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WITTGENSTEIN, LUDWIG JOSEF JOHANN - Filosofo austriaco (n.

a Vienna nel
1889 m. a Cambridge il 29 aprile 1951).
Somm. 1. Wittgenstein tra filosofia e religione 2. Il Tractatus logico-philosophicus come
libro di etica- 3.Dal Tractatus alle Ricerche- 4. La fede come passione.
1.Wittgenstein tra filosofia e religione. Su Ludwig Wittgenstein e le sue concezioni
sono state date interpretazioni diverse e, spesso, contrastanti. Antiseri ne ha dato a suo
tempo una ampia e puntuale ricostruzione, unitamente a una bibliografia pressoch
completa (Enciclopedia pedagogica, coll.12550-562). Minore attenzione stata riservata
alla dimensione religiosa della sua filosofia, dimensione che non pu essere pi ignorata,
soprattutto dopo le ultime ricerche (Cfr. R. PITITTO, La fede come passione, Cinesello
Balsamo 1997).
Secondo un punto di vista abbastanza diffuso tra gli studiosi, il filosofo tedesco
sarebbe il principale rappresentante del movimento analitico, colui che avrebbe
rivoluzionato la filosofia prima con il Tractatus, poi con le Ricerche filosofiche
(Philosophische Untersuchungen). Pi semplicemente avrebbe operato il passaggio da una
concezione monolitica del linguaggio, come corrispondenza tra parole e fatti, ad una
concezione pi pluralistica facendo riferimento al gioco linguistico (sprachpiele),
assumendo come criterio di senso non pi la verifica empirica delle proposizioni ma luso,
e finendo per privilegiare nellanalisi il linguaggio ordinario .
Tutto questo senza dubbio vero, ma non rende pienamente ragione della
complessit della sua filosofia e della sua biografia. Lette in parallelo, la biografia e la
filosofia di Wittgenstein danno del filosofo una immagine diversa, ampliandone la
comprensione, e conducono lungo unaltra direzione. Seguendo questa traccia
interpretativa e facendo i conti con leredit della sua educazione religiosa e la sua
preoccupazione della fondazione delletica, appare ben evidente come Wittgenstein arrivi a
delineare una concezione pi aperta, capace di riconsiderare positivamente il ruolo
delletica e della fede religiosa, e della fede cristiana in particolare, nella vita degli
individui.
Egli, dopo tutto, se ha esercitato una profonda influenza sul pensiero filosofico
contemporaneo, non minore influenza ha esercitato sul pensiero religioso e sulla stessa
teologia (cfr. D. ANTISERI, Filosofia analitica e semantica del linguaggio religioso,
Brescia 1991; F. KERR, La teologia dopo Wittgenstein, Brescia 1992). Il neopositivismo e
la filosofia analitica hanno trovato in lui, come molti riconoscono, un esponente di primo
piano. Nello stesso tempo, pu essere considerato, a ragione, come il pensatore che ha
aperto nuove vie di riflessione al pensiero religioso del 900, dopo che il neopositivismo si
era fatto portavoce di una forma di ateismo semantico. Di Dio non si poteva nemmeno
parlare, perch la stessa parola Dio, come aveva affermato Carnap, era costituita da tre
lettere messe a casaccio : questa era la conclusione su cui concordavano i maggiori
rappresentanti del neopositivismo, che nei primi anni venti si riunivano a Vienna, dando
vita al cosiddetto Circolo di Vienna (Wiener Kreis). Contro questo esito la filosofia di
Wittgenstein si costituisce come una difesa intellettualmente sofisticata della religione
(D. GILLIES, La filosofia della scienza nel XX secolo, Roma-Bari 1995, p. 211).
La riflessione wittgensteiniana va collocata in questo contesto come superamento
della filosofia viennese e come ricerca di un nuovo statuto per letica e per la religione. La
religione, di cui Wittgenstein si fa portavoce, una religione mistica, che rivendica una
fede assoluta ed esclude qualsiasi prova di tipo scientifico. Essa, scriver Wittgenstein nel
1946, si colloca a un livello molto profondo e resiste ad ogni sommovimento, per cos
dire il fondale marino pi profondo e calmo, che rimane tranquillo per quante alte siano le

onde in superficie (Pensieri diversi, Milano 1980, p.101). La fede, dir il filosofo,
ripetendo una espressione di Kierkegaard, una passione nei riguardi di se stesso, del
mondo e di Dio, immotivata, ma della quale non si potr mai farne a meno. Essa non
altro che un appassionato decidersi per un sistema di riferimento, [], anche un modo
di vivere, o di giudicare la vita (Pensieri diversi, p. 120). Sul finire degli anni 20 del
900 nella Conferenza sulletica il filosofo aveva parlato delletica, e perci anche della
religione, come di una tendenza dello spirito umano, verso la quale nutriva grande
rispetto e che, da parte sua, non avrebbe mai ridicolizzato.
Pi tardi negli anni, Wittgenstein, riflettendo su di s, avrebbe confessato: I am
not a religious man: but I cannot help seeing every problem from a religious point of view
(Ludwig Wittgenstein, Personal Recollections, Oxford 1984, p. 94). Negli anni 30, invece,
quasi a giustificare le sue incertezze, aveva scritto: Io mi sento proprio come un cavaliere
maldestro sul cavallo: se il cavallo ben disposto, va bene, appena per il cavallo si fa
inquieto, lui diventa insicuro, si accorge della sua insicurezza, e di dipendere
completamente dal cavallo (Movimenti del pensiero. Diari 1930-1932/1936-1937,
Macerata 1999, p. 102).
2. Il Tractatus logico-philosophicus come libro di etica. La fama di Wittgenstein
come pensatore affidata soprattutto a due sue opere : il Tractatus logico-philosophicus e
le Ricerche filosofiche (Philosophische Untersuchungen), che segnano linizio e la fine del
suo filosofare. Nelle due opere, i problemi del linguaggio sono posti in maniera tanto
differente da far pensare a due concezioni contrapposte, che caratterizzerebbero
profondamente levoluzione del pensiero del filosofo. A partire da qui, sarebbe legittimo,
secondo alcuni interpreti del suo pensiero, parlare di un primo e di un secondo
Wittgenstein, quasi a certificare lesistenza di due orientamenti nellevoluzione della
speculazione wittgensteiniana.
A un primo Wittgenstein, che intende il linguaggio in maniera alquanto rigida,
come corrispondenza tra linguaggio e fatti, se ne contrappone un secondo, pi incline a
riconoscere la molteplicit dei linguaggi. Secondo questa interpretazione proprio il
secondo Wittgenstein si presterebbe a una interpretazione di tipo religioso. In realt,
riferendoci allopera complessiva del filosofo, non si pu parlare in questi termini.
Piuttosto, pi che di una differenziazione, o di rottura, come vorrebbero altri interpreti, si
deve parlare di una vera e propria continuit. Perch nel Tractatus c gi in nuce la
lezione delle Ricerche e il suo stesso superamento . Forse, proprio la parte conclusiva del
Tractatus, il cosiddetto mistico [das Mystische] (Non come il mondo , il mistico, ma
che [dass] esso , Tractatus, 6.44; V davvero dellineffabile. Esso mostra s, il
mistico[ es ist das Mystische), ivi, 6.522), consente di leggere le Ricerche non in
opposizione, ma come la realizzazione del percorso disegnato negli aforismi conclusivi
dello stesso Tractatus.
Il Tractatus, opera terminata nel 1918 e pubblicata, per la prima volta, nel 1921,
pot, dopo molte difficolt, essere pubblicata a Londra in maniera definitiva lanno
successivo. Si tratta di un classico del pensiero del 900 : un testo breve fatto di pensieri
scritti in forma aforistica sullessenza del linguaggio, sulla natura del mondo, della logica,
della matematica, della scienza e della filosofia e si conclude con una serie di riflessioni
sulletica, la religione e il mistico. Grande precisione logica e intensit poetica
caratterizzano questopera. La sua lettura risulta particolarmente difficile, anche se
Wittgenstein stesso suggerisce nelletica una chiave di lettura dellopera. Non si
tratterebbe, come potrebbe sembrare, di un libro di logica, ma, soprattutto, di un libro di
etica. Tutto il discorso si costruisce attorno alla convinzione che nulla pu essere detto a
proposito delle cose pi importanti. Se il mondo il mondo dei fatti, non si potr trovare in

esso n Dio, n letica, n alcunch che non sia esso stesso un fatto. Il campo delletica si
estenderebbe, pertanto, oltre i confini fissati dal Tractatus o, per meglio dire, coinciderebbe
con tutto ci di cui nel Tractatus non si parla. Letica sarebbe, in tal modo, determinata
dalla sua esclusione dal mondo dei fatti.
In realt, nel Tractatus si muove tutto un mondo che proiettato a riconoscere una
dimensione diversa dallordine dei fatti. E come se non bastasse questo stesso libro termina
con laforisma 7 Su ci, di cui non si pu parlare, bisogna tacere, espressione con la quale
il filosofo pone il problema del mistico, qualcosa, cio, che da intendersi come posto al
di l del mondo dei fatti e, per ci stesso, trascendente lordine delle cose, di cui si ha
esperienza. Questo invito al silenzio rappresenta il riconoscimento di un al di l del mondo
dei fatti, che non pu essere detto, ma solo mostrato. Nellopera, come scrive il
filosofo a Russell, il punto principale la teoria di quel che si pu esprimere (gesagt) con
le proposizioni, cio con il linguaggio (e che, viene ad essere lo stesso, quel che si pu
pensare) e quel che non si pu esprimere in proposizioni, ma solo mostrare (gezeigt);
questo credo, il problema cardine della filosofia (Cfr. ANSCOMBE, Introduzione al
Tractatus di Wittgenstein, Roma 1966, p. 148).
C nel filosofo la consapevolezza di non poter dire nulla a proposito di Dio, perch
un Dio, se c, pu essere solo mostrato, dato che fuori dal mondo. Lopposizione tra
il dire e il mostrare, cos come intesa , rimanda a due ordini di realt contrapposte, di
cui il primo riconducibile al mondo dei fatti, laltro al mondo oltre i fatti, ed proprio
questo a contare maggiormente. Daltra parte, questultimo ordine quello che ogni
pensiero religioso rivendica come spazio specifico della religione stessa. E Wittgenstein
ben consapevole dei limiti di un discorso che consideri Dio alla stregua di un fatto, di cui si
possa rivendicare una prova di tipo scientifico. Per Dio non c, sostiene il filosofo, alcuna
prova scientifica e se ci fosse non avrebbe alcun valore.
3. Dal Tractatus alle Ricerche. Non minore importanza presenta laltra grande
opera di Wittgenstein : le Ricerche filosofiche, opera pubblicata postuma, a cui il filosofo
lavor per oltre venti anni, rimanendovi sempre insoddisfatto per le conclusioni raggiunte.
Qui il problema di Wittgenstein di farsi portavoce di una concezione pi
pluralistica del linguaggio, che finiva per riabilitare quei problemi, anche quelli etici e
religiosi, che precedentemente erano stati esclusi dalla filosofia del neoempirismo, perch
privi di senso. Paradossalmente il filosofo matura le idee delle Ricerche avendo sullo
sfondo il concetto di mistico, con il quale egli aveva concluso il suo Tractatus, nello
sforzo di aprire la riflessione a quel vasto mondo del mistico, altrimenti irraggiungibile e
destinato al silenzio.
Proprio il concetto di mistico costituisce il punto di congiunzione tra il Tractatus
e le Ricerche filosofiche . Secondo il filosofo il mistico un dato ineliminabile, di cui
bisogna prendere atto ed esprime, soprattutto, il senso del limite che luomo avverte di
fronte al mondo e lincapacit da parte della scienza di soddisfare i desideri pi profondi
dellumanit . La pretesa di parlare su tutto , per questo, assolutamente ridicola e
illegittima. Pi che di parlare, si tratta di mostrare quel mondo a cui il mistico fa
riferimento. Il mistico, cos inteso, rompe la pretesa neoempirista di ridurre il dicibile al
mondo dei fatti, cos come sono percepiti, e apre lindagine wittgensteiniana a riconoscere
la variet dei mondi di senso, vere forme di vita (Lebensform), che costituiscono
lesistenza delluomo. Ed cos che il progetto, enunciato nel Tractatus, si realizza nelle
Ricerche, nella descrizione di queste variet di forme di vita. La religione stessa , dopo
tutto, una forma di vita accanto ad altre forme di vita e come tale deve essere
considerata e descritta. Questo passaggio da una fase allaltra delle sue concezioni si
compie, comunque, quando nel filosofo matura lidea della vita come un tessuto, un

intreccio, che costituisce lo sfondo, questo s inesprimibile, sul quale ci che ho potuto
esprimere acquista significato (Pensieri diversi, p. 40). Il filosofo sa che Non quello che
uno fa in questo momento , unazione singola, ma tutto quanto il brulicare [das Ganze
Gewimmel] delle azioni umane, il sottofondo su cui vediamo ogni azione, determina il
nostro giudizio, i nostri concetti e le nostre reazioni (Zettel, 567).
La richiesta delluso del significato delle proposizioni come criterio di senso delle
affermazioni, formulata nelle Ricerche, si poneva come superamento della verifica
empirica come criterio di senso delle proposizioni, cos come era stato postulato dai
neopositivisti. Il linguaggio viene ora considerato come una cassetta di attrezzi, o come un
labirinto di vie, quasi per dare del linguaggio unidea pi articolata e per indicare che solo
attraverso una attivit di tipo descrittivo diventava possibile conoscere i vari usi del
linguaggio e orientarsi allinterno di saperi non facilmente circonscrivibili. Lanalisi del
linguaggio si configura ora non come analisi logica del linguaggio, ma come analisi
sostanzialmente descrittiva dellattivit linguistica, che si esplicita concretamente nel
riconoscimento della molteplicit dei giochi linguistici. Il linguaggio un gioco di lingua,
inteso come attivit delluomo.
A partire da qui il recupero delletica e della fede religiosa inevitabile. Perch
aver assimilato ogni sapere, e perci anche letica e la religione, a un gioco linguistico, nel
senso voluto da Wittgenstein, lascia aperta la possibilit per il credente di giustificare la
sua fede religiosa, senza dover addurre necessariamente delle prove di tipo scientifico. Lo
stesso filosofo nei Pensieri diversi e in altri scritti a carattere diaristico riflette sulla fede
religiosa e ne ricerca il significato nella sua vita. Nella riflessione, che percorre tutta
lesistenza del filosofo, entrano problemi come lesistenza di Dio, il male, la salvezza, la
grazia, la resurrezione di Cristo, i libri sacri, ecc. C per tutti questi problemi grande
attenzione e rispetto, ma le certezze raggiunte dal filosofo non sono molte e non sono
assolute.
4. La fede come passione. Tutta la riflessione religiosa del filosofo pu essere vista,
comunque, sotto il segno della ricerca e, forse, del ritrovamento di una fede, della quale
egli si fa portavoce, una fede che costituisce luomo nella sua interiorit e alla quale egli si
affida, sicuro di vivere nella certezza e senza alcuna paura. La saggezza grigia egli
dir - . Ma la vita e la religione sono piene di colori (Pensieri diversi, p, 117). Da parte
sua, riconosce che la sua fede debole, mentre un essere che ha un legame con Dio
forte (Movimenti del pensiero, p.35). Sa anche che se si vuole rimanere religiosi, bisogna
lottare, perch si pu lottare, sperare e anche credere, senza credere scientificamente
(Pensieri diversi, p.114).
Questo interrogare, iniziato gi negli anni 1914-16 allepoca della stesura dei
Quaderni, trova nella fede come passione la risposta ai suoi interrogativi, posti pi volte,
sul senso della vita. Ci che prima rimaneva sullo sfondo dellesistenza del filosofo come
desiderio di un orientamento sulla vita e su Dio diventa ora la parola salvatrice, alla
quale Wittgenstein non vuole rinunciare. Egli sa che la fede una grazia (Movimenti del
pensiero, p. 92). Ed cos che egli ha voluto dare una descrizione della religione, che ne
potesse salvaguardare la sua significativit in un ambito di discorso, delimitato dal
neoempirismo viennese, ma gi compromesso dalle critiche ricevute.
Da qui la sua insistenza nellaffermare che lidea dellesistenza di Dio, come ogni
altra cosa che non attiene al mondo dei fatti, non pu essere provata scientificamente, ma
pu essere solo vissuta ed proprio la vita a costituire il suo banco di prova. Il modo in
cui usi la parola Dio non mostra chi ma che cosa tu intenda (Pensieri diversi, p. 97).
Perci lunica vera prova data dalla testimonianza di colui che crede. Ogni discorso,
anche quello religioso, acquista il suo senso solo dal resto delle nostre azioni (Della

certezza, 229, p. 37). Perci linvito del filosofo di pensare sempre alla prassi (Ivi,
601, p. 98) come al criterio ultimo di verifica, perch proprio la prassi che d alle singole
parole il loro senso. Qui, seguendo la lezione delle Ricerche filosofiche, luso del
linguaggio diventa il criterio ultimo di senso.
Del resto, una professione di fede, - sostiene il filosofo - , non pu mai fondarsi su
basi razionali. Per quanto una credenza religiosa, si pensi alla resurrezione di Cristo o al
giudizio finale, possa condizionare la vita di un uomo, essa non pu, secondo Wittgenstein,
essere giustificata razionalmente. Se si vuole capire il senso di una credenza religiosa,
questa la lezione di Wittgenstein, bisogna cercarlo nella vita stessa del credente, nel suo
agire di ogni giorno, in tutto quello che egli dice e fa. questo, in definitiva, il criterio
ultimo, ed anche il solo, di ogni fede religiosa ed esigere dal credente di testimoniare nelle
scelte concrete della sua vita il suo credo religioso unesigenza ineludibile da parte del
credente stesso, oltre che di chiunque voglia comprenderne la sua significativit e metterne
alla prova la seriet della sua credenza. Perci Qualunque cosa ci possa essere di vero o
di falso nel Nuovo Testamento, una cosa non pu essere messa in dubbio: che io per vivere
giustamente dovrei vivere in maniera del tutto diversa da come mi piace. Che la vita
molto pi seria di quanto appaia in superficie. La vita di una tremenda seriet
(Movimenti del pensiero, p. 78).
Rimane ferma la convinzione, espressa polemicamente a pi riprese dal filosofo,
che, dopo tutto, la fede e rimane un assurdo: Il cristianesimo dice propriamente : lascia
cadere ogni intelligenza (Movimenti del pensiero, p. 64). La soluzione intravista da
Wittgenstein va nella direzione dellaccettazione di una fede del cuore, piuttosto che di una
fede della ragione. Con la parola credere nella religione, scrive il filosofo, si fatta una
tremenda quantit di danni. Tutti quei pensieri intricati sul paradosso, sul significato
eterno di un fatto storico e simili. Se tu per invece di fede in Cristo dici: amore per
Cristo il paradosso scompare , cio lirritazione dellintelletto. Cosa ha a che fare la
religione con un simile solletico dellintelletto? (Ivi, p. 104). Piuttosto, il credente deve
lasciarsi guidare da una altra luce e seguire unaltra vita: questa vita deve, per cos dire,
tenerti sospeso su questa terra; cio quando vai sulla terra non poggi pi sulla terra, ma sei
sospeso in cielo; sei tenuto su dallalto, non sorretto dal basso. Questa vita per
lamore, lamore umano per colui che perfetto. E questa la fede (Ivi, p. 102).
Convive, per, costantemente nel filosofo, nel corso degli anni, un desiderio di
salvezza, che solo un Dio, non un uomo, pu realizzare. E qui Wittgenstein vede la questa
salvezza approssimarsi nellincontro con Cristo il Salvatore, ben consapevole che Cristo,
proprio perch Salvatore, non pu non essere Dio. La salvezza che egli si attende
qualcosa che deve venire da Dio. Tu non puoi, - dir a se stesso - , chiamare Cristo il
Salvatore, senza chiamarlo Dio. Perch un uomo non ti pu salvare (Ivi, p. 69). In realt,
tutta sua la filosofia si caratterizza come ricerca della parola salvifica (das erlsende
Wort). Nellattesa della salvezza, Wittgenstein pu liberare il campo dagli impedimenti che
potrebbero ostacolarne lazione. Da una parte c la sua lotta contro il cattivo uso del
linguaggio, che si manifesta in ogni ambito del sapere, non escluso quello etico e
religioso; dallaltra la rivendicazione per s del ritrovamento di una parola che lo possa
liberare dalle false evidenze, nelle quali si incorre, quando si restringe lorizzonte del senso
al mondo fattuale. Ecco perch il mettere ordine nei pensieri e nelle parole, riferito alla
credenza religiosa, costituisce lo spazio religioso possibile, entro cui il filosofo porta la
sua riflessione al di l del linguaggio stesso. Sotto questo aspetto lo stesso gioco
linguistico diventa ci che pu dare al mistico il suo proprio riconoscimento, come
attestazione di un mondo non diversamente afferrabile.
Sta qui la credenza religiosa, alla quale pensava Wittgenstein. Conversando con
lamico Drury agli inizi degli anni 30, il filosofo poteva confessare che loro due

dovevano imparare a vivere senza la consolazione di appartenere a una chiesa (M. O C.


DRURY, Conversations with Wittgenstein, in L. Wittgenstein, Personal Recollections,
Oxford 1981, p.129).
EDIZ.: 1. Opere di Ludwig Wittgenstein in lingua originale (si citano solo quelle
pubblicate dopo il 1978, in ordine di pubblicazione): Werkausgabe in 8 Bnden, Suhrkamp,
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corso di pubblicazione); Vermischte Bemerkungen, a cura di G. H. von Wright, Suhrkamp
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trad. it. di M. Trinchero, Einaudi, Torino 1981; Libro blu e Libro marrone, trad. di
A.G.Conte, Einaudi, Torino 1983; Zettel. Lo spazio segreto della psicologia, a cura di M.
Trinchero, Einaudi, Torino 1986; Diari segreti, a cura di F. Fant, Laterza, Bari 1987;
Pensieri diversi, a cura di M. Ranchetti, Adelphi, Milano 1980 e 1988; Grammatica
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filosofia della psicologia, a cura di R. de Monticelli, Adelphi, Milano 1990; Vostro fratello
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cura di E. Leinfellner, Hllner-Pichler-Tempsky, Wien 1978; AA.VV, Wittgenstein:
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