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INTRODUZIONE 3
TERRA 7
INTERNAZIONALE 7
2.1 L’AYLLU 20
2.6 AMAUTA 42
DEL TRABAJO 46
BIBLIOGRAFIA 51
2
INTRODUZIONE
Per comprendere l’evoluzione del Perú nei primi decenni del XX secolo, non si
può fare a meno di procedere a ritroso fino a giungere all’analisi, seppur sommaria, di
indigena, capeggiata da Rumi Maqui, che ebbe luogo tra il 1914 e il 19171. La disfatta
del Perú nella guerra comportò, dopo il trattato di Ancón (1883), la perdita territoriale
della regione di Tarapaca e delle province di Arica e di Tacna, a favore del Cile. Queste
regioni abbondavano di guano e salnitro, sulla cui estrazione ed esportazione si era fino
altri fattori che non saranno qui analizzati, condurrà, nel giro di qualche decennio, alla
sostituzione del predominio britannico con quello statunitense, sintetizzata dalle cifre
degli scambi commerciali tra il Perú e questi due grandi campioni del capitalismo: le
esportazioni verso la Gran Bretagna che nel 1898 rappresentavano il 56,7 per cento
delle esportazioni totali, passano nel 1923 a rappresentare soltanto il 33,2 per cento; per
contro, quelle verso gli U.S.A. balzano, nello stesso periodo, dal 9,5 al 39,7 per cento
del totale. Ancor più eloquenti le cifre inerenti le importazioni: nello stesso lasso di
scendono dal 44,7 al 19,6 per cento del totale; quelle dagli Stati Uniti crescono dal 10 al
1
Rumi Maqui non fu altri che Teodoro Gutiérrez, sergente dell’esercito peruviano, inviato dal presidente
Bellinghurst (1912-1914) nella regione di Puno per svolgere un’indagine sui reclami e sulle
rivendicazioni indigene che da lì provenivano. Deposto Bellinghurst dal colpo di stato di José Pardo
(1914), Gutiérrez si convinse dell’impossibilità di ricorrere a vie pacifiche e legali per la risoluzione dei
problemi degli indios; pertanto, decise di intraprendere la strada della ribellione armata. Riunendo attorno
alla sua figura migliaia di indios, riuscì a fronteggiare l’esercito per tre anni, fino a quando, nel 1917, si
perse ogni sua traccia.
3
38,9 per cento2. A questo processo di consolidamento del capitale nordamericano nel
controllo dei settori produttivi dello stato andino, emblema di un riassetto dell’alleanza
della crisi del regime oligarchico peruviano3. Si possono citare, a titolo esemplificativo,
la crescita delle esportazioni, quella delle classi medie, nonché un intenso processo di
della sconfitta nella guerra del Pacifico che non prendesse in considerazione i
Nel periodo che seguì il conflitto, proliferarono scritti di autori che sottolineavano
addirittura come un lama parlante4. Così l’esercito peruviano era ritenuto più debole di
presenza di indios in confronto con l’esercito nemico. L’indio agli occhi di molti
divenne la vera “disgrazia” del Perú5. Tuttavia, ci furono anche voci fuori dal coro. La
più importante, nonché quella che inciderà maggiormente sulla formazione di molti
giovani peruviani, fu, senza dubbio alcuno, quella di Manuel González Prada. Il
pensatore radicale, vicino all’anarchismo, diede luogo ad una serrata critica del regime
2
José Carlos Mariátegui, Sette saggi sulla realtà peruviana, Einaudi, Torino, 1972, p. 55.
3
Cesar Germanà, Il socialismo come alternativa politica, in Giovanni Casetta (a cura di) Mariátegui: il
socialismo indoamericano, Franco Angeli, Milano, 1996, p. 182.
4
S. Lorente, Pensamientos sobre el Perú republicano del siglo XIX, cit. in Alberto Flores Galindo, Perú:
identità e utopia, Ponte alle Grazie, Firenze, 1991, p. 200.
5
A. Deústua, La cultura nacional, cit. in Alberto Flores Galindo, op. cit., p. 202.
4
“con gli eserciti di indios disciplinati ma senza libertà, il Perú andrà
Per González Prada, gli indios si sarebbero potuti emancipare solo con le loro
stesse mani:
Valverde o un Areche”7.
Cosa che peraltro, nel corso dei secoli, gli indigeni avevano cercato di fare e
Tupac Amaru II (1780), si vuole fare riferimento alla sollevazione capeggiata da Rumi
Maqui. Questa viene qui considerata come simbolo dell’attivismo indio che produrrà,
nel periodo 1919-1923, nelle sole Ande meridionali, circa cinquanta sommosse8. Questo
risveglio della critica, intellettuale ma anche delle armi, inciderà sul comportamento
assunto dal presidente Leguía9 nei confronti delle popolazioni autoctone. Il nuovo
5
convengono le comunità di tutte le regioni e latitudini del Perú; instaurando rapporti
istituzionali con alcune delle associazioni indigeniste, sorte a partire dai primi anni del
rivoluzionarie, contro le quali utilizza, durante tutti gli undici anni del suo governo, il
pugno duro, dando luogo a repressioni poliziesche, censure, esili e prigionie. Gli anni
lungo tempo instaurato. Oltre agli indios danno battaglia anche operai e studenti, le cui
elaborando il suo progetto socialista José Carlos Mariátegui, rientrato nel 1923 in patria,
dopo che dal 1919 aveva viaggiato per l’Europa a causa dell’esilio cui era stato costretto
(sotto la curiosa forma di borsa di studio in qualità di propagandista del Perú). Figlio
degli accadimenti che si svolgono sulle terre peruviane in quegli anni, giungerà ad
accordare, nella propria elaborazione teorica, nonché nella propria opera organizzativa,
6
Capitolo primo
del socialismo una volta tornato dall’esilio europeo. Gli anni Venti, visti come periodo
dal momento che, come egli stesso affermerà nell’Avvertenza ai Sette Saggi11, gli
permise di ottenere quegli strumenti che lo avrebbero aiutato nella sua azione nella e
attenzione. Era difatti convinto della necessità di una profonda conoscenza della realtà
nazionale per poter giungere alla trasformazione della medesima; ciò, tuttavia, non si
accostò mai ad un disinteresse per il panorama internazionale. Fu sempre certo del fatto
che il Perú costituiva solo un tassello del complesso mosaico internazionale, così come
10
Antonio Melis, Mariátegui, primer marxista de America latina, in Antonio Melis, Leyendo Mariátegui,
Empresa Editora Amauta S.A., Lima, 1999.
11
José Carlos Mariátegui, op. cit., p. 42.
7
di analisi che principiò, in maniera assolutamente conseguente, lo condusse ad
Come abbiamo precedentemente cercato di mostrare, almeno a partire dalla guerra del
istituzionali ecc. Il problema indigeno entra, in altre parole, nella coscienza nazionale.
non consiste solo nell’identificazione del problema dell’indio con quello della terra, ma
anche nel suo inserimento al primo posto nell’agenda politica peruviana14. Esse operano
sul piano della struttura economica e non su quello delle sovrastrutture. Mariátegui
respinge, dunque, gli approcci che cercavano di pervenire alla risoluzione del problema
etnico o religioso. Contesta chi trova le radici della questione e dell’oppressione degli
indios nella triade prefetto/curato/cacicco (da alcuni ritenuta addirittura una “trinidad
12
Josè Carlos Mariátegui, Il problema prioritario del Perú, Lettere dall’Italia e altri scritti, (a cura di
Ignazio Delogu), Editori Riuniti, Roma, 1973, p. 225.
13
José Carlos Mariátegui, op. cit., p. 206
14
Diego Meseguer Illán, L’interpretazione marxista dell’America Latina, in Giovanni Casetta (a cura di),
op. cit., p. 57.
8
satánica de primer orden”15), invocando come soluzione una saggia tutela o una
fondata nel 1909, abbia svolto una funzione negativa, nel senso di aver reso chiaro a
tutti che la strada da percorrere per la risoluzione della questione era altra dall’approccio
giogo cui erano costretti, a meno di voler credere che avrebbero contribuito con le loro
stesse mani a distruggere il sistema sul quale fondavano le proprie ricchezze e il proprio
dell’istruzione: sostenitori di questa tesi erano, tra gli altri, gli anarchici che si riunivano
attorno a due riviste, Los Parias (1904-1909) e La Protesta (1912-1924). Tali riviste
sostenevano punti di vista condivisi anche da González Prada, credendo nel potere
formar profesores indígenas, para que estos vayan por pueblos, aldeas y
15
L.D. (forse Leván Delfino), La raza desgraciada, “Los Parias”, n. 23, Lima, 1906, cit. in Carlos
Arroyo, La experiencia del Comité central Pro-Derecho Indigena Tahuantisuyo,
www.tau.ac.il/eial/XV_1/arroyo.html.
16
Lévano, M. Caracciolo, Redención indígena e inmigración, “La Protesta”, n. 13, Lima, 1912, cit. in
Carlos Arroyo, op. cit., www.tau.ac.il/eial/XV_1/arroyo.html.
9
Mariátegui, pur non sottovalutando l’istruzione, dedicandole uno dei sette saggi
che compongono la sua opera più importante, ritiene che non sia una semplice questione
di scuola o metodi didattici, dal momento che il lavoro in questo campo è fortemente
condizionato dal contesto economico in cui si inserisce. È bene, inoltre, ricordare che
tanto più rilevante in quanto andava a toccare, inevitabilmente, anche altri temi oggetto
Lenin per i popoli oppressi: conseguenza di ciò era una strategia volta a perseguire,
accanto alla creazione di una repubblica operaia, quella di una indigena, fino a giungere
contadine. La posizione di Mariátegui e del PSdP (Partido Socialista del Perú), fondato
nel 1928 da Mariátegui stesso, che ne fu eletto segretario, era assai differente:
“la parola d’ordine che farà dell’indio un alleato del proletariato non
divergenze di non poco conto rispetto alle posizioni assunte dal segretario (prima fra
tutte la concezione secondo cui le masse indigene sono viste come alleato subordinato al
17
Hugo Pesce, El movimiento revolucionario latinoamericano, p. 70, cit. in Robert Paris, op. cit., p.
LXXX.
10
maggioritaria nel paese da rendere autonoma), la distanza che separa i peruviani dai
termini classisti:
L’analisi della realtà peruviana coincide in questo caso con quella dell’APRA19; si
riconosce il carattere minoritario del proletariato urbano industriale e, per contro, quello
maggioritario delle masse indigene (che costituiscono, come visto, addirittura i quattro
problema della terra risulta ancora più assoluta per ragioni specifiche.
18
José Carlos Mariátegui, Intermezzo polemico, cit. in Pier Paolo Petrini, José Carlos Mariátegui e il
socialismo moderno, Edizioni ETS, Pisa, pp. 312-313.
19
L’APRA (Alianza Popular Revolucionaria Americana) nacque nel 1924 ad opera di Víctor Raúl Haya
de la Torre. Presentatasi come una sorta di Kuomintang latinoamericano, si prefiggeva i seguenti
obiettivi: 1) Lotta contro l’imperialismo statunitense; 2) Unità politica dell’America Latina; 3)
Nazionalizzazione della terra e dell’industria; 4) Internazionalizzazione del canale di Panama; 5)
Solidarietà con gli oppressi di tutto il mondo. Nel 1928, dall’esilio in Messico, cui Leguía l’aveva
costretto, Haya deciderà la trasformazione del fronte in partito, deciso a presentarsi alle successive
elezioni presidenziali.
11
[…] La loro civiltà, nei suoi tratti predominanti, si caratterizzava come
Nella sua opera politica questa conquista assume una assoluta centralità,
portandolo a ritenere basilare per le sorti del socialismo nel suo paese il
raggiungimento, da parte di queste masse, della loro autonomia. In ciò può notarsi una
certa affinità con l’azione condotta nel Vecchio Continente da Antonio Gramsci. Il
politico nativo di Ales sviluppò, anch’egli a partire dagli anni Venti, una concezione
all’interno della quale un ruolo chiave era svolto dalle masse contadine del Sud Italia
che, alleate al proletariato industriale e contadino del Nord del paese, avrebbero potuto
sconfiggere il blocco costituito dagli industriali e dagli agrari, intraprendendo poi la via
del socialismo. L’affinità non si limita alla centralità conferita ai contadini, ma anche
alla comune considerazione dei rapporti esistenti nei propri rispettivi paesi come tipici
processi di colonizzazione interna, condotta non solo per il tramite della forza, bensì
Il fatto che Mariátegui intenda il problema dell’indio come questione di classe non
significa però che egli ignori o prescinda del tutto dalle altre dimensioni: ad esempio,
progetto, l’intellettuale peruviano riconosca l’utilità delle iniziative svolte tra gli indios
dagli indios medesimi, a causa di una indubbia vicinanza per quanto concerne mentalità,
lingua ecc. Né tanto meno esclude la dimensione sovrastrutturale legata alla questione
della terra. “Nel Perú degli incas il principio secondo il quale 'la vita viene dalla terra'
era più vero che in qualsiasi altro paese”21.“L’indio ha sposato la terra. Sente che la
'vita viene dalla terra' e torna alla terra. Pertanto, può essere indifferente a tutto, ma
20
José Carlos Mariátegui, op. cit., pp. 79-80.
21
Ivi, p. 80.
12
non al possesso della terra che il suo respiro e le sue mani lavorano e fecondano
documenti prodotti nei congressi indigeni che si sono svolti, in tutta l’America Latina,
nel corso degli anni Settanta e Ottanta del XX secolo. “El indio es la tierra misma”23.
Per gli indios la terra costituisce “el soporte del […] universo cultural”24; “no es sólo el
objeto de nuestro trabajo, la fuente de los alimentos que consumimos, sino el centro de
toda nuestra vida, la base de nuestra vida, la base de nuestra organización social, el
precipuo a quel fenomeno che è stato definito “gamonalismo”. Questo termine “non
indica unicamente una categoria sociale ed economica: quella dei latifondisti o dei
trasforma in uno sfruttatore della propria razza perché si mette al servizio del
semifeudale sulla politica e sul meccanismo dello stato. Bisogna pertanto agire su
questo aspetto se si vuole attaccare alla radice un male del quale alcuni si sforzano di
22
Ivi, p. 65.
23
Conclusioni del Parlamento Indio Americano del Cono Sud, 1974, cit. in Marie Chantal Barre,
Ideologias indigenistas y movimientos indios, Siglo Veintiuno Editores, Madrid, 1985.
24
Carta abierta a los Hermanos Indios de America en ocasión del I Congreso de Pueblos Indios de
America del Sur, Cuzco, Perú, 1980, por Julio Carduño Cervantes, secretario del Consejo Supremo
Mazahua, México, cit. in Marie Chantal Barre, op. cit..
25
III Congreso Nacional de la ANUC, Asociación Nacional de Usuarios Campesinos, Colombia, 1974,
cit. in Marie Chantal Barre, op. cit..
26
José Carlos Mariátegui, op. cit., p. 69.
13
esplicita attraverso il duplice aspetto di razzismo e paternalismo. È il gamonal per
soprattutto per quelle indigene, costrette a subire nella maggior parte dei casi rapporti
come la classe dei gamonales fosse tutt’altro che un gruppo omogeneo. Frequenti
risultano essere state le dispute tra i suoi membri; inoltre, diversamente da quanto si è a
lungo ritenuto, soprattutto nella zona costiera, e ancor più in particolare a Lima, il
gamonalismo non aveva affatto stabilito un controllo, un ordine stabile nelle zone rurali
propagandata rottura con il periodo del Vicereame non ha dunque mai avuto luogo. La
repubblica sorta con l’indipendenza del 1821 non aveva fatto registrare cambiamenti di
natura sostanziale. Innanzitutto, non si era avuto un ricambio al vertice del potere. Nel
caso della guerra d’indipendenza la futura classe dirigente era stata in grado di
mobilitare le masse indigene, costruendo ponti tra la costa e la sierra, tra il versante
occidentale e quello andino del paese. Tuttavia, la parola d’ordine che permise tale
senza spazio alcuno per una rivoluzione sociale. Anzi, questa parola d’ordine fu
Vicereame si era di fatto fusa con la nascente borghesia, anziché essere messa da parte,
mantenendo in tal modo praticamente tutte le prerogative che le erano state proprie nel
27
Alberto Flores Galindo, op. cit., pp. 211-213.
14
passato. Stando così le cose, si era propagato lo sfruttamento sugli indios, soprattutto
ad un cambiamento delle regole. Così l’abolizione della tanto odiata mita28 non eliminò,
Dunque, Mariátegui perviene ad una posizione che gli permette di affermare che
nella Repubblica non si sono avute quelle misure liberali che erano state invece varate
in altri paesi. Caratteristica del Perú era stata una classe politica che si riempiva la bocca
del paese. Così facendo la borghesia peruviana non si era mostrata all’altezza del
compito storico assolto dalle borghesie di altri stati. Rimanendo legati all’ambito qui
aveva come primo bersaglio quello del regime di proprietà della terra. Si sarebbero
rapporti capitalistici nelle campagne peruviane, ma si era preferito attuarne altre che di
fatto non intaccavano il latifondo. Per cui, giunti ormai nei primi decenni del XX
soluzione socialista.
28
Il termine “mita”, derivante dalla lingua quechua, la lingua di molte popolazioni andine, indicava i
lavori obbligatori e gratuiti che, al tempo dell’Impero del Sole, venivano prestati per l’Inca. Essa fu
utilizzata nel periodo coloniale in modo da costruire un sistema che costringeva l’indio a lavorare nelle
miniere e nelle piantagioni.
15
incontestabile e concreto, che conferisce un carattere peculiare al nostro
volte esclusivamente alla denuncia dei mali della società. Il suo approccio, pur
assumendo come punto di partenza l’opera di González Prada, segna il passaggio dalla
protesta, tanto nobile quanto sterile, riguardante l’oppressione cui erano soggetti gli
lontano dal puro astrattismo, dai richiami dottrinari. Guarda alla società concreta per
che costituirà il programma del PSdP è una dimostrazione lampante di quanto appena
agraria del paese. I latifondi non occupano tutta la sua superficie; inoltre, c’è da
distinguere i latifondi della costa da quelli della sierra. I primi si inseriscono totalmente
uno studio sulla produttività dei terreni soggetti a diversi regimi di proprietà: emerge,
malgrado i dati lacunosi a sua disposizione, un elemento che evidenzia come latifondo e
29
José Carlos Mariátegui, op. cit., p. 78.
16
“Il feudalesimo agrario che ancora permane nella sierra non ha alcuna
dello scarso valore delle sue terre”31. Per i proprietari terrieri della costa la soluzione
appare difficilmente raggiungibile nell’immediato per cui, pur permanendo come meta
cui pervenire, si arriva a stabilire la necessità di una lotta immediata che rivendichi:
dell’enganche32;
per i yanaconas33, la proprietà della terra bagnata dal sudore della loro fronte.
faenas de la agricultura.
30
Ivi, p. 122.
31
Ivi., p. 125.
32
Il termine “enganche” indica una forma di reclutamento della manodopera esterna all’hacienda, spesso
attraverso il sistema dell’indebitamento. Il fenomeno coinvolse inizialmente i coolies cinesi e,
posteriormente, i contadini provenienti dagli altopiani andini.
33
Il termine “yanaconaje” indica un’altra forma di reclutamento della manodopera, anch’essa tipica delle
haciendas costiere. Il yanacuna, o yana, o yanacona, era, all’epoca dell’impero inca, un semischiavo che
prestava servizi personali all’Inca o ai curacas.
17
definitiva del uso de sus parcelas, mediante anualidades no superiores al
Queste rivendicazioni immediate mostrano, senza alcun dubbio, che l’opera del
peruviano non era quella di un intellettuale rinchiuso nella propria torre d’avorio, ma
dinanzi e che dunque era propenso a costruire i propri programmi sulla base di quanto
quest’ultimo “si presenta, in primo luogo, come il problema della liquidazione del
“non si può liquidare la servitù che pesa sulla razza indigena senza liquidare il
Fare ciò non significa però, come già detto, propendere per una soluzione liberale del
deve partire dalla difesa dell’elemento peculiare del Perú, la comunidad, per dar luogo
al riscatto delle masse oppresse. Per cui, dando uno sguardo al programma del PSdP
34
José Carlos Mariátegui, Programa del Partido Socialista Peruano,
http://www.marxists.org/espanol/mariateg/prog-psp.htm.
35
José Carlos Mariátegui, op. cit., p. 77.
36
Ibidem.
18
“Dotación a las comunidades de tierras de latifundios para la
necesidades.
Mariátegui si sforza di portare avanti nel corso della sua breve vita.
37
José Carlos Mariátegui, Programa del Partido Socialista Peruano,
http://www.marxists.org/espanol/mariateg/prog-psp.htm.
19
Capitolo secondo
IL PROGETTO DI MARIÁTEGUI
Carl Marx
2.1 L’AYLLU
Mariátegui fonda il proprio progetto su ciò che di peculiare, ciò che di peruviano,
ritrova nell’osservazione della realtà : l’ayllu. Questo, nonostante il duplice attacco dei
presentava per nulla distrutto in seguito ai secoli della Colonia prima e della Repubblica
poi. Aveva mostrato un’enorme vitalità non soccombendo ai colpi inferti dai
gamonales, che miravano all’esproprio delle terre delle comunidades per accrescere i
propri possedimenti (e, conseguentemente, la base del proprio potere), e dai liberali, che
sua organizzazione sociale ed il suo capo, il curaca, prima che agli spagnoli, agli incas;
prima che alla religione cattolica, al culto del Sole. Mariátegui, per spiegare il
César Antonio Ugarte nel suo Bosquejo de la Historia Económica del Perú:
20
“Proprietà collettiva della terra coltivabile, anche se divisa in lotti
frutti”38
La struttura dell’ayllu non era propria solo della regione della costa; essa si era
sviluppata anche lungo le alture della sierra. Qui assumeva tratti in parte diversi, dovuti
di ricondurlo a quello della costa. Oltre alla prevalente attività economica, costituita non
rappresentata dal fatto che sui monti si ergevano spesso costruzioni isolate che, tuttavia,
piú o meno grandi. L’ayllu aveva un fondatore, cui spesso si attribuivano poteri magici,
che talvolta era venerato attraverso il culto della waka (che poteva essere anche un
antenato), responsabile della protezione del villaggio. Era una struttura praticamente
autosufficiente che poteva prescindere dall’apporto del singolo individuo, quando questi
era momentaneamente impegnato nello svolgimento della mita. I quechua erano soliti
affermare che “si un hombre ama demasiado, es mejor que diga que no vive”39, dal
momento che chi ama troppo, desidera cose per sé e non arriva mai ad uno stato di
soddisfazione, e nel mondo andino nulla appartiene alla propria persona, ma all’ayllu.
38
César Antonio Ugarte, Bosquejo de la Historia Económica del Perú, cit. in José Carlos Mariátegui, op.
cit., p. 80.
39
da http://www.infoarica.cl/1ta/arica_territorio_00000c.htm.
21
L’individuo che si autoemargina da questa unità è paragonabile pertanto ad un morto e
capace di costruire in Perú un socialismo che sia creazione originale. Egli, utilizzando i
lavori di Schkaff40 sulla questione agraria in Russia, propone un parallelo tra l’ayllu
collettiva della terra convivono con forme di proprietà e di lavoro feudali: non si è di
fatto sviluppato il libero salario; i proprietari non si preoccupano della produttività dei
costituiti esclusivamente dalla terra e dai contadini che la lavorano (che nel caso
collettiva della terra, pur soggetta ad un processo di indebolimento, mantiene una forza
base di tale struttura. Era una questione già sollevata a suo tempo dai populisti russi,
che, sul finire del XIX secolo, si interrogavano sulla possibilità per il proprio paese di
un percorso proprio, in modo da evitare le forche caudine del capitalismo. Essi erano
convinti di poter fondare il programma di rivoluzionamento della società russa sul mir,
forma di proprietà che occupava all’incirca la metà del territorio nazionale. All’epoca
sulla strada dello sviluppo delle forze produttive secondo quello che era stato lo schema
40
José Carlos Mariátegui, op. cit., pp. 115-116.
22
tracciato da Marx in relazione ai paesi dell’Europa occidentale. La prospettiva populista
rimase senza attuazione alcuna. Proprio sulla base del parallelo tracciato da Mariátegui
tra ayllu e mir, le sue posizioni furono duramente attaccate da parte di esponenti
dell’Internazionale Comunista, non solo quando il peruviano era in vita, ma anche dopo
la sua morte. Così nel numero di maggio-giugno del 1942 della rivista cubana
fondandosi sulle stesse argomentazioni che a suo tempo erano state utilizzate da Lenin
di una scomunica per Mariátegui da parte del mondo del comunismo ufficiale. Egli era
di alcuni scritti di Marx, noti a partire dal 1926, più o meno volontariamente
dimenticati. In questi documenti, l’autore assume una posizione ben diversa da quella
propria di Engels prima e di Lenin poi. Nel carteggio con Vera Sazulich egli risponde
proposito è chiara:
pero a fin de que ella pueda funcionar como tal habrá que eliminar
23
luego asegurarle las condiciones normales de un desarrollo
espontáneo”41
partire dal mir, e cioè a partire da una forma di proprietà collettiva della terra. Ancora
“la comunità rurale russa, questa forma in gran parte già dissolta, è
questo punto tra Marx e Mariátegui è frutto di un percorso autonomo del secondo, che
non si basa sulla conoscenza degli scritti del primo sull’obshina russa, che in quel
periodo non erano ancora giunti nella regione andina. Si deve ad una concezione del
materialismo storico distante da quella allora propagandata dai dirigenti del Comintern,
41
Carl Marx, Carta de Marx a Vera Sazulich, 08 de Marzo de 1881, cit. in Gustavo Pérez Hinojosa,
Mariátegui: el rescate de la vía marxista olvidada, http://www.rebelion.org/noticia.php?id=35841.
42
Carl Marx e Friedrich Engels, Prefazione all’edizione russa del Manifesto del partito comunista, 1882,
cit. in Aníbal Quijano, Il socialismo “indoamericano” tra l’APRA e il COMINTERN, in Giovanni Casetta
(a cura di), op. cit., pp. 151-152.
24
concezione secondo cui esso non costituisce un complesso di norme rigide, valide
ugualmente per tutti i climi storici e le latitudini sociali, né una nuova metafisica o una
nuova filosofia della storia, bensì un metodo dialettico che si appoggia sulla realtà.
l’organizzazione sociale propria dell’ayllu. Egli non constata solo la resa economica
praticamente uguale dei terreni sottoposti ai diversi regimi di proprietà del latifondo e
le terre migliori), ma pone in rilievo anche il sistema che si viene a creare a partire dal
che intercorrono tra i due sono dovute alle diverse condizioni storiche in cui registrano
affermavano che non si poteva parlare di comunismo per l’organizzazione sorta in quei
43
José Carlos Mariátegui, op. cit., p. 102.
25
cogliere che il concetto di libertà cui questi studiosi facevano riferimento non era affatto
assoluto, bensì caratteristico di una determinata epoca, quella dell’ascesa e del dominio
della borghesia urbana. In altri tempi il comunismo aveva potuto convivere con
degli impulsi delle masse. Era accaduto esattamente questo ai tempi della civiltà
incaica, quando i regnanti avevano creato l’unità imperiale senza distruggere la cellula
preesistente: l’ayllu. Gli incas non erano stati feudali, né tantomeno si può utilizzare il
fondata sulla combinazione dell’appropriazione collettiva dei beni e dei prodotti con
autoctono, una tappa assolutamente peculiare, dal momento che, mentre in Europa si
ma il crollo dello stato non aveva trascinato con sé gli ayllus, che erano riusciti a
protrarre la propria esistenza, attraverso una lunga lotta, più o meno silenziosa e
26
comune viene sostituito dalla cooperazione nel lavoro individuale.44 Laddove persiste la
sociali che né la scienza sociologica né l’empirismo dei grandi industriali hanno potuto
Mariátegui non siano soltanto gli effetti materiali dell’organizzazione incaica. Il sistema
del latifondo e quello dell’ayllu si distinguono anche perché sono latori di due casi
psicofisici tra i quali esiste un abisso. L’analisi della realtà peruviana mostra come alla
freddezza, alla negligenza, alla mollezza, all’apparente stanchezza con cui gli
mansioni. Insomma, Mariátegui arriva a scorgere gli elementi spirituali caratteristici del
lavoro sotto diversi rapporti e modi di produzione. Era questo uno dei temi
maggiormente dibattuti all’interno del panorama marxista, soprattutto per gli apporti di
coloro i quali si professavano assertori delle tesi freudiane. Essi sostenevano che la
marxismo. In quest’opera, particolare rilevanza aveva assunto, negli anni Venti, uno
studioso belga, Henri De Man. Nel suo testo più noto, Au-delà du marxisme, si impegna
in un’opera che, come fine, si propone quello di scalzare l’analisi economica dal
piedistallo su cui era stata posta. Mariátegui si inserisce nella diatriba in corso
44
Ivi, p. 106.
45
Hildebrando Castro Pozo, Nuestra Comunidad Indígena, p. 47, cit. in José Carlos Mariátegui, op. cit.,
p. 109.
27
sostenendo che le tesi di De Man risentono della tendenza ad applicare all’analisi della
politica e dell’economia i principî della scienza più in voga, che in quegli anni era,
sottovalutare gli aspetti spirituali del lavoro, per concentrarsi esclusivamente sulla sua
belga: quella riformista. “Il quadro sintomatico che ci offre nel suo libro dello stato del
lavoro industriale, corrisponde alla sua esperienza individuale nei sindacati belgi.
Henri De Man conosce il campo della riforma; ignora quello della Rivoluzione”46. Egli
non riesce a scardinare le premesse del marxismo, che non è affatto in contraddizione
con un’analisi che ponga in evidenza gli elementi psichici del lavoro. La stessa opera di
Mariátegui è una dimostrazione lampante di ciò. Risulta essere in grado di dar luogo a
arrivare a conoscenza proprio del fatto che il lavoro, sottoposto a diversi regimi, cambi
Man si incontra non solo grazie ad esso, ma anche in esso. La separazione intervenuta
tra produttore e prodotto, tra l’operaio e il suo lavoro ha sicuramente effetti anche sulla
soddisfazione, sulla psiche dell’individuo. Tuttavia, ciò non contraddice in alcun modo
il marxismo, soprattutto laddove si abbia dinanzi agli occhi il lavoro portato avanti su
quella che è stata definita “alienazione”. Pertanto, Mariátegui può condurre un’opera in
cui grande rilievo assumono gli elementi spirituali senza uscire dal tracciato della
46
José Carlos Mariátegui, Difesa del marxismo,Galileo, Padova/Roma, 1971, p. 26.
28
pubblicare sulla sua rivista più famosa, Amauta, un articolo di Sigmund Freud. Prendere
passato ed alle tradizioni della regione andina. Tuttavia, in merito a ciò si è venuta ad
innestare una polemica riguardante la presunta ignoranza del passato indigeno da parte
del politico di Moquegua. Alcuni autori lo hanno accusato di non essere giunto ad una
fondamenta, hanno cercato di abbattere l’intero edificio. I punti oggetto della polemica
sono numerosi. In primo luogo, si è messo in evidenza il fatto che la conoscenza della
si eccettua l’esilio in Europa. Questo inequivocabile dato di fatto si spiega non con una
mancanza di volontà, bensì con la grave malattia da cui era affetto sin dall’infanzia e
che lo costrinse, nel 1924, a sottoporsi ad un’operazione per l’amputazione della gamba,
costretto su una sedia a rotelle che gli rendeva difficile, se non impossibile, qualsiasi
spostamento. Per questo motivo egli si affidò agli studi e ai lavori di quanti lo
47
Per l’elaborazione di questo paragrafo, per quanto riguarda le critiche mosse a Mariátegui, si è preso
spunto dai due lavori di Luis Veres Cortés, El problema de la identidad nacional en la obra de José
Carlos Mariátegui, http://www.univ-brest.fr/amnis/documents/Veres2002.pdf. e La revista Amauta y el
concepto de nación en el Perú, http://www.ull.es/publicaciones/latina/a1999adi/09veres.html.
29
circondavano, appoggiandosi in particolar modo, per ciò che concerne la questione
il fatto di aver taciuto l’esistenza di sacrifici umani, della schiavitù e della divisione in
caste. Tralasciando il fatto che sulla presenza di sacrifici umani ancor oggi si dibatte ed
alcuni parlano di “presunti sacrifici”48, si deve notare che l’opera di Mariátegui non è
sulla base di elementi già esistenti; di conseguenza, sono sottolineati solo quegli aspetti
utili all’adempimento di tale scopo. Inoltre, come già ribadito sopra, schiavitù e
divisione in caste non inficiano in alcun modo il carattere comunitario della società
incaica, dal momento che chi muove questa accusa lo fa sostenendo una concezione
rivoluzione socialista è viziata dall’errata convinzione del carattere feudale del sistema
spagnolo e poi di quello repubblicano: essi sono già capitalisti. A questa critica si può
rispondere riprendendo le stesse pagine dei lavori mariateguiani, dove è ben evidenziato
poteva dire per i gamonales che nelle proprie tenute facevano ancora ricorso a modi di
produzione e rapporti di tipo feudale. Bisogna constatare come questa prospettiva non
48
Alberto Flores Galindo, op. cit., p. 37.
30
sia solamente di Mariátegui, ma è fatta propria da molti studiosi, della più diversa
filiazione politico-ideologica. Infine, si pone in rilievo come l’”Incario” non sia un tutto
omogeneo, ma l’insieme di gruppi molto diversi tra loro, come è facile notare già se si
confrontano gli indios della sierra con quelli della selva. Questa realtà si deve alla storia
gli incas […]. All’arrivo degli spagnoli, con il crollo dello stato incaico,
chancas – diversi quanto a lingue e costumi, molte volte rivali tra loro,
situazione sia granché cambiata, se è vero che ancora all’epoca in cui il marxista
peruviano scriveva (e, se è per questo, a tutt’oggi) i contadini della sierra peruviana non
della montagna tale o del villaggio tal’altro. Su questo terreno Mariátegui pare essere
consapevole delle divisioni regionali esistenti. Così quando parla dei congressi indigeni
propria unità.
49
Ivi, p. 22.
31
“Manca agli indios un legame nazionale. Le loro proteste sono sempre
dispera mai del suo avvenire. Gli stessi quattro milioni di uomini, sino a
quando non sono che una massa inorganica, una moltitudine dispersa,
Nei congressi entrano invece in contatto gli indios delle diverse regioni che
compongono il Perú; si incontrano gli indigeni del Sud, con quelli del Centro e con
quelli del Nord e da questi appuntamenti possono partire per riuscire nell’opera del
proprio riscatto. Ciò che al massimo si può imputare a Mariátegui, almeno per ciò che
emerge dai suoi testi, è la mancata percezione non delle divisioni esistenti tra le diverse
comunità indigene, quanto delle rivalità ancora viventi. Se si analizzano alcuni eventi
capeggiata da Tupac Amaru II (1780), per esempio, vennero a delinearsi due forze
contrastanti: da una parte l’aristocrazia indigena che mirava in maniera esclusiva alla
primi decenni del XX secolo. Inoltre, molti indios rimasero fedeli alla bandiera del re,
creando in tal modo una situazione che vedeva non solo scontri tra indios e meticci, ma
anche tra indios stessi. Questa circostanza non è però solo frutto del caso o delle antiche
50
José Carlos Mariátegui, Il problema prioritario del Perú, in Lettere dall’Italia, (a cura di Ignazio
Delogu), cit., p. 228.
51
Molti cronisti e studiosi hanno creduto che con il termine “pachacuti” gli indios indicassero un
governante, equivalente a Cesare o Pericle. Tuttavia, altri, maggiori conoscitori della realtà incaica, hanno
inteso questa nozione in modo diverso: con “pachacuti” gli indios indicavano una sorta di forza tellurica,
una specie di cataclisma, era nuova e castigo allo stesso tempo.
32
rivalità; essa è dovuta ad una precisa strategia delle classi dominanti volta a distruggere
Una siffatta strategia è stata messa in atto anche dalle cariche dello stato peruviano
scelta attuata dalle autorità statali fu quella di minimizzare le perdite militari, facendo sì
che i costi della guerra ricadessero sulla popolazione civile. Anziché spedire nei villaggi
all’interno delle comunità, che opponevano i pastori ai contadini, gli uomini dei monti a
quelli delle valli, oltre a scovare litigi per le terre e rivalità interetniche. È questo, senza
dubbio, un tratto che manca nell’analisi di Mariátegui e che avrebbe potuto mettere a
repentaglio l’opera di riscatto degli indios. Tuttavia, forse anche per superare divisioni e
rivalità inter-comunitarie, egli si richiama non alla comune appartenenza etnica, bensì a
quella di classe. Vista da questa prospettiva, la lotta da portare avanti non è contro chi
L’indio, dunque, non è identificato solo come soggetto del futuro processo
rivoluzionario. La sua figura assume una valenza fondamentale sia nel presente che nel
52
Sendero Luminoso (dal sottotitolo utilizzato per le pubblicazioni: Por el Sendero Luminoso de José
Carlos Mariátegui), nato all’interno dell’Università Nazionale San Cristóbal di Huamanga, si rese autore
di una lunga guerriglia, ispirata ai principi maoisti, a partire dagli anni Ottanta, avente come obiettivo
l’instaurazione di un regime comunista. Il lungo scontro con lo stato fu contraddistinto da efferatezze
inaudite, in primo luogo la tortura e l’uccisione di civili innocenti. La striscia di sangue lasciata in Perù
permette di considerare Sendero Luminoso come uno dei movimenti più feroci apparsi sulla scena
mondiale nell’arco del XX secolo.
33
passato, sia per il presente che per il passato. Mariátegui indaga quest’ultimo partendo
dal contrasto insanabile che lo contrappone alle classi dirigenti. Egli punta alla
prescindere dal passato. “La capacità di intendere il passato va unita alla capacità di
meglio il pensiero di Mariátegui in relazione a ciò, non si può fare a meno di includere
passatismo, modernità. Tutti entrano nei testi mariateguiani e sono parte essenziale del
appropriata della tradizione nazionale, forgiandola in base ai propri interessi. Per cui si
era sentita erede dell’impero spagnolo più che di quello inca: si considerava discendente
dei conquistadores, dei viceré; figlia della Spagna e della cultura della penisola iberica.
L’indipendenza era stata un’iniziativa dei creoli e non degli indios. Da ciò era discesa la
lungi dal potersi considerare ultimata. Il paese andino presentava la compresenza di due
formazioni vissute per secoli l’una accanto all’altra senza mai giungere ad una reale
fusione.
53
José Carlos Mariátegui, Passatismo e futurismo, Lettere dall’Italia e altri scritti, (a cura di Ignazio
Delogu), cit., p. 219.
34
profondo perché non c’è da risolvere una pluralità di tradizioni ma un
conquista del Perú autoctono da parte di una razza straniera che non è
assorbirla.”54
Spagnoli e creoli si erano insediati sulla costa, trasferendovi il centro delle attività
economiche e politiche, senza essere mai in grado di conquistare la sierra, sulle cui
alture e nelle cui valli viveva la stragrande maggioranza delle popolazioni indigene. Tra
indios e meticci non si erano mai venuti a creare dei canali di comunicazione
escludendo l’indio. Dedicandosi al passato, le classi dirigenti del paese avevano dato
prova di interessarsi maggiormente all’epoca del vicereame che non al periodo incaico.
sforzava di acquisire come proprio il passato della Spagna, nonché l’intero universo
ribaltamento.55
nell’indio, quello straniero nel conquistatore spagnolo e in quanti ancora sono a questo
legati da un cordone ombelicale che non accenna ad essere reciso. Sulle orme di
54
José Carlos Mariátegui, Sette saggi…, cit., p. 212.
55
Antonio Melis, op. cit., p. 194.
56
José Carlos Mariátegui, Heterodoxia de la tradición, cit. in Fernanda Beigel, Mariátegui y las
antinomias del indigenismo, http://redalyc.uaemex.mx/redalyc/pdf/279/27901303.pdf.
35
conservatori che si richiamano nostalgicamente al passato coloniale. Questo
comportamento non è evidente solo in politica, ma anche in letteratura. Nel suo saggio
conto tutti questi fattori. La letteratura peruviana gli appare un prodotto d’importazione
e d’imitazione. Essa non affonda le proprie radici nella tradizione, nella storia andina,
ma in quelle iberiche. Se per l’autore dei “Sette saggi” Garcilaso57 e Melgar58 possono
nazionale, per la generazione dei “futuristi” non può dirsi altrettanto. Il massimo
esponente di questo movimento fu Riva Agüero che si diede molto da fare per
idealizzare un passato che, nella sua visione, così come in quella degli altri futuristi,
aveva dei confini ben delimitati, ovvero quelli del vicereame. Anche per questo motivo
gli intellettuali peruviani non erano mai riusciti a saldarsi al popolo, non erano mai stati
in grado di sentirsi ad esso vincolati. Tra l’impero incaico e la colonia avevano operato
indigeno, cioè incaico”59. Per cui, rimanendo per un attimo nell’ambito letterario, il
lamento indigeno, la zamba e gli yaravies, appaiono come le note più autentiche del
vero Perú. Mariátegui, lanciandosi all’attacco di quello che definisce “passatismo”, non
rimane confinato solo alla pars destruens, ma è pronto a contribuire alla delineazione di
una “nazionalità in formazione”, così come egli stesso la chiama. I secoli della Colonia
e della Repubblica, per quanto mediocri possano essere stati, sono un fatto
57
Garcilaso de la Vega (1539-1616) compilò i Comentarios Reales (1606), in cui tracciava la storia
dell’“Incario” fino all’arrivo degli spagnoli. Nel 1616, come opera postuma, vide la luce la Historia
General del Perú, in cui, invece, riprendeva i fili del discorso precedente, a partire dal punto in cui si era
arrestato. Queste opere ebbero poi una grande influenza su tutto il mondo intellettuale peruviano.
58
Mariano Melgar (1791-1815) è conosciuto soprattutto per i suoi componimenti, in massima parte
yaravies (canzoni o poesie in quechua), in particolare per quelli dedicati alla donna amata, María Santos
Corrales, meglio nota come “Silvia”.
59
José Carlos Mariátegui, Sette saggi…, cit., p. 268.
36
assolutamente inconfutabile. Tuttavia, la base della nuova nazionalità, della vera
peruvianità, non può fare riferimento esclusivo a queste epoche; c’è la necessità di
risalire più indietro nel tempo. Così facendo si scoprirà come il Perú autoctono si fonda
sull’indio.
nostro".”60
conservatori del paese il patrimonio della tradizione. Questa è ora rivendicata dalle
tradizionalisti viene così fortemente incrinato: l’indio entra a far parte della vita
nazionale. Anche settori liberali riconoscono che non è più ammissibile una linea di
condotta che tolleri semplicemente l’esistenza delle masse indigene accanto a quelle
bianche, senza alcuna preoccupazione per la loro condizione, ma con l’unica ansia di
rivoluzionari, i quali si sono resi artefici della rivendicazione del passato incaico,
ponendo in tal modo un importante tassello per la sconfitta del gamonalismo che,
60
José Carlos Mariátegui, Il problema prioritario del Perú, Lettere dall’Italia…, (a cura di Ignazio
Delogu), cit., p. 227.
37
seppur ancora in vita in quanto stato sociale, è stato inesorabilmente battuto in campo
etico e spirituale.
realista.”61
L’accusa di passatismo non è però formulata solo con riferimento a coloro i quali
potevano essere stimati quali sostenitori dei regimi coloniale e repubblicano. Essa è
dell’impero andino, considerando la sua restaurazione alla stregua di una panacea per
tutti i mali del presente. Nelle loro file può ritenersi arruolato anche uno stretto
collaboratore di Mariátegui: Luis Valcárcel. Utilizzava una prosa che potremmo definire
quasi mistica per denunciare gli orrori della società peruviana, schiava del potere dei
gamonales, lanciandosi in una perorata difesa del passato incaico, la cui riproposizione
è vista come possibile soluzione.62 La strada del ripristino delle glorie del
Tahuantisuyo63 è stata battuta da numerosi studiosi e politici. Nel Perú degli anni di
intitolata “La Sierra”. Uscita tra il 1927 e il 1930, si fece interprete di un progetto
secondo cui la redenzione dell’indio poteva essere solo il prodotto del lavoro e della
61
José Carlos Mariátegui, Sette saggi…., cit., p. 206.
62
Alberto Flores Galindo, op. cit. p. 242.
63
Il termine “Tahuantisuyo” è il nome quechua dell’impero incaico. Letteralmente significa “quattro
parti”.
38
lotta di quanti provenivano dall’interno. Questa concezione, passata alla storia con il
limeño come principale nemico, assumendo tutto ciò che era della provincia
limeñista cozza, però, contro il dato di fatto che la maggior parte dei testi che essa
editava erano diretti alla provincia, come precisa scelta politica (lo stesso discorso si
può fare per la casa edititrice Minerva, fondata sempre da Mariátegui nel 1925), oltre
continente e non solo. All’interno della corrente serranista rientra anche il Partito Indio,
etnica, puntava alla mobilitazione ed organizzazione di tutti gli indigeni del paese i
quali, una volta uniti sotto le stesse bandiere, avrebbero potuto, dal momento che
dei bianchi. Come si può notare, in questi ultimi due casi il discorso è aperto anche a
soluzioni che oppongono al razzismo, non solo ideologico, delle classi dominanti, un
64
Fernanda Beigel, op. cit., http://redalyc.uaemex.mx/redalyc/pdf/279/27901303.pdf.
65
Marie Chantal Barre, op. cit..
39
Per meglio cogliere le differenze che separano Mariátegui da coloro che si
propugnano, ancora una volta, una soluzione etnica del problema, mirando al recupero
l’ayllu precedentemente tralasciato. L’ayllu è qui preso in considerazione non tanto per
la sua realtà contemporanea (di cui ci siamo già occupati), quanto per le possibilità che
sulla base di esso si dipanano. “La comunidad può essere trasformata in cooperativa
con uno sforzo minimo”66. È dunque questo il fine cui tendere. L’ayllu non va preso in
sé, ma per gli sviluppi che da esso si possono avere. Lo spirito comunitario, il
partire per giungere all’edificazione di una società socialista. L’ayllu da cellula dello
stato incaico dovrà trasformarsi nella cellula di uno stato socialista. Per raggiungere
questo scopo è necessario profondere energie nella difesa della comunidad dagli
l’utilizzo di tecnici e strumenti atti a migliorare la resa dei terreni. Mariátegui non vuole
conservare il passato, né tanto meno riproporlo: nella sua visione “gli indigenisti
programma.”67.
dall’esilio messicano, Haya aveva dato vita a questa organizzazione, Mariátegui aveva
66
José Carlos Mariátegui, Sette saggi…, cit., p. 353.
67
José Carlos Mariátegui, Nazionalismo e avanguardismo, Lettere dall’Italia (a cura di Ignazio Delogu),
cit., p. 246.
40
aderito al progetto. Egli era un forte sostenitore del fronte unico68, non tanto sul modello
diversamente che nel Lenin dell’“imperialismo fase suprema del capitalismo”, come
la politica delle tre classi: operai, contadini e ceti medi. Tuttavia, sebbene non fosse
passare degli anni; essi avevano una diversa concezione dell’imperialismo, nonché una
diversa valutazione della possibilità di trasformare quello che era un fronte continentale
andava incontro ad una congiuntura favorevole, a causa della crescita numerica dei ceti
Per quanto concerne la politica indigenista, Flores Galindo ha affermato che con
due percorsi diversissimi. Quello di Mariátegui confida nella capacità creativa delle
masse, nella necessità dell’intervento costante dei lavoratori affinché fosse scongiurato
68
José Carlos Mariátegui, Sette saggi…, cit. p. 367.
69
Pier Paolo Petrini, op. cit., p. 220.
70
Manuel Plana e Angelo Trento, L’America Latina nel XX secolo, Ponte alle Grazie, Firenze, 1991, p.
207.
71
Ivi, p. 210.
41
costruisce conseguentemente dal basso, dalle comunidades e dai villaggi72. Per contro,
in quello di Haya si delinea un percorso dall’alto che non prevede alcuna impellenza di
dibattito o di confronto, dal momento che ha bisogno solo di adepti: la sua intelaiatura
è autoritaria73. Spesso in questa dura contrapposizione gli apristi hanno voluto ritenersi
gli unici possessori dell’attributo di realismo. Il loro progetto incarnava gli umori più
profondi del paese, ben si confaceva al suo stile politico. Dall’altra parte ci si rifaceva
ad una tradizione più antica, quella del collettivismo andino. Il dibattito si spostava a
questo punto sulle caratteristiche stesse della comunidad. La domanda che ci si poneva
e cui si rispondeva in maniera tanto diversa era questa: cos’è la comunidad? Gli apristi
configuravano come seguaci del leader carismatico; gli altri la valutavano come un
storia.74
2.6 AMAUTA
colonne di Amauta. È da queste pagine che, nel 1928, con l’articolo “Aniversario y
balance”, si rende palese la rottura tra Mariátegui e l’aprismo, a causa della volontà dei
suoi dirigenti, in primo luogo di Haya de la Torre, di trasformare quello che fino ad
allora era stato un fronte capace di tenere insieme anche individui provenienti da
esperienze molto diverse, in un vero e proprio partito politico. L’Alianza, nata come
72
Alberto Flores Galindo, op. cit., p. 244.
73
Ivi, p. 245.
74
Ibidem.
42
possibilità di rappresentare il luogo privilegiato per lo sviluppo di una coscienza di
Amauta fu fondata nel 1926, ma l’idea della sua creazione risale ad anni prima, quando
Mariátegui tornò dall’esilio europeo. In quegli anni il suo disegno era quello di una
documenti, il nome da conferire a tale progetto era Vanguardia. Nel corso del tempo
esso fu sostituito da quello di Amauta che dunque fu il nome di quella che da molti è
ritenuta la migliore rivista apparsa sulla scena latinoamericana e non solo in quegli
anni.75
nelle arti figurative, che si impegnò anche nella redazione dell’immagine che
in quechua, sta ad indicare proprio la figura del savio, del sapiente. Il cambiamento del
titolo rispetto alle posizioni iniziali non rappresentò una frustrazione degli intenti
iniziali. La rivista si configurò fin dal primo numero come uno spazio in cui confluivano
forze provenienti da ambiti diversi, ma tutte caratterizzate da una forte spinta nella
Malgrado ciò la propensione per il nome Amauta non è casuale, né tanto meno
una maturazione, del pensiero di Mariátegui. Tornato dall’Europa dopo aver fatto
75
Antonio Melis, op. cit., p. 121.
43
ricordare, per ciò che concerne la sua permanenza in Italia, il movimento di
Torino, che proprio in quegli anni andava esaurendo le proprie possibilità; e la scissione
avvenuta al Congresso di Livorno del Partito Socialista italiano, nel 1921, che produsse
Bordiga), egli si rese conto di come la costruzione del socialismo peruviano non potesse
seguire pedissequamente la via tracciata nel Vecchio Continente. Partendo da ciò, scoprì
dunque l’elemento autoctono che, come già visto, è l’indio. Il termine Amauta,
riferimento continuo ai valori autoctoni. Il tutto non si risolve però in una semplice
“Il Perú deve scegliere tra il gamonal e l’indio. Questo è il suo dilemma.
Non esiste una terza via. Impostato questo problema, tutte le questioni di
E ancora:
76
José Carlos Mariátegui, Sette saggi…, cit., p. 219.
44
“Nessuna riforma che rafforzi il gamonal contro l’indio può essere
rivoluzionario dell’avanguardia.”77
La rivista diviene veicolo di una tale piattaforma. Essa non ospita, in ogni caso,
solo le posizioni di Mariátegui e dei suoi più stretti collaboratori, o comunque di quanti
addirittura una condivisione del criterio della tolleranza. Come afferma lo stesso
Mariátegui:
Ciò significa che sulle sue pagine trovano spazio articoli di diversi orientamenti,
Indígena e del gruppo Resurgimiento, sorto a Cuzco nel 1927, che pubblicò, sul numero
sei della rivista, un manifesto di denuncia contro i crimini del gamonalismo e che anche
per questo fu duramente represso dalle autorità, tramite l’arresto dei suoi dirigenti e lo
Amauta si presentava come uno strumento volto all’ottenimento di quella che, con
77
Ivi, p. 221.
78
José Carlos Mariátegui, Nota Polémica, cit. in Pier Paolo Petrini, op. cit., p. 312.
45
terminologia gramsciana, potremmo definire “egemonia”. Ospitò articoli che si
immagini commentate, accordando quindi grande importanza anche alle arti figurative,
come testimonia la presenza di scritti di esponenti del calibro di Lenin, Trotskij, Gobetti
ecc. In ciò possiamo ravvisare l’impostazione di Mariátegui secondo cui non è possibile
svincolare la realtà peruviana da quella europea. Il Perú non è indipendente dalla civiltà
occidentale, ma si muove nella sua orbita. Il dovere di studiare la realtà nazionale non
esclude quello di non ignorare quella internazionale, di cui la prima non è altro se non
un segmento.
TRABAJO
l’aveva ispirata fin dal primo numero. In concomitanza con la rottura con l’APRA, essa
afferma di potersi definire marxista. È solo il primo passo nel periodo di più fervente
79
Antonio Melis, op. cit., pp. 72-73.
46
sette ottobre del 1928, il PSdP (Partido Socialista del Perú)80, che al centro del proprio
organizzativo non si arresta alla creazione di un partito politico; esso prosegue con
tutti i lavoratori, operando al contempo per suscitare in essi una coscienza di classe. Per
degli indios è tutt’altro che passivo. Non si mettono in piedi strutture paternalistiche,
una vera autonomia. Esse dovranno essere le realizzatrici della soluzione al problema
quella di Rumi Maqui a quella di Lamar a Huancané nel 1925, passando per altre di
minor portata, accomunate però dallo stesso esito – una dura e sanguinosa repressione –,
però, di organizzazione. L’unico tentativo messo in campo fino a quel momento (se si
80
La fondazione di un partito classista proletario fu decisa da diversi raggruppamenti peruviani, che
incaricarono la cellula di Lima di redigere l’atto della sua costituzione. Il sette ottobre del 1928, riuniti
nella casa di Avelino Navarro, i nove membri della cellula della capitale fondarono il PSdP e approvarono
l’Acta de Constitución. Nella stessa riunione si costituì il Comitato Centrale, al cui interno Mariátegui
figurava come Segretario Generale, incaricato della stesura del Programma del Partito; Ricardo Martínez
de La Torre come Segretario della Propaganda; Bernardo Regman come Tesoriere; Avelino Navarro e
Manuel Hinojosa furono incaricati di coordinare il lavoro sindacale.
47
dispone degli indios che, impiegati nelle miniere o nei centri urbani, entrano in contatto
educatrice.
pubblicazione di un giornale per i contadini indigeni (per il quale propone il nome “El
Ayllu”) e di uno per i minatori. Questo malgrado sia perfettamente cosciente del dato
81
José Carlos Mariátegui, Sette saggi…, cit., pp. 354 - 355.
48
secondo cui la stragrande maggioranza della popolazione indigena sia analfabeta.
Infatti, ha ben presente il ruolo di diffusori, di propagandisti, che può essere svolto da
alfabetizzazione.
In entrambi i casi, sia per ciò che concerne il PSdP che per la CGT (Confederación
radicalmente la linea politica che era stata fatta propria dai peruviani in quegli anni.
Sempre più debilitato fisicamente, Mariátegui morì nel 1930, dopo aver lasciato la
dal marzo del 1930, cioè a partire da pochi giorni dalla morte di Mariátegui, le
82
Eudocio Ravines, El problema indígena en America latina, cit. in Pier Paolo Petrini, Josè Carlos
Mariátegui e il socialismo moderno, Edizioni ETS, Pisa, pp. 518-519.
49
Il nuovo segretario del PSdP, presto trasformato in PCP (Partido Comunista
Peruano), secondo i dettami del Comintern, mostra, con queste parole, come si sia scelta
rivoluzionario” (si badi bene con la “p” maiuscola), una volta vittorioso, una volta
conquistato il potere statale (che implicitamente è riconosciuto come obiettivo non solo
principe, ma anche immediato da parte del partito), di provvedere alla risoluzione del
mariateguiana sia a trecentosessanta gradi. Mariátegui aveva impostato una strategia che
puntava alla presa del potere non come atto compiuto da una ristretta avanguardia, bensì
Questa posizione è ben distante da quella di Ravines, che tratta il problema in termini
paternalistici: l’obiettivo che si pone Mariátegui è quello di fornire agli indios gli
imboccò una strada che, da allora in poi, fu costellata da cocenti sconfitte e continui
GIULIANO GRANATO
giulianogranato@hotmail.it
50
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PETRINI, Pier Paolo, José Carlos Mariátegui e il socialismo moderno, Edizioni ETS,
Pisa, 1995.
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http://www.ull.es/publicaciones/latina/a1999adi/09veres.html.
52