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da quanto gli scrive Milady Diane King (Genova, 9 novembre 1830), consta che, in mente auctoris, fosse ridiventata una storia autonoma; vous etes l'extrme
bont, Monsieur, de me promettre par votre lettre du
3 juin 1828 de me faire parvenir les feuilles de votre
nouvel ouvrage mesure qu'elles sortiraient de la
presse, fin que j'eusse le bonheur d'tre la premire
le traduire ; possibile che superi I Promessi Sposi?;
s'il est rserv un mortel de faire davantage, rispetto al romanzo ( qui fait verser des larmes d'attendrissement... terreur et ... consolation ), sans doute,
Monsieur, vous seul pouvez oprer ce miracle ; trepida, j'ose vous supplier d'avoir la condescendance de
m'envoyer les feuilles de la Colonna infame (tei est,
m'crit-on, le titre de votre nouvel ouvrage) mesure
qu'elles sortent de la presse, selon que vous avez bien
voulu me le promettre il y a deux ans .5 Esiste una copia rifinita (sul frontespizio: storia/della/colonna infame/compilata sui processi/da Alessandro Manzoni ,
tutto in lettere capitali) 6 ma non va in tipografia: devono essergli venuti dei dubbi sulla qualit del testo; o
almeno, presente sciagura se fosse stampato cos, da
solo; meglio in appendice al romanzo riedito. L'quipe
familiare fabulante, assai solerte in casa Manzoni, allude a meraviglie: due lettere materne al vescovo Luigi
Tosi, gi directeur de conscience della famiglia, lamen6
Carteggio, a cura di G. Sforza e G. Gallavresi, Hoepli, Milano,
1921, II, p. 647, nr. 664. [Lei stato cos gentile, signore, da promettermi nella lettera 3 giugno 1828 di mandarmi i fogli della sua
nuova opera man mano che sarebbero usciti dai torchi, affinch
avessi la fortuna d'essere la prima a tradurli; se concesso a un
mortale fare di pi, rispetto al romanzo (che strappa lacrime d'intenerimento... terrore e... consolazione), indubbio che soltanto
Lei, signore, possa operare questo miracolo; oso supplicarLa d'essere cosi gentile da mandarmi i fogli della Colonna infame (cosi, mi
dicono, intitolata la Sua nuova opera) appena stampati, come mi
hu promesso due anni fa.]
Chiari e Ghisalberti, op. cit., II 3, p. 881.
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luglio, 3 agosto, 19 agosto, 16 settembre 1842).12 Gliel'accolgono male: quand ma petite histoire a paru,
confessa a Adolphe de Circourt (14 febbraio 1843), le
silence s'est fait; et la curiosit qui tait assez veille
dans l'attente, a cess tout d'un coup, non comme
satisfaite, mais comme d^ue; c'est du public que
Fon attend une assurance... et cette preuve m'a t
compltement dfavorable .13 L'ha patita pi delle
100.000 lire mangiate dal pessimo affare editoriale.
2. II-CASO
E una storia giudiziaria: imputati de peste manufacta due milanesi ignobili, davanti al Senato, vertice
politico-amministrativo-giurisdizionale; nasce da una
notitia criminis sabato 22 giugno; l'epilogo consiste in
una solenne mattazione pubblica, venerd 2 agosto.
Cose simili erano accadute, sappiamo dal 32" capitolo
del romanzo (Palermo, 1526; Ginevra, 1530, 1545,
1574; Casal Monferrato, 1536; Padova, 1555; Torino,
1599 e 1630): ma l'affare milanese il meglio osservabile sui molti documenti rimasti; e sebbene l'abbia
gi studiato Pietro Verri, parso che... potesse esser
materia d'un nuovo lavoro ; una nota rinvia all'* opuscolo in fine del volume.14 Dal caso clinico traspare
l'interno della macchina inquisitoria, 15 con tutto quanto l'opaco latino dei dottori nasconde. Materiale ricco.
Peccato che l'abbia usato male, rimuovendo dati importanti (perch ripugnano al suo assunto).
Cominciamo dallo sfondo: Milano sta andando al
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spettoso col quale l'autore reagisce a un evento editoriale: nel 1839 Perelli e Mariani hanno edito i verbali,
con una Facti species e un Esito anonimi, redatti
da Cesare Cant; 19 tale divulgazione poteva soltanto
giovare al futuro opus e i due glielo scrivono, in termini devoti (11 maggio 1839);20 ma lui li considera dei
guastafeste, n perdona a Cant. 21
3 . PROCEDURE
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alla procedura
penale,
13
quisito confessi o no: e abbiamo visto quali accorgimenti lo stimolino; alcuni garantiscono l'esito (ad
esempio, la tortura del sonno, raccomandata dal pio
penalista Ippolito Marsili); ma, in assoluto, nessuna
tortura resistibile; esposto a tensioni adeguate, capitola anche l'animale umano meno sensibile. Tutto
quindi dipende dal fatto che uno venga o no tormentato: vigono pseudoregole enucleate da una teoria ad
astrusa apparenza scientifica; era formulata gi nell'anonimo Tractatus de tormentis (XIII secolo, seconda
met) e con minuscole varianti circola fino al tardo
Settecento; l'esame in tormentis presuppone un reato
probabile, ossia degli indizi; i dottori li classificano in
pi o meno "prossimi"; i molto "remoti" costituiscono
"adminicula", irrilevanti da soli.23 Esistono anche indizi ad inquirendum, mancando i quali l'intero procedimento risulta invalido: huiusmodi inquisitionis
nullitas ex defectu indiciorum promanans , rileva Benedici, Carpzov, luminare del barocco sassone, inconsuetamente garantista, contamina ogni atto seguente,
etiamsi de crimine excepto ageretur , persino quando
ex mandato principis fuerit formata; senonch
quaenam indicia ad inquisitionem specialem legitima
sint et sufficientia, expeditum non est, neque ab interpretibus decisum; stanno tutti nel vago, da Angelo
Gambiglioni a Prospero Farinaccio; Egidio Bossi, ad
esempio, insegna ad inquirendum sufficere levia indieia et leviora, quam ad torturam, non spiegando
quaenam indicia levia et leviora dicantur. In entrambi i casi (requisiti ad inquirendum e ad torturam), siamo davanti a formule vuote: multum... itaque tribuo opinioni Prosperi Farinaccii... id totum arbitrio iudicis committentis ; inutile disquisirvi, essendo irripetibile ogni caso; conta molto la qualit delle
persone; adversus nobiles aut honestiores conditionis
23
P. Fiorelli, La tortura giudiziaria
Milano, 1953-54,2 voli., II, pp. 10-38.
14
nel diritto
comune, Giuffr,
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4 . QUESTIONE STORICA
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5 . CASISTICA MORALE
I due testi esibiscono un taglio diverso: nemmeno l'inedito coglieva lo sfondo, con quei grovigli involuti,
dal brulicho delinquentesco alla cultura del vaniloquio e relativo metabolismo intellettuale malato, ma,
bene o male, considerava l'accaduto ab intra; vi figura
un rilievo sulla crudele, scimunita, invincibile persuasione 39 degli inquirenti, convinti d'avere in mano
due colpevoli. Nel 1842 l'autore ha reciso i nessi con
l'ambiente e proietta i termini del caso in un presente
assoluto. Discorsi da casuista ossia clinica teologale: se
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li addetti alla macchina giudicante abbiano o no peccato (l'eventuale risposta positiva implica che, sulle
premesse note, fosse possibile assolvere gli imputati); e
sotto quale nome sia qualificabile l'eventuale atto peccaminoso. In limine (con una scelta dubbia, quanto a
economia logica e astuzia narrativa) liquida apoditticamente le due questioni: indotto da passioni pervertitrici della volont, l'esito era evitabile; ingiustizia
personale e volontaria de' giudici. Due assunti insostenibili; e non siamo nemmeno davanti a paradossi da
geniale funambolo: piglio avvocatesco, cadenza esclamativa, puntiglio minuto, flusso verboso, esasperano
l'effetto dialettico negativo.
Rispetto alla media giudiziaria milanese, il caso risulta condotto bene, dicevamo: pu anche darsi che
qualcuno covasse passioni biasimevoli, ma dai verbali
non emergono e, mancando i sintomi, sarebbe futile
speculare sull'interno psichico; considerati regole, dati
obiettivi, modelli metalegali, l'operazione appare corretta. Inverosimile, poi, l' ingiustizia personale e volontaria (che il Senato macchini accusa e condanna,
guidato da cinica Realpolitik, sapendoli incolpevoli):
sebbene sia gratuita, sarebbe un'ipotesi astrattamente
plausibile se fossero coinvolti soltanto Guglielmo Piazza, addetto al trasporto dei cadaveri, e Giacomo Mora,
barbiere; sono carne da patibolo tutt'e due; senonch
Piazza, imbeccato dal difensore Giovanni Battista Cislaghi, ha tirato in ballo un illustre spagnolo, quale
mandante; don Gaetano Padilla, figlio del Castellano
milanese, vanta limpieza de sangre e potenti influenze;
i senatori milanesi non sono cos idioti da giocarsi la
carriera a Madrid con dei clamorosi passi falsi. Ebbene, die 25 Julij fuit... detentus et ductus ad Castrum
Pomati , dove gli perquisiscono i bauli, gi sequestrati
perch non fosse toccata cosa alcuna : lo traducono a
Pizzighettone; 1*11 ottobre viene deliberato che,
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attenta qualitate causae et personarum , un regio avvocato fiscale vada a esaminarlo; tre mesi dopo, 10
gennaio 1631, tradotto ad carceres egregii Capitanei
Iustitiae, subisce un primo esame, nel solito movimento divagante e pitonesco dell'approccio inquisitorio; riesaminato die ultimo mensis Ianuarij 1631,
spietatamente, su ogni circostanza acquisita ai verbali;
die 9 Maij, censuit Senatus contra dictum Dominum
Iohannem procedendum ad reatum de fabricato veneno, eoque pluribus distribuito ad desseminandum et
inficiendum hunc populum, pollicita et erogata multa
pecunia cum narratione facti, iuxta dictum Iohannis
Iacobi Morae et Iohannis Stephani Baruelli, ac aliorum de quibus in processu .40 Dunque, venerd 9 maggio 1631, a nove mesi dall'arrotamento dei due protoimputati, i senatori sono pi che mai convinti del
complotto pestifero: riempie cinque pagine a stampa
l'accusa, formulata die 22 Maij. Luned 14 luglio
pubblicati gli atti allo spagnolo e coimputati, fra cui
un importante banchiere. Esaminato in tormentis, 16
marzo e 4 aprile 1632, un soldato spagnolo, tal Pietro
Verdeno, detenuto super tentata robara, perch gli
inquirenti sospettano hunc militem esse eum ipsum
qui Petrus est nomine, cognomine autem Saragotia ,41
nominato da Mora e inquisito in contumacia. Sarebbe
follia pura quest'implacabile persecuzione (anche l'autore ne parla nel sesto capitolo, non vedendo quali ovvie conclusioni implichi) se fosse esistito qualche dubbio sui due arrotati. Padilla e i coimputati finiscono
40
[ 9 maggio: il Senato dispone che Don Giovanni Padilla sia imputato d'avere composto un veleno, distribuito a vari agenti affinch fosse disseminato nella citt, con dei compensi promessi ed erogati in misura cospicua; e gli vengano contestati i fatti, quali emergono nelle deposizioni rese da Giangiacomo Mora, Giovanni Stefano
Baruello e altri imputati .]
41
[(gli inquirenti sospettano) che questo soldato sia quel Pietro
da Saragozza (nominato da Mora e inquisito in contumacia).]
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assolti a tre anni dal fatto, die 28 Iunij : ma nell'orizzonte mentale dei giudicanti, tale epilogo non invalida
il precedente 27 luglio 1630; sospettavano che la chiamata in correit del nobile spagnolo fosse un espediente; consta da una testimonianza addotta nel memoriale difensivo senza data (anno 1632), in &4 fittissime
pagine a stampa; ma convinti che fosse stata allestita
un'industria venefica a scopo genocida, ai cui livelli infimi operavano Piazza e Mora, inquisiscono strenuamente. Sul piano deontologico sono invulnerabili. 42
6 . IDEOLOGIA
Cosa l'ha indotto all'arringa? Appare tutto ingenuamente chiaro dal discorso introduttivo. Quale cattolico
militante sia, l'ha confessato alla nobile torinese Rosa
Ignazia Diodata Saluzzo (11 gennaio 1828): egli vero che l'evidenza della religione cattolica riempie e domina il mio intelletto ; la vede a capo e in fine di tutte le questioni morali; le verit acquisite aliunde
(empiriche o analitiche) non mi sembrano intere,
fondate, inconcusse, se non quando sono ricondotte ad
essa, ed appaiono quel che sono, conseguenze della sua
dottrina (dove vediamo quanto poco vada preso sul
serio nelle pose, che talvolta assume, da spregiudicato
analista); il cruccio che non ispiri abbastanza i miei
sentimenti e governi la mia vita, come soggioga il mio
raziocinio; rimane a livelli vocali; non vorrei avere a
confessare di non sentirla mai cos vivamente, come
quando si tratta di cavarne delle frasi. 43 E siccome
nuoce alla verit storica tale virtuoso engagement, incappa in licenze: descritti da lui, persone, fatti, ambienti, spesso risultano diversi, talvolta irriconoscibili;
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cosiddetto male dipende da mente opaca. Definita cos, l'avventura morale impone fatiche e rischi enormi a
chi l'affronta: Friedrich von Spee, Societatis Iesu, ad
esempio, opera una scelta etica nella Cautio criminalis, scrivendo cosa pensi delle cause alle streghe; e tutto sommato, una fortuna che muoia tempestivamente a Treviri, colpito dalla solita peste (7 agosto 1635).
L'autore della Colonna infame ha allestito un teatrino
consolante, i cui attori gesticolano nel vuoto metafisico: non esistono pressione sociale, inerzia delle abitudini, sacco amniotico culturale; sovranamente libero,
ognuno opta tra Bene e Male; un caso sciagurato vuole
che Marcantonio Monti, Ottaviano Picenardi, Giambattista Visconti, abbiano peccato; speriamo che non
cpiti pi.45 Tale essendo l'ordito ideologico, non stupisce l'assenso dalla censura austriaca. Al consigliere
aulico direttore della polizia era arrivata la voce (ottobre 1839) che Alessandro Manzoni stesse pubblicando
a Parigi un romanzo sulla Colonna infame, democraticamente intonato; il manoscritto, dunque, esibito
dagli editori Guglielmini e Redaelli, richiede attenta
lettura; lo affidano al censore Mauro Colonnetti. Referto positivo (16 luglio 1840): ha letto con tutta la
diligente attenzione di che possa egli essere capace ;
non vi appare nulla che meriti dalla Censura un giudizio non favorevole, o sia direttamente o sia indirettamente riguardo ai sani princpi della morale religiosa e
politica .46 Giudizio sobrio, informato, esatto.
teologali del sistema, poi ribaditi dal saggio senile sulla rivoluzione francese ( non est enim potestas nisi a
Deo e quae autem sunt, a Deo ordinatae sunt); 47
l'autorit santa, sebbene ogni tanto qualcuno la usi
male (render i conti a Dio); in mani pure, l'ordigno
avrebbe assolto Mora e Piazza; niente d'eccepibile nelle strutture. Lo stile risulta adeguato al genere: sospeso fra arringa, pamphlet apologetico, sermone, un testo ansimante, verboso, esclamativo; ne abbiamo visto
due campioni. L'ultimo capitolo offre uno spettacolo
penoso con l'invettiva antigiannoniana. 48 Talvolta
strepita in pose da intellettuale "organico": ad esempio, deplora che a Mora e Piazza siano negati i riguardi poi concessi a Gaetano Padilla. Argomento da comizio: nell'anno 1630 le procedure sono sensibili alla differenza sociale; se risultasse mandante delle unzioni, il
nobile spagnolo finirebbe graziosamente decapitato su
un palco vestito a lutto, con drappi e torce; forca, ruota, squartamento, competono ai plebei. Nasceva morta
questa "storia": semplificazioni, retorica elementare,
ricerca dell'effetto, appartengono alla fisionomia del
feuilleton e la alienano dai lettori criticamente ferrati;
ma enfiagione didattica, minuzia leguleia, enfasi omiletica, escludono l'appeal al largo pubblico. Scrittore
maldico, dallo sguardo talvolta acuto, qui Cant si
concede una battuta perfida: deluso il pubblico; valut pochissimo un'operetta, che va fra le pi serie del
nostro tempo, e mostra l'autore, qual comparir agli
avvenire, ancor pi pensatore che poeta .49 Gli inten-
di
Alessandro
47
Epistola ai Romani, 13 1. [ ogni potere pubblico viene da Dio
(e) le autorit attuali sono state istituite da Lui .]
48
F. Cordero, Fabbrica della peste, cit., pp. 207-10.
49
Cant, op. cit., I, pp. 170 sg.
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ditori ne parlano poco e, complessivamente, male.50 Irrilevanti, in sede estetica e critica, le artificiose rianimazioni tentate dai devoti: alcune iperboli suonano
come monete false; il fenomeno sarebbe utilmente
esplorabile in una sociologia del potere.
FRANCO CORDERO
1785 7 marzo Da Pietro Manzoni e da Giulia Beccaria (figlia di Cesare) nasce Alessandro, all'odierno n.
16 di via Visconti di Modrone, a Milano.
1791 13 ottobre Alessandro entra nel collegio dei
Somaschi a Merate.
1792 13 febbraio Don Pietro e Donna Giulia si separano: il bambino resta affidato al padre.
1796 primavera
Per l'imminente invasione francese
Alessandro trasferito nel collegio somasco di Lugano.
1798 In obbedienza alla legge cisalpina, viene richiamato in patria ed entra nel collegio barnabita o dei
Nobili (poi Longone). Conosce tra gli altri G. B. Pagani, Federico Confalonieri, Ermes Visconti. Trascorre
sempre le vacanze a Lecco, nella villa paterna del Caleotto.
so Citazioni in B. Croce, Storia della storiografia italiana nel secolo decimonono, Laterza, Bari, 19644, I, pp. 183 sgg. Adde: M. Znno La prima forma della Colonna infame, estratto dalla Rassegna 38 (1930), pp. 3-11; nonch Introduzione e commento a A.
Manzoni, Storia della colonna infame, Perrella, Napoli-GenovaCitt di Castello, 1928, pp. 11-14.
18 marzo
1813
21 luglio
1817-1818 Scrive le Osservazioni sulla Morale Cattolica, di cui pubblicher solo la prima parte (1819).
1819 settembre
Torna a Parigi (il passaporto gli era
stato precedentemente negato); d assicurazione al canonico Tosi, suo direttore spirituale, che continuer il
lavoro alla Morale Cattolica.
1820 pubblicato (a Milano) Il conte di Carmagnola-, d inizio &\YAdelchi. Scrive la Lettre Mr. Chauvet contro le pretese unit tragiche. Il testo sar pub-
1830
30 maggio
1833
25 dicembre
1834
20 settembre
Nascita di Matilde.
Morte di Enrichetta.
Morte di Giulia D'Azeglio.
34
35
31 marzo
10 dicembre
1855
Io luglio
9 agosto
1860 febbraio
nuele II.
1868 Come presidente della commissione per l'unificazione della lingua, presenta a nome della sezione milanese la relazione Dell'unit della lingua e dei mezzi
di diffonderla: il contrasto con la commissione fiorentina palese e il Manzoni si dimette.
8 febbraio Muore Filippo Manzoni, che aveva procurato (come del resto anche Enrico) seri guai al padre
per la sua facilit nel contrarre debiti.
1869 Pubblica VAppendice
nit della lingua.
1870
11 aprile
PREMESSA AL TESTO
La vicenda redazionale della Storia della Colonna Infame da far risalire al 1823, anno in cui Manzoni
mette mano al quarto tomo del Fermo e Lucia: prevedeva allora che la lunga narrazione accessoria del
caso giudiziario si dovesse collocare nel quinto capitolo, di seguito cio ai due che trattavano ampiamente
della diffusione della peste, delle unzioni del maggio
1630 e del furor popolare che ne reclamava a gran
voce i colpevoli. Il cap. IV del quarto tomo si chiudeva
sui due episodi, ripresi dal De peste del Ripamonti,
che meglio potevano dar l'esempio di quella cieca violenza: l'arresto dei giovani francesi sorpresi a toccare i marmi del duomo, che vennero condotti in carcere
A calci, a pugni, a strascichi da una folla strepitante,
e il linciaggio del vecchio pi che ottuagenario che si
credette avesse unto le panche della chiesa di Sant'Antonio (II 3, pp. 584-85). Al capitolo seguente doveva
affidarsi, in via di logico proseguimento, un esempio
delle ancor pi atroci azioni dei magistrati, cui quelle del popolo preludevano. Quantunque noi sentiamo
di esser gi troppo usciti dalla via della nostra storia, e
questi giudizj non abbiano una relazione necessaria
con essa, era la conclusione provvisoria del cap. IV,
pure l'importanza loro ci strascina a toccare qualche
caso pi clamoroso. Il lettore che annojato di questa
gi lunga narrazione accessoria, conservasse ancora
38
Hi-ttembre 1827 (Lettere, I, p. 435). Una lettera di Giulia Beccaria al vescovo Luigi Tosi conferma che il 19
Kennaio 1828 la Colonna Infame era terminata s,
ma sicuramente al suo solito, Alessandro non solo la
ritoccher, ma la rifar (P. Bondioli, Manzoni e gli
amici della verit , Milano, Istituto di Propaganda
Libraria, 1936, p. 219). E se anzi nel giugno dello stesso anno Manzoni aveva annunciato a Diane King la
pubblicazione della Storia come imminente, era proprio Giulia ad aver colto nel segno; vuol ritoccarla,
ribadir infatti al Tosi sul finire del '29; e un frequentatore di casa Manzoni, l'abate Giuseppe Pozzone, nel
febbraio del '31 lamentava che la Storia, finita e copiata per altrui bella mano , rimanesse l ad ammufl'are (C. Cant, A. Manzoni. Reminiscenze, Milano,
Treves, 1882, II, p. 61).
In realt, non solo di qualche ritocco si trattava. Si
collocano in questi mesi le prime lettere che richiedono notizia dei libri pi peregrini e delle storie locali
concernenti la peste del 1630; di qualche testo introvabile in commercio Manzoni si risolver anche a domandare una copia manoscritta. Ricerche che riteneva
indispensabili, ma che dilatarono oltremisura i tempi
previsti. Dalla primavera del 1830, inoltre, la nostra
vecchia e deplorabile questione della lingua andava
acquistando un sempre maggior rilievo nel diagramma
dei suoi interessi. La voce di tanta attivit, comunque
indirizzata, si era diffusa a sufficienza perch il nuovo lavoro annunciato nella Ventisettana diventasse,
nell'attesa del pubblico, un nuovo romanzo (Cant,
Reminiscenze, I, p. 170). Un'altra fonte ineccepibile , nella ridda delle congetture, dava poi per certo che
quello scritto contenesse asserzioni politicamente sospette, tanto da dover essere stampato in Francia per
esser poi introdotto clandestinamente entro i confini
di Lombardia (M. Parenti, Immagini della vita e dei
per fascicoli del romanzo non poteva consentire a ulteriori dilazioni. Questo manipolo di lettere documenta
esemplarmente le tappe della rielaborazione, mostrandoci ad esempio Manzoni nell'atto di risolvere l'enigma relativo al Parrino , sul quale ancora nell'agosto
del '42 non aveva nemmeno di che fare una congettura (v. qui il cap. VII, nota 15); e vale anche a datare
come coeva la postillatura alle Osservazioni sulla tortura del Verri e all'/sioria civile del Giannone, almeno
per i luoghi in cui vi viene richiamata la bibliografia
fornitagli dal Rossi in quel giro di tempo. A stesura
compiuta, come chiarisce la numerazione romana delle
carte, venne redatta VIntroduzione (II1, p. 834).
Il 10 settembre Teresa Stampa comunicava al figlio
Stefano, a conclusione di un breve ma colorito epistolario che scandisce la cronologia della fase estrema del
lavoro, che la prima correzione del testo era conclusa;
il 16 dava per terminata anche la compaginazione,
se pure alla correzione di mezza la Colonna mancava ancora il benestare della fida Emilia Luti (E. Fiori,
A. Manzoni e Teresa Stampa, Milano, Hoepli, 1930,
pp. 150-55). Il 10 novembre 1842 Francesco Rossi riceveva finalmente una copia dell'opera, per dono dell'autore cui era stato ben cortese e di libri e di lumi
(e proprio a lui e ai suoi lumi ci riporta naturalmente il
ringraziamento a una dotta e gentile persona consegnato all'ultimo capitolo della Storia: cfr. la nota 30).
La picciola storia , dal disegno originario di quasi
vent'anni prima, disteso in una esposizione troppo
densa, aveva preso forma in una sequenza di capitoli
convogliati su un registro narrativo-riflessivo che rivendicava senza meno un preciso genere letterario
d'appartenenza. Lo sfrondamento operato nella rassegna dei giudizi storici sul processo e la chiusura in un
capitolo del dibattito sui criminalisti interpreti, con il
sistematico confronto delle fonti, non potevano non ri15
42
GIUDIZI CRITICI
I
lien lungi dal pensare al ridicolo parto dei monti, come dubita modestamente l'autore di questa storia nella Introduzione, potr il lettore ricordar di leggieri il
ilantesco Paia tua possa in questi versi brevi. Molto
Keneralmente, a dir vero, una grande e lunga espettalione dannosa a che che sia, e di che che sia venga in
luce; ma chi, se non il Manzoni, deve andarne assolto
dalle regole generali? E da un'altra regola, presso che
Kenerale essa pure, si trae fuori il grande uomo di cui
parliamo; quella cio per cui l'umano ingegno sembra
Koder non possa in buon dato di una qualche lodevole
qualit, che a scapito d'altra qualit opposta, o che si
dica, diversa. Qui invece la mobile e ricca fantasia del
< reatore d'un romanzo famoso non osta al pacato giudizio necessario a chi debba rivedere scrupolosamente
pesare una vecchia e intralciata procedura criminale.
Imparassero da questo cos splendido esempio e attuale coloro, che non sanno persuadersi della inutilit e
della inevitabile inesattezza di certi scompartimenti,
entro i quali vorrebbonsi imprigionare le pi nobili facolt nostre. Laddove alcuni fatui filosofanti presumono che l'umana intelligenza si distenda e divida in tali
e tali altri rami, e questi di bel nuovo distendansi e ridividansi in tali e tali altri; la natura si fa beffe ad ogni
poco di siffatte diramazioni, e concede al Galilei di
sentir pi squisitamente e pi aggiustatamente sen45
tenziare in poesia, che non sentissero e non sentenziassero la pi parte dei letterati del suo e di pi tempi, e
al Manzoni di porre in bilancia di s scrupolosa esattezza decisioni di giureconsulti, indizi legali, deposizioni di testimoni e somiglianti, che, beato il mondo se
ogni giudice, non esclusi i pi riputati, fossero e sapessero in ogni caso mostrarsi da tanto. [...] La quistione
di un fatto particolare, tal quale fu dal Manzoni discussa, trasferita a generalissimo insegnamento e a
dimostrazione di un vero che riguarda tutto il genere
umano e la sua condizione in perpetuo; di che il breve
libro acquista peso e importanza d'opera voluminosa,
e il corto racconto, di lunghissima storia.
[Luigi Carrer, 1843, Storia della Colonna Infame
di Alessandro Manzoni, in Scritti critici, a cura di G.
Gambarin, Bari, Laterza, 1969, pp. 398-99, 404]
II
La tesi di tutto il libro contenuta nela frase: Quanto cieco il furore! , che sta con troppa insistenza davanti allo spirito del Manzoni. Egli sa vedere, con la
sua perspicacia cos personale, a quale ingenua e inverosimile cecit portino le passioni; queste egli giudica
con una logica sempre vigile, mista di ironia e di compatimento, perch non dimentica mai di esser di fronte a uomini, e perci a creature naturalmente deboli:
ma dal compatimento non nasce, come dovrebbe, un
po' d'indulgenza. Egli si colloca da un punto di vista
troppo antitetico a quello delle persone che giudica, e
nega loro quel po' di simpatia che necessaria anche
per gli uomini che si condannano, quando non si voglia
riuscire ingiusti. Non gli sfugge nessuna, anche minima, assurdit della passione. Nei Promessi Sposi l'atteggiamento fondamentale identico, ma pi intima46
III
Kesta dunque accertato che lo stato d'animo del Manzoni, nel farsi a studiare i documenti dell'istruttoria
he condusse al supplizio Guglielmo Piazza e Giangia< omo Mora, era quello di chi aveva gi in cuor suo condannato gl'inquirenti prima ancora d'ascoltarli; quello
di chi si proponeva con tanto maggior impegno di trovare in loro dei colpevoli contro cui sdegnarsi, in
quanto soltanto ci gli avrebbe procurato il sollievo
di non dover negar la Provvidenza o accusarla [...].
Naturale che, nello studio degli atti processuali, operasse, non da storico, mirante ad accertare come si fossero svolte effettivamente le cose e, nell'accertarle, a
intenderle; ma da avvocato fiscale, intento a nient'altro che a trovare e a far pesare, sopra tutto innanzi a
se stesso, elementi suffraganti un atto d'accusa. Nel
quale stabilito come base indiscussa che l'innocenza
degli accusati era cos palmare che, per non vederla,
bisognava non volerla vedere adduce, quale prova
irrefutabile che quegl' iniqui , per paura delle vociferazioni della plebaglia, si ponessero criminosamente a
t rasformare innocenti in rei, il modo stesso in cui compirono l'istruttoria, durante la quale, secondo lui, non
avrebbero potuto raccogliere il materiale probatorio
presentato al Senato se non conculcando a ogni passo
le stesse norme procedurali del tempo. [...] Ragionamento che, in apparenza, non fa una grinza, ma che, in
sostanza, inquinato da tre errori metodologici, ricon47
ducibili, del resto, a talune qualit negative della mente del Manzoni: tendenza a considerare la legge morale, ch' tutt'altra cosa, alla stessa guisa della legge giuridica; astrattismo generalizzatore, peculiare all'intellettualismo del secolo decimottavo; e antistoricismo. Il
che vuol dire ch'egli convert a un tratto, e con trapasso del tutto indebito, una questione posta da lui medesimo quale questione morale (l'impossibile processo
alle intenzioni degl'inquirenti) in una questione legale,
anzi di mera procedura (il medesimo errore commesso
in misura tanto pi larga nel frammento storico sulla
Rivoluzione francese); dimentic che gli uomini, ch'egli si faceva a giudicare, potevano bene essere non meno onesti e non meno giusti di lui, pure avendo, come
avevano, forma mentis e psicologia affatto diverse; e
salt a pi pari l'abisso immenso separante le circostanze storiche tra cui quegli uomini operarono e quelle tra cui egli si consacr a valutare l'opera loro.
[Fausto Nicolini, Peste e untori nei Promessi Sposi e nella realt storica, Bari, Laterza, 1937, pp. 32729]
IV
Il poeta, in Manzoni, fa costante violenza allo storiografo; e laddove egli poeta, ci parte essenziale della sua genialit di poeta; dove moralista o storiografo, e, pi e peggio, dov' o vuole o s'illude d'essere e
storiografo e moralista, un limite, talvolta un difetto,
a volte una stortura; sempre, mancanza di metodo critico. Il Nicolini, storiografo, n'ha data la dimostrazione tecnica. [...] Tanto per non uscir dai termini, che
cosa accadrebbe ove si dimostrasse che la pratica delle
unzioni, pur fatta di certi ritrovati sciocchi non
men che orribili, esisteva, magari sciocca, ma crimi12 48
[...] un racconto-inchiesta che insieme inchiesta morale, a cogliere nel transeunte il segno e la responsabilit dell'eterno. A ci volle tendere il Manzoni con tutte le sue forze intellettuali, restituendoci il mondo delle tragedie (specialmente del Carmagnola) intriso dei
veleni del male, neppure richiamando talune attenuanti che nel romanzo aveva pur riconosciuto ai magistrati, alle prese con persone che negl'incubi della
peste giungevano ad autoaccusarsi delle unzioni. Con
il suo racconto di ferocie barbariche e di raffinate malizie, tra le grida dei torturati, i martellanti interrogatori e l'urlio della folla, tolto il diaframma dell'Anonimo, non siamo pi metaforicamente sotto la volta
del tempio che copre i fedeli e l'altare , ma in oscure
VI
Su questa accusa di antistoricismo sono poi sembrati
attestarsi quanti hanno via via scritto della Colonna
Infame, dai quali tutt'al pi venuto, a surrogazione
di quanto veniva tolto all'* appendice sul piano della
fedelt storica, un attestato di generica artisticit. Ed
soltanto con l'ultimo corso della critica manzoniana
che s' mutato il modo di leggere la Colonna Infame,
rinunciando a servirsene come veridica testimonianza
storiografica e cercandovi invece l'approfondimento,
in margine al romanzo, di un difficile nodo morale e
ideologico: quello che lega strettamente e drammatica-
VII
Ma tra tanta, diciamo, ingenuit; tra tanta, direbbe il
Manzoni, scarsa conoscenza del cuore umano, c' nel
saggio del Nicolini un breve passo che sommamente ci
interessa: poich il Manzoni non solo s'ostin in quel
tentativo disgraziato, ma, dopo un'incubazione di circa vent'anni, di anche alle stampe, rifatta, ampliata e
molto accentuata, quella dissertazione infelice, mai
possibile non concludere che in lui il moralismo fosse
mille e mille volte pi prepotente non solo della logica
(violata, come ognun vede, nel modo pi palmare), ma
persino delle sue credenze religiose? . Quel tentativo
disgraziato, quella dissertazione infelice: sono, a dirla
francamente, sciocchezze da ricercatore d'archivio intriso di estetica crociana che non riesce a vedere n i
fatti nella loro totalit e nel loro significato n l'opera
nella sua interna e intera logica e poesia. Ma la domanda finale ha, il caso di dire: finalmente, un senso;
50
15
pu aprire, a rispondere affermativamente, un discorso. Il moralismo termine oggi in disgrazia, che come
una goccia d'acqua si vaporizza se cade sulle roventi
ingiustizie dei nostri anni, e quel breve vapore si dice
qualunquismo il moralismo appunto in Manzoni
molto pi prepotente delle sue credenze religiose. E
dalla Colonna Infame, pi che dal romanzo (al romanzo bisogna tornare dopo aver letta l'appendice), questa
verit appare in tutta evidenza.
[Leonardo Sciascia, Introduzione a La colonna infame di Alessandro Manzoni, con interventi di Vasco
Pratolini, Nelo Risi, Gianni Scalia, Bologna, Cappelli,
1973, p. 19]
BIBLIOGRAFIA
l'cr le edizioni e la bibliografia della critica, si veda A. Vismara, Bibliografia manzoniana, Milano, Paravia, 1875; F.
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1890; M. Parenti, Bibliografa manzoniana, voi. I (l'unico
uscito, tratta dei soli Promessi Sposi e delle raccolte generali), Firenze, Sansoni, 1936; A. Momigliano, Gli studi
manzoniani dal 1935 al 1938, Annali manzoniani, I,
1939; F. Ghisalberti, Critica manzoniana di un decennio,
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Treccani degli Alfieri dal 1939 al 1948, ivi, V, 1949; [F. Ghisalberti], Catalogo della Mostra manzoniana (5 novemhre-20 dicembre 1951), Milano, Biblioteca Nazionale
Braidense, 1951; E. Santini, Storia della critica manzoniana, Lucca, Lucentia, 1951; M. Parenti, Prime edizioni manzoniane, in Rarit bibliografiche dell'Ottocento, Firenze,
Sansoni, 1953-58, voi. I, pp. 157-288; M. Gorra, Manzoni,
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Bari, Laterza, 1969 (19713); Id., Manzoni. Ideologia e stile,
Torino, Einaudi, 1972, pp. 85-95; Mostra manzoniana
(1873-1973), con un Itinerario a cura di D. Isella, Milano,
Biblioteca Nazionale Braidense, 1973; G. L. Limonta, Edizioni italiane (1935-1972) dei Promessi Sposi. Saggio bibliografico, Lecco-Milano, 1973; S. Giujusa, Bibliografia
53
minate del castello ed altri se conoscessero D. Pietro di Saragozza, nessuno seppe dare indizio che fosse al mondo uno di
questo nome, e il cavaliere di Padilla disse di non averlo mai
inteso nominare (Osservazioni, V, in nta).
20. il primo... mente: pare tuttavia che quel nome gli fosse
venuto in mente perch giusto l'anno prima il banchiere ebbe una lite con i Brivio, cognati del disgraziato barbiere (F.
Nicolini, Peste e untori, p. 304). La citazione tradotta dalle Storie (Ab urbe condita libri CXLII) di Tito Livio (59
a.C. -17 d.C.).
21. interrogato di nuovo: questa serie di interrogatori, tutti
conseguenti alla rivelazione del Piazza circa la persona
grande, occup il periodo dall'll al 20 luglio. Fin dall'inizio del processo, ricorda il Nicolini, le unzioni da sporadiche, diventavan generali e quasi quotidiane, e i casi letali
giornalieri saltavano, a un tratto, a cifra cos spaventosa da
generare il convincimento generale che, anche se le cose non
si fossero poste al peggio (e vi si posero), sarebbero bastati
dieci mesi a distruggere tutta la popolazione (Storia di Milano, X, p. 546). Attorno al 10 luglio si contavano un migliaio di morti per giorno. La mortalit alimentava lo sconcerto,
quindi la credulit e la rabbia: e ai magistrati tornava dunque tanto pi conveniente, quando si sparse la voce che
mille et cinquecento huomini pagati per ungere si aggirassero per Milano, dar ulteriore credito all'ipotesi di un complotto.
22. rilasciati: con la sentenza del 28 giugno 1633, la stessa
che mand assolto il Padilla. Cfr. l'Introduzione, nota 1.
23. civium... iubentium: la rabbia dei cittadini che richiedono iniquit (Orazio, Odi, III 3, 2).
24. tormentati di nuovo: era la tortura detta preliminare,
inflitta al condannato a morte prima dell'esecuzione; nel testo della sentenza si decretava infatti Che i nominati Piazza e Mora, denunziata ad essi prima la morte, sieno torturati, adoperando anche il canape, ad arbitrio dello stesso magnifico presidente, sopra altri delitti e sopra i complici (II
3, p. 700).
25. supplizi senza confessioni: quello di Gaspare Migliavacca (cfr. cap. VI).
26. fra pochi... morse: in pochi giorni ne mor.
27. Quell'infernale sentenza: emessa il 27 luglio 1630 (vedi241