s perch vi
sono ore in cui tutti pregano per
la salvezza dei loro cari. Vedo i diecimila villaggi dove i mezzi per vivere sono strappati al suolo con
tanti stenti, ma dove tuttora permangono gioie primordiali, dove le
giovani ridono e i bambini giocano.
Vedo avanzare verso tutto questo,
nel suo orrendo assalto, la macchina di guerra nazista. Vedo le

Fascismo/Antifascismo

masse ottuse, addestrate, docili,


brutali, della soldataglia unna procedere pesanti simili allo sciamare
di brulicanti locuste.
Il 16 giugno 1941 Ribbentropp
aveva detto a Ciano, che lo interrogava sulle voci di un imminente attacco alla Russia: Caro Ciano non
posso ancora dirvi niente. Ogni decisione chiusa nel petto impenetrabile del Fhrer. Ma comunque
una cosa certa. Se attaccheremo,
in otto settimane la Russia di Stalin
sar cancellata dalla carta geografica (Ciano, Diario, vol. I, Rizzoli
1946, p. 6). La campagna di Russia
fu invece, nonostante il vantaggio
enorme dellattacco a sorpresa, la
tomba del Terzo Reich. La Russia
ebbe perdite inaudite, oltre venti
milioni di morti (che i deficienti, autori del L i b ro nero del Comunismo,
mettono nel conto dei crimini di
Stalin). Nessun paese ha mai sofferto tanto. Tutto quello che noi
siamo lo dobbiamo a quei morti.
Solo delle menti abiette potevano
concepire lidea della equiparazione dei due simboli. Il nazifascismo ha trascinato lumanit e il suo
stesso popolo nel baratro di una
guerra distruttiva, pur di non arrendersi. I lutti determinati dalla resistenza ad oltranza concertata in
modo folle e criminale da Hitler e
Mussolini ormai sconfitti ma speranzosi di arrivare primi a usare
larma atomica sono forse la gran
parte dei lutti patiti dallumanit
nella seconda guerra mondiale.
LURSS, quando ebbe chiaro che la
guerra fredda era persa, prefer la
smobilitazone e la fine indolore.
Chi non capisce neanche questo
intellettualmente irrecuperabile.
A questo punto si deve fare un passo
indietro e chiedersi quali furono le
matrici culturali delluno e dellaltro movimento. Il fascismo italiano
(conviene concentrarsi su di esso)
ebbe una sua articolazione in correnti e anime differenti: da quella
proveniente dal liberal-conservatorismo alla Rocco o alla Gentile (questultimo sostenne che il fascismo
rappresentava il culmine e il logico

sbocco del liberalismo) a quella


popolar-eversiva dei ras di provincia (Arpinati per esempio) al fascismo di sinistra dei nati tra il 1910
e il 1920 (raccolto ad esempio intorno a LUniversale di Berto Ricci
etc.), per non parlare del fascismo
ridiventato repubblicano a Sal e
fattosi socializzatore. Ma in tutte
queste varianti rest forte la componente nazionalistica-razziale.
Anzi, a Sal sinistrismo fascista e razzismo assassino si davano la mano.
Nel caso del comunismo si pu ben
dire che esso rappresenta un innesto della pratica giacobina (tornata
in auge grazie a Lenin) nel grande
fiume del movimento marxista europeo. Si pu disquisire sulla congruit o meno di queste due componenti, resta il fatto che le eresie
che esso ha prodotto hanno messo
in discussione (prima o poi, consapevolmente o meno) la pratica leninista, ma non il marxismo. Al contrario il fascismo raccoglie umori
di molteplice provenienza mai coagulati in una vera dottrina: la
voce dottrina del fascismo nellEnciclopedia italiana, scritta da Mussolini e
Gentile, la prova pi chiara di questa carenza. Coloro che hanno ritenuto di dar vita ad eresie di sinistra del fascismo hanno presto o
tardi rotto col fascismo come tale.
Questo significa che il vuoto di idee
e di premesse culturali che stava dietro al fascismo non portava a nulla:
chi se ne distaccava non manteneva
alcun cordone ombelicale.
Lattacco che da almeno ventanni
in atto ha come bersaglio lantifascismo. Uno storico francese gi comunista, poi accanitamente anticomunista, Franois Furet, nel mastodontico pamphlet intitolato Il passato di unillusione, tutto rivolto contro ogni aspetto della rivoluzione
russa e del socialismo realizzato,
ha dedicato molte pagine a sviluppare il concetto lantifascismo fu
lutile idiota di Stalin. Il fatto che,
se questo ragionamento devessere
condotto con rigore alle sue
estreme conseguenze, esso comporta che aveva ragione Hitler

47

Fascismo/Antifascismo

quando disse allo svizzero Carl


Burckhardt (commissario della
Societ delle Nazioni a Danzica), in
pieno 1939: Tutto ci che io intraprendo rivolto contro la Russia. Se
in Occidente sono troppo stupidi e
troppo ciechi per capirlo, sar costretto a raggiungere un'intesa coi
russi per battere lOccidente, per
poi, dopo averlo sconfitto, lanciare
tutta la mia forza contro lUnione
Sovietica (C.J. Burckhardt, Meine
Danziger Mission 1937-1939, dtv,
Mnchen 1962, p. 272). La lotta cosmica contro il bolscevismo divenne man mano qualcosa di sempre pi incombente e imminente
fino alloperazione Barbarossa
(21 giugno 1941) lanciata nella persuasione appunto che quellattacco
fosse il coronamento di tutta lazione politica e della stessa ragion dessere del nazismo. Ecco perch inevitabile ri-

48

conoscere che solo grazie alla resistenza opposta dallURSS, e poi grazie al contrattacco che port al
crollo del Reich, lumanit ha evitato di finire per chi sa quanto
tempo sotto il dominio hitleriano.
Con il crollo e la resa dellURSS un
tale esito sarebbe stato inevitabile: e
gli USA prima o poi (uscito di scena
Roosevelt) sarebbero giunti ad un
compromesso. Dunque un antifascismo senza URSS (e senza movimento comunista) non solo non
concepibile, ma perdente.
Per alcuni anni (dopo il 1973/
1975) entr nel lessico politico italiano la formula arco costituzionale. Esso includeva i comunisti ma
non i parlamentari missini. Del resto, nellultimo congresso del MSI
che anim con la sua presenza,
Giorgio Almirante (maestro di G. F.
Fini) defin la Repubblica italiana

Maggio Giugno

con il delicato epiteto di repubblica bastarda: appunto perch


nata da una grande intesa comprendente anche i comunisti. Circa
nello stesso tempo Craxi apr al
MSI (incontro con i loro dirigenti)
mentre cercava di tagliare ogni
ponte verso il PCI; e, sullonda di
una celebre intervista a Renzo De
Felice, fu aperta allora la questione
della cancellazione della norma finale della nostra costituzione contenente il divieto di ricostituzione
sotto qualsiasi forma del partito fascista. Tutta loperazione Forza
Italia mira a invertire larco costituzionale: missini dentro, comunisti
fuori. Perci costoro si stanno avventando contro la Costituzione.
Perci contro costoro non c che
da combattere: se prevarranno,
lantifascismo sar definitivamente
annoverato tra i disvalori.

Maggio Giugno 2005

Fascismo/Antifascismo

Vediamo il riorganizzarsi
di formazioni che si ispirano
al fascismo e al nazismo,
ne ostentano i simboli, rivendicano
lagibilit politica e rimettono in scena
provocazioni e minacce,
fino alla riedizione dellattentato

La RSI,
la Repubblica
voluta da Hitler*

di Dino Greco

UN CONVEGNO DELLA CGIL DI BRESCIA PER RICORDARE LORRORE


NAZIFASCISTA, I PERICOLI DELLE NUOVE ORGANIZZAZIONI REAZIONARIE
E RAZZISTE, LATTACCO ALLA COSTITUZIONE E LINSUFFICIENZA DELLA
RISPOSTA DEMOCRATICA

iteniamo innanzitutto di dovervi


dar conto, in apertura, delle ragioni
di uniniziativa come quella
odierna. Perch questo convegno?
Perch lo fa la Cgil? Perch in questo luogo?
Facciamo questo convegno che
non rimarr un episodio isolato
perch avvertiamo il pericolo di un
obnubilamento della memoria collettiva, unito ad una consapevole
contraffazione storica compiuta a
fini politici; lo facciamo perch vediamo anche qui, nella nostra citt
il riorganizzarsi di formazioni che
si ispirano al fascismo e al nazismo,
ne ostentano i simboli, rivendicano
lagibilit politica e rimettono in
scena provocazioni e minacce, fino
alla riedizione dellattentato; lo facciamo perch la ferita della strage
non ancora rimarginata, n potr
esserlo finch la giustizia non avr
riconosciuto esecutori e mandanti
di quelleccidio; lo facciamo perch
ci inquieta lesistenza nella regione pi popolata e industrializzata dItalia e massimamente in questa provincia di un partito razzista
di massa, che dissemina intolleranza e veleni ideologici e che ha
concorso in modo determinante a
varare una legislazione xenofoba
che fonda un diritto duale, retto
sulla discriminazione etnica; lo facciamo ancora perch la Resistenza e la Costituzione del 48 che

ne il prodotto politico e sociale pi


conseguente, i suoi valori, i suoi
principi, la sua nervatura istituzionale in una parola: la nostra democrazia sono sottoposti ad un attacco demolitore da parte di forze
che, seppur tremebonde, governano questo paese, forze che non
hanno fatto la Costituzione e che ad
essa sono irriducibilmente ostili; lo
fa la Cgil, aprendo con questa anteprima le iniziative di celebrazione
del centenario della propria nascita, perch la Resistenza e la
Costituzione recano limpronta
fondamentale della classe operaia
italiana e lattacco portato alla
Costituzione , direttamente, un attacco contro i diritti del lavoro, contro laspirazione alluguaglianza,
contro lunit dei lavoratori e del
paese.
Lo facciamo noi anche perch avvertiamo un vuoto, una reticenza,
uninsufficienza della risposta democratica che rendono questo attacco assai pericoloso.
Lo facciamo qui, infine, nel cuore
di quella che fu la R.S.I., la breve e
drammatica convulsione del fascismo morente, in un luogo che la retorica fascista ha eretto a simbolo
della propria apologia ideologica
patriottarda, meta e tempio di pellegrinaggi nostalgici.
Oggi, proprio da qui, con laiuto autorevole di intellettuali, di studiosi

di storia, di docenti che hanno accolto il nostro invito, ricostruiamo


la trama di un racconto, le ragioni
di un giudizio storico, politico e morale che si vorrebbe rimuovere e
confondere con il fine di sradicare
definitivamente larchitrave su cui
poggia la democrazia italiana, ci
che resta di quel tratto identitario e
avviare il paese, la societ italiana,
verso unaltra storia.
Per quanto ci riguarda vogliamo
concentrare la riflessione su alcuni
aspetti che hanno un diretto impatto sulla vicenda politica attuale,
nel loro intreccio con il ruolo del
movimento operaio nella lotta antifascista e nella costruzione della
Repubblica: un ruolo fecondo che
ancora produce i suoi frutti.
Della Repubblica di Sal interessa
sottolineare in primo luogo un
aspetto: si tratt del simulacro di un
governo, perch privo di qualsiasi
autonomia, legato (anzi, avvinghiato, in senso letterale) allalleato
tedesco, formalmente presente solo
nelle zone presidiate militarmente
dalle truppe doccupazione germaniche, senza la qual cosa la R.S.I.
non sarebbe sopravvissuta neppure
per quella breve stagione.
Si tratt della tipica commedia di un
governo fantoccio, in balia di un
umiliante servaggio al padrone tedesco, costretto a questuare ai nazi-

49

Fascismo/Antifascismo

sti minimi spazi di autonomia politica e amministrativa che peraltro


non ebbe mai, impegnato nel parodistico e fallimentare tentativo mussoliniano di recuperare il programma sociale del fascismo delle
origini, naufragato fra farsa e tragedia; un governo privo di un esercito
proprio, che non poteva pi esservi,
e che fu sostituito dalla militarizzazione di ci che rimaneva del partito fascista, le milizie nere nelle
loro diverse articolazioni, il reparto servizi speciali impegnati
nelle peggiori efferatezze che mente possa concepire contro i partigiani e contro la popolazione civile.
E poi, le famigerate SS italiane, i
20.000 che giurarono solennemente cos: Davanti a Dio presto
questo sacro giuramento: che nella
lotta per la mia patria italiana contro i suoi nemici sar in maniera assoluta obbediente ad Adolf Hitler,
supremo comandante dellesercito
tedesco e che, quale soldato valoroso, sar pronto in ogni momento
a dare la mia vita per questo giuramento.

La loro preoccupazione
non riscrivere la storia di ieri,
ma plasmare quella di domani,
facendola deragliare
dai binari dellantifascismo

Lalleanza fra Italia fascista e Germania nazista non stato un incidente della storia, n un invenzione
propagandistica.
Ebbene, a costoro, ai reduci di
Sal di tutte le risme (dalle brigate
nere alla X MAS, dalla legione Muti
alla guardia nazionale repubblicana
alle forze di polizia ai banditi di

50

Mario Carit e a tutte le formazioni


che vennero a costituire il corpo
ausiliario delle squadre dazione
delle camicie nere) che il governo
italiano in carica vorrebbe riconoscere lo status di militi belligeranti,
sancendone cos la completa equiparazione, morale e materiale, alle
formazioni partigiane.
chiaro che questa velleit revisionistica non ha per posta tanto (o soltanto) lo stato giuridico degli individui che si schierarono con i fascisti e con i nazisti contribuendo attivamente a che 40.000 italiani venissero deportati nei campi di sterminio, mentre 650.000 soldati italiani
marcivano nei campi di prigionia in
Germania. Il bersaglio, lobiettivo
vero, la messa in discussione dei
fondamenti dello stato repubblicano, la sua identit e la sua legittimazione storica. La loro preoccupazione non riscrivere la storia di
ieri, ma plasmare quella di domani,
facendola deragliare dai binari dellantifascismo. questo, in definitiva, che si nasconde dietro la retorica insistita della pacificazione.
Fascismo e antifascismo sono una
coppia indissolubilmente unita: insieme vivono e insieme muoiono,
diceva Fini al congresso di Fiuggi;
lantifascismo sopravvissuto per
cinquantanni alla morte del fascismo per ragioni internazionali e interne oggi non pi presenti. E dunque tempo che lantifascismo raggiunga il fascismo perch entrambi
affrontino il giudizio della storia
e si costruisca finalmente una memoria condivisa.
Dunque, con queste lenti strabiche,
fascismo e antifascismo diventano
scelte equivalenti, separate da un
esile diaframma fatto di casualit e
condizionato da episodi inscritti
nelle biografie personali. E allora
perch non riconoscere un risarcimento postumo (come fa gi ogni
anno il sindaco di Milano Albertini)
ai caduti della repubblica di Sal dimenticati da una storia a senso
unico scritta dai vincitori?
C in tutto questo uninsopportabile menzogna, una plateale misti-

Maggio Giugno

ficazione, quella di cui ci parla


Gianni De Luna a proposito del pietoso indugiare sui ragazzi di Sal,
come a voler confinare quella vicenda nella dimensione adolescenziale dei ragazzi della via Paal: tutti
bambini irresponsabili. Come a svilire il significato di una scelta ridotta ad aneddotica individuale
fra chi si compromise fino in fondo
con il fascismo e chi come recitano
le parole che Italo Calvino regal ad
una bella canzone della Resistenza
prese la strada dei monti.
Per non parlare di quella spessa coltre doblio che si vorrebbe stendere
non solo sulla resistenza armata del
periodo 43-45, ma su quelluniverso cospirativo che si misur
prima contro il fascismo squadristico delle origini e che poi fronteggi per ventanni loppressione
quotidiana del fascismo regime.
Parlo degli uomini e delle donne
del confino e della galera, di quelli
che non smisero mai di combattere
anche quando ogni strada sembrava
chiusa e la lotta senza prospettive;
parlo di quel grande incubatoio politico e morale senza il quale sarebbe difficile pensare alla stessa
Resistenza e, tantomeno, alla Costituzione. E, intrecciato con esso,
quellaltro tema che percorre come
un filo rosso la storia dItalia, dalla
sconfitta operaia del biennio rosso
19-20, attraverso la Resistenza, fino
alla resa del fascismo e alla costruzione della repubblica democratica
fondata sul lavoro, ed oltre, per stagliarsi lungo la ormai ultracinquantennale storia repubblicana.
Mi riferisco al ruolo giocato dalla
classe operaia italiana e per converso, specularmente a quello interpretato dalle classi dominanti, da
una borghesia che ad un certo
punto non ha esitato ad abbandonare il terreno della legalit per affidarsi alla soluzione di forza, fino
alla dittatura: un tema che si riproposto pi volte, come realt o
come possibilit di svolta e di involuzione autoritaria.
Lantifascismo sociale, quella componente della Resistenza che fu lotta di classe e non soltanto guerra pa-

Maggio Giugno 2005

triottica, ebbe un importanza determinante. Dei 40.000 deportati italiani verso la Germania e la Polonia,
ben 32.000 furono i politici e fra questi, oltre ai partigiani, vi furono gli
operai degli scioperi del44, gli operai della Fiat, dellAlfa Romeo, della
Brown Boveri, del Corriere della Sera,
della Edison, della Falk, della
Innocenti, della Marelli, della
Pirelli, della Philips, della Franco
Tosi, della Triplex, della Ducati,
della Weber, delle fabbriche di tessuti e di filati di Prato e di tante altre fabbriche che via via si unirono
alla lotta che assunse poi dimensioni
insurrezionali e che risult decisiva
da Genova a Torino a Milano per
impedire lo smantellamento dellapparato produttivo del paese da
parte dellesercito nazista in rotta.
Del resto, sin da dopo l8 settembre
del 43, le prime strutture a ricostituirsi, in unItalia sfasciata, furono
proprio le Camere del Lavoro. Sar
proprio con questa realt come
scrive Adolfo Pepe che dovranno
misurarsi le forze angloamericane
che saranno costrette a rivedere le
loro originarie strategie di occupazione militare e di trasformazione
dellItalia in un semplice protettorato politico.
grazie a questo decisivo contributo che lItalia non fin come la
Germania, la quale usc dalla sconfitta militare priva di un atto costituente fondante. Ed questo ci ricorda ancora Pepe che permise a
Giuseppe Di Vittorio di rivendicare
alla terza sottocommissione della
Costituente il diverso peso specifico
del capitale e del lavoro nella edificazione del nuovo stato repubblicano.
Insomma, per dirla con le lucide parole di Marco Revelli, lantifascismo sociale costitu il tramite attraverso il quale masse ampie furono
strappate ad una millenaria subalternit culturale, politica, esistenziale e furono trascinate al livello
del protagonismo storico, riuscendo finalmente a saldare in
uno dei pochi momenti alti della
nostra storia istanza di emancipazione sociale e progetto di costitu-

Fascismo/Antifascismo

zione di uno stato nuovo e fu ancora da quellistanza che deriv


unidea di democrazia radicale, partecipata, sociale che sia pure parzialmente trapass nella Costituzione.
proprio contro questa idea di democrazia progressiva, di democrazia in sviluppo affidata al protagonismo sociale e non solo ad una
dialettica tutta interna alle istituzioni o al ceto politico che si periodicamente scatenata la reazione
delle classi dominanti.
Del resto la Resistenza e poi la Costituzione non chiudono soltanto i
conti con il ventennio fascista, con
la dittatura, con la barbarie della
guerra contro la quale la Costituzione formula le parole pi nette
e definitive che sia possibile immaginare. La Resistenza e la Costituzione superano di slancio anche
il vecchio stato liberale e tutti gli elementi intrinsecamente autoritari
che il vecchio stato liberale aveva
ereditato dagli esiti del processo risorgimentale. Si realizza cos un originalissimo intreccio fra libert, diritti individuali, stato di diritto e giustizia sociale, fondato su un progetto politico di uguaglianza e si afferma unidea forte di sovranit popolare fondata sulla partecipazione
e sul ruolo centrale che nel processo
democratico hanno il lavoro e le
classi lavoratrici. Questo fa della
Resistenza e del suo prodotto politico pi conseguente una vera e propria rivoluzione democratica.
Il punto che il fascismo non finisce con la sconfitta del suo regime
politico. Con la fine della guerra
non c defascistizzazione dello
stato. Ancora nel 1960, su 62 questori in carica 60 erano entrati in politica durante il fascismo. Per non
parlare dei prefetti. Dopo la guerra
si verifica un colossale processo di
riciclaggio degli uomini del fascismo talvolta anche di quelli che furono protagonisti di atti criminosi
nella macchina dello stato della nascente repubblica, nei suoi apparati, anche i pi delicati.

Il carattere dello stato postresistenziale ne potentemente segnato e


condizionato. Lo la scuola, nei
suoi programmi, nel suo impianto
formativo. Il ceto politico dominante dopo la rottura del 48 e linizio della guerra fredda incarna
una vera e propria cesura rispetto
allesperienza resistenziale e alla
stessa Costituzione.
La repressione antioperaia nelle
fabbriche il suggello del fatto che
il tratto distintivo del dopoguerra
non lantifascismo, ma lanticomunismo.
Daltra parte, lultima fase, lagonia
del fascismo prossimo alla sconfitta,

Quel che certo, che in Italia


la sostanziale rottura
dellunit antifascista
sia pure nel nuovo quadro
costituzionale e repubblicano
determiner un contraccolpo
molto forte sulle istanze sociali
di rinnovamento

vede gi palesarsi una torsione che


segner gli avvenimenti futuri, la
tendenza delle potenze occidentali
(Stati Uniti e Gran Bretagna) a volgere ad est lo sguardo, al nuovo nemico, lUnione Sovietica, e dunque
alle esigenze di non umiliare lo
sconfitto in una prospettiva di capovolgimento delle alleanze in un
mondo che si annuncia drasticamente bipolare.
Quel che certo, che in Italia la
sostanziale rottura dellunit antifascista sia pure nel nuovo quadro
costituzionale e repubblicano determiner un contraccolpo molto
forte sulle istanze sociali di rinnovamento. Prende il sopravvento un
vero e proprio riflusso conservatore
e riaffiora anche una vena reazio-

51

Fascismo/Antifascismo

naria, sopita ma non sconfitta, che


si riproporr pi volte. Siamo di
fronte a quello che Gramsci chiam
sovversivismo delle classi dominanti, vale a dire quella latente tentazione dellillegalit da parte di un
capitalismo arretrato e di una cultura politica refrattaria ad un pieno
e definitivo approdo democratico
che torna e si ripropone con i tentativi di colpo di stato degli anni 60
e con lo stragismo nero e di stato degli anni70.
E la risposta di nuovo nella rivolta operaia e popolare del 60 contro la formazione del governo
Tambroni, nato con i voti determinanti del MSI, cacciato dal dilagare
della protesta di massa, da Genova a
Reggio Emilia, da Modena a Melissa.
E poi, a fine decennio, con le grandi
lotte operaie di emancipazione, di
riscatto sociale e di conquista di
spazi di libert, di democrazia e di
potere dentro i luoghi di lavoro (la
conquista dello statuto dei diritti dei
lavoratori che sancisce che la fabbrica non una zona franca, interdetta alla Costituzione).
Anche queste sono lotte che hanno
un vero e proprio valore costituente. Li la storia dItalia muta di
nuovo. Li si invera un pezzo smarrito, una promessa negletta della
Costituzione. Li si vede, limpidamente, come diritti e democrazia
nel lavoro siano non soltanto elementi di giustizia sociale, ma condizioni della democrazia del paese
che in quella temperie muta i caratteri della sua costituzione materiale.
Lantifascismo di cui parliamo, dunque, non un prodotto circoscritto
e concluso dentro ben precise coordinate storiche, quelle dellepopea resistenziale, per cui esso avrebbe cessato ormai di dire ci che
aveva da dire perch semplice antitesi di un movimento sconfitto e
quindi destinato ad eclissarsi con
esso, puro mito privo di forza costituente che sopravvive come esercizio celebrativo retorico di reduci.
Quello di cui parliamo lantifascismo come enzima permanente,

52

come costruzione fondamentale di


un nuovo stato e di un nuovo ordine
sociale, come nervatura politica
della democrazia.
Queste considerazioni rinviano allultimo aspetto di questa riflessione, vale a dire allattualit politica, al presente cupo nel quale viviamo.
Ricordavamo allinizio la risorgenza
fascista, la iattanza di formazioni
che puntano alla riedizione di un
partito fascista DOC e che ormai
sconfinano in episodi di squadrismo in un pericoloso clima di assuefazione e di debole reattivit democratica.
Mentre nella Francia governata dal
centro-destra il ministro degli interni chiede che siano poste fuori
legge le formazioni neonaziste, in
Italia ci si dimentica che esiste ancora la XII delle disposizioni transitorie e finali della Costituzione che
vieta sotto qualsiasi forma la ricostituzione del partito fascista e che le
ultime tre righe della fondamentale
legge della Repubblica impegna
ogni cittadino ed ogni organo dello
stato a vegliare sulla sua rigorosa applicazione.
Anzi, come abbiamo visto, si fa lopposto, con quel progetto di legge
che intende riabilitare le camicie
nere, il fascismo, e stravolgere il profilo identitario della nostra democrazia. E se ne capisce la solerzia,
perch lobiettivo ormai materializzatosi attraverso la legge di riforma
costituzionale approvata in prima
lettura dalle due camere altro non
che lo stravolgimento dei principi
che ne costituiscono lossatura:
- il potere sovrano del Parlamento
(ridotto ad ostaggio di un presidente del consiglio che sembra piuttosto un monarca, un novello caudillo);
- la divisione e lindipendenza dei
poteri (a partire da quello giudiziario, che si vuole ridurre allobbedienza, sotto il tallone dellesecutivo);
- lunit del paese e luniversalismo
dei diritti, ovvero luguaglianza dei
cittadini travolta da un federalismo

Maggio Giugno

devolutivo di impronta leghista.


Per non dire dellattacco frontale ai
diritti dei lavoratori e alle loro organizzazioni sindacali; o dellannichilimento del pluralismo dellinformazione; o dellimbarbarimento
della scuola pubblica, per un verso
abbandonata e per laltro restituita
ad un passato che selezionava su
basi censitarie, classiste, laccesso ai
gradi pi alti dellistruzione.
Tutto ci per richiamare lattenzione soprattutto quella dei pi giovani su una cosa essenziale. E cio
che il fascismo, gli elementi costitutivi dellideologia, dellidentit culturale, della costruzione politica e
statuale fascista, non possono essere
riconosciuti soltanto quando si propongono nelle manifestazioni esteriori, nei simboli apologetici che ci
rimanda liconografia tradizionale
del ventennio (fez, orbace, camicia
nera, teschi, manganelli e cos via).
Bisogna sforzarsi di andare oltre, di
guardare pi in profondit e coglierne lintima realt nel razzismo,
quintessenza dellhitlerismo, nellesaltazione della prepotenza, del diritto del pi forte alla sopraffazione
del pi debole, nella disuguaglianza, come elemento naturale,
che impone ad ognuno, ad ogni persona e ad ogni classe, di stare al proprio posto, dentro uno stato corporativizzato, ove espunta ogni dialettica sociale, anzi, dove il conflitto
sociale non elemento di progresso, motore di una dialettica positiva, ma pura patologia da estirpare e a cui fa da contrappunto la
retorica della guerra, rivolta verso
un qualsivoglia, onnipresente nemico esterno; nel cesarismo, nella
mistica del capo carismatico che incarna linscindibilit della nazione,
che dispensa le persone dallonerosit della scelta, dellautonomia personale, che decide per il tuo bene,
che sostituisce alla democrazia il
rapporto diretto con le masse, il plebiscitarismo, che educa alla delega,
alla deresponsabilizzazione personale, alla spoliticizzazione, al conformismo: in una parola, che crea
sudditi, non cittadini.

Maggio Giugno 2005

Non vi ricorda niente tutto questo?


E non su queste basi che possono
attecchire, ancora oggi, ideologie
totalitarie? Provate a pensare a
quanto di tutto ci ristagna nel presente e pu diventare carburante
per nuove avventure autoritarie.
E allora, mi piace finire questo intervento con un appello allimpegno, alla responsabilit collettiva,
lappello a costruire, ovunque, nei
paesi, nelle scuole, nelle fabbriche,
nei luoghi di lavoro dieci, cento,
mille comitati di difesa della
Costituzione: un invito allingaggio e una scommessa sul futuro di
questo paese a cui dedicarsi senza
risparmio. Ognuno lo pu fare, nessuno si tiri indietro.
Ai ragazzi che nel gennaio scorso
sono venuti con noi ad Auschwitz,
ai giovani operai che sono il nerbo
della nostra Cgil nei luoghi di lavoro, vorrei riservare le battute finali, prendendo in presito il mes-

Fascismo/Antifascismo

saggio senza tempo che ci hanno


consegnato uomini della Resistenza
come Carlo Rosselli, Giorgio Amendola, Sandro Pertini, Ernesto Rossi:
il messaggio di non identificare la
vittoria con la ragione, il successo
con il valore; di non temere la sconfitta come il peggiore dei mali,
quando in gioco ci sono valori non
negoziabili e se nella sconfitta si
salva la propria continuit ideale.
Tornano in mente, ammonitrici, le
parole che Ernesto Rossi scriveva
nel settembre del 31 dal carcere di
Pallanza dove era stato rinchiuso
dai fascisti: Conosco ormai troppo
bene gli italiani e la loro storia per
farmi delle illusioni. E non si cambiano in due o tre generazioni le caratteristiche di un popolo abituato
per secoli a liberarsi col confessionale di ogni preoccupazione sulla
valutazione dei problemi morali, e
a rinunciare nelle mani dei dominatori stranieri ad ogni dignit di
vita sociale. Ma questo poco im-

porta. C chi ha la funzione di firmare decreti e chi ha la funzione di


crepare in trincea o di marcire in galera. una divisione del lavoro anche questa. E si pu preferire la seconda alla prima funzione, quando
si crede cos di affermare dei valori
che costituiscono la ragione stessa
della nostra vita.
* Relazione di Dino Greco, segretario della
Camera del Lavoro di Brescia, al convegno
su La RSI. La Repubblica voluta da Hitler,
tenutosi il 22 aprile scorso al Te a t ro del
Vittoriale, a Gardone Riviera e organizzato
(come anteprima del centenario della nascita
della CGIL 1906-2006) dalla CGIL Camera del Lavoro di Brescia e dallArchivio
storico Bigio Savoldi e Livia Bottard i
Milani.
Del convegno si pubblicheranno gli atti, a
cura della E.D.S. (Editrice Sindacale della
CGIL nazionale) ed inoltre prevista la predisposizione di un CD Rom. lernesto ringrazia il compagno Greco per linvio in
Redazione del suo intervento al convegno.

53

Maggio Giugno

Fascismo/Antifascismo

Il popolo greco ha subito


una duplice occupazione,
quella italo-tedesca e poi quella inglese.
Questultima era espressione
di un imperialismo aggressivo,
mirante ad evitare
lautodeterminazione del nostro popolo.

Grecia:
trentanni
di Resistenza

di Silvia De Bianchi
Giovani comuniste/i del Coordinamento di Roma

INTERVISTA A PHOIBOS TOEKERUS, PARTIGIANO E COMUNISTA,

Atene.
n occasione del trentesimo Festival della Giovent Comunista greca (KNE),
svoltosi recentemente ad Atene, nello
spazio dedicato alla Resistenza abbiamo incontrato il compagno Phoibos
To e k e rus, architetto ottantaquattrenne, partigiano e militante comunista. Phoibos ha militato per tre anni
nellOKNE (Organizzazione della giovent comunista greca) e per 61 anni
nel KKE (Partito comunista greco). La
storia greca degli ultimi sessantanni
risulta estremamente travagliata: pi
di trentanni di lotta di Resistenza partigiana interna hanno segnato profondamente il paese fino al 1974, anno
della proclamazione della democrazia
mediante un referendum.

Qual stata la reazione popolare alloccupazione nazifascista in


Grecia, la quale ricordiamolo ha
causato la morte di oltre 400 mila
persone?
In realt le truppe italiane non
hanno saputo gestire loccupazione. Non erano abbastanza efficienti secondo Hitler. Perci si pu
dire che la Resistenza organizzata
realmente iniziata con loccupazione nazista nel 1941. Il primo nucleo
di combattenti armati per la Resistenza si formato quando, il 27
aprile del 1941, i tedeschi entrarono

54

MEMORIA STORICA E VOCE AUTOREVOLE DELLA RESISTENZA GRECA

ad Atene credendo fosse senza abitanti. Issate cerano solo due bandiere, una sulla banca greca e una
su un bordello. SullAcropoli i nazisti hanno chiesto al caporale Kostas
Kukidis di abbassare la bandiera
greca e di issare quella tedesca, ma
lui ha preferito il suicidio buttandosi nel precipizio. Dopo due giorni
Manolis Glesos e Santas hanno abbassato di nascosto la bandiera tedesca e issato quella greca: la popolazione insorta, avendo acquistato
fiducia nella possibilit di battere
loccupante.
Quale fu la reazione degli occupanti
di fronte allorganizzazione di una
Resistenza armata?
A Cornovo, durante loccupazione
italo-tedesca, ci sono stati 110 fucilati perch, essendo saltato un
ponte, venne fatta una rappresaglia
tra la popolazione civile. Nessun soldato era morto. E, tuttavia, per il
fatto di essere stati bloccati, sono tornati indietro e hanno portato a termine questa strage. In realt fu
unoccupazione molto dura, anche
se per la Grecia dovevano venire
tempi anche peggiori. Quando il governo greco part per Creta, cerano
2000 esuli comunisti detenuti che
sono stati ceduti ai tedeschi e poi fucilati. Il primo maggio del 1944 a
Kessargani furono fucilati 200 co-

munisti con piccoli cannoni fatti apposta per le esecuzioni dei comunisti resistenti: tra questi vi era anche
Napoleon Sukazidis, interprete dei
tedeschi, che un caporale nazista voleva salvare. Lui prefer morire, perch sapeva che al posto suo sarebbe
morto un altro. I corpi furono ammassati nei camion della nettezza urbana, che lasciarono una scia di sangue per tutta la citt. E gli abitanti,
uno ad uno, uscivano dalle loro case
e vi posavano sopra dei fiori.
(Non trattiene le lacrime, Phoibos, ma
prosegue il suo racconto)
Gi poco prima dellinvasione italiana sono entrato nellOKNE. Ero
molto giovane, ma avevo la convinzione nelle mie idee: ero prima di
tutto un comunista, divenuto partigiano contro loccupante per liberare la popolazione greca non solo
dagli invasori ma anche dalla monarchia e dallingiustizia sociale.
Nel 1940 i comunisti evasi dalle carceri si sono riuniti e hanno riorganizzato il KKE, chiedendo agli altri
partiti di costituire unorganizzazione per affrontare i tedeschi: tutti
i partiti tranne due si rifiutaroono
Nacque a questo punto lEAM, il
Fronte di Liberazione Nazionale.
Nellambito dellEAM, facevo parte
dei cosiddetti ELAS. Abbiamo poi
combattuto anche contro gli inglesi
aggressori, che avevano molte armi
e bombardavano i dintorni di

Maggio Giugno 2005

Atene: immense baraccopoli di legno dove vivevano civili, per lo pi


immigrati dellAsia minore.

Fascismo/Antifascismo

In ricordo di Harilaos Florakis

Una doppia occupazione, quindi.

Al Comitato centrale del KKE

S. Il popolo greco ha subito una duplice occupazione, quella italo-tedesca e poi quella inglese.
Questultima era espressione di un
imperialismo aggressivo nei confronti dei civili, mirante a controllare il territorio e ad evitare lautodeterminazione del nostro popolo.
Gli inglesi sono stati occupanti peggiori dei nazisti: sgozzavano uomini
e donne inermi. Non dimenticher
mai le donne incinte che hanno trafitto con le baionette. Essi volevano
controllare la Grecia nonostante
fosse finita la guerra; avevano bisogno di restare in prima persona oppure di instaurare una monarchia
fantoccio. Inoltre, avevano lordine
dai loro alleati, gli USA, di non desistere finch i comunisti non fossero stati stroncati.

Cari compagni,
a nome di tutti i comunisti de lErnesto e nostro personale vi inviamo i
sentimenti della nostra pi fraterna e solidale partecipazione per la
morte del compagno Harilaos Florakis, presidente onorario del vostro
partito. Il compagno Florakis una figura che appartiene ormai alla
leggenda e rappresenta una delle personalit pi grandi e prestigiose
della storia del movimento comunista del900. Una di quelle figure che
ci rendono orgogliosi di essere stati parte integrante di quel movimento e
dello sforzo presente volto ad attualizzarne e rilanciarne gli ideali e le prospettive nelle condizioni nuove del 21 secolo.
Vi abbracciamo tutti
Fosco Giannini (Comitato Politico Nazionale PRC , direttore de lernesto)
Fausto Sorini (Direzione nazionale del PRC, della direzione de lernesto)

Loccupazione inglese del


Peloponneso apr la strada ad una
guerra civile che, in effetti, si protrasse dal 1946 al 1949. Il Fronte
Nazionale di liberazione (EAM) si
contrappose alle forze conservatrici e monarchiche sostenute dagli
inglesi. I comunisti che costituivano
il fulcro dellEAM, nonostante lesito del re f e rendum vedesse il ritorno della monarchia, proclamarono la repubblica, riprendendo la
lotta armata nel nord del Paese.
In effetti il governo si trov a dover
affrontare anche il problema del
disarmo dei gruppi armati di resistenza. In particolare noi dellELAS
rifiutavamo di consegnare le armi.
Dopo 33 giorni stringemmo un accordo con gli occupanti, a seguito
del quale la Resistenza rese le armi
al governo inglese. Ma quel patto fu
tradito e gli inglesi, insieme ai turchi, avvalendosi di spie comprate
con poco denaro e false promesse,
riuscirono a fucilare migliaia di
ELAS inermi e a torturarli dentro e
fuori le carceri.

Harilaos Florakis nasce il 20 luglio 1914, nel villaggio di Rahoula (Itamos) in


Thessala. Nel 1929, a soli quindici anni, quando il governo Venizelos comincia a
p e r s e g u i t a re i comunisti, entra nella Federazione Giovanile Comunista di Grecia.
M e m b ro del sindacato postelegrafonici (PTT), partecipa alla lotta contro la dittatura
del 4 agosto e nel 1940 combatte nella guerra italo-greca. Nel 1941 entra nel Partito
e partecipa attivamente alla sua ricostituzione. Opera in clandestinit e viene arrestato due volte. Partecipa all'organizzazione e alla guida dello sciopero delle PTT
dellaprile del 1942, il primo grande sciopero tenutosi durante l'occupazione, tra i
primi dellEuropa asservita al nazi-fascismo. Si unisce al Fronte di Liberazione
Nazionale (EAM) sin dalla sua costituzione e lotta contro le forze di occupazione
dalle file dell'Esercito di Liberazione Nazionale (ELAS), dove raggiunge il grado di
M a g g i o re. Si batte contro limperialismo britannico e l'oligarchia locale nel dicemb re 1944 e successivamente contro limperialismo anglo-americano, come ufficiale
d e l l ' E s e rcito Democratico, con il grado di Generale. Nel 1949 eletto membro del
CC del KKE. Studia e si laurea con onore allAccademia Militare di Mosca.
Perseguitato, imprigionato ed esiliato per un totale di diciotto anni (di cui dodici trascorsi in carc e re), viene pi volte processato e condannato allergastolo. Riceve la
Medaglia dOnore dellELAS (Esercito di Liberazione Nazionale) e la Medaglia al
Valor Militare dell'Esercito Democratico greco. Nel settembre 1984 riceve il Premio
Lenin per la Pace del CC del Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Sar Segretario
generale del KKE dal 1972 al 1989 e successivamente Presidente onorario.

La polarizzazione della situazione


politica riport sulle montagne i
gruppi di resistenza comunisti. Tra
questi ne emerse uno nuovo,
l ' E s e rcito democratico capeggiato
da Markos, ex leader degli ELAS.
Intanto gli Stati Uniti subentrarono
alla Gran Bretagna quale potenza
"protettrice" della Grecia e continuarono a fomentare lanti-comunismo.
S, ci furono petizioni e manifestazioni contro gli inglesi perch se ne
andassero. Torture compiute dagli

inglesi venivano falsamente attribuite ai comunisti. Molti di noi si nascosero sulle montagne al confine
macedone e albanese per salvarsi e
sfuggire alle forze reazionarie scatenate dagli inglesi. Nel 1947 i
Combattenti democratici attaccarono su tutto il territorio nazionale.
Solo con lintervento americano si
pose fine alla guerra civile, con la
sconfitta dei resistenti e delle unit
armate comuniste combattenti.
Fino al 1949 migliaia di ELAS persero la vita in combattimento o vennero fucilati: tra questi cera il gio-

55

Fascismo/Antifascismo

vane studente Belo Ianis, detto il


ragazzo con il garofano. Tutte le
isole erano piene di prigionieri, incarcerati sulla semplice base del sospetto. Eravamo fuori legge perch
volevamo la nostra indipendenza e
perch eravamo comunisti.
Anche dopo la guerra civile la rep ressione nei confronti dei comunisti non cess.
No, non cambiarono di molte le
cose rispetto al passato. Dovevamo
continuare a nasconderci, a combattere nellombra e a guardarci
dalle spie infiltrate in pi livelli della
societ. Ovviamente sotto la dittatura era praticamente impossibile
fare attivit politica alla luce del
sole. In occasione della mobilitazione universitaria del 1963, facemmo irruzione nel Ministero del
Lavoro e appiccammo un incendio
per fare in modo che anche i nostri
documenti e le nostre identit andassero distrutti, cos da poter proseguire la lotta sotto altro nome.
Quello fu un momento in cui abbiamo messo in grossa difficolt il
regime, seppure la sua capitolazione fosse ancora lontana.
Tra la fine degli anni '50 e i primi
anni '60 la geografia politica greca
subisce una rapida trasformazione.
Si formato un partito conserv atore, l'Ere, che comunque credeva
nel processo democratico, Giorgio
P a p a n d reu d vita all'Unione di
Centro e, a sinistra si forma lEda,
uno schieramento che raccoglie socialisti e comunisti (con quest'ultimi
che risultano "fuorilegge" dal
1949). Cosa ricordi del periodo successivo alla guerra civile?
Le trasformazioni maggiori sono av-

56

venute nella struttura sociale.


L'emigrazione interna trasform
Atene in una metropoli a tutti gli effetti, e nelle citt greche si and formando un ceto medio che, su posizioni politiche sempre pi radicali,
voleva una modernizzazione del
paese all'interno di istituzioni democratiche. Ulteriore conseguenza
dell'urbanizzazione fu la scolarizzazione: io stesso potei accedere all'istruzione superiore e alla formazione universitaria (proprio al
Politecnico di Atene). Siamo stati
noi studenti universitari ad animare, nel '63, le manifestazioni di
protesta dopo l'assassinio da parte
della polizia del giovane compagno
Gregori Lambrakis. Organizzammo
una mobilitazione che port alla caduta del governo, ad elezioni politiche anticipate e alla vittoria
dell'Unione di Centro di G.
Papandreu.
Come si arrivati al regime dei colonnelli?
Dalla fine della guerra civile si sono
alternate al potere giunte militari e
deboli governi legittimati solo dalla
corona. Pochi i partiti che hanno
partecipato alla vita politica, quasi
inesistente l'attivit sindacale sui
luoghi di lavoro. Il 21 Aprile del '67
ci fu il colpo di stato di G.
Papadopoulos, Stylianos Pattakos e
Nikola Makarezos. Il primo novembre del 1968 mor Papandreu e, due
giorni dopo, il suo funerale aperto
dal massimo rappresentante della
chiesa ortodossa di Atene si trasform in una manifestazione contro la giunta dei colonnelli. La polizia ci represse duramente, e centinaia tra i manifestanti furono arrestati. Io stesso fui incarcerato, ma riuscii a fuggire. Quella fu l'ultima

Maggio Giugno

manifestazione contro la dittatura


militare fino al novembre del 1973,
quando gli studenti del Politecnico,
i pi avanzati politicamente, si barricarono all'interno dell'universit.
Quellesperienza fu una vera rivolta
armata contro la giunta dei colonnelli. Furono usati i carri armati
contro gli studenti, tra i quali ci furono ufficialmente almeno 150 vittime a seguito delle cariche della polizia. Ma si tratta di un dato parziale.
Molte famiglie nascosero il fatto che
figli o nipoti erano stati stati vittime
degli scontri per evitare laccusa di
essere comunisti armati o cospiratori.
Considerando lesperienza della
dittatura dei colonnelli, si comprende meglio come il KNE punti
ad una sensibilizzazione dei giovani
sui temi della Resistenza. Ho notato
quanto spazio stato dedicato al vostro osservatorio sullantifascismo.
Non un caso, vero?
Il revisionismo ha attaccato pesantemente la memoria collettiva della
Resistenza, tanto che, nelle scuole
greche, i manuali non ne parlano.
E non c neppure un monumento
ai caduti della Resistenza. Oggi pi
che mai il revisionismo nasconde la
grande lotta di liberazione e per il
socialismo che tutti noi, a migliaia,
abbiamo condotto. Perci riteniamo fondamentale continuare a
promuovere iniziative, dentro e
fuori il partito, per far conoscere la
verit storica, soprattutto ai giovani
militanti e nelle scuole. Il fascismo
una degenerazione endemica del
capitalismo e della democrazia borghese, e i nostri carnefici hanno perseguito anche vie legali pur di prendere il potere. Sottovalutarli un
grave errore.

Maggio Giugno 2005

Fascismo/Antifascismo

Diciamo no alla falsificazione della storia!


SEDICI EURO-PARLAMENTARI COMUNISTI DEL GUE PRENDONO POSIZIONE CONTRO LA RISOLUZIONE
DEL PARLAMENTO EUROPEO SUL 60 ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE*
Una vergognosa risoluzione proposta dal Comitato per gli Affari Esteri europeo distorce la verit storica
e calunnia i comunisti e lUnione Sovietica che furono decisivi per la sconfitta del fascismo
Nel 60 anniversario della vittoria sul fascismo gli euro-parlamentari firmatari della presente si oppongono alla Risoluzione del
Parlamento Europeo e alla falsificazione degli eventi storici. Rifiutano di essere complici della dissacrazione e delloffesa alla memoria di milioni di persone che hanno sacrificato le proprie vite affinch il fascismo fosse sconfitto.
La vergognosa Risoluzione proposta dal Comitato per gli Affari Esteri distorce e profana la verit storica, calunnia i comunisti e
lUnione Sovietica che furono fattori decisivi nella sconfitta del fascismo e tenta di avvelenare le menti delle generazioni pi giovani per indurle ad accettare i crimini commessi oggi dallimperialismo e a non combattere per il suo rovesciamento.
Questa Risoluzione cerca di nascondere il fatto che il fascismo nato dal capitalismo e da esso stato promosso; che esso stato
sostenuto dalle forze politiche che accettano e servono il capitalismo. Si tenta di nascondere il fatto che la seconda guerra mondiale
stata causata dallinasprimento dei contrasti interni allimperialismo per una nuova ripartizione del mondo e che il nemico comune che le potenze imperialiste avrebbero voluto eliminare era lUnione Sovietica, il primo stato socialista.
Svolgendo un ruolo primario nella cancellazione della memoria storica, lUnione Europea (UE) ha gi proclamato il 9 maggio come
giorno dellEuropa, cancellandolo come il giorno della vittoria dei popoli.
La dichiarazione della Commissione europea, assieme a tale inaccettabile e impronunciabile Risoluzione, definisce occupazione la
liberazione dei paesi dellEuropa dellEst, consentendo e sostenendo cos politicamente il ripristino dei simboli hitleriani nei paesi
dellEuropa orientale e centrale, assecondando le politiche dei governi baltici che perseguono gli antifascisti ed elogiano i collaboratori delle SS, plaudendo alle politiche che in Germania e in Austria considerano come disonore nazionale laver disertato lesercito nazista, mentre i fascisti vengono riabilitati materialmente e moralmente come eroi nazionali.
Nessuna falsificazione canceller le gesta epiche di Stalingrado, Leningrado, Mosca, Kursk e Sevastopol, n potr infangare i sacrifici immensi fatti dai comunisti dellUnione Sovietica, dellEuropa e del mondo.
Nessuna risoluzione del Parlamento Europeo potr cancellare limmagine della bandiera rossa sopra il Reichstag, che simboleggia
la vittoria del socialismo sul fascismo. Per quanto feroce potr essere ancora loffensiva imperialista, essa non fermer lo sviluppo
della societ verso il socialismo.
Ora che sessantanni sono passati, il messaggio della vittoria sul fascismo resta vivo e attuale: esso parte integrante della lotta unitaria e vittoriosa dei popoli contro la barbarie imperialista. E limperialismo va incontro allo stesso destino dellasse nazi-fascista,
che fu infine distrutto.
Strasburgo, 12 maggio 2005 Nostra traduzione

ADAMOU Adamos, AKEL Cipro - FIGUEREIDO Ilda, PCP Portogallo - FLASAROVA Pan Vera, KSCM Rep.Ceca
GUERREIRO Pedro, PCP Portogallo - GUIDONI Umberto, PdCI Italia - HENIN Jacky, PCF Francia - KOHLICEK Jaromir, KSCM
Rep.Ceca - MANOLAKOU Diamando, KKE Grecia - MASTALKA Jiri, KSCM Rep.Ceca - PAFILIS Thanasis, KKE Grecia - RANDSORF
Miloslav, KSCM Rep.Ceca - REMEK Vladimir, KSCM Rep.Ceca - RIZZO Marco, PdCI Italia - STROZ Daniel, KSCM Rep.Ceca TOUSSAS Giorgios, KKE Grecia - WAGENKNECHT Sahra, PDS Germania
* Il GUE-NGL si compone di 41 euro-parlamentari (MEP).
Tra i non firmatari di questa mozione vi sono uno su due dei MEP del PCF (e precisamente il presidente del GUE, Francis Wurtz), un francese dei
territori dOltremare (PC di Reunion), il MEP di Izquierda Unida, i 5 di Rifondazione, 6 su 7 dei MEP della PDS tedesca, quello del Synaspismos,
uno su due di AKEL, un irlandese del Sinn Fein, due socialisti olandesi e uno scozzese, il MEP del Blocco di Sinistra portoghese (BE) e i 4 MEP
della Sinistra Verde Nordica (1 danese, 2 svedesi, 1 finlandese).
Sui 41 euro-parlamentari del GUE-NGL, sono 17 quelli che fanno parte di partiti membri a pieno titolo del Partito della Sinistra Europea-SE [ i MEP
di PCF (2), PRC (5), IU (1), Syn (1), PDS (7), BE (1) ]. Dieci sono quelli di partiti osservatori della SE [i MEP di KSCM (6), AKEL (2), PdCI (2)].
Quattordici sono quelli di partiti che non vi partecipano in alcun modo [ (KKE (3), PCP (2), socialisti olandesi (2), Sinn Fein (1), socialisti scozzesi (1), Sinistra Verde Nordica (4), il PC di Reunion (1) ].
Come si vede, larticolazione politico-ideologica dellarea del GUE-NGL, ovvero dei comunisti e delle sinistre di alternativa rappresentate nel Parlamento
Europeo, piuttosto complessa. Ma se il Partito della Sinistra Europea non avesse cristallizzato la divisione tra i comunisti, un polo comunista
allinterno del GUE-NGL potrebbe oggi contare su 25-26 MEP su 41 (quasi due terzi).

57

Internazionale

Maggio Giugno

meglio poter migliorare levoluzione


dellesperienza cubana, difendendone
ci che stato conquistato, o piuttosto
celebrare una nuova sconfitta?
Delle due l'una, e su questo, anche
alla luce della guerra preventiva
scatenata dall'amministrazione Bush,
il posizionamento fa la differenza

La sfida di Cuba
e la cattiva
coscienza europea

di Mario Baldassarri* e Sergio Cararo**


*Segreteria Nazionale dell'Associazione di Amicizia ItaliaCuba, del Comitato 28 giugno Difendiamo Cuba.
**Direttore della rivista Contropiano.

DAGLI AUTORI DEL LIBRO CUBA, ORGOGLIO E PREGIUDIZI


(EDIZIONI ACHAB, VERONA), UNANALISI DELLE CONTRADDIZIONI CHE
CARATTERIZZANO LA TRISTE ED ESANGUE CONCEZIONE DEMOCRATICA
E IL RAPPORTO CON CUBA DELLE VARIE SINISTRE EUROPEE

uba una sfida continua ai parametri dei pasdaran liberisti e liberali. Le


agenzie dell'ONU le riconoscono
grandi meriti e conquiste sul piano
dei diritti sociali, mentre le agenzie
per i diritti umani ne contestano duramente la mancanza di libert politiche. Su questa contraddizione orgoglio e pregiudizi confliggono sistematicamente, qualche volta offrendo spunti interessanti, molto
spesso ritirandosi in una semplificazione in bianco e nero che d per
scontate cose che scontate non sono
affatto.
Le forze ed i governi popolari dell'America Latina e del terzo mondo
guardano a Cuba con ammirazione
e rispetto. Le forze politiche europee
la guardano con fastidio (se di sinistra) o con odio e ostilit profonda
(se di destra). Nel 2003, contro
Cuba, in Europa e in Italia con fastidio e ostilit, sinistra e destra si sono
confuse tra loro. C' stato bisogno di
una mobilitazione che dicesse difendiamo Cuba senza se e senza ma
per condizionare la situazione ed impedire una frana politica, morale e
psicologica che avrebbe travolto ancora una volta l'anima debole della
sinistra italiana ed europea. A volte
l'orgoglio deve entrare in campo con
la mano pesante per consentire che
la discussione su Cuba non venga
ipotecata dall'ipocrisia e dalla sem-

58

plificazione.
La sezione francese di Reporter
Sans Frontieres ha definito Cuba la
pi grande prigione di giornalisti
del mondo. I suoi stessi rapporti annuali e quelli della Federazione
Internazionale dei Giornalisti
smentiscono questa battuta ad effetto di cui nessuno si preso la
briga di verificare la veridicit.
Particolare curioso: negli anni Novanta era stata la sezione francese di
Medicins sans Frontieres a teorizzare la demonizzazione dei serbi, i
bombardamenti umanitari contro
la Jugoslavia ed a parlare di fosse comuni in Kosovo. Sono passati sei
anni e, come noto, quelle fosse comuni (come le armi di distruzione
di massa in Iraq) non sono mai state
trovate, in compenso un milione di
serbi sono stati espulsi da Croazia,
Bosnia, Kosovo e abbandonati nei
campi profughi in Serbia, vittime
senza speranza di una pulizia etnica
senza diritto al ritorno e senza diritto di ricevere le scuse dai loro accusatori e bombardieri umanitari.
Dobbiamo cominciare a guardare
con diffidenza verso certi ambienti
democratici francesi? No, in
Francia come nel resto dell'Europa
ci sono soggetti e forze sociali importanti e coerenti nella lotta per il
cambiamento. Ma c' anche una
certa idea della supremazia morale

che pu produrre danni devastanti


nelle relazioni con il resto del
mondo.
Un mediattivista autorevole come
Giulietto Chiesa ha denunciato di
recente lo tsunami informativo di
fronte al quale sembra impossibile
resistere. Il problema anche questo. Le menzogne ripetute all'infinito non solo finiscono col diventare
senso comune ma rischiano anche
di legittimare dentro l'opinione
pubblica le guerre di aggressione,
anzi, come si dice adesso l'esportazione di democrazia. Quello che
Giulietto Chiesa sottovaluta la disponibilit della politica ad adeguarsi
allo tsunami informativo piuttosto
che a rendersene autonoma.
La divaricazione di contenuti tra chi
conosce la realt di Cuba e le risposte della politica, rivela che quest'ultima da troppo tempo ha rinunciato alla conoscenza approfondita della realt come preliminare del posizionamento politico. Si
votato a favore o contro l'adesione
della Turchia all'Unione Europea o
sulla Costituzione Europea senza
che delegazioni o osservatori andassero prima in Turchia o nei vari
paesi europei a verificare cosa ne
pensassero le persone in carne ed
ossa, le associazioni, i sindacati, le
minoranze o, come si dice adesso,
la societ civile. Le sorprese, come

Maggio Giugno 2005

vediamo, possono poi essere amare.


Il sistema dominante il sistema
neoliberale possiede un suo modello politico di democrazia capace
di esercitare una egemonia globale
fino a manifestarsi come unico modello possibile e a legittimarne la
sua esportazione anche attraverso la
guerra, i bombardamenti, l'occupazione militare di Stati sovrani etc.
Questo modello (fatto proprio anche dai partiti della sinistra europea) ruota pi o meno intorno ad
alcuni assi che vengono martellati
come fondanti di ogni democrazia
moderna: il pluripartitismo, elezioni, separazione dei poteri. I governi che non adottano tali criteri
vengono prima o poi inseriti nella
lista dei rogues states da eliminare politicamente, economicamente e militarmente.
Dai cosiddetti fondamentali della
democrazia continua per a mancare completamente qualsiasi riferimento alla giustizia e alla coesione
sociale, ritenendo automatico che la
democrazia liberale affidi al mercato e alle sue leggi invisibili la gerarchia delle relazioni economiche
e sociali. Si ripropone dunque una
contraddizione tra uguaglianza e
libert individuali, che dovrebbe
rappresentare il problema di Cuba
ma che lo rappresenta anche per i
suoi detrattori e avversari. Non una
questione nuova nell'agenda del
movimento che si batte per la trasformazione sociale, o come si dice
ora per un altro mondo possibile.
Dobbiamo ammettere che in
Europa, su questo aspetto, passi in
avanti sul piano dell'elaborazione e
della sperimentazione ancora non
sono stati compiuti. Si dichiarata
chiusa una fase storica con gli avvenimenti dell'89/91, ma non si ancora cominciato a fare un serio bilancio storico e teorico per aprirne
una nuova sul versante dei movimenti della trasformazione sociale.
Poniamo dunque un questione ai
compagni e agli amici cubani e, specularmente, alla sinistra europea
critica verso Cuba. In tale contesto
politico e storico, se il modello democratico universale, o percepito

Internazionale

come tale un po' da tutti, quello


indicato dalle maggiori potenze
mondiali, quale modello democratico dovrebbe adottare Cuba? Cosa
dovrebbe fare Cuba per essere benvista da Fassino e Berlusconi, da
Bernard Kouchnr e da Joskha
Fisher? Oppure per essere guardata
con maggiore simpatia dai movimenti antiliberisti europei?
a) Al momento Cuba adotta un suo
modello democratico originale
fondato sul partito unico, il voto su
candidati e la possibilit di revoca
degli eletti che non rispettano il
mandato ricevuto, sulla non retribuzione privilegiata degli eletti. Si
tratta di un modello originale che
per diverge e contrasta con la percezione del cosiddetto modello democratico universale o percepito
come tale.
b)Non possiamo sottovalutare
come il modello democratico oggi
dominante sia basato, pi che sul
pluralismo politico, su un rigido
bipartitismo che, come afferma
Eduardo Galeano, somiglia molto
pi ad un sistema fondato su due fazioni di un unico partito, un modello che non permette cambiamenti radicali o differenziazioni sostanziali sul piano dei programmi
politici e sociali, dei rapporti di propriet e della politica internazionale. Il pluralismo politico, negli
USA come in Europa, viene ridotto
ad un bipartitismo che non ha come
priorit la democrazia ma la governabilit e la stabilit politica (la governance come va di moda chiamarla oggi). Inoltre un modello
in cui, come abbiamo visto negli
Stati Uniti o in Italia, non affatto
indifferente la disponibilit finanziaria di cui godono gli schieramenti o i leader candidati ad alternarsi al governo. In troppi casi
stata questa e non i programmi
a fare la differenza sull'esito elettorale.
c) Esiste infine un modello democratico ancora tutto da inventare e
sperimentare, un modello che in

qualche modo corrisponde alle


aspirazioni verso un nuovo mondo
possibile. Questo modello democratico, continua per a registrare
un perdurante buco di sperimentazione concreta. Questo modello
oggi pu e deve anche alimentare
un dibattito, ma non pu risolvere
i problemi di uno Stato, tanto pi se
sottoposto a minacce esterne.
Questo dibattito non pu non misurarsi con il problema assai concreto di far esistere e difendere ci
che fino ad oggi si conquistato,
cercando di non far fare a Cuba o
al Venezuela la fine del coraggioso
ma ingenuo Nicaragua sandinista
nel 1990. doveroso poi segnalare
come da questo dibattito sul migliore mondo possibile e sul modello politico che dovrebbe interpretarlo al meglio sia ancora latitante il fattore dirimente, e cio l'assetto dei rapporti di propriet.
Uno sguardo all'America Latina ci
dice che in tutto il contesto geopolitico in cui Cuba inserita (e dentro cui va valutata), i diritti politici
e i diritti economico/sociali sono
inversamente proporzionali.
Inoltre, e non proprio un dettaglio, le ingerenze statunitensi sul
patio trasero, su quell'America Latina
che gli USA considerano il loro cortile di casa, paiono destinate ad aumentare pesantemente per imporre a quei paesi l'ALCA, il Plan
Colombia e per scardinare le aspirazioni ad una maggiore indipendenza ed integrazione economica
non subalterna al Wa s h i n g t o n
Consensus.
Cuba non sempre corrisponde a
quello che desidereremmo, ma rimane una realt politica importante che rappresenta un punto di
resistenza alle ingerenze imperialiste sull'America Latina perch viene percepita come un esempio di
progresso sociale, indipendenza e
dignit nazionale da parte delle
forze popolari di quel continente.
A Cuba, nelle condizioni sociali,
economiche, geopolitiche e storiche date, stato sperimentato il socialismo possibile. Ci ha portato a
risultati politici e sociali innegabili,

59

Internazionale

ad ambizioni mancate, a errori in


parte rettificati in parte meno, a
contraddizioni non risolte e a conquiste rilevanti, consolidate e perfettibili. I suoi problemi interni
paiono per seminare pi interrogativi qui da noi dove siamo in
qualche modo condizionati dal
modello democratico dominante
e molto meno in America Latina
o nei paesi in via di sviluppo, dove
il modello democratico dominante
continua a convivere con la contraddizione tra la sua aspirazione
progressiva e le sue ricadute concrete sul piano sociale e morale che
hanno provocato regressi ben visibili nelle condizioni di vita della popolazione.
Questa diversa percezione di Cuba
tra sinistra europea e forze popolari
in America Latina sta a significare

60

che per fornire a Cuba qualcuno degli attrezzi delle nostre cassette, dovremmo quantomeno avere qualcosa da offrire in positivo ed in alternativa sul piano dei risultati politici, sul piano di una sperimentazione avanzata e socializzabile di democrazia pienamente utilizzabile
anche in un'area come l'America
Latina o in situazioni di guerra non
dichiarata come quella a cui sottoposta Cuba da troppi anni, ed a
cui ha dovuto fare fronte contando
essenzialmente sulle proprie forze.
E qui il deficit appare in tutta la sua
pesantezza nel campo della sinistra
europea piuttosto che in quello cubano.
Poniamoci dunque la classica domanda da un miliardo: meglio poter migliorare l' evoluzione dellesperienza cubana, difendendone

Maggio Giugno

ci che stato conquistato, o piuttosto celebrare una nuova sconfitta?


Delle due l'una, e su questo, anche
alla luce della guerra preventiva scatenata dall'amministrazione Bush,
il posizionamento fa la differenza. Il
mondo contemporaneo non semplificabile in bianco e nero, i processi rivoluzionari che portano ad
edificare uno Stato alternativo a
quelli in cui viviamo lo sono ancora
di pi. Semplificare tutto questo
pi comodo ma non pi corretto,
e alla lunga se ne pagano le conseguenze. Discutiamone lealmente e
criticamente qui da noi e con i compagni cubani, ma non commettiamo l'errore di negarci alla solidariet e alla difesa del progetto rivoluzionario di Cuba. Anche in questo caso troppi se e troppi ma appaiono deleteri.

Maggio Giugno 2005

Internazionale

Come nello slogan


Patria o muertedi Fidel Castro,
perfettamente possibile
e plausibile difendere
lidentit storica,culturale
e linguistica del popolo basco
senza per questo essere nazionalisti

Paesi Baschi:
i comunisti
di Ehak
in parlamento

di Marco Santopadre
Giornalista, esperto di questioni dellAmerica Latina

I COMUNISTI DI EHAK SI BATTONO PER LA LIBERAZIONE NAZIONALE


E LA LIBERAZIONE SOCIALE. PER QUESTO, MESSA AL BANDO BATASUNA
DALLE LEGGI REPRESSIVE SPAGNOLE, HANNO MESSO A DISPOSIZIONE
LA LORO LISTA PER LA LOTTA DEL POPOLO BASCO

I risultati dei Paesi Baschi sono una


grande tragedia per la Spagna. Cos
lex premier Aznar commentava i risultati delle elezioni per il rinnovo
del Parlamento autonomo basco.
Motivo della reazione sconsolata dellex uomo forte di Madrid stato lingresso nelle istituzioni autonome del
piccolo e finora sconosciuto Partito
Comunista delle Terre Basche Euskal Herrialdeetako Alderdi
Komunista (EHAK).

EHAK

AGGIRA

L A PA RT H E I D P O L I T I C O

Come gi in passato, la lista di


Batasuna era stata rispedita al mittente dagli uffici elettorali in quanto
fuori legge. Ma anche la lista composta da tecnici, intellettuali e artisti, alcuni dei quali estranei alla storia della sinistra patriottica, Aukera
Guztiak (Tutte le opzioni), stata
vietata, in quanto ritenuta da magistrati e servizi segreti unemanazione di Batasuna. E questo nonostante che tale lista avesse come
unico programma politico la difesa
del diritto che spetta ad ogni opzione politica e a chi la difende di
partecipare liberamente ai comizi
elettorali, di intervenire politicamente nella difesa dei diritti civili e
politici, individuali e collettivi di
Euskal Herria, e di appoggiare le

iniziative che avvicinino la risoluzione del conflitto politico per


mezzo del dialogo.
allindomani della sentenza del
Tribunale costituzionale spagnolo
che ribadisce lesclusione di Aukera
Guztiak perch subordinata alla disciplina di ETA, che entra in scena
EHAK. Il 2 aprile, durante una conferenza stampa, i capolista della formazione politica fino ad allora passata inosservata affermano che, di
fronte a uno scenario di apartheid
politico nel quale a un enorme settore della societ basca viene impedito di partecipare alle elezioni, il
partito rinuncia al proprio programma elettorale per assumersi il
compito di portare nelle istituzioni
autonome la richiesta di risolvere il
conflitto basco attraverso la via negoziale.
L8 aprile la direzione collettiva di
Batasuna, inizialmente orientata
verso lindicazione del voto nullo
come nelle elezioni statali del 2004,
dopo aver consultato circa 5000 militanti in 180 riunioni, decide di
chiedere il voto per EHAK perch
" l'unica scheda e l'unica opzione
legale esistente in assoluta sintonia
non col criterio ideologico e politico di Batasuna, bens col processo
di superamento del conflitto politico ed armato. Di li a poco sia
Aukera Guztiak che alcuni gruppi
della sinistra comunista basca e spa-

gnola la rivista B o l t x e b i k e, La
Corrente Rossa, Euskal Herriko
Komunistak e il Partito Comunista
dei Popoli di Spagna decidono di
fare lo stesso.
La possibilit che dopo anni di
esclusione forzata dalle istituzioni la
Sinistra patriottica basca possa aggirare la Legge sui partiti varata
dal PP e dal PSOE nel 2002 allarma
sia i popolari, che basano la propria
campagna elettorale sulla richiesta
ossessiva di mettere fuori legge anche EHAK, sia i partiti autonomisti
e nazionalisti baschi che, se a parole
continuano a reputare antidemocratica una legge che esclude dal
gioco democratico una delle forze
politiche pi rappresentative, avevano per sperato di poter far man
bassa dei voti di Batasuna e conquistare cos la maggioranza assoluta.
Il PSOE, nonostante le assicurazioni
che i servizi segreti e la magistratura
stanno facendo il possibile per
escludere anche EHAK, si trincera
dietro al cavillo legale secondo cui
EHAK sarebbe stata gi indagata nel
2002 e giudicata non legata allETA.
Ma la mancata messa fuorilegge
della lista comunista diventa argomento di polemica al vetriolo contro il PSOE, accusato di tollerare gli
indipendentisti per impedire ai nazionalisti moderati di stravincere.
I pi si aspettavano per EHAK un risultato poco pi che simbolico; a

61

Maggio Giugno

Internazionale

quanti seggi avrebbe potuto aspirare una formazione politica sconosciuta, senza neanche una sede o
un sito web, con cos pochi militanti
da dover riempire le liste con candidati improvvisati, messa in croce
ed esclusa dai grandi mezzi di comunicazione perch accusata di
non condannare esplicitamente
lETA? E invece il risultato di EHAK
stato tuttaltro che simbolico: pi
di 150.000 voti e 9 seggi, il che lo trasforma in una forza politica centrale
nel Parlamento autonomo.

COMUNISTI

E INDIPENDENTISTI

Chi sono questi comunisti baschi?


Non certo quelli della locale sezione
di Izquierda Unida, che si affrettata a negare ogni legame con questa formazione e che anzi ha rimproverato aspramente la sua ex deputata Angeles Maestro che aveva
invitato a sostenere EHAK.
EHAK nata nel 2002, quando alcuni militanti della coalizione indipendentista di sinistra Euskal
Herritarrok decisero di unirsi ai
transfughi del PC Basco ufficiale
per dar vita a un partito che, allinterno del movimento indipendentista, privilegiasse il cambiamento sociale e la lotta contro il liberismo.
Il partito la derivazione parziale di
Euskal Herriko Komunistak, una
corrente che ha partecipato al congresso di rifondazione della sinistra
patriottica tra il 2000 e il 2001, che
poi port alla fondazione di
Batasuna, con la mozione Igitaia ta
mailua (Falce e martello). La fondazione ufficiale di EHAK da parte
di alcuni militanti di EHK deriv anche dal fatto che lapprovazione nel
2002 della Legge sui partiti con lo
scopo di mettere fuori legge
Batasuna rendeva necessario lasciarsi aperta qualche strada legalmente percorribile.
Oggi di EHAK fanno parte alcune
decine di persone, molte delle quali
militano anche in EHK, che come
corrente comunista parte integrante del Movimento Basco di
Liberazione Nazionale, cio di quel
vasto panorama di forze politiche,
62

sociali, sindacali ed associative che


lottano per un Paese Basco riunificato, indipendente e socialista. Altri
militanti di EHK, invece, non aderiscono a questa formazione politica, che daltronde fino ad aprile
non aveva praticamente svolto nessuna attivit pubblica o quasi. EHAK
ha finora rappresentato pi che altro lesigenza da parte di alcuni settori indipendentisti di non abbandonare la chiave di lettura marxista
della realt e di controbilanciare lorientamento di alcune forze, allinterno del MLNV, verso un socialismo identitario eccessivamente
vago.
Nel suo statuto EHAK rivendica la
lotta di classe come elemento de trasformazione rivoluzionaria, il diritto allautodeterminazione e lunit politica del popolo basco, la
realizzazione del socialismo attraverso la dittatura del proletariato,
leliminazione progressiva dello
Stato, del capitale e delle classi sociali (El Pas, 9-4-2005).
In unintervista concessa al giornale
della sinistra indipendentista Gara
l1-8-2004, alcuni dirigenti di questo
partito affermano: Il socialismo instaurato dalla Rivoluzione Sovietica
del 1917 stato in tutto superiore al
capitalismo. Riferendosi a Izquierda Unida affermano che il problema di fondo non il letargo ideologico, ma il pentitismo di molti quadri rivoluzionari che hanno cercato
una sistemazione personale allinterno del mercato. EHAK denuncia
il riformismo e gli oppone la necessit della distruzione del modello politico e sociale vigente: le riforme occorre realizzarle nella prospettiva di
costruire uno Stato democratico dei
lavoratori e non uno stato capitalista
dal volto umano.
Jokin Elarre e Javier Ramos rivendicano la traiettoria storica del MLNV
come fonte della propria legittimit
ideologica allinterno della sinistra
patriottica: "lobiettivo di molte generazioni di combattenti patrioti a
partire dagli anni 60, a causa del
quale hanno dovuto soffrire la repressione sulla propria pelle, il
conseguimento di unautentica societ socialista, cio senza classi, ba-

sata sul potere popolare, senza sfruttatori n sfruttati, allinterno di uno


Stato basco sovrano" (Gara 27-122003).

LI B E R A Z I O N E

NAZIONALE

E LIBERAZIONE SOCIALE

EHAK rappresenta una tendenza


che ha sempre animato il movimento basco di liberazione fin dai
primi decenni del XX secolo, a partire dal fondatore del Partito
Comunista Basco Jesus Larraaga,
fino ad arrivare al dirigente di HASI
(Partito Socialista Rivoluzionario
del Popolo) Santi Brouard e al dirigente di Euskadi Ta Askatasuna Jos
Miguel Bearan Ordeana
Argala, entrambi assassinati dagli
squadroni della morte spagnoli negli anni 70-80. Una tendenza basata sulladozione del marx i s m o
come teoria sulla quale e attraverso
la quale costruire un movimento
che coniughi liberazione sociale e
liberazione nazionale come due
facce della stessa medaglia.
Per noi non pu esistere una liberazione del popolo che non passi
per la sconfitta degli interessi della
borghesia, per quanto autoctona
essa possa essere, a favore degli interessi delle classi popolari. Non
siamo idealisti n crediamo che esista in Euskal herria solo un problema di oppressione nazionale.
Anzi, siamo convinti che non saranno certo i nazionalisti (del PNV)
a guidare il processo di liberazione,
a causa degli interessi che li vincolano allo Stato che ci opprime,
hanno dichiarato nel 2001 alcuni
esponenti di EHK, riaffermando
che non pu esistere alcuna Unit
Popolare basca che non veda al suo
interno i comunisti.
Non si pu comprendere lexploit
di EHAK senza considerare loriginalit dellUnit Popolare basca,
che da decenni riesce a tenere insieme correnti politiche anche abbastanza distanti tra di loro: alcune
nazionaliste tout court, altre socialiste, altre ambientaliste, altre comuniste e marxiste. In nemmeno 15
giorni i quartieri e i villaggi del

Maggio Giugno 2005

Paese Basco, le universit e i luoghi


di lavoro si sono riempiti di manifesti e di simboli con la stella rossa.
Meeting politici improvvisati hanno
affollato gli stadi di pelota, che rappresentano il centro della vita sociale di ogni sperduto villaggio di
montagna. Migliaia di attivisti si
sono dedicati al porta a porta, affinch tutta la base sociale della sinistra indipendentista identificasse
in EHAK una forza da sostenere. E
dopo tanti anni le bandiere rosse e
lInternazionale sono tornate a rappresentare lidentit di una sinistra
basca che, pur avendo sempre mantenuto una chiara e netta identit di
sinistra, ha invece dato poco spazio
alle simbologie tipiche della tradizione comunista.
In molti, sia allesterno che allinterno del Paese Basco, ritenevano
proprio il carattere direttamente
comunista dellidentit di EHAK il
principale ostacolo per la sua affermazione elettorale. Un pregiudizio
che possiamo riassumere con le parole del ministro basco della
Giustizia, del Lavoro e della
Previdenza Sociale
Joseba
Azkrraga: Non tutto il voto di
Aukera Guztiak trasferibile al
PCTV, poich se il voto di Aukera
stava pi vicino a quello che storicamente Batasuna, ho dubbi che
un partito col nome 'comunista'
possa avere tutto quellelettorato
per s, perch c' anche un cons e rvatorismo importante dentro
quel collettivo e sicuramente a molti
si torceranno le budella al pensiero
di dover votare un'opzione politica
con quel nome.
Limpressionante risultato di EHAK
dimostra quanto poco i dirigenti del
PNV conoscano il popolo che governano per conto di Madrid. Se
forse vero che alcune piccole frange
dellelettorato abertzale hanno
scelto altre opzioni (ad esempio
Aralar, una formazione sorta da una
scissione di destra socialdemocratica e pacifista di Batasuna, che ha
ottenuto il 2,3% e 1 seggio), anche vero che la stragrande maggioranza degli elettori di Batasuna ha
accolto con entusiasmo linvito a votare comunista, laddove per comu-

Internazionale

nista non sintende la sezione locale


di una Izquierda Unida che propone un modello politico rinunciatario e decaffeinato. Lo sottolinea
lex membro della Direzione di
Herri Batasuna, Floren Aoiz: La parola comunismo rappresenta idee
belle e ammirevoli per milioni di
persone. Non possiamo lasciare
questo patrimonio nelle mani di
una sinistra addomesticata e debole (Gara, 9-4-2005).
I 150.000 che il 17 aprile hanno
messo nellurna il simbolo di EHAK
hanno dimostrato di non essere intimoriti dalla falce e martello, di essere razionalmente di sinistra, internazionalisti e indipendentisti,
ha scritto la storica Alizia Sturtze.
Se vero che la Sinistra patriottica
ha sempre tenuto in secondo piano
i contenuti comunisti della propria
identit politica, anche vero che la
sua strategia si basa sullinscindibile
legame tra liberazione nazionale e
liberazione sociale, e questo fin
dalla V Assemblea di ETA del 1966,
la stessa che approv una definizione di identit basca tuttaltro che
escludente, checch ne dicano i critici progressisti dellindipendentismo basco: basco chi vive o vende
la propria forza lavoro nel Paese
Basco. Daltronde chi confonde lidentit politica di Batasuna col nazionalismo o addirittura col leghismo compie un grosso sbaglio, visto
che nel contesto basco sono i partiti
di osservanza spagnola a rappresentare il nazionalismo, mentre la
Sinistra patriottica incarna unesigenza di liberazione che cesser di
essere nazionale dal momento in
cui il popolo basco vedr riconosciuta la propria sovranit.
Operando un parallelismo con lo
slogan Patria o muerte di Fidel Castro, il dirigente comunista Javier
Ramos afferma che perfettamente possibile e plausibile difendere
lidentit storica, culturale e
linguistica del popolo basco senza
per questo essere nazionalisti (Gara 27-12-2003). Per il MLNV la lotta
di liberazione nazionale di Euskal
Herria non altro che la manifestazione locale di una lotta globale
contro il sistema capitalista mon-

diale. A chi accusa i patrioti baschi


di egoismo nazionale, basta ricordare limpegno e in alcuni casi il sacrificio di migliaia di loro in tutte le
lotte di liberazione degli ultimi secoli, dalle lotte di indipendenza dei
popoli dellAmerica Latina, in
Nicaragua, Honduras, Salvador negli anni 70 e nel Venezuela di oggi.
Gi il Coordinamento socialista patriottico, organo dirigente collettivo delle diverse organizzazioni del
Movimento di Liberazione, ribadiva
nel 1992: La nostra pratica immersa, essenzialmente, nella lotta
mondiale dellumanit contro il
Capitale (...) siamo obbligati a scegliere tra il comunismo o il caos.

A D E S S O L A PA C E .

G I U S TA

Lidentit marxista-leninista di
EHAK dovr necessariamente modularsi sulle esigenze pragmatiche
di gestione di una fase politica caratterizzata, per la prima volta dopo
anni, dallopportunit dellavvio
dun processo negoziale tra popolo
basco e Stato spagnolo. I 9 eletti comunisti dovranno rappresentare le
rivendicazioni di tutta la sinistra indipendentista finora espulsa dalle
istituzioni.
Daltronde, la capacit di tenere insieme una progettualit strategica
rivoluzionaria e una tattica pragmatica ci che ha permesso a Batasuna di resistere in questi duri anni
di repressione e di resuscitare allinterno delle istituzioni, mentre
dal punto di vista sociale e politico
il protagonismo della sinistra indipendentista, seppure illegale, non
mai venuto meno. La messa fuori
legge operata dalla classe politica
spagnola e dal supergiudice Garzon
nel 2002 stata battuta nei fatti. In
questi ultimi tre anni Batasuna
stata il motore della proposta sociale e politica di cambiamento dello status quo. Praticamente ogni settimana decine di migliaia di persone scendono in piazza animando
un conflitto a tutto campo: per la liberazione dei prigionieri politici,
per la fine dellapartheid politico,
contro lalta velocit e gli inceneri63

Internazionale

tori, contro la privatizzazione e lo


smantellamento dei cantieri navali
pubblici, contro lapertura domenicale degli esercizi commerciali,
contro loccupazione della Palestina e dellIraq, per la piena ufficialit della lingua basca.
La classe lavoratrice basca ha sempre lottato e continuer a lottare in
modo esemplare contro loppressione e lo sfruttamento. Nel 2004 il
61% delle giornate di lavoro perse
per sciopero in tutto lo Stato spagnolo si sono avute nel Paese basco.
Il 20 febbraio, stato soprattutto
grazie alla mobilitazione della sinistra indipendentista se in Euskal
Herria il No alla Costituzione europea ha raggiunto quota 31%, cio
esattamente il doppio che nel resto
dello Stato.
N la repressione n la messa fuori
legge di numerose organizzazioni
sociali e politiche, n la chiusura di
quotidiani e di radio hanno eliminato la sinistra basca dalla scena politica. Con unalta capacit di mobilitazione politica e sociale nonostante la criminalizzazione,
Batasuna ha non solo saputo evitare
una deriva militarista che molti temevano (e alcuni auspicavano), ma
ha anche dimostrato ai partiti nazionalisti moderati che il suo elettorato non cos facile da conquistare. I 150.000 voti e il 12,5% sono
pi dei 143.000 voti e del 10,1% che
ottenne Euskal Herritarrok nel
2001: un incremento importante se
si considera il tasso di astensione di
10 punti pi alto rispetto a 4 anni fa
e il fatto che allepoca non esisteva
Aralar. EHAK si afferma come terza
forza politica nella provincia di
Donostia-San Sebastian con il 18%,
sottraendo consensi a Izquierda
Unida nella cintura rossa di Bilbao,
laddove pi forte la precariet e il
disagio sociale e dove pi forti sono
state le critiche alla gestione clientelare dellassessorato alla casa da
parte del comunista Madrazo.
Lunico altro partito a guadagnare
consensi stato il Partito socialista
basco di Patxi Lopez, sullonda del
successo nazionale di Zapatero ma
anche di un discorso politico che

64

per la prima volta da anni si differenziato da quello dei Popolari. Nel


2001 Popolari e Socialisti si erano alleati tentando il colpaccio la conquista del potere nella Comunit
autonoma basca , ma erano stati
sconfitti, generando una reazione
di indignazione nellelettorato che
era confluito massicciamente sulla
coalizione tra i partiti nazionalisti
moderati PNV-EA. Questa volta i socialisti hanno detto fin dallinizio di
non essere interessati a un governo
con la destra e di essere disponibili
ad una riattualizzazione dello statuto di autonomia, il che ha permesso al PSE di passare dal 17,9 al
22,6% e da 13 a 18 seggi, mentre il
PP crollato dal 23,1 al 17,3% e da
19 a 15 seggi. I nazionalisti moderati si sono dovuti invece accontentare del 38,6% e di 29 seggi, contro
il 42,7 e i 33 seggi del 2001.
I due blocchi quello baschista e
quello spagnolista hanno pi o
meno mantenuto le proprie posizioni, con unimportante redistribuzione interna. Al contrario di
quanto hanno affermato i grandi
quotidiani, non stata sconfitta la
proposta di una maggiore autonomia avanzata dalle forze di governo
nazionaliste, anzi. Il voto soberanista cresciuta dal 52,8 al 53,4%, al
quale bisogna aggiungere buona
parte dellelettorato di Izquierda
Unida che rifiuta il centralismo di
Madrid. Laffermazione di EHAK
dimostra invece che una buona
fetta dellelettorato basco pretende
una riforma vera dello Statuto di autonomia che stato varato 25 anni
fa proprio per frustrare le aspirazioni del popolo basco allautodeterminazione. Per questo, a sorpresa, il 30 dicembre 3 dei 6 deputati indipendentisti hanno permesso lapprovazione da parte del
Parlamento autonomo del Plan
Ibarretxe, prendendo in contropiede un PNV che sperava nella bocciatura del proprio progetto per poter salvare la faccia (ci abbiamo
provato ma...) senza per alterare
un equilibrio che fino ad ora ha privilegiato la Democrazia cristiana basca, da sempre ago della bilancia.

Maggio Giugno

Col Piano Ibarretxe la borghesia basca ha cercato di alzare il tono della


polemica con la borghesia centralista, perch interessata ad una quota
maggiore di potere economico.
Nonostante le accuse sia dei popolari che dei socialisti, secondo cui
quello Ibarretxe sarebbe un piano
separatista, in realt il PNV non
vuole lindipendenza, n il suo
Piano la prevede. Perch allora
Batasuna ha appoggiato il contraddittorio progetto di libera associazione con Madrid teorizzato dal governatore basco? Perch altrimenti
le forze politiche che compongono
il governo regionale avrebbero accusato della bocciatura la sinistra
abertzale, andando poi a trattare al
ribasso con il PSOE per un probabile governo di coalizione. E ci a
patto che il leader del PNV ritirasse
il Piano che porta il suo nome e si
affidasse invece, per il superamento
dello Statuto dautonomia, a
Zapatero, che va ripetendo di essere
lunico in grado di riformare le
Autonomie regionali senza sfasciare la Spagna.
Inoltre il Plan Ibarretxe, pur non
rappresentando una chiara via duscita dal conflitto perch lascia irrisolti i nodi che lo alimentano, nel
suo preambolo contiene comunque i punti chiave della soluzione:
il principio dellautodeterminazione, il riconoscimento dellunit
territoriale di tutte le province basche, limpegno a sottoporre il
piano allapprovazione popolare
tramite referendum.
La sinistra patriottica si quindi impossessata del Plan Ibarretxe dandogli un significato di rottura dello
status quo, e al tempo stesso ha presentato alla societ basca una proposta organica di risoluzione pacifica del conflitto. Denominata
Orain bakea, orain herria (Ora la
pace, ora il popolo), la proposta
basata su due tavoli separati di negoziazione: uno tra le forze politiche, sociali e sindacali basche per
concordare uno scenario condiviso
da sottoporre poi alla cittadinanza
attraverso un referendum; laltro
tra lETA e gli Stati spagnolo e fran-

Maggio Giugno 2005

cese attinente esclusivamente alla


smilitarizzazione del conflitto, ai
prigionieri, ai deportati, ai rifugiati
e alle vittime. Rispetto alla precedente proposta, che nel 1998 port
allaccordo di Lizarra Garazi e ad
una lunga tregua unilaterale di
ETA, quella attuale non prevede la
creazione di un fronte nazionalista
basco da opporre al nazionalismo
spagnolo, bens di un contesto politico in cui, in assenza di violenza,
ogni forza politica possa adeguatamente difendere il proprio progetto politico senza esclusioni.
Da parte sua lETA ha pi volte affermato di essere disposta ad ogni
tipo di iniziativa pur di avviare uno
scenario senza violenza. Ma lorganizzazione armata ha anche dimostrato di essere capace di colpire
ovunque, come quando a dicembre
ha fatto esplodere contemporaneamente degli ordigni in diverse citt
spagnole e alla Fiera di Madrid a poche ore dalla visita del Re. Da due
anni lETA ha smesso di mietere vittime e ha proclamato una tregua in
Catalogna; anche per questo,
quando Batasuna ha presentato il
suo piano di pace in molti hanno
parlato di una debolezza tale da costringerla a venire a patti col governo. Ma lETA vuole dimostrare
che se vuole negoziare per scelta
e non per disperazione.

IL

Z A PAT E R O S A R
B L A I R S PA G N O L O ?

A questo scenario il governo Zapatero sta rispondendo positivamente, anche se con molte contraddizioni. Sicuramente il passo pi importante stata la rottura del Patto
Antiterrorista con il Partido Popular. Il 17 maggio il governo ha ribadito la volont di arrivare ad una soluzione negoziata del conflitto, ed
ha ottenuto dalla maggioranza parlamentare il mandato per aprire
una trattativa con lETA, a patto per che lorganizzazione deponga subito le armi. Tanto bastato per far
gridare il PP allo scandalo, accusando Zapatero di dar fiato ai terroristi e di parlare lo stesso lin-

Internazionale

guaggio di Batasuna.
Sia i buoni risultati elettorali di
EHAK e del PSOE, sia un sondaggio pubblicato da El Pais secondo
cui il 61,4% degli spagnoli favorevole all'inizio di un negoziato, ci dicono che le condizioni affinch il
negoziato parta veramente ci sono
tutte. Il problema di capire se e
quanto il Partito socialista disposto a rischiare in questa impresa. E
finora i segnali lanciati dal PSOE
non sono molto incoraggianti.
Zapatero si difeso dalle accuse di
Rajoy ricordando che non si pu dubitare dellimpegno del suo governo in fatto di lotta al terrorismo,
dato che in circa un anno sono state
arrestate per presunta appartenenza o relazione con ETA pi di
170 persone. Se da una parte
Zapatero ha ritirato le truppe spagnole dallIraq (ma le ha spedite in
Afghanistan) e ha intrapreso una
lotta contro la Chiesa per la laicizzazione della societ, dallaltra non
stato affatto tenero con la sinistra
indipendentista, anzi: manifestazioni elettorali, politiche e sindacali
caricate dalla polizia e disciolte con
la forza, centri sociali chiusi e addirittura demoliti, poliziotti mandati
a strappare le bandiere basche dai
Municipi della Navarra. radio comunitarie in attesa di essere cancellate dalletere perch farebbero
concorrenza sleale alle radio commerciali, monaci benedettini settantenni arrestati perch considerati postini dellETA. Questo il
quadro di un Paese Basco assediato
e sottoposto ad uno stato di eccezione permanente, in cui decine di
persone ogni anno denunciano
luso della tortura da parte delle
forze di sicurezza. E mentre potrebbe partire una trattativa storica,
attraverso il dossier 18/98, procede implacabile la repressione giudiziaria di tutte le organizzazioni
politiche, sociali, culturali ed economiche considerate a torto o a ragione legate al movimento basco
per lautodeterminazione. Un macrodossier basato sul Te o r e m a
Garzon, assurdo quanto pericoloso: chiunque condivida le aspira-

zioni ad un ordine politico e sociale


diverso da quello costituzionale
deve essere considerato un terrorista, e in quanto tale punito. Per i giudici qualunque collettivo o giornale
o partito si richiami agli obiettivi politici o culturali della sinistra patriottica da considerarsi unemanazione diretta dellETA.
chiaro che in questo contesto di
repressione selvaggia non pensabile lavvio di un negoziato che finalmente elimini lo scontro armato
dal conflitto basco. Zapatero ha offerto la sua disponibilit alla trattativa, ma sa benissimo che chiedere
il disarmo preliminare dellETA
una condizione inaccettabile, tant che nulla di tutto ci stato chiesto da Blair quando parecchi anni
fa avvi le trattative con lEsercito
Repubblicano Irlandese. L E TA
non compie pi attentati mortali da
due anni, e questo un segnale inequivocabile della volont di arrivare
ad un compromesso che, necessariamente, la vedr prima o poi deporre le armi. Ma anche vero che
il compromesso non pu che essere
basato su concessioni reciproche, e
fino ad ora Zapatero non ne ha operata alcuna. Le condizioni minime
per lapertura di una seria trattativa
oggi non possono che riguardare almeno la sospensione della Legge
sui partiti e linizio del riavvicinamento alle loro famiglie dei 720 prigionieri politici baschi dispersi in
decine di carceri a migliaia di km da
casa, tra laltro in violazione della
stessa legge spagnola.
Se il governo Zapatero disponibile
a questi passi minimi lo si vedr entro pochi mesi, e lestate potrebbe
essere la stagione buona. Sempre
che i poteri di fatto che governano
la Spagna dopo la morte di Franco
e nonostante il colore politico dellesecutivo Monarchia, Chiesa, Esercito, imprenditori, grande stampa non si accorgano che il prezzo
da pagare per la normalizzazione
del paese troppo alto per i propri
interessi, e non decidano di tornare
alle vecchie e sperimentate maniere
dellera Aznar e di quella Gonzalez
prima.

65

Maggio Giugno

Internazionale

La vittoria della rivoluzione arancione


in Ucraina (e quella a met
della rivoluzione dei tulipani
in Kirghizia) ha dato
ulteriore impulso alloffensiva
imperialista nello spazio post-sovietico

di Mauro Gemma

Busch e loffensiva
delle rivoluzioni
colorate attorno
alla Russia
IL VOLTO DELLUNIPOLARISMO USA NEI RECENTI VIAGGI DI BUSH
RICE: OBIETTIVO LESPORTAZIONE DELLA DEMOCRAZIA

E DELLA

AMERICANA NELLO SPAZIO EX SOVIETICO E IL DEFINITIVO


ISOLAMENTO DELLA

omera largamente prevedibile, la


vittoria della rivoluzione arancione in Ucraina (e quella a met
della rivoluzione dei tulipani in
Kirghizia 1) ha dato ulteriore impulso alloffensiva imperialista
nello spazio post-sovietico, dissipando ogni dubbio sui reali obiettivi della campagna avviata dallamministrazione Bush a sostegno dellesportazione dei valori della democrazia occidentale negli stati dellex URSS: da un lato il definitivo assoggettamento degli stati della CSI
agli interessi economici e geopolitici della massima potenza imperialista e, dallaltro, il totale disinnesco
delle capacit competitive della
Federazione Russa, attraverso lassalto diretto al potere politico, da
realizzarsi probabilmente addirittura (come molti segnali lascerebbero ad intendere) con lestromissione dello stesso attuale gruppo dirigente di Mosca.
Nel marzo scorso il nuovo leader
ucraino Juschenko ha suggellato il
proprio trionfo con una serie di
viaggi in Occidente e, in particolare,
negli USA, dove al termine di una
serie di incontri con il presidente
americano ha avuto modo di esplicitare con inequivocabile chiarezza
la funzione che gli viene attribuita
dai padroni occidentali del suo
paese. Basta in proposito leggere il
testo del comunicato congiunto ri-

66

RUSSIA

lasciato al termine della sua visita:


Impegniamo anche le nostre nazioni a
sostenere insieme le trasformazioni, la democrazia, la tolleranza e il rispetto reciproco in tutti i paesi attraverso il regolamento pacifico dei conflitti in Georgia
e Moldavia e la promozione della libert
in paesi come la Bielorussia e Cuba .
Accomunando Bielorussia e Cuba,
il nemico storico nel cortile di casa
USA, Juschenko lascia chiaramente
intendere quali saranno le direttrici
della politica estera dellUcraina rivoluzionaria, che nutre velleit di
leadership regionale nellambito
della nuova alleanza. Scrive lintellettuale marxista russo Dmitrij Jakushev: Le continue dichiarazioni di
Juschenko in merito al fatto che
lUcraina pronta a diventare leader regionale, vale a dire il principale gendarme locale, fanno pre s a g i re enormi
s c i a g u re a tutti i vicini, nonch allo
stesso popolo dellUcraina La politica
estera (di Juschenko) porter a un duro
confronto con la Russia e la Bielorussia,
fino alla creazione di alleanze militari,
prima di tutto con la Georgia e la
Moldavia, dirette contro la Russia e le
repubbliche ad essa amiche della
Transdnistria, dellAbkhazia e
dellOssezia 2.
A distanza di pochissime settimane
dallincontro Bush-Juschenko c
stato il viaggio del Segretario di
Stato USA Condoleeza Rice a
Mosca. Nelloccasione, abbando-

nata ogni ipocrisia diplomatica, la


dirigente USA ha inteso esprimere
con brutalit le finalit della sua visita, provocando tra laltro una durissima reazione della controparte
russa. Incontrando in aperto spregio di ogni etichetta nella stessa capitale russa gli esponenti della tanto
insignificante quanto prepotente
opposizione democratica bielorussa e assicurandole il proprio contributo morale e materiale ( di questi giorni uno stanziamento americano di decine di milioni di dollari
a sostegno delloffensiva democratica in Bielorussia), la responsabile
della politica estera USA ha addirittura indicato precise scadenze temporali (le elezioni del 2006) come
nuova tappa della politica aggressiva indirizzata al rovesciamento di
quello che attualmente considerato il principale alleato della Russia
nellambito della Confederazione
degli Stati Indipendenti e il pi conseguente sostenitore delle esigenze
di integrazione economica, politica
e militare dello spazio ex sovietico:
il presidente bielorusso Aleksandr
Lukashenko.
Abbattuto lultimo bastione della
CSI che con ostinazione si oppone
ai progetti di espansione della NATO verso est, non si frapporrebbe
pi alcun ostacolo in direzione di
Mosca. In tal modo, dopo lingresso
di tutti i paesi dellEuropa orientale

Maggio Giugno 2005

e baltica nellalleanza nord-atlantica e il definitivo sbilanciamento in


senso filo-occidentale dellUcraina,
la Russia verrebbe a trovarsi completamente sguarnita sul versante
europeo, con una virtuale linea del
fronte fissata a poche centinaia di
chilometri dalla capitale federale.
Certo, il cammino verso Minsk potrebbe rivelarsi pi difficile del previsto. In Bielorussia il consenso attorno alle scelte operate negli ultimi
anni da Lukashenko pare, secondo
le testimonianze pi obiettive, ben
pi vasto di quanto non cerchino di
far credere le operazioni propagandistiche occidentali 3 che, in generale, parlano della presenza di un
oppressivo regime dittatoriale. A tal
proposito vale la pena citare lanalista russo Jurij Krupnov che, intendendo smentire le argomentazioni
largamente utilizzate per giustificare il pressing in corso ai danni
della Bielorussia, osserva: La repubblica di Belarus rappresenta attualmente il leader indiscusso nello spazio
dellex URSS. Persino coloro che non
amano il regime politico al potere in
Bielorussia o il suo presidente non possono negare levidenza. A differenza di
tutte le altre ex repubbliche dellURSS,
sotto la direzione di Lukashenko la
Bielorussia stata in grado di conservare le realizzazioni del periodo sovietico
e di avviare una prudente e assennata
ristrutturazione delleconomia e del sistema sociale. Lanno scorso leconomia
della Bielorussia rientrata nei parametri raggiunti dalla Bielorussia sovietica del 1990 (nella Federazione Russa
si pensa di realizzare tale obiettivo nel
giro di dieci, quindici anni). La quota
delle esportazioni di macchinari e tecnologie e il PIL superano di alcune volte
gli analoghi indicatori della Federazione
Russa. Nella repubblica stata conservata interamente la rete delle strutture
sanitarie e degli istituti scolastici e vengono sostenute con la massima cura le
infrastrutture di base () Nella repubblica assente qualsiasi scontro nella
sfera civile, etno-nazionale o religiosa, la
gente vive dignitosamente e dispone di
un lavoro 4.
A qualcuno questa analisi potr anche sembrare eccessivamente otti-

Internazionale

mistica. Ma una cosa certa. Se tale


quadro corrispondesse a verit, e se
il consenso plebiscitario di cui apparentemente ha goduto Lukashenko in questi anni tra i settori
meno privilegiati della popolazione
e in particolare nelle campagne non
rappresentasse solo unoperazione
di propaganda di regime, allora il
tentativo di estromettere la dirigenza bielorussa potrebbe non essere una passeggiata, e lintera
Europa rischierebbe di trovarsi di
fronte a scenari imprevisti e drammatici a causa del probabile coinvolgimento diretto in una nuova impresa di Washington. Daltronde
anche la Russia non sembra certo
intenzionata a scaricare con leggerezza lultimo alleato sicuro che
le rimane (con il quale vincolata
da un patto di Unione, che dovrebbe sfociare nellunificazione
tra i due paesi), come testimoniano
le pi recenti prese di posizione
dello stesso presidente Putin.
Lalleanza stata consolidata in un
recente incontro tra Putin e Lukashenko a Soci, sul Mar Nero, al punto che il leader bielorusso, anche
per sottolineare lavvicinamento
oggettivo in corso tra i due paesi, ha
voluto ringraziare pubblicamente
le autorit russe per il sostegno senza
precedenti che ci stanno accordando nellarena internazionale5.
Del resto, la Rice non ha mancato
di accompagnare costantemente i
suoi attacchi alla Bielorussia con
una serrata polemica nei confronti
della stessa amministrazione russa,
lasciando chiaramente intendere
qual il vero bersaglio strategico
della campagna doriente di Washington. Confortata dal sostegno
del solito coro di associazioni umanitarie (Reporters sans frontires
le ha indirizzato una lettera aperta
per chiedere un suo pesante intervento) il cui compito sembra essere
sostanzialmente quello di offrire
giustificazioni etiche ad ogni iniziativa aggressiva dellimperialismo, la
Rice si esibita nella solita sequela
di recriminazioni in merito alla regressione della democrazia in Russia, alla persecuzione del mal-

versatore Khodorkovskij (definito


prigioniero politico del Cremlino) e alla concentrazione eccessiva di poteri nelle mani di Putin.
In questo caso la Rice, pi prosaicamente, aveva in mente la decisione che, in quegli stessi giorni,
Putin aveva assunto incaricando il
governo russo dellelaborazione,
entro il primo novembre prossimo,
di un disegno di legge volto a limitare laccesso dei potenziali investitori stranieri ai settori e alle infrastrutture legati alla sicurezza nazionale, allindustria per la difesa e ai
monopoli naturali, e della preparazione di una lista di giacimenti strategici, il cui sfruttamento verrebbe
concesso esclusivamente a compagnie nazionali.
In seguito le intenzioni aggressive
nei confronti di Minsk sono state
confermate dallo stesso presidente
Bush nel corso del suo ultimo viaggio europeo. Ma Bush non si limitato a questo. Evocando gli spettri della guerra fredda, Bush ha azzardato una provocazione senza
precedenti nei confronti dellinterlocutore russo impegnato nei preparativi delle celebrazioni della vittoria contro il nazi-fascismo.
Parlando a Riga, di fronte ad interlocutori che non esitano a riabilitare il passato nazista delle dirigenze baltiche, quasi accusando di
vilt il suo predecessore Roosevelt
per non aver avviato la guerra contro lUnione Sovietica, Bush arrivato al punto di definire un errore
persino il patto di Yalta concluso
dalle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale, dando evidentemente ad intendere che oggi
egli non esclude affatto la possibilit di riprendere la guerra allora interrotta per assestare un colpo definitivo allo storico nemico. S i a m o
alla sostanza di una dichiarazione di
guerra con lobiettivo di un impero mondiale. Il disegno annunciato questo.
Finita la guerra fredda, si stanno mettendo le premesse per unazione di conquista, ha giustamente fatto notare
in un suo editoriale su il manifesto
Valentino Parlato 6.
Non poi certo casuale che Bush ab-

67

Internazionale

bia concluso il suo giro di visite proprio a Tbilisi, capitale della Georgia
uscita dalla prima delle rivoluzioni
colorate, la cosiddetta rivoluzione
delle rose. Con Saakashvili, al di l
dei discorsi di circostanza sulle conquiste democratiche del nuovo governo del disastrato paese caucasico
(di fronte ad una folla in realt di
molto inferiore alle aspettative, a testimonianza di quanto stiano sbollendo gli ardori rivoluzionari
della prima ora), il presidente USA
ha definito i particolari della stretta
cooperazione in corso tra i due
paesi, in vista dellormai quasi certo
ingresso della Georgia nei ranghi
della NATO. Lo ha poi confermato
il 10 maggio davanti ai giornalisti di
tutto il mondo convenuti nella capitale georgiana. Per rendere pi rapidi i tempi dellintegrazione nei
meccanismi dellalleanza nord-atlantica, qualche settimana prima
della visita di Bush il parlamento
georgiano aveva chiesto al governo
un pronunciamento unilaterale in
merito al ritiro integrale delle truppe russe che stazionano nelle due
basi di Batumi, sul Mar Nero, e di
Akhalkalaki, al confine con lArmenia gi a partire dal gennaio del
2006, nel caso non venga raggiunto
un accordo a riguardo con Mosca,
che, invece, ha annunciato di avere
in programma la chiusura delle installazione entro un lasso di tempo
non inferiore a 11 anni. Una vera e
propria provocazione quella delle
autorit georgiane, che non ha mancato di aumentare il gi incandescente clima delle relazioni tra i due
stati e che si aggiunta alla mancata
presenza di Saakashvili alle celebrazioni di Mosca.
La visita di Bush, che non poteva che
assumere il significato di un ulteriore sfacciato atto di sfida nei confronti di Putin, si proponeva in realt di ottenere assicurazioni circa il
grado di realizzazione degli obiettivi stabiliti dal cosiddetto Piano di
azione individuale per il partneriato (IPAP), in base al quale la Georgia si solennemente impegnata a
modernizzare il proprio apparato
militare, in linea con i requisiti ri-

68

chiesti per ladesione allalleanza


nord-atlantica. Dal 2002 al 2004 gli
USA hanno stanziato 64 milioni di
dollari per progetti di assistenza militare e hanno inviato oltre 200
esperti per addestrare lesercito
georgiano (i cui effettivi dovrebbero passare da 16.000 a 23.000
unit), destinato prevalentemente
oggi a supportare le forze USA impegnate in vari scenari bellici, a cominciare da quello iracheno (tra
laltro, proprio nel momento in cui
assistiamo al ritiro dei soldati di altri paesi), ma che, domani, potrebbe costituire un agguerrito contingente sul fronte del Caucaso, in funzione anti-russa, finalmente in grado di risolvere alla radice lo spinoso
problema delle repubbliche separatiste amiche di Mosca, dell
Abkhazia e dellOssezia del Sud.
Non inoltre un mistero che il versante georgiano della catena caucasica costituisce ormai da anni il retroterra logistico delle attivit militari del terrorismo ceceno, che a
differenza di quanto sostengono alcuni propagandisti dei diritti
umani che invocano irresponsabilmente un massiccio coinvolgimento dellOccidente a fianco della
resistenza cecena e lamentano il
silenzio della comunit internazionale gode del massiccio sostegno
di apparati politici e militari negli
USA, in Europa e in Turchia, nonch delle oligarchie russe7.
C da dire che, al pressing americano sulla Russia, si aggiunge naturalmente quello rappresentato dallintensificazione delle attivit del
variegato fronte interno coordinato dai gruppi oligarchici estromessi da Putin che non nasconde
la propria intenzione di rimuovere
dal potere, in un modo o nellaltro,
il presidente e gli uomini a lui pi
vicini. A tal proposito appaiono di
un certo interesse i probabili, inquietanti futuri scenari descritti in
un articolo di Mikhail Cernov, giornalista dellagenzia RBC. Vi si possono leggere considerazioni di questo tenore: Un tentativo di estromettere dal potere il presidente della Russia
Vladimir Putin verr realizzato entro la

Maggio Giugno

primavera del 2008. Di ci convinta


la maggior parte degli esperti, indipendentemente dalle personali simpatie politiche I giocatori cominciano a puntare. Recentemente lo ha fatto il proprietario del gruppo Menatep Leonid
Nevslin, che ha dichiarato che sosterr
lex primo ministro Kasjanov (estromesso da Putin e definito Juschenko russo, si autocandidato alla
presidenza). Se avr bisogno di aiuto,
naturalmente siamo pronti Gli oligarchi hanno detto pora ( arrivato
il momento, slogan della rivoluzione arancione di Kiev), occorre
passare allazione, e sono passati allazione. Cernov sottolinea come, attraverso il finanziamento di movimenti politici di destra e di sinistra
e facendo leva su ambienti della
stessa amministrazione presidenziale e del partito di governo Russia
Unitaria (e non neppure escluso che
alla guida delle sinistre possa venirsi a
trovare lo stesso Mikhail Khodorkovskij,
che ha avuto modo di meditare in carcere sugli errori commessi dagli oligarchi
russi), si intenda sferrare un attacco
simultaneo da entrambi i fianchi
Lobiettivo dei processi avviati la ris t rutturazione dello spettro politico
russo, la creazione di un sistema che
possa rappresentare uno strumento efficace per lulteriore destabilizzazione
della nave Stato Russia, fino al punto
di farla aff o n d a re Tale schema potrebbe funzionare molto efficacemente:
una parte si occuperebbe della lotta parlamentare, mentre i reparti combattenti
scenderebbero dietro a parole dordine incitanti al rovesciamento del potere nei
maydan (il luogo simbolo della rivoluzione arancione ucraina) di Mosca e
di San Pietroburgo 8.
Se quanto denuncia Cernov fosse
vero, non ci vuole molta fantasia per
immaginare quale alternativa a
Putin si stia preparando. Non certo,
dunque, un impetuoso sviluppo dei
processi democratici e una fuoruscita da sinistra (oltretutto in presenza di un movimento comunista
ed operaio ai suoi minimi storici, incapace di iniziativa di massa, e solcato da profonde divisioni), ma,
piuttosto, la rivincita della borghesia compradora e il probabile av-

Maggio Giugno 2005

vento alla direzione del paese di


uno Juschenko russo (non importa se Kasjanov o altri), linterruzione drastica dei processi di riappropriazione da parte dello stato
delle risorse strategiche, la fine di
una politica estera indipendente
che contribuisca a fare da contrappeso allegemonia USA, e il conseguente veloce assorbimento negli
ingranaggi delle alleanze occidentali. La ripresa, insomma, del corso
filo-occidentale e perf e t t a m e n t e
funzionale agli interessi imperialistici avviato con la vittoria controrivoluzionaria dellagosto del 1991,
proseguito per quasi un decennio
con tenacia (ed esiti disastrosi) dal
clan Eltsin e interrotto con la penosa uscita di scena del suo capofila
e laffermazione della politica nazionalista di Putin (non priva di richiami, non solo strumentali, al passato della potenza sovietica, la cui
caduta stata proprio da lui definita
la pi grande tragedia geopolitica
del XX secolo), tesa a riaffermare
un ruolo di primo piano per la
Russia nellambito di una dimensione multipolare delle relazioni internazionali.
Per tutte queste ragioni, ci permettiamo allora di dubitare che linsieme
del movimento antimperialista mondiale possa trarre qualche utile da simili sviluppi della situazione.

Internazionale

Note

1 Del parziale fallimento della rivoluzione dei tulipani condotta con dovizia di mezzi e di personale forniti dallamministrazione e dalle fondazioni USA che ha portato alla destituzione del presidente kirghiso Askar Akayev sembra convinto lo
studioso cubano Rodolfo Humpierre Alvarez, del
Centro di Studi Europei, quando afferma che: esistono ragioni per pensare che tale strategia
(dellAmministrazione USA) questa volta ha
presentato serie lacune, in ragione delle quali i risultati non sono stati gli stessi degli esperimenti precedenti () Non esistono i presupposti politicoideologici, n tanto meno religiosi () Non si pone
il dilemma a favore della Russia o dellOccidente
(). Bakiev (il presidente provvisorio) ha confermato il proposito non solo di mantenere ma anche
di sviluppare le buone relazioni con la Russia. e ha
sollecitato aiuto materiale () La Russia ha promesso ed ha iniziato immediatamente ad inviare
aiuti () Possiamo affermare che le incertezze derivanti dalla futura evoluzione degli avvenimenti
in Kirghizia, sommate alle reiterate assicurazioni
date dalle nuove autorit circa il mantenimento e
lo sviluppo dei legami con la Russia, fanno registrare al momento differenze sostanziali rispetto a
quanto avvenuto nelle altre rivoluzioni dei colori attuate nello spazio postsovietico (). La
Kirghizia come parte della Teoria del Domino,
http://www.cubasocialista.cu, aprile 2005. La
versione italiana in www.resistenze.org - popoli resistenti kirghisia 06-05-05

USA, in http://www.resistenze.org/ - popoli resistenti russia 27-04-05


3 Va segnalato il particolare attivismo delle varie
ONG umanitarie, religiose, ecc. (compresi gruppi
organizzati italiani) che, dopo avere operato in
Serbia, Ucraina, Georgia e Kirghizia, oggi stanno
convergendo massicciamente in Bielorussia.
4 Jurij Krupnov, Perch la Bielorussia non diventer la Kirghizia?, http://www.contrtv.ru
/common/1110/
5 http://left.ru/2005/7/yakushev124.phtml
6 il manifesto, 10 maggio 2005. C da dire che
altri esponenti della sinistra alternativa non
sembrano prendere nemmeno in considerazione la
lucida analisi formulata dal giornalista de il man i f e s t o. il caso, ad esempio, di Salvatore
Cannav (Liberazione, 10 maggio 2005) che, a
dispetto dellevidenza e sottovalutando le velleit
egemoniche ed espansioniste, con tratti fascisti, dellattuale amministrazione USA, appare persuaso
che allultimo insidioso attacco di Bush alla Russia
possano solo seguire accordi e mediazioni che permettano ai due progetti di rimanere complementari
e di non scornarsi troppo.
7 Sullentit del massiccio sostegno americano e occidentale al terrorismo ceceno: John Laughland,
The Cechens American friends, The Guardian,
8 settembre 2004, http://www.guardian.co.uk/
comment/story/0,1299318,00.html
8 Mikhail Cernov, Come cercheranno di rovesciare

2 http://left.ru/2005/7/yakushev124.phtml. La
traduzione della seconda parte dellarticolo di
Dmitrij Jakushev, con il titolo Juschenko negli

Putin, http://www.contrtv.ru/common/1091.
La traduzione in italiano in www.resistenze.org popoli resistenti - russia - 03-05-05

69

Maggio Giugno

Dibattito

Gli eventi del 1989-91


furono comunque il prodotto
di uno scontro politico e di classe
tra forze filocapitaliste e filosocialiste
in cui queste ultime,
il pi delle volte ingloriosamente,
soccombettero

A ventanni
dalla Perestrojka

di Andrea Catone

GORBACIOV E LE RAGIONI DELLA FINE DELLURSS:

UN CAMPO ANCORA TUTTO DA INDAGARE NEI SUOI FATTORI INTERNI,


ESTERNI E SOGGETTIVI, CON RIGORE

entanni fa, l11 marzo 1985,


Michail Sergeevic Gorbaciov diventa segretario generale del PCUS.
Sei anni dopo, il 23 agosto 1991, si
dimette da segretario, qualche
giorno dopo il Soviet Supremo
dellURSS sospende le attivit del
partito, disciolto il 6 novembre da
un decreto di Boris Eltsin, presidente della RSFSR (si chiamava ancora cos: Repubblica socialista federativa sovietica russa); il 25 dicembre 1991 si dimette da presidente dellURSS; alla mezzanotte
del 31 dicembre 1991 lURSS cessa
di esistere. Gorbaciov continua la
sua carriera nella Fondazione
Gorbaciov e, dopo aver prestato la
sua immagine per qualche spot
commerciale e qualche trasmissione televisiva, si rende di recente
protagonista di una provocazione,
insieme con Vaclav Havel, ai danni
di Cuba.
Sulla statura morale, politica, intellettuale del personaggio non vi sono
molte parole da spendere. Non vi
in lui n grandezza, n tragicit, n
dignit, che pure avrebbero dovuto
albergare in chi posto alla testa di
un partito e di uno stato determinanti per le sorti del mondo assiste alla loro dissoluzione. Dopo aver
accettato senza opposizione la fine
del partito di cui era segretario generale e dello stato il pi esteso
stato del mondo di cui era presi-

70

dente, non gli riservato in sorte n


lesilio di SantElena dopo una
Waterloo pi rovinosa di quella subita da Napoleone, n la tragica fine
di Ceausescu o la morte in prigione
di Honecker. Egli continua bellamente a galleggiare senza dignit
nel sottobosco politico e massmediatico che i vincitori dellURSS,
grati per il ruolo che ha svolto nella
distruzione del primo paese socialista al mondo, gli hanno graziosamente concesso.
C poco da dire anche sulle responsabilit politiche gravissime
di chi, assuntosi il compito di dirigere uno stato, lo ha condotto in pochi anni allo sfascio, con il conseguente immiserimento di massa che
ha provocato centinaia di migliaia
di vittime e un arretramento di decenni. Il nome di Gorbaciov indissolubilmente legato alla fine
dellURSS e del campo socialista.
Per lURSS questa fine implica non
solo il crollo di un sistema economico-sociale costruito allindomani
della rivoluzione dOttobre il socialismo reale ma anche la disgregazione di uno stato plurinazionale, di un grande spazio culturale
e politico comune, in cui si muovevano persone di oltre 140 nazionalit. Si trattato dunque di una duplice dissoluzione.
La questione che ancora oggi, a ventanni dallinizio dellera Gorba-

ciov e a 14 dalla fine dellURSS, rimane aperta, non tanto quella


della responsabilit indiscutibile
di chi con la sua dissennata direzione politica ha condotto al baratro quel primo paese socialista che,
invaso nel 1941 dal pi forte esercito dEuropa, aveva saputo resistergli e contrattaccare, quanto
quella di stabilire se quellesito fosse
inevitabile, storicamente necessario, determinato dalle condizioni
interne e internazionali in cui
lURSS si era venuta a trovare negli
anni 1980. Questione complessa e
controversa, perch, come cinsegna un vecchio detto, la storia non
si fa con i se. Eppure, questione
da non eludere, soprattutto da
parte di chi, marxista e comunista,
concepisce e svolge la sua attivit
teorica e pratica in funzione della
trasformazione socialista della societ.
La tesi pi in voga a destra e a sinistra che la societ sovietica
che Gorbaciov propone di ristrutturare con la p e re s t rojka fosse talmente decotta, economicamente
stagnante, sfibrata e malata, da rendere irrealizzabile ogni seria riforma e inevitabile, una volta allentati i freni del controllo e della repressione degli oppositori, la sua
implosione. Gorbaciov, insomma,
avrebbe soltanto agito da apprendista stregone, che, sollevando il

Maggio Giugno 2005

coperchio di una societ compressa


e in sotterranea ebollizione,
avrebbe liberato i demoni della dissoluzione, accelerando, al pi, con
la sua azione, una fine oramai segnata: per lURSS il tempo era definitivamente scaduto, la societ era
irriformabile. La vulgata corrente
vuole un Gorbaciov riformatore arrivato troppo tardi col treno della
storia. Le implicazioni storiche e
teoriche di questa tesi sono evidenti: una condanna senza appello
nei confronti del socialismo reale
cio del modo in cui si sono realizzate le trasformazioni socialiste in
URSS e nellest europeo , cui consegue la proposta politico-teorica di
troncare i legami con la tradizione
e il modello del comunismo del
900, volgendosi ad altre tradizioni
e modelli. Se infatti il sistema del socialismo reale era irriformabile e
dunque condannato alla dissoluzione del 1989-91, quella strada totalmente sbagliata e impercorribile.
E impercorribili sono anche i presupposti che hanno condotto alle
societ del socialismo reale: la conquista del potere politico, la trasformazione in propriet statale e
cooperativa dei mezzi di produzione (fabbriche, terra), la pianificazione. Non un caso che i sostenitori della tesi dellormai irriformabile socialismo reale abbiano
prestato scarsa attenzione alle vicende della perestrojka e a quelle
del campo socialista. Lestrema rapidit e simultaneit del crollo del
sistema politico ed economico su
cui le societ est-europee erano
state edificate sembra mettere autorevolmente la parola fine a qualsiasi possibile indagine sui percorsi
compiuti. La questione, cos, pu
essere rapidamente archiviata,
senza preoccuparsi troppo delle vicende interne al PCUS, dei movimenti nella societ sovietica, delle
pressioni e condizionamenti internazionali, che pure hanno avuto un
peso determinante nella dissoluzione dellURSS. Infine, se le rivoluzioni del 1989-1991 sono state
storicamente necessarie, vanno
allora considerate un momento di

Dibattito

liberazione dellumanit, che ha


aperto la strada ad una nuova era e
vanno salutate come una nuova
primavera dei popoli, senza nessun rimpianto o nostalgia per il
vecchio mondo scomparso. Il loro
segno, secondo questa tesi, progressivo.
Su questultimo punto si pu almeno ragionevolmente dissentire.
La distruzione di una compagine
statale plurinazionale quale era
lURSS, che era riuscita a trovare faticosamente nel travaglio della storia la strada per unificare un immenso spazio tra Europa e Asia con
centinaia di lingue e culture diverse, non mai un progresso per
la civilt. Lo sfascio che ne seguito
ha provocato un arretramento pauroso, basti pensare alla denatalit,
alla riduzione della speranza di vita,
alla morte per fame e miseria di milioni di anziani, alla prostituzione
dilagante, allemigrazione forzata e
a tutti i sommovimenti cui ancor
oggi assistiamo nello spazio ex sovietico dallUcraina alla Kirghisia,
su cui si allunga la lunga mano degli USA. Non si pu non vedere
come questo sfascio abbia costituito
un potente fattore di arretramento
generale nel corso della storia mondiale. Ha prodotto una miriade di
situazioni incontrollabili, una miseria endemica, uomini da buttare,
ha creato frontiere l dove prima
cera uno spazio unificato e una
koin linguistico-culturale che non
annullava le specificit dei singoli
popoli, ma consentiva comunicazione e scambio tra loro. Nei paesi
dellEst europeo sono oggi nuovamente dominanti le forme economiche capitalistiche, disuguaglianze sociali inimmaginabili, fuga
verso i paesi dellovest, che oggi
chiudono le loro porte a popolazioni, spinte dal bisogno economico ad accettare i lavori pi umilianti e sottopagati in condizioni servili. Inoltre, la dissoluzione
dellURSS, che, nonostante alcune
scelte di politica estera non lineari,
costituiva comunque una retrovia
per le lotte anticoloniali e antimperialiste dei popoli, ha favorito le-

spansione e lo strapotere degli USA,


che, liberi dal contrappeso militare
sovietico, si sono lanciati alla conquista del mondo imponendo una
guerra dopo laltra. Il mondo postsovietico non n pi libero, n pi
pacificato. Il segno complessivo del
rovesciamento dei regimi politici ed
economici verificatosi tra il 1989 e
il 1991 non affatto progressivo e
va considerato una grande sconfitta
per il movimento operaio.
Rimane tuttavia la questione circa
linevitabilit e necessit storica del
crollo di quegli edifici politico-sociali che, ancora nei primi anni 80,
apparivano alla maggior parte degli
studiosi sufficientemente solidi. Pur
disponendo oggi, a 15 anni di distanza, di diversi studi, non abbiamo
ancora mi sembra la ricostruzione analitica del quadro dinsieme che condusse allo sfascio
delle societ di tipo sovietico. Ci
che comunque emerge ineludibilmente il ruolo che ebbe in esso il
fattore soggettivo la direzione
politica, la dis-egemonia culturale e
ideologica e il fattore esterno, la
pressione militare ed economica
esercitata dagli USA e dalle altre potenze imperialistiche. La stagnazione economica e le pi o meno
grandi difficolt in cui le economie
socialiste vennero a trovarsi negli
anni 80 ebbero certamente un
peso, ma non possono essere considerate il fattore determinante, decisivo, dello sfascio di un sistema sociale e di uno stato plurinazionale.
Una prova a contrario ci data da
Cuba, che, pur trovandosi allindomani del 1989-91, quando si ridussero al minimo i rapporti commerciali con la Russia, in una situazione
economica ben pi precaria e difficile di quella che lURSS stava attraversando, riusc, adottando una
nuova politica economica e mobilitando le masse, a far fronte alla congiuntura e a mantenere le strutture
essenziali del potere socialista. In
quali condizioni di vita e di sicurezza sociale si troverebbe oggi la
popolazione cubana se fosse crollato il potere del partito comunista
sullonda lunga del 1989? Cuba re-

71

Dibattito

spinse la perestrojka gorbacioviana


e cerc una propria via autonoma,
che non smantellava e distruggeva
il potere politico conquistato con la
rivoluzione.
Limpiego del termine dissoluzione o implosione a proposito
degli eventi del 1989-91 di uso corrente, ma in qualche modo distorcente. Ci suggerisce lidea che
quanto accaduto sia dovuto essenzialmente ad una sorta di suicidio inconsapevole, di una perdita
di legami sociali che si sciolgono
perch non sanno e non possono
pi stare insieme, di un movimento
spontaneo di forze interne che,
prima aggregate, ora si disgregano.
Il modo con cui si realizzano le con-

Limpiego del termine dissoluzione


o implosione a proposito
degli eventi del 1989-91
di uso corrente, ma
in qualche modo distorcente

trorivoluzioni borghesi di questo


si tratta, poich chiedono democrazia liberale e mercato basato
sulla propriet privata , rapido e
apparentemente quasi senza scontro, senza grossa conflittualit, con
la ritirata o il suicidio politico (e in
certi casi non solo politico) dei partiti comunisti o con la loro autotrasformazione in partiti filoliberisti,
pu legittimare luso del termine
dissoluzione: piuttosto che sotto i
duri colpi di un nemico di classe, i
partiti comunisti al potere sembrano disintegrarsi per incapacit
di continuare ad esistere, come se
avessero improvvisamente perduto
la loro ragion dessere. questo laspetto pi emblematico dei rovesci
del 1989-91, quello che trasforma
una sconfitta in una catastrofe irrimediabile, in un fallimento gene-

72

rale. Perch un conto essere sconfitti combattendo contro forze soverchianti, come fu per i comunardi
di Parigi nel 1871, ben altro abbandonare il campo senza affrontare lo scontro, innalzando anzi le
insegne del nemico sulle proprie
bandiere. Tra il 1989 e il 1991 i partiti comunisti (o con nome socialista o lavorista) al potere nei paesi
dellEst si sciolgono o cambiano ragione sociale, denominazione e
programma. Tutto ci non deve tuttavia far perdere di vista il fatto che
gli eventi del 1989-91 furono comunque il prodotto di uno scontro
politico e di classe tra forze filocapitaliste e filosocialiste, in cui queste ultime, il pi delle volte molto
ingloriosamente, soccombettero.
Le casematte socialiste dellEuropa orientale e dellURSS furono
attaccate simultaneamente da pi
parti e non furono in grado di opporre una valida resistenza, si arresero e passarono nel campo nemico,
anche perch al loro interno erano
state infiltrate solide quinte colonne. Se non si tiene presente
questo dato fondamentale la contraddizione, la lotta di classe a livello
mondiale che interviene nel crollo
delle societ dellEst non se ne
comprende il processo generale, e
il tutto pu apparire soltanto come
un movimento di autodissoluzione
interna, senza alcun intervento, se
non marginale, di potenti forze
esterne.
Non cos, se solo si vogliono leggere i documenti dellamministrazione USA dei primi anni 80, in cui
il Pentagono dichiara a chiare lettere la sua strategia di smembramento dallinterno dellURSS. La
politica americana non pi concepita per stabilizzare la corsa agli
armamenti tra URSS e USA o per
fronteggiare le avanzate sovietiche
nel terzo mondo, ma tende ormai a
eliminare linfluenza sovietica nelle
zone periferiche e ad accelerare la
corsa agli armamenti fino al punto
in cui la pressione economica costringer lURSS a rinunciare alle
sue ambizioni di superpotenza. M.
Caspar Weinberger dichiara nel

Maggio Giugno

1982 al National Defense


University: Incoraggiamo cambiamenti politici e militari a lungo termine dellimpero sovietico, e ci
render pi facile la costruzione di
un ordine mondiale pi pacifico e
sicuro. La strategia del Pentagono
prevede di fomentare movimenti di
ribellione contro lautorit sovietica
nellEuropa dellEst. Tutti gli aspetti
della diplomazia americana vengono subordinati a questa offensiva
coordinata contro lURSS [1],
paese col quale, dichiara Reagan,
siamo in guerra [2]. La lotta contro limpero del male la priorit
delle priorit dellamministrazione
USA. I paesi europei devono subordinare le loro politiche commerciali alla lotta economica e tecnologica contro lURSS. Sono particolarmente indicative al riguardo le
strategie messe in atto dal FMI e
dalla CE nei confronti dei paesi europei dellarea del COMECON e in
particolare di quelli col pi alto debito estero, Polonia e Ungheria.
Il f a t t o re esterno lassedio economico, la corsa agli armamenti, una
politica di accresciuta tensione internazionale col preciso obiettivo di
disintegrare il blocco sovietico
gioca indubbiamente un ruolo importante negli eventi che portano al
crollo del 1989-1991. londa lunga
delloffensiva neoconserv a t r i c e .
Alla fine degli anni 70 il mondo
stava vivendo unimpetuosa fase di
trasformazione tecnologica e di pesanti mutamenti sul piano dei rapporti di forza tra le classi; il neoliberismo teorizzato e praticato dalla
Thatcher e da Reagan, attaccava i pilastri dello stato sociale, dellintervento pubblico in economia, che
pure aveva caratterizzato una lunga
fase del capitalismo postbellico, con
il capitalismo monopolistico di
stato: ogni forma di statalismo, di
presenza dello stato, era visto come
ingombrante ostacolo allo sviluppo
economico: meno stato pi mercato era lo slogan in voga, ampiamente ripreso anche a sinistra.
Pochi erano rimasti a difendere lintervento statale in economia. Le parole privatizzazione e mercato

Maggio Giugno 2005

divennero la page. Dopo la sonora


sconfitta subita alla met degli anni
70 in Vietnam e altri rovesci nel
controllo neocoloniale del mondo
Angola, Mozambico, Salvador,
Nicaragua che facevano parlare allora di un declino americano,
dopo la perdita del controllo
sullIran, in cui la rivoluzione komeinista aveva tolto loro la base preziosa di un subimperialismo nel
Golfo, i dirigenti USA passano ad
una controffensiva a tutto campo rivolta a riconquistare le posizioni
perdute, a riprendere legemonia
mondiale. LURSS considerata il
nemico principale, per la sua forza
organizzata, la sua capacit di tenere testa anche sul piano militare
agli USA, la sua forza dattrazione
verso i paesi del terzo mondo, il suo
sostegno alle lotte di liberazione,
ma anche la sua capacit dintessere
relazioni con lEuropa occidentale,
coronate dallAtto di Helsinki
(1975), che, favorito dalla Ostpolitik
di Willy Brandt, sanciva definitivamente la fine della II Guerra mondiale, lintangibilit dei confini da
essa scaturiti, unarea di pace nel
continente. Contro lURSS parte
unoffensiva a tutto campo, volta ad
isolarla e a metterla in difficolt: gli
USA aprono alla Cina popolare in
funzione antisovietica ( la fase in
cui i dirigenti del PC cinese denunciano limperialismo sovietico
come il pi pericoloso, attaccano
militarmente il Vietnam, sostengono, insieme con gli USA, i mujaheddin islamici afgani); intensificano la propaganda contro lURSS,
moltiplicano i finanziamenti alle
radio libere, lanciano una campagna sui diritti umani, trasformando ogni dissidente sovietico
in eroe da prima pagina. Offensiva
antisovietica enormemente favorita
dallelezione del papa polacco nel
1979, che avvia il suo pontificato
condannando il comunismo e sostenendo apertamente il sindacato
indipendente e in nuce partito politico Solidarnosc (che gi godeva
dellappoggio degli USA), punta di
lancia per la disgregazione del sistema di stati socialisti a partire

Dibattito

dallanello pi debole, la Polonia.


E, soprattutto, minacciano un riarmo senza precedenti, col progetto di scudo spaziale che toglierebbe a Mosca la deterrenza del nucleare. Nellarco di pochi anni, tra
la met degli anni 70 e i primi anni
80 lURSS messa alle corde, isolata diplomaticamente. Nulla le si
concede. Si pone lembargo sul
commercio di prodotti strategici, si
fomenta la sovversione interna
nelle sue periferie.
Ma sostenere che il crollo dell
URSS e delle democrazie popolari
non fu il prodotto di un processo di
dissoluzione spontanea di queste
societ e dei partiti comunisti che le
reggevano, ma il risultato di uno
scontro in cui i comunisti soccombettero di fronte ai capitalisti, non
pu costituire n un alibi n una
giustificazione per la sconfitta, che
va cercata nei fattori interni, nelle
grandi debolezze e nella crisi in cui
quelle societ si dibattevano.
LURSS, dopo grandi progressi e
ritmi di sviluppo accelerato nella ricostruzione postbellica e negli anni
60, incontrava crescenti difficolt
nellorganizzazione economica,
nella realizzazione effettiva dei
piani, e nella mobilitazione politica
delle masse, che aveva caratterizzato i primi decenni postrivoluzionari. Il sistema, figlio di una rivoluzione che aveva dovuto confrontarsi
quotidianamente con lemergenza,
era rimasto come congelato, lapparato amministrativo, che in uneconomia determinata dalla propriet pubblica inevitabilmente
pi ampio che nelle societ private,
appariva dominato da esigenze di
carriera e quieto vivere. Direttori e
maestranze nelle fabbriche avevano
poco interesse a realizzare prodotti
di qualit, e ci che guidava il loro
agire era prima di tutto ottenere
lapprovazione degli apparati superiori, cui si inviavano spesso e volentieri informazioni ritoccate e
truccate. La disciplina del lavoro era
allentata e precaria. La societ sovietica aveva perso il suo dinamismo
e viveva un periodo piuttosto grigio,
in cui il relativo benessere rag-

giunto, la sicurezza di servizi sociali,


di assistenza, di un salario, laccesso
gratuito alle scuole e universit,
compensava i vuoti degli scaffali dei
magazzini. Il sistema si era seduto su
se stesso e la classe dirigente sovietica appariva una gerontocrazia autoperpetuantesi. La stessa grande
capacit scientifica, frutto della rivoluzione socialista, che aveva lanciato lo sputnik e portato il primo
uomo nello spazio, rivelando al
mondo incredibili capacit e apparato tecnico industriale, appariva in
declino, i brevetti non venivano utilizzati. Il gap economico rispetto
alle impetuose trasformazioni negli
altri paesi si approfondiva: se Stalin
aveva industrializzato la Russia de-

Il sistema economico e politico


degli stati socialisti europei
costituitosi allindomani
della grande vittoria sovietica
sul nazismo viveva anchesso
notevoli difficolt

gli anni 30 comprando sul mercato


estero le nuove tecnologie disponibili, ora lapparato industriale sovietico era largamente obsoleto.
Queste difficolt interne non consentirono allURSS di cogliere sul
piano internazionale il successo
della sconfitta USA in Vietnam e
dellavanzata del movimento anticoloniale e antimperialista.
Il sistema economico e politico degli stati socialisti europei costituitosi
allindomani della grande vittoria
sovietica sul nazismo viveva anchesso notevoli difficolt. Diversi
paesi dellEst europeo conobbero
nei primi decenni della loro costituzione un grande sviluppo economico che li trasform da prevalentemente agricoli in industriali.
Tuttavia, il rapporto tra paesi socialisti era ancora un problema irri-

73

Dibattito

solto. Il campo socialista, attraverso il COMECON, riusc a coordinare in parte lo sviluppo economico, ma le deficienze della pianificazione in URSS e negli altri paesi
socialisti si riflettevano inevitabilmente ampliate nel coordinamento
tra questi paesi. In queste contraddizioni si inseriva la politica degli
USA, facendo leva sul nazionalismo
degli anelli pi deboli per incentivare spinte centrifughe e rompere
il campo socialista.
Tuttavia, alla met degli anni 70,
con tutti i limiti sommariamente su
esposti, il sistema sovietico si presentava ancora solido e stabile, i movimenti dei dissidenti erano marginali e non avevano, salvo che in

Quando Michail Sergeevic


assume la carica
di segretario generale
del pi grande partito comunista
del mondo lURSS
in una situazione internazionale
difficile, ma non disperata
Polonia, influenza di massa, mentre
lURSS brezneviana, come riconosceva lo stesso Zaslavsky, appariva
una societ del consenso organizzato. N si manifestavano problemi
etnici particolarmente gravi, in un
paese che contava oltre 140 diverse
nazionalit, unite nella comune patria sovietica. N i dati economici,
n quelli politici interni e internazionali lasciavano trapelare la possibilit di un collasso del sistema.
Quando Michail Sergeevic assume
la carica di segretario generale del
pi grande partito comunista del
mondo (circa 21 milioni di iscritti)
lURSS in una situazione internazionale difficile, ma non disperata.
Gli USA lattaccano e lincalzano
con la corsa agli armamenti, ma non
tutti i paesi europei seguono gli USA
su questa strada. Dopo la morte di
Breznev, nel 1982, lascesa a primo

74

segretario di Juri Andropov d una


forte scossa allapparato amministrativo e politico, propone alcune
riforme del sistema economico,
vara la legge sui collettivi di lavoro
dellimpresa, che rilancia la partecipazione dei lavoratori alla realizzazione del piano e alla gestione dellimpresa socialista. Lesigenza di
una riforma della direzione economica e politica profondamente
sentita da molti dirigenti del partito.
Larrivo di Gorbaciov, dopo la prematura fine di Andropov e il breve
intermezzo di Cernenko, viene dunque salutato come segno di volont
di rinnovamento, confermata dallet stessa, 30 anni di meno della
media dei gerontocrati.
E nei suoi primi discorsi da segretario generale questo che Gorbaciov
dichiara di voler fare, riproponendo un termine gi familiare nei
rapporti di partito, perestrojka,
quale ristrutturazione, rinnovamento della societ socialista, i cui
capisaldi storicamente definiti
propriet statale e cooperativa, pianificazione, ruolo dirigente del
PCUS non vengono assolutamente messi in discussione, al pari
dellatto fondativo dello stato sovietico, la rivoluzione dOttobre, ancora commemorata con rispetto nel
discorso del 70 anniversario.
Ma, al di l dei primi discorsi, vi
una pratica reale nella politica
estera condotta da Edvard
Shevardnadze che capovolge totalmente limpostazione che lo stato
sovietico si era data da decenni e che
si poteva ancora leggere in uno
scritto del precedente ministro degli esteri licenziato da Gorbaciov,
Andrej Gromyko, secondo cui i
principi cardine della politica estera
erano dati dalla base di classe e dall'internazionalismo proletario, che
si esplica nella difesa conseguente
degli interessi del socialismo mondiale, delle forze del movimento comunista e operaio internazionale,
dei movimenti di liberazione nazionale []. Quanto alla coesistenza
pacifica, essa una forma specifica
della lotta di classe, una competizione tra i due sistemi socio-econo-

Maggio Giugno

mici opposti, socialismo e capitalismo, che esclude il ricorso alla forza


militare[3]. Gorbaciov rifugge invece da una lettura di classe delle relazioni internazionali e parte dal
presupposto dellunit del mondo
interdipendente, che postula laccordo a qualsiasi prezzo, fino al disarmo unilaterale e alla resa senza
condizioni. una rottura di continuit con tutto il passato sovietico:
non vi sono contraddizioni antagonistiche tra capitale e lavoro; non vi
contrapposizione tra il sistema capitalistico e quello socialista, ma si
pu pensare ad una convergenza.
Nel suo libro, La perestrojka e il nuovo
modo di pensare per lURSS e il mondo
intero [4] scompare la categoria di
classe e si pone al centro un uomo
generico, destoricizzato, al di fuori
di una visione dialettica. Il socialismo non viene pi posto come prospettiva dellumanit, si tratta invece di trovare una via di mezzo tra
capitalismo e socialismo. Nel complesso, una paccottiglia di buone intenzioni, una sequela di luoghi comuni, labbandono dellarma della
critica marxiana. Un generico umanitarismo condito con buoni sentimenti, incapace di fare analisi di
classe, di individuare i termini del
conflitto, i rapporti di forza. Un disarmo ideologico stupefacente, se
solo si confrontano i discorsi gorbacioviani con i classici del marxismo. Scompare anche la categoria
di imperialismo, sostituita da quella
di impero. La teoria gorbacioviana
rifiuta lo scontro, predica il disarmo
unilaterale, e preferisce la resa. Si
tratt di un vero e proprio passaggio di campo teorico che disorienta
ideologicamente il paese. Questo
approccio alle questioni internazionali fu deleterio per lURSS: la non
violenza di Gorbaciov lasci campo
libero alla violenza unilaterale degli
USA (le prove generali furono fatte
nella prima guerra del Golfo, agli
inizi del 1991) e a quella del mercato capitalistico, che distrusse il sistema di protezione sociale, lasciando sul terreno milioni di immiseriti e morti per fame.
Se si guarda anche molto somma-

Maggio Giugno 2005

riamente alla politica estera sovietica condotta da Gorbaciov e


Shevardnadze, molti sono gli interrogativi che si pongono, primo fra
tutti quello relativo alla perdita del
campo socialista in Europa: essa
infatti non solo non fu ostacolata,
ma fu favorita e organizzata dal
gruppo dirigente gorbacioviano,
che accett praticamente senza contropartite persino la modifica dei risultati della Seconda guerra mondiale, faticosamente riconosciuti
nel trattato di Helsinki (1975), e
apr la strada come se si fosse combattuta e persa una terza guerra
mondiale alla formazione spesso
violenta di nuovi stati in Europa (le
guerre jugoslave degli anni 1990).
Gorbaciov oper attivamente per
delegittimare e scalzare tutti i dirigenti politici dei paesi dellEuropa
orientale che, da Praga a Berlino a
Bucarest, non accettavano la sua
svolta politica. In questo modo fu
creato il terreno per le rivoluzioni
del 1989. Il loro segno di classe
chiaro, si rovesciarono i regimi politici dellEst in nome del mercato e
della propriet privata capitalistici.
Queste rivoluzioni condurranno
questi paesi in ruolo subalterno
nelle braccia della NATO e della
UE.
Il fattore soggettivo, la direzione politica, lorientamento ideologico e
culturale, hanno giocato qui un
ruolo di primo piano. Non era assolutamente scontato, n tantomeno determinato dai rapporti di
forza internazionali, che questi
paesi dovessero passare armi e bagagli nel campo occidentale. Se ci
accadde in modo straordinaria-

Dibattito

mente rapido e inusitato, lo si deve


al combinarsi di due fattori che agirono prepotentemente sulla coscienza di massa: da un lato, unazione culturale promossa dallalto,
di delegittimazione non solo delle
deformazioni del socialismo ma del
socialismo in quanto tale, dallaltro
lazione consapevole e organizzata
di gruppi ben sostenuti dalle centrali esterne, impegnate come attestano i discorsi di Weinberger a
promuovere la sovversione nei paesi
dellEst: mentre gli aggressori demolivano, i difensori si autodemolivano. Nessun potere pu reggere in
queste condizioni.
Limpatto della perdita del campo
socialista in Europa orientale segna un punto di non ritorno per la
situazione in URSS, dove lagonia
dura ancora due anni. A partire dal
1988, la politica del segretario del
PCUS non si muove pi in direzione
di una riforma del socialismo, contro le sue degenerazioni, evidenti
sempre pi nel rapporto dirigentidiretti e nella gestione delleconomia, ma agisce come una clava contro tutto ci che si era faticosamente
realizzato nel corso di 70 anni di sacrifici e lotte. Il risultato la paralisi
e la disgregazione delleconomia,
che non ha pi un piano centrale,
e un disorientamento di massa rispetto alla propria storia e ai valori
socialisti, il radicalizzarsi delle
spinte nazionalistiche separatistiche, alimentate, in particolare nelle
repubbliche baltiche, dagli USA e
dal Vaticano.
La storia degli ultimi convulsi anni
di vita dellURSS tutta ancora da
scrivere. Evidenti sono risultate ne-

gli sviluppi storici successivi le connivenze con alcune centrali occidentali di Boris Eltsin, il demagogo
che, favorito dalle aperture della politica gorbacioviana e dai suoi mutamenti istituzionali presidenzialistici, conquista il controllo della pi
grande e importante repubblica sovietica, la Russia, usata come grimaldello per smantellare lURSS, il
PCUS e quanto di sovietico e socialista ancora rimaneva.
La crisi dellURSS e del campo socialista stata soprattutto culturale
e politica. Il fattore soggettivo, la capacit di direzione politica e culturale giocano nelle societ di transizione dal capitalismo al socialismo
un ruolo determinante. Poich i
paesi in cui si affermato un potere
politico che si propone di operare
per trasformazioni socialiste non
sono che casematte, avamposti
nello scontro mondiale tra capitalismo e socialismo, essi hanno bisogno di una costante direzione politico-culturale e mobilitazione consapevole delle masse per combattere lavversario di classe nel mondo
capitalista che li circonda e che
punta a prendere queste fortezze
dallesterno e dallinterno.
Lesito dei tentativi di transizione al
socialismo non predeterminato,
molto dipende dai fattori soggettivi,
dallideologia, dal grado di civilt,
di cultura politica e capacit critica
dei gruppi dirigenti e delle masse, il
che richiede un sistema politico che
favorisca quello che Gramsci chiamava progresso intellettuale di
massa, e che nellURSS degli ultimi
decenni si era invece grandemente
appannato.

75

Maggio Giugno

Dibattito

Analisi a confronto
delle strategie
internazionali delle due
grandi potenze

Cina-USA:
lo scontro
del XXI secolo

di Patrick Theuret
Direttore di Correspondances internationales

JUGOSLAVIA E IRAQ, TRA SCONTRO E COMPROMESSO.


IL PROBLEMA DI TAIWAN. I RAPPORTI CON I PARTITI DEL RESTO DEL MONDO.
LA LOTTA FRA CAPITALISMO E SOCIALISMO IN PROSPETTIVA

SECONDA

PA RT E *

Jugoslavia e Iraq: strategie alla prova


e strategie, anche quelle di lungo respiro, le si valuta meglio nel crogiolo dei grandi avvenimenti internazionali, sia che le si subisca o le si
provochi. il caso delle due pi
grandi crisi del decennio: la jugoslava e l'irachena. In merito se ne conoscono meglio posizioni e strategia americane che cinesi.
L'atteggiamento americano stato
relativamente semplice e leggibile,
scomponibile in tre fasi d'offensiva
pianificata, delle quali Jugoslavia ed
Iraq hanno rappresentato due casi
d'applicazione esemplari.
a) Una campagna mediatica rivolta
all'opinione pubblica mondiale : l'istruzione del processo.
b)Una campagna politica d'isolamento diplomatico: la costruzione
di un'alleanza politico-militare.
c)Un ultimatum seguito poi da
un'aggressione militare senza riguardi per il diritto internazionale:
la guerra.
Gli Stati Uniti si installano sempre volentieri al centro del dispositivo mediatico, politico e militare, assumendo senza complessi la propria
posizione egemonista. La Cina invece rimasta pi appartata, ma per
nulla assente. Essa ha difeso nel 1999
le posizioni della Jugoslavia, soprat-

76

tutto in merito alla sua integrit territoriale e sulla questione del


Kossovo. Nel corso della guerra, il
bombardamento dell'ambasciata cinese a Belgrado da parte della NATO
stato interpretato da tutti come un
avvertimento americano alla Cina, al
quale essa ha vivacemente reagito.
Alla fine della guerra la Cina stata
poi in prima fila nell'iniziativa di ricostruzione economica al fianco del
governo Milosevic.
Le relazioni della Cina con l'Iraq datano invece a partire dalla rivoluzione del 1958, che hanno inaugurato la lunga amicizia fra i due
paesi, come ha tenuto a sottolineare
il Primo ministro cinese durante la
visita ufficiale effettuata Bagdad il
28 gennaio 2002.
Pur sollecitando l'Iraq ad un'applicazione onesta delle risoluzioni del
Consiglio di Sicurezza dell'ONU
per togliere ogni pretesto agli Stati
Uniti , la Cina si fermamente opposta alla guerra insieme al fronte
formato da Russia, Francia e
Germania, avendo tuttavia cura nell'apparire soprattutto come un fedele sostenitore piuttosto che come
un candidato alla leadership di questo fronte. Manenere un basso profilo
e non assumere mai la leadership, secondo l'indirizzo espresso da Deng
Xiaoping. Alla Cina apparso allora
senza dubbio pi utile rompere il
campo capitalista, giocando sulle

sue rivalit interne, piuttosto che favorirne l'omogeneit.


Giudicando la situazione successiva
al conflitto convenzionale, la diplomazia cinese ne deplora in questi
termini il degrado: Tutte queste
azioni violente vanno imputate alle forze
anglo-americane. Gli Stati Uniti hanno
ostinatamente voluto scatenare la
guerra contro l'Iraq in disprezzo della
volont maggioritaria della comunit
internazionale
L'unitariet di Cina e Taiwan
La Cina rimane segnata dal ricordo
dell'umiliazione nazionale del passato , riflesso questo di un rapporto
con il tempo diverso da quello corrente in Occidente. Tale aspetto, in
apparenza strettamente nazionale,
ha un impatto diretto sulle relazioni
internazionali. Il modo in cui questo evolver, rappresenter il riflesso dell'esatto stato dei rapporti
di forza internazionali.
Le tracce del passato coloniale, che
rappresentano altrettante ferite pregresse nell'iniziativa della diplomazia cinese, hanno nome Ta i w a n ,
Hong Kong , Macao La guerra
fredda aveva cristallizzato la situazione Con l'avvio della politica
Un paese, due sistemi, destinato ad assicurare l'integrazione dei nuovi venuti nella Cina popolare con il mantenimento delle loro abitudini eco-

Maggio Giugno 2005

nomiche e politiche, Hong Kong


infine stata restituita dalla Gran
Bretagna il 1 luglio 1997 e Macao
dal Portogallo il 20 dicembre 1999.
L'evoluzione della Repubblica popolare cinese rende oggi i due sistemi meno incompatibili. Le differenze economiche sfumano, fino ad
apparire piuttosto come una differenza sul tipo centro-periferia, con
una periferia - come nel resto del
mondo - che pu sempre contare su
un potenziale alleato straniero, interessato a conservare la divisione della
Cina per meglio contenerla.
Ma il territorio pi importante della
Cina al di fuori dalla Cina popolare,
Taiwan, con i suoi 23 milioni d'abitanti , non fa parte di questo processo d'integrazione. Se, come a
Hong Kong, la Cina popolare pu
qui appoggiarsi alle forze della sinistra locali, queste tuttavia a Taiwan
sembrano essere pi modeste . Pi
recentemente invece l'ex rivale, il
partito Guomintang, ad essere favorevole all'unit della Cina ; ed
esso, come a Hong kong, riflettendo
i particolari interessi di una borghesia ormai meglio integrata con
la Cina continentale, rappresenta il
potenziale ma prudente maggior alleato. All'opposto, la Cina deve far
fronte ad una potente corrente indipendentista taiwanese, protetta
pi o meno apertamente dal
Giappone e dagli USA .
In proposito gli Stati Uniti sono, in
effetti, imbarazzati. Obbligati a riconoscere la legittimit della posizione cinese, soprattutto dopo il
successo - sino ad ora - dell'applicazione del principio un paese due sistemi , essi non possono sostenere
ufficialmente le mire indipendentiste n, al tempo stesso, abbandonare una posizione strategica tanto
vicina alla Cina continentale. Con il
Taiwan relations act del 1979 gli Stati
Uniti hanno garantito a Taiwan lo
status quo, contro l'abbandono del
suo riconoscimento internazionale.
Oggi qualsiasi dichiarazione d'indipendenza da parte di Taiwan sarebbe interpretata a Pechino come
una dichiarazione di guerra, e come
tale probabilmente verrebbe trat-

Dibattito

tata , coinvolgendo nel conflitto gli


Stati Uniti. Lo stato d'allerta permanente, come ha mostrato la crisi
dei missili nello stretto di Taiwan del
marzo 1996 e le diverse situazioni di
tensione durante tutto il 2004.
Nel suo bilancio diplomatico annuale, fra le difficolt nelle relazioni
con gli Stati Uniti la Cina ritiene
che: la questione di Taiwan ha assunto maggior rilevanza nelle relazioni
Cina-USA. Ignorando la forte opposizione cinese, il governo USA continua
ad incrementare i legami USA-Taiwan
e nel 2003 ha incrementato la vendita
di armi a Taiwan, creando ostacoli supplementari alle relazioni Cina-USA.
().
I diritti dell'uomo
Nel medesimo documento, inoltre,
la Cina deplora come nel 2003 gli
USA hanno continuato ad utilizzare il
problema dei diritti dell'uomo e della religione per ingerirsi negli affari interni
della Cina.
In effetti, la pressione diplomatica
statunitense sui diritti dell'uomo in
Cina costituisce uno degli argomenti forti miranti al contenimento
della sua influenza. Anche se la campagna diminuita d'intensit dopo
gli avvenimenti di Tian An Men, gli
Stati Uniti cercano sempre di far
condannare la Cina nelle varie
istanze internazionali. La Cina sottolinea dunque con enfasi i paesi
che. sostenendola su questa questione, le offrono un un forte segnale d'amicizia, al medesimo livello del sostegno dell'unicit della
Cina. Ma la Cina intende anche
agire in altri modi, cercando di far
venir meno agli Stati Uniti il diritto
di parlare senza complessi in nome
dei diritti dell'uomo. La Cina pubblica infatti lunghi rapporti sullo
stato dei diritti dell'uomo negli
USA, che rivelano tutte le discriminazioni, soprattutto sociali e razziali, presenti in questo paese.
Senza rischio di scontro militare?
in un simile contesto generale che
il 19 settembre 2004 il mondo ha ap-

preso che Hu Jintao, che gi da due


anni esercitava le funzioni di segretario generale del Partito comunista cinese e di capo dello Stato,
stato nominato al posto che gli attribuisce incontestabilmente la posizione di numero uno: quello di
Presidente della Commissione militare del Comitato centrale del
Partito comunista cinese ovvero
un ruolo politico-militare che richiama certamente le origini rivoluzionarie del PCC, ma che significa
anche che il PCC non s'immagina
di operare in un mondo privo di pericoli.
Del resto, forse che Georges Bush,
dall'altra parte del Pacifico, non
ama farsi chiamare Comandante in
c a p o e di mostrare, in Afghanistan come in Iraq, che non si tratta
affatto di un semplice titolo onorifico, trattandosi di due aree d'iniziativa che sono molto chiaramente
prossime alla Cina e alle sue fonti
d'approvvigionamento energetico.
Certo, contrariamente agli USA la
Cina non pi intervenuta militarmente dopo il 1979 (contro il
Vietnam), e non ha disseminato il
pianeta di basi militari. Pacifica, la
Cina ha conosciuto un quarto di secolo senza conflitti esterni, mentre
durante il primo quarto di secolo
della propria esistenza le sue truppe
si sono battute alle sue frontiere con
la Corea (52-53), l'India (62-63) e
l'URSS (69-70) In precedenza il
Partito comunista cinese era stato in
armi ininterrottamente per pi di
vent'anni, subendo la repressione a
Shanghai e la sconfitta del 1927, e
poi effettuando la faticosa lunga
marcia (34-35) prima di riuscire a
sconfiggere, in successione, prima
l'invasore giapponese (1937-45) e
poi il Guomintang (1945-49).
Se pure oggi, essendo ufficialmente
scartati da entrambe le parti i rischi
di guerra a breve termine, Stati
Uniti e Cina si scambiano dichiarazioni assolutamente pacifiche, tuttavia entrambi stanno in guardia.
Il rapporto all'ultimo Congresso del
Partito comunista cinese cela in proposito, per esempio, una valutazione velata e priva di illusioni: Una

77

Dibattito

nuova guerra mondiale non potrebbe


scoppiare in un prevedibile futuro.
quindi possibile mantenere per un tempo
assai lungo un contesto internazionale
di pace e di rapporti di buon vicinato.
Tuttavia, il vecchio ordine politico-economico internazionale, ingiusto e irrazionale, non ha avuto mutamenti di
fondo. I fattori d'incertezza, che possono
minacciare la pace e lo sviluppo, diventano sempre pi numerosi. I fattori di
minaccia per la sicurezza, sia di tipo tradizionale che non tradizionale, s'intrecciano, mentre il pericolo del terrorismo
s'aggrava. L'egemonismo e la politica
del pi forte si manifestano oggi sotto
nuove forme.
Se l'espressione di un emergere pacificamente della Cina lanciata da

Non possibile fare astrazione


dal fatto che alla testa della Cina
vi un Partito comunista
che continua a ritenersi tale

Hu Jintao in occasione del 110 anniversario della nascita di Mao


Zedong e ripresa dal Primo ministro
cinese durante un suo discorso ad
Harvard stata percepita in quelle
occasioni come destinata a rassicurare gli americani inquieti per i suoi
successi, essa in Cina ha invece suscitato un dibattito. In questo dibattito sono stati espressi alcuni distinguo, che sono stati interpretati
all'estero come l'espressione della
preoccupazione cinese a non smobilitare troppo scartando totalmente ogni ipotesi militare.
Un clima di pace sicuramente il
pi propizio allo sviluppo economico cinese, mentre il carattere rapace del capitalismo americano favorisce piuttosto l'espansionismo di
quest'ultimo. Tuttavia, in Cina

78

come altrove, il contesto pacifico


non ha unicamente ricadute civili,
ma ha pure una sua dimensione
strategica. La pace infatti rappresenta la condizione anche per lo sviluppo tecnologico e militare cinese.
Essa solamente garantisce i tempi
per colmare il ritardo cinese e per
ristabilire uno stabile equilibrio di
pace . Del resto il bilancio militare
cinese aumenta ai giorni nostri al
ritmo del 18% annuo , ossia due
volte pi velocemente del suo PIL.
Nessuno ha dimenticato che l'URSS
andata soccombendo in una corsa
sfrenata alla ricerca di una parit militare (reale o supposta) imposta dai
ben pi potenti Stati Uniti
d'America. Il peso di questa competizione militare costato proporzionalmente due o tre volte pi caro
all'URSS (a detrimento di un utilizzo interno alternativo) che ai suoi
avversari.
La capacit militare, quantitativamente e qualitativamente, resta un
portato della potenza economica e
tecnologica. Essa pure il risultato
di un fattore soggettivo. L'esercito
cinese comunque estremamente
politicizzato. Negli Stati Uniti tale
caratteristica non viene percepita
che come un handicap , pur non dimenticano affatto di condurre in
proposito una lotta ideologica. Si
soliti sottolineare la grande tradizione cinese in materia di strategia,
la pi antica che si conosca attraverso i celebri scritti di Sun Tzu, datanti probabilmente al IV secolo
prima di Cristo. In proposito molte
cose sono state scritte ed insegnate
a generazioni di cinesi, e i nordamericani sono ben lungi dall'ignorarlo, poich esse s'inspirano ad
esperienze generabilizzabili. Se il
nemico forte ed io debole, io mi ritiro
momentaneamente e mi guardo da qualsiasi scontro spiega Sun Tzu, il quale
scriveva pure che Se un nemico ha
degli alleati, il problema grave e la posizione del nemico forte. Se egli non ne
ha, il problema minore e la sua posizione debole . Vi sono pure secondo
Sun Tzu cinque casi nei quali la vittoria prevedibile, e almeno tre di essi
ricordano singolarmente i nostri

Maggio Giugno

tempi: quello in cui si sa quando bisogna combattere e quando non bisogna


farlo, quello in cui le truppe sono unite
a t t o rno ad un obiettivo comune,
quello in cui si prudenti e si attende
un nemico che invece non lo . La pace
e la guerra rappresentano sempre
due fasi di un medesimo conflitto.

U N A P O S TA I N G I O C O
D I N AT U R A I D E O L O G I C A ?
Il mondo resta ancora segnato dal
ricordo se non dalle tracce del vecchio conflitto USA-URSS. La guerra
fredda rivestiva una dimensione
ideologica praticamente sistematizzata. Vi forse qualche particolare
elemento del conflitto cino-americano tale da farlo apparire, rispetto
al precedente, cos civile e cos deideologizzato?
Relazioni da partito a partito
In primo luogo non possibile fare
astrazione dal fatto che alla testa
della Cina vi s un Partito comunista di certo totalmente implicato
con lo Stato, ma si pure obbligati
ad osservare quella che un azione
e una capacit sua propria di diplomazia. Se infatti non si pu dire che
questa contraddica la diplomazia
dello Stato, tuttavia essa non si confonde nemmeno con quella e, diversamente, offre alcune ulteriori
chiavi di comprensione della politica estera cinese.
Contrariamente all'ex PC sovietico
o al Partito del lavoro albanese, non
vi alcuna traccia in Cina di un tentativo per creare un proprio polo internazionale, e nemmeno di conferimento di un proprio marchio. Si
tratta del resto di una vecchia tradizione, poich anche ai bei tempi del
maoismo e della lotta contro il rivale
sovietico il PCC non ha mai veramente intrapreso la via della creazione di un raggruppamento dei
propri partigiani nel mondo. Il congresso del PCC, per esempio, non
era solito ricevere delegazioni straniere.

Maggio Giugno 2005

L'ultimo decennio tuttavia stato


caratterizzato da una notevole apertura, che ha messo fine a una situazione di quasi isolamento. Le relazioni internazionali conoscono
oggi una crescita esponenziale. Alla
fine del 2004 il PCC ha affermato
d'intrattenere relazioni con 400
partiti di 140 paesi, dei quali 100
partiti di 34 paesi sono asiatici.
Esaminando la lista vi si trovano sicuramente numerosi partiti comunisti, ma pure socialisti e molti altri
di tendenze assai diverse.
Dietro questo elenco sempre possibile leggere il calco dei rapporti
storicamente intessuti con gli stati e
la preoccupazione di non dimenticare fra essi nessuna grande formazione votata all'esercizio del potere.
Paradossalmente, dunque, significativo come fra i partiti comunisti
con i quali i dirigenti cinesi intrattengano relazioni non vi sono solo
quelli al potere o che detengono posizioni rilevanti (Sud Africa, Russia,
India, Giappone ...), ma come essi
non ignorino affatto formazioni
modeste, come ad esempio il Partito
comunista degli Stati Uniti o il
Partito del Lavoro del Belgio .
Rispetto ai partiti socialisti, il PCC
sembra dare una particolare importanza al fatto che essi siano riuniti in un'Internazionale. Il 17 febbraio 2004 un alto dirigente del
PCC, Huang Ju, ha incontrato il presidente dell'Internazionale socialista Guterres per proporgli - con successo - l'intensificazione dei rapporti bilaterali . Ma questa corrente
politica pure percepita in Cina
come espressione di una certa
Europa con la quale le relazioni dovrebbero strategicamente essere
rafforzate.
La pi significativa fra le recenti iniziative assunte dal Partito comunista cinese senza dubbio la 3a
Conferenza dei partiti asiatici, tenutasi dal 3 al 5 settembre 2004 a
Pechino (dopo quelle di Manila nel
2000 e di Bangkok nel 2002), riunendo 80 partiti politici di tutte le
tendenze. Un documento cinese
che giudicato da alcuni senza precedenti ha esposto una tipologia

Dibattito

dei partiti politici asiatici che ne rivela la griglia d'analisi. I partiti vi


sono suddivisi in cinque grandi famiglie, presentate in un ordine probabilmente rivelatore di un concentrico rapporto di prossimit.
1) I partiti che continuano a richiamarsi al socialismo e al comunismo e
fra i quali alcuni sono al potere in
Cina, Vietnam, Repubblica democratica
e popolare di Corea e Laos, mentre altri godono di una certa influenza sulla
vita politica del loro paese, fra cui
vanno citati i PC indiani, il PC UML
nepalese, quello tagiko, del Bangladesh, Sri-Lanka e Giappone.
2) I partiti socialddemocratici, come
il Partito rivoluzionario del popolo
mongolo, il Partito socialdemocratico del Giappone e il Partito
Laburista israeliano. Questi partiti,
scrive il documento, sono prossimi
ai partiti socialisti europei ma i loro
riferimenti teorici sono tuttavia fortemente influenzati dalle rispettive identit etniche e dalla loro terra natale.
3) I pi numerosi partiti nazional-democratici, fra i quali vengono citati
Il Partito del Congresso nazionale
indiano, il Partito popolare pachistano, il Baath siriano, l'UMNO
della Malaysia, il Partito della madre
patria turco e il Thai Rak della
Thalandia. Questi partiti in politica interna sono impegnati in uno
sforzo teso allo sviluppo economico nazionale, in modo da rafforzare il loro
paese. In politica estera si oppongono all'egemonia e alla politica di forza ed operano per un nuovo ordine economico e
politico pi giusto ed equo.
4) I partiti conservatori, come il Partito
liberal-democratico del Giappone, il
Partito della grande nazione coreana, il
Partito dell'unione nazionale dello Sri
Lanka, che hanno un profumo di
tradizioni liberali frammisto a influenze
nazionaliste.
5) I partiti determinati da un punto di
vista chiaramente religioso, come il
BJP indiano o il Partito della giustizia e dello sviluppo turco.
Anche se in questo ambito non vi
una reale simmetria con la situazione nordamericana, qui opportuno ricordare che il Partito repub-

blicano sia membro dell'internazionale conservatrice (l'Unione democratica internazionale), mentre per
quanto riguarda il Partito
Democratico esso con Bill Clinton
ha completato la strategia della
Terza via di Tony Blair penetrata in
seno all'Internazionale socialista.
E il capitalismo? E il socialismo?
Il conflitto cino-sovietico forse
stato sovraideologizzato, come si
pu pure avere la tendenza a banalizzare sia il confronto che lo spirito
di cooperazione attuali fra la Cina e
gli Stati Uniti. Tale rapporto cen-

Nelle relazioni tra partiti comunisti,


non vi alcuna traccia di un tentativo
del PC cinese di creare un proprio
polo internazionale

trale per gli equilibri mondiali, per


la pace, e quindi per la stessa sopravvivenza dell'umanit. Esso essenziale per il rispetto o meno fra
gli stati, per il diritto o meno del
mondo ad essere plurale. Pu quindi esso esercitare un'influenza nella
classica lotta fra il socialismo e il capitalismo? E in quali direzioni, e
sotto quali forme?
Se s, evidentemente non si tratta
pi di una lotta di opposti a tutto
campo, n di una contrapposizione
fra due sistemi che si vogliono il pi
possibile impermeabili.
Con una Cina che si apre al mondo
e con il resto del mondo che si apre
alla Cina, la questione della nuova
societ come si poneva fino agli
anni '20 ben quella del mondo intero e non di una parte soltanto, e
ancor meno della sua parte pi periferica e povera. La questione riproposta al centro dello sviluppo
umano, non foss'altro che la Cina,

79

Dibattito

uscendo dall'isolamento, pesa da


sola per quasi un quarto di un'umanit sempre pi interdipendente.
I rapporti sociali e nazionali cos riconfigurati e in divenire, con uno
sviluppo inevitabile delle loro contraddizioni, rivelano non tanto dei
modelli di modi di produzione
puri e perf e t t i, quanto piuttosto
delle formazioni sociali complesse,
storicamente definite e internazionalmente determinate, espressioni
di differenti modi d'imprimere
nella realt obiettivi simili o frutto
di compromessi nella lotta fra contrari.
Dal rafforzamento dei rapporti fra i
due sistemi, dal ritmo e dal grado
del confronto e della reciproca penetrazione forgiata da un'esperienza mondiale non predeterminata, ne risulter - con punti di rottura e forme senza precedenti - il
mix economico, sociale e nazionale
di una umanit futura, la scommessa pi grande del nostro tempo,
nella quale alla fine emergeranno le
contraddizioni antagonistiche fra
capitalismo e socialismo.
Questa intimit nei legami vitali
come nelle non meno vitali contraddizioni accentua da una parte e
dall'altra il carattere soggettivo
delle scelte strategiche. In questo
senso l'economia aperta spinge oggettivamente le funzioni di guida
delle direzioni politiche (partiti,
espressioni dell'aggregazione d'interessi economici e sociali reali),
come d'altro canto la mondializzazione rafforza il peso e il ruolo delle
nazioni come soggetti attori d'iniziative e reazioni.
Di fronte, da una parte e dall'altra
del pianeta, emergono in tal modo
poco a poco, internazionalmente,
un nuovo m o d e rno principe alla
Gramsci e il cervello dell'lite del
nuovo esercito crociato, parimenti
animati dalla fiducia di poter alla
fine sottomettere l'altro.
Come affermano due dei pi fervidi
sostenitori del presidente americano, Si sbagliano coloro che criticano
Bush pensando che il nostro posto nel
mondo consista in qualcosa di diverso

80

dal dominio mondiale. L'America possiede una potenza e un'influenza senza


precedenti () essa detiene una posizione senza equivalenti dall'epoca in cui
Roma dominava il mondo mediterraneo.
Il suo esercito fa apparire ridicolo quello
di qualsiasi altra nazione, sia per potenza di fuoco che per capacit di subitaneo intervento in qualsiasi parte del
mondo. Al tempo stesso, i suoi principi
economici ispirati al capitalismo liberale
e al libero scambio sono stato quasi universalmente accettati come il miglior modello possibile per creare ricchezza, e
l'America stessa si mantiene al centro
dell'ordine economico internazionale. Il
suo sistema politico, quello della democrazia liberale, si diffonde in tutti i continenti e in tutte le culture.
Per il quotidiano dell'Esercito popolare di liberazione cinese: La realizzazione del comunismo un processo
storico che si sviluppa in modo non lineare. Lo sviluppo della societ umana
sempre progredito con un'andamento
a spirale e a ondate.
Noi dobbiamo realizzare l'ideale di una
lotta di lunga lena, e garantire una
buona preparazione ideologica che permetta di poter affrontare qualsiasi difficolt e sconfitta. Continuando la causa
comunista internazionale a soffrire a
causa delle sue sconfitte, noi dobbiamo
essere prudenti nei momenti di pericolo e
conservare sempre con fermezza la convinzione che il socialismo trionfer e che
il comunismo prevarr con certezza.

Note

1 Xiao Ding, Riuscir l'Iraq ad evitare la

g u e rra, Beijing information, n 51,


2002.
2 Zhu Feng, L'esplosione a Bagdad pone gli

Stati Uniti e l'ONU di fronte a un dilemma,


in Beijing information, n 37, 2003
3 La Guerra dell'oppio e i successivi trattati

ineguali (1842-1860) hanno posto fine alla


vecchia potenza cinese, obbligandola a cedere
alle potenze straniere parti del proprio territorio e a rimanere un'economia disarmata.
4 Colonia britannica dal 1842.

Maggio Giugno

5 Colonia portoghese dal 1557.


6 Hong Kong (7 milioni), Macao (0,5 mi-

lioni), diaspora cinese (da 25 a 30 milioni),


di cui 8 milioni in Malaysia e 6 milioni in
Indonesia. I 23 milioni di abitanti di Taiwan
sono 57 volte meno di quelli della Repubblica
popolare cinese.
7 Un Partito comunista di Taiwan illegale

(sorto durante la lotta contro l'occupazione


giapponese, 20.000 membri secondo alcune
fonti), un Partito democratico del lavoro e
un'Associazione dei lavoratori difendono posizioni vicine a quelle del Partito comunista
cinese. Un Partito comunista clandestino a
Hong Kong assai influente, e secondo alcuni osservatori conterebbe 3.000 militanti,
orientati da una linea politica iniziata da
Chou Enlai, privilegiando il lavoro nei fronti
e coltivando alleanze con i capitalisti patriottici. Our red shadows, in The Hong
Kong Standart, 5.06.2004.
8 Dopo una vittoria (controversa) alle ele-

zioni presidenziali, le forze indipendentiste


hanno conosciuto nelle elezioni legislative
dell'11 dicembre 2004 una sconfitta, con
101 seggi contro i 113 dei loro avversari del
Guomindang e loro alleati, pi favorevoli a
una riunificazione.
9 R a p p o r to al XVI Congresso: Con-

formemente al fondamentale principio della


pacifica riunificazione 'un paese, due sistemi', () noi ci impegneremo, di concerto
con i nostri compatrioti di Taiwan, a moltiplicare le visite personali, come pure gli
scambi culturali ed economici o di altro tipo,
opponendoci con fermezza alle forze secessioniste di Taiwan. () Persistere nel principio
di una sola Cina costituisce la base dello sviluppo delle relazioni fra le due rive dello stretto
e della pacifica riunificazione della patria.
Non esiste che una sola Cina nel mondo; la
parte continentale e Taiwan fanno parte
l'una e l'altra della Cina, la cui sovranit e
integrit territoriale non si possono suddividere. Noi ci opponiamo a qualsiasi proposito
come a qualsiasi atto mirante a suscitare
l''indipendenza di Taiwan', o a creare 'due
Cine', o 'una Cina e una Taiwan'. Essendo
il futuro di Taiwan nella riunificazione alla
patria, noi abbiamo sempre preconizzato il
dialogo e i negoziati in vista della riunificazione pacifica. Chiamiamo una volta di pi
a mettere da parte alcune divergenze politiche e a riprendere al pi presto, sulla base del
principio di una sola Cina, il dialogo e i negoziati fra le due rive dello stretto. A condizione del riconoscimento dell'unicit della
Cina, non vi alcun tema che non possa essere affrontato dalle due parti; si potr parlare, soprattutto, di porre fine allo stato di
ostilit fra le die rive dello stretto, della pos-

Maggio Giugno 2005

sibilit per la regione di Taiwan di disporre


sul piano internazionale di uno spazio d'attivit economica, culturale e sociale corrispondente al proprio statuto, o ancora del fut u ro statuto politico delle autorit di
Taiwan.
10 in questo modo, per esempio, che stata

interpretata la dichiarazione di Jiang Zemin:


Per la soluzione del problema di Taiwan noi
lavoreremo con la pi grande sincerit e faremo i pi grandi sforzi per realizzare una
pacifica riunificazione, ma non potremo certamente rinunciare all'uso della forza. Si
tratta di un principio politico essenziale.
The Wise Counsel Left by Jiang Zemin on
Taiwan Policy - Make the Greatest Effort to
Achieve Peaceful Reunification but Do Not
Undertake to Abandon the Use of Force, in
Hong Kong Zhongguo Tongxun She
21.09.2004
11 China's foreign affairs, 2004. pp. 315-

Dibattito

mamenti. Dal 2000, il 90% delle sue importazioni d'armi convenzionali provengono
dalla Russia. Lucia Montanaro-Jankovski,
op. Cit, p.73

nati da una sovrastima politica, affermano


gli analisti. Alcuni ufficiali occidentali ritengono che alcune unit utilizzano il 30%
del loro tempo d'addestramento allo studio
della politica. The Washington Post,
10.06.2003.
19 Sun Tzu, L'arte della guerra.
20 Sun Tzu, op cit.
21 Ibid. p. 114-115
22 Le relazioni con il PC giapponese hanno

dato luogo nel giugno 1998 ad una spettacolare riconciliazione, punto di partenza di
una rinnovata cooperazione.
23 La questione non aneddotica, poich nel

200403/01/Eng200403/01_136190.sht
ml .
13 Si pu ricordare che l'ultimo cambiamento

paragonabile a questo avvenuto 17 anni


fa, quando Jiang Zemin succeduto a Deng
Xiaoping esattamente nello stesso modo.
14 Organismo estremamente ristretto, in quanto

contava di 8 membri sino agli ultimi cambiamenti, con i quali passato a 11 membri.
15 Rapporto di Jiang Zemin del 8.11.2002
al XVI Congresso.
16 Deng Xiaping: La nostra politica estera

si fonda sulla ricerca di un clima di pace, con


il fine di poter realizzare le quattro modernizzazioni, vale a dire in agricoltura, industria, scienza e difesa nazionale.

26 Renmin Ribao, 2. 9. 2004,


27 Il Remnin Ribao dell'11 ottobre 2002 ha

18 Gli sforzi della modernizzazione sono fre-

318.
12 Fonte: http:english.peopledaily.com.cn/.-

partiti asiatici del settembre 2004.

l o ro documento strategico denominato


Documento di Santa Fe IV gli Stati Uniti enumerano i pericoli che li minacciano e menzionano come i comunisti e la sinistra negli
USA siano in piena avanzata.
Indipendentemente della valutazione che si
pu fare riguardo alla realt di un tale pericolo, rimane il fatto che i dirigenti nordamericani vi prestano attenzione e che non
possono non aver notato i rapporti fra il PCC
e il PCUSA.

pubblicato un rapporto del Dipartimento internazionale del PCC sulle relazioni interpartitiche tra il 15 e il 16 Congresso, in cui
possibile ritrovare in parte questa tipologia.
Il primo posto era ugualmente riservato ai
partiti politici degli Stati socialisti () Il
nostro partito condivide ideali e obiettivi comuni con i partiti al potere in Vietnam, nella
RPD di Corea, in Laos e a Cuba. In seguito
la suddivisione di tipo geografico: Africa,
Asia, Medioriente/mediterraneo, ex-Urss e
paesi dell'Europa dell'Est, America latina e
Caribe. Vengono in seguito i paesi sviluppati,
dove i partiti sono citati in questo ordine: partiti socialisti, comunisti e partiti di destra.
Infine la suddivisione geografica termina
con i paesi vicini: i principali partiti russi
sono citati e la ripresa delle relazioni con il
PC giapponese viene sottolineata; poi vengono i partiti al potere nei paesi dell'Asean.
Il rapporto si chiude con le Internazionali,
principalmente l'Internazionale socialista e
poi, con meno enfasi, quelle di centro e di destra; infine il Forum di San Paolo. Il PCC
intrattiene relazioni con sei gruppi del
Parlamento europeo. Infine viene citata la
prima Conferenza dei partiti asiatici (Iccap).
28 Prendo in prestito questo parallelismo con

Antonio Gramsci dagli ideologi americani


autori del Documento di Santa Fe IV.

24 Una delegazione del Partito del Lavoro del

29 Kristol (William) e Kaplan (Lawrence F.),

Belgio (meno dell'1% alle ultime elezioni)


stata invitata dal 16 al 25 febbraio 2003 dal
Dipartimento internazionale del Partito comunista cinese. Un resoconto presente sulla
rivista teorica del PTB Etudes marxistes,
dicembre 2003, www.marx.be.

Notre route commence Bagdad, p. 154.


30 Jiefangjun Bao (versione internet in ci-

nese), quotidiano del Dipartimento di politica generale dell'Esercito popolare di liberazione. http://www.pladaily.com.

25 Xinhuanet, 17.02.2004. Inoltre, come


17 Fra il 1998 e il 2002 la Cina stata il

pi importante importatore mondiale di ar-

segno d'analogo interesse, l'Internazionale


Socialista stata invitata alla riunione dei

* La prima parte del saggio apparsa


sul numero precedente - n 2 /2005

81

Dibattito

I COMUNISTI DI BOEMIA E MORAVIA


INTERVENGONO CRITICAMENTE
SUL PARTITO DELLA

SINISTRA EUROPEA (SE)

di Hassan Charfo
responsabile esteri del KSCM

on il titolo che riproduciamo testualmente, il quotidiano del


P a rtito Comunista di Boemia e
Moravia (KSCM), Hal Noviny, ha
pubblicato con ampio risalto un articolo del responsabile esteri del
p a rtito sul Partito della Sinistra
Europea. Lo pubblichiamo per contribuire alla migliore conoscenza di
una problematica e di una discussione in larga parte misconosciute.
Il prossimo congresso del Partito
della Sinistra Europea si terr l8-9
ottobre 2005 ad Atene.
ormai risaputo che lUnione
Europea (UE) mira a creare il cittadino europeo, che prender il posto del cittadino ceco, francese, polacco, italiano. evidente che un
tale obiettivo non potr essere raggiunto senza la costruzione di una
corrispondente struttura politica, e
ci spiega, e richiede anche finanziariamente, la nascita di partiti politici a livello europeo.
Un tale tipo di partito, per poter essere registrato, deve per avere dei
deputati eletti in almeno sette dei
paesi membri del Parlamento europeo, oppure in sette Parlamenti nazionali. Questo partito deve inoltre
garantire ladempimento programmatico dei principi dellUE. In altri
termini, deve essere un partito statualizzato, se vuole ottenere le dotazioni del Parlamento europeo.

82

Maggio Giugno

Il partito
che ha diviso
la sinistra europea
RIMANE

APERTA PER IL KSCM CHE NON FA PARTE DELLA SE E VI


MANTIENE LO STATUS DI OSSERVATORE LA DISCUSSIONE SUL PROFILO
PAN-EUROPEO DELLA SINISTRA EUROPEA, SUL GIUDIZIO SULLA STORIA
COMUNISTA DEL 900, SULLA GESTIONE DEMOCRATICA E CONSENSUALE
DEL PARTITO, SULLE ADESIONI INDIVIDUALI, SUL RAPPORTO CON LE
ISTITUZIONI DELLUNIONE EUROPEA

Su richiesta di almeno un quarto dei


deputati di tre differenti gruppi parlamentari, il Parlamento europeo
pu a maggioranza compiere delle
verifiche per accertare se tale partito europeo rispetta questi principi. E se il Parlamento europeo dovesse giudicare che una qualche
condizione non viene rispettata,
tale partito verrebbe escluso dal finanziamento.
Un gruppo di parlamentari europei
(definitosi SOS democrazia) s
appellato alla Corte europea di giustizia con la richiesta di annullamento
di questa norma antidemocratica.
Il Partito comunista di Boemia e
Moravia (KSCM) ha partecipato al
congresso fondativo del Partito
della Sinistra europea (SE) tenutosi
a Roma (8-9 maggio 2004) con una
delegazione composta da 17 persone. A causa di una serie di pratiche antidemocratiche e del mancato rispetto del principio del consenso, il KSCM non divenuto
membro di questo partito. I partiti
membri effettivi, rispondenti ai suddetti criteri dellUE, sono soltanto
cinque (Synaspismos, Rifondazione
Comunista, il Pds tedesco, Pcf, la
spagnola Izquierda Unida). Il
KSCM partecipa solo come osservatore alle attivit del partito europeo.
Sulla base della propria esperienza
come osservatore, i1 KSCM ha inviato il 25 ottobre 2004 alla SE al-

cune lettere con le seguenti richieste, proposte e considerazioni riguardanti il progetto del Partito
della Sinistra europea.
1. Il profilo della SE deve essere paneuropeo. Il Partito della Sinistra europea deve profondere ogni sforzo
per il raggiungimento di questo obbiettivo. Abbiamo chiesto che fossero invitati almeno 27 partiti comunisti e di sinistra di tutta
lEuropa (tra questi, i Partiti comunisti di Russia, Ucraina, Bielorussia,
Moldavia, Paesi baltici, Scandinavia,
ex Jugoslavia, Turchia, Gran
Bretagna, Portogallo, Grecia, ecc.)
per un incontro finalizzato a dibattere con loro le questioni riguardanti lunit della sinistra europea.
Ci avrebbe consentito a tutti di
prendere conoscenza delle loro
opinioni e condizioni, ed anche di
ci che impedisce loro di collaborare con il Partito della Sinistra europea.
2. La storia del movimento comunista del XX secolo non pu essere
globalmente rigettata come negativa; indispensabile trarre insegnamento dagli errori e, a1 tempo
stesso, sviluppare e attualizzare ci
che di positivo vi si manifestato.
3. Il principio del consenso nelle
scelte della SE deve essere non solo

Maggio Giugno 2005

declamato, ma rispettato nella


prassi.
4. Ladesione individuale alla SE
per noi inaccettabile, per ragioni
giuridiche e politiche. La doppia
appartenenza partitica, nella
Repubblica ceca, in contrasto con
la legge.
5. Il finanziamento della SE da parte
del Parlamento europeo non pu
essere vincolato a condizioni politiche che siano in contrasto con la sovranit e lidentit di un partito
membro.
6. Nel preambolo dello statuto del
Partito della Sinistra europea luso
del termine stalinista d luogo ad
una serie di differenti interpretazioni in relazione alla storia passata.
Non mai stata data una definizione comunemente condivisa di
cosa sia lo stalinismo. Si tratta di
una definizione che viene spesso
utilizzata in modo artificioso e propagandistico. Sarebbe assai difficile
e inaccettabile escludere alcuni partiti dalla SE solo perch definiti da
alcuni come stalinisti. Il termine
"stalinista" potrebbe essere sostituito da altri termini, come ad esempio "antidemocratico".
Le lettere del KSCM contenenti
queste considerazioni sono state
discusse nella seduta del Comitato
esecutivo del Partito della Sinistra
europea svoltasi a Berlino l8 gennaio 2005. La discussione stata introdotta dal presidente della SE,
Fausto Bertinotti, che ci ha impartito una lezione su quanto lo stalinismo sia orrendo, riaffermando
lindisponibilit a modificare lo
Statuto. In merito al cambiamento
del profilo del partito in senso paneuropeo, Bertinotti ha risposto con
arroganza: il Partito della Sinistra
europea esiste, chi vuole aderirvi,
aderisca, chi vuole restare come osservatore, resti come osservatore.
Ed ha inoltre ribadito che lo spazio
di azione politica del partito dentro lUnione Europea.
Pedro Marset, della spagnola
Izquierda Unida, ha affermato che

Dibattito

il KSCM vuole una nuova


Internazionale. In modo demagogico ha cos indicato i1 nostro sforzo
per lunit della sinistra europea
come un tentativo di creare l
Internazionale.
Il rappresentanti del Synaspismos e
del Pcf hanno scelto la stessa tattica
di Bertinotti, e cio, invece di avviare una discussione seria e la ricerca delle vie per costruire lunit
della sinistra europea, hanno intenzionalmente e demagogicamente ridotto la discussione ad una
lezione sui mali dello stalinismo e,
cos come Pedro Marset, hanno definito gli sforzi per lunit della sinistra europea come se si trattasse
di ricostruire lInternazionale.
La. delegazione del KSCM ha protestato contro questi metodi, dichiarando che i1 nostro non un
partito stalinista. La nostra richiesta di sostituire nel preambolo
della Statuto della SE lespressione "pratiche staliniste" con lespressione "pratiche non democratiche muove dalla constatazione
che lespressione "pratiche non democratiche" pi appropriata e vasta, poich include anche le pratiche non democratiche di Mao TseTung, Pol Pot e altri. In alcun modo,
quindi, partivamo da posizioni di difesa dello stalinismo. La nostra delegazione ha colto loccasione offerta dai materiali del prof.
Schumann (distribuiti dagli organizzatori, allinizio della seduta, a
tutti i partecipanti) e ha richiamato
lattenzione sulle differenti e problematiche interpretazioni dello
stalinismo presenti in quegli stessi
materiali, dove tutte le esperienze
dei paesi ex-socialisti vengono indicate come staliniste e dove lautore sostiene che gli stalinisti definiscono se stessi come marxisti-leninisti. Basterebbero queste interpretazioni per dimostrare la giustezza della nostra proposta di modifica dello Statuto.
Latteggiamento non democratico
delle delegazioni di Rifondazione e
del Synaspismos si manifestato
quando i rispettivi rappresentanti

hanno tentato di interrompere il


nostro delegato mentre questi sottolineava come fosse necessario che
la lotta contro le pratiche staliniste fosse incorporata nella prassi
del nostro comportamento e del nostro modo di pensare, poich lesperienza storica della proclamazione formale del ruolo guida del
Partito nelle Costituzioni degli ex
paesi socialisti nella prassi non aveva
avuto alcun valore ed era dunque
necessario sbarazzarsi di questi feticci.
La nostra delegazione ha ricordato
che al congresso fondativo del
Partito della Sinistra europea si era
detto che nel primo congresso sarebbe stata offerta la possibilit di
.una modifica dello Statuto. Ma
Bertinotti ha categoricamente respinto questa affermazione.
In sostanza, si pu dire che niente
di quanto contenuto nelle lettere
inviate dal KSCM stato accolto.
Neppure il tentativo della nostra delegazione di apportare una piccola
modifica allappello relativo alla catastrofe nel sud-est asiatico stato
accolto
Il dibattito sulle nostre lettere del 25
ottobre 2004 ha evidenziato larroganza dei partiti leader della SE,
Bertinotti in testa, e ci deriva probabilmente anche dal timore per la
presenza di un forte soggetto politico come il KSCM, che non concorda sempre e comunque con le
loro posizioni. Inoltre, il dibattito ci
ha convinto del fatto che le nostre
richieste sono fondate e che riflettono il nocciolo dei problemi di
questo partito. Ci ha convinto che
non vi alcuna volont politica di
cambiare il profilo della SE in senso
pan-europeo e che il principio del
consenso in pratica non esiste.
Senza lapplicazione del principio
del consenso nel contesto dellattuale struttura di appartenenza e organizzazione della SE dove partiti
minuscoli e insignificanti, come il
Partito del socialismo democratico
della Repubblica ceca, avrebbero
nel Comitato esecutivo lo stesso numero di rappresentati di partiti

83

Dibattito

grandi e importanti come il KSCM


lappartenenza a questo partito
europeo resta assai pericolosa, specialmente se prendiamo in considerazione lidentit comunista del
nostro partito in confronto con lidentit degli altri partiti aderenti.
Resta da evidenziare che anche laspetto finanziario di questo partito
costituisce una questione problematica. Quantunque esso abbia
avuto accesso alle dotazioni del

Parlamento europeo, le sue necessit finanziarie oltrepassano di gran


lunga questi introiti, e perci la SE
sta prendendo in considerazione lipotesi di contributi finanziari da
parte dei soli partiti aderenti (non
degli osservatori). Questi contributi
sarebbero determinati sulla base
del numero di iscritti dei singoli partiti nazionali, oppure sulla base del
numero di iscritti e di voti elettorali.
Una di queste due proposte presupponeva due euro allanno per

Maggio Giugno

ciascun iscritto. In base a tale proposta, il KSCM, nel caso aderisse a


questo partito europeo, dovrebbe
versare sei milioni di corone allanno (circa 450 milioni di vecchie lire
che, calcolate sulla base del potere dacquisto nella Repubblica Ceca, corrispondono a circa cinque volte tanto, ovvero a oltre 2 miliardi di lire NdR).

(in: Hal Noviny, 11.02.2005 .


Nostra traduzione)

In ricordo di Alvaro Cunhal e Vasco Gonalves


Al Comitato centrale del PCP

Cari compagni,
a nome di tutti i comunisti de lernesto e nostro personale vi inviamo i sentimenti della nostra partecipazione
commossa e solidale per la morte del compagno Alvaro Cunhal, dirigente storico del vostro partito e del movimento comunista internazionale. Il compagno Cunhal verr ricordato per sempre come una delle figure pi
emblematiche, oneste e prestigiose della storia del movimento operaio internazionale; e come una delle personalit pi rappresentative di quella Rivoluzione di Aprile che alla met degli anni Settanta rappresent
unimpresa e una speranza rivoluzionaria per tutta una generazione. Cogliamo loccasione per trasmettere,
per il vostro tramite, a tutto il popolo portoghese, le nostre sentite condoglianze per la scomparsa, in questi
giorni, di un altro grande rivoluzionario, il generale Vasco Gonalves, che di quella Rivoluzione di Aprile
fu uno dei maggiori protagonisti.
Ricevete il nostro forte abbraccio
Fosco Giannini (Comitato politico nazionale PRC, direttore de lernesto)
Fausto Sorini ( Direzione nazionale del PRC, della direzione de lernesto)

Nato a Coimbra nel 1913, Alvaro Cunhal comincia giovanissimo la sua attivit rivoluzionaria come studente alla Facolt
di Diritto di Lisbona; unattivit che continuer incessantemente per 74 anni, fino allultimo giorno di vita. Nel 1931 si
iscrive al PCP, nel 1935 diventa Segretario della Giovent comunista portoghese, passa alla clandestinit, partecipa a
Mosca al Congresso della Internazionale giovanile comunista. Imprigionato nel 1937 e nel 1940, torturato dal regime
fascista portoghese, partecipa nel 1940-41 alla riorganizzazione del PCP di cui sar membro della Segreteria dal 1942
al 1949. Arrestato nuovamente rester 11 anni nella prigione-fortezza di Peniche (di cui 8 in isolamento) da cui evader con una fuga leggendaria il 3 gennaio 1960. Nel 1961 Segretario generale del PCP e lo rester fino al 1992.
Dopo la Rivoluzione dei garofani dellaprile 1974, sar ministro nei primi governi provvisori. Lascia un patrimonio di
idee ed esperienze e un esempio di vita e di coerenza rivoluzionaria che non andranno perdute.
Nel 1974 il Colonnello Vasco Gonalves (poi Generale) una delle figure chiave della Rivoluzione di Aprile, che pone
fine a 48 anni di fascismo, la pi alta autorit militare del Movimento delle Forze Armate. Designato come Primo ministro
di vari governi provvisori, nel 1975 sar protagonista della nazionalizzazione delle banche e delle compagnie di assicurazione. Nei momenti cruciali della rivoluzione si opporr con fermezza alle manovre della reazione interna, guidata dal
Partito Socialista di Mario Soares, ed esterna (guidata dallAmbasciata USA), volte a ro v e s c i a re le basi rivoluzionarie e
p ro g ressive della Rivoluzione di Aprile. Rimarr nella storia del Portogallo come una delle sue figure pi degne.

84

Maggio Giugno 2005

Passato e Presente

La forza della Resistenza


stata in diretta proporzione
allo sviluppo dei movimenti
antifascisti durante
gli anni della clandestinit

Pietro Secchia:
vita di un
rivoluzionario

di Marcello Graziosi
Storico del movimento operaio

INTERVENTO CONCLUSIVO AL CONVEGNO DI TORINO DEDICATO A


PIETRO SECCHIA E AL SUO RUOLO NELLA RESISTENZA
E NEL MOVIMENTO COMUNISTA

Sabato 23 aprile si svolto a Torino un


riuscitissimo Convegno sulla figura di
Pietro Secchia organizzato dai Nuovi
Partigiani della Pace, dal Centro di
Cultura e documentazione popolare e
dalla redazione del sito www. re s istenze.org, e con il contributo del Gruppo
C o n s i g l i a re PRC della Provincia di
Torino. Al Convegno hanno partecipato
compagne e compagni provenienti da
numerose citt e, dato assai importante,
numerosi giovani.
Indetto allinsegna La Resistenza accusa, il Convegno stato organizzato
allinterno delle manifestazioni per il
60 anniversario della vittoria della
lotta di liberazione nazionale contro il
nazifascismo, con lintento di caratterizzare tale ricorrenza con contenuti di
classe, di difesa della memoria storica e
contro il revisionismo storico.
Abbiamo ritenuto che la figura di Pietro
Secchia, Botte, antifascista integrale,
organizzatore e commissario politico partigiano, fermo e coerente comunista, rappresentasse e fornisse il massimo degli stimoli di approfondimento, perch in tutta
la sua militanza sempre stato una figura mai accomodante, una ricca fonte
di riflessioni e insegnamenti per il presente e il futuro e non certo in senso commemorativo o cerimonioso. In questa occasione abbiamo anche voluto ristampare nei Quaderni Partigiani della
Pace alcuni tra i pi significativi scritti
di Secchia, che possono essere richiesti rivolgendosi al sito www.resistenze.org.

Tra i relatori intervenuti al Convegno


sono stati numerosi i compagni partigiani e gli storici, che con le loro relazioni e testimonianze hanno affrontato
sia aspetti direttamente legati alla figura
di Secchia sia quelle problematiche che
oggi cinvestono come antifascisti e come
movimento operaio e comunista.
Riteniamo che lobiettivo politico allorigine del Convegno sia stato pienamente
raggiunto: far rivivere la memoria storica del movimento operaio e comunista,
e al tempo stesso fornire strumenti di crescita e di approfondimento. Un lavoro
quindi di agitazione e riferimento e di
formazione.
Sul sito www.resistenze.org possibile
leggere ed ascoltare tutti gli interventi del
Convegno. Di seguito viene pubblicata
la relazione conclusiva di M. Graziosi.
(Enrico Vigna)
Ci che ci viene richiesto questoggi
una riflessione collettiva sulla figura di Pietro Secchia, sulla sua vita
e sulla sua militanza comunista.
Ragionare dellattivit politica di
Secchia significa, di fatto, soffermarsi a riflettere su trentanni di storia del Partito comunista italiano e,
di pi, su non pochi passaggi nodali
nella storia del movimento operaio
italiano ed internazionale del 900.
Da qui una premessa di carattere
metodologico assolutamente indispensabile: ciascuno dei punti di
analisi richiamati meriterebbe ulte-

riori approfondimenti, accurate ricerche, un duro lavoro di elaborazione e riflessione. In questa sede
solo possibile fornire elementi analitici di carattere generale, ed
avremo raggiunto lobiettivo se in
chi ascolta riusciremo a suscitare la
curiosit, la tensione ideale ed intellettuale utili ad approfondire la
conoscenza dei singoli aspetti di
questa figura di straordinario ed instancabile militante e dirigente comunista che stato Pietro Secchia.
Dopo aver vissuto in giovane et le
disastrose condizioni popolari del
periodo immediatamente successivo al primo conflitto mondiale,
Secchia inizia la propria militanza
politica iscrivendosi alla Camera del
Lavoro e costituendo, nel 1919, il
primo circolo socialista del proprio
paese, Occhieppo, sorretto da una
grande tensione ideale che gli derivava in larga misura dallinfluenza
dellOrdine Nuovo, ma anche dalla
migliore tradizione massimalista
del movimento operaio italiano. La
Rivoluzione dOttobre ed il bolscevismo avevano suscitato in lui una
grande e positiva impressione, che
mai lo avrebbe abbandonato.
Attendevo la rivoluzione come si attende una persona che deve arrivare da
un giorno allaltro, avrebbe in seguito ricordato Secchia. Senza dubbio uningenua pulsione giovanile,
ma anche, come giustamente osser-

85

Passato e Presente

vato da Enzo Collotti, la consapevolezza che le occasioni si costruiscono, che


nulla c di fatale o di provvidenziale
nella storia e nella vita politica, che
una prospettiva si costruisce tappa su
tappa, giorno dopo giorno. Con una
linea politica adeguata, ma anche
con un duro, incessante, metodico
e quotidiano lavoro di organizzazione e mobilitazione di massa.
Questo atteggiamento caratterizza
lintera militanza politica di Secchia
a partire dalla fase immediatamente
successiva alla nascita del Partito comunista dItalia, nel contesto dellavanzata e dellaffermazione del fascismo. questo lambito nel quale
occorre collocare la discussione, anche aspra, che attraversa il Partito
fino alla Resistenza ed alla
Liberazione relativa alle contromisure da adottare, allatteggiamento
da tenere nelle diverse fasi, alle diverse modalit di lotta, a partire
dalla resistenza armata. Discussione,
questa, di grande rilevanza generale, che ben difficilmente avrebbe
potuto evitare di intrecciarsi con
quanto accadeva negli stessi anni allinterno del Comintern.
Il fascismo si abbatte come un uragano sulla debole struttura del partito e sul movimento operaio uscito
sconfitto dal biennio rosso, costringendo le forze politiche antifasciste di fatto incapaci di costruire
qualsiasi resistenza prima nellangolo ed in seguito, a partire dal
1926, lanno dellarresto di Gramsci
e delle leggi speciali, alla clandestinit. Tutto questo con la sola, possibile esperienza potenzialmente ampia di resistenza, gli Arditi del
Popolo, affossata dal settarismo e
dal massimalismo ideologico ed
astratto di Bordiga, con Secchia protagonista di una coraggiosa presa di
distanza dal partito a sostegno di
quellesperienza.
Dopo un primo arresto da parte degli apparati repressivi fascisti ed una
fuga in Francia, Secchia rientra in
Italia nel maggio 1924 per organizzare una rete clandestina. Lavora
alla FIAT ed entra in contatto con
Giacinto Menotti Serrati, esponente di spicco del massimalismo

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unitario e collegamento alla cosiddetta ala terzinternazionalista,


elemento determinante per la sconfitta dellala bordighiana. Dopo
aver scontato lennesima condanna
subita per attivit cospirativa,
Secchia assume un ruolo di primo
piano nellorganizzazione della
lotta antifascista in Italia, a partire
da unintensa e continua opera di
propaganda, svolgendo un instancabile quanto determinante lavoro
come responsabile del collegamento centro-periferia per la
Federazione giovanile comunista e
lavorando nella sezione militare e
come corriere per il partito. Un
ruolo delicato e rischioso, che nella
clandestinit assoluta lo mette per
in contatto con decine di compagni
e quadri attivi. Secchia un rivoluzionario di professione di leniniana memoria, in grado di lasciare
un segno indelebile, anche personale, nella costruzione del partito e
della sua organizzazione.
Quando nel gennaio 1928, a
Basilea, si apre la II Conferenza del
PCdI, Secchia segretario della
Federazione giovanile e prende
parte al dibattito apertosi nel partito relativamente alla sorte del fascismo ed alle prospettive della lotta
antifascista; un dibattito che ha visto in parte contrapporsi il Centro
interno a quello estero, costituitosi
tra la fine del 1926 e linizio del
1927. La critica di Secchia senza
mezzi termini, anche perch la situazione , a dir poco, drammatica,
con arresti a ripetizione e persecuzioni di ogni sorta.
Scriver Secchia anni dopo:Tr a
laltro noi in Italia avevamo limpressione che il Centro estero studiasse, discutesse, scrivesse tante belle cose, ma non
stesse sufficientemente dietro alla situazione italiana, alle nostre difficolt, alla
gravit dei colpi che il partito subiva.
Nel corso del dibattito Secchia e
Longo spingono con decisione per
concentrare lattenzione sullItalia
pi che sul lavoro dallestero, alternando le azioni legali (rispetto ovviamente allepoca prefascista) con
le azioni illegali, inclusa la lotta armata, considerata in quel contesto

Maggio Giugno

a ragione la forma pi avanzata di


lotta politica. Questa proposta che
sarebbe stata adottata successivamente alla svolta del 1929-1930
non partiva, contrariamente a
quanto sostenuto anche da
Togliatti, da una lettura ottimistica
dei rapporti di forza in Italia; al contrario, lanalisi alla sua base era fin
troppo realistica, tanto che le azioni
illegali avrebbero dovuto svolgere
una funzione prettamente difensiva, per coprire le spalle ad eventuali scioperi e fornire alle masse un
segno tangibile di presenza.
Sarebbe stato necessario sono sempre parole di Secchia portare subito
il centro di attivit del partito laddove
si trovavano le masse, nel seno stesso
delle organizzazioni del fascismo, potenziando nel tempo stesso lattivit clandestina, combinando le forme di lotta illegali con quelle semilegali.
Il dibattito interno al PCdI prosegue, pur nella drammaticit degli
eventi (arresti dellaprile 1928 e relativo processone), con Secchia e
Longo che si astengono rispetto al
programma presentato da Togliatti
nel CC del giugno 1928. Segno evidente di una discussione reale.
Il quadro si modifica poi, come per
incanto, dopo il VI Congresso del
Comintern (luglio-settembre
1928), il congresso del socialfascismo, della ipotizzata rapida crisi
del sistema capitalistico e della conseguente necessit di superare le
politiche di alleanza con le forze democratiche e riformiste, per spingere sul pedale della lotta rivoluzionaria. I dispositivi del
Comintern, senza voler su questo
aprire alcuna discussione (la linea
del VI Congresso sarebbe stata poi
totalmente modificata al VII
Congresso dellestate 1935, il
Congresso di Dimitrov e dei Fronti
popolari), si inseriscono in una discussione gi avviata nellorganizzazione italiana, e la maggioranza del
gruppo dirigente, incluso Togliatti
e nonostante le critiche di compagni come Gramsci e Terracini, assume i nuovi orientamenti, respingendo la prospettiva unitaria con le
altre forze antifasciste (Assemblea

Maggio Giugno 2005

Repubblicana). Non esiste, da questo punto di vista, una trasposizione


meccanica tra gli orientamenti del
Comintern e la svolta nel partito
italiano. fuor di dubbio il fatto che
i primi possano aver agevolato la seconda, ma per molti militanti comunisti la svolta significava semplicemente una maggiore decisione
nella conduzione della lotta antifascista, a partire dalla ricostruzione
di un centro interno, e perch no?
teorizzare la trasformazione della
resistenza contro il fascismo in lotta
rivoluzionaria, per la dittatura del
proletariato, senza transizioni intermedie. Siamo nel 1930, non nel
1943-44. Per dirla con Leo Valiani,
la svolta era invero desiderata, indipendentemente da Stalin, dalla giovent comunista italiana diretta da
Longo e da Secchia, cos come dalla maggior parte dei militanti che gremivano le
carceri.
impossibile qui tracciare un bilancio reale di questa esperienza,
elemento che per decenni ha suscitato un dibattito ampio ed articolato allinterno del PCI e che costituisce anche oggi un grande patrimonio politico ed ideale per le
nuove generazioni, sempre pi lontane da quegli avvenimenti ma con
il diritto-dovere di studiarli con impegno e passione.
Difficile, ancora, dare torto a
Secchia quando, in sede di bilancio
storico e personale, afferma: I l
grande valore della svolta non consistette soltanto nel fatto che il PCI riusc
ad essere fisicamente presente con molti
dei suoi militanti e dei suoi quadri dirigenti attivi in quegli anni in Italia,
ma nellaver fatto acquisire a tutto il partito alcune posizioni ideologiche e politiche che non saranno pi perdute: 1) la
persuasione che le situazioni non si
creano spontaneamente; 2) la coscienza
che il partito non pu essere presente politicamente se non lo anche organizzativamente Se all8 settembre 1943 i comunisti si trovarono ad essere tra i primi
e pi preparati organizzatori della resistenza, alla quale portarono il contributo decisivo, perch il PCI, malgrado
tutto, non aveva mai cessato di essere attivamente presente in Italia Furono

Passato e Presente

ancora una volta in gran parte gli svoltisti del 1930, insieme ai combattenti
delle nuove generazioni, a battersi contro ogni forma di attesismo.
Dallaprile 1931 al 18 agosto 1943
Secchia, arrestato in Italia mentre
era impegnato nellorganizzazione
del IV Congresso del partito di
Colonia, rimane nelle mani del nemico, impegnandosi in un duro lavoro di lettura e di studio (lUniversit del carcere e del confino).
Una volta liberato, dopo il 25 luglio,
rientra prontamente nella clandestinit e, dopo aver partecipato alla
sfortunata difesa di Roma, si trasferisce a Milano per diventare membro della Direzione Alta Italia del
partito e Commissario generale
delle Brigate Garibaldi. Instancabile organizzatore di azioni e mobilitazioni, Secchia costruisce negli
anni della Resistenza quel tessuto
organizzativo che avrebbe consentito al partito, dopo il 1945, di reggere lurto della Guerra fredda e
delle politiche violentemente anticomuniste ed antioperaie dei governi centristi di De Gasperi.
Come storico, soprattutto negli
anni successivi al proprio isolamento politico, egli sarebbe stato
tra i pi lucidi analisti degli anni
tanto terribili quanto straordinari
della lotta antifascista, dalla clandestinit alla resistenza, senza alcun fastidioso elemento di staticit, senza
alcuna liturgia, con lobiettivo di
dare continuit e nuove prospettive
alla lotta antifascista negli anni 60
e 70, con una grande attenzione ai
giovani ed ai fermenti che stavano
attraversando la societ italiana.
Tutto questo a partire da un ragionamento semplice e lineare: La
forza della resistenza stata in diretta
proporzione allo sviluppo dei movimenti
antifascisti durante gli anni della clandestinit.
Nel contesto del suo lavoro ponderoso, instancabile e preziosissimo di
pubblicazione di documenti e testimonianze, emergono alcuni elementi di analisi che abbiamo il dovere di richiamare sinteticamente.
a) Il ruolo centrale del partito nella
costruzione della resistenza antifa-

scista e nella direzione della lotta armata. Centralt che, per, trover
un elemento di freno e condizionamento non solo nella presenza in
Italia delle truppe anglo-americane
e nei rapporti di forza che si andavano delineando sul piano internazionale (sfere di influenza e divisione del mondo), ma anche allinterno degli stessi CLN.
b) Nonostante il grande impegno

Dallaprile 1931
al 18 agosto 1943 Secchia,
arrestato in Italia mentre era impegnato nellorganizzazione
del IV Congresso del partito
di Colonia, rimane nelle mani
del nemico, impegnandosi
in un duro lavoro di lettura
e di studio (lUniversit del carcere
e del confino)

profuso e lalto prezzo pagato in termini di vite umane, il PCI e la classe


operaia non sono stati i soggetti egemoni nella lotta di liberazione.
Allinterno dei CLN lunit era necessaria bench difficile. Nel momento stesso ha scritto Secchia in
cui si poneva il problema di allargare il
fronte unitario ed antifascista alle forze
monarchico-badogliane non certo orientate a sinistra, noi ci proponemmo subito di allargare a sinistra, di portare
nei CLN dei rappresentanti di larghi
strati di lavoratori sino a quel momento
non adeguatamente rappresentati: i
contadini, i sindacalisti, i giovani.
Concetti che saranno via via sempre pi
sviluppati ed articolati, sino poi a vedere nei CLN futuri organismi di potere
alla base della nuova struttura dello
stato italiano. Secchia poi aggiunge:
Criticammo apertamente la posizione
assunta da certi CLN; lunit per noi
non era unarca sacra, un altare da-

87

Passato e Presente

vanti al quale si dovessero sacrificare gli


interessi della classe operaia e dei lavor a t o r i. Il progetto politico dei comunisti non era la trasformazione
della lotta di liberazione in lotta rivoluzionaria, ma per un reale cambiamento del paese in senso democratico: Non si lottava scrive ancora Secchia per il socialismo ma per
unItalia veramente rinnovata e democratica basata su nuove strutture sociali
i cui pilastri avrebbero dovuto essere le
formazioni partigiane, tutte le organizzazioni e gli organismi sorti durante la
guerra di liberazione. Linsurrezione nazionale per la quale lottavamo non si poneva e non poteva porsi il problema della
realizzazione della rivoluzione socialista, della dittatura del proletariato, ecc.,

Se non esistevano
alternative reali alla linea
del partito nuovo
e della democrazia progressiva,
vi erano per
diverse possibibilit
di gestione della stessa

ma neppure si poneva il ritorno alla vecchia democrazia prefascista; lottavamo


per realizzare una nuova democrazia,
una democrazia progressiva che avrebbe
potuto realizzarsi soltanto con delle profonde riforme strutturali e sociali, col ricreare dalle fondamenta tutto lo apparato amministrativo e statale.
c) Lutilizzo della lotta armata qualificante rispetto allobiettivo, e
pone al centro il problema del potere. questo un nodo teorico (rapporto tra azione politica, azione militare e potere) di grande complessit, argomento di dibattito continuo e costante allinterno del movimento operaio e delle singole
forze politiche, da rapportarsi certamente ai singoli contesti in dis-

88

cussione, e che mai pu essere svilito, come invece accaduto anche


di recente, ad affermazioni di pura
propaganda politica esterna. E, su
questo terreno, il PCI si trovato in
grande difficolt durante la resistenza, nonostante leroismo ed il
sacrificio di tanti suoi quadri e militanti partigiani, come del resto
stato ricordato qui oggi: Passarono
molti anni, ha scritto Secchia ma
non fu facile neppure allora mettere in
piedi la resistenza armata, proprio perch non esisteva tra i lavoratori italiani
una sufficiente preparazione mentale,
psicologica ed ideale alla lotta armata.
Appunto perch si tratta del mezzo pi
avanzato e pi duro di lotta non vi si
arriva facilmente se non vi sono predisposizioni, allenamento, abitudine. La
resistenza italiana ha avuto i suoi limiti: almeno in parte questi sono stati
la conseguenza della mancanza nel popolo e nella sua stessa avanguardia di
tradizioni insurrezionali, di esperienze e
attitudini alla lotta armata. Mentre
gli altri partiti antifascisti erano su
questo terreno quasi completamente assenti poich erano partiti
d o rdine, di pace sociale annota
Secchia , timorosi delle masse in lotta
e soprattutto delle masse in armi.
Questa sua lettura dei fatti, tutto
sommato inusuale, che rifugge da
toni apologetici e liturgici, consente
da una parte di cogliere non solo i
limiti esterni ma anche interni della
resistenza, e, dallaltra, offre una valutazione maggiormente realistica
delle involuzioni che hanno caratterizzato il quadro politico italiano
dopo la Liberazione, almeno fino
alle elezioni del giugno 1953.
Da una parte il quadro internazionale ed il passaggio, traumatico,
dalla vittoria contro il nazifascismo
alla Guerra fredda (Hiroshima e
Nagasaki, Dottrina Truman e Piano
Marshall, costituzione della
NATO), al bipolarismo. Con lURSS
costretta sulla difensiva ed a serrare
i ranghi (Cominform) per evitare lo
scontro frontale. Dallaltra prende
corpo nel nostro paese, parte integrante del nascente blocco occidentale, unoffensiva reazionaria

Maggio Giugno

del grande capitale agrario ed industriale per frenare lespansione


del movimento operaio e bloccare
proprio quella democrazia progressiva che era alla base del progetto dei comunisti. Caduto il governo Parri, questo progetto reazionario prende rapidamente corpo,
soprattutto a partire dal 1947, con
il viaggio di De Gasperi a
Washington, la cacciata delle sinistre dal governo di unit nazionale,
gli arresti ed i processi contro i partigiani e la contemporanea riabilitazione dei collaborazionisti di Sal,
la mancata epurazione ai vertici degli apparati dello stato e delle forze
armate, la scissione socialista e
quella sindacale, la repressione antioperaia ed anticontadina.
Come si colloca il PCI in questo difficile contesto? Quali le discussioni
e le prospettive? Quali gli elementi
comuni e condivisi? Alternative
reali alla collocazione del PCI in un
contesto di democrazia strutturata
sul modello occidentale non avrebbero potuto essere praticate. Lo sapeva bene Stalin, che avrebbe sconsigliato personalmente i comunisti
greci dal porre allordine del giorno
la conquista del potere, limitando le
azioni armate ad ottenere rapporti
di forza pi favorevoli nel contesto
di una Grecia appartenente al
blocco occidentale; e lo sapevano
bene anche i comunisti italiani. Da
qui nasce quella condizione di
doppiezza che non appartiene ad
un singolo dirigente, ma ad una linea politica e ad un intero partito
che da clandestino si trasforma gradualmente in un partito di massa.
Un partito che teorizza la rivoluzione ma che costretto ad inserirsi
nel quadro determinato dalle forze
della borghesia.
Se non esistevano alternative reali
alla linea del partito nuovo e della
democrazia progressiva, vi erano
per diverse possibibilit di gestione della stessa. questo, con
ogni probabilit, il terreno sul quale
si manifesta il dissenso tra Secchia e
Togliatti, che tanto politico
quanto organizzativo. Dissenso che
ha inizio fin dalla svolta di

Maggio Giugno 2005

Salerno, con Togliatti legato ai governi del sud, e Secchia alla prospettiva di fare dei CLN gli organismi di unItalia libera, democratica
e rinnovata. Il dissenso nasce e si approfondisce, insomma, sulla gestione della linea, su alcuni obiettivi
intermedi e, non da escludersi, anche su alcuni elementi di prospettiva. Collotti nota a questo proposito che solamente la necessit di difendersi dalloffensiva reazionaria
ha limitato lemergere di quello che
tendeva a manifestarsi come il conflitto latente tra chi conservava ancora
leredit della resistenza come parte di
un patrimonio rivoluzionario e guardava a una transizione verso la rivoluzione socialista, e chi mirava a realizzare consapevolmente il disegno di una
collocazione democratica e riformistica
del PCI, come erede del movimento dei
lavoratori e grande forza popolare destinata ad operare conquiste graduali
assieme ad altre forze popolari, o ritenute
tali, mirando non soltanto ad evitare lo
scontro frontale con le masse cattoliche
ma soprattutto a ricomporre lunit di
cammino con le stesse.
A chi lo ha accusato, dentro e fuori
il PCI, soprattutto dopo la propria
estromissione politica, di aver sostenuto una linea insurrezionalistica,
di sognare la lotta armata secondo
linfelice ed intenzionalmente strumentale definizione di Miriam
Mafai, Secchia risponde con grande
efficacia e fermezza in uno dei suoi
Q u a d e rn i: Che cosa volevo? Fare la rivoluzione? No, questa la solita baggianata, la solita stolta accusa mossa da
chi ha interesse a falsare le posizioni dellavversario per poterle combattere, liquidare. Non penso affatto che nel 1945
si potesse fare la rivoluzione. Il nostro
paese era occupato dagli anglo-americani, ecc. Condivido pienamente lanalisi fatta dal partito in quel periodo e le
conclusioni cui giunto. Ma si trattava
di difendere di pi certe posizioni e di fare
qualcosa di serio e di positivo quando eravamo al governo. Inoltre gli anglo-americani ad un certo momento se ne sono
andati e noi avremmo dovuto puntare
m a g g i o rmente i piedi.
Giorgio Bocca, nella sua biografia
di Togliatti, riporta un episodio in-

Passato e Presente

dicativo, testimoniatogli dallo


stesso Secchia, nel contesto della
dura opposizione organizzata al
Senato contro la legge-truffa. Alle
insistenze di Secchia sulla necessit
di accelerare ed approfondire la
battaglia politica, Togliatti avrebbe
risposto: Gi, e poi che facciamo, la
rivoluzione?. No, avrebbe controbattuto Secchia non facciamo la rivoluzione. Ma se ascoltiamo te non facciamo mai niente.
Al di l dellepisodio, lo scontro tra
due modi differenti di concepire la
battaglia politica, pur se allinterno
di uno stesso orizzonte. Togliatti,
sulla base di una lettura attenta dei
rapporti di forza internazionali,
vede con scetticismo la possibilit di
spostare in avanti i rapporti di forza
in Italia, intravedendo come rischio
maggiore lisolamento del PCI e la
conseguente necessit di operare
per costruire, in prospettiva, un accordo duraturo con la DC e le masse
cattoliche. Secchia, al contrario, con
una visione solo in teoria pi schematica del quadro internazionale,
che considera la presenza stessa
dellURSS come un elemento di garanzia e di prospettiva per la possibile avanzata del movimento operaio anche in Occidente (ed oggi,
per inciso, a quindici anni dal dissolvimento dellURSS e dalla riconquistata egemonia mondiale del capitalismo, con il passaggio dal multilateralismo aggressivo di Clinton
alla guerra preventiva di Bush, al
massacro sociale in atto anche nei
paesi a capitalismo avanzato, dovremmo poter rivalutare questa posizione), avrebbe preferito una linea
pi aggressiva, meno tatticista, con
lobiettivo di sottrarre le masse lavoratrici cattoliche allabbraccio della
DC e della reazione. Questo a maggior ragione dopo la met del 1947,
quando era ormai chiara linvoluzione della DC ed il fallimento della
politica di unit nazionale di
Togliatti. Azione parlamentare e
conflitto di classe, mobilitazione dal
basso; una sterzata decisa, insomma,
ma sempre allinterno della linea
della democrazia progressiva.
Il rapporto che Secchia sottopone

ai sovietici ed a Stalin nel corso dellincontro del dicembre del 1947


contiene alcune di queste indicazioni, soprattutto sulla necessit di
dare maggior vigore allazione del
partito in Italia, posizione che gli sarebbe stata rinfacciata nel corso del
vero e proprio processo politico che
avrebbe subito tra la fine del 1954
ed i primi mesi del 1955. Anche per
questo, forse, nella vulgata Secchia
viene considerato uno stalinista
(come se, allora, tutto il PCI non lo
fosse). In realt occorre soffermarsi
sul fatto che a Stalin ed alla politica
estera sovietica era maggiormente
congeniale la linea di Togliatti, anche se, e non lo si pu escludere a
priori, lo stesso Stalin non avrebbe
forse disdegnato una tattica maggiormente aggressiva ed un partito
impostato ed organizzato sul modello terzinternazionalista.
Una modifica dei rapporti di forza
in Italia da conseguire attraverso un
partito in grado, secondo le parole
di Secchia, di diventare un partito di
massa acquistando le qualit di un partito di quadri. Partito nuovo, il nostro, siamo a Milano, nel gennaio
1945, ancora in clandestinit appunto perch partito comunista, perch
partito della classe operaia, perch la sua
ideologia lideologia del marxismo e del
leninismo Noi dobbiamo cre a re un
partito di massa, il quale attinga alla
classe operaia le sue forze decisive, al
quale si accostino gli elementi migliori
dellintellettualit davanguardia, gli
elementi migliori delle classi contadine,
ed abbia in s tutte le forze e tutte le capacit per dirigere le grandi masse lavoratrici nella lotta per liberare e ricostruire
lItalia.
A questo Secchia dedica tutto il proprio lavoro dopo essere stato nominato responsabile nazionale della
sezione di organizzazione ed essere
entrato a far parte della Segreteria
Nazionale del partito gi nel giugno
del 1945, per poi essere nominato
nel febbraio 1948 Vicesegretario,
ruoli che ricopre fino al luglio del
1954. Questa impostazione, di fatto,
si sarebbe rivelata forse inconciliabile con quel processo di rinnovamento politico ed organizzativo

89

Passato e Presente

che il PCI pone in essere a seguito


dellavanzata elettorale del giugno
1953, processo ancora troppo poco
indagato e studiato.
Tra la fuga nel luglio 1954 del suo
collaboratore pi stretto, Seniga,
con soldi e documenti riserv a t i ,
Seniga, strumentalmente giustificata dallo stesso con la necessit di
aprire uno scontro dentro il PCI
contro la linea di Togliatti, e la sua
estromissione dal centro del partito, Secchia subisce un vero e proprio processo politico.
Linterrogativo da porre al centro
della nostra analisi riguarda lesistenza o meno di una proporzione
tra le effettive responsabilit di
Secchia ed i provvedimenti attuati
nei suoi confronti. Basta leggere la
documentazione riportata a tal proposito nellArchivio Pietro Secchia per
rendersi conto che questa proporzione non esiste, e che quello inscenato contro Secchia stato un
processo staliniano (senza alcuna
intenzione di utilizzare questo termine come categoria generale di
analisi, ma come elemento circoscritto ad una determinata fase storica del movimento operaio) dopo
la morte di Stalin, una delle pagine
pi buie della storia del PCI.. Per
qualcuno lestromissione di Secchia
sarebbe stato il contributo dato dal
partito alla destalinizzazione prima
del XX Congresso del PCUS e lVIII
del PCI. In realt si voluto colpire
quello che poteva divenire il maggiore ostacolo al dispiegamento
della nuova linea politica del rin-

90

novamento politico ed organizzativo. Un punto di riferimento per


tanti dirigenti e quadri intermedi.
Poco prima dellaffare Seniga, Secchia incontra Molotov a Mosca
(siamo nel luglio del 1953, dopo la
morte di Stalin e lesplosione del
caso Beria), e viene messo in guardia dai rischi del culto della personalit e spronato affinch il partito
italiano adotti al pi presto una direzione collegiale. Elemento, questo, destinato ad allontanare ancora
di pi Secchia da Togliatti, che rifiuta di discutere dellargomento in
direzione.
Una commissione presieduta da
Scoccimarro dalla quale sarebbe
emerso un quadro del partito non
proprio edificante e critiche che andavano nella direzione di accrescere
il pluralismo e la democrazia interni
muove a Secchia diverse contestazioni di tipo politico, organizzativo e
disciplinare. La Segreteria nazionale
approva il 17 novembre 1954 un
duro documento di critica. Tre sono
i testi di autocritica redatti da
Secchia, due respinti ed uno, tremendo, approvato dalla Direzione
del 15 gennaio 1955. Documento
che, per utilizzare unespressione
dello stesso Secchia, ne avrebbe sancito la squalifica politica. Mai il PCI
ha fornito giustificazione esterna
dellallontanamento di Secchia dal
centro e dalla Direzione, e fino alla
met degli anni 70 una fitta nebbia
ha avvolto tutto quanto.
Nonostante questo, Secchia continua la propria militanza nel partito,

Maggio Giugno

come componente del CC e come


Senatore fino alla morte, avvenuta
in circostanze misteriose il 7 luglio
1973, di ritorno da un viaggio in
quello che ancora per pochi mesi
sarebbe stato il Cile di Allende.
Fino allultimo, anche nel suo lavoro prezioso ed incessante di ricostruzione storica, Secchia sarebbe
rimasto fedele alla propria impostazione bolscevica e terzinternazionalista, con la severit ed il rigore esercitati prima di tutto verso
se stesso, con una identificazione
pressoch totale con la causa per la
quale si era battuto, con il disinteresse personale e con il grande rispetto per la persona umana e per
il lavoro dei compagni.
Poco prima di morire Secchia consegna alleditore Mazzotta la sua ultima fatica, la raccolta La Resistenza
accusa, osservando: Vi consegner la
prefazione, ma questa non sar lunga,
entro giugno o met luglio, e se per coincidenza non ci sar pi, bah, vedete
un po darrangiarvi voi, ricordandovi
magari che prima di diventare un uomo
di lettere ero un uomo dazione.
E aggiungiamo noi un grande
dirigente comunista, che tanto ha
ancora da insegnare ad oltre trentanni dalla morte alle giovani generazioni che si accostano alla lotta
politica ed alla militanza comunista. Con Secchia contro i fascismi di
ieri e di oggi, contro i revisionismi
di ieri e di oggi. Teniamo alta la nostra bandiera e la nostra prospettiva
di pace, democrazia, socialismo e libert.

Maggio Giugno 2005

Cultura

Letteratura come fiducia


nellagire artistico,
per fornire una totalit
che serva a confrontarsi
e a resistere nei confronti
di un mondo che va in frantumi

La letteratura torna
a confrontarsi
con la realt

a cura di Gigi Livio e Armando Petrini

COLLOQUIO CON LO SCRITTORE ANDREA BAJANI, CHE NEL SUO ULTIMO


ROMANZO, CORDIALI SALUTI, AFFRONTA IL TEMA DEL LAVORO, LE FORME
DI AZIENDALIZZAZIONE DELLA VITA, RIVENDICANDO LA VOGLIA DI UNA
GENERAZIONE DI FARE I CONTI CON IL MONDO

ndrea Bajani un giovane scrittore al


suo terzo romanzo, Cordiali saluti, pubblicato nel marzo scorso per i tipi di
Einaudi. Un libro importante nel panorama letterario italiano, che sembra accendersi di nuovi e significativi fermenti. Importante innanzitutto per
come scritto, con uno stile asciutto eppure capace di mutare con efficacia i registri narrativi nelle diverse parti di cui
composto. Ma importante anche per il
tema affrontato, che il lavoro, indagato
nelle sue nuove forme e nel suo nuovo
rapporto con la vita, inteso come metafora pi complessiva della societ. Il protagonista del romanzo un impiegato
che scrive, per conto del direttore del personale, grottesche lettere di licenziamento
che trasudano tutta lideologia, sottile e
brutale a un tempo, di cui capace lazienda: da qui il titolo, Cordiali saluti,
che sottolinea proprio il tratto tragicomico che percorre ampie parti di questo
romanzo. Il colloquio che segue si svolto
a Torino il 28 aprile scorso.
P o t remmo iniziare da unosservazione di carattere generale. In questo momento stiamo assistendo a
dei fenomeni nella cultura e nellarte che sono, come minimo, interessanti. Ci riferiamo alla polemica
relativa alla stroncatura di Aldo
Nove al libro di Piperno Con le peggiori intenzioni apparsa su Liberazione, con tutto ci che si scatenato sui giornali; ci sono poi fer-

menti vari, per esempio la polemica


fra Antonio Moresco e Giuseppe
Caliceti ancora su Liberazione e
sul sito Nazione indiana...; inoltre ,
per non fare che un esempio nel ristretto ambito del teatro, abbiamo
limpressione che qualcosa si stia
muovendo, tanto che recentemente
abbiamo visto uno spettacolo che si
rif ai modelli della grande avanguardia degli anni sessanta e settanta, tra laltro fatto da giovanissimi. Ecco, la domanda questa: il
tuo romanzo, che certamente ha la
caratteristica di una innovazione
nella tradizione, nel senso che si rif
a quella che venne chiamata letteratura industriale, si situa secondo
te in questo clima?
Parto dallultima considerazione,
che quella che trovo pi interessante. Il fatto che Cordiali saluti, che
viene etichettato come il ritorno di
una letteratura del lavoro, in realt
possa essere visto e debba essere
contestualizzato in una situazione
di fermento intellettuale diverso.
Che non significa un contesto in cui
si torna a parlare del lavoro, che sarebbe riduttivo e poi renderebbe in
definitiva poca giustizia a un tentativo che, nel mio caso come in altri,
non tanto un tornare a parlare del
lavoro quanto un tornare a parlare
del mondo, a confrontarsi con il
mondo di fuori. Come dire che a

parlare di letteratura del lavoro,


dare uno scaffale al nuovo libro finito sul mercato, si rischia di devitalizzare e marginalizzare operazioni in realt molto pi sporche,
nei loro confini, di quanto non dicano le categorie applicate. Il rischio, in questi casi, quello di finire nellestetica da blockbuster, in
cui si rubrica sub specie di tipologie
di intrattenimenti.
Possiamo dire che si torna a parlare
dei problemi reali...
Dei problemi reali, s. Il che da un
certo punto di vista anacronistico.
La denominazione letteratura industriale, allinizio degli anni 60
rinchiudeva in un claim un filone letterario molto pi ricco, e ha messo
nellombra, per fare soltanto un
esempio, un grandissimo scrittore
come Volponi, che stato etichettato sotto letichetta di letteratura
industriale quando romanzi come
Memoriale che pure avevano ambientazioni anche industriali si
confrontavano con i problemi reali
ben pi di quanto si confrontassero
con i problemi della fabbrica. interessante osservare come il mio romanzo, come altri romanzi che
sono stati per comodit di scelte
giornalistiche messi sotto la stessa
categoria di letteratura del lavoro
il mio come quello di Francesco

91

Cultura

Dezio (Nicola Rubino entrato in fabbrica) o come quello di Giorgio Falco (Pausa Caff) o come il lavoro di
inchiesta che sta portando avanti
Aldo Nove sulle pagine di Liberazione si inseriscono in una situazione che era gi viva nel 2001.
Non a caso molti degli esempi fatti
in apertura hanno avuto come
luogo di esplosione o comunque di
dibattito pi acceso la rete, e in particolare spesso stata Nazione indiana ad accendere un dibattito che
in alcune situazioni pu essere degenerato, ma che ha comunque
portato argomenti alla discussione.
Ecco, nel 2001 c stato un esperimento. allora abbastanza contestato
da molti (dal Manifesto al
Giornale), che stato Scrivere sul
fronte occidentale. Scrivere sul fronte occidentale stata uniniziativa di alcuni scrittori che hanno cercato di
coinvolgere anche personaggi del
cinema, della teoria, della psicanalisi, e che avevano come obiettivo il
vedere che tempo faceva nel
mondo, a che punto era il racconto.
Era una cosa che non si faceva pi,
che era passata da un pezzo. Tutto
aveva preso le mosse da un convegno, e poi aveva portato alla pubblicazione del volume intitolato appunto Scrivere sul fronte occidentale
pubblicato da Feltrinelli.
Tra laltro, il 2001 non certo una
data casuale. lanno dei fatti di
Genova, quindi della prima forte
esplosione in Europa del cosiddetto
movimento. Le cose si tengono, e
la convergenza delle date sembra
ancora una volta significativa.
Infatti il convegno era nato proprio
in conseguenza del fatto che eravamo in tanti a esserci trovati di
fronte a un mondo che bene o male
ci stava scoppiando in faccia. Cera
stato Genova, cera stato anche l11
settembre... L11 settembre se vuoi
quello che abbiamo patito di pi,
e di cui rimasta pi traccia negli
interventi. Il convegno aveva avuto
luogo a ridosso dell11 settembre, e
leco era ancora troppo forte...
Dunque fissiamo il fatto che que-

92

sto vostro lavoro sotterraneo venga


poi fuori circa sei mesi fa... a ridosso
delle elezioni che hanno determinato un iniziale crollo dellera berlusconiana... Tu vedi un collegamento in tutto ci? Fatti di Genova,
11 settembre, e poi questi eventi pi
recenti?
S, penso ci sia un collegamento,
che per va pi indietro degli ultimi
sei mesi, perch in questi ultimi
mesi venuto fuori un lavoro di pi
lungo periodo. Mi sembra che oltre
a esserci un collegamento ci siano
delle buone premesse. Penso che
pi che laver determinato questa situazione, il contesto socio-politico
attuale possa essere sfruttato... che
coincida insomma con un fermento
intellettuale pronto ad accoglierlo e
a portarlo avanti. Sarebbe stato
molto preoccupante se ci non
fosse avvenuto.
Anche il tuo romanzo sta andando
bene, no?
Sta andando molto bene, s. E questo peraltro sintomatico del fatto
che non soltanto c unesigenza da
parte di chi scrive a confrontarsi con
il mondo, ma soprattutto c unesigenza in chi legge, di leggere della
propria miseria e non pi soltanto
della propria cameretta.
il risveglio della coscienza critica.
Cos sembra... Non cantiamo ancora vittoria, ma ci sono sintomi di
risveglio di una forma di coscienza
critica... E poi c un ulteriore elemento interessante vale a dire che
questi sintomi di risveglio della coscienza avvengono per lo pi in una
fascia generazionale, che in realt
una zona di transizione. Noi nati
nella seconda met degli anni settanta conviviamo con padri che vivevano un mondo e che erano inseriti in un certo mercato del lavoro,
regolamentato in un certo modo, e
quindi abbiamo ben presente che
cosa stiamo perdendo. E abbiamo
di fronte invece quello che ci sta scivolando tra le mani. E non un caso

Maggio Giugno

che sia questa generazione ad essere


protagonista di questo momento di
crisi, perch si trova in una situazione di contraddizione. In una situazione di contraddizione che
quasi genetica, che fa parte del proprio corredo cromosomico: il padre da un lato e dallaltro il diventare padre, perch sai benissimo
che nel momento in cui avrai un figlio il mondo che avrai davanti sar
tuttaltro...
Anche da questo punto di vista c
un dato che si riscontra in un ambito
pi generale. Nelle ultime elezioni,
quelle che hanno visto la sconfitta
cos pesante della destra e del berlusconismo, pare che i pi giovani
abbiamo votato contro Berlusconi,
mentre quando Berlusconi scese in
campo, nel 94, accadde il contrario, e cio che i pi giovani lo sostennero fortemente, furono fra gli
artefici della sua vittoria... Oggi non
pi cos.
Penso che questo sia un dato interessante... Mi sembra indiscutibile
che il risveglio delle coscienze sia legato a un risveglio generazionale. E
soprattutto mi sembra che questa
generazione stia cercando, nel difficile dialogo con la generazione
che lha preceduta, di conservare,
di recuperare dei significati che si
stanno smaterializzando... Pensate
a tutto il diritto del lavoro, che non
significa pi nulla per noi, e che si
presenta anche solo nella sua tassonomia come una forma di resistenza. Il fatto che esista ancora,
quanto meno nella nostra memoria,
nella sua forma terminologica, una
mutua, il diritto di sciopero, eccetera, questo per la mia generazione
ancora un elemento con cui confrontarsi: il rischio che la generazione dopo non abbia invece pi termini di paragone. Questo il dato
pi inquietante. Scomparse le parole, sono scomparse le cose.
Questo il paesaggio che abbiamo
di fronte. anche un po da questa
disperazione che nasce.... una disperazione che ha un paesaggio dietro che ancora conser va delle

Maggio Giugno 2005

Cultura

forme, che possono essere riconosciute. Ma quando quelle forme


scompariranno del tutto dallorizzonte, quello sar un danno irreparabile.

ducia nellagire artistico, che in


quel caso dava il senso di unopera
che potesse fornire una totalit in
un confronto con un mondo che
andava in frantumi.

Questa tua osservazione ci fa pens a re che in questo momento assistiamo a un tentativo di recupero
dei grandi maestri del passato; nel
caso di Nove-Piperno, si tornato a
parlare di Lukcs. estremamente
interessante che questi nomi tornino in circolazione. Cos come interessante che ci sia una ripresa di
un pensiero forte. Qualche giorno fa, ancora su Liberazione, cera una interessante stroncatura di
Aldo Nove del pensiero di Cacciari.
Cio Cacciari ha fatto quello che ha
fatto a Venezia, alleandosi con la destra e indicando purt roppo una
strada nazionale, e Nove lo attacca
giustamente sulla base del suo pensiero. In modo forse insufficiente,
ma su un giornale difficile probabilmente fare di pi, lo spazio poco... Ecco, tu pensi che possiamo incominciare a sperare, o a progettare
la chiusura dellepoca postmoderna?

Di ricomposizione... Pre n d i a m o
per esempio la crisi della cosiddetta
forma-partito. Vediamo cio che i
partiti tornano a contare... Il presidente del Consiglio che dice facciamo il partito unico...
Per tornare a ci di cui stavamo parlando: il romanzo, il tuo romanzo,
una forma, una forma strutturata... Non sono pi frammenti,
una forma strutturata, fra laltro in
due parti, con registri linguistici diversi... C in te la fiducia di una ripresa possibile del romanzo realista, per richiamarci ancora a Lukcs?

Ecco, pensavo proprio a ci che diceva Eliot, sui frammenti ho puntellato le mie rovine... Stavo pensando, in modo quasi istintivo, che
forse finalmente tramontato il
postmoderno. E ho pensato al recupero di questi germi di modernismo.
Di modernit...
S, ma anche della grande stagione
del modernismo inglese... Mi proprio venuto in mente il tentativo del
romanzo inglese di fare i conti con
la frammentazione. Ed interessante che in quel caso fosse accaduto dopo un passaggio epocale
cos importante come la Prima
guerra mondiale... Allora, stavo
pensando che forse finalmente
tramontato il postmoderno e forse
c quella forma di resistenza, che
appunto fu del modernismo inglese, e non solo di resistenza, di fi-

Nel mio caso s, ma io non penso


che questa sia una linea di tendenza... Non penso che questo faccia parte di una linea che si sta avviando. Nel mio caso assolutamente cos, e soprattutto nel mio
caso c un recupero della fiducia
nel romanzo, e viene dopo una stagione di sfiducia nel romanzo, che
era il dato pi preoccupante in chi
minimizzava se stesso trasformando
la letteratura in narrativa, di chi si
metteva in ombra quasi pensando al
romanzo come a unevasione pensata, meditata.,. In questo senso s,
penso che possa far parte di quel fermento di cui parlavamo, che non
soltanto la fiducia nella forma del
romanzo, ma anche la fiducia nella
possibilit di uscire anche dalla
forma del romanzo. C stata tutta
una stagione in cui gli scrittori non
hanno pi detto nulla, e forse faceva
comodo che non dicessero nulla. In
questo momento c il tentativo di
usare da un lato i propri romanzi
come vettori di significato molto
forte, e da un altro di uscire anche
dal proprio nome in copertina e di
uscire come corpo pubblico. La fiducia nel romanzo e la fiducia nel
romanziere mi sembrano i due elementi pi interessanti in questo momento.

Il realismo del tuo libro molto int e ressante. In una recensione di


Carla Benedetti si legge giustamente che nel tuo romanzo non c
tanto un racconto della vita dellazienda (naturalmente c anche
questo), quanto soprattutto un evidenziare i fenomeni di aziendalizzazione della vita. Unespressione
che rende bene un elemento presente in questo libro e che ne rafforza anche la complessit, no?
Anche secondo me questa unespressione molto azzeccata. Anche
perch lintento che mi ha spinto a
scrivere il libro stata la considerazione di unazienda che si propone
come sostitutiva della realt, che
esattamente ci che scrive Carla
Benedetti. Per cui tutto per me nato da l, ed per questo che ci sono
i bambini, ed per questo che lidentificarla esclusivamente come
letteratura del lavoro era poco interessante, perch lazienda che si
propone come sostitutiva della realt tenta di eliminare un altro piano
di realt, che in questo caso rappresentato dai bambini, rappresentato dalla vita di fuori, rappresentato da un linguaggio diverso. E
quindi laziendalizzazione della vita
era per me il rischio dellazienda
come sistema totalitario. Non parlo
solo dellazienda come luogo di
produzione identificato da un acronimo. in realt il rischio, in molti
casi poi legati al precariato, di unazienda che si propone come sostitutiva e che quindi fornisce tutto
agli impiegati, dalla nursery per i
bambini ai campi da tennis aziendali per consentire lo svago ai dipendenti o ai collaboratori, per produrre di pi... Ma contemporaneamente anche la rincorsa del lavoro. In un sistema in cui il lavoro
non c, in cui gli impieghi si tamponano nelle vite delle persone, la
rincorsa del lavoro porta allaccumulo di impieghi: ci sono persone
che hanno cinque, sei, sette collaborazioni contemporaneamente, e
che nella rincorsa di tutto ci perdono totalmente di vista la vita...
questo il rischio che una genera-

93

Cultura

zione sta vivendo come drammatico... Perch sta vedendo saltare


per aria la propria vita privata. Rincorre costantemente un orizzonte
che non arriva mai o che rischia di
perdersi...
Qui c anche una posizione autobiografica molto precisa che tu, con
sana autoironia, nella terza di copertina segnali concludendo le tue
righe biografiche con vive e cambia lavoro a Torino.
S, per in questo caso unautobiografia che anche lautobiografia di una generazione... Nella terza
di copertina ho voluto ironicamente appuntare il cambiamento
del lavoro proprio per cambiare la
formula... Perch la formula rappresenta una cristallizzazione della
realt in qualche modo. Vive e lavora a Torino rispecchia un mondo
che non c pi, per cui era scontato che le persone lavorassero e vivessero in un posto. E giocandoci sopra, per il mio intento era molto
pi che giocoso, era...
Grottesco...
S. Facciamo scattare... usciamo
dalla formula; il mondo cambiato
ed cambiato anche nelle formule.
Non vive e lavora a Torino... vive
e lavora a Torino era quasi una para-

94

frasi del nome. Non cos scontato,


e quindi in questo senso lautobiografia lautobiografia di una generazione.
Leggendo il tuo romanzo ci sembrava assolutamente positivo il
fatto che fosse avvincente.
Perch nella struttura romanzesca,
che non la stessa struttura della
poesia lirica, necessario che gli
eventi si susseguano in modo avvincente, che ti facciano sempre desiderare di andare a vedere cosa succede la pagina dopo. Sei daccordo
su questo?
Sono assolutamente daccordo.
chiaro che forse, al di l della buona
o della cattiva letteratura, il discrimine quanta porzione ha lelemento accattivante nellintenzione
letteraria. Secondo me un elemento imprescindibile, ma non deve fagocitare lagire letterario. Per resta imprescindibile.
Troviamo che in questo momento ci
sia unaltra cosa interessantissima,
il fatto che finalmente vengano
fuori dei romanzi avvincenti non
solo il tuo e che non sono gialli.
Perch non se ne pu pi di questi
scrittori che dicono: oggi attraverso
il giallo dici tutto e poi finiscono alla
televisione e scrivono poi anche
meno bene.

Maggio Giugno

In realt c un rischio naturale che


deriva dal genere. Il genere, in particolare il noir, per molto tempo e
per fortuna ha rappresentato un po
un certo noir, che si appunto poi
un po sfilacciato ed diventato
confezione lunica letteratura politica.
Infatti i primi romanzi di Lucarelli
erano bellissimi...
S, allinizio degli anni novanta c
stato un momento in cui stato il
genere a tener viva ancora un po la
brace, stato un certo noir a tenere
viva una coscienza politica negli
scrittori. Che poi in alcuni romanzieri andata un po scemando... e
per in altri, passando il testimone
delle generazioni, rimasta viva.
Penso a Wu Ming, a Genna, a Evangelisti... Il genere ha comunque
mantenuto in alcuni casi questa
forte connotazione politica. In altri
casi si invece disperso ed diventato packaging. Ecco, per concludere direi che proprio il recupero
di una consapevolezza politica della
letteratura a risaltare in queste operazioni letterarie. come se in qualche modo si stesse decidendo di
cambiare postura, di scegliere una
nuova inclinazione della penna sul
foglio. Come se si stesse cercando
una voce nuova per formulare domande alle cose.

Maggio Giugno 2005

Recensioni

La storia di un circolo operaio


nella Torino dinizio 900,
leggendaria, nostra, vera

Quel che dobbiamo


alla classe operaia

di Maria Rosa Calderoni

NEL LIBRO MEMORIE DEL NOSTRO NOVECENTO DI CELESTINO CANTERI


RIEMERGE IL RUOLO DETERMINANTE CHE LE LOTTE DELLA CLASSE, DELLE
TUTE BLU, HANNO AVUTO PER LA COSTRUZIONE DELLA DEMOCRAZIA E
LE CONQUISTE SOCIALI NEL NOSTRO PAESE

una storia leggendaria, ma anche


nostra, minuta, riconoscibile. A suo
modo eroica, gloriosa, ma umanamente e antropologicamente familiare, nota. La storia del Circolo
Carlo Marx, cos come raccontata
in questo libro - Celestino Canteri,
Memorie del nostro Novecento (Jaca Book,
pp. 206, euro 14) - non lelaborato
di uno storico di professione, di uno
studioso del ramo, insomma di un addetto ai lavori. Per una volta tanto a
parlare e scrivere non uno dallalto,
ma uno dal basso. Un operaio in carne
ed ossa. Celestino Canteri per lappunto. Una tuta blu. E in questo senso
si tratta di un libro unico, esemplare.
Un libro di memorie raccolte dalla voce dei protagonisti (e anche Cele
scomparso nel 1983).
Il posto era quello, e gli abitanti dei borghi. Uno spaccato della Torino operaia. Tanta e generale la miseria, ma ,
in Barriera erano gi sorti due circoli.
In uno si riunivano gli appassionati di
musica. che si fregiavano del nome
dellInternazionale; nel secondo si riunivano i ferrovieri. Entrambi facevano soltanto attivit ricreativa, ma
loro volevano creare un vero circolo
operaio socialista, dove poter discutere
e agire. Creare nel senso letterale del
termine. Finanziatori non ce ne erano
di sicuro.
Comincia cos lavventura del Carlo
Marx, in un momento in cui il movimento operaio, anche l a Torino,
sotto schiaffo. Anche lo sciopero al oltranza, lungo 65 giorni. del 1912 finito con una sconfitta, e gli industriali

hanno imposto pesantissime condizioni nelle fabbriche. Ma il Circolo


un fortilizio. Nel Psi condivide la politica della sinistra. Nelle sue stanzette
lanno dopo si terranno assemblee e
riunioni affollatissime. una fucina
di dibattito e organizzazione; a mobilitare gli operai passa di l anche
Bruno Buozzi, il nuovo giovane battagliero segretario della Fiom (che sar
poi fucilato a Roma dai nazisti in fuga
il 4 giugno 1944). E cos lanno dopo,
il marzo 1913, anche grazie al gran
lavorio del Circolo gli operai ci riprovano: questa volta ne piazzano 95 di
giorni di sciopero, e riescono persino
a strappare un aumento della paga
oraria, di ben due centesimi in pi, e
anche unora settimanale di lavoro in
meno. No, anche allora i padroni avevano il vizio di non regalare niente.
Al Circolo non ci sono laureati, anzi
molti non hanno nemmeno la licenza elementare; nondimeno sono gi
una avanguardia operaia, hanno
collegamenti con i giovani di altri circoli cittadini e con giovani studenti,
per dire. Siamo nella Torino dell
Ordine Nuovo infatti. E in quello
stesso 1913 il Carlo Marx lascia via
Ellero e si trasferisce in via Narzole,
dove ci sono pi locali.
Le proteste contro la guerra del 1518 trovano il Circolo sulle barricate.
Ribelle, attivo, reattivo, pronto a captare, non sfugge poi certo, al Circolo,
quel che nel 1917 sta succedendo lass, in un paese chiamato Russia.
Allodio per la guerra, nell agosto di
quellanno si aggiunge la mancanza

del pane, si arriva alle barricate.


Va da s che il circolo Carlo Marx ,
nellacceso dibattito che agita il Psi,
in maggioranza schiacciante schierato
sulle posizoni comuniste, e nel 21 a
Livorno tra i fondatori del Partito comunista dItalia. Quelli del 21 furono
anchessi un mito nella storia del Pci.
Viene poi il fascismo, e il racconto di
Cele anche la cronaca di quei giorni
di violenza, resistenza, persecuzioni.
una terribile bufera, ma loro, quelli
del 21, non si rassegnano, non vanno
a casa, si rincomincia proprio dalle
file operaie; e Luigi Longo inviato
proprio a Torino.
Si apre lo scenario del Ventennio,
lannientamento politico, il carcere,
le persecuzioni, il giro di vite economico, ma la resistenza non mai spezzata. Cele annota: Sono i famosi
oscuri compagni. La grande storia
dl Pci cammina atttraverso questa
trama di generosit, dedizione, sacrificio di tanti uomini come quelli del
21 (e come Cele). I centomila operai di Torino che scendono in sciopero nel 43, le Sap (squadre dazione
partigiana), e ubbidendo alla direttiva del partito.
Il Circolo rinasce nel 45, in poco
tempo. Dal vecchio Circolo nasce la
15a sezione del Pci, e poi il Circolo
Garibaldi, e la 25a sezione del Pci:
quei lunghi 30 anni di lotte che fanno
anche la storia di Celestino Canteri.
Una come scrive Diego Giachetti
nella prefazione di tanti come lui.
Ed vero. A Cele, operaio dellEmanuel, e a tanti come lui, lo dobbiamo.
95

essere comunisti, insieme


Santa Marinella (Roma)

27-31 luglio 2005


Mercoled 27 luglio
Apertura Fosco Giannini Direttore de lernesto

Antonio Bitti Segretario Fed. Prc Civitavecchia


Pietro Tidei Sindaco di Santa Marinella
Ore 19.00

Salario, diritti, occupazione, Mezzogiorno:


la centralit del conflitto

Bruno Casati Direzione Naz. Prc, Assessore crisi industriali Prov. Milano
Damiano Guagliardi Direzione Nazionale Prc
Gianni Rinaldini Segretario Generale Fiom-Cgil
Cesare Salvi Vicepresidente Senato, coord. Sinistra DS per il Socialismo
Coordina Marilde Provera Deputata Prc
Ore 21.00 Concerto del cantastorie Franco Trincale
Ore 22.00 Tonino Bucci, giornalista di Liberazione,
intervista il regista Mario Monicelli
Ore 23.00 proiezione del film I compagni (1963)

di Mario Monicelli

Gioved 28 luglio
Ore 19.00

La guerra infinita: quali le cause?


Come fermarla?

Ore 21.30

Dopo i referendum in Francia e Olanda,


unaltra Europa: quale?

Emiliano Brancaccio docente di macroeconomia Universit del Sannio


Giorgio Cremaschi Segreteria Nazionale Fiom-Cgil
Tiziano Rinaldini Cgil - Emilia Romagna
Bruno Steri Dipartimento Nazionale Esteri Prc
Coordina Fausto Sorini Direzione Nazionale Prc
Ore 21.30 Musica e memoria

Canti della Resistenza e letture reinterpretate da


Michele Anelli, Evasio Muraro dei Groovers e da Paolo Montanari
Ore 23.00 proiezione del film La bataille du rail (1946)

di Ren Clment
presenta Bianca Bracci Torsi Direzione Nazionale Prc

Sabato 30 luglio
Ore 19.00 Questione

programmatica e sinistra critica.


Cacciare Berlusconi: gi lalternativa?

Alberto Asor Rosa Coordinatore Camera di Consultazione della Sinistra


Paolo Beni Presidente Nazionale Arci
Paolo Cento Deputato - Coordinatore Segreteria Nazionale Verdi
Claudio Grassi Direzione Nazionale Prc
Pino Sgobio Capogruppo PdCI Camera dei Deputati
Coordina Valentino Parlato de il manifesto

Sergio Cararo Direttore di Contropiano


Don Giulio Albanese Missionario e africanista
Gianni Min Giornalista, direttore di LatinoAmerica
Francesca Re David Segreteria Nazionale FIOM- Cgil
Coordina Alberto Burgio Direzione Nazionale Prc

Ore 21.30 Concerto rock

Ore 21.30 Concerto del cantautore Massimiliano DAmbrosio

Domenica 31 luglio

Ore 23.00 proiezione del film Il sole sorge ancora (1946)

Ore 19.00 1945/2005.

di Aldo Vergano
presenta Franco Guerra Federazione Prc Roma

Venerd 29 luglio
Ore 18.30

Costituzione, leggi elettorali, primarie:


contro la stretta autoritaria, per la democrazia

Giuseppe Chiarante Presidente Associaz. per il Rinnovamento della Sinistra


Gianni Ferrara Costituzionalista
Raniero La Valle Direttore della Scuola Vasti
Gianluigi Pegolo Direzione Nazionale Prc
Coordina Sandro Valentini Esecutivo Nazionale Prc

Ore 23.00 proiezione del film Achtung Banditi! (1951)

di Carlo Lizzani
presenta Orietta Coltellacci Federazione Prc Roma

Ora e sempre Resistenza!

Andrea Catone Storico del movimento operaio


Stefano Chiarini Inviato de il manifesto
Hugo Ramos Milanes Consigliere politico Ambasciata di Cuba in Italia
Bassan Saleh Rappresentante Comunit Palestinese
Rodrigo O. C. Samudio Ambasciatore Rep. Bolivariana del Venezuela
Nguyen Van Nam Ambasciatore del Vietnam in Italia
Coordina Gianni Favaro Esecutivo Nazionale Prc
Ore 21.30 Ballo liscio
Ore 22.00 A rmando Petrini d o c. Storia dello spettacolo intervista
Gianluca Arcopinto produttore de I nostri anni e regista di Nichi
Ore 23.00 proiezione del film I nostri anni (2000)

di Daniele Guaglianone

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