La personalit di san Tommaso deborda il quadro del nostro stu- dio per tre dei suoi aspetti pi importanti. La sua santit compete propriamente all'agiografia; il teologo richiederebbe uno studio spe- ciale, condotto con metodo appropriato, e i cui risultati occupereb- bero di diritto il primo posto in uno studio d'insieme su san Tom- maso; il mistico e la sua vita interiore sfuggono in larga misura alle nostre prese; ci concerne direttamente la sola riflessione filosofica che egli mise al servizio della teologia. Per fortuna uno degli aspetti della sua carriera interessa quasi in uguale misura tutte le facce di questa multiforme personalit e sembra corrispondere al punto di vista pi centrale che possiamo avere su di essa. Ci che v' di pi evidente e di pi costante nella personalit di san Tommaso, la figu- ra in definitiva sotto la quale pi probabilmente lui stesso si sarebbe riconosciuto, quella del Dottore 1
D santo fu essenzialmente un dottore della Chiesa; l'uomo fu un dottore in teologia e in filosofia; il mistico infine non separ mai completamente le sue meditazioni dall'insegnamento cui si inspira- va. Non corriamo dunque in nessun modo il rischio di perderei ri- 1 Lo stesso san Tommaso ha dichiarato, facendo sua un'espressione di sant' Dario, che considerava il parlare di Dio come la principale funzione della sua vita: Ut enim verbis Hilarii (De Trin., I, 37) utar, ego hoc ve! paecipuum vitae meae officium debere me Deo conscius sum, ut eum omnis senno meus et sensus loquatum. Contra genti/es, I, 2 [tr. it. di T.S. Centi, UTET, Torino 1975, p. 62: <<per dirla con sant'Dario, "io penso che il compito principale della mia vita sia quello di esprime- re Dio in ogni parola e in ogni mio sentimento"). 5 Natura della filosofia tomista cercando per questo verso una delle sorgenti principali della dottri- na che stiamo per studiare2. 1. Il quadro dottrinale L'uomo non pu scegliere che tra due generi di vita: la vita attiva e la vita contemplativa; ci che conferisce alle funzioni del Dottore eminente dignit il fatto che esse implicano entrambe questi generi di vita, rapportati secondo l'ordine della loro esatta subordinazione. ' E competenza propria del Dottore l'insegnare; ora, l'insegnamento (dottrina) consiste nel comunicare agli altri la verit che si in prece- denza meditata 3 , il che richiede necessariamente la riflessione del contemplativo per scoprire la verit e l'azione del professore per tra- smettetne i risultati agli uditori. Ma ci che pi notevole in questa attivit cos complessa, che il superiore presiede esattamente all'in- feriore, ossia la contemplazione presiede all'azione. Pet come l'ab- biamo in effetti de6nita 1 la funzione del Dottore orientata natural- mente verso un duplice oggetto, interiore ed esteriore, a seconda che si rivolga alla verit che il Dottore medita e contempla dentro di s oppure agli uditori che istruisce. Perci ci sono nella sua vita due par- ti, delle quali la prima la migliore, e alle quali deve dare un ordine. 2 Si veda, su questo punto, Antoine Touron, La vie de S. Thotnas d'Aquin ... avec un expos de sa doarine et de ses ouvrages [cbez Gissy ... et al.], Paris 1737; soprat- tutto il libro IV, capp. n c m: Ritratto di un perfetto Dottore secondo san Tommaso. Sull'aspetto mistico ddla sua personalit, si veda Saint Thomas d'Aquin. Sa sainte t, sa doctrine spirltuelle [par M. l'abb L. Lavaud et les RR.PP. H. Noble, R. Garrigou-Lagrange, Th. Pgucs, P. Synave et R. Cathala], (Les Grands Mystiques) Editions de la Vie spirituelle>>, Saiot-Maximin (Var) 1923. F.-D. Joret, La contem- pkztion mystique d'aprs saint Thomas d'Aquin, Desde de Brouwer, Lille-Bruges 1924. M.-D. Chenu, Saint Thomas d'Aquin et la thologie, Editions du Seui!, Paris s.d. (1959) [tr. ir. San Tommaso e 14 teologia, Gribaudi, Torino 1989]; ugualmente indispensabile per l'interpretazione della nozione tomista della scienza sacra. Si consulti inoltre P. Mandonnet e J. Dcstrez, Bibliographie thomisle, (Bibliothque thomiste, l) Le Saulchoir-Vrin, Kain-Paris 1921, pp. 70-72 [Deuxime dition re- vue et complte par M.-D. Chenu, Vrin, Paris 1960]. } Ergo quod aliquis veritatem meditatam in alterius notitiam per doctrinam de- ducat... [tr. it. cit. p. 232: Perci il fano che uno comunica ad altri, con l'inse- gnamento, la verit meditata rientra anch'esso nella vita contemplativa], Summa theologile, n-n, 181, 3, 3. Per quanto segue, ibid. , resp. [tr. it. cit. p. 232]. 6 n quadro dottrinale Ora, risulta in primo luogo che l'attivit del Dottore non si ag- giunge artificialmente alla sua vita contemplativa; trova anzi in essa la sua fonte e ne per cos dire l'espansione all'esterno. L'insegna- mento, cos come la predicazione, a cui si apparenta, certamente un'opera della vita attiva, ma che deriva, in qualche modo, dalla stes- sa pienezza della contemplazione 4 Ecco perch, innanzi tutto, non potremo considerarla come una vera e completa sua interruzione. Chi si distoglie dalla meditazione delle realt intelligibili, di cui si ali- menta un pensiero contetnplativo, per rivolgersi a opere buone ma puramente esteriori, interrompe completamente la contemplazione. Distribuire elemosine e ricevere ospiti sono cose eccellenti, e non escludono affatto la meditazione propriamente detta. Insegnare, al contrario, significa esternare la propria contemplazione interiore, e, se risulta vero che un'anima veramente libera dagli interessi tempo- rali conserva, in ciascuno dei suoi atti esterni, qualcosa della libert acquisita, non vi sono altre occasioni in cui questa libert si possa conservare pi integralmente che nell'atto d' insegnare5. Combinare in questo modo la vita attiva con la vita contemplativa non equivale a effettuare una sottrazione, bens una addizione. inoltre evidente che questo equilibrio tra i due generi di vita, la cui ricerca si impo- ne necessariamente alla nostra attuale condizione umana6, non si realizzi pi integralmente se non qui; insegnare la verit che la me- ditazione ci ha fatto scoprire significa estendere la contemplazione 4 Sic ergo dicendum est, quod opus vitae activae est duplex: unum quidem, quod ex plenitudine contempJationis de.rivatur, sicut doctrina et praedicario ... ; et hoc praefertur simplici contemplationi: sicut enirn maius est illuminare quam luce re salurn, ita maius est contemplata aliis tradere, quam solum contemplari>>, Summa theologiae, n-n, 188, 6, resp. [tr. it. ci t., p. 458: <<Si deve per notare che le opere della vita attiva sono di due generi. Le une derivano dalla pienezza della contem- plazione. come l'insegnamento e la predicazione ... ; E ci da preferirsi alla sem- plice contemplazione. Infatti come illuminare pi che risplendere soltanto, cosl comunicare agli altri le verit contemplate pi che il solo contemplare]. 5 Summa tbeo/ogiae, II-D, 182, I, resp. e ad 3m. Si veda, specialmente, la conclu- sione dell'articolo: <<Et sic patet quod cum aliquis a contemplativa vita ad acrivam vocatur, non hoc fit per modum substractionis, sed per modum additionis [tr. it. cit.: chiaro quindi che, quando uno dalla contemplativa chiamato alla attiva, non ci deve essere come una sottrazione, ma come una addizione]. 6 Riguardo alla diversit delle attitudini naturali alla vita attiva o alla vita con templativa, si veda Summa theo/ogiae, n-II, 182, 4, ad 3m. 7 Natura della filoso6a tomista senza perdeme nulla, ma accrescendone piuttosto la parte migliore. Da ci risultano molte importanti conseguenze per determinare il ruolo esatto che san Tommaso si attribuiva nell'assumere le emi- nenti funzioni di Dottore cristiano. Queste funzioni gli sembravano particolarmente appropriate alla condizione religiosa del monaco 7 e in maniera speciale appartenente a un ordine allo stesso tempo inse- gnante e contemplativo quale il domenicano. San Tommaso non si mai stancato di difendere, contro gli attacchi dei secolari, la legitti- mit dell'ideale al quale aveva consacrato la vita, quello del monaco povero e insegnante. Quando gli viene contestato il diritto alla po- vert assoluta, invoca l'esempio dei filosofi antichi, i quali talvolta ri- nunciarono alle ricchezze per dedicarsi pi liberamente alla con- templazione della verit. Questa rinuncia si impone a maggior ra- gione ancora pi fortemente a chi vuole seguiJ;e, non solo la sapien- za, ma Cristo, secondo la bella espressione che san Gerolamo rifer al monaco Rustico: Christum nudum nudus sequereB. Quando lo si attacca sulla legittimit di assumere un onore della portata del ma- gistero o di accettare il titolo di maestro, san Tommaso obietta con buon senso che il magistero non un onore, ma un onere 9 , e che es- sendo quello di maestro non un titolo che ci si attribuisce da soli, ma che piuttosto si riceve, molto difficile impedire agli altri di darlo 10
Quando infine si sostiene che il vero monaco obbligato al dovere del lavoro manuale, le cui esigenze male si accordano a quelle della meditazione e dell'insegnamento, san Tommaso si profonde in di- stinzioni per liberarsi da un dovere cos manifestamente subalterno e per sostituirlo con il lavoro orale dell'insegnamento e della predi- 7 Summa theologiac, n-n, 188, 6, resp. Si vede: qw che gli Ordini contemplativi e insegnanti banno maggiore dignit rispeno agli ordini puramente contemplativi. Nella gerarchia ecclesiastica vengono immediatamente dopo i vescovi , perchfine.r primorum coniunguntur principiis sccundorum. 8 Summa theolagiae, n-n, 186, 3, ad 3m. 9 Co11Jra impugnati/es Dei cu/Jum et religionem, cap. n [ed. leon. (1970), . 4, 3, 518-519): <dtcm hoc falsum est, quod magisterium sit honor: est enim officium, cui debetur hooor>> [tr. it. di T.S. Centi, Gli tlVIIersan del culto divino e della vi/a reli- giosa, in Compendio di teologia e altri scritti di San Tommaso d'Aquino, UTET, Torino 2001, p. 404: <ltre runo falso affermare che il magistero sia un onore: piuno- sto un officio cui dovuto l'onore]. 10 lbid.: Item, cum nomina [ed.leon. (1970), . 4, l, 354-356) e Reslat ergo dicen- dum [cd. leon. 0970), . 4, l , 365-369; tr. it. cit., p. 400]. 8 n quadro dottrinale cazione 11 Nulla dunque pi legittimo, ai suoi occhi, di un ordine religioso di monaci contemplativi e insegnanti. Non v' inoltre nulla di pi desiderabile, per un membro di tale ordine, che aspirare alle funzioni del Dottore e di consacrare la pro- pria vita per adempierle. Certamente il ruolo del maestro non esen- te da pericoli Qualcuno insegner durante la sua vita per vanagloria invece di proporsi come fine il bene d'altri, e condurr di conse- guenza una vita indegna di un religioso 12 . Ma colui che ha la consa- pevolezza di esercitare l'insegnamento come un'opera di misericor- dia e una vera carit spirituale, non prover nessuno scrupolo nel de- siderare esercitarla. Dai secolari una obiezione costantemente ri- volta contro il religioso candidato al titolo di maestro: come conci- liare con l'umilt del monaco questa pretesa all'autorit? 13 San Tom- maso la risolve, in perfetto accordo con la posizione che occupava- no i maestri nell'Universit di Parigi, distinguendo con cura la situa- zione del candidato alla cattedra magistrale da quella di un candida- to all'episcopato. Colui che desidera una cattedra episcopale ambi- sce una dignit che ancora non possiede; colui che designato a una cattedra di maestto non riceve da questo fatto una nuova dignit, ma solamente l'opportunit di comunicare il suo sapere ad altri; confe- rire la licentia docendi a qualcuno non equivale infatti in alcun mo- do a conferirgli la scienza, ma solo a dargli il permesso di insegnar- la. Una seconda differenza tra i due casi che la scienza richiesta per occupare una cattedra magistrale una perfezione dell'individuo stesso che la possiede, mentre il potere pontificale del vescovo ac- cresce la sua dignit nei confronti degli altri uomini. Una terza dif- ferenza che si abilitati a ricevere le dignit episcopali soprattutto 11 Summa theologiae, n-rr, 187' 3, ad 3m. De quolibet, VIT, 17 e 18 [ed. leon.: vrr, q. 7, aa. 1-2] . Coutra impugnantes Dei cultum el religionem, cap. n: liem, sicul proba- lum est [ed.leon. (1970), . 3, 222-227; tr. it. ci t., p. 397], dove l'insegnamento 1!n noverato come una elemosina spirituale e un'opera di misericordia. 12 Hanno rivolto a san Tommaso una domanda curiosa: un maestro che abbia sempre insegnato per vanagloria pu avere diritto alla sua aureola facendo peni- tenza? Risposta: la penitenu da diritto alle ricompense che si sono meritate; ora co- lui che insegna per vanagloria non ha mai avuto diritto a un' aureola; nessuna peni- tenza quindi potr consentirgli di vaotarlo. De quolibel, [V], 24 [ed.leon.: v, q. 12, a. 1). 0 De quolibet, m, q. 4, 9 [ed. leon.: m, q. 4, a. 1; tr. it. di R. Coggi, p. 235-239]: Utrum liceal alicui petere licentiam pro se docendi in theolagia. 9 Natura della filosofia tomista dalla grazia divina, mentre la scienza che rende un uomo degno d'insegnare. I due casi sono perci differenti: lodevole desiderare la propria perfezione, quindi anche la scienza e l'insegnamento di es- sa rende degni, mentre cosa cattiva desiderare l'autorit su altri senza sapere se si ha la grazia richiesta per esercitarla. Poich il de- siderio d'insegnare, ossia di comunicare ad altri la scienza che si pos- siede, non altro che un desiderio di compiere un atto di carit, non v' per quanto lo riguarda nulla di pi lodevole che di augurarsene l'autorizzazione, a condizione che se ne sia veramente capaci. Ora nessuno pu sapere con certezza se possiede o no la grazia, di cui so- lo Dio dispone; ma ciascuno pu sapere con certezza se possiede o meno le conoscenze richieste per insegnare legittimamente 14 ; san Tommaso dunque ha votato la sua intera vita all'esercizio dell'inse- gnamento con la piena certezza di possedere la scienza necessaria e spinto dall'amore verso gli spiriti che desiderava illuminare. Contemplata aliis tradere: una contemplazione della verit grazie al pensiero, che si espande all'esterno e si comunica grazie all'amore. Questa la vita dd Dottore, imitazione umana meno infedde, anche se ancora imperfetta, della vita stessa di Dio. Prestiamo attenzione, tuttavia, al senso esatto delle parole di san Tommaso. Ogni volta che parla di dottore o di maestro, noi pensia- mo piuttosto al filosofo, mentre egli pensa in primo luogo al teolo- go. li maestro per eccellenza non pu insegnare se non la Sapienza per eccellenza, ossia la scienza delle cose divine quale essenzialmen- te la teologia; e tale anche il solo magistero che un rdigioso pos- sa legittimamente ambire. E proprio alla teologia pensa san Tomma- 14 Nam scientiam, per quam aliquis est idoneus ad docendum, potest aliquis sci re per certitudinem se bbere; caritatem autem, per quam aliquis est idoneus ad of- ficium pastorale, non potest aliquis per certitudinem scire se ha bere, De quolibel, m, 9 (ed. leon.: m, q. 4, a. 1, resp.; tr. it. cit., p. 239: infatti la scienza mediante la quale uno idoneo a insegnare uno pu sapere con certezza di averla, mentre la ca rit, mediante la quale uno idoneo all' ufficio pastorale, uno non pu sapere con certe22 di ave.rla). Cfr. ibd. , ad 3m: Sed pericula magisterii cathedrae pastoralis devilat c i ~ t i (ed. leon.: homo vitat (per) scienciam] cum caritate, quam homo ne: scit se per certitudinem habere; pericula autem magisterii cathedrae magistralis vi- tat homo per scientiam, quam potest homo sci re se ha bere (tr. i t. cit., p. 239: ma i pericoli del magistero della cattedra pastorale l'uomo li evita mediante la scienza con la carit., cbeJ'uomo non sa con certezza di avere, mentre i pericoli della catte- dra magistrale l'uomo li evita mediante la scienza, che l'uomo pu sapere di avere]. 10 n quadro dottrinale so d'Aquino quando fa l'elogio di una vita spesa tra l'insegnamento e la contemplazione che l'ispira ed per essa che richiede la o t ~ plicit delle grazie necessarie al Dottore 15 : scienza completa delle realt divine su cui deve istruire gli altri, ed la fede a conferirglie- la; forza persuasiva o dimostrativa per convincere gli altri della veri- t, e in ci l'aiuta il dono della Sapienza; attitudine a sviluppare il suo pensiero e a esprimerlo in maniera idonea per istruire gli altri, e in ci l'aiuter il dono della Scienza 16 ; sapienza e scienza orientate innanzitutto alla conoscenza delle cose divine e messe al servizio dd loro insegnamento. Se dunque vogliamo cercare nella complessa personalit di san Tommaso un Dottore della verit filosofica, sola- mente dentro il teologo possiamo sperare di trovarlo. Infatti, risalendo alla nozione che lui stesso s' fatto dd proprio ruolo, non si scopre, in ultima analisi, null' altro che un filosofo al servizio di un teologo. La formula astratta e insufficiente per la sua stessa indeterminatezza, poich dottrine cos diverse potrebbero le- gittimamente lamentarsene, ma importante considerarla nella sua pura essenza, con tutte le esigenze che include nel pensiero dello stesso san Tommaso, se vogliamo evitare certi errori sul senso della sua dottrina. Un religioso, come ritiene san Tommaso, pu legittimamente pretendere il titolo e le funzioni di maestro, ma poich non potreb- be insegnare se non le cose divine, solamente in rapporto alla scienza delle cose divine che le scienze secolari possono legittima- mente interessarlo. Cos esige effettivamente l'essenza stessa della vi- ta contemplativa, di cui l'insegnamento altro non se non l'im- mediato prolungamento nell' ordine della vita attiva. Se la contem- plazione la forma pi alta della vita umana, ci si d a condizione che si rivolga all'oggetto la cui conoscenza il fine di questa vita; queste conoscenza e contemplazione saranno perfette solo nella vita futura e allora d conferiranno una piena beatitudine, e quindi, po- tendo essere quaggi solo imperfette, non raggiungono che l'inizio della beatitudine. E quindi meglio per noi goderne; e l'uso della fi- losofia, in s legittimo, utile in vista di questa contemplazione su- 15 Summa theologi4e, I-n , 111, 4, rcsp. Cfr. Super Ev. Matthaei, cap. V [ed. R Cai, Marietti, Taurini-Romae 1951 5 ] . t6 Su questo punto si veda Su m ma theolgiae, n-n, 177, l , resp. 11 Natura della filosofia tomista prema. Avremo modo di constatare che, nello stato attuale dell'uo- mo, tutte le sue conoscenze hanno il loro fondamento nell'ordine delle cose sensibili; il Dottore in teologia dovr perci inevitabil- mente partire da una conoscenza scientifica e filosofica dell' univer- so per costituire la scienza dd suo proprio oggetto, che la parola di Dio 17 ; ma dovr lavorare per acquisirla solo nella misura in cui questa conoscenza potr facilitarlo nella comprensione della parola divina 18 Si pu dunque affermare riguardo al Dottore cristiano che lo studio della filosofia e delle scienze gli necessario, ma che, per- ch gli sia utile, questa conoscenz non deve essere fine a se stessa. Che cosa sar dunque questa filosofia? San Tommaso l'ha prati- cata solo in vista dei servizi che essa rende alla sapienza cristiana. Ecco perch non ha pensato di separarla da questa per darle un no- me. Probabilmente san Tommaso non prevedeva che sarebbe arri- vato il giorno in cui si sarebbero raccolti nelle sue opere gli demen- ti di una filosofia estratta dalla sua teologia. Egli stesso non ha mai tentato questa sintesi. In quanto teologo, non gli incombeva di co- stituirla. Lo hanno fatto altri in seguito, e, per evidenziarne il carat- tere, hanno qualificato la filosofia di san Tommaso con il titolo di fi- losofia cristiana 19 Non essendo l'espressione dello stesso san Tom- 17 La determinazione dell 'oggetto della teologia propriamente detta non rientra direttamente nd quadro del nostro srudio. Per una prima introduzione ai proble- mi che la riguardano, si veda M.-0 . Chenu, lA t biologie com111e science au XJUC si- cle, (Bibliotbque Thomiste, 33) Vrin, Paris 1957 (3 edizione) [tr. it. lA teologia co- me scienza nel Xlii secokJ, (Biblioteca di Cultura Medievale) Jaca Book, Milano 1985, nuova edizione 1995];].-Fr. Bonnefoy, lA nature de la thokJgie sekJn saint Thomas d'Aquin, Vrin (Beyaert), Paris (Bruges) 1939; R. Gagnebet, lA nature da la thologie in Revue Thomisto, 44 (1938), pp. 1-39, 213-225, 645-674, cosl come ]a preziosa discussione di questi lavori a cura di Y.M. Congar, in Bulletin Thomiste>> 5 (1928), pp. 490-505; G.F. Van Ackeren, Sacra doctrina; the subjecl ofthe /irst queslion o/ the Summa theologica o/ St. Thomas Aquinas. Wtb an introd. by Yves M.J. Congar; Catbolic Book Agency, Romae 1952; . Gilson, Elements of Christiatt Pht1osophy, Doubleday, Catbolic Textbook Division, Garden City (NY) 1960 [Greenwood Press, Westport (Cono.) 1978], cap. n: Sacred doctrine [tr. il. Elementi di /iklsofia cristiana, tr. G. Cale[!i, Morcelliana, Brescia 1964, pp. 27-60]. 18 Situata al proprio rango nella vita del Dottore cristiano, la conoscenza della na- tura appare come una contemplazione degli effetti divini, essa stessa preparatoria a quella della verit divma. n-n, 180, 4, resp. 19 L'espressione usata da padre Antoine Touron, il quale colse perfettamente il 12 n quadro dottrinale maso, e avendo d'altro canto provocato interminabili controversie, preferibile non introdurla in una esposizione puramente storica dd tomismo 20 ; ma non inutile sapere perch certi storici ne hanno considerato legittimo l'impiego per designare la filosofia di san Torn- maso d'Aquino. Possiamo concepire un'esposizione della filosofia tomista come un inventario pi o meno completo di tutte le nozioni filosofiche presenti nell'opera di san Tommaso d'Aquino. Poich dovrebbe es- servi incluso il suo pensiero filosofico totalmente, vi si troverebbe necessariamente tutto quel materiale che san Tom.maso ha accumu- lato in vista della sua opera personale, i vi comprese le nozioni che ha semplicemente mutuato da Aristotde, anche se non ha loro appor- tato alcuna modifica. Possiamo anche concepire la ftlosofia tomista in altro modo: come una sintesi delle nozioni che sono entrate nella dottrina di san Tommaso considerata come veramente sua, e quindi come distinta da quelle che l'hanno preceduta. Si spesso contesta- to che esista una filosofia tomista originale e distinta dalle altre. Noi abbiamo intenzione tuttavia di esporre questa filosofia, lasciando a chi vorr assumersi il compito di dimostrare dove, prima di san Tommaso, la si possa gi trovare. In questa seconda ottica, nell'ope- giusto senso del pensiero tomista. Si veda LA vie de saint Thomas d'Aquin, cit., p. 450. Era d'uso corrente nel primo trentennio dd XIX secolo; la si trova in qualche modo incorporata nd titolo che porta di solito l'enciclica Aeterni Patris (4 agosto 1879): De Philosophia Chrirtiana ad mentem sancii Thomae Aquinatis doctoris Angelici in rcholis catho/icis imtauranda, testo riprodotto in S. Thomae Aquinatis Summa Theologica, Typ. Forzani, Romae 1894, t. VT, pp. 425-443. 20 La sua legittimit non ci sembra tuttavia minore risptto all'epoca in cui ne ab- biamo usato; ma si pu passar sopra la storia, purch si conservi intatta la realt designata da questa formula. Noi stessi ci siamo spiegati sul senso dell'espressione in Christianisme el Philosophie, Vrin, Paris 1936 (rist. 1949]. L'idea fondamentale di questo libro he la nozione d.i filosofia cristina esprima una visione t eolo- gica di una realt storicamente osservabile: ibid., pp. 117-119. Sulla storia di que- sta controversia, si veda l'insieme del lavoro del padre francescano Bemard Baudoux, Quaestio de Philosophia Christi4na, in Antonianum 11 (1936), pp. 486-552; la nota critica di A.-R Morte, Le problme de la philosophie chrtienne, in Bulletin Thomiste 14 (1937), nn. 3-4, pp. 230-255, e i rilievi di Octavio Nicolas Derisi, Concepto de la filoso/fa cristiand, LL. Gotclli (in EstudioS), Buenos Aires 1935. Numerose ulteriori pubblicazioni non hanno portato alcun progresso, ma la nozione, ambigua per sua natura, non d.i quelle sulle quali facile trovare un ac- cordo. 13 Narura della filosofia tomista ra di san Tommaso, non tutto si presenta sullo stesso piano. Ci che ha solo mutuato da altri pu e deve trovare spazio, nell'esposizione che se ne fa, ma ci che egli ha saputo ricavare da ci che ha nm- tuato passa allora in primo piano. O spiega la scelta delle dottrine tomiste che abbiamo ritenuto di esporre e l'ordine stesso secondo il quale saranno esaminate nel nostro studio. Se ci si attiene a quelle parti della filosofia nelle quali san Tomma- so si mostra pi originale, si constata che queste sono, in generale, li- mitrofe al territorio proprio della teologia. Non basta dire limitrofe, si configurano piuttosto come enclavi. Non solo non si mai prova- to a esporre la sua filosofia senza attingere liberamente alle sue ope- re teologiche, ma spesso in queste che si va a cercare la formula de- finitiva del suo pensiero in tema di esistenza e attributi di Dio, di creazione, di natura dell'uomo e di regole della vita morale. I Commenti di san Tommaso ad Aristotele sono per noi documenti molto preziosi, la cui perdita sarebbe stata deplorabile. Tuttavia, se fossero andati completamente perduti, le due Somme ci permette- rebbero comunque di conoscere ci che v' di pi personale e di pi profondo nella sua ftlosofia; se invece fossero andate perdute le ope- re teologiche di san Tommaso, saremmo altrettanto ben informati sulla sua filosofia dai suoi commenti ad Aristotele? Dottore cristia- no, san Tommaso ha raccolto ovunque ci che gli serviva per svol- gere il compito che si era assegnato. Ha attinto tutto ci che poteva utilizzare per la sua opera da Aristotele, ma anche da Dionigi Areo- pagita, dal Liber de Causis, da sant'Agostino, da Boezio, da Avicen- na, da Averro. Non bisogna tuttavia dimenticare che ha studiato Aristotele solamente per prepararsi meglio a un'opera che, secondo l'intenzione principale, era una teologia. Ecco perch possiamo fis- sare questa regola generale: le parti della filosofia tomista sono state elaborate tanto pi profondamente quanto pi direttamente esse in- teressavano la teologia tomista. La teologia di san Tommaso quel- la di un filosofo, ma la sua ftlosofia quella di un santo. Da ci anzitutto si pu vedere perch, da questo secondo punto di vista, diventa naturale esporre la filosofia di san Tommaso secon- do l'ordine della sua teologia. Riguardo a d che veramente lo inte- ressava in filosofia e ai punti su cui si personalmente impegnato, l'unica sua sintesi di cui disponevamo la sintesi teologica delle due Somme e del Compendium theologiae. Per uno storico che deve de- 14 n quadro dottrinale scrivere una dottrina cos come esistita in realt, nulla sarebbe pi dannoso che inventame una nuova per metteda in conto a san Tommaso. Non sarebbe tuttavia questa la cosa pi grave. Estrarre dalle opere teologiche di san Tommaso i dati filosofici in esse conte- nuti e ricostruirli secondo l'ordine che lui stesso assegna alla filoso- fia, significherebbe fat credere che abbia voluto costruire la sua fi- losofia con finalit puramente filosofiche, e non con le finalit pro- prie del Dottore cristiano. Soprattutto, significherebbe correre un rischio infinitamente ancora pi grave: fraintendere il senso pro- priamente filosofico della sua filosofia. Ammettiamo, a titolo di sem- plice ipotesi, che la filosofia di san Tommaso sia stata, se non inspi- rata, almeno termine di aspirazione da parte della sua teologia. Vo- glio dire: supponiamo che san Tommaso abbia trovato nel suo lavo- ro di teologo l'occasione di portare la metafisica oltre il punto in cui i suoi predecessori l'avevano lasciata: si potrebbe troncare la filoso- fia tomista dai suoi legami teologici senza correre il rischio di igno- rarne l'origine e il fine, di alterarne la narura e, in sintesi, di non comprenderne pi il senso? Questo pericolo non sempre stato evi- tato21, ma non inevitabile. Se fosse impossibile presentare la filo- sofia di san Tommaso secondo l'ordine della sua teologia, senza con- fusioni aon la fede cristiana, sarebbe meglio rinunciare a quest' ordi- ne. Ma nulla meno impossibile. Inizialmente, lo ha fatto lo stesso san Tommasoll; quindi possi- bile provare a rifarlo dopo di lui. In seguito, san Tommaso d'Aquino l'ha fatto con cognizione di causa, avendo una chiara consapevolez- za della situazione ben definita che la filosofia occupa nell'opera di un Dottore cristiano. A questa situazione ha attribuito un nome che designa propriamente lo stato della conoscenza filosofica integrata alla sintesi teologica. L'ha chiamata il rivelabz1e. Oggetto proprio del nostro studio questo rivelabile>>, di cui dobbiamo definire la na- 21 Cfr. le poche pagine, cosi ricche di suggestioni di ogni tipo, del padre M.-D. Chenu, /VJtw superior el in/en'or. Un cas de philosophie chrlienne, in Revue des sciences philosophiques et thologiques 29 (1940), pp. 84-89. 22 In particolare in Contra gentiles, di cui i libri dali al m, i quali, non.ostante in eludano persino i principi della dottrina della grazia e deUa predestinazione, recla- mano per s un metodo puramente filosofico e razionale, <<Secundum quod ad co- gnitioncm divinorurn naruralis ratio per creaturas pervenire potest. Contra genti- /es, IV, l: Campetum aulem. 15 Natura della filosofia tomista tura, per comprendere al meglio il senso pieno di questa formula, pi spesso usata che definita: la filosofia di san Tommaso d'Aquino. Per molti dei suoi moderni interpreti, san Tommaso si esprime soprattutto come un filosofo proccupato di non compromettere la purezza della sua filosofia con la bench minima mescolanza di teo- logia. In realt, il san Tommaso della storia si inquietava perlomeno altrettanto dd contrario. Nella Somma di teologia, per lui il proble- ma non era: come introdurre un demento di filosofia nella teologia senza corrompere l'essenza della filosofia? Era invece: come intro- durre un elemento di filosofia ndla teologia senza corrompere l'es- senza della teologia? Lo avvertiva del problema non solo l'ostilit dei biblicisti del suo tempo, ma egli stesso, come loro, ne percepiva l'acutezza. E la percepiva sempre meglio quanto pi largamente fa- ceva uso della filosofia. In qualsiasi modo la definissimo, la teologia dev'essere concepita come una dottrina della Rivelazione. La sua materia la parola di Dio; il suo fondamento la fede nella verit di questa parola; la sua unit formale, per parlare come san Tomma- so, si rapporta quindi precisamente al fatto che esiste una Rive- lazione che la fede accoglie come Rivdazione. Per quei teologi che non si occupavano di filosofia, non si poneva alcun problema. Con- vinti di non aggiungere nulla di umano al puro contenuto della Ri- velazione, potevano vantarsi di rispettare integralmente l'unit della Scienza Sacra. Andavano dalla fede alla fede, attraverso la fede. Per san Tomrnaso d'Aquino il problema invece si poneva in questi ter- mini: come integrare della filosofia all'insegnamento sacro senza che la filosofia vi perda la sua essenza e che questo insegnamento vi per- da la sua? Per dirla in altro modo, come integrare alla scienza della rivelazione una scienza della ragione, senza corrompere allo stesso tempo n la purezza della rivdazione n quella della ragione? A porre questo problema, non era solo l'opera di san Tommaso. Altri teologi prima di lui avevano riversato nell'insegnamento sacro una considerevole massa di dottrine filosofiche. Come, ad esempio, Alberto Magno, la cui teologia enciclopedica non rifiutava alcuna scienza come estranea al suo disegno. Ci che caratterizza san Tommaso ed evidenzia la sua posizione nell'insieme di questo movi- mento, precisamente lo sforzo di riflessione che egli fece per in- trodurre questo sapere umano nella teologia senza rompeme l' unit. Poich si pone cosl questo problema, vediamo in che senso biso- 16 n quadro dottrinale gner cercarne la risposta. Perch la teologia rimanga una scienza formalmente unica necessario che sia essa ad aspirare alla filosofia, ad elevarla a s e ad assimilarla, in modo che tutta la conoscenza na- turale che questa contiene si ordini e si subordini al punto di vista proprio del teologo, che poi quello della rivelazione. Cos incor- porato all'ordine teologico, il sapere umano fa parte dell'insegna- mento sacro, il quale fonda se stesso sulla fede. Questo sapere uma- no assunto dalla teologia per i suoi propri fini esattamente ci che san Tomrnaso ha chiamato, almeno una volta, il rive/abile) espres sione di cui si sono proposte molte diverse interpretazioni, forse per non avere colto con esattezza il senso del problema a cui questa ap- portava la soluzione23. Ci che rende difficile comprenderlo, l'abitudine che abbiamo contratto di avvicinare tutti i problemi della filosofia tomistica dal punto di vista pi formale possibile. Conosciamo il celebre adagio: formalissime semper loquilur Divus Thomas. Cosi almeno lo facciamo parlare noi, ma lui stesso, se dell'astratto parla sempre formalmente, ugualmente del concreto parla sempre concretamente2 4 Per avere dimenticato ci, si lasciato che si perdesse tutto un insieme di no- zioni essenziali all'equilibrio del tomismo, e si scambiata con una 23 Preso in s, questo problema altro non se non quello della nozione di teolo gia di sah Tommaso. D termine teologia, nd senso attuale di scienza deUa rivela- zione, sembra risalire ad Abelardo-J. Rivire, Theologia, in Revue de sciences re- ligieuses 16 (1936), pp. 47-57-.. San Tommaso talvolta ne fa uso, ma ricorre di pre ferenza al termine sacra docJn'na, cbe significa insegnamento sacro. Capita anche che sacra scriplura (sacra Scrittura) sia presa come equivalente a sacra doctrina, poi- ch l' insegnamento sacro quello che Dio stesso d. Sul modo in cui si possono distinguere e definire questi differenti termini, si vedano le osservazioni del padre Yves-M. Congar, in Bulletin Thomiste 16 (1939), pp. 495-503. Sull'origine del- l'espressione teologia naturale>>, si veda sant'Agostino, De civitate Dei, VI, cap. 5, n.l;PL41, 180-181.
~ Si noter che, dal punto di vista astratto, i concetti si includono reciprocamen-
te, come le essenze che rappresentano; al contrario, dal punto di vista concreto, le essenze pi diverse possono entrare nella composizione di un medesimo soggetto senza rompeme l'unit. Si veda il testo capitale di san Tommaso, In Boetium de Hebdomadibus, cap. n, in Opuscula omnia, ed. P. Mandonnet, t. I [Lcthielleux, Parisiis 1927), pp. 173-174 (tr. it. con testo dell'ed. leon. (t. 50) a fronte, in Tommaso d'Aquino, Commenti a Boa.io (Super &elium de Trinitate, Expositio libri Boe/t'i de Ebdomadibus) a cura di P. Porro, (Testi a fronte) Rusconi, Milano 1997, pp. 382-397, ndt]. 17 Natura della filosofia tomista logica delle essenze una dottrina che invece era concepita dal suo au- tore come una spiegazione dei fatti. Proviamo allora a parlare, come lui stesso fa, l'una e l'altralinglla, e ciascuna a tetnpo debito. La prima nozione da definire quella di rivelato. Per capirne la natura, conviene esaminarla proprio formalissime. Secondo la concezione di san Tommaso, il revelatum include unicamente ci che l'essenza stessa dell'essere rivelato, poich non pu diventare per noi conoscibile se non per tramite della rivelazione. Per definire il revelatum, non ci impegneremo quindi in una ricerca empirica su ci che Dio ha, nei fatti, giudicato buono rivelare agli uomini. Ci che costituisce il <<rivelato in quanto tale non il fatto che sia stato rivelato, ma che esso esiga di esserlo per venir conosciuto. Cos con- siderato, il <<rivelato ogni conoscenza riguardante Dio che oltre- passa il potere della ragione umana. Pu darsi d'altronde che Dio ci riveli delle conoscenze accessibili alla ragione, ma, proprio per il fat- to che esse non sono inaccessibili alla luce naturale dell'intelligenza, queste conoscenze non appartengono al <<rivelato. Dio le ha di fat- to rivelate, ma, di diritto, non appartiene alla loro essenza di essere conosciute unicamente tramite la rivelazione25. Come si appena detto, Dio pu avere cosa buona il rivelare conoscenze che per essenza non appartengono al rilevato>>. Per definire la classe delle conoscenze che, di fatto, sono state cos messe alla portata della nostra ragione, ci serve quindi una nuova no- zione, che tuttavia sia questa volta tutta concreta e abbastanza ela- stica da comprendere una pluralit di fatti eterogenei. Senza dubbio, anche questa nozione avr una sua unit. Se non fosse una, neppure sarebbe. In mancanza dell'unit di una essenza in senso stretto, ri- correremo a ci che la imita pi da vicino, cio a quella di un ordi- ne. Tale precisamente la nozione di revelabile, o rivelabile, che bisogna adesso definire. 2 , Ricordiamoci che la domanda: come distinguere la Scrittura dalla teologia inte- sa come scienza deUa fede? di competen2a dd teologo. Invece la domanda se lo stesso san Tommaso abbia distinto il reve{lltum, inteso come oggetto proprio della fede divina, dal rive/abile, inteso come oggetto proprio della teologia, di compe- tenza degli storici della teologia (dr. J .-Fr. Bonncfoy, op. cii., pp. 19-20). D solo pro- blema che qui dobbiamo affrontare se il contributo pe.rsooale di san Tommaso al- la filosofia o non incluso nell'ordine che lui stesso chiama il rivdabile. Ci che appunto tentiamo eli stabilire esattamente se vi appartenga. 18 n quadro dottrinale Questa volta, invece, giungeremo a essa solo a condizione di pro- cedere empiricamente, partendo dai fatti che deve unificare. Questi fatti, che la nostra nuova nozione deve vestire <<SU misura>>, sono tut- ti quelli che compongono l'evento estremamente complesso che si chiama Rivelazione. Si tratta qui di un evento, quindi di un fatto di or- dine esistenziale, che riguarda non tanto la definizione propriamente detta benslla facolt di giudicare. Sar impossibile ttacciarne a priori . . .. ... . . 1 contorru con un concetto astratto, ma st puo costrwme progressiva- mente la nozione a partire da giudizi d'esistenza sui dati di fatto che si debbono unificare. La Rivelazione riguarda infatti essenzialmente il rivelato, ma include anche altre cose. E dato che le include, queste co- se a qualche titolo le apparterranno. Formeranno quindi, prese insie- me, una classe di fatti riferibili a un'unica nozione, la cui unit sar data dal loro comune rapporto con l'atto divino dd rilevare. Presa in s, la rivelazione un atto che, come ogni ano, mira a un determinato fine. Nel caso della rivelazione, si tratta di rendere pos- sibile la salvezza ddl'uomo. Per l'uomo, la salvezza consiste nel rag- giungere l suo fine. E non pu raggiungerlo se non lo conosce. Ora questo fine Dio, ossia un oggetto che oltrepassa infinitamente la conoscenza naturale. Perch l'uomo potesse realizzare la sua salvez- za, era dunque necessario che Dio gli rivelasse conoscenze che su- perano i confini ddla ragione. L'insieme di queste conoscenze ci che chiamiamo scienza sacra (come si dice storia sacra): sacra doctri- na, sacra scienh'a, o theologia. D problema per noi sapere quale ne sia il contenuto. Secondo la concezione di san Tommaso, la rivelazione si presen- ta come un'operazione in qualche modo gerarchica, prendendo que- sto termine nel senso che gli aveva attribuito Dionigi. La verit so- prannaturale ci arriva come un fiume che scende formando ddle ca- scate: da Dio, che ne la sorgente, agli angeli che la ricevono per pri- mi secondo l'ordine delle loro gerarchie angeliche; in seguito dagli angeli agli uomini, toccando per primi gli Apostoli e i Profeti ed espandendosi in seguito alla moltitudine di coloro che l'accettano per fede. La scienza sacra, o teologia, ha quindi come fondamento la fede in una rivelazione fatta da Dio a coloro che chiamiamo gli Apostoli e i Profeti. Questa rivelazione conferisce loro un'autorit divina, quindi infallibile, e la teologia si fonda tutta sulla nostra fede nella loro autorit. 19 Natura della filosofia tomista La teologia si basa dunque, innanzitutto e soprattutto, sull'insie- me degli scritti inspirati da Dio che chiamiamo Sacra Scriptura, la Sacra Scrittura. Diciamo di pi, ne la scienza stessa, si rivolge uni- camente a essi 26 Bisogna solamente ricordarsi - qui pi che mai- di parlare concretamente di cose concrete. La teologia la stessa per natura in tutti coloro che la possiedono ma non in tutti ha il mede- simo grado di perfezione. TI suo contenuto non perci necessaria- mente identico in tutti. Senza dubbio, essa contiene primariamente il revelatum propriamente detto, ossia ci che a Dio piaciuto rive- lare agli uomini pet la loro salvezza; ma contiene anche tutto il no- stro apprendimento razionale di questa rivelazione. Palesemente la rivelazione in noi secondo il grado di conoscenza che ne abbiamo; ora, come abbiamo detto, un atto che ci raggiunge secondo un or- dine gerarchico: ci che vero per l'Apostolo o per il Profeta in rap- porto agli altri uomini, anche vero per il Dottore cristiano in rap- porto ai semplici fedeli. Attraverso la scienza della parola di Dio che costruisce, il teologo non fa altro che rendere esplicito, con l'aiuto della ragione naturale, il dato rivelato. Questa scienza non quindi nient'altro se non la Sacra Scrittura accolta in una intelligenza uma- na o, se si preferisce, non altro se non la rivelazione divina che si prolunga, grazie allume di una ragione che scruta il contenuto del- la fede, sull'autorit della fede e ai fini della fede. Ci si domander forse perch Dio stesso non ha rivelato queste conoscenze. Perch 26 La distinzione tra la teologia come parola di Dio, e la teologia come scienza di questa fede sar forse meno spinosa se ci si accosta al problema in maniera pi con- creta. d'altra parte curioso che dei teologi ne chiedano la soluzione a san Tommaso, per il quale questo problema praticamente non esisteva. Ci che san Tommaso richiede per la giustificazione dell'uomo l'adesione a tutti gti articoli di fede (Super Epistolam ad Romanos, cap. I,lect. 5; Fiaccadori, Parma 1872, r. xm, p. 14b (ed. R Cai, Marietti, Taurini-Romae 1953 8 , 77, p. 16)), non affatto la fede nd la scienza teologica di questi articoli. Quanto a questa stessa scienza, non la conce- pisce tanto in aggiunta alla Scrittura ma piuttosto come contenuta in essa. Parlare di Scrittura eccessivo: san Tommaso la trova quasi tutta nelle Epistole di san Paolo e nei Salmi di Davide: quia in utraque scriptura fere tota theologiae continetur doct.rina (ibl.. , Prolog., p. 2b [ed. R Cai, cit., 6, p. 2)). I.:insegnamento sacro, o teologia, non esiste quindi validamente se non come incluso nella Sacra Scrittura; quando la si vuole concepire come a s stante e scissa dalla sua sorgente scritturale, il problema delle loro relazioni diventa inestricabile. La teologia detta scolastica un caso particolare della teologia detta bibtica, perch trattandosi di teologia cri- stiana, una teologia che non fosse biblica no.n sarebbe affatto una teologia. 20 n quadro dottrinale queste non sono indispensabili alla salvezza. Per raggiungere il suo fine, l'uomo deve credere agli articoli di fede che Dio ha rivelato integralmente e che sufficiente accettare per essere salvati. Poich non era necessaria per la salvezza, questa conoscenza non stata ri- velata. Ciononostante, essa vi si rapporta come al suo fine, poich non fa altro che rendere esplicita la parola che salva. Ecco perch ogni elaborazione legittima della Sacra Scrittura rientra nella Scienza Sacra. Essa appartiene alla teologia a pieno titolo. TI problema sarebbe relativamente semplice, se non venisse a complicarlo un nuovo dato. Si tratta della filosofia propriamente detta; perch tutti sanno che ne entra in forte proporzione nella composizione della Somma di teologia, e quindi si pone la domanda di come questa pu prendervi posto senza compromettere n la pu- rezza della sua propria essenza n quella della teologia. Poich si tratta di filosofia, parliamo qui di verit accessibili all'intelligenza umana, conoscibili mediante la sola ragione naturale e senza l'inter- vento della rivelazione. Non oltrepassando queste conoscenze i li- miti della ragione naturale, non potremmo considerarle appartenen- ti all'ordine dd rivelato. Se Dio le ha tuttavia rivelate, il motivo completamente differente: perch la loro conoscenza necessaria alla salvezza. Di diritto conoscibili naturalmente, di fatto queste ve- rit non sempre sono conosciute, e d'altra parte bisogna pur tuttavia che lo siano da ciascuno, perch ciascuno possa essere salvato. Tale , per esempio, l'esistenza di Dio, che il metafisico dimostra, ma la cui dimostrazione, per ragioni che saranno esposte pi avanti, non facilinente comprensibile a tutti. Queste conoscenze naturali, inclu- se nel corpo della rivelazione, appartengono all'ordine di ci che san Tommaso chiama revelabile. Questo <<rivelabile quindi, qualcosa di Hlosofico attirato per cosl dire nell'orbita della teologia, perch la sua conoscenza, come quella del rivelato, necessaria alla salvezza. A differenza del <<rivelato, il <<rivelabile>) non figura nella rivelazio- ne a pieno diritto e in virt dell sua propria essenza, ma come in- cluso nella teologia, che lo assume per il suo proprio fine. La nozione predominante, che finalmente permette di risolvere il problema, dunque quella che l'inizio della Somma di teologia met- te immediatamente in rilievo: la nozione di salvezza. Quella di rive- lazione si subordina a questa, poich designa solamente lo strumen- to, in verit necessario, per la nostra salvezza. La nozione di rivela- 21 Natura della filosofia tomista zione cormota in particolat modo le conoscenze salvifche che non potremmo assolutamente ottenere senza di essa, ma non meno ne designa, parlando generalmente, ogni conoscenza che pu essere ri- velata come necessaria o utile all'opera di salvezza. Le discussioni su questo punto hanno generalmente messo r accento sulla distinzione teologia-filosofia, come se si trattasse prima di tutto di separarle, mentre invece lo stesso san Tommaso sottolinea la nozione concreta di rivelazione, la quale, poich include ogni verit salvifca, pu ap- plicarsi sia alle conoscenze naturali sia a quelle soprannaturali. La teologia, o scienza sacra, non essendo che la spiegazione della rive- lazione, resta fedele alla propria essenza trattando con metodi ap- propriati le une come le altre, poich il fine che persegue rimane quello della rivelazione: mettere l'uomo in possesso di tutte le cono- scenze che gli permettono di salvarsi. Questa la vera unit della scienza sacra; anche quando il teologo parla di filosofia come un fi- losofo, non cessa neanche per un istante di lavorare per la salvezza delle anime e di fare opera di teologo. L'unit formale della teologia cosl intesa non altra che quella della stessa rivelazione, di cui deve di conseguenza rispettare la com- plessit. La nozione di rivelabile, che i teologi sembrano avere elar- gito abbondantemente dopo san Tommaso, giocava almeno per lui questo ruolo definito: permettere di comprendere come la scienza sacra pu assorbire una dose di filosofia, per quanto debole, senza corrompere la propria essenza e perdere la sua unit. Vediamo per- ch san Tommaso non si inquieta del destino della filosofia di cui po- tr usare il teologo. Se questa filosofia perdesse la sua propria es- senza integrandosi alla teologia, l'unit della scienza sacra non si tro- verebbe compromessa, nessun problema si porrebbe quindi a que- sto riguardo. Ora proprio il problema dell'unit della scienza sacra che san Tommaso vuole risolvere, quando si domanda come questa scienza possa restare una se verte su oggetti cos differenti come Dio e le creature, tanto pi che queste creature sono gi gli oggetti di di verse scienze filosofiche, come la fisica e la morale. San Tommaso ri- sponde che la Sacra Scrittura parla di tutte le cose come comprese sotto una sola scienza, quella che la Scrittura chiama <da scienza dei santi>>. Ci che fa l'unit di questa scienza il fatto che, per quanto siano diversi i soggetti di cui tratta, li considera tutti dal medesimo punto di vista, o, come dice san Tommaso, sotto la stessa {<ragione 22 D quadro dottrinale formale. Perch degli oggetti cos diversi quali una pietra, un ani- male e un uomo, possono essere percepiti da una stessa e unica fa- colt, la vista? Perch la vista trattiene da questi oggetti diversi ci che hanno in comune, ossia il colore. Lo stesso accade qui. La teo- logia non guarda alle scienze filosofiche e naturali se non in quanto visibili dal suo punto di vista. Questo punto di vista quello della fe- de nella rivelazione che salva. Appartiene alla teologia tutto ci che pu contribuire a generare questa fede, ma anche, come gi eviden- ziava sant'Agostino, tutto ci che alimenta questa fede, tutto d che la protegge, tutto ci che la fortifica 27 . L'unit formale della teologia attiene quindi alla considerazione di ogni oggetto in rapporto alla ri- velazione. TI rivelabile di cui qui parla san Tommaso non nient'al- tro. rivelabile ogni conoscenza naturale assunta dalla scienza sacra per il suo proprio fine. I commentatori di san Tommaso hanno messo tanto zelo nel m.ol- tiplicare le distinzioni formali che hanno progressivamente alterato la posizione tomistica del problema. Prima di dimostrare come la fi- losofia naturale potesse entrare nella teologia come scienza senza di- struggerla, si trattava per san Tommaso di spiegare come la stessa ri- velazione si fosse mantenuta una, nonostante parlasse contempora- neamente di Dio, oggetto che trascende la ragione naturale, e degli uomini, degli animali, delle piante, oggetti dell'antropologia, delle scienze morali, biologiche e fisiche. Effettivamente la Sacra Scrittura stessa piena di nozioni naturali, non fosse altro per i contenuti di storia verifcabile e di geografia, che vi devono trovare posto senza rompere l'unit della rivelazione. Tutto ci compete al rivelabile, os- sia a un insieme di conoscenze che, non essendo trascendenti la ra- gione, non dovevano necessariamente essere rivelate per essere co- nosciute, ma che potevano essere rivelate come utili per l'opera del- la salvezza umana: Siccome, dunque, la Scrittura o dottrina sacra considera alcune cose precisamente in quanto sono divinamente ri- velate, come abbiamo detto, tutte le cose che possono essere rivela- te (rivelabile) da Dio si rassomigliano dal punto di vista proprio di questa scienza. Perci rientrano sotto la dottrina sacra come sotto una scienza unica2s. 7:1 Cfr. Agostino, De TriniiiJie, I, cap. l, cirato in Summa theologioe, I, l, 2, Sed contra. 28 Summa lheo/ogiae,I, l , 3, resp. [tr. it. pp. 46-48]. 23 Natura della filosofia tomista Se tutto ci che contribuisce a fare nascere, alimentare, difende- re e fortificare la fede che salva, rientra nella teologia senza rovinar- ne l'unit, come escluderne a priori una qualsiasi conoscenza? Lo si potrebbe, anzi lo si dovrebbe, se il contenuto della scienza sacra si definisse tramite la nozione del revelatum, non lo si pu pi se lo si definisce tramite la nozione di revelabile, perch questa <<rivelabili- t non altro che la disponibilit permanente di tutto il sapere in funzione dell'opera del teologo. Questo sapere totalmente ordinato alla conoscenza di Dio non d'altronde una chimera: esiste nella scienza che Dio ha di se stesso e che di lui hanno i beati. questa scienza perfettamente unificata che la nostra teologia a suo modo imita, ordinando ogni conoscenza naturale alla conoscenza sopran- naturale che abbiamo da Dio per mezzo della rivelazione. Che la fi- losofia possa al bisogno collocarsi in questa sintesi, san Tommaso non lo ha solamente provato con l'esempio, ma ha detto: Allo stes- so modo la dottrina sacra, pur essendo unica, pu considerare i vari oggetti delle molteplici scienze filosofiche sotto un unico aspetto, cio in quanto sono divinamente rivelabili. In tal modo la sacra dot- trina ci si presenta come una partecipazione (impronta) della scien- za divina, che pur essendo una e semplice abbraccia tutte le cose>> 29
Cos legata alla scienza che Dio ha di se stesso 30 e come glorifi- cata dalla sua assunzione teologica, la filosofia merita eminentemen- te l'interesse del Dottore cristiano. questa che vorremmo conside- rare a nostra volta come l'oggetto proprio del nostro studio. Non di- ciamo che san Tommaso abbia identificato le due nozioni di rivela- bile e di filosofia. Non pretendiamo neppure che sia illegittimo guar- dare la filosofia di san Tommaso sotto un'altra luce' 1 . Ma chiediamo 29 Sumtna theologiiJe, I, l , 3, ad 2 11 \ [tr. it. p. 48). Sull'opposizione del Gaetano [card. Tommaso de Via, 1469-1534] alla nozione tomisca di revelabile si veda . Gilson, Nole sur le "'revelabile" selon Ctljtan, in Mediaeval Studies 15 (1953 ), pp. 202-203. Lo stesso sant'Alberto Magno era gi in disaccordo col suo illustre allievo su guesto importante punto. JO Summa theologiae, I, l , 2, resp. 31 San Tommaso ba, a sua volta, descritto l'ordine seguito dagli antichi nei loro studi filosofici: Super libmm de causis, lect. l, in Opuscula omnia, ed. P. Mandonnet, t . I , p. 195 (cfr. nell'ed. critica di H.-D. Saffrey, (Textus philosophici friburgenses, 4-5.97) Soc. Phil-Nauwclaerts, Fribourg-Louvain 19.54, e nell'ed. C. Pera, Marietti, Taurini-Romae 1955, p. 4, Prooemium, 8, e la tr. it. Commen.ta al 'Libro delle cau- se', a cura di C. D'Ancona Costa, (I classici del pensiero) Rusconi , Milano 1986, p. 24 n quadro dottrinale il permesso di guardada, per una volta, sotto F aspetto da cui lo stes- so san Tommaso ci ha riferito di averla guardata, tale quale appariva dal punto di vista proprio del Dottore cristiano. Una volta non an- cora una consuetudine. Se la filosofia del <<rivela bile>> proprio quel- la a cui lo stesso sa.tl Tommaso si principalmente interessato, quel- la che ha rinnovato perch l'ha guardata sotto questo aspetto e quel- la che ci ha trasmesso secondo l'ordine teologico delle due Somme, allora lo storico deve essere quantomeno giustificabile per essersi a sua volta interessato del pensiero personale di san Tommaso d'Aquino 32 . 168, ndt]. Anche da qui si vede quanto gli doveva apparire diversa la situazione dei cristiani da quella dei pagani. Secondo lui, quest'ultimi non si avvicinavano alla me- tafisica solo alla fine della loro vita: Unde scientiam de primis causis ultimo ordi- nabant, cuius consideratior ultimwn tempus suae vitae deputarent>> [tr. it. cit., p. 168: Perci ponevano la scienza delle cause prime come fine ultimo, e a questa contemplazione riservavano l'ultimo periodo della loro vita). Quando mori san Tommaso aveva solo 49 anni. Sarebbe stato per lui l'et giusta per indagare su una prova dell'esistenza di Dio. 32 l pressanti inviti che ci sono rivolti a ricostruire la dottrina di san Tommaso se- condo l'ordine filosofico, che va dalle cose a Dio, invece di seguire l'ordine teolo- gico, che va da Dio alle cose, non tengono conto delle difficolt di un tale lavoro. V in ci una difficolt di principio che si tradurr a ogni passo nei fatti. Le for- mule in cui si esprime un pensiero sono legate all'ordine che questo segue. Per esporre san Tommaso secondo l'ordine inverso al suo, si richiederebbe anzitutto di smembrare continuamente i suoi testi, ma bisognerebbe soprattutto smembrare il suo pensiero obbligandolo a risalire una corrente che lui stesso afferma di avere di- s c e ~ o . .E per quale risultato? Per arrivare a vedere la sua filosofia sotto la luce alla quale lui stesso ba ri6utaro di vederla, e per rifiutare di vederla sotto quella luce do- ve egli stesso amava contemplarla, la luce della illuminazione della fede che non ha cessato di irraggiare la sua opera. Non sempre si riflette a cosa si va incontro scri- vendo una filosofia ad mentem sancii Thomae. n pensiero profndo che lo animava ce lo ba definito san Tommaso facendo sua la &ase di sant'Dario gi citata (De Trinita/e, l, 37): lo penso che il compito principale della mia vita sia quello di esprimere Dio in ogni parola e in ogni mio sentimento (Contra genti/es, l, 2 [tr. it. cit., p. 62)). Sicuramente, si pu costruire una filosofia fatta di elementi improntati al tomismo e che non parli di Dio in tutto quello che dice: lo si pu, purch si ab bia chiara coscienza della portata di ci che si fa e purch se ne misurino esatta- mente le conseguenze. Ci cbe si fa presentare il pensiero filosofico di san Tommaso secondo l'ordine richiesto da una dottrina dove tutto sarebbe consid- r par la raison naturclle sans la lumire de la foi [considerato attraverso la ragione naturale senza la luce della fde] (Descarres, Prindpes, Lertre-prfation, ed. Adam-Tannery, t. lX (1904), p. 4, l. 19-21 e p. 5, 1. 13-18); in sostanza significa pre- 25 Natura della filosofia tomista Come dovremo quindi considerare l'oggetto della metafisica che si chiama anche <<filosofia prima, o <<Sapienza? Secondo l'uso co- mune, il sapiente colui che sa ordinare le cose come conviene e le sa bene governare. Ordinare bene una cosa e governarla bene equi- vale a disporla in funzione del suo fine. Ecco perch vediamo che, nella gerarchia delle arti, un'arte governa l'altra e le serve, in qualche modo, da principio, quando il suo fine immediato costituisce il fine ultimo dell'arte subordinata. Cos la medicina un'arte principale e direttrice in rapporto alla farmacia, perch la salute, fine immediato della medicina, nello stesso tempo il fine di tutti i rimedi che pre- para il farmacista. Queste arti principali e dominanti ricevono il no- me di architettoniche e coloro che le esercitano il nome di sapienti. Ma questi meritano il nome di sapienti solo in riferimento alle stes- se cose che sanno ordinare per il loro fine. Se si rivolgono a fini par- ticolari, la loro sapienza solo una sapienza particolare. Supponia- mo al contrario che un sapiente non si proponga di considerare tale o tale altro fine particolare, ma il fine dell'universo; costui non potr pi esse.re chiamato sapiente in tale o talaltra arte, ma sapiente in senso assoluto. Sar il sapiente per eccellenza. I.: oggetto proprio del- la sapienza, o filosofia prima, quindi il fine dell'universo e, poich il fine di un oggetto si identifica con il suo principio o la sua causa, ritroviamo la definizione di Aristotele: la filosofia prima ha per og- getto lo studio delle cause prime33. Cerchiamo ora quale la causa prima o il fine ultimo dell'univer- so. n fine ultimo di ogni cosa evidentemente quello che si propo- ne, fabbricandola, il suo autore primo, o, muovendola, il suo moto- re primo. Ora, ci sar dato di vedere che l'autore primo e il motore primo dell'universo una intelligenza; il fine che si propone creando e muovendo l'universo deve quindi essere il fine o bene dell'intelli- genza, cio la verit. Infatti la verit il fine ultimo di tutto l'universo e, poich l'oggetto della filosofia prima il fine ultimo di tutto l'universo, ne segue che il suo oggetto proprio la verit 34 Ma si de- ve qui evitare una confusione. Poich la filosofia si occupa del fine sentare una philosophUJ. ad mentem sanct Thomae come se si trattasse di una philo- sophia ad mentem Cartesii. Quanto alle conseguenze, esse riguardano l'ordine della filosofia dogmatica, nel quale non dobbiamo cimentarci ib questa sede. H Contra gentt"les, I, l. Summa theologiae, I, l, 6, resp. 3 4 Contra genti/es, I, 1. 26 n quadro dottrinale ultimo, e, di conseguenza, della causa prima dell'universo, la verit di cui parliamo non potr essere una verit qualunque; essa non pu essere che quella verit che fonte prima di ogni verit. Ora la dis- posizione delle cose nell'ordine della verit la stessa che nell'ordi- ne dell'essere (sic enim est dispositio rerum in veritate sicut in esse), poich l'essere e il vero si equivalgono. Una verit che sia la fonte di ogni verit non si pu riscontrare se non in un essere che sia la fon- te prima di ogni essere. La verit che costituisce l'oggetto della filo- sofia prima sarebbe quindi quella verit che il Verbo fattosi carne venuto a manifestare al mondo, secondo la parola di Giovanni: Ego in hoc natus sum et ad hoc veni in ut testimonium perhi- beam
In una parola, il vero oggetto della metafisica Dio3
6 . Questa determinazione, posta da san Tommaso all'inizio della Somma contro i Gentili, non per nulla in contraddizione con quel- la che altrove lo induce a definire la metafisica come scienza dell'es- sere, considerato semplicemente in quanto essere, e delle sue cause prime3 7 Se la materia immediata su cui verte la ricerca del metafisi- ca sl l'essere in generale, questo non ne costituisce, comunque, il vero fine. Ci verso cui tende la speculazione filosofica, , oltre al- l' essere in generale, la causa prima di ogni essere: lp sa pnma philo- sophia tota ordinatur ad Dei cognitionem sicut ad ultimum /inem; un- de et sdentia divina nominatuf3 8 . Ecco perch, quando parla in pro- prio, san Tommaso d'Aquino lascia da parte la considerazione del- l' essere in quanto tale, e definisce la metafisica in funzione del suo oggetto supremo: il principio primo dell'essere, che Dio. Di quali strumenti disponiamo per raggiungere questo oggetto? Disponiamo, innanzitutto, e ci evidente, della nostra ragione. D l!i Gv 18,37 [lo per questo sono nato e per quesco sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verit]. 36 Contra genti/es, l, 1, e m, 25: Quod est tantum. Cfr. In 11 Sent., Prolog. , edd. Mandonnet-Moos [4 voll., Lethielleux, Paris 1929-1947], t. n, pp. 13 [tr. it. Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo, ESD, Bologna 2000, vol. 3, pp. 11-13]. H lt1 IV Metaphysicorum, lect. 1, ed. Cathala . n. 533 Un Xli libros Metaphysicorum Aristotelis expositio, edd. M.-R Cathala-RM. Spiazzi, Marietti, Taurini-Romae 1950 (= edd. Cathala-Spiazzi), p. 151]. 38 Contra genti/es, m, 25: Quo est tantum [tr. it. cit., p. 606: la filosofia prima ordinata interamente alla conoscenza di Dio come al suo ultimo fine, cosicch vie oe denominata "scienza divina"]. 27 Natura defla filosofia tomista problema di capire se la nostra ragione costituisce uno strumento sufficiente per raggiungere il teonine della ricerca metafisica, cio, l'essenza divina. Evidenziamo inunediatamente che la ragione natu- rale, lasciata alle proprie forze, ci permette di pervenire a certe veri- t relative a Dio e alla sua natura. I filosofi possono stabilire, per via dimostrativa, che Dio esiste, che uno, eccetera. Ma appare anche molto evidente che certe conoscenze relative alla natura divina ecce- dono infinitamente le forze dell'intelligenza umana; questo un punto che importante stabilire al fine di chiudere la bocca agli in- creduli, i quali considerano come false tutte le affermazioni relative a Dio che Ja nostra ragione non pu stabilire. Qui il sapiente cristia- no si aggiunge al sapiente greco. Tutte le dimostrazioni che possiamo fornire di questa tesi ritor- nano a far apparire Ja sproporzione che esiste tra la nostra com- prensione finita e l'essenza infinita di Dio. Ci che forse ci pu in- trodurre pi profondamente nel pensiero di san Tommaso si ricava dalla natura delle conoscenze umane. La conoscenza perfetta, se ci rifacciamo ad Aristotele, consiste nel dedurre le propriet di un og- getto prendendo l'essenza di tale oggetto come principio della di- mostrazione. n modo secondo cui veniamo a conoscenza della so- stanza di ogni cosa determina quindi il modo delle conoscenze che di questa abbiamo. Ora, Dio una sostanza puramente spirituale; la nostra conoscenza, al contrario, tale per cui pu acquisire un esse- re composto di un'anima e di un corpo. Essa trae necessariamente origine dai sensi. La scienza che noi abbiamo di Dio perci quella che possiamo acquisire rispetto a essere puramente intelligibile par- tendo da dati sensibili. Cos il nostro intelletto, fondandosi sulla te- stimonianza dei sensi, pu inferire che Dio esiste. Ma evidente che la semplice ispezione dei sensibili, che sono gli effetti di Dio e, di conseguenza, a lui inferiori, non pu introdurci alla conoscenza del- l'essenza divina 39 . Vi sono quindi delle verit relative a Dio che so- no accessibili alla ragione, e ve ne sono altre che la oltrepassano. Vediamo qual , nell'uno e nell'altro caso, il ruolo particolare della fede. Constatiamo innanzitutto che, parlando in astratto e in assoluto, l dove la ragione pu comprendere, la fede non ha pi nessun ruo- J 9 Co111ra genti/es, I, 3. 28 n qudro dottrinale lo da giocare. In altri termini, non si pu sapere e credere nello stes- so tempo e sotto lo stesso rispetto la stessa cosa: impossibile est quod de eodem sit /idem et scientf 0 :V oggetto proprio della fede, se dia- mo credito a sant'Agostino, precisamente quello che la ragione non raggiunge; da ci segue che ogni conoscenza razionale che pu fondarsi grazie alla risoluzione nei principi primi, sfugge per ci stesso all'ambito della fede. Ecco quale la verit di diritto. In real- t, la fede deve sostituirsi alla scienza in un gran numero di nostre affermazioni Non solo, infatti, pu accadere che certe verit siano credute dagli ignoranti e oggetto di scienza da parte dei sapienti 41 , ma capita anche spesso che, a causa della debolezza del nostro in- telletto e degli scherzi della nostra immaginazione, si introduca l'errore nelle nostre ricerche. Sono molti coloro che percepiscono male la conclusione di una dimostra%ione e che, di conseguenza, ri- mangono incerti pur toccando verit dimostrate. La constatazione del disaccordo che regna, sulle medesime questioni, tra gli uomini ri- tenuti sapienti, finisce per sviarli. Fu quindi salutare che la provvi- denza imponesse come verit di fede certe verit accessibili alla ra- gione, affinch tutti partecipassero pi agevolmente alla conoscenza di Dio, e ci senza dover temere il dubbio o l'errore 42
40 De veri/a/e_ XlV, 9, resp., e ad 6m [tr. it. di F. Fiorentino, in Tommaso d'AqUino, Sulla verit, (ll pensiero occidentale) &m piani, Milano 2005, p. 1121: impossi- bile che ci sia fede e scienza riguardo alla stessa cosa]. 41 Ancora di pi, siccome ogni scienza umana rieve i suoi principi da WJa scien- za superiore, essa accetta questi principi grazie alla fede in questa scienza supe- riore. Cosl, il fisico in quanto tale si affida al matematico, o, se si preferisce, la mu- sica crede nell'aritmetica. La teologia stessa crede a una scienza superiore, quella che possiedono Dio e i beati. E ~ ~ a quindi come subaltema a un sapere che tra- scende il sapere umano: il sapere di Dio. Nell'ordine della conoscenza naturale, ogni scienza Subordinata a quella da cui ricava i propri principi, ammesso che questi principi siano razionalmente conoscibili da questa scienza superiore. Infine, tra gli individui, la scienza dell'uno dipende sovente da. un ano di fiducia nella scienza di Wl altro, di cui riteniamo che sappia qualche cosa che noi non compren- diamo, ma che noi credtizmo vera: Summa theologiae, 1, I, 2, resp.; Contra genti/es, I, 3: Adhuc ex intellectibus gradibus, 42 Contra genti/es, l, 4. La fonte di san Tommaso qui Maimonide, come risulta da De veri/ate, XIV, lO, resp. Si veda su questo pWlto l'eccellente studio del padre P. Synave, La rvlation des vrits divines naturelles d'aprs salnt Thomas d'Aquin, in Mlangu Mandannel, (Bibliotbque Thomiste) Vrin, Paris 1930, t. l, pp. 327- 370. Si noti in particolar modo questa conclusione: le stesse ragioni conducono, 29 Natura della filosofia tornista Se, d'altra parte, consideriamo le verit che oltrepassano la ra- gione, vedremo ancor pi evidentemente quanto convenisse che fos- sero proposte all'accettazione della nostra fede. D fine dell'uomo, in- fatti, non altro se non Dio; ora questo fine eccede manifestamente i confini della nostra ragione. D'altro canto, bisogna pure che l' uomo possieda qualche conoscenza del suo fine, perch possa diri- gere a esso le sue intenzioni e le sue azioni. La salvezza dell'uomo esigeva dunque che la rivdazione divina gli facesse conoscere un cer- to numero di verit incomprensibili alla sua ragione 43 In una paro- la, poich l'uomo aveva bisogno delle conoscenze riguardanti il Dio infinito che il suo fine, queste conoscenze eccedenti i limiti della sua ragione potevano essere proposte solo all'accetta2ione della fe- de. E non potremmo ravvisare nell'atto del credere una qualsiasi vio- lenza imposta alla nostra ragione. La fede nell'incomprensibile con- ferisce anzi alla conoscenza razionale la sua perfezione e il suo com- pimento. Non conosciamo veramente Dio, per esempio, se non con- siderandolo superiore a tutto ci che l'uomo riesce a pensare. Ora. evidente che chiederci di accettare riguardo a Dio verit incom- prensibili un buon mezzo per convincerci della sua incomprensi- bilit44. E, inoltre, l'accettazione della fede reprime in noi la presun- zione, madre dell'errore. Alcuni credono di potere misurare la natu- ra divina con lo strumento della loro ragione; proporre loro, in no- me dell'autorit divina, verit superiori alla loro capacit di com- prendere un richiamo alla giusta percezione dei loro limiti. Cos, la disciplina della fede torna a profitto della ragione. Conviene ammettere, ciononostante, che, oltre a questo accordo dd tutto esteriore e di semplice convenienza, si possa stabilire tra la ragione e la fede un accordo intrinseco e considerato dal punto di vi- sta della verit? Altrimenti detto, possiamo affermare l'accordo dd- le verit che sorpassano la nostra ragione con quelle che la nostra ra- presso i due teologi, a due conclusioni diverse. Maimonide prova che non bisogna rivdarc al volgo verit mcta6siche che non pu comprendere; san Tommaso diver- samente argomenta: iJ volgo ha diritto alle verit metafisiche necessarie alla salvez- za, ma non pu comprenderle; perci devono essere a lui fornite dalla rivdazione: p. 348. Cfr. Leo Strauss, Phiwsophie und Gesetz: Beitriige zum Verstiindnis Maimu nis und seiner Vorliiu/er, Schocken, Berlin 1935, pp. 87-122. 4 ' Summa theo/ogiae, l, l. l, resp.; De virtutibus, art. x , resp. 44 Contra genliles, I, 5. 30 n quadro dottrinale gione pu apprendere? La risposta che conviene dare a questa do- manda dipende dal valore attribuito ai motivi di credibilit che la fe- de pu invocare. Se si ammette, come d'altronde si deve, che i mi- racoli, le profezie, gli effetti meravigliosi della religione cristiana pro- vino a sufficienza la verit della religione rivelata 45 , bisogner anche ammettere che fede e ragione non possono contraddirsi. Solo il fal- so pu essere contrario al vero. Tra una fede vera e delle conoscen- ze vere, l'accordo si realizza da s e come per definizione. Ma, di questo accordo, si pu addurre una dimostrazione puramente filo- sofica. Quando un maestro istruisce un discepolo, necessario che la scienza del maestro contenga ci che egli introduce nello spirito del discepolo. Ora, la conoscenza naturale che abbiamo dei principi ci viene da Dio, poich Dio l'autore della nostra natura. Da ci se- gue che tutto quello che contrario a questi principi contrario al- la sapienza divina e, di conseguenza, non potr essere vero. Tra una ragione che viene da Dio e una rivelazione che viene da Dio, l' ac- cordo si deve stabilire necessariamente 46 Diciamo quindi che la fe- de insegna delle verit che sembrano contrarie alla ragione; non di- ciamo che essa insegna proposizioni contrarie alla ragione. Lo zoti- co considera come contrario alla ragione che il sole sia pi grande della terra, ma questa proposizione sembra ragionevole allo scien- ziato47. Crediano comunque che le incompatibilit apparenti tra la ragione e la fede si concilino nella sapienza infinita di Dio. Del resto non siamo costretti a questo atto di fiducia totale in un accordo di cui ci sfugge la percezione diretta; anche fatti osservabili non possono ricevere soddisfacente interpretazione se non si am- mette l'esistenza di una fonte comune dei nostri due ordini di cono- scenza. La fede domina la ragione, non in quanto modo del cono scere, perch anzi una conoscenza di tipo inferiore a causa della sua oscurit, ma poich mette il pensiero umano in possesso di un oggetto che quest'ultimo sarebbe per natura incapace di conoscere. Pu dunque risult.are dalla fede tutta una serie di influssi e di azioni le cui conseguenze, all'interno della stessa ragione, e senza che essa tuttavia cessi di essere una pura ragione, possono essere tra le pi 4 S Contra genti/es, r, 6; De veritate, XIV, 10, 11. 46 Contra gentiles, I, 7. 4 7 De veritate, XIV, 10, 7. .31 Natura della filosofia tomista importanti. La fede nella rivdazione non avr come risultato di di- struggere la razionalit della nostra conoscenza, ma al contrario di consentirle di svilupparsi pi completamente; come infatti la grazia non distrugge la natura, ma la corregge, la feconda e la perfeziona, cosi la fede, per l'influsso che esercita dall'alto sulla ragione in quan- to tale, permette lo sviluppo di una attivit razionale pi feconda e pi vera 48
Quest'influsso trascendente della fede sulla ragione un fatto es- senziale, che importante interpretare bene se si vuole lasciare alla filosofia tomistica il suo proprio carattere. Molte critiche contro questo influsso riguardano proprio la mescolanza di fede e ragione, che si pretende di scoprirvi; ora, al pari inesatto sostenere che san Tom.maso abbia isolato i due campi, o che li abbia al contrario con- fusi. Avremo modo di domandarci pi avanti se li ha confusi; appa- re fin da ora che non li ha isolati e che li ha saputi mantenere in con- tatto in modo tale da non essere costretto a confonderli ulterior- mente49. Questo fatto ci che ci permette di comprendere la mira- bile unit dell'opera filosofica e dell'opera teologica di san Tom- maso. impossibile fingere che un tale pensiero non sia pienamen- te cosciente dd suo scopo; persino nei commenti ad Aristotde, esso sa sempre dove va, e va, anche in questo caso, verso la dottrina dd- la fede, se non nell'atto di commentare, perlomeno in quello di com- pletare e rettificare. E, ciononostante, possiamo dire che san Tom- maso lavora con la piena e giusta coscienza di non fare mai appello ad argomenti che non siano strettamente razionali, perch se la fede anima la sua ragione, questa ragione innalzata e fecondata dalla fede non smette comunque di compiere operazioni puramente razionali e di affermare conclusioni fondate sulla sola evidenza dei principi primi comuni a tutte le menti umane. La paura, di cui sono testimo- ni certi discepoli di san Tommaso, di lasciare credere a una possibi- le contaminazione della sua ragione da parte della sua fede, non ha quindi nulla di tomistico; negare che egli conoscesse e volesse que.- 4 8 Deveritate, XIV, 9, ad sm, e 10, a d ~ 49 Su questo carattere generale dd pensiero tomistico si veda il libro fondamenta- le di J. Maritain, Distinguer pour unir ou les dcgrs du savoi, Jc. d. nouv., rcv. et augm., Descle de Brouwer, Paris 1932 [o1'3. in Jacques et Ralssa Maritain, Oeuvres comp/tes, vol 4, Editions Universitaires, Fribourg (Suisse) 1983; tr. it. Distinguere per unire. l gradi del sapere, MorceUiana, Brescia 1981 2 ] . 32 n quadro dottrinale sta benefica influenza, equivale a condannarsi a presentare come pu- ramente accidentale l'accordo di fatto a cui conduce Ja sua ricostru- zione della filosofia e della teologia, ed equivale a manifestare un'in- quietudine che lo stesso san Tommaso non avrebbe compreso. Egli troppo sicuro dd suo pensiero per provare un simile timore. La sua ragione procede sotto l'azione benefica della fede, come egli ri- conosce, ma constata che, nel passare attraverso il cammino della ri- velazione, la ragione penetr"3 pi in profondit e, per cos dire, rico- nosce verit che rischierebbe di ignorare. r.: escursionista che giun- to in cima grazie a una guida non per questo gode di uno spettaco- lo minore rispetto a quello che gli si apre davanti agli occhi, e la vi- sione ne ha non meno vera solo perch stato aiutato da altri ad arrivare U. Non possibile frequentare a lungo san Tommaso senza convincersi che il vasto sistema del mondo, che la sua dottrina ci presenta, si costruiva nel suo pensiero via via che vi si costruiva la dottrina della fede; quando afferma agli altri che la fede per la ra- gione una guida salutare, il ricordo dd profitto in termini di ragione che la fede gli ha fatto realizzare ancora in lui molto vivo. Non ci stupir quindi che in ci che concerne innanzitutto la teo- logia vi sia spazio per la speculazione filosofica, anche quando si tratta di verit rivelate che oltrepassano i limiti della nostra ragione. Senza dubbio, e ci evidente, essa non pu pretendere di dimo- str"3rle e neppure di comprenderle, ma, incoraggiata dalla certezza superiore che vi sia una verit nascosta, essa pu farcene re qualche cosa con l'aiuto di paragoni appropriati. Gli oggetti sen- sibili, che costituiscono il punto di partenza di tutte le nostre cono- scenze, hanno conservato qualche vestigio della natura divina che le ha create, poich l'effetto assomiglia sempre alla causa. La ragione pu dunque istradarci verso l'intelligenza della verit perfetta che Dio ci riveler apertamente in patria 50 Questa constatazione limita il ruolo che compete alla ragione quando cerca di chiarire delle ve- rit di fede. Questa non deve assumersene la dimostrazione. Tentare di dimostrare l'indimostrabile, equivale a confermare l'incredulo nella sua incredulit. La sproporzione tra le tesi che crediamo di di- mostrare e le false prove che vi si adducono appare cos evidente che con queste argomentazioni, invece di giovare alla fede, si rischia di so Conlta gentilei, T, 7. De veritate, XIV, 9, ad 2m. 33 Natura della filosofia tomista rehderla ridicola5 1 Ma possiamo spiegare, interpretare, rendere pi vicino a noi ci che non sapremmo provare; possiamo quindi con- durre come per mano i nostri avversari alla presenza di queste veri- t inaccessibili, possiamo mostrare su quali probabili ragioni e su quali autorit certe queste trovano quaggi il loro fondamento. Bisogna andare oltre e, raccogliendo il beneficio delle tesi gi po- ste, affermare che c' spazio per l'argomentazione razionale anche in materia di verit inaccessibili alla ragione e per un intervento teologi- co in ambiti apparentemente riservati alla pura ragione. Quest'ultima ha il compito di dimostrare che ci che la rivelazione insegna possi- bile, cio non contiene nessuna impossibilit o assurdit da un punto di vista razionale. Abbiamo visto infatti che la rivelazione e la ragione non si possono contraddire; se quindi certo che la ragione non pu dimostrare la verit rivelata, non meno certo che ogni dimostrazio- ne sedicente che ha la pretesa di stabilire la falsit della fe- de, si basi essa stessa su un sofisma. Qualunque possa essere la sotti- gliezza degli argomenti invocati, bisogna attenersi al principio che, poich la verit non pu essere divisa contro se stessa, la ragione non pu avere ragione contro la fede-5 2 Si pu quindi sempre cercare un sofisma in una tesi filosofica che contraddica l'insegnamehto della ri- velazione, perch gi da prima certo che ne celi almeno uno. I testi rivelati non sono mai dimostrazioni filosofiche della falsit di una dot- trina, ma sono il segno per il credente che il flosofo che la sostiene si sbaglia, ed alla sola filosofia che compete di dimostrarlo. A maggior ragione le risorse della speculazione filosofica sonori- chieste dalla fede quando si tratta di verit rivelate che sono anche dimostrabili razionalmente. Questo corpo di dottrine filosofiche ve- re che il pensiero umano possederebbe raramente intatto e comple- 51 Si vedano le applicazioni di questo principio in Summa theologiae, l , 46, 2, resp., e Contra gentiles, I, 8, e D, 38. 52 Contra gentiles, I, l ; I, 2, e I, 9. Tutti questi aiuti che la teologia invoca dalle scienze umane sono riassunti nella affermazione di san Tommaso: le altre scienze sono dette serve di questll}> (Summa Jbeologiae, T, l. 5, s.e.). Donde la celebre for- mula: philosophia ancilla theologiae, che sembra essere moderna quanto al suo te- nore letterale (non si incontra in questi termini in san Tommaso), ma che molto antica quanto al senso. Sulla sua storia e il suo significato, si consulter fruttuosa- mente l'articolo di Bemard Baudoux, Philosophia anci/Uz theologiae, in Anto- nianum 12 (1937), pp. 293-326. 34 n quadro dottrinale to grazie alle sole risorse della ragione, lo costruisce facilmente, pur sempre con un metodo puramente razionale, se gli gi presentato dalla fede. Come un bambino che solo attraverso l'insegnamento di un maestro capisce ci che non avrebbe potuto altrimenti scoprire, l'intelletto umano si itnpadronisce senza difficolt di una dottrina di cui una autorit sovrumana gli garantisce la verit. Di qui l'incom- parabile fermezza di cui d prova di fronte agli errori di tutti i tipi che la cattiva fede o l'ignoranza possono generare nei suoi avversari; pu sempre opporre loro dimostrazioni concludenti, capaci di met- terli a tacere e di ristabilire la verit. Aggiungiamo infine che neppure la conoscenza puramente scien- tifica delle realt sensibili pu lasciare completamente indifferente la teologia. Ci non significa affatto che non ci possa essere conoscen- za delle creature valida per se stessa e indipendente da ogni teologia; la scienza esiste come tale e, a patto che non ecceda i suoi limiti na- turali, si costituisce al di fuori di ogni intervento della fede. Ma la fede che, a sua volta, non pu non prenderla in considerazione. A partire dal momento in cui essa si costituita per se stessa, la teolo- gia non potrebbe assolutamente disinteressarsene, innanzitutto per- ch la considerazione delle creatu.re utile all'istruzione della fede, poi, come abbiamo appena visto, perch la conoscenza natur.aJe pu almeno distruggere gli errori relativi a Dio53. Pur essendo tali le rdazioni intime che si stabiliscono tra la teo- logia e la filosofia, non meno vero che esse costituiscono due cam- pi formalmente distinti. lnnanzitutto, anche se i loro ambiti occupa- no una certa area comune, esse tuttavia non coincidono. La teologia la scienza delle verit indispensabili alla salvezza; ora non tutte le verit sono indispensabili a essa; non c'era dunque motivo che Dio, abbassandosi alle creature, rivdasse ci che siamo capaci di appren- dere da soli e la cui conoscenza non necessaria alla salvezza. Ri- mane lo spazio, al di fuori della teologia, per una scienza delle cose naturali che le consideri in s stesse, per s stesse, e che si suddivida in diverse parti secondo il loro diverso genere, mentre invece la teo- logia le considera tutte ndla prospettiva della salvezza e in rapporto a Dio5 4 La filosofia studia il fuoco in quanto tale, la teologia vede in 53 Contra genti/es, n, 2, e soprattutto Summa iheologiae, l, 5, ad 2m. S 4 Contra genti/es, n, 4. 35 Natura deUa filosofia tomista esso un'immagine della eminenza divina; vi quindi spazio per r atteggiamento del filosofo accanto a quello del credente (philoso- phus, /idelis) e non v' il caso di rimproverare alla teologia di passa- re sotto silenzio un grande numero di propriet delle cose, quali la figura del cielo o la natura del suo movimento; queste sono di com- petenza della filosofia, la quale sola ha il compito di spiegarle. Anche l dove il terreno comune alle due discipline, esse con- servano caratteri specifici che assicurano la loro distinzione. Effet- tivamente, esse differiscono prima e sopra tutto per i principi della dimostrazione, ed ci che impedisce loro in via definitiva di con- fondersi. n filosofo impronta i suoi argomenti alle essenze e, di con- seguenza, alle cause proprie delle cose; ci che noi faremo costan- temente nel seguito di questa esposizione. n teologo, al contrario, ar- gomenta a partire dalla causa prima di tutte le cose, che i o ~ e fa appello a tre diversi ordini di argomenti, i quali, in nessun caso, so- no considerati dal filosofo come soddisfacenti. n teologo, talvolta, afferma una verit in nome del principio di autorit, perch questa ci stata trasmessa e rivelata da Dio; talaltra, perch la gloria del Dio infinito esige che cos sia, ossia in nome del principio di perfezione; talaltr"S, infine, perch la potenza di Dio infinita 55 Da ci non con- segue comunque che la teologia non meriti il titolo di scienza, ma la filosofia sfrutta un terreno che le appartiene in proprio perch usa metodi essenzialmente razionali. Come due scienze stabiliscono uno stesso fatto partendo da principi differenti e pervengono alle stesse conclusioni attraverso vie che sono loro proprie, cos, le dimostra- zioni del filosofo, fondate sui principi della ragione, differiscono to to genere dalle dimostrazioni che il teologo deduce dai principi che deriva dalla fede. Una seconda differenza, connessa d'altra parte con la prima, ri- siede non tanto nei principi della dimostrazione, ma nell'ordine che essa segue. Perch, nella dottrina filosofica, legata alla considerazio- ne delle creature in s medesime e dove si cerca di elevarsi dalle creature a Dio, la considerazione delle creature viene per prima e 'S5" <<Fidelis autem ex causa prima, ut puta quia sic divinitus est traditum, vd quia hoc in gloriam Dei cedi t. vd quia Dei potestas est infinita, Contra genti/es, n, 4 [tr. it. cit., p. 273: il credente invece parte dalla causa prima: dal fatto p. es. chOio lo ha rivdato; oppure che ci ridooda a gloria di Dio; ovvero dall'esserci in Dio una potenza infinita]. 36 n quadro dottrinale quella di Dio per ultima. Al contrario, nella dottrina della fede, che guarda alle creature solo in rapporto a Dio, la considerazione che viene per prima quella di Dio e quella delle creature non viene che in seguito. Perci, del resto, essa segue un ordine che, preso in s, pi perfetto, dato che imita la conoscenza di Dio, il quale, cono- scendo se stesso, conosce tutto il resta5 6
Posta coslla situazione di diritto, il problema dell'ordine da se- guire per esporre la filosofia di san Tommaso si impone con mag- giore acutezza. Come abbiamo detto, non si trova in nessuna delle sue opere il corpo delle sue concezioni filosofiche esposte per s stesse e secondo l'ordine della sola ragione naturale. Anzitutto esiste una serie di opere redatte da san Tommaso secondo il metodo filo- sofico: sono i suoi commenti di Aristotele e un modesto numero di opuscoli; ma ciascun opuscolo ci permette di apprendere solo un frammento del suo pensiero e i commenti ad Aristotele, costretti a seguire un testo oscuro, ci consentono di intravedere solo imperfet- tamente ci che sarebbe potuta essere una Somma della filosofia te- mistica organizzata dallo stesso san Tommaso con la lucida genialit che regge la Somma di tcologit?. E ve ne poi una seconda, di cui la detta Somma l'espressione pi compiuta, che contiene la sua fi- losofia dimostrata secondo i pn.ncpi della dimostrazione filosofica e presentata secondo 1' ordine della dimostrazione teologica. Rimar- rebbe quindi da ricostruire una filosofia tomistica ideale prendendo 56 Contra_ genti/es, Il, 4. ,-., In senso contrario, si veda]. Le Rohellec, in Revue Thomiste 21 (1913 ), p. 449; P. Mandonnet, in Bulletin Tbomiste l (1924), pp. 135-136; J. De Ton- qudec, La critiqt1e de la connaissance, (Les principes de la philosophie thomiste) Beauchesne, Paris 1 9 2 ~ pp. X-Xl. Queste ultime obiezioni mostrano chiaramente dove sta il malinteso: Attaccarsi seiVilmente (sic) a questo ordine (se. quello delle Somme) non cenamente esporre la /iloso/Ul, quale san Tommaso l'ha concepita>>. D'accordo, ma sicuramente esporre la sua filosofia nd solo modo in cui lui stesso l'ha esposta. Quanto a dire che nelle Somme, l'ordine seguito per gli sviluppi filo- sofici a loro esterno: noi1 li concerne, equivale a dimenticare che il problema sa- pere se questi non lo riguardano. Infine, il padre De Tonqudec argomenta come se la filosofia di san Tommaso dovesse essere esposta in maniera tale che un princi- piante potesse apprendervi la filosofia. Ci non pi necessario di quanto lo sia per esporre la filosofia di Cartesio, di Spinoza o di Kant Certo., l'impresa legittima, ma un'introduzione storica alla filosofia di san Tommaso .non un manuale di filo- sofia; e non neppure un manuale di filosofia tomistica; dovrebbe essere quindi giustificabile seguire l'ordine stesso che ha seguito san Tommaso d'Aquino. 37 Natura della filosofia tomista in questi due gruppi di opere ci che di meglio contengono e ridi- stribuendone le dimostrazioni di san Tommaso secondo le esigenze di un nuovo ordine. Ma chi oser tentare questa sintesi? Chi garan- tir che l'ordine della dimostrazione cos adottato sar quello stesso che il genio di san Tommaso ebbe a scegliere e a seguire? Chi ci as- sicurer, soprattutto, che cos procedendo non ci lasceremo scappa- re ci a cui san Tornmaso teneva forse soprattutto: la prova tangibi- le del beneficio che la filosofia trova nell'integrarsi, in qualit di ri- velabile, alla teologia; la gioia infine di una ragione che dissena se condo l'ordine stesso in cui le Intelligenze contemplano, grazie alfi. lo conduttore offertole dalla rivelazione? La prudenza storica non una virt disprezzabile per chi fa il lavoro dello storico. Ma qui si ttatta di qualcosa di ulteriore. La vera questione sapere se possi- bile sradicare, senza distruggerlo, un pensiero filosofico dal contesto che lo ha visto nascere e farlo vivere al di fuori delle condizioni sen- za le quali non sarebbe mai esistito. Se la filosofia di san Tornmaso si costituita come rivelabile, lo sia nel rispettame la natura sia nel- l'esporla secondo l'ordine del teologo. Non risulta del resto in alcun modo che la verit di una filosofia disposta secondo quest'ordine sia subordinata a quella della fede, la quale, fin dal suo punto di partenza, fa appello all'autorit di una ri- velazione divina. La filosofia tomistica un insieme di verit rigoro- samente dimostrabili e trova giustificazione, in quanto precisamente filosofia, dalla sola ragione. Quando san Tommaso parla in qualit di filosofo, sono in causa solamente le sue dimostrazioni, e poco im- porta se la tesi che egli sostiene appaia nel punto che le assegna la fe- de, poich egli non fa mai intervenire, e ci richiede di non farla mai intervenire, quest'ultima nelle prove di ci che considera come di- mostrato razionalmente. Resta quindi tra le asserzioni delle due di- scipline, anche quando vertono sul medesimo contenuto, una stret- ta distinzione formale, che si fonda sulla eterogeneit dei prinpi della dimostrazione; tra la teologia, che situa i suoi principi negli ar- ticoli di fede, e la filosofia, che domanda alla sola ragione quello che ci pu fare conoscere circa Dio, v' una differenza di genere: theo- logia quae ad sacram docirinam pertinei, differi secundum genus ab il- la theologia quae pars philosophiae ponitu,S 8 E si pu dimostrare che 58 Summa Jheologi{le, I, l , l, ad 2m [tr. it. p. 44: ... la teologia che fa parte della 38 n quadro dottrinale questa distinzione di genere non stata posta da san Tommaso co- me un principio ineffkace di cui non si debba pi tenere in conto una volta che lo si riconosciuto. L'esame della sua dottrina, guar- data nel suo significato storico e comparata alla tradizione agosti- niana di cui san Bonaventura era il pi illustre rappresentante, mo- stra di quali profondi rimaneggjamenti, di quali trasformazioni in- credibilmente ardite egli non abbia esitato a prendersi la responsa- bilit per soddisfare le esigenze del pensiero aristotelico, ogni volta che le giudicava identiche alle esigenze della ragione5 9
in questo che consiste per l'appunto il valore propriamente fi- losofico del tomismo ed ci che ne fa un momento decisivo nella storia del pensiero umano. Pienamente cosciente di tutte le conse- guenze che un tale atteggiamento comporta, san Tommaso accetta simultaneamente, e ciascuna con le sue proprie esigenze, la sua fede e la sua ragione. ll suo pensiero non mira a operare, nel modo pi economico possibile, una conciliazione superficiale dove prendono posto le dottrine che pi facilmente si accordano con l'insegna- mento tradizionale della teologia, esso vuole che la ragione sviluppi il suo specifico contenuto in tutta libert e che manifesti integral- mente il rigore delle sue esigenze. La filosofia che insegna non fi- losofia in quanto cristiana, ma egli sa che quanto pi la sua filosofia sar vera tanto pi sar cristiana, e quanto pi sar cristiana, tanto pi sar vera. Per tale ragione, d'altro canto, la vediamo ugualmen- te libera nei confronti tanto di Agostino quanto di Aristotele. Al po- sto di seguire passivamente la corrente tradizionale dell'agostinismo, egli elabora una nuova teoria della conoscenza, sposta le basi su cui poggiavano le prove dell'esistenza di Dio, sottopone a una nuova critica la nozione della creazione e fonda o riorganizza completa- mente l'edificio della morale tradizionale. Ma, al posto di seguire passivamente l'aristotelismo di Aristotele, ne fa ovunque vacillare le strutture e lo trasforma caricandolo di un nuovo significato. Tutto il sacra dottrina, differisce secondo il genere, dalla teologia che rientra nelle discipli- ne filosofiche) . ' 9 Abbiamo sviJuppato questo punto nei nostri tudes de philosophzi! mdivale, (Puhlications de la Facult des Lettres de l'Universit de Sttashourg, 3) Com.mis sion des publications de la Facult des Lettres. Palais de l'Universit, Stt:asbourg 1921: La signi/ication historique du thomisme, pp. 95-124. 39 Natura della filosofia tomisra segreto dd tomismo sta qui, in questo immenso sforzo di onest in- tellettuale per ricostruire la filosofia su di un piano tale, che il suo accordo di fatto con la teologia apparisse come la necessaria conse- guenza delle esigenze della ragione stessa e non come il risultato ac- cidentale di un semplice desiderio di conciliazione. Tali ci sembrano essere i contatti e Ja distinzione che si stabili- scono tra ragione e fede nd sistema di san Tommaso d'Aquino. Esse non possono n contraddirsi, n ignorarsi, n confondersi; la ragione avr un bd giustificare la fede, ma non la trasformer mai in ragione, perch nd momento in cui la fede sar capace di ab- bandonare l'autorit per la dimostrazione, cesser di credere per sa- pere; e la fede avr un bd muovere dall'esterno o guidare dall'in- temo la ragione, tuttavia la ragione non cesser mai di essere se stes- sa, perch nd momento in cui rinunciasse a fornire la prova dimo- strativa di ci che avanza, si rinnegherebbe e sparirebbe immedia- tamente per fare posto alla fede. quindi la stessa inalienabilit dd- le loro proprie essenze che permette loro di aiutarsi vicendevol- mente senza contaminarsi; ma noi non viviamo in un mondo di es- senze pure, e la complessit di questa scienza concreta, che la teo- logia, pu includerle, l'una e l'altra, ordinandole all'unit di un so- lo e medesimo fine. Divenendo rivdabile, la filosofia non abdica per niente alla sua razionalit essenziale, anzi ne deva l'uso alla sua perfezione ultima. Si comprende come, guardato sotto questo aspetto e quale disci- plina che conosce da quaggi tutto ci che di Dio pu concepirne la ragione naturale, lo studio della sapienza filosofica appaia a san Tommaso una scienza divina. Aristotde lo aveva gi detto, ma san Tommaso lo ridice in un senso tutto nuovo. Ricondotta da lui stesso sul piano dd rivdabile, essa partecipa oramai degli attributi della Sapienza teologica, della quale san Tommaso ci dice che al con- tempo la pi perfetta, la pi sublime e la pi utile delle conoscenze che l'uomo possa acquisire in questa vita. La pi perfetta, perch nella misura in cui si dedica allo studio della sapienza, l'uomo par- tecipa da quaggi alla vera beatitudine. La pi sublime, perch l' uomo sapiente si avvicina un pochino alla somiglianza divina, aven- do Dio fondato tutte le cose in sapienza. La pi utile, perch essa conduce al regno eterno. La pi consolante, perch, secondo la pa- rola della Scrittura (Sap 8,16), la sua conversazione non ha nulla di 40 n quadro dottrinale amaro n la sua frequentazione nulla di triste; non si trova in essa al- tro che piacere e gioia6. Senza dubbio, certi spiriti, toccati unicamente e soprattutto dal- la certezza logica, contesteranno volentieri l'eccellenza della ricerca metafisica. A investigazioni che non si dichiarano del tutto impoten- ti anche in presenza dell'incomprensibile, essi preferiscono le dedu- zioni certe della fisica o delle matematiche. Ma la conoscenza non dipende solo dalla sua certezza, ma anche dal suo oggetto. Agli spi- riti tormentati dalla sete del divino, si offriranno invano le cono- scenze pi cene che riguardano le leggi dei numeri o la disposizione dell'universo. Tesi verso un oggetto che sfugge alla loro presa, essi si sforzano di sollevare un lembo della tela, troppo felici di percepire, a volte anche tra fitte tenebre, qualche riflesso della luce eterna che li illuminer un giorno. A costoro sembrano pi desiderabili le mi- nori conoscenze che riguardano le realt pi alte rispetto alle cer- tezze pi complete che riguardano gli oggetti minori 61 . Raggiungia- mo qui il punto dove si conciliano l'estrema sfiducia nella ragione umana, il disprezzo stesso che talvolta san Tommaso le testimonia, con il gusto cos vivo, che conserver sempre, per la discussione dia- lettica e per il ragionamento. n punto che, quando si tratta di rag- giungere un oggetto, che la sua stessa essenza rende inaccessibile, la nostra ragione si rivela impotente e carente da ogni parte. Di questa insufficienza nessuno fu mai persuaso pi di san Tommaso. E se, malgrado tutto, egli applica instancabilmente questo debole stru- mento agli oggetti pi elevati, perch anche le conoscenze pi con- fuse, e quelle che a malapena meritano il nome di conoscenze, ces- sano di essere spregevoli quando hanno per oggetto l'essenza infini- ta di Dio. Ed ecco che noi ricaviamo le nostre gioie pi pure e pi profonde da povere congetture, da paragoni che non siano total- mente inadeguati. La felicit somma dell' uomo quaggi quella di w Contra genti/es, r, 2. 61 Summa theo/ogiae, I, l, 5, ad 1m. lhid. r.n, 66, 5, ad 3m. Super librum de CIJUsis, lect. 1, in Opuscula omnia, ed. P. Mandonnet, t. J, p. 195 [cfr. nell'ed. critica di H.- D. Saffrey, cit., e nell'ed. C. Pera, cit., p. 4, Prooemium, 5, e la tr. it. di C. D'Ancona Costa, cit., p. 168]. Cfr. Aristotde, De partibus anima/ium, I, 5 [644 b 32-34; tr. it. di M. V ~ g e t t i Laterza, Bari 1973, p. 21), tradotto e commentato da Andr Brmond, Le di/etnme arislotlicien, G. Beaucbesne, Paris 1933 [<<Archives de Philosophie 10/2 (19331934)), pp. 14 15. 41 Natura della filosofia tomista anticipare, per quanto confusamente, la visione faccia a faccia con l'Essere. 2. Il filoso/o e il credente Una filosofia anzitutto un filosofo e questa evidenza non cam- bia quando il filosofo anzitutto un teologo. Non si comprende ve- ramente il tomismo fintantoch non vi si sente in esso la presenza dello stesso san Tommaso, o meglio di fra Tommaso prima di diven- tare un santo festeggiato nel calendario, ossia dell'uomo con il suo temperamento, il suo carattere, i suoi sentimenti, i suoi gusti e per- sino le sue passioni. Perch una almeno ce l'ha avuta. A livello della natura umana pura e semplice Tommaso ebbe la passione dell'intel- ligenza. Noi tutti sappiamo che l'uomo un animale ragionevole, ma, detto questo, non ci pensiamo pi. scontato, e non se ne par- ler pi. Se lo stupore l'inizio della filosofia, si pu anche dire che que- sta fu invece per san Tommaso lo stupore primo e fondamentale, ori- gine di tutti gli altri, quello da cui, si pu veramente e letteralmente dire, non si riprese mai. Che vi siano degli esseri intelligenti e, come egli dice, degli intelletti, fu sempre per lui un'occasione di meravi- glia. Non si fa un passo avanti nella sua dottrina se si perde di vista che il suo autore vive in una ammirazione perpetua dell'essere dota- to di intelligenza e di ragione. Sa che gli stessi filosofi se ne stupiva- no, e di quest'ultima cosa perlomeno non prova nessuna sorpresa. Ritiene, invece, naturale che Aristotele abbia concepito l'intelletto agente come qualcosa quasi di natura divina e che Alessandro di Mrodisia, Avicenna e Averro ne abbiano fatto, ciascuno a suo mo- do, una Sostanza separata a cui l'uomo pu s partecipare ma che non pu possedere. Si stupisce ancora meno che sant'Agostino ab- bia fatto di Dio il Sole degli spiriti, e neppure che, con un artificio pi ingegnoso che solido, alcuni allievi cristiani di Aristotele, tra cui il vescovo Guglielmo di Parigi, abbiano insegnato che l'intelletto agente sia lo stesso Dio. Egli invece pensa diversamente, ed pro- prio di qui che nasce in lui la meraviglia: che l'intelletto sia propria- mente quello dell'individuo che lo possiede e per suo tramite cono- sce, fin troppo bello per essere vero. Ci dev'essere sotto un miste- 42 n filosofo e il credente ro, e si vedr che questo fatto, apparentemente cosi semplice, na- sconde in realt il mistero dei misteri, poich la ragion d'essere del- la creazione dell'uomo , per l'uomo, il primo di tutti i m i s t r i ~ e poi- ch la sua sola chiave rappresentata dalla sua natura di sostanza in- tellettuale. Segnaliamo alcuni esempi di questo alto rispetto per l'intelligenza negli scritti di san Tommaso. Quello che appare pi esteriormente forse l'ammirazione profonda, persino affettuosa, che prova sempre nei confronti dei grandi filosofi- ista praeclara in- genia -, ma in maniera del tutto particolare di Aristotele. diventa- to difficile ritrovare questo sentimento da parte di coloro che, pi scienziati che filosofi, vedono in lui solo il rappresentante di una astronomia e di una fisica sorpassate. Tuttavia, a meno non si creda- no, come fece Cartesio per le matematiche, quasi gli unici creatori di tutta la scienza moderna, coloro che ritengono Aristotele pedante devono almeno comprendere quale alta testimonianza rendono i suoi scritti al meraviglioso potere dell'intelletto umano. Proprio que sto san Tommaso vedeva all'opera, e a questo rendeva omaggio, nel- l' enciclopedia del Filosofo. Un secondo segno di questo stesso rispetto per l'eminente digni- t dell'intelletto che, tra tutti gli esseri che la nostra esperienza sen- sibile ci fa conoscere, solo l'uomo ha come capacit a lui propria la contemplazione della verit. ci che si legge in Contra gentiles, m, 37: <<Haec enim sola operatio hominis est sibi propria, et in qua nul- lo modo aliquod aliud communicat (Quest'ultima attivit l'unica propria dell'uomo e non ne partecipa affatto nessun altro animale). Un terzo segno che, secondo san Tommaso, partecipare alla co- noscenza intellettuale fa dell'uomo un essere spirituale paragonabi- 1e alle creature pi alte a cui Dio abbia dato forma. L'uomo un composto di anima e corpo, l'angelo un puro spirito e, a questo ti- tolo, pi perfetto dell'uomo. Gli angeli sono degli spiriti pi nobi- li di noi, tuttavia anche noi siamo degli spiriti, e anche Dio spirito. La conoscenza intellettuale quindi veramente la sola operazione che si incontra al medesimo tempo in Dio, negli angeli e nell'uomo; l'unica, ma loro comune: hoc tantum de operationibus huma- nis in Deo et in substantiis separatis est (tra tutte le attivit umane, questa soltanto si trova anche in Dio e nelle sostanze separate) 62 Si 62 Questi testi si trovano in Contra genti/es, m, 37 [tr. it. cit., pp. 625-626]. 43 Natura della filosofia tomista ricordato con forza che pericoloso concepire l'uomo come una sorta di angelo leggermente inferiore. Infatti l'uomo una sostanza intellettuale, l'angelo un intelletto. Non bisognerebbe tuttavia di- menticare anche che l'uomo, l'angelo e Dio formano nel pensiero di san Tommaso un gruppo distinto da tutto il resto, proprio perch sono dotati di conoscenza intellettuale, e perch sono i soli ad esser- lo. Pur con una sistemazione dottrinale diversa, il tomismo resta qui fedele allo spirito dell'agostinismo: non ammette nessuna sostanza intermedia tra l'uomo e Dio; non v' nulla di pi grande del pensie- ro razionale, eccetto Dio: nihil subsistens est maius mente rationa- li, nisi Deus 63 La nozione dell'uomo fatto a immagine di Dio rice- ve qui tutto il suo senso. La nozione di immagine al centro dell'antropologia tonstica, ivi compresa la sua epistemologia, cos come quella dell'essere il cuore della sua metafisica. Questa non una sua innovazione. Qui, come altrove, non fa che rinnovare una tradizione e fare fruttare un'eredit. La teologia occidentale gli trasmette l'insegnamento di sant' Agostino 64 e di san Bernardo di Clairvaux; la teologia orientale gli trasmette quello di Dionigi l'Areopagita, di Gregorio di Nissa e dei grandi Cappadoci. Ci che, salvo errore, risulta nuovo nella teo- logia tomistica circa l'immagine, l'interpretazione teoca della no- zione, con la conseguenza che ne risulta: riavvicinare pi stretta- mente che mai l'essenziale parentela dell'uomo con Dio. L'espressione che usa san Tommaso, e che riprende con insisten- za, che l'uomo e Dio sono, in un certo senso, della medesima spe- de. In quale senso vero ci? Per definire un essere, gli si assegna un suo genere e una sua differenza specifica. Questa seconda si prende dalla differenza ultima, ossia quella che specifica l'oggetto come appartenente a tale specie e a nessuna altra. Nel caso dell'uo- mo questa differenza ultima la ragione. D'altra parte, v' anche una rassomiglianza specifica tra l'immagine e il suo modello. Questo non vero per ogni similitudine. Per esempio, l'uomo , al pari di Dio, e a questo titolo gli assomiglia, ma non ne immagine pi di quanto 63 Summa lheologiae, I, 16, 6, ad 1m [tr. it. cit. , p. 120: nessun essere concreto superiore allo spirito intelligente, all'infuori eli Dio). 64 Agostino, De diversis quaestiooibus ocloginla tribus, q. 51, citato da san Tomma- so, Summa lheo/ogiae, J, 93, 2 resp. 44 n filosofo e n credente non lo siano gli altri esseri. Inoltre, l'uomo vive, e anche in questo assomiglia a Dio, ma questa rassomiglianza a Dio, bench essa sia pi prossima a lui, ugualmente comune -ad altri esseri viventi; essa non fa dell'uomo una immagine di Dio. Per trovare proprio questa necessario spingersi fino alla differenza ultima che fa dell'uomo una specie distinta nel genere animale. E, qui, come si detto, ne ri- sulta l'intelligenza e la conoscenza razionale. I.:uomo fatto a im- magine di Dio perch sia l'uomo sia Dio sono intelligenti 65 . Si dice correttamente a immagine, perch la sola vera e propria immagine di Dio generata e non creata, il Verbo, Immagine in s e perfetta del Padre. I.:uomo non fa che avvicinarsi al suo modello divino, che anche sua causa e suo fine, in quanto, alla sua maniera e secondo un suo grado, egli stesso una sostanza intellettuale. Non v' dunque tra l'uomo e Dio comunanza di essere, e neppure comunanza di spe- cie (perch Dio non incluso in una specie), ma per via della sua specie che l'uomo l'immagine di Dio. quanto san Tommaso esprime quando dice che c' una similitudo speciei tra l'uomo e Dio 66 Cos intesa, la somiglianza d'immagine esprime, non un'unit 65 Agostino, De diversis quaeslionibus octoginla tribus, q. 51, citato da san Tomma- so, Summa theowgiae, 1, 93, 2, resp. 66 ... in sola creatura rationali invenirur sirn.ilitudo Dei per modum imaginis ... Id autem in quo creatura rationalis excedit alias creaturas, est iotellectus sive mens ... Imago enim repraesentat secundum similirudinem speciei, ut supra (a. 2) dictum est ... Nam quantum ad similitudinem divinae naturae pertinet, creaturae rationales videntur quodammodo ad repraesentationem speciei pertingere, inquontum imi- taotur Deum non solum in hoc quod est et vivi t, sed etiam in hoc quod intelligir, ut supra dictum est:, Summa theologiae, l, 93, 6, resp. [tr. it. pp. 220-222: Soltanto ndla creatura ragionevole essa si trova come immagine ... Ora la creatura ragione- vole supera le altre creature per l'intelletto o mente ... Infatti l 'immagine rappre- senta una cosa con una somiglianza di specie come si visto ... Per quanto riguar- da la somiglianza con la natura divina, le creature ragionevoli arrivano in qualche modo a una imitazione secondo la specie, in quanto imitano Dio non solo nell'es- sere end vivere, ma anche nell' intendere, come abbiamo visto); ad ratiooem ima- ginis pertinet aliquis repraesentatio speciei, op. cit., I, 93,7, resp. [tr. i t. l? 226: La nozione di immagine, come si visto, richiede un3 qualche imitazione secondo la specio>); imago importat similitudinem utcumque pertinentem ad speciei reprae- sentotionem, op. cii. , 1 1 93, 8, resp. [tr. it., p. 230: l'immagine esige uno somi- glianza, che giunge in qualche modo a rappresentare la specio>]; notare le clausole attenuanti: quodammodrJ, aliqualis, utcumque. Non si tratta infatti se non di una unit di somigljanza di specio>. 45 Natura della filosofia tomista dell'essere, ma un'unit del modo d'essere, ossia un'unit qualitati- va67. Queste nozioni sono cos poco comuni da essere state spesso dimenticate, anche dagli interpreti di san Tommaso d'Aquino. Bisogna riconoscere che esse sono abbastanza sottili. Lo in modo particolare la pi importante, perch richiede che ci si raffiguri un rapporto dell'uomo con Dio tale che l'uomo, per la stessa specie che gli propria (animale razionale), assomigli a Dio, il quale invece non appartiene a nessuna specie. Si avr ampia occasione di vedere che sempre cos, perch tutti i rapporti sono tra le cose e Dio, non vi- ceversa. Questo genere di rapporti pensabile ma non rappresenta- bile; tuttavia essenziale pensarlo, perch questa somiglianza spe- cifica>> dell'uomo a Dio esattamente, per san Tommaso, il senso della parola divina: Faciamus hominem ad imaginem et similitudinem hostram (Gn 1,26). Ogni creatura a somiglianza della sua causa, l'uomo solamente a sua immagine; l'intelletto l'immagine stessa di Dio in lui. Di qui si scoprono molteplici verit al riguardo. Tutta l' episte- mologia e tutto l'intellettualismo di san Tommaso trovano qui la lo- ro sorgente e la loro giustificazione. Spesso gli sono rimproverati co- me tracce di paganesimo, di naturalismo e di mancanza di spirito re- ligioso. Al contrario, san Tommaso non concepisce nulla di pi alto, perch vede nell'intelletto il marchio impresso da Dio sulla sua im- magine: Signatum est super nos lumen vultus tui Domine (Sal 4,7). Questa citazione esprime per san Tommaso il senso preciso dell'af- fermazione che l'uomo a immagine di Dio. Egli si spinge talmente in questo senso che, in una di quelle sottolineature fatte incidental- mente ma che vanno tuttavia in fondo alle cose, il Dottore comune arriva a dire persino che i principi della ragione ci sono naturalmen- te innati, perch Dio l'autore della nostra natura, ricavando di qui questa sbalorditiva conseguenza: che la sapienza divina possiede questi Davvero conseguenza sbalorditiva, a pensarci be- ne, ma ci si pensa? Ogni conclusione vera conosciuta dall'uomo garantita nella sua verit dal notevole fatto che i principi da cui il no- stro intelletto la trae, o che la garantiscono, si trovano gi nel pen- 67 Unum in qualitate similirudinem ca.usat, Summa theologiae, r, 93, 9. Cfr. In v Melaphysicorum, lect. 17 [edd. Cathala-Spi.azzi, pp. 266-269]. 68 Contra genJiler, l , 7 [tr. t. cit., p. 72]. 46 n filosofo e il credente siero di Dio. La sua sapienza garantisce i principi della nostra: haec ergo principz etiam divina sapientia continet. La verit della scienza e della filosofia trova quindi in Dio il suo fondamento ultimo. Ci spiega il sorprendente passo del commento al Libro di Giobbe, dove questo santo personaggio, esasperato dai mali che lo provano, improvvisamente esclama: Voglio discuterne con Dio. Non v' commentatore moderno che non si sorprenda davanti a questo cum Deo disputare cupio. Che audacia! - si pensa -, a meno che non fosse solo un semplice modo di dire. Ma, per l'esattezza, non lo era. San Tommaso dapprima richiama il comune sentire no- tando che l'esclamazione di Giobbe sembrava indebita, come lo sa- rebbe una discussione dell'uomo con Dio, la cui perfezione lo di- stanzia cos tanto dalla sua creatura: Videbatur autem disputarlo hominis ad Deum esse indebita propter excellentiam qua Deus ho- minem excellit>>. Ma, aggiunge altres il commentatore: <<l'inegua- glianza tra gli interlocutori non compromette per nulla la verit di ci che dicono; se ci che uno dice vero, nessuno pu avere ragio- ne su di lui, qualunque sia il suo oppositore durante la discussione. Notiamo questo rilevante principio: cum aliquis veritatem loquitut; vinci non potest, cum quocumque dispute/> 9 . Senza forzare queste af- fermazioni oltre quello che il loro contesto autorizza, difficile non sentire il clima di fiducia e di ammirazione che le stesse creano at- torno alla ragione. San Tommaso le ha dedicato una sorta di culto. La parola non eccessiva, poich ciascuna delle tesi che abbiamo appena visto ba per effetto di sottolinearne l'origine divina, la rasso- miglianza divina, il privilegio che essa possiede di creare una sorta di parentela tra l'uomo, l'angelo e Dio. Per calarsi nello spirito del to- mismo, bisognerebbe in primo luogo riuscire a prender parte a que- sta meraviglia che prov sempre san Tommaso davanti a una ragio- ne la cui verit abbastanza sicura di s da osare affermarsi al co- spetto di Dio stesso, perch i principi a cui si richiama sono gli stes- si nella creatura e nel Creatore. Non si pu immaginare espressione pi sorprendente della fiducia nel potere della ragione. A dire il vero, c' tuttavia, nel pensiero di san Tommaso, una fi- 69 In Iob, cap. 13, lect. 2, ed. S.E. Frett, Vivs, Paris 1871-1880, vol. XVIII, p. 90 [ed. leon., Exposilio super Iob ad litteram, cap. xm, 288-290, t. 26 (1965), p. 87]; i passi della Scrittura in particolare esaminati sono Gb 13,3 e 13-22. 47 Natura della filosofia tomista ducia ancora pi assoluta, quella che egli attribuisce alla verit della fede. Sicuramente, la fede manca della evidenza razionale propria al- le certezze della scienza e della filosofia. I.: intelligenza non d assen- so alle verit della fede se non sotto la mozione della volont che si sostituisce qui alla mancanza di evidenza. La fede , in se stessa , una conoscenza inferiore a quella della ~ o n e prova ne che essa de- stinata ad annullarsi un giomo nella visione di ci che oggi afferma senza vederlo. Non immaginabile una beatitudine celeste che con- sista in un genere di conoscenza come quella offerta dalla fede 70
Tuttavia, quali che ne siano i motivi, essa in fondo partecipa alla in- crollabile certezza della verit divina alla quale aderisce. Se il cre- dente sa perch crede, si sa partecipe alla certezza della conoscenza che Dio ha di se stesso. Qualunque sia la fiducia dell'uomo nella evi- denza della ragione, quella che ne ba nell'evidenza della scienza di- vina non pu che essere ancora pi ferma. Senza dubbio, egli non la vede, ma poich aderisce alla visione che ne ha Dio, la certezza che ne ha, ancora pi ferma eli quella che riconosce ai principi primi della ragione: magis enim ftdelis et finnius assentii bis quae sunt /idei quam etiam pnmis principiis rationis 11
Qual l'oggetto di questa conoscenza di fede? Essenzialmente, la verit rivelata da Dio agli uomini al fine di petmettere loro di rag- giungere il loro fine ultimo, la beatitudine: <<illud proprie et per se pertinet ad obiectum fidei, per quod homo beatitudinem consequi- tu.r>>72Cal. Questa beatitudine la visione beatifica, cio la visione di Dio faccia a faccia per Fetemit. La sproporzione tra l'uomo e Dio tale che gli stessi filosofi greci non hanno saputo concepire la pos- sibilit di questo destino dell'uomo. L'idea senza dubbio sarebbe sembrata loro irragionevole. Forse aspiravano a questa beatitudine confusamente e senza saperlo, ma sapevano molto bene che essa era 70 Contra genti/es, m, 40: Quod felicitas h umana non consistit in cognitione Dei quae habetur per fidem [tr. it. cit., p. 631: La felicit umana non consiste nella conoscenza di Dio che si pu avere dalla fede). 71 In 1 Sent., Prolog., q. l, a. 3, qc. 3, sol. 3 [tr. i t . cit., vol. l (2001), p. 147: infatti il fedde d l'assenso alle cose della fede ancora pi fermamente che ai principi dd- la ragione). 72(a) [S h 1 - 2 7 96 .:l dis bil umma l eo,ogtae, 11-rr, , , resp., tr. tt. et., p. . <W mezzo m pensa e all'uomo per raggiungere la beatitudine appartiene propriamente ed essenzialmen- te all'oggetto della fedo>). 48 n filosofo e il credente inaccessibile alle forze della natura umana, e, siccome la nozione di un ordine soprannaturale cristiano era loro sconosciuta, parve loro poco saggio aspirarvi. n fine della rivelazione rendere questa bea- titudine divina accessibile all'uomo rivelandogli la conoscenza so- prannaturale che la sola ragione non saprebbe scoprire 72 Cb). In quale senso la rivelazione ci mette in possesso di una cono- scenza soprannaturale? Come abbiamo appena detto, essa un inse- gnamento santo - sacro, religioso -in primo luogo nel senso che vie- ne da Dio, in secondo luogo e conseguentemente, per il fatto che, in- vece di consistere in certezze conosciute nella luce della ragione na- turale, che quella propria del nostro spirito, la rivelazione comuni- ca, in linguaggio umano, qualche cosa della conoscenza che Dio ba di se stesso. Io non vedo da me stesso la verit di ci che credo, ma, sot- to la mozione della volont che supplisce all'evidenza assente, il mio intelletto d assenso alla verit su Dio che Dio stesso conosce e che mi comunica attraverso la sua parola in modo oscuro, enigmatico, co- me un riflesso. Proprio perch io so che l'oggetto del mio assenso una visione divina della verit, o meglio la stessa verit divina, la certezza della fede in me molto pi solida di quella della scienza. Io sono anche molto pi certo della verit che Dio sa di quanto lo pos- sa essere di qualsiasi verit umana, compresa l'evidenza dei principi. Questo carattere santo o sacro della conoscenza di fede la pone in un ordine a parte rispetto a quello della filosofia. Anche i filosofi hanno una teologia; la chiamano pure scienza divina, in quanto il suo oggetto Dio, ma Dio in quanto risposta alle domande che la ragione si pone riguardo al mondo e come prima causa conosciuta alla luce naturale dell'intelligenza. La teologia del teologo cristiano completamente differente. Ne differisce, non semplicemente di una differenza specifica - come fosse una specie differente da un'altra specie di teologia in seno comunque a un medesimo genere che le conterrebbe entrambe- ma di una differenza di genere. Va ricorda- to ora che la differenza che intercorre tra un genere e un altro gene- re estrema: ci che si predica di due oggetti genericamente diffe- renti l'oggetto di una predicazione per nulla univoca, e neppure analoga, ma equivoca. Vale a dire che il Dio di cui parlano i due teo- logi specificamente differente. 72 <bl Summa theo/agiae, n-n. 2, 4, ad 1m. 49 Natura della filosofia tomista La teologia di Aristotele pu ben chiamarsi una scienza divina, e lo effettivamente, ma lo solo per il suo oggetto; nella sua sostan- za, essa rimane una conoscenza umana della divinit, una humana doctrina de Deo, non una sacra iloctrinat ossia partecipazione nel- l'uomo, per il tramite della fede, della scienza che Dio ha di Dio. Ricordiamolo; theologia quae ad sacram doctrinam pertinet, differt secundum genus ab illa theologia quae pars philosophiae ponitur>> 73 _ Una conseguenza immediata dello stesso principio concerne la natura della medesima teologia filosofica. Semplice conoscenza di Dio operata dall'uomo, essa non eleva l'uomo al di sopra di se stes- so, non ha nessuna utilit per la salvezza. Questo vero per ogni co- noscenza relativa a Dio. Quale ne sia l'oggetto, naturalmente acces- sibile alla ragione naturale (il revelabile) o trascendente la ragione (il revelatum}t la teologia filosofica, che il coronamento della metafi- sica, resta essenzialmente umana sia nella sua origine sia nel suo con- tenuto. Ecco perch, dal punto di vista della salvezza, necessario credere tutte le ve.rit relative a Dio, anche quelle che pu conosce- re la ragione. Nessuna speculazione puramente razionale ce le pu far conoscere nella maniera con cui devono essere conosciute affin- ch la loro conoscenza sia mezzo di salvezza. Questo punto occasione di innumerevoli malintesi. San Tommaso insegna, secondo verit, che impossibile sapere e crede- re la stessa cosa, contemporaneamente e sotto il medesimo rispetto. Ma, effettivamente, ci che so e ci che credo non mai identica- mente la stessa cosa e non mai conosciuto sotto il medesimo ri- spetto. Supponiamo che un filosofo abbia dimostrato l'esistenza di un Primo Motore Immobile; per il fatto che sa che questo essere esi- ste, non pu pi credere nella sua esistenza. Ma se Dio rivela all'uo- mo la sua esistenza, egli non rivela l'esistenza di un primo motore immobile, ma ci istruisce personalmente egli stesso della sua propria esistenza e ci permette di partecipare, attraverso la fede, alla cono- scenza che lui stesso ha di se stesso. Si capisce perch san Tommaso parla qui di generi distinti; la loro differenza non di grado, bens di ordine, ed tale che non si possa passare dall' uno all' altro sempli- n Summa theologiae, T, l, l, ad 2m [tr. it. cil., p. 44: la teologia che fa parte della sacra dottrina differisce secondo il genere dalla teologia che rientra nelle discipline 61osofche]. 50 n filosofo e il credente cemente spingendo ognuno di essi fino al proprio tennine. Non possibile nessuna dimostrazione filosofica dell'esistenza di Yahweh n di quella di Ges Cristo Salvatore, Figlio di Dio. La Scrittura non rivela l'esistenza di un Dio, ma proprio quella del vero Dio, che si fa conoscere personalmente dall'uomo al fine di stabilire con lui e con il suo popolo un'alleanza, di cui lui solo pu prendere l'iniziativa e fissarne i termini. La dimostrazione filosofica dell'esistenza di un Dio si pu incorporare alla teologia solo nella misura in cui> attra- verso di essa, si guadagni una certa intelligenza della fede; la teolo- gia filosofca si integra all'altra come il mezzo rispetto al fine, ma la comprensione della fede rimane intelligenza, non diviene mai fede. Io so che esiste un Dio, ma credo all'esistenza di Colui che mi dice di esistere, e credo ci sulla sua parola. Credere alle verit che la fi- losofia pu, in un certo senso, dimostrare non significa credere con fede divina alle conclusioni della filosofia, il che infatti contraddit- torio e impossibile, ma significa assentire a ogni verit concernente Dio, dimostrabile o no, la cui conoscenza necessaria alla salvezza, per esempio al fatto che unico e incorporeo: <<Decesse est credere Deum esse unum et incorporeum, quae naturali ratione a philoso- phia probantur>>. E ancora: <<necessarium est homini accipere per modum fidei, non solum ea quae sunt supra rationem, sed etiam ea quae per rationem cognosci possunt 74
n problema dei rapporti tra la ragione e la fede, che ci si sforza invano di porre sempre in termini di essenze astratte, quindi incon- ciliabili per definizione, si pone a questo livello della concretezza umana. La rivelazione non una semplice spiegazione della verit salvifica, un invito alla salvezza. Dio fa ben di pi che invitare l'uomo alla beatitudine, rivdandogli i mezzi per raggiungerla con la sua autorit confermata da miracoH, ci spinge anche interiormente ad accettare il suo invito: <dlle qui credit habet sufficientem induc- tivum ad credendum; inducitur enim auctoritate divinae doctrinae miraculis confirmatae, et, quod plus est, interiori instinctu Dei in- 7 <4 Ibid. , n. n, 2, 4, s. c. [tr. it. cit., p. 86: indispensabile credere che Dio unico c immateriale, eppure queste sono verit che i filosofi dimostrano con la ragione na- turale] e resp. [tr. i t. ci t., p. 86: <<Era necessario che l'uomo accettasse per fede non soltanto le verit divine che superano la ragione, ma anche quelle che sono cono- scibili con la ragione natura! o>]. 51 Natura della filosofia tomista vitantis 75 L'atto di fede la nostra accettazione di questo invito. Questa dottrina fondata sull'insegnamento di san Paolo, Eh 11,6: Sine fide impossibile est piacere Deo; e ancora: Credere oportet accedentem ad Deum quia est, et quod inquirentibus se remunerator est (Ma senza la fede impossibile piacere: poich chi si accosta a Dio deve credere che egli esiste e diviene remuneratore di quelli che lo cercano). Non si pu accostarsi al Dio della salvezza se nel con- tempo non si crede che esiste e che ricompensa coloro che lo cerca- no. La fede nel Dio salvatore implica quindi il desiderio di cercarlo e di trovar lo. Essa desiderio, amore per il bene che la chiama. Ecco perch la presenza della fede nella comprensione ne modificher ne- cessariamente i passi, non tanto per mutarne la natura, ma per su- scitarli: Un uomo infatti che abbia pronta la volont a credere esco- gita (et super ea excogitat) e abbraccia le ragioni che riesce a trovare a tale scopo 76 Non si potrebbe pi invocare esplicitamente, in fa- vore della conoscenza teologica di Dio, ci che tanti filosofi moder- ni le rimproverano d'essere: un esercizio della ragione dominato dal desiderio di giustificare una credenza. Coloro che vogliono conser- vare il diritto di dirsi tomisri, ma cercano di eliminare dalla loro dot- trina l'influsso sulla comprensione intellettuale esercitato dalla vo- lont di comprendere la fede, si avvalgono di un titolo a cui non han- no diritto. pur vero che san Tommaso, dovendo scegliere tra esse- re filosofo o teologo, non sceglierebbe il titolo di <<filosofo, ma non questo il problema. Si tratta forse di sapere se, in qualche caso, il desiderio di comprendere ci che si crede per rivelazione di Dio possa oscurare la luce naturale della ragione? vero il contrario. Lo spirito del tomismo implica una fiducia illimitata nell'effetto benefi- co che la fede esercita sull' esercizio della ragione naturale. La fe- de, dice san Tommaso, sta in mezzo tra due cogitazioni, una delle quali inclina la volont a credere, e questa precede la fede; l'altra, in- vece, tende all'intelligenza delle cose che crede gi, e questa assie- me all'assenso della fede 77 . Non ci sarebbe autentico tomismo sen- 15 Ibid., n-n, 2, 9, ad 3m (tr. it. cit., p. 104: chi crede ba motivo sufficiente che l'invita a credere: infatti viene indotto dall'autorit della rivelazione di Dio confer- mata dai miracoli; e pi ancora dall'ispirazione interna di Dio che lo invita]. 76 Ibid., n-n, 2, 10, resp. [tr. it. cit., pp. 107-108]. 77 In T/1 Seni., d. 23, q. 2, a, 2, sol. l, ad 2m [tr. it. cit., vol. 6 (2000), p. 73]. 52 n filosofo e il credente za quest'intima simbiosi di due modi di conoscenza insieme distinti e alleati. La distinzione tra rivelato e rivela bile permane intera. Nei casi in cui l'oggetto della fede trascende le forze della ragione naturale, ri- chiesta una speciale illuminazione da parte di Dio per ottenere l'assenso dell'intelletto alla verit rivelata, ma non bisogna dimenti- care che per ogni conoscenza vera (in omni cognitione veritatis) il pensiero dell'uomo necessita del concorso dell'opera divina. Se si tratta di una verit naturalmente conoscibile, il pensiero non ha bi- sogno di una nuova luce, ma solo di essere mosso e diretto da Dio 78 . Forse non c' tesi tomista che si sia pi completamente perduta di vista durante le controversie, peraltro sterili, che si sono susseguite in relazione al rapporto tra ragione e fede nella ricerca filosofica. La distinzione fondamentale tra il rivelato e il conoscibile ha indotto a pensare che la conoscenza naturale sia completamente sottratta al- l'influsso divino. Ma nessuna operazione naturale lo , poich non ve n' una che non derivi da Dio il suo essere e la sua efficacia. In primo luogo vero, da un punto di vista filosofico, l'affermare che in lui noi abbiamo l'essere, il movimento e la vita. Se Dio muove e dirige la sua creatura, come mai anzitutto non la dirigerebbe verso di s, che il fine di tutte le cose? Una intelligenza animata dall' a- more a cercare la conoscenza di Dio scrutando il senso della sua pa- rola pu essere sicura del suo aiuto. ll teologo che esercita la filoso fia non fa che usare del suo potere di conoscere e di amare per il fi- ne medesimo in vista del quale li ha ricevuti da Dio. facile comprendere che un tale esercizio della ragione natura le, legittimo in s, non diminuisca in nulla il merito della fede in co- lui che lo pratica. Questo problema cui i suoi interpreti moderni non 78 Sic igitur in omni cognitione veritatis indigcc mens humana divina operatione; sed in naturaliter cognitis non indigec nova luce, sed S1o motu et direcrione eius: in aliis autem etiam nova illustratiooe. Et quia Boetius de talibus loquitur, ideo di- cit: quantum divina lux igniculum lloslrae mentis illustrare Jignata esi>>, In Boel. Je Trinita/e, Prooem. q. l, a. l, resp. (fine) [cfr. tr. i t. in Commenti a Boezio, cit., p. 83: Cos dunque in ogni conoscenza della verit la mente umana ba bisogno della ope razione divina; tuttavia ndla conoscenza delle cose naturali essa non ba bisogno di una nuova luce, ma solo di essere mossa e diretta, mentre nelle altre cose richiede anche una nuova illuminazione. E poich Boezio si riferisce qui a un tale genere di cose, per questo dice: "Per quanto la luce divina ... "]. 53 Natura della filosofia tomista pensano molto tuttavia la principale preoccupazione di san Tommaso in questo ordine di problemi. Noi ci inquietiamo del dan- no che la fede pu far subire alla ragione; san Tommaso si inquieta piuttosto del contrario. Se solo la conoscenza di fede meritoria, forse che non ne perder il merito nella misura in cui la conoscenza razionale prender il suo posto? In realt, sarebbe cos se la certezza razionale che acquisisco non fosse suscitata dall'amore del bene sommo. La conoscenza che desi- dero come un'intelligenza della mia fede non sicuramente pi fe- de, ma resta informata dalla medesima carit che mi faceva credere. Quando io so che Dio esiste, e lo so con una certezza tale che non potrei pi pensare che egli non esista anche se lo volessi, la mia vo- lont continua ad aderire con l'amore al Dio della rivelazione. Infatti meno che mai posso voler pensare che non esista. Cos, quando ab- biamo la volont di credere ci che oggetto di fede grazie alia sola autorit divina, anche se ci dato avere la dimostrazione di questo o quel punto, per esempio l'esistenza di Dio, il merito della fede non si trova n soppresso n diminuito: puta hoc quod est Deum esse, non propter hoc tollitur vel diminuitur meritum fidei>>7 9 Una de- scrizione quasi completa dell'intelligenza teologica : una intelligen- za desiderata dalla fede, stimolata dal desiderio che essa ha di sape- re e orientata verso la visione beatifica. In essa tutto religioso: l'origine, il mezzo e il fine. E tuttavia in essa la ragione pi che mai se stessa; non potrebbe rinunciare alle sue esigenze essenziali senza condannarsi a mancare lo scopo cui tende. Sotto questo aspetto U tomismo si presenta ome una filosofia dell'intelletto, amato e servito per se stesso. In quest'ordine, san Tommaso non mette nulla al di sopra della sapienza filosofica, amo- re della verit, cercata e voluta per se stessa quale Bene Sommo che realmente , dato che Dio la Verit. Ma il tomismo si presenta nel contempo anche come una scienza sacra, fondata sulla parola di Dio e tutt'intera tesa verso il fine ultimo dell' uomo, di cui una sorta di pegno in questa vita. Ma ci non abbastanza, perch occorre an- 79 Summa lheologiae, DU, 2, lO, ad l m [tr. it. cit, p. 108: ... anche se scopre del- le ragioni per dimostrare qualCU{la di codeste verit, p. es. , l'esistenza di Dio, oon per questo viene eliminato o sminuito il merito della fede] e 2m [ibid.: ... E quin- di il merito non viene a diminuire]. 54 n filosofo e n credente cora capire che questi due aspetti dd tomismo in realt non ne co- stituiscono che uno. Pu aiutarci solo la teologia dell'immagine. Infatti se Dio ha creato l'uomo a sua immagine dotandolo di cono- scenza intellettuale, pare in un certo senso narurale che questa co- noscenza in quanto tale metta gi l' uomo sulla via che conduce al suo fine ultimo, e che tutti i mezzi soprannaturali che Dio gli offre per raggiungere questo fine concorrano a far conseguire alla natura la suprema perfezione che essa confusamente desidera, ma che le sue sole forze non le permettono di raggiungere. In tutti gli ordini, a tut- ti i livelli, il tomismo considera la natura come voluta da Dio per il suo fine soprannaturale. In ci, come in tutto, il fine la causa delle cause, e il mondo ne ha uno solo, che Dio. Questa visione unitaria della dottrina la pi giusta. Contrariamente a quello che si potreb- be temere, proprio essa a permettere di apprezzare al meglio l'immensa attitudine della dottrina a ordinare la molteplicit degli esseri secondo le loro proprie essenze e, contemporaneamente, a si- tuarli n d posto che loro compete nell'ordine universale. Le occasio- ni di evocare questa visione non saranno rare. Solo intenzionalmen- te lo si potr evitare. 55