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Fuori lItalia
dallIraq
La rivoluzione
del Venezuela
di Valentino Parlato
di Ernesto Cardenal
segue a pag. 2
segue a pag. 3
Iraq
Venezuela
SOMMARIO
La centralit del programma
G. Pegolo
Guerra e terrorismo
14
M. Dinucci
20
S. Cararo
24
M. Cao
29
L. Menapace
34
L. Cavallaro
Declino Fiat
37
B. Casati
Mezzogiorno di fuoco
40
R. Tassone
44
S. Ricaldone - G. Pesce
N. Brambilla - S. Vecchio Vaia
46
W. Bello
51
I Comunisti e lEuropa/Dibattito
56
70
A. Catone
Enzo Santarelli:
la storia e la rivoluzione
74
M. Papini
80
84
G. Livio - A. Petrini
Musica e rivoluzione
89
G. Lucini
Recensioni
Il potere, la violenza, la resistenza
S. Chiarini
92
Venezuela
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8 novembre 2004
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4
stranieri. Lopposizione, poi, ricorre al terrorismo. Le loro manifestazioni politiche sono vandalismi.
Mi hanno raccontato che a Valencia
ad alcuni studenti tornati da Cuba
hanno strappato in strada le loro valige, il denaro e tutte le loro cose.
Pi di ottanta leaders contadini
sono stati assassinati. Uno psichiatra mi ha raccontato di dover assistere numerosi pazienti colpiti dalle
campagne di terrore della destra.
I giornali si vendono sempre meno
a causa dei loro attacchi a Chvez e
conseguentemente sono diminuiti
gli annunci pubblicitari. Loro stessi
lo riconoscono. Alla fine della giornata si vedono per strada molti pacchi di El Nacional o El Universal ancora imballati, pronti per essere restituiti. La gente si chiede chi paga
le perdite di questi giornali. E chi
paga i canali televisivi che dedicano
il loro tempo prezioso non alle notizie o alla pubblicit ma agli attacchi politici?
Chvez un bersaglio continuo
delle caricature di questi media,
con un razzismo nuovo per il Venezuela. Lo prendono in giro per il
suo aspetto e per il colore della pelle. Siccome ci sono alcuni suoi fedelissimi che lo chiamano M i
C o m a n d a n t e, la destra lo chiama
Mico Mandante (Scimmia che d ordini): perch meticcio o mulatto
o forse per entrambe le cose, e per
il colore della sua pelle piuttosto ramata. La campagna della destra
apertamente contro il popolo, e mi
hanno raccontato di un presentatore televisivo che parla dei poveri
chiamandoli brutti, sdentati e negri violenti. E poi i media stanno
facendo appelli allinsurrezione. La
mancanza di rispetto non ha limiti;
il presidente di un partito ha gridato
a Chvez in televisione: El coo de
tu madre! [espressione molto volgare]. In che Paese si insulta cos un
capo di Stato? Credo di non aver
mai conosciuto un Paese in cui ci sia
una simile rilassatezza nelle comunicazioni, scrive Marta Harnecker.
Eppure non stato chiuso nessun
giornale o canale televisivo o radiofonico. E non ci sono neppure pri-
Venezuela
gionieri politici.
A Mrida ci hanno ospitato dove va
anche Chvez, e mi hanno raccontato che quando arriva molta gente,
ma soprattutto gli studenti, vegliano tutta la notte nella speranza
di poterlo vedere un momento e discutere con lui, che in genere viene
fuori allalba, li saluta e conversa
con loro.
Chvez viene accusato di populismo, ma io non credo che sia vero
e credo che sia autenticamente rivoluzionario, con il suo aspetto da
popolano. Il suo amore per il popolo evidente e pure la sua predilezione per i poveri. Gli danno del
tu, soprattutto i pi umili. Viaggia
incessantemente per il Paese da
anni, da quando si lanciato in politica per la prima volta. andato a
pescare con indios che pescano con
le mani o con una grande pietra e
ha fatto avere loro gli attrezzi di pesca. Cita Bolvar frequentemente, lo
conosce a memoria. Anche se parla
per molte ore di seguito, il popolo
sempre attento e lo interrompe al
momento giusto, con applausi, grida, slogans, esclamazioni o fischi, a
seconda di quello che dice. Assomiglia a Fidel, perch entrambi parlano per molto tempo (catturando
luditorio) ma Fidel piuttosto serio e lui abbastanza scherzoso. A differenza di Fidel, parla molto di Dio
e di Cristo nei suoi discorsi. Cita
molto il Vangelo e a volte sono citazioni false, mettendo in bocca a
Cristo cose che non ha detto mai,
ma con lo stesso spirito delle cose
che ha detto.
Non posso negare di avere incontrato in Venezuela intellettuali onesti, alcuni dei quali sono miei amici,
che si oppongono visceralmente a
Chvez. Ma per me, la sua rivoluzione bolivariana come il ritorno
di Bolvar in Venezuela, da dove lo
aveva cacciato loligarchia. Per me
si sta vivendo unautentica rivoluzione e non solo un leader carismatico: sono milioni i venezuelani
che lo appoggiano. una rivoluzione diversa da tutte le altre come
sono diverse tutte le rivoluzioni.
Forse liniziativa pi popolare di
Venezuela
Tempo prima la rivoluzione ha dovuto affrontare uno sciopero del petrolio che per due mesi ha paralizzato il Paese. Hanno sabotato i
pozzi, le raffinerie e gli oleodotti,
hanno chiuso i distributori di benzina, sabotato le navi, bloccato i
porti. Non cera benzina per le auto
n gas per le cucine e in molte parti
del Paese hanno dovuto cucinare
con la legna. Nello stesso tempo
sono stati chiusi supermercati, altri
grandi centri commerciali, fabbriche e catene di distribuzione alimentare. Il Governo ha dovuto importare petrolio a prezzi internazionali, nonch enormi quantit di
alimenti: carne dal Brasile, latte
dalla Colombia, riso e granturco
dalla Repubblica Domenicana. Il
Governo ha organizzato in tutto il
Paese dei supermercati popolari, in
cui la popolazione ha potuto comprare a prezzi pi bassi, prezzi che
sono rimasti da allora. Le feste di
Natale sono passate con questa
mancanza di tutto, ma il popolo non
si arreso. Una spagnola che era l
in quei giorni ed tornata adesso,
mi ha raccontato che la gente sopportava con ogni tipo di trovata e
con spirito. Le code erano enormi
per qualunque cosa, ma in quelle
code non cera amarezza e nessuno
dava la colpa a Chvez.
Proprio la domenica in cui sono
stato invitato ad assistere a Al
Presidente, tutti noi poeti del
Festival siamo stati invitati a cena nel
Palazzo Presidenziale di Miraflores.
Anche se veniva dalle sei ore di programma, prima di cena Chvez ha
avuto con noi una conversazione di
due ore. Ci ha raccontato che il salone in cui ci trovavamo era quello
in cui si erano riuniti i golpisti e in
cui il Presidente della Confindustria
aveva fatto il suo autogiuramento di
incarnare lunico potere, abolendo
il Parlamento, il Tribunale di Giustizia e il Tribunale Elettorale, mentre tutti inneggiavano alla democrazia. Degli irlandesi che stavano filmando nel palazzo quando avvenuto il golpe, avevano ripreso quella
scena, e Chvez ci ha dato delle copie di quelle riprese. Si trattato del
Editoriale
La necessit
di battere Berlusconi
e la centralit
del programma
di Gianluigi Pegolo
B E RT I N O T T I
Editoriale
un buon metodo per evitare astrattezze e ideologismi. Nello scorso numero de lernesto Alberto Burgio e
Claudio Grassi hanno chiarito in
modo efficace il punto di vista dei
compagni de LErnesto sulla proposta del segretario. Mi difficile introdurre nuovi elementi in uno
schema di pensiero che condivido:
credo invece che possa essere utile
un approfondimento su taluni
aspetti, da cui discende il ragionamento espresso in quel saggio.
LA N E C E S S I TA D I B AT T E R E
B E R L U S C O N I E L A S S O L U TA
C E N T R A L I TA D E L P R O G R A M M A
E vorrei iniziare, per lappunto, da
unassunzione generale, rispetto
alla quale non vi sono divergenze e
che, tuttavia, si presta ad alcune riflessioni. Si tratta dellinderogabile
necessit di battere il governo
Berlusconi e perci di dar vita ad
una qualche forma di alleanza con
le forze dellUlivo. Sulle malefatte
del governo Berlusconi non vi
molto da aggiungere: sono sotto gli
occhi di tutti. Non solo sta utilizzando larmamentario classico della
destra liberista (compressione dei
salari, precarizzazione del lavoro, riduzione delle protezioni in termini
di sistema contributivo, riforma fiscale a beneficio delle fasce a reddito pi alto, smantellamento del
welfare, accentuazione delle politiche di privatizzazione, lesione dei
diritti del mondo del lavoro e della
cittadinanza in genere, a partire dai
migranti), ma - e questo il tratto
peculiare di questalleanza - ha prodotto una legislazione ad personam
costruita per tutelare il leader e i
suoi collaboratori, finendo con il
minacciare lautonomia della magistratura e ledendo principi essenziali nel campo delleguaglianza dei
cittadini di fronte alla legge. In aggiunta, ha avviato una riforma delle
istituzioni plasmandola sulle necessit della propria coalizione e cio
quelle di perpetuare il regime di
controllo dellinformazione e di
consolidare loccupazione del si-
LE
D I F F I C O LT L E G AT E
A G L I O R I E N TA M E N T I
D E L L E C O M P O N E N T I M O D E R AT E
DEL CENTRO-SINISTRA
E A L L O S TAT O D E I M O V I M E N T I
Editoriale
LE
D I F F I C O LT S U L P I A N O
ECONOMICO E SOCIALE
Editoriale
10
LA
MEDIAZIONE NECESSARIA
Sinteticamente, mi pare che le questioni dirimenti siano: lindividuazione del senso di un confronto
programmatico, i termini di tale
confronto e le loro ricadute, il ruolo
della mobilitazione sociale nel quadro di una decisa battaglia di opposizione, la realizzazione di una sinistra di alternativa come motore di
processo di svolta, la salvaguardia
dellautonomia del partito.
La prima questione va meglio precisata: un programma allaltezza
delle necessit non coincide, ovviamente, con quello di Rifondazione
comunista. Chi non riconosce
obiettivamente la necessit di una
mediazione, nascondendosi dietro
limpossibilit a priori di interloquire con alcuni soggetti politici o,
allopposto, spostando laccento
tutto sulla costruzione di unopposizione sociale, di fatto, non prende
atto della realt e cio che, con ogni
Editoriale
dellintesa, ma solo alla fine del percorso. Quello che certo che nellattuale quadro, pi avanzata lintesa programmatica, pi Rifondazione comunista nelle condizioni
di non subire contraccolpi pericolosi. Pertanto lesigenza non
quella di conseguire un qualsiasi accordo, ma di verificare la possibilit
di ottenere un accordo che apra
una prospettiva di cambiamento,
introducendo delle discontinuit rispetto allesperienza precedente.
L I N T R E C C I O
FRA
P R O F I L O P R O G R A M M AT I C O
E ASSETTI DI COALIZIONE
LA
B AT TA G L I A D I O P P O S I Z I O N E
E L A M O B I L I TA Z I O N E S O C I A L E
La vera questione
rappresentata dalla modifica
degli equilibri sociali e politici.
Di qui lassoluta rilevanza
che assume la capacit
di mettere in campo
unefficace battaglia di opposizione
che attraversa spezzoni di movimento, non a caso spesso assenti anche dalle recenti manifestazioni e
sempre pi critici verso le scelte del
nostro partito. Occorre quindi rapidamente recuperare una battaglia politica esplicita contro lintervento americano, con la valorizzazione e non con la rimozione della
resistenza armata (senza per questo si traduca in alcun equivoco sulla
condanna del terrorismo) e per la
realizzazione di un assetto istituzionale non soggetto ad alcun protettorato esterno. Sul piano della finanziaria, grave che la manifesta-
11
Editoriale
zione del 6 novembre sia stata rimandata per il solo fatto che Prodi
non poteva parteciparvi. Lepisodio
rivelatore dellinclinazione propagandistica di alcune forze del centro sinistra che non colgono limportanza della lotta contro la manovra economica come mezzo, non
solo per mettere in difficolt il governo, ma anche per delineare un
assetto programmatico alternativo.
Peraltro, le scelte della finanziaria
possono essere contrastate solo assumendo un punto di vista oggettivamente diverso da quello che caratterizz la politica economica del
governo Prodi. E cio: uniniziativa
internazionale (in prospettiva) tesa
a modificare i parametri di
Maastricht, un coraggioso intervento fiscale contro le rendite (la
patrimoniale) e i redditi pi elevati,
leliminazione di vincoli alla spesa
degli enti locali e la ripresa dei trasferimenti, la salvaguardia del welfare e il rifiuto delle privatizzazioni,
il sostegno allo sviluppo (dal sostegno selettivo alla ricerca, alla promozione di settori innovativi, allo
sviluppo del Mezzogiorno). Sul
piano delle vertenze contrattuali
gi chiaro che il governo non intende soddisfare le richieste sindacali, fissando tassi di inflazione programmata inferiori agli incrementi
reali del costo della vita. Di qui lintreccio evidente con la battaglia
sulla finanziaria. Fino ad oggi la ritrovata unit fra le tre confederazioni sul piano delliniziativa di lotta
non ha prodotto granch. E vero
che stato previsto uno sciopero generale di quattro ore, ma per esempio su tutta la partita della legge 30
non vi stata alcuna mobilitazione,
n il profilo generale della lotta
stato privo di contraddizioni, basti
pensare ai contenuti spesso assai diversi delle singole piattaforme contrattuali. La conduzione di tali vertenze, sulla base di principi unificanti, si rende quindi indispensabile. Infine, sul piano istituzionale
non vi molto da dire sulla giustezza
del ricorso al referendum. Il punto
che leventuale soppressione di
quella orrenda riforma varata dal
12
LA
COSTRUZIONE
DELLA SINISTRA
D I A LT E R N AT I VA E L A M O D I F I C A
D E I R A P P O RT I D I F O R Z A
NELLA COALIZIONE
L A S S U N Z I O N E
D I U N A P R O S P E T T I VA
B I P O L A R E C O M P I U TA
E L A U T O N O M I A D E L PA RT I T O
Editoriale
13
Guerra e terrorismo
alla luce
della storia
degli ultimi decenni
di Manlio Dinucci
de il Manifesto
14
U N I D E A
P E R F E T TA D I N E M I C O
QU A N D O OS A M A B I N L A D E N
E R A A M I C O D I WA S H I N G T O N
Osama bin Laden, che gli Stati uniti
indicano come capofila del terrorismo internazionale, lo stesso che
gli Stati uniti sostenevano quando
organizzavano e armavano i mujaidin islamici in funzione anti-sovietica. Quale sia la reale storia dei rapporti fra gli Stati uniti e i mujaidin,
e quindi con bin Laden, lo racconta
uno degli artefici della politica statunitense di quel periodo, Zbigniew
Brzezinski, gi consigliere del presidente Jimmy Carter per la sicurezza nazionale dal 1977 al 1981.
In una intervista concessa nel 1998
al settimanale francese Le Nouvel
Observateur (15-21 gennaio 1998),
Brzezinski afferma: Secondo la ver-
15
Brzezinski:
Che cosa pi importante
per la storia del mondo?
I talebani o il collasso
dellimpero sovietico?
16
M I S T E R I D E L L11 S E T T E M B R E
uniti da parte di tali nazioni, organizzazioni o persone. La guerra inizia il 7 ottobre 2001 con il bombardamento dellAfghanistan, effettuato dallaviazione statunitense e
britannica.
L O C C U PA Z I O N E
D E L L A F G H A N I S TA N
nus della Cia). Quando, dopo gli accordi di pace del 1996, la Russia
inaugura nel 1999 loleodotto tra il
porto azero di Baku sul Caspio e
quello russo di Novorossiisk sul Mar
Nero, esso viene sabotato nel tratto
in territorio ceceno. I russi realizzano allora un bypass attraverso il
Daghestan, ma in agosto un commando ceceno di Bassaev lo rende
inagibile. In settembre, Mosca effettua il secondo intervento armato
in Cecenia. Nello stesso anno, per
iniziativa di Washington, viene
aperto un altro oleodotto che collega Baku al porto georgiano di
Supsa sul Mar Nero, mettendo fine
allegemomia russa sullesportazione del petrolio del Caspio. Nello
stesso anno, sempre su iniziativa statunitense, Turchia, Azerbaigian,
Georgia e Kazakistan decidono di
costruire un oleodotto che collega
Baku al porto turco di Ceyhan sul
Mediterraneo, sottraendo alla
Russia il controllo sullesportazione
della maggior parte del petrolio del
Caspio.
Allo stesso tempo gli Stati uniti si
muovono per distaccare da Mosca
le repubbliche ex sovietiche dell
Asia centrale, portandole nella propria sfera dinfluenza. Dopo l11 settembre Washington d la spallata
decisiva, installando basi e forze militari, oltre che in Afghanistan, in
Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan, Kazakistan e Georgia.
Contemporaneamente, allinterno
della Federazione russa, il miliardario Mikhail Khodorkovskij, padrone della compagnia petrolifera
Jukos, tenta la scalata al potere politico con lappoggio della statunitense ExxonMobil (cui sta per vendere un terzo della Jukos quando
viene imprigionato) e il banchiere
Boris Berezovskoj sostiene e finanzia da Londra il gruppo ceceno di
Shamil Bassaev, organizzatore tra
laltro dellattacco alla scuola di
Bessan.
Cos si svolge il nuovo grande
gioco interno e internazionale attorno a una posta di enorme importanza strategica: il controllo dellex Unione sovietica e, in partico-
L O C C U PA Z I O N E
D E L L I R A Q
Alloccupazione dellAfghanistan
segue, dopo breve tempo, quella
dellIraq, confermando lesistenza
di un preciso piano mirante al controllo dellintera area dallAsia centrale al Medio oriente. Tale piano
nasce negli anni Novanta, quando
si forma a Washington un gruppo di
pressione, di cui si fa portavoce
Project for the New American Century,
organizzazione non-profit costituita nel 1997 con lo scopo di pro-
17
18
LA G U E R R A
GLOBALE
AL TERRORISMO
Per la guerra globale al terrorismo, lamministrazione Bush potenzia non solo le forze armate ma
lintero apparato dei servizi segreti,
ufficialmente composto dalla Cia e
da altre 12 agenzie federali. Questo
apparato ha il compito non solo di
raccogliere informazioni, ma di catturare ovunque nel mondo coloro
che sono ritenuti pericolosi per gli
Stati uniti, e di tradurli a Guantanamo a Cuba e in altri luoghi di detenzione sotto giurisdizione statunitense.
Lo autorizza un atto ufficiale senza
precedenti nel sistema giuridico internazionale: il 13 novembre 2001,
il presidente Bush, invocando la
sua autorit costituzionale di comandante in capo e la risoluzione
del Congresso sulluso delle forza
militare, firma un ordine che autorizza speciali tribunali militari a processare stranieri accusati di terrorismo. [...] Sulla base di questordine,
il presidente stesso a decidere chi
sono i terroristi da incriminare e
quindi processare in questi tribunali.
Si apre contemporaneamente il
fronte interno della guerra al terrorismo. Il 16 settembre quando
ancora la popolazione sotto shock
dopo aver assistito in diretta televisiva al crollo delle Torri Gemelle e
alla morte di circa 2.800 persone,
che, sul momento, si teme siano
molte di pi la Casa bianca annuncia una legge speciale contro il
ALCUNE
CONSIDERAZIONI
CONCLUSIVE
bile che la sigla di Al Qaeda sia utilizzata per rivendicare atti terroristici di altra matrice.
3) La categoria terrorismo viene
usata per condannare tutti gli atti di
resistenza, dallIraq alla Palestina. Si
pu non essere daccordo con le
azioni dei partigiani iracheni contro coloro che vanno ad arruolarsi
nellesercito fantoccio, o le azioni
suicide di militanti iracheni e palestinesi. Ma non si pu, con questo,
accomunarle nella categoria terrorismo cos come stata coniata
a Washington per far passare gli aggressori per aggrediti.
N si pu (come fa Bertinotti nellintervista del 9 settembre a Repubblica) affermare che in Iraq il conflitto non ha fatto nascere il terrorismo, ma ne alimenta la violenza,
suggerendo cos che lIraq fosse
uno dei santuari del terrorismo
prima della guerra, e che la resistenza irachena, termine con cui si
riferisce solo a chi fuori del terrorismo, fa parte delle resistenze
con la r minuscola perch, a differenza della Resistenza italiana,
non contiene in s la soluzione del
problema.
Non ci si pu mettere in cattedra,
stabilendo quali azioni sono classi-
19
Quali forze
possono contrastare oggi
lo strapotere e legemonia
degli Stati Uniti
in Medio Oriente?
di Sergio Cararo
COMPETITORI
Preferisco cominciare dalle seconde, sulla prima visto che ci interessa pi da vicino c necessit
di una riflessione pi articolata.
a) LUnione Europea e gli Stati
Uniti in Medio Oriente hanno interessi divergenti. La prima ambisce a
creare un Mercato Unico Euro-mediterraneo nel 2010 che approfondisca lintegrazione economica e fi-
20
Limperialismo
e i suoi
oppositori
I C O M PA G N I
DI STRADA?
21
MOVIMENTI E LA RESISTENZA
22
Bertinotti lamenta nella stessa intervista come questa sua tesi non sia
condivisa da autorevolissimi uomini
della cultura terzomondista di sinistra e teme che anche il Forum
Sociale Europeo di Londra non la
assecondi.
In queste parole, c la verifica di
una realt che in molti abbiamo potuto vedere in questi anni nei
Forum internazionali dei movimenti a Mumbay, Porto Alegre o nel
recente Forum di Beirut. in queste sedi che si potuto verificare
come la percezione del mondo e
della lotta politica possa essere diversa se vista da Roma o da Bogot,
da Bruxelles o da Ramallah e
Falluja.
In quella parte del mondo in cui
limperialismo agisce concretamente, la Resistenza una opzione
obbligata dalle circostanze e queste
circostanze costringono talvolta gli
uomini e donne che ambiscono alla
giustizia sociale, alla sovranit, al diritto al futuro, ad usare anche la violenza se vogliono tenere aperti gli
spazi della lotta politica, della dignit e della sopravvivenza.
Ad aver reso pi forti le opzioni religiose spesso, ma non sempre,
reazionarie rispetto a quelle progressiste in Medio Oriente, in Asia,
in Africa, ha contribuito anche la ritirata ideologica della sinistra eurocentrista, la quale ha cessato di sostenere come necessario le lotte di
liberazione l dove queste si manifestano concretamente. Anzi, molto
spesso la sinistra europea ha agito
come elemento di depotenziamento politico, economico e diplomatico delle forze democratiche e
rivoluzionarie nel terzo mondo
piuttosto che come fattore di condivisione di una comune lotta per la
liberazione.
Queste non sono e non sono mai
state suggestioni della cultura terzomondista, ma opzioni concrete
determinate da situazioni reali,
drammatiche, private da qualsiasi
agibilit democratica per la lotta politica. LIraq, la Palestina, la Colombia e tanti altri Paesi sono a l a dimostrare che la realt in cui sono co-
U N A B AT TA G L I A C U LT U R A L E
D A FA R E I N
E U R O PA
23
La NATO:
un ordine
di guerra
di Mariella Cao
Comitato Sardo Gettiamo le basi
24
RI P U D I O
E CONCUBINAGGIO
forze della sinistra di classe alladesione al Patto Atlantico resta in superficie, non tocca il nodo del problema: se si vuole la Pace occorre costruire la Pace, spezzare i progetti
imperiali di dominio e di rapina, eliminare liniquit che regge i rapporti tra popoli, recidere la guerra
alla radice, estirpare le sue basi, i
suoi poligoni, i suoi arsenali, le sue
alleanze. Per decenni la discussione
si concentra su vizi e virt del potente Alleato-Padrone che domina
la coalizione militare. Laccettazione della Nato da parte della sinistra
moderata e riformista spegne definitivamente i pochi sprazzi di luce
che avevano permesso dintravedere la possente ricostruzione della
macchina bellica.
La volont di Pace rimane confinata
allinterno dellorizzonte tracciato
tre millenni fa da Roma imperiale:
se vuoi la Pace, prepara la Guerra.
Non si superano le Colonne dErcole. La Pace continua ad essere intesa come periodo di non belligeranza tra una guerra e laltra, pausa
necessaria per rilanciare e dare vigore ad un'altra guerra pi virulenta e devastante della precedente
in una corsa al massacro senza fine,
in una spirale senza vie duscita che
da millenni imprigiona lEuropa e
che lEuropa ha contribuito ad esportare nel pianeta.
LItalia Atlantica, appena uscita
e si finge di non vedere lantagonismo popolare, linsanabile opposizione tra le esigenze civili e le esigenze della macchina della guerra.
IL
RUMORE E IL SILENZIO
La messa a punto dellapparato bellico adeguato alle esigenze NatoUsa sempre stato portato avanti su
due strade parallele con modalit
diverse, funzionali anche allo scopo
di narcotizzare lopinione pubblica.
1. Riflettori accesi, grancassa mediatica, solenni proclami accompagnano i pubblici tentativi dei grandi
della Terra di porre ostacoli che rendano impraticabile il ricorso alla
guerra. Le dismissioni, labbandono di armi e postazioni non pi
utili amplificato e pubblicizzato
come un passo nella direzione invocata dai popoli, verso il disarmo e
verso la conquista della pace.
La telenovela del ripudio della
guerra attanaglia il grande pubblico
e rende difficilmente leggibile il
processo parallelo di potenziamento delle strutture della guerra.
2. Al riparo dai riflettori dei mezzi
di comunicazione di massa, lontano
dai clamori del pubblico dibattito,
spesso a nche allinsaputa del
Parlamento, si rafforzano impianti
e capacit militari. Linstallazione,
la ridislocazione e il potenziamento
delle strutture circondato dalla
nebbia informativa, spesso solo a
cose fatte la comunit locale scopre
di essere stata condannata ad accoglierle. Leventuale opposizione, se
nasce, nasce in ritardo ed facile
isolarla e ridurla a questione marginale.
dership globale e la proiezione della potenza e dellinfluenza americana allinterno di aree dove gli interessi Usa sono
in gioco(Rapporto del Dipartimento
Difesa Usa 1998).
La percezione collettiva di scopi e
funzioni delle installazioni militari
alterata, basi e poligoni sono percepiti come strutture altre rispetto alla guerra, un orpello anacronistico di vecchie Potenze, una
sorta di status symbol. Si produce una
perdita collettiva dintelligenza, intesa nella accezione etimologica di
legare insieme, capacit di cogliere nessi e connessioni. Dal sentire si cancella levidenza che ripudiare la guerra significa ripudiare,
mettere al bando, le basi della
guerra, i suoi poligoni, le sue industrie, le sue truppe, i suoi uomini, i
suoi arsenali.
Il processo di depauperamento cognitivo e intellettivo accelerato
dalla progressiva acquiescenza delle
grandi forze di sinistra. La debole
opposizione del primo periodo
post-bellico si sfalda inesorabilmente, si trasforma in silenzio
omertoso e sfocia nella vergognosa
capitolazione del governo DAlema. In nome della Realpolitik, la sinistra sperpera la sua credibilit e
il suo patrimonio culturale di riferimento per estorcere il consenso
della popolazione alla guerra umanitaria di aggressione della Jugoslavia.Senza dibattito parlamentare, sigla gli accordi che trasformano la Nato da alleanza difensiva
in alleanza militare che si arroga il
diritto dintervento armato in ogni
angolo del pianeta.
IL
LA
RIMOZIONE
Il dosaggio sapiente di rumore-silenzio, luce-buio, consente di confondere le linee del quadro e ostacola la percezione del piano unitario e coerente che risponde a precise scelte politiche, peraltro spesso
enunciate con brutale chiarezza dagli Stati Uniti: Lesercizio della lea-
25
superare labisso diniquit che separa il nostro mondo ricco dai dannati della terra. Mosso da profonda
sensibilit verso le ingiustizie e le
sofferenze inflitte ai troppi popoli,
capace di un lavoro metodico e capillare, sempre in prima linea nelle
operazioni di solidariet internazionale, ha rivolto il suo impegno sugli effetti della Guerra. Solo saltuariamente, in occasione dellesplodere delle guerre, ha prestato una
breve attenzione alle basi militari da
cui partivano le incursioni e ai crimini di guerra in tempo di pace perpetrati contro le popolazioni condannate ad ospitare le basi e i poligoni di morte
Nellattuale scenario
internazionale di guerre infinite
e preventive la macchina bellica
adegua i suoi dispositivi
alle mutate opportunit
IL
PROBLEMA DELLA
R I D I S L O C A Z I O N E M I L I TA R E
D UE
ESEMPI
26
tenza.
Loperazione di riconfigurazione
strategica investe in pieno lItalia,
da Milano a Sigonella passando per
Camp Derby. A Napoli, in una cittadella militare vicina allaeroporto
di Capodichino, sar piazzato il
quartiere generale della Us Navy in
Europa che trasloca da Londra. La
base Nato di Solbiate Olona, situata
in prossimit dellaeroporto di Malpensa, diventer la sede dei comandi proiettabili ad alta prontezza
operativa della Nato (High Readiness
Force), sede operativa per la forza di
terra a pronto intervento. La struttura compie un balzo qualitativo acquisendo la Full Operational
Capability e potenzia le strutture logistiche con la creazione di una
nuova cittadella militare. Dagli attuali 6.000 militari in servizio nella
base si passer a 21.000 entro lautunno 2006.
Sul riposizionamento della VI Flotta
Usa del Mediterraneo circolano versioni diverse. Secondo alcune fonti
sinsedierebbe in Turchia, secondo
altre traslocherebbe nella base aeronavale di Rota (Cadice) aldil
dello stretto di Gibilterra. Il motivo
sarebbe di natura strettamente economica: il costo dei ser vizi in
Spagna sarebbe inferiore del 50%
rispetto a Napoli e Gaeta.
Lipotesi di cedere alla Spagna il
gioiello a stelle e strisce stata colta
al volo da alcuni esponenti della sinistra per sbeffeggiare il gran capo
Berlusconi per lo sgarbo ricevuto
dallamicone Bush che declassa
lItalia togliendole il privilegio di
ospitare un pezzo di US Navy. Le dicerie sono state prontamente smentite dal ministro Frattini. In unintervista alla Reuters questi dichiara:
LItalia esce con un risultato tra i
migliori: mantiene una forte presenza di forze Nato e forze Usa e soprattutto accede a quella rotazione
nelle posizioni di comando apicale
di alcune direzioni Nato che finora
non avevamo.
Lesperienza di oltre cinquantanni
dinvasione militare straniera fomentata da tutti i governi italiani impedisce di stupirci per il baratto
AMBIGUIT
E RETICENZE
D E I M O V I M E N T I PA C I F I S T I
lintera collettivit, o peggio, lavallo degli spot pubblicitari sui posti di lavoro offerti dalle basi della
guerra; la cecit del mondo ecologista sullo scempio ambientale
strutturalmente connesso alle attivit militari; lattenzione scarsa e saltuaria dei movimenti (pacifista, antiglobal, antiguerra, movimento dei
movimenti etc.) sui temi delle strutture e installazioni militari che alimentano e sostengono la macchina
della guerra.
Come sempre accade quando sono
in ballo questioni attinenti il potenziamento della fabbrica di
guerra, la Sardegna suo malgrado
allavanguardia. Il piano Usa che
oggi si delinea in Italia tra conferme
27
L A N E L L O
DEBOLE
28
La richiesta
di lasciare libere
donne irachene carcerate
in cambio delle due Simone
mi pareva equa
Movimento
contro la guerra
e Resistenza
irachena
di Lidia Menapace
che a me fa venire in mente somiglianze e differenze rispetto alla resistenza italiana, che so benissimo
molto differente da quella irachena, ma anche somigliante. Ad
esempio, fare sequestri di persone
per avere ostaggi da scambiare coi
prigionieri che avevano in mano i
nazifascismi, era cosa che praticavamo, ed una forma di azione nonviolenta, dato che lo scopo di salvare vite umane persino sottostando
alle condizioni ineguali poste dagli
occupanti. Naturalmente la guerriglia non fa prigionieri perch non
ha n carceri n campi di concentramento, tuttavia pu fare sequestri transitori per ottenere la liberazione di chi stato fatto prigioniero
o rastrellato etc. Ad esempio, la richiesta di lasciare libere donne irachene carcerate in cambio delle due
Simone mi pareva equa e capace di
smascherare una volta ancora l'uso
illegale da parte degli occupanti di
considerare carcerabili dei civili iracheni cui non stata contestata nessuna accusa davanti a nessun tribunale.
Un'altra cosa che voglio ricordare
che la resistenza sempre un movimento molto complicato, perch
non ha insediamenti di tipo statale
ed clandestina. I timori di infiltrazioni, tradimenti etc. sono continui e inevitabilmente portano anche ad azioni ingiuste e tragiche. C'
29
molto piaciuto
che la Simona romana
non sia andata
alla messa di ringraziamento
fatta celebrare
dalla Regione Lazio
con una botta di fondamentalismo
30
ricani o inglesi, o del governo fantoccio, o anche pezzi di servizi saddamisti ricostituiti, possibile, e che
facciano opera di disinformazione
certo; quindi possono essere stati
loro a diffondere la versione che ci
arrivata, dato che le Simone interrogate dicono di non ricordare uomini armati etc. Una buona norma
di non credere quasi nemmeno a
ci che si vede: tanto per dire, non
credere al video attribuito ad Al
Yazeera (ma da loro rifiutato) sulla
liberazione delle due, che per la verit sembra una cosa fatta girare
dalla Cri con proprie attrezzature e
unaccurata inquadratura con sfondo di moschee. Detto incidentalmente, mi molto piaciuto che la
Simona romana non sia andata alla
messa di ringraziamento fatta celebrare dalla Regione Lazio con una
botta di fondamentalismo, come invece mi infastidiscono le domande
rivolte a non ricordo quale delle
due se dato che conosce l'arabo e
il Corano intenzionata a convertirsi all'Islam. Dato che ho toccato questioni di laicit e di privacy,
vorrei che i politici in genere dessero prova di una discrezione e gelosia delle proprie convinzioni pari
a quella delle famiglie dei quattro
protagonisti dell'avventura. Invece,
sfilate senza costrutto, soliti mezzibusti gloriosi, esaltazioni e vaniloqui che tutto significano tranne un
qualsiasi senso di umanit o una
qualsiasi ipotesi politica non volta a
dare fama e fiato a se stessi.
Mettiamo dunque che la vicenda abbia avuto inizio tramite servizi segreti, ma la gestione politica che ne
stata fatta dalle prigioniere, dalle
loro organizzazioni, dal movimento
pacifista e dalla stessa resistenza irachena ha dimostrato che si pu essere pi bravi dei servizi segreti e anche usare le loro procedure per ottenere altri effetti. Decisiva in questo caso stata la pubblica azione
delle moltitudini, che hanno invaso
le piazze in molte citt gridando
Liberate la pace; le folle mussulmane che ovunque hanno chiamato sorelle e amiche le prigioniere, e hanno fatto saltare altri calcoli e addi-
rittura reso impossibile una conclusione tragica. Mi spiego: nei casi dei
contractors precedenti (che comunque erano persone a fianco degli
eserciti occupanti e non pezzi di organizzazioni umanitarie) o nel caso
Baldoni (davvero un rimorso per
non aver saputo trovare la strada per
lui) se qualcosa va storto nei disegni
di chi sequestra, la soluzione violenta inevitabile. Se il caso non
viene gestito col massimo di pubblicit, di trasparenza politica, di ricerca di allargamento del consenso
intorno alle persone sequestrate: in
questo caso anche organizzazioni
terroristiche (ma non detto affatto
che i sequestratori siano terroristi:
come noto, il terrorismo stile Al
Qaeda non fa parte della tradizione
irachena, cosa importata dall' Arabia Saudita) sono costrette a fare
i conti con l'impopolarit in cui incorrerebbero. Inoltre, agire in modo che molte persone si sentano coinvolte, sentano il dovere di dire,
fare, protestare, esserci la migliore, forse l'unica vera opposizione e risposta al terrorismo, dato
che questo fenomeno politico-criminale di estrema destra si fonda
sulla capacit di rendere le masse
apatiche impaurite e dimissionarie,
occupando perci la scena politica
per intero, cancellando la societ:
insomma una operazione simmetrica a quella della guerra.
Ogniqualvolta si riesce a recuperare
spazio alla politica, alla parola, alla
responsabilit dichiarata, il terrorismo indietreggia, dato che esso
uno specchio della guerre e come
la guerra prospera sulla scomparsa
della politica, sostituita dalla violenza pi bruta e indiscutibile.
Orbene: ci che successo.
Intorno a questa vicenda si aperto
un sentimento diffuso che ha alla
fine condotto a buon esito l'evento.
Ma questo che cosa significa? che
l'opinione negativa sulla guerra e
sull'occupazione si amplia e diffonde e rieduca le persone. Ormai,
oltre a chi gi chiese il ritiro delle
truppe da subito (anzi era contrario
a che venissero inviate), oltre a un
governo che le ha ritirate manife-
stamente, altri che lo stanno facendo di nascosto, imprese che si ritirano da affari troppo costosi in termini di riscatti o pagamento di indennizzi, oltre alla ripetizione di
questa richiesta di ritiro fatta propria da alcune forze politiche o da
pezzi di altre, oltre alle pressioni
perch di ritiro si discuta pubblicamente, addirittura il re di Giordania
chiede che l'occupazione americana finisca subito, prima che si
possa avviare un qualsiasi discorso
di pace. Non ancora Fassino, ma
si sa un tipo molto riflessivo, gli
ci vuole tempo. Ma torniamo al re
di Giordania: la sua una richiesta
importante, la Giordania il Paese
pi politicamente filoamericano e
filobritannico dell'area e in modo
pi ragionato e presentabile che
non gli Emirati, l'Arabia Saudita o il
Pakistan. Fa parte della zona di libero scambio, nell'area del dollaro. Se dice che gli eserciti stranieri
debbono mettere fine all'occupazione significa che, altrimenti,
avrebbe difficolt a conservare le
proprie posizioni di politica internazionale.
Come ha fatto la resistenza irachena
a ottenere tali risultati? Ha certo ottenuto successi e un aumento automatico del consenso popolare in
conseguenza dei terribili bombardamenti che gli americani e gli inglesi hanno continuato (a guerra finita per loro dichiarazione) a scaricare sulle popolazioni civili delle
citt. Il governo messo su dagli USA
non pu avere alcun prestigio, sarebbe stato considerato collaborazionista in Europa durante la lotta
contro i nazifascisti, (come il governo Ptain in Francia e il governo
Quisling in Norvegia). Sarebbe a
questo punto augurabile che la resistenza irachena mutasse pratiche,
non verso il governo, ma verso chi
collabora per fame: sempre possibile avere utili informazioni o mezzi
o sedi da parte di possibili renitenti
o disertori politicamente decisi.
Chiedere il ritiro o ottenerlo di fatto con sequestri delle imprese che
portano via tutto il lavoro di ricostruzione con lauti guadagni e ra-
Ogniqualvolta si riesce
a recuperare spazio
alla politica, alla parola,
alla responsabilit dichiarata,
il terrorismo indietreggia
ma su concetti giuridici condivisibili e addirittura lanciare una campagna di riconciliazione nel popolo
iracheno, operazione che non pu
essere gestita dal consiglio degli
Ulema, senza che si avvii la costruzione di un miserevole Stato confessionale tremendo. Solo una dimensione laica e politica pu far
partire una campagna di riconciliazione persino con chi ha lavorato
sotto il governo fantoccio quando
non si sia macchiato di delitti o violenze, ma abbia solo eseguito azioni
di sicurezza e ordine pubblico.
A mio parere ormai, da parte di chi
ha sempre sostenuto il diritto del
popolo iracheno a resistere come
31
voleva e poteva all'occupazione, sarebbe giusto incominciare ad esprimere giudizi politici sulle varie
forme di resistenza, sul tasso di laicit e democrazia delle stesse: avere
un atteggiamento critico il modo
migliore per superare anche il fondamentalismo. Qualcosa di simile
capit spesso anche da noi a proposito di carabinieri o polizia o funzionari o impiegati pubblici che si
trovavano nelle strutture della repubblica di Sal. Pi si avvicinava la
fine, pi numerosi erano i membri
delle forze dell'ordine che facevano
una specie di doppio gioco o disertavano o davano indicazioni utili
etc. Ci che sta succedendo, a me fa
venire in mente una fase che dur
alcuni mesi tra la fine del 1944 e il
1945, fase che fu palesemente di duplicit di poteri.
Per farmi capire racconto un episodio. Nella mia citt natale Novara
la lotta di resistenza fu molto forte,
come in tutta la provincia. Sul finire
del 1944 o addirittura in gennaio o
febbraio del 1945 avvenne un fatto
di sangue: un giornalaio, titolare
storico, con la sua famiglia, di una
edicola che sta nella piazzetta delle
Erbe in citt, mentre arriva la mattina presto, al buio, perch era inverno, c'era il coprifuoco e l'oscuramento, trova steso nel sangue vicino all'edicola un morente che gli
dice stato Zurlo! e poi spira.
Spaventatissimo, il giornalaio non
sa cosa fare, ma non pu nascondere di aver visto un fatto avvenuto
proprio a fianco dell'edicola .
Perci, appena arriva la polizia, dice
di essere morto di paura e di volere
andare a casa, sempre a disposizione per la testimonianza. Si mette
a cercare il CLN per sapere che cosa
deve fare, dato che, se dice ci che
successo, di certo viene condannato a morte, come partigiano che
ha cercato di resistere o ucciso senza
processo per togliere di mezzo un
testimone scomodo: lo Zurlo indicato dalla vittima morente come autore del delitto il capo della squadra politica della questura di
Novara, detta popolarmente la
squadraccia. Il Miramonti (questo
32
il cognome della famiglia dei giornalai) sa che se dice il vero sar a sua
volta ucciso, ma se dice il falso d
l'impunit a un pericoloso assassino. Dal CLN vuole avere indicazioni sul che fare. Il CLN di Novara
poteva fruire come consigliere giuridico di Scalfaro, allora giovane
vice-procuratore del re presso il tribunale cittadino. Il consiglio che il
Miramonti riceve di rendere una
testimonianza reticente, in modo
che si possa dopo la Liberazione
fare un giusto processo. Interrogato, dice che il ferito era fuori di
s, non connetteva e dopo aver
detto azzurro era spirato. Il procedimento contro ignoti viene
chiuso e archiviato dai fascisti e lo si
riapre dopo il 25 aprile nel tribunale
rivoluzionario fatto da un comandante partigiano, da una giuria popolare che subito ripristinammo e
da Scalfaro come Pubblico
Ministero: si fece il processo e Zurlo
che era stato catturato poco prima
dell'insurrezione, fu riconosciuto
colpevole di omicidio, aggravato dal
fatto che lui era un appartenente
alle forze dell'ordine, che aveva abbandonato un morente senza soccorso etc. La testimonianza del
Miramonti fu molto importante per
consentire a Scalfaro, applicando il
codice fascista, di chiedere la pena
di morte e subito, per mostrare che
noi non eravamo d'accordo con
quel codice, di avanzare domanda
di grazia e trasformare la condanna
in ergastolo. Era gi d'accordo con
Parri, che senza timori concesse
quella come altre grazie.
In quel periodo era relativamente
possibile che dei soldati della
Wehrmacht cercassero abiti borghesi: insomma vi erano indizi di cedimento. A me sembra che, con tutte le differenze del caso, anche in
Iraq si stia delineando qualcosa di
simile con l'incrudimento delle
operazioni di guerra da parte degli
occupanti (bombardamenti selvaggi e continui sulle citt ribelli) e
anche con l'apparire delle differenze di schieramento tra i resistenti: anche tra noi le discussioni si
facevano pi serrate e aspre, ad
esempio con i monarchici e sul futuro del Paese etc. In questo periodo chi si avvicinava alla resistenza
non era necessariamente un opportunista, poteva anche essere una
persona sprovveduta che si rendeva
conto di ci che stava succedendo;
altri invece pensavano di stare a
margine per potersi schierare con i
vincitori, altri avevano paura magari
perch avevano profittato del mercato nero e fatto soldi sulla fame dei
pi, e temevano vendette, i fascisti
e gli occupanti si comportavano essi
pure cos. Un periodo di transizione
pu durare mesi ed pericolosissimo e pieno di ambiguit: per questo molto importante che le posizioni politiche di chi vuole la fine
della guerra e dell'occupazione
siano ferme, limpide e acquisiscano
consenso.
Oggi questo il compito principale
del pacifismo: dichiarare che spetta
al popolo iracheno decidere, che
nessuno pu fargli lezione di democrazia, che nel 1945 noi venivamo da ventanni di dittatura, e dagli orrori della guerra e del nazismo
e non volevamo accettare di essere
sotto tutela nemmeno di quelli che
avevano legittimamente vinto una
guerra che noi gli avevamo scatenata contro: cercammo subito di
discutere del nostro destino e di ridiventare padroni della nostra storie. Il tentativo di rimettere su i
Savoia fu fatto e respinto. Non so
davvero come un Berlusconi o un
Fini abbiano la faccia di dire che ce
ne andremo dall'Iraq quando in
quel Paese ci sar una democrazia
rappresentativa Fini, erede di chi
spense anche quel poco che prima
c'era, e Berlusconi che marcia a tappe forzate verso il potere personale
e il presidenzialismo, andiamo!
Solo dopo l'affermazione dei diritti
del popolo iracheno possono venire
le dispute tra noi su chi si preferirebbe vincesse in Iraq: dopo gli interventi di occidentalizzazione forzata vi sempre stato un fiorire di
fondamentalismo e probabilmente
ci sar pure l, ma non credo per
quanto mi riguarda che lo giudicher favorevolmente. Non mi sono
battuta tanti anni fa contro il fascismo per far tornare lo Stato pontificio, proprio no.
La situazione in Afghanistan non
molto migliorata n per la sicurezza
n per la libert. Sar cos anche in
Iraq? Forse bisogner attivare sedi
di confronto teorico e di culture, sarebbe anche di grande interesse e
potrebbe essere un bel compito del
l'Unesco, ma forse i popoli a maggioranza mussulmana vorrebbero
prima avere tempo e spazio per confrontarsi tra loro. Un certo rischio
di etnicismo o di islamismo o di clericalismo c', ma mi pare che non
siamo molto in buona salute laica
nemmeno noi europei con le nostre
radici cristiane, le leggi che vietano il velo, le ministre che vorrebbero non si insegnasse l'evoluzionismo o i presidenti del senato che
chiedono crociate, o lo Stato che si
intriga di decisioni personali sulla
riproduzione. Facciamo tutti e tutte
un passo indietro, raffreddiamo un
po' le passioni e cerchiamo di rimettere in circolo un po' di razio-
da una qualsiasi possibile legalizzazione: nessuna causa per quanto nobile e sacrosanta legittima l'uso
della guerra e siamo obbligati/e
alla pace come strumento politico,
non come anelito delle anime belle.
Ci tocca trovare strumenti di analisi
e di denuncia precoce ed efficace
dei conflitti, di loro raffreddamento
e contenimento, prima che degenerino in scontri armati, di loro risoluzione concordata; insomma, ci
tocca fare la pace per davvero, come
abbiamo gridato noi femministe nel
1991 allo scoppiare della prima
guerra del Golfo, che ha inaugurato
un periodo di barbarie senza paragoni e il rilancio della guerra come
base della politica e addirittura del
diritto: Fuori la guerra dalla storia!: non solo un grido di insofferenza, il risultato di una analisi
sulla guerra e sulla pace del tutto politica, che chiede di essere considerata allargata e accresciuta di ragionamenti e procedure: insomma, ci
sarebbe lavoro e gloria per chiunque.
33
Lavoro
Salario e redistribuzione
del reddito, centro-sinistra
e alternativa
Appunti per
un conflitto
europeo
di Luigi Cavallaro
o gi argomentato in altra sede i motivi per cui considero sbagliato e pericoloso dare (o meglio, ridare) in
questa fase un contenuto meramente salariale al conflitto capitale/lavoro e non intendo ripetermi1.
In quella stessa sede, ho anche precisato che ci, ovviamente, non significa che non ci sia nulla da fare
o che tutto vada per il meglio, nel
migliore dei mondi possibili. Il salario, infatti, variabile dipendente
rispetto al profitto, ma variabile indipendente se inteso quale reddito
reale, al netto cio delle imposte e
al lordo dei servizi sociali (scuola,
sanit, pensioni, etc.). Secondo un
opinione non sospetta di simpatie
antagoniste, anzi, le principali fonti
darricchimento dei lavoratori nel
secolo scorso ci che ha consentito laumento del loro potere dacquisto del 250 per cento a partire
dal 1950 sono state le spese sociali
per beni e servizi, principalmente
scuola e sanit: lentit di questa
redistribuzione in natura che permette di misurare la differenza fra
Paesi scarsamente redistributivi e
Paesi fortemente redistributivi 2 ,
ed probabilmente il suo venir
meno in conseguenza delle politiche di rientro dal debito pubblico
che acuisce nel tempo presente la
percezione del proprio impoverimento reale da parte dei lavoratori.
Non posso quindi che concordare
34
Lavoro
cio che non esiste alcun livello di debito pubblico che non sia sostenibile, purch si dia unadeguata crescita ( l a
quale, ricordo, di solito inversamente correlata al livello dei tassi
dinteresse). Una volta definita la
frontiera di sostenibilit della finanza pubblica come dipendente
dalle grandezze assunte dai rapporti deficit/Pil e debito/Pil e dal
tasso di crescita del sistema economico, si pu mostrare ed stato,
difatti, mostrato che i parametri
fissati nel famoso Annesso al
Trattato di Maastricht (nessun deficit oltre il 3% del Pil e nessun debito oltre il 60% di esso) rappresentano solo un punto particolare
sulla frontiera ed esiste un infinito
numero di altri punti aventi le stesse
caratteristiche di sostenibilit.7
Messa cos la questione, ha certo ragione Visco a sostenere che il problema non (solo) il Patto di stabilit ma, pi in generale, larchitettura del Trattato di Maastricht. Ma
di nuovo sbaglia a non considerare
che la credibilit di una sua qualunque modifica non esclusa in
partenza, dipendendo in larga misura (se non completamente) dalla
possibilit di inventare meccanismi
istituzionali che tengano a bada linflazione senza per ci stesso condannare la politica economica allimpotenza delle (e ai guasti provocati dalle) supply-side policies.
Qui torna la questione della possibilit e auspicabilit di una politica
dei redditi su scala europea. Il problema principale con cui ha a che
fare qualsiasi proposta di aumentare la spesa pubblica costituito
dal fatto che il controllo sulla stabilit dei prezzi rimesso alla Banca
centrale europea, che come tutte
le Banche centrali ha un solo
modo per esercitarlo: una politica
monetaria restrittiva.
Non detto, per, che la politica
monetaria debba essere appannaggio dellautorit monetaria, tanto
pi che, grazie a Sraffa, sappiamo
che affidare il controllo della quantit di moneta ad una Banca centrale indipendente equivale a tra-
35
Lavoro
36
Note
1 Cfr. L. Cavallaro, Il problema dei bassi sa-
5 Cfr. V. Visco, Otto domande per il dopoPatto, pubblicato sul sito www.lavoce.info
il 18 dicembre 2003.
6 Cfr. R. Realfonzo, Patto di stabilit, non
basta un ritocco, Il Sole-24 Ore, 31 agosto
2004.
7 Cfr. L. Pasinetti, The mith (or folly) of the
3% deficit/GDP Maastricht parameter,
Cambridge Journal of Economics, n. 22
(1998), pp. 103-116.
8 Posto che il saggio del profitto (che la variabile indipendente del sistema capitalistico,
il saggio del salario rimanendo fissato in via
residuale) suscettibile di essere determinato
da influenze estranee al sistema della produzione, e particolarmente dal livello dei tassi
dellinteresse monetario (P. Sraffa, Produzione di merci a mezzo di merci, Einaudi,
Torino 1960, p. 43), evidente che attraverso
la manovra sulla liquidit la Banca centrale
viene di fatto a gestire il conflitto di classe.
9 J.M. Keynes, The General Theory of
Employment, Interest and Money, Macmillan, London 1936, p. 267.
10 T. Boeri, G. Bertola, A che serve il tasso
Lavoro
Declino Fiat
di Bruno Casati
uel che accade alla Fiat paradigmatico della realt del Paese. Fiat
Auto non al declino ma al tracollo
e il Paese al dissesto economico.
Quel che accade alla Fiat deve perci interrogare la politica e, in particolare, domandare a quanti oggi
si propongono in una coalizione democratica cos si dice di scalzare
questo Governo repellente, se si accontenteranno solo di gestire (democraticamente, si intende) quel
dissesto o avanzeranno progetti di
risanamento e sviluppo.
A partire dalleconomia e nelleconomia, a partire dallindustria, anche dellauto.
Quel che accade alla Fiat, in buona
sostanza, domanda oggi se, in sostituzione di una Thatcher, ci si debba
solo rassegnare a un Blair italiano.
Tutto qui, e non poco.
La CGIL assume questa domanda,
come gi prima la FIOM con le sue
sei proposte, e avanza lassoluta
necessit che il Paese invece si doti
di una nuova politica industriale,
che oggi non c per nulla.
Il Governo che sar dovr perci essere funzionale a questa politica,
non ad altro. Indispensabile che sia
cos, perch non esiste una programmazione per settori, non esiste
pertanto la scelta di un settore portante (la citata Thatcher, vero,
scass lauto in Inghilterra, ma poi
scelse con laviospazio il campione
industriale nazionale). Ed lon-
37
Lavoro
38
sta anche come occasione per risalire. Del resto, lho appreso in un
convegno, lideogramma giapponese leggibile come crisi, interpretabile anche nel suo speculare
opposto, riscatto.
Bisogna fare proprio questa operazione, le sinistre ci provino, Rifondazione Comunista ancora di pi:
trasformare la debolezza in forza. E
incalzare questo Montezemolo cos
elogiato dal blairiani di casa nostra
che sognano la transumanza di industriali dal centro destra al centro
sinistra che per, per accoglierli,
deve dare garanzie, essere affidabile
per lorsignori e quindi deve smussare ogni velleit di controllo industriale. Ci sono, in verit, tre Montezemolo, che apparentemente non
si parlano, ma assai pi probabilmente fanno il gioco delle tre tavolette con chi abbocca. C il Montezemolo di Confindustria,che parla di valorizzazione della grande industria e delloperaio moderno
(proprio cos,lho sentito parlare al
Politecnico di Milano).
C il Montezemolo bis, quello di
Fiat: lui, gli operai moderni li licenzia. C infine il Montezemolo ter,
quello della Ferrari che oggi, a
fronte dei volumi di produzione aumentati grazie alle vittorie della
Rossa esternalizza la meccanica di
serie ma non ad Arese, come pure
gli ha chiesto Formigoni per scritto,
ma allestero, cos convincendo anche i ciechi e i sordi volontari della
fermezza con cui si persegue il
piano Demel: chiudere comunque
i grandi stabilimenti di Milano e
Torino.
Amareggia per una cosa: n Milano n Torino stanno reagendo al
problema. Non c la percezione
che sul baratro non c solo una fabbrica, ma la pi grande fabbrica italiana. un caso nazionale, quello di
Fiat, diverso certo dal caso Parmalat
gi enorme, ma con effetti decuplicati in ricaduta negativa. C per
un tratto di collegamento tra Fiat e
Parmalat: ed dato dal fatto che, in
entrambi i casi, ci sono industriali
che considerano il fare industria
una fastidiosa appendice della fi-
Lavoro
carburi.
Gestiamo questa transizione e, per
favore, lasciamo dire ai petrolieri e
ai raffinatori che si tratta di utopia.
Loro lo dicono per coltivare lillusione, lo ha fatto la Shell truccando
i dati, che le riserve petrolifere
siano illimitate. Non cos. C a tal
proposito un eccellente progetto di
fattibilit messo a punto dallEnea
e offerto alla Regione Lombardia;
ci sono 200 milioni di Euro destinati
dalla Unione Europea per finanziarlo, il progetto Hycom; nel progetto possono convergere le grandi
ex municipalizzate di Milano e
Torino, sia dellEnergia, per innervare la citt con la rete di approvvigionamento del metano (il metano
il combustibile della transizione
verso lidrogeno e per questa prospettiva, per davvero, il metano ti
da una mano), che dei trasporti, in
quanto si tratta di dotare, con motori a celle a combustibile dove lidrogeno produce elettricit e scarica acqua, prima le flotte metropolitane dei mezzi di trasporto su
gomma e poi i taxi.
Se il progetto decolla, e ci vuole una
governance, una S.p.A della mobilit
sostenibile, sono decine di migliaia
i mezzi che vanno allestiti, altro che
Olimpiadi e graffiti! La Toyota, su
un progetto come questo, ha in produzione 120 mila automezzi. Ma anche le principali case automobilistiche da Bmw a Ford da Honda a
Nissan, da Volkswagen a Renault, da
DaimlerChrysler a General Motors
hanno le loro macchine ad idrogeno pronte. Solo lItalia arranca,
ma in Italia c la Fiat (e c Berlusconi).
Quindi si pu e si deve lanciarsi per
arrivare gradualmente allinquinamento zero, che non annulla, si
badi, il problema del traffico, che
vuole un altro progetto, ma va sul
suo effetto pi pesante.
su progetti come questo che si rilancia lauto.
questa linnovazione che vuole gli
operai e gli ingegneri di un futuro
che bisogna preparare da subito.
Con la Fiat o, assai meglio, senza la
Fiat e senza Berlusconi.
39
Meridione
Scriveva Gramsci:
il Mezzogiorno la palla
di piombo che impedisce
pi rapidi progressi
allo sviluppo civile dellItalia
Mezzogiorno
di fuoco
di Rocco Tassone
responsabile Enti Locali federazione Prc Cosenza
R I A P R I R E I L D I B AT T I T O
Q UESTIONE
M ERIDIONALE
E RIMOZIONE POLITICA
SULLA
40
Questa frattura non consiste semplicemente nellesistenza di differenziali negativi nel confronto tra
parametri economici; si tratta di un
solco che divide gli interessi complessivi di due ben distinte aree territoriali anche allinterno del sistema capitalistico. Nei confini
dello stesso Stato si profila un rapporto di tipo imperialistico tra aree
geografiche distinte. Negli ultimi
anni questo dato stato appannato
dallaffermarsi delle teorie che
hanno provato a negare la tragica
realt dellimperialismo e che
hanno relativamente infatuato anche il nostro partito. I recenti avvenimenti mondiali hanno dimostrato quanto effimere fossero
quelle teorie.
LA
F R AT T U R A
N O R D/ S U D
gli agrari del Sud costituiva lalleanza politica tra le classi dominanti che dovevano difendere gli interessi del capitale finanziario e industriale del Nord e della rendita
fondiaria del Sud. Oggi siamo di
fronte ad una realt analoga ma ben
pi complessa. Nelle nazioni industrializzate non esiste pi il capitalismo autarchico della prima met
del secolo scorso. Cos come in
Italia non esiste pi la classe degli
agrari, i grandi latifondisti che si arricchivano attraverso lo sfruttamento bestiale dei contadini poveri.
NECESSIT
D I U N A N U O VA
Meridione
IL
REAZIONARIO MERIDIONALE
41
Meridione
42
P ER
UN NUOVO
MODELLO DI SVILUPPO
UNA
N U O VA A L L E A N Z A
D I C L A S S I P E R I L R I S C AT T O
DEL
M EZZOGIORNO
BISOGNA
BLOCCARE
QUESTO PROCESSO
IL M E Z Z O G I O R N O
NEL PROGRAMMA
DELLA COALIZIONE
Meridione
43
Resistenza
Non potevamo
non combattere
44
Potrebbero tranquillamente crogiolarsi al sole della Riviera o rigirarsi nelle poltrone di casa macerandosi tra i ricordi e i rimpianti ed invece eccoli qui, a raccontare le loro
storie ed a progettare iniziative per
il futuro.
Ecco Nori Brambilla e Giovanni
Pesce che, superati i loro primi ottantanni e immortalati da un bellissimo documentario presentato al
Festival di Venezia 2003, hanno trascorso gli ultimi mesi a raccontare,
in decine di assemblee affollate da
centinaia di giovani, come le loro
imprese gappiste seminassero il terrore tra i brigatisti neri e le truppe
hitleriane che opprimevano la Milano di quei giorni.
Molto severa latmosfera che si respira allANPI di Milano in queste
settimane. Le opinioni raccolte tra
i vecchi partigiani lasciano trasparire una profonda preoccupazione.
Spesso sono accompagnate da giudizi poco indulgenti sul modo come
viene gestita e difesa la memoria antifascista e la Resistenza dagli eclettici eredi di Longo, Pertini, Secchia,
Parri e Calamandrei, ma sono tutti
quanti decisi a rimettersi in gioco
per impedire che cali il sipario su
una storia che oggi, pi che mai, per
le minacce che incombono sulla libert e sulla democrazia, torna ad
assumere una valenza prioritaria
Resistenza
45
Internazionale
Forum di Beirut:
la relazione del
Premio Nobel alternativo
Beirut 2004:
i movimenti
antimperialisti
di Walden Bello*
(2/10/2004)
46
Siamo qui riuniti a Beirut in un momento critico. un momento caratterizzato da tendenze contrapposte: in Iraq gli USA sprofondano
sempre pi in un pantano simile a
quello del Vietnam, con un numero
di soldati americani morti, dall'inizio dell'invasione il 20 marzo 2003,
che nella prima settimana di settembre ha superato le mille unit.
Ancora in Palestina, il muro sionista continua ad essere costruito al
ritmo di un chilometro al giorno.
Un anno fa, il 14 settembre 2003, alcuni di noi, presenti in questa sala,
erano a Cancun, in Messico, a ballare di gioia al Convention Center
per festeggiare il fallimento del
quinto incontro ministeriale dell'Organizzazione Mondiale per il
Commercio (WTO). Oggi il WTO,
l'istituzione pi alta della globalizzazione capitalistica, nuovamente
in piedi con l'adozione, lo scorso
mese, della Bozza del Documento di
Ginevra, destinato ad accelerare il
disarmo economico dei paesi in via
di sviluppo.
Poche settimane fa, a New York abbiamo assistito alla sconfessione di
massa di George W.Bush e delle sue
politiche guerrafondaie da parte di
500.000 persone, che hanno manifestato per le vie della citt. Eppure,
oggi, i sondaggi rivelano che lo
stesso George Bush ha un vantaggio
LA
DALLA MARGINALIZZAZIONE
Internazionale
B AT T E R S I
C O N T R O L' I M P E R O
47
Internazionale
terne dell'Afghanistan, per poter rispondere efficacemente all'invasione di quel paese da parte degli
USA. Ma stato subito chiaro che la
cosiddetta Guerra contro il Te rrorismo era semplicemente una
scusa per perseguire l'Assoluta Supremazia Militare o, nel gergo del
Pentagono, il Dominio a Pieno
Spettro.
Fra la fine del 2002 e l'inizio del
2003, il movimento ha finalmente
ripreso l'iniziativa, diventando una
forza globale per la giustizia e per la
pace, che, il 15 febbraio 2003, ha
mobilitato contro la prevista invasione dell'Iraq decine di milioni di
persone in tutto il mondo. Non
48
L'IRAQ ,
LA
RE S I S T E N Z A
E IL MOVIMENTO
Internazionale
VE R S O
UN NUOVO ORDINE
ECONOMICO GLOBALE
49
Internazionale
50
mancanza di un nuovo ordine globale, costruito sui principi della giustizia, della sovranit e del rispetto
della diversit, non ci sar nessuna
vera pace.
DUE
SFIDE
Internazionale
Almada Portogallo,
26, 27 e 28 novembre:
dibattito congressuale
Partito comunista
portoghese:
17 Congresso
PER FAVORIRE LA CIRCOLAZIONE DELLE IDEE, PUBBLICHIAMO STRALCI DEL
DOCUMENTO DEL COMITATO CENTRALE
R E S I S T E N Z A E L A L O T TA
D E I L AV O R AT O R I E D E I P O P O L I
51
Internazionale
Di fronte allannuncio
dellattacco allIraq
decine di milioni di persone
sono scese in piazza
per tentare
dimpedire laggressione
52
dellunit internazionale dei lavoratori e lalleanza della classe operaia dei Paesi capitalistici sviluppati
con i popoli oppressi dei Paesi del
Terzo Mondo investe anche questo problema.
Difendere il movimento sindacale
dalla violenta offensiva del capitale,
aumentare la sindacalizzazione, lemancipazione dei sindacati dallinfluenza riformista e dal collaborazionismo di classe che domina in
numerosi Paesi, specialmente europei, una questione della massima
importanza per lavanzamento
della resistenza e della lotta contro
loffensiva del grande capitale e dellimperialismo.
Alla centralizzazione e concentrazione del capitale e il dominio delle
relazioni economiche internazionali da parte di una manciata di imprese transnazionali corrisponde la
proletarizzazione accelerata dei ceti
sociali intermedi e allallargamento
del campo delle forze anti-monopolistiche.
Le lotte delle masse contadine, del
proletariato agricolo e dei produttori indipendenti per la terra, per il
diritto a produrre, contro le imposizioni del WTO e delle multinazionali dellindustria e del commercio
agro-alimentare, per prezzi compensativi, coinvolgono centinaia di
milioni di persone in tutto il
mondo, e in molti casi sono, come
in India o in Brasile, fortemente organizzate da esperti movimenti di
classe. Si tratta di lotte che, contro
la demagogia assistenzialistica, pongono ovunque lesigenza della
Riforma agraria, di profonde trasformazioni della struttura e della
propriet della terra e del commercio agro-alimentare, come pure dei
diritti delle comunit indigene e
della difesa dellambiente, contro le
brutali aggressioni delle transnazionali.
Le lotte delle masse contadine sono
state in primo piano in numerosi
Paesi nonostante la loro quasi nulla
Internazionale
lotta contro il capitale e laggravamento dei problemi delle masse popolari hanno portato negli ultimi
tempi ad una esplosione di rivendicazioni, proteste specifiche e movimenti del tipo pi vario. Valorizzando ci che di positivo questa
realt contiene come volont di partecipazione civica e di intervento
democratico, necessario opporsi
allatomizzazione e alla dispersione
del movimento sociale e alle pressioni per la sua spoliticizzazione e
per il suo recupero in chiave riformista.
La lotta per la convergenza di tutte
le classi e strati anti-monopolistici in
un vasto fronte di lotta anticapitalista (che si tratti del capitalismo nella
sua versione neoliberista o meno) e
antimperialista un obiettivo fondamentale nel momento attuale.
Lesplosione del cosiddetto movimento antiglobalizzazione (nelle
sue diverse espressioni, dalle azioni
di massa di contestazione della politica delle organizzazioni internazionali dellimperialismo, ai Forum
Sociali Mondiali o Regionali) costituisce una nuova e importante realt della vita internazionale. Rappresenta lingresso nella lotta di strati
sociali duramente colpiti nei loro
interessi e aspirazioni dal rullo compressore del neoliberismo. Rappresenta laprirsi di una profonda breccia nella teoria del pensiero unico
che inchioda al conformismo e allimpotenza. Rappresenta un restringimento della base sociale
dappoggio del capitalismo nella
sua forma attuale e ha un carattere
oggettivamente anticapitalista e antimperialista.
Riguardo al contenuto e al significato del movimento antiglobalizzazione, si sta svolgendo unintensa lotta politica e ideologica. Fra
coloro che lo situano sul terreno
della lotta di classe e della lotta antimperialista e coloro che fanno di
esso unastrazione in conformit
con le proprie teorizzazioni speculative. Fra coloro che intendono sal-
li che lo considerano superato e difendono un nuovo internazionalismo senza radici di classe e contenuto anticapitalista. Fra coloro che
vedono nei Forum Sociali Mondiale
ed Europeo un punto dincontro e
di convergenza nellazione di organizzazioni, partiti e movimenti diversi, e quelli che pensano di creare
strutture e reti sovranazionali e
dimporre dal di fuori e dallalto
agende politiche che non hanno alcuna corrispondenza con la dinamica reale della lotta di classe in
ogni Paese e che tendono a perturbare le lotte popolari.
53
Internazionale
54
trasformatrice e rivoluzionaria.
Implica simultaneamente una critica sistematica delle concezioni opportunistiche e capitolazioniste e in
particolare delle teorizzazioni utopistiche pre-marxiste o neo-bernsteiniane che ignorano, negano e
combattono la lotta di classe e le acquisizioni storiche del pensiero e
della pratica marxista-leninista. Ed
implica pure la critica alle posizione
settarie e dogmatiche. Non basta a
un partito il dirsi comunista per esserlo veramente.
Laggressivit del grande capitale e
dellimperialismo, al pari del restringimento della sua base sociale
di appoggio, rende particolarmente
necessario lampliamento della cooperazione e della solidariet fra
partiti comunisti, forze rivoluzionarie e della sinistra anticapitalistica.
assai urgente superare i ritardi esistenti, senza di che lo scontento e la
grande contestazione delle politiche neoliberiste e di guerra possono
essere frustrate o essere recuperate
da una qualsiasi variante del riformismo, strutturalmente compromesso con la riproduzione del sistema di sfruttamento capitalista,
come nel caso della socialdemocrazia.
Ma per procedere con efficacia e sicurezza necessario mettere da
parte i preconcetti ideologici, valorizzare ci che unisce e, nel rispetto
delle profonde differenze esistenti
(di situazione, di profilo politicoideologico, di progetto, di influenza) fra le forze che si propongono di cooperare, porre laccento
Internazionale
55
I Comunisti e lEuropa/Dibattito
Hanno ragione
Kautsky e Negri
a parlare rispettivamente
di ultra-imperialismo
e di impero?
Esiste oggi
un imperialismo
europeo?
di Domenico Losurdo
1. LA
R I S C O P E RTA D I
LENIN
56
Uniti di circoli esplicitamente guerrafondai. E non si tratta affatto di intellettuali astratti. Persino politici di
primo piano, quali il senatore americano Ted Kennedy e l'ex-cancelliere tedesco Helmut Schmidt non
esitano a parlare, in relazione all'amministrazione Bush, di imperialismo ovvero di tendenze imperialistiche (Losurdo, 2002).
In questo senso, potremmo dire
che, a partire dal tentativo di dare
una risposta ad alcune domande
pressanti per chiunque abbia a
cuore le sorti della pace (perch la
sconfitta del campo socialista ha
aperto la strada non gi ad un allentamento bens ad un inasprimento della situazione internazionale? perch alla guerra fredda ha
fatto seguito non gi la pace perpetua promessa dai vincitori bens una
serie di guerre calde che sembra
non dover conoscere fine?), si assiste ad una riscoperta di Lenin persino in campo borghese.
2. U N O
STRANO ELENCO
Se ineludibile la categoria di imperialismo, per quali Paesi dobbiamo farla valere? Stando a Contropiano (febbraio 2003), lodierna situazione internazionale sarebbe caratterizzata dalla competizione
sempre pi intensa tra il nascente
polo imperialista europeo con gli altri poli (USA, Giappone, Cina).
Dinanzi a questo quadro, anzi a questo elenco, alcune domande subito
simpongono. Ma perch non inserirvi la Russia, che tuttora dispone
di un arsenale nucleare inferiore
soltanto a quello della superpotenza americana? O perch non inserirvi lIndia? Certo, il suo prodotto interno lordo inferiore a
quello della Cina, ma la percentuale
destinata al bilancio militare sensibilmente superiore, a giudicare almeno dai dati riportati dal volume
di aggiorna mento del 2002
dellEnciclopedia Britannica. In ogni
caso, lIndia una potenza nucleare, nutre smisurate ambizioni
e conduce una politica di potenza
I Comunisti e lEuropa/Dibattito
3. I L
RUOLO DELLA
CI N A
57
I Comunisti e lEuropa/Dibattito
Limperialismo ha anche
una dimensione ideologica,
come dimostra da ultimo
lesempio degli USA,
che si autodefiniscono
una nazione eletta ed unica
58
4. L U N I O N E E U R O P E A
N O N U N O S TAT O
Per quanto riguarda i rapporti tra
superpotenza americana e Unione
Europea, si fa spesso riferimento al
tendenziale mutamento dei rapporti di forza sul piano economico
tra questi due poli imperialisti.
Ma privo di senso un confronto tra
due grandezze cos eterogenee:
lUnione Europea non uno Stato!
Da che parte si schiererebbe
lInghilterra nella fantomatica ipotesi di un conflitto tra le due rive
dellAtlantico? E da che parte si
schiererebbe lItalia di Berlusconi?
E riuscirebbe a sopravvivere lodierno, malfermo, asse franco-tedesco alleventuale ritorno al potere in
Germania dei democristiani e in
Francia di un partito socialista dai
forti legami con Israele? Ancora una
volta leconomicismo si rivela fuorviante. Diamo uno sguardo alle modalit con cui oggi si svolge la corsa
al riarmo: nel 2003 gli Stati Uniti
spenderanno da soli pi dei 15-20
Paesi inseguitori messi assieme.
Incolmabile sembrerebbe essere il
vantaggio su cui pu contare la superpotenza americana, la quale, tuttavia, continua ad accelerare: solo
per il settore della Ricerca e dello
Sviluppo militare, Washington destina risorse finanziarie superiori ai
bilanci militari complessivi della
Germania e della Gran Bretagna
messi assieme (Brooks e Wohlforth,
2002, pp. 21-2). Infine: gli USA
spendono per la Difesa quasi il doppio dellinsieme degli altri membri
dellAlleanza (prima dellallargamento) (Venturini, 2002).
E ora rileggiamo Lenin: la guerra
tra le potenze imperialistiche interviene allorch i rapporti di forza si
modificano a favore della potenza
emergente e a danno della potenza
sino a quel momento egemone. Lo
illustra in modo particolarmente
brillante la dialettica che presiede
allo scoppio della prima guerra
mondiale, col declino dellInghilterra e la contemporanea ascesa
della Germania. Se non che, la situazione odierna del tutto diversa:
i rapporti di forza certo si modificano ma accrescendo ulteriormente il vantaggio di cui gode la superpotenza americana. Alla vigilia
della p rima guerra mondiale,
lEuropa divisa e lacerata da due
contrapposti schieramenti diplomatico-militari che raggruppano i
Paesi che successivamente si affrontano sui campi di battaglia; ai giorni
nostri vediamo allopera ununica
Alleanza, che si allarga sempre di
pi e che continua ad essere egemonizzata dagli Stati Uniti. Negli
anni che precedono il 1914, lInghilterra suona ripetutamente lallarme per il progressivo rafforzarsi
del potenziale militare della
Germania; ai giorni nostri, al contrario, gli USA sferzano gli alleati
europei perch destinano insufficienti risorse al bilancio militare e
cos rischiano di non essere pi in
I Comunisti e lEuropa/Dibattito
altre Marine del mondo messe insieme non potrebbero minimamente intaccare la supremazia militare americana (in Hirsh, 2002,
p. 71). E non si dimentichi che lo
strapotere navale, sommato al controllo delle aree pi ricche di petrolio e di gas naturale, d agli USA
la possibilit di tagliare le vie di rifornimento energetico ai potenziali
nemici. Da questo punto di vista, il
Giappone in una condizione di debolezza ancora maggiore dellUnione Europea.
Se cos stanno le cose, non ha senso
stare a scrutare lorizzonte alla ri-
5. U N
I M P E R O P L A N E TA R I O
Al di l del mutamento rappresentato dal crollo del tradizionale colonialismo e dallesistenza di Paesi
e partiti di governo che continuano
a richiamarsi al socialismo, trasformazioni profonde sono intervenute
anche nei rapporti tra le grandi potenze capitalistiche. La guerra inter-
59
I Comunisti e lEuropa/Dibattito
60
ter fronteggiare questa folle ambizione, intanto necessario prenderla sul serio: fuorviante mettere
sullo stesso piano gli Stati Uniti e le
altre grandi potenze capitalistiche.
Hanno dunque ragione Kautsky e
Negri a parlare rispettivamente di
ultra-imperialismo e di Impero? Il realt, il discorso dellImpero
ormai unificato e il discorso, apparentemente contrapposto, dello
scontro allorizzonte tra i poli imperialisti partono da un presupposto comune: sarebbe lecito parlare
di imperialismo solo allorch la rivalit tra le grandi potenze capitalistiche fosse cos acuta da sfociare o
tendere a sfociare nello scontro armato. Ma le cose non stanno in questi termini: durante la guerra
fredda, agli Stati Uniti senza dubbio riuscito di egemonizzare lintero mondo capitalistico. Non per
questo limperialismo era dileguato: nel 1956, Washington approfitta della crisi di Suez per estromettere dal Medio Oriente
Inghilterra e Francia, le quali, tuttavia, sono e si sentono cos deboli
nei confronti del loro alleato di
oltre Atlantico, che finiscono col rinunciare senza opporre grande resistenza ad una loro tradizionale e
importante zona dinfluenza. Dopo
la fine della guerra fredda, lo squilibrio di forze a favore della superpotenza americana si ulteriormente accentuato. Ma ci non comporta in alcun modo il dileguare
dellimperialismo.
Al contrario, oggi risulta quanto
mai istruttiva la polemica di Lenin
con Kautsky: limperialismo non
mira allassoggettamento soltanto
delle zone agrarie e delle aree periferiche; la ricerca dellegemonia
pu acutizzare la questione nazionale persino nel cuore stesso dellEuropa, come osserva Lenin nel
luglio 1916, nel momento in cui,
con le armate guglielmine alle porte
di Parigi, la guerra sembra doversi
concludere con una vittoria della
Germania di tipo napoleonico
(Lenin, 1955, vol. XXII, p. 308). Ai
giorni nostri, gli aspiranti padroni
del mondo non si accontentano di
6. I
R A P P O RT I D I F O R Z A
I Comunisti e lEuropa/Dibattito
61
I Comunisti e lEuropa/Dibattito
62
Riferimenti bibliografici
I Comunisti e lEuropa/Dibattito
Lautonomia
del salario
per lEuropa
dei lavoratori
di Francesco Nappo
Presidente Comitato Regionale PRC Campania
C O N T R O L I D E O L O G I A
EUROPEISTICA
63
I Comunisti e lEuropa/Dibattito
Lesperienza politica
dell Europa odierna
fornisce la prova palmare
della fallacia delle tesi
economicistiche
64
PE R
IL RILANCIO
DELLA DOMANDA
INTERNA EUROPEA
I Comunisti e lEuropa/Dibattito
IL
SUPERARE
PAT T O D I S TA B I L I T
Da venticinque anni
il controllo dellinflazione
segna il governo delleconomia
in Europa, prima e dopo
ladozione delleuro
65
I Comunisti e lEuropa/Dibattito
66
I Comunisti e lEuropa/Dibattito
Zapatero
in Spagna
I. L I M B A R A Z Z O
DELLA DESTRA
I Comunisti e lEuropa/Dibattito
nativa si possa ribaltare il voto in favore del partito che nelle migliori
condizioni per cacciare il Partido
Popular dal governo, vale a dire il
Psoe. E, tuttavia, continua a permanere questa questione della sensibilit per il voto utile, sopratutto per
forze come la nostra che aspirano
ad andare oltre la congiuntura e vogliono raggiungere unalternativa
di maggior ampiezza rispetto allattuale modello socio-economico
condiviso fra la destra e la socialdemocrazia. Se le cose stanno cos, la
domanda si fa ancor pi pertinente,
constatando come nelle sucessive
elezioni europee del 13 giugno in
Spagna, nelle quali, non essendo
qui necessario alcun voto utile, non
avendo da sconfiggere alcun governo di destra, ed essendo tutti i
voti utili, essendo la Spagna un
unica circonscrizione, Izquierda
Unida perde invece la met dei voti
ottenuti il 14 marzo. In soli tre mesi,
perdiamo la met di quei voti che,
a loro volta, erano gi stati giudicati
una sconfitta. di tale rilevanza
questa seconda batosta di Izquierda
Unida che ci ha obbligati a convocare un Congresso straordinario
per gli inizi di dicembre per cercare
di rimediare alle sconfitte, ai difetti
e alle insufficienze che ci trasciniamo negli ultimi tre anni.
La questione della massima importanza per tutta la sinistra rivoluzionaria europea per due ragioni.
Da una parte per i fatto che nel 1986
il Partito Comunista di Spagna ha
intrapreso, con un relativo successo
allinizio, la strada di unesperienza
politica innovatrice: una piattaforma di convivenza della sinistra
plurale rivoluzionaria, dai comunisti ai trockisti, passando per ecologisti, pacifisti, socialisti di sinistra e
anarchici, etc., che a sua volta fosse
in grado di creare le condizioni per
un movimento politico e sociale,
con una partecipazione creativa
dalla base sino alle istituzioni, superando le insufficienze della classica struttura di partito gerarchizzata e burocratica. E dallaltra parte,
per essere Izquierda Unida un componente di riferimento per il re-
68
3. LESPERIENZA
DI
ZAPATERO
vero che presto per trarre un giudizio sul governo del Psoe in Spagna
a soli sei mesi dalla sua vittoria del 14
marzo. Ma si possono comunque
mettere in rilievo gli aspetti cruciali
della sua strategia sul fronte del governo. Da una parte, c il gesto importante e positivo del ritiro immediato delle truppe spagnole dallIraq, con la qual cosa si adempiuta
una promessa elettorale, ponendosi
cos in sintonia con lopinione maggioritaria della popolazione spagnola e marcando un precedente in
ambito internazionale, dato che rappresenta una disobbedienza verso
il gran capo internazionale, il presidente Bush, e nei confronti della sua
politica di taglio hitleriano della
guerra preventiva. Anche se bisogna aggiungere che, immediatamente, quasi per compensare questo
gesto, sato approvato dal governo
Zapatero linvio di truppe spagnole
in Afganistan e a Hait, invio alquanto controverso per una parte
dellopinione pubblica spagnola
nonostante sia stato presentato come aiuto umanitario.
Oltre questo primo gesto di grande
rilevanza, il ritiro delle truppe
dallIraq, la condotta del governo
Zapatero pu essere caratterizzata
dalla presenza di tre componenti,
relative alla politica interna spagnola e alla sua presenza in Europa:
il primo, di orientamento progressista, mirante al consolidamento
dellappoggio popolare, il secondo
teso a cambiare il profilo internazionale con labbandono dellaccodamento alle posizioni di Bush e optando verso ladesione allasse
franco-tedesco contrario allegemonia statunitense, e il terzo di
mantenimento del modello econo-
I Comunisti e lEuropa/Dibattito
4. RIFLESSIONI
SULLEUROPA
69
I comunisti
e la storia del 900.
Uneredit
ingombrante?
di Andrea Catone
direttore del Centro Studi sui problemi
della transizione al socialismo
70
zione implica lassunzione, consapevole o meno, di unaltra tradizione, di altri punti di riferimento.
71
72
munismo mondiale sulla natura sociale dellURSS: socialismo realizzato, capitalismo di stato, collettivismo burocratico
73
Memoria
Enzo Santarelli:
la sinistra dovr misurarsi
con il suo lavoro di intellettuale
militante e di storico
in un momento di volgare
e viscerale attacco alla conoscenza
obiettiva del Novecento
La storia
e la rivoluzione
di Massimo Papini
Direttore Istituto Regionale per la Storia del Movimento di
Liberazione nelle Marche.
Direttore della rivista Storia e problemi contemporanei
74
liana e porta al riscatto di tutta la nazione. Di ci, allora, anche le semplici comparse (e non solo i protagonisti) furono consapevoli. E
Santarelli ci dice che proprio il contatto dei soldati italiani con la tragedia del Sud e poi la presenza di
meridionali nella Resistenza nel
Nord sono le prime pietre della riscossa nazionale, le basi di quella
che sar l'Italia democratica e repubblicana.
Eppure, come gi accennato,
Santarelli viene da una formazione
fascista, annusata e respirata tra le
mura domestiche, sperimentata tra
i banchi di scuola ed elaborata, seppur in modo acerbo, tra le fila dei
Guf. Non quindi n un opportunista n un gregario, un giovane
che si affaccia alla cultura e alla politica con gli unici strumenti in suo
possesso. Si trova cos a subire un
certo fascino per le teorie razziste,
per gli aspetti rigeneratori della
guerra, in sostanza per quelli che appaiono ingannevolmente le novit
dell'inizio degli anni Quaranta.
A suo modo, vuole essere rivoluzionario, non ama affatto le gerarchie
del regime e i loro compromessi.
Cos, come altri giovani della sua generazione, riscopre la purezza
delle origini e a suo avviso nella loro
riscoperta la rivoluzione fascista potr dispiegare la sua carica radicale.
Memoria
75
Memoria
76
che se vi una sostanziale arretratezza economica e sociale. Le Marche sono il laboratorio di una crescente egemonia del movimento
operaio che fatica per a svilupparsi
per la presenza di un predominio
della campagna sulla citt e per una
classe operaia ancora tendenzialmente individualista. Lo si verifica
in una forte tradizione anarchica, in
una marcata influenza del sindacalismo rivoluzionario, in un susseguirsi di moti di piazza che ricordano le j a q u e r i e s, come quelli del
1898, come la settimana rossa, come
quelli contro il caro viveri nel 1919,
come la rivolta dei bersaglieri l'anno
successivo. Eppure, ogni volta, la
presa di coscienza di questi limiti accresce lo sforzo organizzativo e l'impegno politico di massa fino ad arrivare a importanti conquiste, a cominciare dalla nascita delle Camere
del lavoro fino alla fondazione del
Partito comunista.
Ovviamente, queste non sono tematiche esclusivamente marchigiane,
anche se in questa Regione hanno
espresso una specificit rilevante
anche per la presenza di personaggi
rilevanti come Errico Malatesta,
Luigi Fabbri, Pietro Nenni, Romolo
Murri, che hanno qui esercitato la
loro funzione teorica e politica in
fasi decisive della storia d'Italia.
Questa visione progressiva della
storia emerge in tutte le opere di
Santarelli a cominciare da quella
che pu essere considerata la prima
di grande respiro, Il socialismo anarchico in Italia (Feltrinelli, Milano,
1959). In essa si d conto che l'anarchismo la tappa originaria
della storia del movimento operaio
e non solo e non tanto sul piano
delle idee, quanto soprattutto sul
piano dei fatti storici, in un rapporto dialettico e di reciproca influenza con il socialismo. In questo
modo viene considerato figlio della
modernit e non, come altri autori
m a rxisti hanno ritenuto, espressione di un movimento pre-moderno.
Il testo si affianca a quello pi teorico e di storia delle idee che La
revisione del marxismo in Italia, nel
quale va ancora avanti nella riflessione con alcune importanti scoperte come appunto l'intreccio in
Italia tra movimento anarchico e
movimento socialista e come la scoperta del ruolo di Rodolfo
Mondolfo soprattutto come anello
di congiunzione tra Labriola e
Gramsci. Una lettura quindi a tutto
campo del filone italiano del marxismo, che sar fondamentale anche nella rilettura di fenomeni
come il fascismo al di fuori di
schemi terzinternazionalisti basati
pressoch essenzialmente sulla dittatura di classe.
Storia del movimento e del regime fascista (Editori riuniti, Roma, 1967)
non in proposito solo una delle
opere pi importanti di Enzo
Santarelli ma anche e soprattutto
una delle principali storie del fascismo uscite in Italia, dalla quale nessuno storico successivo ha potuto
prescindere. Molto prima di Renzo
De Felice e di Emilio Gentile egli coglie molto bene le peculiarit italiane del fascismo gi nella crisi di
fine Ottocento, fino alla guerra libica e all'interventismo, ma soprattutto di una forte spinta antidemocratica presente nell'et giolittiana
e che costituisce una costante nella
storia del nostro Paese. Scrive con
parole profetiche, tanto da farci capire come quella storia non sia affatto esaurita neppure oggi: Il fascismo ci appare come il sintomo e
la manifestazione di una crisi spirituale e politica di vaste proporzioni
non ancora completamente esaurita e superata. Cos, di fronte alla
spinta del biennio rosso, la borghesia risponde con comportamenti
che tendono non solo a distruggere
le conquiste del movimento operaio, ma anche a snaturare l'essenza
stessa della democrazia, fino a rasentare il vero e proprio colpo di
Stato.
Ma se Santarelli evita schemi classici
del marxismo non cade affatto nel
personalismo alla De Felice, non
identifica la storia del fascismo con
la biografia di Mussolini. Per quanto
la sua sia una storia politica, essa si
coniuga molto bene con le acquisi-
Memoria
Si pensi all'attenzione
che Santarelli ha sempre posto
nei riguardi di personaggi mito
come Ernesto Che Guevara
77
Memoria
78
rosso che vedeva protagonisti vecchi socialisti e anarchici, spesso confluiti nel partito comunista, combattenti in Spagna o esiliati al confino, commissari politici delle
bande partigiane, operai del cantiere navale di Ancona e di altre fabbriche, contadini dell'entroterra e
capileghe, in una saldatura di almeno due generazioni.
Nello stesso tempo, per, per Santarelli la Resistenza nelle Marche appare come una sorta di rivoluzione
incompiuta, soprattutto per il
mancato cambiamento dei rapporti
sociali, specie nelle campagne dove
resistono forme arcaiche di mezzadria. Il fatto che in questa zona
d'Italia, pur essendoci il primo laboratorio di guerriglia partigiana,
la resistenza dura poco, meno di un
anno, e nell'estate del 1944 gi terminata, non potendo sviluppare
quella partecipazione operaia e
contadina che sarebbe stata essenziale per una trasformazione dei
rapporti di classe.
Analisi successive e pi mature lo
porteranno a comparare l'analisi locale a quelle di zone pi ampie, con
confronti di estremo interesse con
la Romagna e l'Umbria, individuando aspetti comuni alle cosiddette Regioni rosse. Uno fra tutti la
forte presenza del partito comunista che egemonizza la guerra partigiana e nello stesso tempo guida il
movimento operaio del dopoguerra verso un significativo rinnovamento democratico del Paese.
Rinnovamento osteggiato dalle
forze conservatrici, ma che permette all'Italia repubblicana di non
interrompere il legame storico con
la tradizione democratica e antifascista.
Questo aspetto connota l'identit di
Santarelli come storico comunista,
identit sempre riaffermata nella
sottolineatura della perfetta compatibilit dei due termini, ma anche
in una accezione la pi ampia possibile, data la vastit dei suo interessi
e dei campi di indagine affrontati e
dato l'approccio non necessariamente ideologico, e anzi metodologicamente plurale, con il quale ha
Memoria
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Memoria
Imperialismo
globale
e resistenza
dei popoli
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Memoria
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Memoria
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Memoria
Kosovo, vi dice niente questa parola? I riflettori di giornali e TV da tempo si sono spenti
su questa provincia grande quanto la Basilicata sulla quale nella primavera del 1999 fu
rovesciato dalla NATO un torrente di missili e bombe, per scongiurare si disse un
genocidio. Oltre 5 anni dopo, sotto gli occhi delle truppe della NATO, si realizzata la
pulizia etnica a danno di serbi, rom e delle altre minoranze non albanesi: oltre 250.000
profughi, pi di 2.500 tra uccisi e desaparecidos per mano dei separatisti albanesi, interi villaggi rasi al suolo, citt come Pristina e Prizren ripulite. Circa 150 monasteri e
chiese ortodosse devastati e incendiati. Tra questi i capolavori dellarte medievale... E
per la minoranza serba rimasta, una vita impossibile, fatta di insicurezza quotidiana, di
vessazioni, di apartheid: una prigione a cielo aperto. Da recentissimi viaggi in Kosovo
un reportage documentato e appassionato, un racconto nel presente e nella memoria.
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La Cultura
La forza
delle parole
a notizia abbastanza fuori del comune, curiosa e interessante: allinizio di ottobre, sui giornali compare una manchette pubblicitaria
che propaganda un CD contenente
il vocabolario steso tra il 1865 e il
1879 da Nicol Tommaseo e Bernardo Bellini e pubblicato dalla casa
editrice torinese Unione tipografico-editrice, in otto volumi di grande formato e di grande spessore;
bench non si tratti certo del primo
vocabolario della lingua italiana
certamente, per lepoca moderna,
il pi importante. La notizia fuori
del comune perch ci che poteva
ancora risultare utile di quel vocabolario, peraltro gi ristampato pi
volte nel corso del novecento,
stato tutto inglobato nel Grande dizionario della lingua italiana diretto
da Salvatore Battaglia pubblicato
sempre dalla UTET tra il 1966 e il
2002: chiunque voglia risolvere un
problema lessicale pu ricorrere a
quellopera imponente e importantissima cui oggi si affianca, per
unulteriore espansione lessicale
anche se il lavoro risulta meno ricco
di esemplificazioni di storia della
lingua, il Grande dizionario italiano
delluso, diretto da Tullio De Mauro,
sempre della stessa casa editrice. Il
Tommaseo-Bellini quindi, oggi,
unopera esclusivamente per studiosi, per chi abbia o senta la necessit di controllare il valore se-
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La Cultura
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La Cultura
dente che la societ del pensiero superficiale e alienato tende a escludere la complessit e vede soltanto
un aspetto del problema, trasformandolo cos in moda. La moda
del computer ha ripescato, questo
tipico dellepoca postmoderna, un
termine di origine dotta, cartaceo
per designare ci che non ancora
stato inserito in un programma
computeristico come, per esempio,
il catalogo di una biblioteca o linventario di un magazzino. Bene
cartaceo non affatto un termine
neutro (nessun termine lo mai
fino in fondo) ma, al contrario, risulta una parola ricca di significati
storicamente negativi e spregiativi.
Infatti se nella sua accezione neutra significa simile alla carta (e gi
qui si colora di spregio con un accenno a carta fatta con stracci, la
carta bombicina) in quella storica
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dalla volont del padrone, che appare come il soggetto che licenzia
qualcuno; il termine e s u b e ro r imanda al contrario a un fenomeno
(lesuberare di qualcosa) che non
dipende tanto dalla volont del datore di lavoro (termine anchesso
nientaffatto neutro e gravido di implicazioni ideologiche) ma che piuttosto questultimo si limita a registrare e quasi a subire. E se vero
che tutto ci presente nel termine
esubero, e che quindi quel termine registra in s un certo tipo di
cultura e di ideologia, altrettanto
giusto notare come il fatto stesso
che i mezzi di comunicazione di
massa (i grandi quotidiani, i periodici, la televisione) spingano surrettiziamente per lutilizzazione di
questa parola non sia affatto neutro.
Il suo impiego risulter infatti uno
degli strumenti pi efficaci (certo
non lunico, e forse neppure il pi
importante) per la penetrazione di
quellideologia complessa che chiamiamo neo-liberista, il cui peso
stato cos grande nella formazione
della cultura sociale e politica a partire dalla fine degli anni ottanta.
Apparir forse gi chiaro da questo
ragionamento come risulti del tutto
servile al potere dominante lidea,
che anche una ideologia, della televisione come strumento di progresso nella sua capacit di alfabet i z z a re gli italiani. Lineffabile De
Mauro, elogiando i grandi meriti
della televisione nel diffondere la
lingua, ha recentemente affermato:
la televisione, un mezzo rutilante,
seducente e a basso costo, ha portato informazione, spettacoli e
(guarda un po) conoscenze perfino scientifiche allintera popolazione. E lo ha fatto in italiano e litaliano ha fatto ascoltare dove mai aveva
r i s u o n a t o . A chi si fa portatore di
unidea del genere andrebbe opposta questa domanda: a quale tipo di
alfabetizzazione conforme la televisione? Le parole, lo abbiamo
detto, non sono neutre. Al contrario esse sono sempre il precipitato
di una ideologia e di una cultura e
allo stesso tempo ne sono un importante veicolo. Dipende dunque
La Cultura
individuale, come fosse, riduttivamente, una questione di scelte personali. Al contrario, la lingua, proprio in forza dellestrema complessit del meccanismo che ne regola
il funzionamento, , come fin
troppo ovvio che sia, un fatto sociale, che, per quel tanto che si fa
veicolo dellideologia dominante,
pu essere fronteggiato soltanto
cercando di comprenderne lautentico sedimento e significato sociale. Non si tratta insomma di purismo linguistico, almeno non certamente nel senso di far proprio un
ideale puristico della lingua che
tenda a renderla autonoma da influenze straniere, modernizzanti o
riflettenti fenomeni sociali nuovi:
tutto ci gi stato fatto dal fascismo, parte con successo (chauffeur
per autista, eccetera) e parte, assai pi grande, con clamoroso insuccesso (restaurant, ristoratore;
toilette, cesso, eccetera); e viene
oggi ripreso, almeno in via di ipotesi, da intellettuali asserviti allideologia dominante che si rifanno
a quella temperie storica. Si tratta al
contrario, dal nostro punto di vista,
di mettere in atto una sorvegliata capacit critica in grado di smontare
il meccanismo che lideologia utilizza per addormentare e, ci si passi
il termine, imbonire, le coscienze
proprio attraverso le parole.
Basterebbe pensare a quanto oggi
siano poco usati termini come socialismo, imperialismo, nazionalizzazione, eccetera per capire
ci che stiamo dicendo.
Fino a quando la societ non sar
cambiata nelle sua fondamenta,
nella sua struttura cio, saremo
sempre parlati dal linguaggio.
Dobbiamo esserne consapevoli: anzich parlare, ci troveremo come
ci troviamo difatti, che noi lo si sappia o meno parlati da un linguaggio che attraverso la diffusione e la
fortuna di certi termini piuttosto
che di altri, e attraverso il modo di
utilizzare certe parole piuttosto che
altre, tender a veicolare, e a rafforzare, lideologia e la cultura dominanti, che sono come sempre
quelli delle classi dominanti. Ma
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La Cultura
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tere della borghesia si fa pi manifestamente brutale: nel 1935, infatti, Gramsci scrive in un mirabile
passo dei Quaderni del carcere: Ogni
volta che affiora, in un modo o nellaltro, la quistione della lingua, significa che si sta imponendo una serie di altri problemi: la formazione
e lallargamento della classe dirigente, la necessit di stabilire rapporti pi intimi e sicuri tra i gruppi
dirigenti e la massa popolarenazionale, cio di riorganizzare legemonia culturale.
E dunque, per concludere, piuttosto evidente che quanto abbiamo
sin qui scritto riguarda strettamente
il problema dellegemonia di cui ci
siamo occupati nel numero precedente di questa rivista. L non cera
lo spazio per parlare di due problemi: questo che abbiamo qui schematicamente esposto, e cio limportanza della lingua per la costruzione dellegemonia, e quello, che
pretender unarticolazione maggiore, del problema della scuola,
che stava tanto a cuore a Gramsci,
letto attraverso una indagine critica
dei libri scolastici.
E sulla quistione bisogner pure,
prima o poi, tornare.
La Cultura
Musica
e rivoluzione
G I O VA N I R I B E L L I I N G L E S I :
La Cultura
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La Cultura
IL SESSANTOTTO
A N T I M P E R I A L I S TA
E A N T I R A Z Z I S TA D E G L I
USA
91
Recensioni
Non violenza
e rinuncia
al progetto
rivoluzionario
di Stefano Chiarini
redazione de il Manifesto
92
Recensioni
93
Recensioni
94
Recensioni
95
L E R N E S T O S I E T E V O I