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Una delle strutture pi sorprendenti e allo stes-


so tempo sconosciute nella storia dellarchitet-
tura europea del Cinquecento la cappella fu-
nebre che il protonotario apostolico don Gil
Rodrguez de Juntern si fece costruire nella
cattedrale di Murcia (ill. 1). Limportanza di
questa costruzione risiede nel fatto che attraver-
so il committente e larchitetto vengono colle-
gati ambiti architettonici differenti, quello spa-
gnolo e quello italiano, in un momento storico
particolare che vede la diffusione delle forme ar-
chitettoniche a la antigua.
Marzia Villella Jacopo Torni detto lIndaco (1476-1526)
e la cappella funebre a La Antigua
di Don Gil Rodrguez de Juntern nella cattedrale di Murcia*
Il committente: un protonotario apostolico
spagnolo alla corte di Giulio II
e in lotta con Carlo V
Nel 1510 don Gil Rodrguez de Juntern, dopo
una permanenza di almeno cinque anni alla cor-
te pontificia di Giulio II, fa ritorno alla sua citt
natale, Murcia, dove nacque verso il 1480. Mur-
cia era capitale, assieme alla citt di Cartagena, di
una grande diocesi nella Spagna sud-orientale.
La famiglia Juntern proveniva da un ramo di
una stirpe nobiliare di cavalieri che era originaria
del regno di Valencia e che si trasfer a Murcia
intorno al 1320, ricoprendo cariche pubbliche
sempre pi importanti. Allinizio del Cinquecen-
to non era, per, che una delle numerose fami-
glie dalle nobili origini che, per tentare di conso-
lidare il proprio potere, avviava alla carriera ec-
clesiastica uno o pi figli.
Nei diari che registrano le sedute del capito-
lo dei canonici della cattedrale, las actas capitula-
res, incontriamo per la prima volta don Gil Ro-
drguez de Juntern il 22 aprile del 1510 con il
titolo di arcidiacono di Lorca
1
.
Nel primo decennio del Cinquecento il prela-
to spagnolo si distinse da molti altri perch ebbe
lopportunit di fare a Roma, in un momento
chiave della sua storia, una brillante carriera ec-
clesiastica, costellata da una grande quantit di
benefici e di prebende conferitegli da Giulio II
della Rovere, che culminarono nel 1509 nellele-
zione a protonotario apostolico e a conte palati-
no
2
. Fra il 1505 e il 1510 Juntern fu partecipe
della rivoluzione architettonica che si stava com-
piendo nella urbs sancta. Qui vide porre le fonda-
menta del nuovo San Pietro e linizio della sua
costruzione, sullo sfondo di quella plenitudo tem-
porum dove per il programma di rinnovamento
edilizio, di renovatio e instauratio Romae, le rovine
dellantico davano direttamente indicazioni a
Giulio II, il nuovo Salomone, e ai suoi architetti
3
.
Limmediata decisione di Juntern di vincola-
re la sua memoria a quella del suo seor
4
, il pon-
tefice, attraverso il segno dellarchitettura, ri-
velatrice della sconvolgente esperienza visiva ed
umana alla fastosa corte di papa della Rovere e
del suo particolare interesse e personale coinvol-
gimento nel mondo artistico romano. Difatti,
una volta ritornato in patria, il protonotario apo-
stolico sente di dover trasmettere il momento
giuliano che aveva vissuto a Roma e decide di
1. Interno della cappella di don Gil
Rodriguez de Juntern.
Vista sullampliamento cinquentesco
(da A. Vera Bot, La catedral de Murcia
y su plan director, Murcia 1994, p. 353).





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farsi costruire una cappella funebre cos magni-
ficente da emulare quella della grande famiglia
feudale dei Vlez (ill. 2, 3), che si trova nel
deambulatorio della stessa cattedrale. Il suo de-
siderio di grandezza ebbe modo di manifestarsi
pienamente anche in considerazione della situa-
zione della diocesi di Cartagena-Murcia che
aveva a capo il tedesco Matteo Lang che fra il
1513 e il 1540, anno della sua morte, ne fu ve-
scovo senza avere mai avuto occasione di visitar-
la
5
. La sicurezza della posizione raggiunta dal
protonotario apostolico lo spinge, nella rivolta
dei comuneros, a mettersi addirittura contro lo
stesso Carlo V e a rimanere incarcerato con tut-
ti i suoi beni confiscati
6
. Le conseguenze di que-
sto fatto si rifletteranno, come pi avanti vedre-
mo, anche nella costruzione della sua cappella.
evidente che, nel momento in cui Juntern
decide di fare innalzare la propria cappella, ai
suoi occhi il linguaggio moderno con il quale
si stava costruendo la cattedrale tardomedievale
di Murcia, iniziata nel 1394 sul sito di unantica
moschea, doveva apparire non pi attuale
7
(ill.
4). Di conseguenza decise di sperimentare per la
sua costruzione il linguaggio architettonico ispi-
rato alluso dellantico. La devozione religiosa,
la ricerca di fama e il desiderio di mitizzazione
dellimperator e pontifex maximus si tradussero il
7 giugno del 1510, dopo soltanto due mesi dal
suo ritorno in Spagna, nella richiesta al capitolo
della cattedrale di poter acquistare una cappella
per la somma di trentaduemila maravedini.
Questa cappella si trova nella navata destra ed
era di propriet di un prelato murciano, don Pe-
ro Saorn. El dicho seor arcediano [] la
acept e se oblig para pagar los dichos treinta e
dos myll maraveds e hacer la dica capellanya,
retablo rexas de fierro estando dentro tres aos
obligose e otorgo
8
.
Fin dal 1510, dunque, Juntern manifesta la
volont di istituire, attraverso delle donazioni e
dei lasciti, una cappellania per provvedere alle
necessit di culto e di manutenzione della sua
costruzione dove aveva intenzione di collocarvi
un retablo, o pala daltare, mezzo artistico pretta-
mente spagnolo, e una cancellata in ferro che
avrebbe separato la navata meridionale dalla
cappella di sua propriet.
Al momento dellacquisto questultima aveva
un ingresso sulla navata formato da un grande
arco acuto sostenuto da due pilastri polistili, una
pianta quadrata leggermente schiacciata lungo
lasse trasversale ed era coperta da una volta a
crociera. I lavori avrebbero dovuto concludersi
entro tre anni. In questo primo documento non
si nominano quelle che saranno poi le radicali
modifiche allimpianto della cappella. Non vi
dubbio per, che fin dal principio, larcidiacono
di Lorca avesse intenzione di utilizzare la manie-
ra allantica per la costruzione, ma non inizi
immediatamente dei lavori di tale portata. Le
motivazioni di questa decisione vanno ricercate
nella necessit di avere una maggiore disponibi-
lit economica e principalmente nellassenza in
quegli anni a Murcia di un artista in grado di ri-
spondere alle sue esigenze architettoniche.
Nel dicembre del 1511 Juntern venne eletto
fabriquero mayor della cattedrale ed esercit que-
sta carica triennale fino al dicembre del 1513
9
. Il
fabriquero era colui che aveva il compito di am-
2. Esterno della cappella dei Vlez con la
torre della cattedrale in una stampa
dellOttocento (da Vera Bot, La catedral de
Murcia..., cit., p. 289).
3. Volta della cappella dei Vlez (da Vera
Bot, La catedral de Murcia..., cit., p.
215).





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ministrare i fondi della cattedrale destinati alle
opere edilizie e di controllare lavanzamento del-
le opere stesse nel territorio diocesano. Lelezio-
ne di questo giovane prelato, appena inserito
nella comunit dei canonici, a ricoprire questa
carica unulteriore conferma del suo potere,
nonch del particolare interesse e dellindubbia
esperienza nel mondo dellarchitettura.
molto probabile, infatti, che a Roma Jun-
tern avesse avuto la possibilit di conoscere i
principali artisti della corte pontificia e non pos-
siamo escludere che fra questi ci fosse stato an-
che Jacopo Torni che, come vedremo, in quegli
anni si trovava nella stessa citt. Fra il 1519 e il
1521 il protonotario apostolico venne rieletto fa-
briquero mayor. Durante questi tre anni antici-
per a nome del capitolo, probabilmente per i la-
vori della torre campanaria iniziati nel 1519, una
somma corrispondente a quanto doveva per lac-
quisto della cappella e il pagamento risult cos
saldato. Un documento del 14 gennaio del 1522
attesta che il capitolo consegn a Juntern la
carta de pago y finyquito de la capilla del seor
arcediano de Lorca ossia la certificazione del
pagamento dellintera somma stabilita, registrata
ben dodici anni dopo lacquisto della cappella
10
.
La cattedrale di Murcia nel secondo decennio
del cinquecento
Diventa a questo punto difficile scindere le vi-
cende architettoniche della cappella da quelle
della cattedrale nella quale si avvia nel secondo
decennio del Cinquecento una fase edilizia che
utilizza un linguaggio nuovo. Venne eletto nel
1519 come maestro mayor, ossia direttore dei
cantieri edili di tutta la diocesi, un poco noto ar-
tista di nome Francesco Fiorentino
11
che inizi i
lavori di fondazione di unimponente torre cam-
panaria, che si trova lungo il lato settentrionale
del deambulatorio e che tuttora qualifica limago
urbis murciana (ill. 5, 7)
12
. Questa torre, iniziata
con una pratica artistica ispirata alluso dellan-
tico e terminata quattro secoli pi tardi senza se-
guire il progetto originario, venne sovvenziona-
ta e commissionata a distanza dallobispo absen-
tista Matteo Lang. Francesco Fiorentino fu mae-
stro mayor fino allaprile del 1522, quando a lui
subentr Jacopo Torni
13
.
Larrivo di Jacopo Torni in Spagna
Maestro Iacobo, florentin de nacin excellen-
tissimo pintor y primo escultor
14
, nato a Firen-
ze nel 1476, era arrivato in Spagna fra il 1519 e
il 1520. Sono queste parole di suo figlio, Lzaro
de Velasco, primo traduttore del trattato di Vi-
truvio al castigliano
15
. La presenza di Torni do-
cumentata nella Cappella Reale di Granada a
partire dal 1520
16
: qui ebbe il compito di coordi-
nare tagliapietre, scalpellini, falegnami e dorato-
ri fornendo loro disegni e muestras di repertori
ornamentali derivanti dallantico. Lopera pi
importante che Torni lasci in questo cantiere
la struttura lignea a la romana del grande reta-
blo della Passione entro la quale doveva essere si-
stemato il trittico della Deposizione del pittore
fiammingo Dierick Bouts. Per gli altri sette pan-
nelli di completamento del retablo vennero con-
trattati insieme Pedro Machuca e Jacopo Torni.
4. Pianta della cattedrale di Murcia
(disegno A. Vera Bot).
5. Torre campanaria della cattedrale,
vista sul lato settentrionale (da Vera Bot,
La catedral de Murcia..., cit., p. 353).





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Questopera si discosta nettamente dalla tradi-
zione iberica, in quanto composta da un telaio
architettonico costituito da due coppie di semi-
colonne corinzie che sostengono una trabeazio-
ne a risalti e che inquadrano le tre campate dove
si inseriscono i dipinti del Bouts
17
.
Il trasferimento di Jacopo Torni a Murcia
Dallaprile del 1522 Jacobo florentn, come vie-
ne chiamato in Spagna, lasci Granada e si tra-
sfer a Murcia perch venne nominato maestro
mayor. Nella cattedrale port a termine il primo
ordine della torre con la sacrestia al suo interno
(ill. 7) e il portale di ingresso alla stessa che si af-
faccia sul deambulatorio (ill. 11), nonch la
riforma a la antigua della cappella del proto-
notario apostolico. Unanalisi, anche se sintetica
delle poche opere di sua mano nella cattedrale
indispensabile per tentare di ricostruire il suo
trascorso architettonico italiano, praticamente
sconosciuto, e per fare poi dei confronti con
loggetto dello studio di queste note: la cappella
dellarcidiacono di Lorca.
La torre campanaria della cattedrale di Murcia
La nuova torre campanaria ha una pianta qua-
drata e tre lati liberi mentre il quarto incorpo-
rato al perimetro settentrionale del deambulato-
rio (ill. 4, 5). Diverse ipotesi sono state avanzate
sulla paternit del progetto della torre in quanto
i lavori non vennero iniziati quando Torni era
nel cantiere e di Francesco Fiorentino si hanno
dati scarsi, incerti e contraddittori. Indubbia-
mente un progetto di tale portata e con delle
fondazioni cos complesse in ragione della strut-
tura geologica locale implica che Francesco Fio-
rentino abbia avuto fra le sue mani un chiaro
progetto da seguire, nonch una grande espe-
rienza cantieristica. Lzaro de Velasco, daltro
canto, pare non avere dubbi quando scrive che
suo padre orden la torre de Murcia
18
. Tutto
ci induce a pensare che la paternit del proget-
to sia da attribuire a Jacopo Torni che negli anni
in cui fu maestro mayor Francesco era impegnato
nei lavori della Cappella Reale di Granada, ma
che ebbe, sin dal suo arrivo in Spagna, contatti
con il capitolo della cattedrale
19
. Il progetto ori-
ginario della torre prevedeva tre ordini sovrap-
posti, probabilmente invertiti (corinzio, ionico e
dorico) e uno superiore di campane, per unal-
tezza totale di 67 metri. Lassoluta mancanza di
disegni e in particolare la scomparsa della planta
antigua, come viene citata pi volte in documen-
ti posteriori, rende allo stato attuale delle cono-
scenze impossibile ricostruire questo progetto.
Si sale ai diversi livelli della torre attraverso
una rampa coperta da una volta a botte che rac-
chiude ad ogni piano un locale adibito a diverse
funzioni (ill. 7). Il primo ordine della torre pre-
senta tre identiche facciate divise in tre campa-
te da un ordine architravato composto da due
coppie di paraste corinzie eccessivamente allun-
gate ed arcaiche che presentano il fusto riqua-
drato e decorato da candelabre che hanno dei
motivi molto affini a quelli presenti nel Codex
Escurialensis. Ogni parasta presenta una con-
troparasta con il fusto liscio. Nelle due fasce la-
terali le coppie di paraste inquadrano degli ele-
6. Torre campanaria, soluzione angolare
della trabeazione del primo ordine
(da Vera Bot, La catedral de Murcia...,
cit., p. 58).
7. Torre campanaria, rilievo dei primi due
ordini e loro sezione (disegno A. Vera Bot).





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menti minori binati: una finestra con un timpa-
no triangolare che pare schiacciato tra le foglie
di acanto, una nicchia inquadrata da semicolon-
ne pseudocorinzie che sorreggono un timpano
ricurvo e, in basso, una specchiatura muraria. Al
centro della campata maggiore una grande fine-
stra binata con volute inginocchiate inquadra-
ta da un ordine architravato sorretto da semico-
lonne con capitelli figurati. Le grandi paraste
corinzie sostengono una trabeazione con dei ri-
salti sporgenti in corrispondenza dei sostegni
verticali. Va rilevata la correttissima e dinamica
soluzione angolare di questa torre (ill. 6): lan-
golo brillantemente risolto con un quarto di
pilastro liscio incastrato tra le due controparaste
dei due angoli delle facciate. Questa soluzione
ricorda il Michelangelo del progetto per la fac-
ciata di San Lorenzo a Firenze
20
e conferma una
volta di pi lapprendistato che Torni fece a
stretto contatto con il grande artista e linfluen-
za che le sue opere esercitarono su di lui. Jer-
nimo Quijano, originario di Burgos e collabora-
tore di Torni nelle opere da lui avviate nella cat-
tedrale, quando prese in mano i lavori nel 1526,
a causa dellimprovvisa morte del maestro, era
giovane e con poca esperienza: il secondo livel-
lo della torre appare eccessivamente alto, con
numerose incertezze e con soluzioni arbitrarie
come ad esempio la collocazione di bucrani nei
piedistalli. Nel 1545 Quijano aveva completato
il secondo livello e si fusero le campane. Lungo
il lato meridionale, per, si era gi creato un
grosso cedimento ed i lavori rimasero paralizza-
ti fino al XVII secolo
21
.
La sacrestia
Allinterno del primo livello della torre campa-
naria Jacopo Torni colloc la sacrestia, alla qua-
le si accede dal deambulatorio attraverso un mo-
numentale portale (ill. 11). Superato questo in-
gresso, si passa nellantisacrestia, uno spazio a
pianta quadrata coperto da una volta a spirale.
Un secondo portale di Quijano, pi piccolo, e
con dei capitelli dal volto femminile, si trova
nellantisacrestia (ill. 10)
22
. La sacrestia uno
spazio cubico coperto da una volta ribassata a
ombrello (ill. 8) che Jacopo Torni termin, come
riporta liscrizione nella cornice che corre lungo
le pareti, il 15 novembre 1525. Le pareti non so-
no scandite da ordini ma occupate nella parte in-
feriore dal mobiliario ligneo e nella superiore, al
di sopra della cornice, da quattro archi a tutto
sesto con volute nella chiave su cui si imposta la
volta. La struttura muraria delle pareti costi-
tuita da conci di pietra chiara, perfettamente
squadrati, che creano un bellissimo effetto di bi-
cromia essendo posti sopra al mobiliario in le-
gno scuro di noce, anchesso disegnato da Jaco-
po Torni
23
. Unalta cornice percorre le pareti e
presenta nel fregio uniscrizione latina. La co-
pertura inevitabilmente ribassata in quanto si
trova sotto la pavimentazione del secondo livel-
lo della torre che impediva la costruzione di una
volta estradossata. Il passaggio tra la pianta qua-
drata e la volta avviene attraverso quattro pen-
nacchi o spicchi sferici generati dagli archi a tut-
to sesto (ill. 9). Questa soluzione rimanda ad
esempi brunelleschiani come la cupola della sa-
crestia vecchia di San Lorenzo. La copertura
8. Volta a ombrello della sacrestia
di Jacopo Torni (da Vera Bot,
La catedral de Murcia..., cit., p. 99).
9. Soluzione angolare della volta
della sacrestia





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della volta costruita con conci regolari di pie-
tra disposti con i giunti sfalsati a fascia. I blocchi
formano degli anelli concentrici che girano in-
torno allasse verticale della volta. Le ventotto
file di modanature ad ombrello sono puramente
decorative in quanto la funzione portante svol-
ta dai conci di pietra concentrici. Una ghirlanda
di fiori e frutta, che ricorda le decorazioni fio-
rentine dei Della Robbia, contorna la volta. La
soluzione adottata in questa sacrestia descritta
anche nel trattato di Alonso de Vandelvira
24
, fi-
glio dellarchitetto Andrs, nel paragrafo dedica-
to alla capilla cuadrada en vuelta redonda.
Il portale di accesso alla sacrestia
Nella composizione architettonica dellornatis-
simo portale di accesso alla sacrestia, Torni imi-
ta quella di un grandioso arco trionfale ed intro-
duce il motivo della travata ritmica (ill. 11). Lar-
co modanato a tutto sesto poggia su due colum-
nae quadrangulae di granito nero che creano un
bellissimo effetto di bicromia con il resto del
portale che di pietra calcarea chiara. Larco
inquadrato da due coppie di colonne che sorreg-
gono una trabeazione aggettante a rilievo. Fra le
colonne si trovano due piccole nicchie con la ca-
lotta a conchiglia. Ancora una volta incontriamo
il motivo principale del repertorio di Torni: le
strutture verticali binate inquadranti elementi
minori. Alle coppie di colonne corinzie corri-
spondono altrettanti risalti nella trabeazione con
un chiaro intento trionfale che conferiscono un
effetto dinamico alla struttura. Le due coppie di
colonne hanno la base attica e il fusto diviso a
met da tre anelli. La parte di fusto sotto gli
anelli scanalata e rudentata nella met inferio-
re. La met superiore del fusto tempestata da
una decorazione scultorea quasi miniaturista con
motivi vegetali, candelabre, teste di animali e
cornucopie. Una tempesta di narrazioni sculto-
ree riempie ogni spazio disponibile in una sorta
di horror vacui di tradizione plateresca che cele-
bra la superficie attraverso la scultura. La conta-
minatio tra spazio scultoreo e spazio architetto-
nico creata per ricercare contrasti ed effetti pla-
stici si risolve nellintegrazione e delimitazione
della decorazione plastica entro il telaio archi-
tettonico. Procedendo verso lalto della compo-
sizione, larchitettura lascia spazio alla scultura
che si esprime senza pi linquadramento archi-
tettonico. Possiamo supporre che la parte supe-
riore di questopera sia stata completata da
Quijano, in quanto lintero portale pare non ri-
spondere a una concezione unitaria, ma nessun
riscontro archivistico supporta questa ipotesi.
Sopra alla trabeazione si trova un attico a risalti.
Agli estremi, in asse con la coppia di colonne, ci
sono le rappresentazioni del sole e della luna,
soggetto ornamentale presente anche nel fregio
del primo livello della torre. La parte alta del
portale ha un coronamento piramidale che ter-
mina con un baldacchino. Il coronamento ri-
solto con tre salde figure che rappresentano le
virt teologali. Limpianto architettonico e la
decorazione scultorea di questo portale sono
molto simile alle tombe di Ascanio Sforza e di
Girolamo Basso della Rovere realizzate da An-
drea Sansovino in Santa Maria del Popolo a Ro-
10. Murcia, portale dellantisacrestia
di Jernimo Quijano.
11. Portale della sacrestia sul deambulatorio
di Jacopo Torni (da Vera Bot,
La catedral de Murcia..., cit., p. 61).





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ma, dove venne chiamato dal 1505. Nella stessa
chiesa fra il 1509 e il 1510 il Pinturicchio stava
affrescando la volta del coro del Bramante e
Giorgio Vasari scrive che Torni lavor a Roma
con il Pinturicchio. Non possiamo dunque
escludere una partecipazione di Torni al cantie-
re pinturicchiesco negli anni in cui si stavano
scolpendo le tombe del Sansovino; fatto questo
che spiegherebbe la sua forte influenza su Torni.
Ci troviamo dunque di fronte a un portale
che riprende, decontestualizzandola, la compo-
sizione architettonica delle tombe parietali del
Sansovino contaminandola per, con un iper-
decorativismo prettamente iberico suggerito
presumibilmente dal fabriquero mayor. Non
dobbiamo dimenticare infatti, che questi anni
coincidono con la permanenza romana di don
Gil Rodrguez de Juntern e non possiamo
escludere, anzi appare pi che probabile, che il
protonotario apostolico conoscesse la scultura
del Sansovino e potesse aver consigliato a Tor-
ni di rifarsi nellimpianto generale e nella deco-
razione a temi di suo gusto. Lanalisi di questo
portale infine mette in evidenza non solo il per-
fetto controllo di Torni dei caratteri morfologi-
ci e proporzionali degli ordini, ma anche la
grande abilit nel rendere complementari ar-
chitettura e scultura.
La cappella
Ritornando ora alla cappella, dobbiamo antici-
pare che il tentativo di esprimere delle pur prov-
visorie ipotesi critiche attraverso la ricostruzione
delle vicende architettoniche e lattenta lettura
filologica del manufatto e dei riscontri archivi-
stici, risulta particolarmente complesso
25
. Tutto
ci non solo per la difficolt di lettura dellarchi-
tettura stessa che rivela non essere frutto di un
progetto compiuto e unitario, ma anche per las-
soluta mancanza di disegni che devono essere
andati distrutti nel corso dei secoli e per la scar-
sit di riscontri documentali che possano far
chiarezza ai molti dubbi e perplessit che unat-
tenta e ravvicinata lettura dellopera mettono
immediatamente alla luce. La spiegazione della
carenza dei dati documentali va ricercata nel fat-
to che di una cappella privata si tratta, che non
esiste un archivio della famiglia Juntern che si
estinse nel XVIII secolo e che nelle actas capitu-
lares venivano registrati solo i fatti, i pagamenti
e le questioni che coinvolgevano direttamente la
cattedrale e non la cappella privata di un mem-
bro del capitolo
26
. A tutto ci bisogna aggiunge-
re il precario stato di conservazione in cui si tro-
va la cappella, costruita con la fragilissima pietra
calcarea della regione, soggetta a facile erosione
provocata dallelevatissima umidit presente nel-
12. Pianta dello stato originale della
cappella di don Gil Rodrguez de Juntern
(disegno A. Vera Bot).
13. Pianta dello stato attuale della cappella
(disegno A. Vera Bot).
14. Sezione longitudinale della cappella
(disegno A. Vera Bot).





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la zona di Murcia. Spesso non si possono pi
leggere nella loro integrit dettagli architettoni-
ci di notevole importanza, sempre quando que-
sti non siano stati alterati nel corso dei moltepli-
ci restauri cui stata sottoposta nel corso dei se-
coli la cappella
27
.
Per quanto riguarda lavanzamento dellatti-
vit edilizia, appare poco probabile che fino ai
primi anni del 1520 fossero iniziati i radicali la-
vori di modifica della cappella in quanto sar
proprio la presenza di artisti italiani nella catte-
15. Esterno della cappella di
don Gil Rodrguez de Juntern, fianco
meridionale della cattedrale.
16. Simbolo araldico di don Gil Rodrguez
de Juntern.
17. Particolare dellattico e del busto di
Giulio II prima dellintervento di restauro
(da C. Gutirrez-Cortines Corral,
Renacimiento y arquitectura religiosa
en la antigua dicesis de Cartagena,
Murcia 1987, p. 169).
drale, che probabilmente Juntern stesso
chiam in qualit di fabriquero mayor, a permet-
tergli di realizzare il progetto di ampliamento
della cappella. I lavori non dovettero subito par-
tire speditamente in quanto fra il 1521 e il 1522
don Gil Rodrguez de Juntern partecip attiva-
mente alla rivolta dei comuneros contro Carlo V
al punto da essere messo in carcere a Madrid e
restare assente dalle riunioni del capitolo dal
settembre del 1522 allottobre del 1523. Jacopo
Torni aveva iniziato la sua attivit come maestro
mayor il 30 aprile del 1522 e dunque Juntern lo
incontr non prima dellottobre del 1523, data
in cui riprese la radicale riforma a la antigua
della cappella di sua propriet. Questa riforma
consisteva nellaggiungere, attraverso labbatti-
mento del muro perimetrale della cattedrale, un
volume dalla pianta quadrata con due semicir-
conferenze contrapposte lungo lasse trasversale
coperta da una volta pseudo-ellittica molto par-
ticolare, definita da Alonso de Vandelvira bveda
de Murcia (ill. 14).
Descrizione
La successiva testimonianza documentaria risale
al 24 marzo del 1525
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e registra lautorizzazio-
ne che larcidiacono di Lorca ottenne dal capi-
tolo per abbattere la parete perimetrale della na-





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vata meridionale, demolizione che non possiamo
escludere essere gi avvenuta al momento della
registrazione negli actas capitulares.
Appare in ogni caso inverosimile pensare, a
prescindere dallimpossibilit di stabilire la data
esatta di inizio dei lavori, che questa autorizza-
zione sia stata concessa senza che larcidiacono
avesse presentato un dettagliato progetto di co-
sa avesse intenzione di costruire. La concessione
del permesso di abbattere la parete perimetrale e
conseguentemente di invadere lo spazio pubbli-
co deve essere valutata, infatti, come un caso ec-
cezionale nella storia della cattedrale che aveva
un solo precedente, quello della cappella del
marchese Vlez, la cui erezione fu portata a ter-
mine demolendo il muro del deambulatorio (ill.
2). Questa operazione non pass inosservata e
non si pot evitare una contestazione della citta-
dinanza che protest per linvasione del suolo
pubblico
29
. Appare dunque evidente che la con-
cessione dello spazio pubblico implicava la pre-
sentazione di un disegno per controllare, fra lal-
tro, lentit esatta dellespropriazione.
La cappella Vlez fiss quali erano i limiti
non oltrepassabili dal potere di un privato e dal
prestigio di un mecenate e della sua famiglia, e
divenne il metro di paragone e di emulazione
per coloro che cercarono di uguagliarne il pre-
stigio. Juntern, ottenuta lautorizzazione, si im-
pegn a rinforzare i muri della cappella, a non
oltrepassare il limite stabilito, a non recare dan-
no, costruttivo ed economico, alla chiesa stessa
e, la cosa pi importante, a terminare il lavori
entro due anni para lo qual obligo su persona y
bienes. Evidentemente i lavori che dovevano fi-
nire entro un lasso di tempo cos breve, due an-
ni, non potevano che riguardare laggiunta del
nuovo ambito di cos complessa concezione.
La cappella che si affacciava sulla navata era
ancora nello stato in cui venne acquistata nel
1510. Si possono ipotizzare dei lavori di conser-
vazione, laggiunta del retablo e della cancellata
in ferro, ma non le modifiche sostanziali che an-
che qui avvennero e che terminarono non prima
del 1543.
Jacopo Torni mor allimprovviso nel 1526 a
Villena, un pueblo nel territorio della diocesi do-
ve si trovava per controllare landamento dei la-
vori di alcune opere edilizie. Il cantiere della cap-
pella rimase fermo almeno fino al 13 novembre
del 1526 quando venne nominato maestro mayor
Jernimo Quijano, che prese in mano tutte le
opere lasciate in sospeso da Jacopo Torni. La te-
stimonianza documentaria successiva a quella del
1525 risale al 1541 quando Juntern prese dal
cantiere della cattedrale treynta y un carretadas
de piedra per la sua cappella per un importo di
3650 maravedini
30
. questa una prova inconfu-
tabile che lattivit edilizia pass attraverso perio-
di di stasi forse dovuti alle disponibilit finanzia-
re non illimitate del protonotario. La conclusio-
ne della cappella non doveva essere per lontana
in quanto nel testamento
31
che Juntern lasci
nel 1543 espresse la volont di essere sepolto da
solo ai piedi dellaltare. Nel 1549 egli pag a
Quijano lelevata somma di 400 ducati
32
, corri-
spondente a quattro annualit come maestro
mayor, per i lavori da lui svolti nella cappella. A
tal proposito, nel novembre del 1998, stato ri-
trovato, sotto la lapide, un sarcofago romano del
III secolo d.C., contenente i resti del protonota-
rio apostolico. Le pareti sono riccamente decora-
te con delle sculture, fra cui quelle di Apollo e di
otto Muse (sono riconoscibili Urania, Clio ed
Euterpe). Su uno dei due lati brevi scolpito lo
scudo del protonotario che stranamente presenta
uninversione dei quattro simboli. Larca, in mar-
mo di Carrara, stata portata dallItalia e contie-
ne i resti del protonotario che si fece inumare ve-
stito. Nel suo testamento Juntern espresse la
volont di essere sepolto nella cappella ovalada,
affinch fosse alla vista il sarcofago. interessan-
te notare come, dagli ultimi scavi effettuati, le di-
mensioni della base del sarcofago (217 cm) coin-
cidano esattamente con le fondazioni che si tro-
vano sotto laltare e che vennero costruite per so-
18. Particolare della trabeazione e delle
paraste dellordine dorico.
19. Particolare dellattico della cappella,
a destra del busto di Giulio II
(da Gutirrez-Cortines Corral,
Renacimiento..., cit., p. 169).





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stenere un peso ben maggiore di quello dellalta-
re. Non pare dunque azzardata lipotesi che il
sarcofago dovesse essere collocato al posto del-
laltare per dichiarare ancor pi esplicitamente,
la funzione funebre della cappella. Non sappia-
mo come mai venne poi collocato sotto il pavi-
mento. Ancor pi stupefacente il fatto che il
sarcofago rechi la data del 1528 e che, dunque,
questo progetto sia contemporaneo alla presenza
di Jacopo Torni nel cantiere. Un indizio in pi
per attribuire la progettazione e lesecuzione del-
lintero ampliamento al nostro.
Gli archeologi che seguono il caso, fra cui In-
dalecio Pozo, stavano esaminando lopportunit
di seguire la volont del protonotario e di collo-
care il sarcofago al posto dellaltare o di creare
un vano sottostante, affinch i visitatori potesse-
ro vedere il sarcofago dove si trova attualmente.
Il capitolo ha invece deciso di esporlo nel museo
della cattedrale, dove attualmente si trova, assie-
me ad un altro sarcofago romano. Nella rivista
Madrider Mitteilungen (1999) dellIstituto
Arquelgico Alemn en Madrid in pubblica-
zione un articolo di Indalecio Pozo che esamina
dettagliatamente il sarcofago in questione.
Il volume con cui si ampli la cappella tardo-
medievale e che di fatto la trasform nel vestibo-
lo della cappella vera e propria, quella con lalta-
re, rappresenta il punto pi alto di collaborazio-
ne e di intesa fra Juntern e Torni che volevano
ridare vita allarchitettura antica attraverso i pro-
totipi romani conosciuti dal protonotario aposto-
lico e dallarchitetto. La facciata (ill. 15) della
cappella si trova lungo il lato meridionale della
cattedrale ed un manifesto dellesplicita volont
di Juntern di rifarsi al gusto al quale era appro-
dato nellambiente della corte pontificia presen-
tando ai passanti se stesso e Giulio II attraverso
un linguaggio architettonico a loro totalmente
nuovo. La curvilinea superficie muraria, sobria e
lineare, scandita e ritmata da una successione di
paraste e controparaste doriche virili e dinamiche
che, per forma e linguaggio, rimanda innegabil-
mente al mondo artistico romano e in particola-
re allo stile architettonico giuliano, potente e
imperiale. Sullasse centrale della cappella, sotto
un timpano triangolare spezzato, posto il volto
idealizzato di un pontefice con la tiara e liscri-
zione in caratteri lapidari romani JVLIUS II (ill.
17). Il simbolo araldico di Juntern collocato
immediatamente al di sotto della trabeazione
dellordine (ill. 16) ed costituito da uno scudo
circondato da una ghirlanda di fiori e frutta, si-
mile a quella che circonda la volta della sacrestia.
Lo stemma nobiliare diviso in quattro parti che
contengono: un castello, un rovere, un levriero e
tredici palle. Nellorlatura dello scudo appaiono
otto piccole foglie di pioppo. Al di sopra dello
scudo posto il cappello paonazzo di protonota-
rio apostolico con tre ordini di fiocchi rossi, sei
per parte
33
. Sorprende che in questo stemma
compaia un rovere, in quanto quello della fami-
glia Juntern presentava e presenter sempre, ad
eccezione del nostro protonotario, al posto del
rovere una quercia
34
. Molto probabilmente lo
stesso Giulio II aveva fatto una donazione a Jun-
tern per autorizzarlo ad utilizzare il suo stesso
simbolo araldico, ma nelle ricerche condotte
presso lArchivio Segreto Vaticano non si tro-
vato alcun riscontro documentario. Queste do-
20. Interno della cappella, vista sullaltare
e sulla pala marmorea dellAdorazione
dei pastori. (da Vera Bot, La catedral de
Murcia..., p. 230).
21. Interno della cappella
(da Gutirrez-Cortines Corral,
Renacimiento..., cit., p. 173).





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nazioni erano molto frequenti fra i pi fedeli
consiglieri e amici del papa, come lo fu il ban-
chiere senese Agostino Chigi.
Il perimetro della cappella, che in origine era
isolato (ill. 12), ora solo parzialmente visibile a
causa della giustapposizione di due anonime co-
struzioni (ill. 13 e 15). A ponente si trova la sa-
cristia, aggiunta allinizio del XVII secolo per esi-
genze pratiche legate al culto della cappella e a
levante, prima del portale degli Apostoli, la cap-
pella della Confraternita delle Anime
35
(costruita
nel 1755). Vennero cos tagliate le paraste e le
controparaste e parte dello zoccolo che correva
continuo lungo lintero basamento esterno, me-
nomandolo definitivamente. Lordine dorico che
scandiva un tempo lintera superficie muraria si
pu dunque ora leggere interamente solo lungo
la parete retta della cappella che corrisponde al-
linterno allaltare e al retablo marmoreo con
lAnnunciazione dei pastori (ill. 18 e 20).
La composizione dellesterno rivela una sor-
prendente padronanza del progettista dellordi-
ne dorico completo, la cui scoperta e codifica-
zione si deve al Bramante del Belvedere, le cui
opere erano considerate ricostruzioni dellarte
antica
36
. Il dorico della cappella di Murcia de-
clinato con la funzione di articolare e dinamiz-
zare la facciata al punto da giungere ad una con-
sostanzialit tra la parete e lordine. La cornice
della trabeazione tripartita e presenta una sot-
tocornice con i dentelli. Questa soluzione
estranea alla tradizione vitruviana che prevedeva
per il dorico metope e triglifi ed una cornice bi-
partita senza dentelli, elementi questi ultimi ca-
ratteristici dello ionico e del corinzio. Fra i vari
trattatisti del XVI secolo solo il Vignola nelle
Regole delli cinque ordini di Architettura, del 1562,
disegna un dorico coi dentelli. La scelta del loro
utilizzo avvenne forse attraverso uno studio di-
retto dellarchitettura antica, dove compaiono
nelle arcate doriche del teatro di Marcello, ma
pi probabilmente per lo studio del primo ordi-
ne del cortile di palazzo Farnese dove lo stesso
motivo ripreso da Antonio da Sangallo nel
1514. La trabeazione della cappella presenta
molti aggetti in corrispondenza delle paraste: il
fregio a metope e triglifi di uguale larghezza
dai quali scendono cinque guttae. Le metope so-
no decorate con soggetti di pura fantasia: anima-
li, sfingi, anfore che non sembrano rimandare
direttamente al mondo del committente. Il capi-
tello presenta un abaco, liscio e geometrico, e un
echino decorato con ovoli, dardi e frecce sotto i
quali si trovano, nel fregio, conchiglie e rosette.
Un plastico astragalo divide il capitello dalle li-
sce paraste senza entasi che hanno una base atti-
ca e un plinto curvilineo che, dopo forti moda-
nature, si appoggia su un alto piedistallo. Il ba-
samento dellordine dorico, che nel progetto
originario era identico a quello corrispondente
allinterno dellordine corinzio, stato oggetto
svariati restauri e non corrisponde a ci che ven-
ne costruito nel XVI secolo. Sia il basamento
dellordine dorico esterno che quello del corin-
zio interno, pur non essendo identici, vennero
restaurati pi volte. Il basamento corinzio inter-
no ripreso dal trattato Medidas del romano del
1526 di Diego de Sagredo
37
(ill. 22). Molto inte-
ressanti e linguisticamente corrette sono le due
paraste che inquadrano la fascia centrale della
22. Particolare del basamento dellordine
corinzio della cappella.
23. Particolare dellaccesso alla cappella.





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cappella con il volto di Giulio II e lo scudo di
Juntern che presentano ai lati esterni due mez-
zeparaste e in quelli interni una sola mezzapara-
sta (ill. 15 e 17). Questo espediente venne rea-
lizzato con lo scopo di inquadrare lasse centra-
le e di dare rilievo alla parete. Lintersezione di
elementi architettonici posti su piani a profon-
dit diversa coinvolge lintero ordine e ricorda la
soluzione dei pilastri angolari del primo corpo
della torre della cattedrale (ill. 6). Larticolazio-
ne della parete accresce, moltiplica gli angoli e i
piani ed aumenta la difficolt di risolvere il fre-
gio dorico e il basamento. Un gioco molto simi-
le era stato fatto da Raffaello nella facciata per
palazzo Jacopo da Brescia con le fasce di una pa-
rasta e mezza che complicavano il ritmo nel fre-
gio e del piedistallo.
La copertura della cappella nascosta sotto
un tetto a falde che quasi non si vede per lele-
vata altezza dellattico che termina con degli ele-
menti ornamentali simili a dei merli. Emerge
dalla copertura estradossata di Torni solo la lan-
terna, al centro dellincontro delle due falde.
Anche lattico stato pi volte fortemente re-
staurato: i volti entro i tondi che rappresentano,
secondo la tradizione, i re biblici, sono quasi to-
talmente ricostruiti e i due rapaci che si possono
notare a fianco del volto di Giulio II fungono da
gronde ma sono stati costruiti ex-novo nel pi
recente restauro. Per quanto riguarda il timpa-
no spezzato che inquadra il volto di Giulio II pa-
re che la ricostruzione abbia seguito loriginale
del XVI secolo, ma anche in questo caso la cer-
tezza non assoluta. Il linguaggio dellattico
prettamente iberico e molto diverso dalla super-
24. Pilastro corinzio di separazione tra
i due ambiti della cappella.
25. Volta della cappella.
ficie muraria inferiore, pi decorato e forse
non corrisponde al progetto originario o po-
trebbe essere della mano che sostitu Torni do-
po la sua morte, ossia quella di Quijano.
Dagli aggetti della trabeazione, dalla declina-
zione dellordine dorico per lesterno e del corin-
zio per linterno e dalla mitizzazione che il proto-
notario esplicitamente vuol fare di Giulio II non
pare azzardato ipotizzare che il progettista si sia
ispirato al nuovo coro di San Pietro, la cappella
Iulia utilizzabile come sede del sepolcro miche-
langiolesco
38
. Il coro presentava allesterno un





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grande e complesso ordine di paraste doriche e al-
linterno un semplificato ordine di paraste corin-
zie. La cappella Iulia allinizio del 1512 era ormai
eretta e Juntern certamente vide la sua edifica-
zione. La soluzione del coro di Giulio II fu mol-
to difficoltosa in quanto le paraste erano fian-
cheggiate da mezzeparaste ed i risalti della tra-
beazione posti su piani a diversa profondit. Es-
sendo inoltre la cappella Iulia poligonale, presen-
tava spigoli non retti. La superficie muraria risul-
tava molto dinamica per i forti risalti dellordine.
La scelta del dorico per lesterno di San Pietro
potrebbe essere stato associato allo spirito virile
del primo apostolo, mentre quello del corinzio
per il suo interno alla verginit della Madonna, al-
la quale Giulio II aveva dedicato il coro principa-
le con la sua tomba. Daltronde la cappella sepol-
crale di Juntern presenta la stessa corrisponden-
za fra dorico e corinzio e il retablo con lAdorazio-
ne dei Pastori, nonch la scelta di un verginale or-
dine corinzio per linterno paiono confermare li-
potesi che larchitetto e il protonotario si siano
ispirati alla cappella Iulia.
Le membrature esterne corrispondono a quel-
le interne come nella cappella Iulia e nellarchi-
tettura tardomedievale e anche con questa inten-
zione lordine dorico venne utilizzato per mette-
re in evidenza la concordanza tra lesterno e lin-
terno. Bramante fu il primo ad insistere su questa
corrispondenza. Lesterno, sobrio ed austero, na-
sconde uno splendore e un decoro sorprendente
allinterno della cappella a pianta ovalada (ill. 12).
Questo contrasto, tra un esterno dorico chiuso e
severo ed un interno corinzio splendente e trion-
fale, corrispondeva alla tradizione dellarchitettu-
ra papale del Quattrocento e parzialmente anche
a chiese di epoca precedente come Santa Maria
delle Carceri a Prato dove ad un ordine dorico
esterno corrisponde un corinzio allinterno
39
.
Lo schema a pianta centrale era tradizional-
mente legato allarchitettura funeraria. Gli spazi
di piccola dimensione, in particolare, divennero
luoghi di sperimentazione di prove e formule ar-
chitettoniche e decorative di transizione tra cor-
renti e culture diverse, cos come avvenne qui a
Murcia. La curvilinea superficie muraria della
cappella corre ininterrotta lungo lintero perime-
tro interno. scandita da un ordine completo co-
rinzio che composto da una trabeazione soste-
nuta da sedici semicolonne a scanalature tortili
rudentate nel terzo inferiore, fortemente plasti-
che che poggiano su un alto basamento continuo
(ill. 20, 21). Per intendere le ragioni che hanno
spinto il progettista a dare laltezza veramente
considerevole al piedistallo si deve immaginare la
situazione che trov e i vincoli legati alla preesi-
stente cappella acquistata dal protonotario. Lal-
tezza complessiva del nuovo ambito ovale doveva
per lo meno avvicinarsi a quella delle cappelle
della cattedrale, che era di 8 metri e mezzo. Lal-
tezza data ai piedistalli e alla trabeazione consen-
tiva di raggiungere un maggiore sviluppo vertica-
le senza cambiare la proporzione dellordine e
laltezza delle semicolonne. Inoltre, non seconda-
rio era il problema dellilluminazione: la cappella
doveva ricevere luce solo dallalto non potendo
essere aperta la parete meridionale. La trabeazio-
ne corre continua lungo lintero ambito della
cappella e prosegue ininterrotta anche lungo il
vestibolo quadrato di accesso, fino alle due co-
26. Particolare della volta
(da Gutirrez-Cortines Corral,
Renacimiento..., cit., p. 177).
27. Esploso assonometrico della stereotomia
della Bveda de Murcia por Cruceros
(da J.C. Palacios, Trazas y cortes de
cantera en el Renacimiento espaol,
Madrid 1990, p. 160).





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lonne ioniche, interrompendosi solo allaltezza
della pala marmorea collocata sopra laltare. La
decorazione del fregio della trabeazione pre-
sente solo nella cappella ovalada e si interrompe
allaltezza dei pilastri scanalati corinzi che separa-
no i due ambienti. Il desiderio di dare continuit
ottica e formale alla parete curvilinea sottoli-
neato dal prolungarsi delle modanature dellinte-
ro basamento a partire dal primo toro della base
attica. Il capitello corinzio composto da un aba-
co curvilineo con una rosetta al centro. Il vaso ha
un solo ordine di foglie di acanto che escono da
un collarino e due volute di tipo ionico. Al di so-
pra dei capitelli corinzi si imposta limponente
trabeazione, molto elevata e con forti sporgenze
in corrispondenza delle semicolonne e delle ri-
spettive basi in un chiaro intento trionfale. La
cornice e larchitrave hanno un profilo molto
geometrico, sono quasi privi di elementi orna-
mentali e composti da tre risalti digradanti verso
il basso. Nella superficie a cassettoni sotto al goc-
ciolatoio sono inserite delle rosette, disegnate
con cinque foglie di quercia raggruppate intorno
ad una ghianda, chiaro riferimento a Giulio II,
usato in pi occasioni da Bramante
40
. Queste ro-
sette saranno riprese nellintradosso dellarco che
separa il vestibolo quadrato dalla cappella. Il fre-
gio, riccamente decorato si interrompe allaltez-
za di una piccola finestrella, verso ponente. La
superficie muraria lavorata come una scultura,
intesa come un corpo modellabile, facendo
propria la lezione bramantesca. Fra una semico-
lonna e laltra si trovano, nella parte superiore,
quattordici nicchie con un arco a tutto sesto en-
tro cui si trova una conchiglia. La conchiglia si
poggia su una cornice il cui profilo forma due ca-
pitelli geometrici che si intersecano con lordine
maggiore: il corinzio. Laccostamento di un ordi-
ne grande ad uno piccolo utilizzato dal Bra-
mante fin dalle sue prime opere lombarde. Le
nicchie contengono delle sculture di Sibille, mol-
to grandi rispetto al vano che le contiene, ma
previste nel progetto originario in quanto alla
morte del protonotario, nel 1552, si trovavano
gi delle iscrizioni sulla parete prima della riqua-
dratura muraria
41
. Sotto il plinto delle colonne si
sviluppa un alto piedistallo di cui, come detto,
ignoriamo i dettagli architettonici originali. A
Murcia la parte di ponente dellambito ovale
stata mutilata con linserimento di una porta in-
quadrata da una cornice modanata che si sosti-
tuita allo zoccolo e al terzo inferiore della secon-
da e della terza semicolonna. La porta fu aperta
per la necessit di dotare di una sacrestia la cap-
pella, la cui pianta creava problemi liturgici.
Questa scelta rende evidente la difficolt di uso di
unarchitettura a pianta centrale, che anche se ar-
monica e coerente, risulta inadeguata alle funzio-
ni celebrative che qui si devono svolgere. La ri-
chiesta di aprire questa porta venne fatta nel
1612 al capitolo da un discendente di don Gil
Rodriguez de Juntern, suo omonimo
42
. Lomo-
nimia legata al fatto che per disposizioni testa-
mentarie dello stesso Juntern, i discendenti di
un ricco maggiorasco da lui fondato si dovevano
chiamare come il fondatore
43
. La sacrestia venne
sistemata dietro ladiacente cappella che confina-
va con il vestibolo quadrato, ma con la quale non
ha nessuna relazione, poich si pu accedere ad
essa solo dalla cappella (ill. 13). Al centro della
parete retta si trova la pala daltare marmorea con
lAdorazione dei Pastori inquadrata da una cornice
modanata, la cui paternit sempre stata attri-
buita a Jernimo Quijano, anche se si ipotizza-
to che sia stata importata dallItalia gi scolpita
44
.
collocata sopra un semplice altare marmoreo ai
cui piedi, leggermente spostata verso sinistra, la
lapide sotto cui sono conservati i resti del fonda-
tore della cappella nel sarcofago romano. La la-
pide reca il suo stemma nobiliare, identico a
quello esterno e uniscrizione
45
. Sopra la pala
daltare si trova un arcosolio impostato sulle se-
micolonne ai lati dellaltare. Questo motivo le-
gato allarte funeraria ed caratteristico delle
tombe parietali della fine del Quattrocento. La
moda dei sepolcri funebri romani venne rapida-
mente importata in Spagna: il primo fu quello
eretto per il cardinale Mendoza nella cattedrale
di Toledo su disegno di Andrea Sansovino o di
Domenico Fancelli, a cui segue quello realizzato
nella cattedrale di Siviglia per suo nipote, larci-
vescovo Diego Hurtado de Mendoza, eseguito da
Fancelli tra il 1508 e il 1509, ma importato da
Genova. Questo sepolcro imit il monumento
funebre di papa Paolo II.
28. Particolare della decorazione della
volta.





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Moltissime sono le citazioni dirette dellanti-
co: le colonne a scanalature tortili sono un diret-
to richiamo allarchitettura e allarte romana do-
ve si diffondono soprattutto a partire dal secon-
do secolo. Lutilizzo pi frequente di questa tipo-
logia di colonne si trova in antichi sarcofagi ro-
mani dove assumono un esplicito significato se-
polcrale e trionfale come in questa cappella. Ri-
troviamo colonne a scanalatura tortile anche nel-
le due pergule costantiniane dellantica basilica di
San Pietro.
La struttura della cupola e la sua iperdecora-
zione risentono invece di uninfluenza pretta-
mente iberica, corrispondente al gusto del com-
29. Ingresso alla cappella dalla navata
meridionale con loriginale arco ogivale
posto sopra a quello a tutto sesto di
Jernimo Quijano.
mittente (ill. 25, 28). La copertura della cappella
a pianta pseudo-ovale o bveda de Murcia come
stata definita da Alonso de Vandelvira nel suo
trattato
46
, scritto tra il 1575 e il 1591, una delle
volte pi straordinarie realizzate in Spagna con la
tecnica della stereotomia
47
(ill. 27). Le tecniche e
le tradizioni nella risoluzione di una copertura di
un ambiente pseudo-ovale erano abbastanza va-
riegate, ma in questo caso, a seguito dellimposta-
zione della pianta e dei due archi a tutto sesto
(quello di accesso e quello sopra laltare) lunica
soluzione conseguente possibile, in considerazio-
ne anche della necessit di aprire una fonte di lu-
ce sulla copertura con una lanterna.
Larchitettura romana risolveva il problema
della copertura di uno spazio a pianta quadrata
con due absidi laterali suddividendolo e copren-
dolo con pi volte: la soluzione pi usata era
quella di una volta a crociera centrale e di due ca-
lotte semicircolari ai lati. In ogni caso lesperien-
za compositiva sempre legata alla soluzione
tecnica. Costruire una copertura ovale proba-
bilmente uno dei casi pi impegnativi che la tec-
nologia tradizionale abbia affrontato, in quanto
varia continuamente il raggio di curvatura. La
difficolt dipende dalle dimensioni dello spazio
da coprire. Larchitetto per risolvere questo pro-
blema doveva possedere conoscenze statiche,
geometriche e matematiche.
La bveda di Murcia generata dalla rotazione
di una semicirconferenza intorno ad un asse cir-
colare che per semplificare potremmo definire
pseudo-ellittica. In realt larco generatore crea
una specie di volta a botte che si imposta su due
archi semicircolari corrispondenti alle absidi del-
la pianta e sui due archi a tutto sesto: quello din-
gresso e quello che incornicia laltare. Nella par-
te centrale si trova la lanterna circolare circonda-
ta da una robbiana ghirlanda floreale. Si crea co-
s un meraviglioso effetto luministico ottenuto
dalla penetrazione dei fasci di luce attraverso le
aperture circolari della lanterna centrale (ill. 28).
Se si eccettua la finestrella nel fregio questa lu-
nica fonte di luce dellintera cappella. Se la volta
sar decorata, come nel caso di Murcia, si po-
tranno rendere pi plastiche e sporgenti le mo-
danature senza cambiarne il tracciato geometri-
co e inserire le decorazioni negli spazi creati. La
copertura suddivisa da modanature in dician-
nove fasce decorate che seguono il raggio di cur-
vatura fino allimposta della cupola e hanno al-
ternativamente al centro riquadri circolari o ret-
tangolari che la dividono in due ulteriori zone.
Le distinte parti sono ricolme di costosissime
sculture in pietra. I temi scultorei si ripetono
specularmente nella stessa fascia e nellaltra met
della cupola e dunque lo stesso tema ripetuto
quattro volte. Nella decorazione della cupola ci
troviamo di fronte a un horror vacui di tradizione
spagnola, plateresca o araba che potrebbe avere





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dei corrispondenti in Italia solo nella tradizione
iperdecorativa lombarda. La simbologia pagana
e con riferimenti allantico, e mostra lesaltazio-
ne bellica, imperiale e reale. La decorazione ren-
de evidente come lidea dominante non sia quel-
la della morte, ma del trionfo e dellimmortalit
e che si voleva sorprendere lo spettatore con la
magnificenza di unopera con decorazioni costo-
sissime e innovative per il panorama iberico.
Questa volta (ill. 14) copre uno spazio relativa-
mente piccolo ed stata disegnata e pensata nel
caso concreto di questa cappella non avendo di-
retti precedenti noti nellarchitettura iberica, n
in quella italiana. Il suo progetto e la sua realiz-
zazione sono stati resi possibili per lincontro di
maestranze spagnole abilissime nello scolpire
materiali leggeri e facilmente lavorabili come la
pietra calcarea di Murcia con un progettista dal-
la formazione polivalente dotato di una grande
originalit creativa.
Il ripetersi di elementi riferibili a papa della
Rovere e la conoscenza della vita e dellesalta-
zione che il committente fa della corte pontificia
presso cui aveva vissuto, nonch unanalisi archi-
tettonica della cappella tenterebbe di stabilire un
vincolo con il primo progetto di Michelangelo,
risalente al 1505, per il mausoleo di Giulio II
48
.
Del progetto sappiamo solo quanto si ricava dal-
le descrizioni, in pi parti non coincidenti, del
Vasari e del Condivi, i primi biografi ed esalta-
tori di Michelangelo. Si trattava di un maestoso
mausoleo cristiano, che rivaleggiava con gli an-
tichi sepolcri degli imperatori romani e con il
mitico Mausoleo di Alicarnasso. Il progetto con-
sisteva in un organismo isolato che si sarebbe
dovuto porre nella cappella Iulia in cui architet-
tura e scultura si fondevano nellesaltazione del-
le gesta del pontefice. Aveva una forma rettan-
golare, era largo circa 10,5 metri e profondo 7,
secondo un rapporto 2:3, e articolato in altezza
su tre ordini digradanti verso lalto, che forma-
vano una piramide tronca. Allinterno era previ-
sto un piccolo tempietto, ossia un sacello ovale
coperto da una cupola anchessa ovale. Al centro
del sacello, scrive Vasari, cera un sarcofago: la
cassa, dove haveva a porsi il corpo morto di quel
Papa. Sappiamo che per questo lavoro Miche-
langelo chiam dei garzoni da Firenze ed mol-
to probabile che Torni sia stato fra questi, come
lo fu fra quelli che decorarono la volta della cap-
pella Sistina. Le dimensioni della tomba di Mi-
chelangelo sono pi grandi, ma non sappiamo le
misure esatte del suo ovale interno, le cui rico-
struzioni assomigliano sorprendentemente alla
cappella sepolcrale di Juntern: entrambe le
piante delle cappelle sono strettamente vincola-
te alla volta e questa soluzione non ha preceden-
ti. Le diverse ricostruzioni del progetto miche-
langiolesco differiscono soprattutto sullaccordo
tra il primo e gli altri due livelli, sul coronamen-
to in alto e sul numero degli accessi. Nellultima
ricostruzione di Frommel la superficie muraria
dello spazio interno ovale scandito da lesene
che terminano su una cornice su cui si imposta
30. Volte della cappella, vista verso
lingresso sulla navata meridionale
(da Vera Bot, La catedral de Murcia...,
cit., p. 248).
31. Vista sulle due volte.





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una cupola ovale. La somiglianza dellimpianto
ovale con la cappella di Murcia innegabile, so-
prattutto in un panorama come quello del se-
condo decennio del Cinquecento dove gli espe-
rimenti di piante di questo tipo erano molto po-
chi. Non si pu escludere che il tracciato di que-
sta cappella e della sua cupola possa essere stato
disegnato da Torni ricordando o avendo tra le
mani degli schizzi che il suo intimo amico Mi-
chelangelo aveva fatto per la copertura della
cappella interna del sepolcro di Giulio II. Que-
sti disegni potrebbero essere stati traslati in un
contesto diverso, legati al medio artistico locale
ed eseguiti probabilmente da Jernimo Quijano.
Non sappiamo infatti a che punto si fosse ar-
rivati nella costruzione della cappella quando
Torni mor. Appare evidente che Jernimo
Quijano riprendendo il lavoro di Torni ebbe fra
le sue mani il progetto, disegni e schizzi. Le mae-
stranze, inoltre, avevano appreso a scolpire par-
ticolari architettonici allantica durante i sette
anni in cui si alternarono alla guida dei lavori
della cattedrale i due fiorentini e dunque, anche
se la continuazione dellesecuzione del progetto
avvenne dopo la morte di Torni, non possibile
pensare che la paternit del progetto di amplia-
mento della cappella sia di Quijano, originario di
Burgos, gran architetto, ma che in quegli anni
aveva ancora poca esperienza e del quale mai
stato documentato un viaggio in Italia.
Quello che pu essere successo che il pro-
getto originario sia stato aggiornato durante il
prolungarsi dei lavori nel cantiere durati per pi
di trentanni. In un lasso di tempo cos lungo
sono inevitabilmente avvenuti dei cambiamenti
e degli adattamenti a uno o forse pi progetti. I
lavori non sembrano essere stati affrontati in
maniera unitaria e coerente e questo pare dimo-
strare che si sia tentato di dare soluzione alle-
mergere di nuovi problemi in base alle risorse
economiche e ai consigli del committente, non-
ch alla preparazione e alla formazione dellar-
32. Orihuela, Chiesa di Santiago.
Particolare della volta di una cappella
di Jernimo Quijano
(da Gutirrez-Cortines Corral,
Renacimiento..., cit., p. 260).
chitetto che sostitu Jacopo Torni. innegabile,
daltronde, che la cappella presenti delle caratte-
ristiche progettuali acutissime e complesse. La
sperimentalit della soluzione costruttiva ac-
compagnata, per, da unesecuzione complessi-
va sotto pi aspetti imprecisa. Scorrettezze
grammaticali e sintattiche si intrecciano a solu-
zioni arbitrarie e incertezze, forse dovute allim-
provvisa morte di Torni a pochi anni dallaper-
tura del cantiere, alla mancanza di disegni detta-
gliati dei particolari architettonici di pi diffici-
le interpretazione e allinserimento di un secon-
do architetto la cui formazione era di natura to-
talmente distinta da quella di chi avvi i lavori.
Le incertezze pi evidenti appaiono nel pas-
saggio fra la cappella ovalada e il vestibolo qua-
drato dove due grevi e sproporzionati pilastri
corinzi a sei scanalature, privi di rastremazione
sono fra gli elementi pi grammaticamente
scorretti dellintero complesso (ill. 31).
Laccesso alla cappella dalla navata presenta
un arco a tutto sesto che scarica su due colonne
marmoree ioniche (ill. 23). Le colonne sono
state collocate, in una maniera molto poco cor-
retta, con lechino posto longitudinalmente al-
lingresso. Dietro le colonne si trovano due
controparaste che evidenziano ulteriori incer-
tezze morfologiche e sintattiche mai riscontra-
bili nella cappella ovalada. Sarebbe stata pi
corretta la scelta di far scaricare larco su un pi-
lastro o su una colonna ionica posta con lechi-
no longitudinalmente. Nel capitello pare che le
volute ioniche siano compresse dalla trabeazio-
ne nella parte superiore e dagli ovoli dellechi-
no e dal vaso nella parte inferiore. Il vaso che
precede il collarino molto alto e privo di de-
corazioni. Le volute sono finissime e poste in
orizzontale al punto da non facilitare la conti-
nuit strutturale tra fusto e capitello a sostegno
della trabeazione. Fra il capitello e larco ritro-
viamo lalta trabeazione che corre lungo tutto il
vestibolo e la cappella. Il fregio liscio e molto
alto. Sulla volta dellarco, in caratteri lapidari
romani, chiaramente leggibile: ESTA CA-
PILLA MANDO HAZER DON GIL RO-
DRIGUEZ DE IUNTERON PROTHONo
APPco ARCEo DE LORCA EN ESTA
SANCTA IGLESIA (ill. 29). Al di sopra della
cornice, tangente al colmo dellarco a tutto se-
sto, riprende la parete esterna della cattedrale e
troviamo un arco ogivale tamponato con pietre
squadrate. In questo spazio, che si affaccia sulla
navata laterale, sono collocati tre stemmi di
uguali dimensioni. Al centro e rialzato rispetto
agli altri quello di papa Giulio II, con un rove-
re nello scudo e nella parte superiore la tiara pa-
pale e le chiavi incrociate. Sotto si trova liscri-
zione ARMAS DE PAPA IVLIO II DE GLO-
RIOSA MEMORIA. Ai lati, pi in basso, due
identici stemmi della famiglia Juntern con li-





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scrizione: DE JUNTERON ES. Tutti e tre gli
stemmi sono circondati da ghirlande di fiori e
frutta. Lintento di ricerca di fama e di autocele-
brazione dunque esplicitato non solo nella
facciata esterna ma anche nellingresso. La con-
tinuit fra i due distinti ambienti della cappella
affidata allalto fregio che, come detto, par-
tendo dalla colonna ionica comprende la cap-
pella ovalada per tornare alla seconda colonna
ionica. Linterruzione della decorazione del fre-
gio della trabeazione avviene allaltezza delle le-
sene corinzie che si trovano dietro i pilastri sca-
nalati che dividono i due ambienti (ill. 23, 24).
Questo stacco si nota anche osservando il para-
mento murario del vestibolo che rimasto inva-
riato rispetto allimpianto tardomedievale.
Il primo spazio quadrato, corrispondente al-
lantica cappella acquistata dal protonotario nel
1510, separato dalla navata da una cancellata in
ferro. Il vestibolo coperto da una volta legger-
mente ovale con una lanterna ed impostata su
quattro pennacchi (ill. 30, 31). decorata in ma-
niera molto semplice e geometrica con modana-
ture che formano dei cerchi. Nei pennacchi viene
ripetuto lo stesso tema inserendolo in triangoli e
sulle due pareti laterali, sopra la trabeazione, ci
sono due grandi conchiglie messe luna di fronte
allaltra. I due cerchi centrali della cupola hanno
delle vetrate colorate in cui vengono nuovamente
rappresentati i simboli araldici di Juntern.
Ipotesi attributiva
Appare evidente che la cappella non sia frutto di
un progetto unitario, n tantomeno lesecuzio-
ne. Sembra che si sia proceduto apportando an-
che consistenti variazioni e precisando via via nel
tempo non solo alcuni particolari, ma anche par-
ti dellimpianto dinsieme. Sono riferibili alla
mano di Torni la pianta e lalzato della cappella
pseudo-ovale in quanto si tratta di un progetto
sperimentale ma di chiaro ambito romano e la
cui esecuzione appare ben controllata. La tecni-
ca costruttiva della cupola della cappella e il re-
lativo apparato scultoreo, invece, di tradizione
ispanica e dunque coincidente con il gusto iper-
decorativo del committente e difficilmente im-
maginabile da un fiorentino. Inoltre la collabo-
razione con le maestranze locali deve essere sta-
ta in questo caso determinante perch la coper-
tura non pu che essere stata progettata insieme
allintero complesso della cappella, anche se for-
se venne eseguita dopo la morte di Torni. La co-
struzione della cupola e larcosolio sopra laltare
hanno reso necessaria in un secondo tempo,
quando subentr Quijano, una modifica allarco
di ingresso che era ogivale e che se fosse rimasto
tale avrebbe coperto la visuale del fondo della
cappella e della pala marmorea. Larco a tutto se-
sto al contrario, permette una percezione globa-
le dello spazio e della struttura. Solo in questa
seconda fase, ed anche a seguito della creazione
del maggiorasco, Juntern pens alla ricostru-
zione della cappella tardomedievale acquistata
nel 1510 che risultava ormai troppo distante sin-
tatticamente e linguisticamente dalla cappella
progettata da Jacopo Torni. Si scelse a questo fi-
ne un linguaggio geometrico e poco decorato
per evitare di competere con quello dellambien-
te gi costruito. Tale linguaggio coincide con
quello utilizzato da Quijano nelle opere della sua
maturit (ill. 32). La distanza che intercorre tra
la realizzazione di Quijano e quella della proget-
tazione a la antigua, non fu soltanto una di-
stanza geografica, ma anche culturale, partico-
larmente riferita alla tecnica costruttiva. Non es-
sendo in possesso di un progetto definitivo del-
lintera cappella, che forse non nemmeno esi-
stito, non ci sono sufficienti elementi per poter-
lo ricostruire nella sua interezza. Juntern fu in
definitiva chi diresse e soprintese i lavori assu-
mendo un particolare ruolo di coordinamento,
in sintesi essi si poterono realizzare grazie alle-
sperienza architettonica da lui acquisita nellam-
biente romano. Per questi motivi egli pu esse-
re considerato leffettivo direttore della realizza-
zione della propria cappella sepolcrale, intesa ad
evocare la sua memoria e quella di Giulio II.
Per quanto riguarda, in ultima analisi, i mol-
teplici interrogativi lasciati aperti dallo studio di
questa costruzione, si deve rilevare come alcune
delle maggiori incognite siano riscontrabili nella
figura di Jacopo Torni, della cui attivit architet-
tonica italiana non si conosce alcun lavoro.
quantomeno inconsueto che di un architetto no-
to per la sua attivit spagnola, svolta negli ultimi
sei anni di una vita durata cinquanta, si sia persa
ogni traccia del lungo periodo precedente tra-
scorso in Italia, anche in relazione alla frequenta-
zione di cantieri architettonici. La sua attivit
spagnola, daltronde, risente indubbiamente di
influenze locali ma testimonia anche la cono-
scenza non superficiale dellopera di architetti
quali Andrea Sansovino, Bramante, Michelange-
lo, Giuliano e Antonio da Sangallo. Inoltre, ulte-
riori dubbi sorgono dallanalisi comparata delle
opere spagnole a lui ascrivibili, in quanto a fian-
co di elementi ricorrenti si alternano concezioni
spaziali e architettoniche molto differenti.
Difficilmente Jacopo Torni detto lIndaco
stato solo lesecutore di un progetto fatto in Ita-
lia e del quale era venuto in possesso il suo com-
mittente, don Gil Rodrguez de Juntern. In
questo caso risulterebbe difficile fare delle ipo-
tesi concrete sullarchitetto a cui si possa ascri-
vere la paternit del progetto della cappella fu-
nebre. lecito comunque farsi questa domanda,
ma con i pochi dati finora a nostra disposizione
non possiamo che aggiungere altri piccoli indizi
per risolvere o, forse, ulteriormente complicare,
questindagine storiografica.





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100
* Questo articolo rappresenta la rielabo-
razione e lapprofondimento di una parte
della mia tesi di laurea intitolata Jacopo
Torni detto lIndaco (1476-1526) e lin-
troduzione dellarchitettura a la antigua
in Spagna, discussa presso il Diparti-
mento di Storia dellarchitettura dellIsti-
tuto Universitario di Architettura di Ve-
nezia nel novembre 1997, relatore pro-
fessor Howard Burns, correlatore profes-
sor Fernando Maras dellUniversidad
Autnoma de Madrid. Desidero ringra-
ziare in questa occasione i miei relatori e
il prof. Cristiano Tessari con il quale ho
avuto pi volte scambi di idee sullarchi-
tettura spagnola del Cinquecento e che,
per la stesura di questo articolo, mi ha da-
to preziosi consigli.
1. Archivio della cattedrale di Murcia
(dora in poi ACM), Actas Capitulares
(dora in poi Aa. Cc.) 1490-1514, consul-
tabili in microfilm presso lArchivio Sto-
rico Provinciale di Murcia (dora in poi
AHP), f. 221v. Questo volume di actas ca-
pitulares scomparso dallarchivio della
cattedrale da tempo indeterminato e tutti
gli studi che hanno trattato la figura di
don Gil Rodrguez de Juntern e la co-
struzione della sua cappella funebre si so-
no potuti avvalere solo del volume suc-
cessivo che inizia dal 1515 e rifarsi a F.
Ponzoa y Cebrin, La Iglesia catedral de
Cartagena trasladada a Murcia. Apuntes y
noticias, ms. 1840, Archivio Municipale di
Murcia (dora in poi AMM), che racco-
glie molti dati, alcuni provenienti da fon-
ti in parte oggi non pi consultabili ed al-
tri provenienti da J. A. de la Riva (Docto-
ral), Apuntamientos, ms. del XVIII sec. di-
sperso in tre collezioni: AMM, Academia
Alfonso X el Sabio e G. de la Pea Ruiz-
Baquern. Ho avuto la fortuna di poter
consultare questo microfilm, che si trova
nellarchivio di San Esteban a Murcia,
ora chiuso al pubblico, per il prezioso
suggerimento di Francisco Jos Garca
Prez e per la paziente ricerca del dottor
Vicente Montojo dellAHP. Ad entrambi
un ringraziamento particolare. Nella ri-
cerca condotta presso lArchivio Segreto
Vaticano (dora in poi ASV) stata ritro-
vata la bolla con cui Juntern venne no-
minato da Giulio II arcidiacono di Lorca
l8 aprile del 1508 (ASV, Armadio XXXIX,
vol. 28, ff. 196r-196v).
2. Juntern venne nominato protonotario
apostolico il 27 luglio del 1509 (ASV,
Reg. Vat. 940, f. 169v) e conte palatino,
ossia capo della cancelleria pontificia che
si trovava nel palazzo lateranense, il 19
agosto del 1509 (ASV, Reg. Vat. 983, ff.
89-90). La biografia di don Gil Rodr-
guez de Juntern non mai stata oggetto
di uno studio monografico e le uniche
notizie che si avevano su questo impor-
tante prelato provenivano da J. M. Ibaez
Garca, Don Gil Rodrguez de Juntern, in
Boletn de la Junta del Patronato del
Museo de Bellas Artes, Murcia, n 4,
1925, pp. 74-81. Nella ricerca condotta
presso lASV sono state trovate 23 minu-
te di bolle conferite da Giulio II a don Gil
Rodrguez de Juntern e due brevi, di cui
uno di Leone X, che hanno permesso, as-
sieme ad altri documenti rinvenuti in di-
versi archivi spagnoli, di ricostruire la
biografia di Juntern che in questo arti-
colo non possibile riportare dettagliata-
mente. in pubblicazione nella rivista
Anuario del Departamento de Historia y
Teora del arte, Universidad Autnoma
de Madrid, vol. XI, 1999, larticolo di M.
Villella, Nuovi documenti per la ricostruzio-
ne della biografia di don Gil Rodrguez de
Juntern, protonotario apostolico nella Roma
di Giulio II e committente della prima cap-
pella funebre a la antigua nella cattedrale
di Murcia a cui si rimanda per approfon-
dire largomento.
3. Sul pontificato di Giulio II cfr. L. Von
Pastor, Storia dei Papi dalla fine del Me-
dioevo, vol. III, Libro III, Roma 1925 (1
ed. Freiburg 1924); E. Rodocanachi, Le
pontificat de Jules II, 1503-1513, Paris
1928; M. Tafuri, Roma instaurata. Stra-
tegie urbane e politiche pontificie nella Roma
del primo 500 in C.L. Frommel, S. Ray,
M. Tafuri, Raffaello architetto, Milano
1984, pp. 59-106; S. Ray, Architettura e
Antico: Roma 1500-1527 in Roma, centro
ideale della cultura dellAntico nei secoli XV e
XVI, Roma 1986.
4. Cos Juntern chiama Giulio II in pi
documenti e nel suo testamento.
5. Prese possesso della diocesi di Cartage-
na-Murcia un segretario di Matteo Lang,
Juan Lpez Paradinas. Lang fu un uomo
potentissimo che nacque nel 1468 in Au-
gusta e nel 1490 entr alla corte di Fede-
rico III. Fu segretario di Massimiliano I
dal quale ebbe, oltre a molte prebende, il
vescovado di Gurk nel 1501. Da Giulio
II, che laveva nominato cardinale di Ca-
stel SantAngelo in pectore fin dal 1511, fu
ricevuto come un sovrano e nominato
cardinale nel 1512. Venne eletto vescovo
della diocesi spagnola dal 1513 al 1540,
anno in cui gli successe Juan Martn Sili-
cio. Oltre alla costruzione della torre
campanaria della cattedrale, favor dei
contatti tra lospedale di Santa Maria del-
le Grazie di Murcia e quello di Santo Spi-
rito a Roma. Sul vescovo Matteo Lang
cfr. P. Daz Cassou, Serie de los obispos de
Cartagena. Sus hechos y su tiempo, Madrid
1895, pp. 76-80 e la voce Lang Matteo
della Gran enciclopedia della Regin de
Murcia, Murcia 1993, p. 203.
6. La causa principale della rivolta dei co-
muneros, letteralmente abitanti dei co-
muni, si deve ricercare nella crisi che
coinvolse il Paese alla morte di Isabella la
Cattolica e che esplose dopo larrivo di
Carlo V. Il sovrano, infatti, non mostr
molto interesse per i territori spagnoli co-
me per altri del suo vasto impero. Le cor-
tes di Santiago pagarono le tasse richieste
allimperatore, ma quando vennero chiuse
fecero esplodere la protesta. Fu dunque
un movimento politico organizzato dalle
citt che avevano dei rappresentanti in
parlamento con lo scopo di fare rispettare
i privilegi delle varie regioni, minacciati
seriamente dalla politica autoritaria del
monarca. A Murcia la rivolta scoppi il 17
maggio del 1520 ed ebbe delle sfumature
diverse da quelle di altre citt in quanto
venne diretta contro il patriziato urbano
che governava la citt secondo i propri in-
teressi e senza prendere in considerazione
i bisogni generali. Il movimento ebbe una
definitiva sconfitta a Villalar nel 1521 e ne
usc vincitore e rafforzato il potere mo-
narchico. Sulla situazione di Murcia e il
ruolo di Juntern vedi: M. Danvila, Histo-
ria crtica y documentada de las comunidades
de Castilla, in Memorial Historico espaol, 6
voll., Madrid 1897-1899, t. XXXV, pp.
563 sgg.; J. Prez, La revolucin de las Co-
munidades de Castilla (1520-1521), Madrid
1977, (1 ed. francese 1970), pp. 480-81 e
484-485; J. B. Owens, Rebelin y oligarqua
murciana en la poca de Carlos V, Murcia
1980; Voce Comunidades, guerra de las
in Gran enciclopedia de la Regin Murciana,
Murcia 1993, Villella, Nuovi documenti ...,
cit. [cfr. nota 2]
7. Sulla storia della cattedrale di Murcia
cfr. Ponzoa y Cebrin, La Iglesia catedral de
Cartagena, cit. [cfr. nota 1]; de la Riva
(Doctoral), Apuntamientos, ms. cit. [cfr.
nota 1]; M. Gonzlez Simancas, Catlogo
Monumental de la Provincia de Murcia, ms.
1905-06, C.S.I.C., Instituto Diego Velz-
quez, Madrid, il cui contenuto riferito al-
la cattedrale stato pubblicato dallautore,
La Catedral de Murcia. Noticias referentes a
su fbrica y obras artsticas, in Revista de
Archivos, Bibliotecas y Museos, XXIX,
mayo-junio, 1911 e ripubblicato da C.
Belda Navarro, C. Moiss Garca, in La
catedral de Murcia. Sexto centenario 1394-
1994, Murcia 1994 pp. 51 sgg.; sulla fase
gotica della costruzione della cattedrale
cfr. J. Torres Fontes, Las obras de la catedral
de Murcia en el siglo XV y sus maestros mayo-
res, in Murgetana, XXX, 1969, pp. 5-41;
C. Belda Navarro, El arte cristiano medie-
val en Murcia, in Historia de la Regin Mur-
ciana, vol. IV, Murcia 1982, pp. 216-347;
sulla cappella tardomedievale della fami-
glia Vlez cfr. J. Torres Fontes, La con-
struccin de la Capilla de los Vlez, in Mur-
getana, XI, Murcia 1958; sul XVI secolo
e lintervento nella cattedrale dei due flo-
rentinos cfr. J. Torres Fontes, La catedral de
Murcia (Primera mitad del siglo XVI) in
Murgetana, XXII, Murcia 1968; C. Gu-
tirrez-Cortines Corral, Renacimiento y
Arquitectura religiosa en la antigua dicesis
de Cartagena, Murcia 1987, pp. 39-196; A.
Vera Bot, La catedral de Murcia y su plan
director, Murcia 1994; sulla torre della cat-
tedrale, cfr. la monografia di A. Vera Bot,
La torre de la catedral de Murcia: de la Teora
a los resultados, Murcia 1993. Sulla situa-
zione economica della diocesi di Cartage-
na-Murcia nel XVI secolo cfr. C. Gutir-
rez-Cortines Corral, Arquitectura, eco-
noma e iglesia en el siglo XVI, Bilbao 1987.
8. ACM, Aa. Cc. (1490-1514), in micro-
film presso lAHP, f. 224 v. La trascrizio-
ne completa di questo documento si ri-
porta in appendice.
9. ACM, Aa. Cc. (1490-1514) in micro-
film presso lAHP, f. 253 v.
10. ACM, Aa. Cc. (1515-43) f. 74 r.
11. Francesco Fiorentino viene citato nei
documenti spagnoli come Francisco flo-
rentn per la sua citt di origine, ma igno-
riamo il suo cognome.
12. Per la costruzione di questa torre si
decise di utilizzare un linguaggio a la an-
tigua e nel 1519 venne chiamato ad ini-
ziare i lavori Francesco Fiorentino che
probabilmente port a termine le fonda-
zioni. Le notizie su questo artista sono
praticamente nulle. In un primo tempo
alcuni autori ipotizzarono fosse il fratello
minore di Jacopo Torni, Francesco Torni
detto lIndaco Giovane, anchegli fioren-
tino e di cui parla Giorgio Vasari nelle sue
Vite. In seguito alla scoperta di una lette-
ra fatta da Gutirrez-Cortines Corral,
Renacimiento..., cit. [cfr. nota 7], Murcia
1987, pp. 64-65, lipotesi stata messa in
dubbio. Tramite questa lettera il capitolo
della cattedrale chiese a Jacopo Torni,
con cui aveva gi avuto contatti, di sosti-
tuire Francesco Fiorentino nella direzio-
Don Gil Rodrguez de Juntern, il 7 giugno del 1510,
compra per 32000 maravedini la cappella di Pero
Saorn che si trova nella navata destra della cattedra-
le. (ACM, actas capitulares 1490-1515, consultabili
in microfilm presso AHP, f. 224 v.).
En Murcia a VII dias de junyo de 1510 aos.
Capilla del seor arcediano de Lorca
Este dia, estando los reverendos seores el bachil-
ler Tristn Calvete e los dichos seores den e ca-
bildo ayuntados en el coro de la dicha iglesia, el
dicho arcediano de Lorca, don Gil Rodrigues
Juntern, expuso e dijo a los dichos seores que a
su notiia era venydo que Pero Saorn avia rea-
lixado e dexado en cabo una capilla que tenya en
esta yglesia cathedral ques tras el coro de la dicha
yglesya, yendo de la puerta de los Apostoles a la
puerta de San Gins segunda capilla a la mano yf-
quierda que afrenta de la una parte con capilla de
Pero de Zambrana e de la otra parte con capilla
del Bachiller Bruno e su ynvocain de sant [...]
que pidia por merced al dicho seor provisor en
nombre e a los dichos seores dean e cabildo le
diesen e fiziesen gracia e merced de la dicha ca-
pilla e que se obligava de la dotar e daria para la
fabrica de la dicha yglesia treynta e dos myll ma-
raveds e dotava la dicha capilla de una capellana
con sus suficientes reditos e fara un retablo e rexas
de fierro escamadas a la dicha capilla. E luego los
dichos seores Pero Perez dean e cabildo dixeron
en contemplaion del dicho seor arcediano e por
que la yglesia sea aumentada e honrrada e servyda
del dicho seor arcediano e que la dotara segund
dicho es que la fazian gracia e donaion de la di-
cha capilla con las condiiones suso dichas que los
dichos treynta e dos myll maraveds e la dotase de
una capellanya con susficientes reditos e faga en
ella retablo e rexas el dicho seor arcediano lo to-
vo en merced e agradecio a los dichos seores la
gracia, merced y donacion que le facia la acept e
se oblig para pagar los dichos treinta e dos myll
maraveds e hacer la dicha capellanya, retablo
rexas de fierro estando dentro tres aos obligose e
otorgo. Testigos los dichos.
Appendice





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ne dei lavori in qualit di maestro mayor a
causa della sua improvvisa morte, che sa-
rebbe avvenuta nel marzo del 1522. LIn-
daco Giovane mor invece a Roma negli
anni quaranta del Cinquecento. Parte
della bibliografia successiva cfr. Vera
Bot, La torre de la catedral de Murcia, pp.
160-163 e La catedral ..., cit. [cfr. nota 7],
pp. 217-224 continua a credere che i due
siano fratelli per diverse considerazioni,
come ad esempio per lesistenza di un do-
cumento che attesta il saldo del salario a
Francesco Fiorentino prima della presun-
ta morte, ed anche per la difficolt a por-
re delle fondazioni di una torre alta 70
metri su un terreno tanto fragile e argil-
loso come quello di Murcia che richiede
una conoscenza non superficiale della
tecnica costruttiva e dunque la presenza
di un artista con esperienze nel mondo
dellarchitettura come lo fu lIndaco Gio-
vane bisogna dire inoltre che non stato
mai possibile ritrovare nellACM la lette-
ra citata dalla studiosa.
13. Le notizie sulla biografia artistica ita-
liana di Jacopo Torni sono molto scarse.
La principale fonte di informazioni sulla
vita e sulla sua formazione artistica la
breve biografia, lacunosa e imprecisa, che
ha scritto Giorgio Vasari nelle sue Vite de
pi eccellenti pittori, scultori, e architettori.
Gi nella prima edizione (1550) ci lascia
un ritratto pungente, quasi una caricatura,
di Jacopo Torni al quale aggiunge, nel
1568, quello del fratello minore, France-
sco Torni, lIndaco Giovane, nato anche
lui a Firenze nel 1493 da un fornaio, Laz-
zaro di Pietro Torni. Jacopo, descritto co-
me un uomo pigro e divertente, fece ap-
prendistato nella bottega fiorentina del
Ghirlandaio e fu forse qui che inizi ad
essere chiamato Indaco, per la sua predi-
lezione verso questo colore. In questa bot-
tega Torni inizi ad impadronirsi dei mez-
zi tecnici ed espressivi del disegno. La tec-
nica pittorica del Ghirlandaio univa a un
corretto uso della prospettiva il gusto per
lornato e per il particolare di tradizione
fiamminga, laccentuazione plastica, de-
corazioni e citazioni dirette dellantico. Il
ruolo formativo che ebbe questa bottega
su Torni fu fondamentale in considerazio-
ne dellimportanza che larchitettura e gli
ordini ebbero sempre nellopera del Ghir-
landaio. Vasari aggiunge poi che a Roma
lavor con il Pinturicchio, negli apparta-
menti Borgia in Vaticano e negli affreschi
di Castel SantAngelo. Tutte queste sono
opere collettive e mai stato possibile ri-
conoscere la mano di Torni fra quelle dei
numerosi collaboratori del Pinturicchio.
Per di pi a Castel SantAngelo lopera del
Pinturicchio venne distrutta durante il
pontificato di Urbano VIII. La produzio-
ne spagnola di Torni e il gusto pinturic-
chiesco per lesuberante abbondanza nella
decorazione e per la mescolanza di ele-
menti naturalistici con dettagli di pura
fantasia presentano molte affinit. Le
esperienze romane di Torni continuarono
nei cantieri michelangioleschi. Egli fu in-
fatti uno dei garzoni chiamati da Mi-
chelangelo come aiutante nei lavori di af-
fresco della volta della cappella Sistina.
Non dobbiamo dimenticare, infatti, che
anche Michelangelo, quasi coetaneo di
Torni, fece apprendistato nella bottega del
Ghirlandaio e quasi tutti i garzoni che
chiam provenivano da questa bottega.
Vasari racconta di una grande amicizia fra
lIndaco e Michelangelo che, quando vo-
leva ricrearsi dagli studi e dalle continue fa-
tiche del corpo e della mente, niuno gli era per-
ci pi a grado, n pi secondo lumor suo, che
costui. Sono questi gli anni in cui anche
don Gil Rodrguez de Juntern si trova a
Roma e possiamo ipotizzare una loro co-
noscenza in questi ambienti. Le uniche
due opere italiane la cui paternit Vasari
assegna a Jacopo Torni sono purtroppo
scomparse e questo gli valso lepiteto di
pittore senza quadri. Le sole opere at-
tribuitegli documentalmente sono quelle
che si trovano in Spagna e si tratta preva-
lentemente di sculture e architetture.
Nella chiesa di SantAgostino a Roma
Torni avrebbe lasciato una tavola dipinta
ad olio con un Cristo morto, di cui non si
hanno pi tracce, cos come per la Corona-
zione di Nostra Donna nella chiesa della
Trinit dei Monti. Dalle poche fonti a no-
stra disposizione, lesperienza italiana di
Torni pare restringibile al solo ambito pit-
torico, mentre in Spagna la quasi totalit
delle opere a lui documentalmente ascri-
vibili, sono sculture e architetture. La co-
noscenza vasariana di Torni appare piut-
tosto superficiale in quanto lo fa morire
nel 1562 a Roma, mentre mor a Villena,
cittadina nella diocesi di Murcia, nel 1526.
La totale mancanza di testimonianze pit-
toriche sullopera di Torni in Italia non ha
impedito che il suo nome riaffiorasse pi
volte per lattribuzione di quadri e affre-
schi, alcune volte i pi differenti e incon-
ciliabili fra loro. Per quanto le notizie sul-
la sua attivit italiana siano cos scarse
possiamo inserire la personalit di Torni
nel variegatissimo mondo degli artisti del-
la Firenze della fine del Quattrocento, do-
ve era assai diffusa una conoscenza archi-
tettonica anche nellambito di persone
non specialiste. Questi artisti avevano una
buona preparazione tecnica ed unaltissi-
ma cultura visiva. La loro ampia forma-
zione permetteva loro di operare in pi
campi. il caso del Verrocchio o di Giu-
liano da Sangallo. Per la bibliografia sulla
biografia artistica italiana di Jacopo Torni
vedi: Giorgio Vasari, Le vite de pi eccel-
lenti pittori, scultori, e architettori, [1568], a
cura di G. Milanesi, Firenze 1878, vol. 3,
pp. 679-682; E. Steinmann, Die Sixtinische
kapelle, Mnchen 1905, II, pp. 163 ss.; A.
Venturi, Storia dellarte italiana, vol. VII, 2,
Milano 1913 pp. 616, pp. 639-640 dove
riconosce la mano di Torni in alcuni di-
pinti delle stanze degli appartamenti Bor-
gia; L. Lopresti, Sul tempo pi probabile del-
la Madonna dei Pellegrini a SantAgostino,
in LArte, XXV, 1922, p. 176; J. Snchez
Cantn, Fuentes literarias para la historia
del arte espaol, Madrid 1923, I, pp. 181-
221; D.E. Colnaghi, Dictionary of Florenti-
ne Painters from the 13th to the 17th Centu-
ries, Londra 1928, p. 146; G. Richert, vo-
ce Torni Jacopo in F. Thieme, U. Becker,
Allgemeines Lexicon der bildenden Knstler,
XXXIII, Leipzig 1939, p. 292; F. Zeri, Il
Maestro della Madonna di Manchester, in
Paragone, 43, 1953, pp.15-27; P. Baroc-
chi, R. Ristori, Il Carteggio di Michelangelo,
Firenze 1965, I, p. 64, p. 88; F. Mancinel-
li, Il cantiere di Michelangelo per la volta del-
la Cappella Sistina, in Pittura in Italia. Il
Cinquecento, pp. 535-552, a cura di G. Bri-
ganti, Milano 1987; W. E. Wallace, Mi-
chelangelos Assistans in the Sistine Chapel, in
Gazette de Beaux-Arts, 129, 1987 pp.
203-216; F. Benedettucci, Maestro della
Madonna di Manchester. Piet in Il giardino
di San Marco. Maestri e compagni del giova-
ne Michelangelo, a cura di P. Barocchi, Fi-
renze 1992, pp. 92-94; D. Franklin, Docu-
menti per una pala daltare di Francesco In-
daco ad Arezzo, in Rivista dArte, a.
XLIV, 1992; L. Venturini, Un altro pittore
fiorentino nellappartamento Borgia: il Mae-
stro del Tondo Borghese, in Maestri e botteghe.
Pittura a Firenze alla fine del Quattrocento a
cura di M. Gregori e A. Paolucci, Firenze
1992; F. Sricchia Santoro, Del Franciabi-
gio, dellIndaco e di una vecchia questione, in
Prospettiva, 71, 1993.
14. Introduzione al testo di Lzaro de Ve-
lasco, Traduccin de los diez libros de arqui-
tectura de Vitrubio, pubblicato parzial-
mente in Snchez Cantn, Fuentes..., cit.
[cfr. nota 13], pp. 207-208.
15. Il Licenciado Lzaro de Velasco era un
architetto, matematico, miniaturista e teo-
logo dichiarato. Nacque dal matrimonio
di Jacopo Torni con Juana de Velasco, fi-
glia di un intagliatore di legno, Juan de Ve-
lasco che aveva lavorato nel coro della cat-
tedrale di Jan. Lzaro, nato verso il 1520,
prese il nome della madre a causa della
prematura scomparsa del padre nel 1526.
La traduzione commentata di Vitruvio,
scritta fra il 1554 e il 1564, uno dei testi
pi eruditi dellepoca. Il manoscritto, in
parte inedito, si conserva nella Biblioteca
Provinciale di Cceres. Sulla figura di L-
zaro de Velasco, cfr. F. Maras e A. Busta-
mante, Trattatistica teorica e vitruvianesimo
nellarchitettura spagnola del Cinquecento, in
Les traits darchitecture de la renaissance, pp.
307-325, Actes du Colloque tenu a Tours
(1986), a cura di J. Guillaume, Paris 1988;
J. M. Gmez-Moreno Calera, El Licencia-
do Lzaro de Velasco, pintor de libros y arqui-
tecto. Aproximacin a su biografa y obra, in
Boletn de arte de la Universidad de M-
laga, 10, 1989, pp. 75-92.
16. Sullattivit di Jacopo Torni nella
Cappella Reale di Granada cfr. M. G-
mez-Moreno Martnez, En la Capilla Real
de Granada, in Archivo espaol de Arte y
Arqueologa, Madrid 1925, I, pp. 245-
288; Madrid 1926, II, pp. 85-128, ristam-
pato con introduzione di F. Chueca Goi-
tia a cura dellInstituto Gmez-Moreno
de la Fundacin Rodrguez-Acosta in So-
bre el Renacimiento en Castilla, Granada
1991, pp. 71-145. Per lanalisi dei dipinti
del retablo della Santa Cruz cfr. Ch. R.
Post, A History of Spanish Painting. The
Early Renaissance in Andalusia, X, Cam-
bridge, 1950, pp. 273-276; Sricchia San-
toro, Del Franciabigio, dellIndaco..., cit.
[cfr. nota 13], pp. 12-33; A. Calvo Castel-
ln, Pinturas italianas y espaolas, in El Li-
bro de la Capilla Real, Granada 1994. Nel-
la rivista Boletn del Patrimonio Histri-
co PH, 17, dic. 1996, pp. 33-35 vengono
descritti i restauri effettuati dallInstituto
Andaluz del Patrimonio Histrico nella
Cappella Reale e sul retablo di Torni.
17. Sempre nella Cappella Reale, Lzaro
de Velasco attribuisce a Jacopo Torni la
paternit dellAnnunciazione in pietra di-
pinta che si trova sopra il portale gotico di
ingresso alla sacrestia. Citando sintetica-
mente altre opere attribuite a Torni in
Spagna prima del suo arrivo a Murcia,
dobbiamo ricordare il restauro della vene-
rata e antica immagine di Nuestra Seora
de la Antigua nella cattedrale di Siviglia.
Torni dipinse ai lati del volto della Ma-
donna degli angioletti. Tanto grande fu il
successo di questo ritocco che la citt di
Granada mand espressamente dei pittori
a Siviglia per chiedere al maestro di fare
una copia di questimmagine per la chiesa
di San Jos nellAlbaicn. Per la bibliogra-
fia di queste opere cfr. Gmez-Moreno,
En la capilla ..., cit. [cfr. nota 16], Granada
1991, p. 101, n.1. Unaltra opera attribui-
ta tradizionalmente a Jacopo Torni il
Compianto sul Cristo morto conservato nel
Museo del palazzo di Carlo V nellAlham-
bra e proveniente dal convento di San
Jernimo di Granada dove Torni lavor
dallaprile del 1525 come maestro mayor.
Su questopera cfr. Gmez-Moreno, En la
capilla..., cit. pp. 101-102; J. Hernndez
Perera, Escultores florentinos en Espaa,
Madrid 1957, pp. 28-29, p. 40; A. de Bo-
sque, Artisti italiani in Spagna dal XIV seco-
lo ai Re Cattolici, Milano 1968, p. 408; F.
Checa, Pintura y escultura del Renacimiento
en Espaa, Madrid 1983, pp.96-97; V.
Nieto, A. Morales, F. Checa, Arquitectura
del Renacimiento en Espaa, 1488-1599,
Madrid 1989, pp. 123 ss.; F. Maras, El
largo siglo XVI. Los usos artisticos del Rena-
cimiento espaol, Madrid, 1989, pp. 262,
366-368; Sricchia Santoro, Del Franciabi-
gio, dellIndaco..., cit. [cfr. nota 13], pp. 24-
26. Altra opera attribuita a volte a Torni
ed altre a Jernimo Quijano la scultura
in legno policromo del Calvario nella
chiesa della Maddalena di Jan. Per la bi-
bliografia di questopera cfr. de Bosque,
Artisti italiani ..., cit., p. 261; J. Domn-
guez Cubero, De la tradicin al clasicismo
pretridentino en la escultura jiennense, Jan,
1995, pp. 73-79; Hernndez Perera,
Escultores florentinos ..., cit., p. 29. Sono
stati attribuiti a Jacopo Torni anche due
crocifissi lignei che si trovano a Granada:
il Cristo di SantAgostino nel convento del-
lAngelo Custode e il Cristo della Miseri-
cordia nel Convento della Concezione del-
lAlbaicn. Lattribuzione stata fatta da
M. Gmez-Moreno, Las Aguilas del Rena-
cimiento espaol, Madrid 1983 (1 ed. 1942),
p. 92 e poi ripresa da Hernndez Perera,
Escultores florentinos..., cit., pp. 29-30; J.
Camn Aznar, Escultura del Renacimiento
en Espaa, pp. 29-31. Per lanalisi storica e
iconografica di questo crocifisso, cfr. J. J.
Lpez Muoz e altri, Granada y el Cristo
de San Agustn, Granada 1994, pp. 209-
229; M. Domingo Snchez-Mesa, Una
obra maestra poco conocida: El Cristo de S.
Agustn de Jacobo Florentino, in Homenaje al
Profesor Martn Gonzalez, Valladolid 1995,
pp. 439-445.
18. cfr. Snchez Cantn, Fuentes literarias
..., cit. [cfr. nota 13], p. 207.
19. Nella famosa lettera in cui il capitolo
chiama Jacopo Torni a sostituire France-
sco Fiorentino citata da Gutirrez-Corti-
nes Corral, Renacimiento ..., cit. [cfr. nota
7], p. 65, si intende chiaramente che ce-
rano gi stati contatti precedenti. ...y co-
mo ayamos oydo vuestras nueuas y las
obras de vuestras manos ....
20. Per quanto riguarda la struttura gene-
rale della torre molti sono i riferimenti ad
alcuni progetti per San Pietro che Torni e
Juntern dovevano conoscere bene e che
prevedevano la costruzione di torri lungo
la facciata occidentale. Ci riferiamo princi-
palmente al progetto di Giuliano da San-
gallo (Uffizi 7A), databile allinizio del
1514, dove nella facciata sono affiancati
due campanili isolati simmetrici e legger-
mente arretrati di cui non conosciamo lal-
zato. Questi campanili avevano una scala
interna che racchiudeva un vano quadrato
utilizzabile come piccola sacrestia, esatta-
mente come a Murcia, durante le cerimo-





10-11|1998-99 Annali di architettura
Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org
102
nie che si sarebbero svolte nel portico e
nella loggia delle benedizioni. Anche il
trattamento della superficie muraria delle
quattro identiche facciate presenta due
coppie di paraste angolari sporgenti che
inquadrano una nicchia centrale a pianta
semicircolare. Il progetto di Raffaello del
codice Mellon databile 1518 presenta dei
campanili incorporati nella facciata che la
delimitano ai due lati, leggermente in ag-
getto. Il campanile ha allinterno una scala
e non lascia spazi residuali per i vani. Alle-
sterno presenta pi ordini sovrapposti e
rastremati. Lultima pianta, quella di Anto-
nio da Sangallo (Uffizi 252A) databile tra
1518 e 1519, ossia poco prima della par-
tenza di Torni per la Spagna, presenta una
facciata fiancheggiata da massicce torri
isolate leggermente arretrate. Cfr. Maras,
El largo..., cit. [cfr. nota 17], p. 366.
21. Nel 1714 il capitolo ordin una peri-
zia di quanto sarebbero potuto costare i
lavori per terminare la torre. Si colloca-
rono le campane e si fecero delle ripara-
zioni, e vennero forniti diversi progetti
per un coronamento provvisorio. Sopra il
secondo livello cera la casa del campana-
ro. Venne progettato un terzo corpo do-
rico pi basso dei primi due, ma quando
nel 1765 il capitolo ordin la continua-
zione dei lavori e Jos Lpez inizi la co-
struzione, sostitu lordine dorico con
uno corinzio e diede maggiore altezza a
questo livello. Nel 1771 si collocarono
negli angoli i quattro conjuratorios, edico-
le dalle quali si affacciavano i canonici per
invocare una situazione meteorologica
favorevole. Si continu per molto tempo
fornendo progetti su come doveva termi-
nare la torre e dopo aver costruito lulti-
mo livello, Ventura Rodrguez forn il di-
segno di una cupula molto appuntita che
terminava in una lanterna. Questa solu-
zione non piacque molto ai canonici, ma
serv per ridurre le spinte laterali.
22. Lattribuzione dei due portali, della
volta a spirale e degli intarsi lignei dellar-
redo della sacrestia sempre stata molto
controversa a causa della datazione incerta
e della scarsit di documenti. Si tratta inol-
tre, non va dimenticato, di opere eseguite
a pi mani, con la collaborazione di una
cerchia di esperte maestranze che stata in
grado di continuare con lo stesso codice
linguistico lavori che Jacopo Torni aveva
solo avviato. Il progetto dei due portali di
accesso alla sacrestia sono stati assegnati
indistintamente a Torni e a Quijano e a
volte entrambi alla stessa persona. Rileg-
gendo gli unici dati documentali che si so-
no conservati, sappiamo che il 10 gennaio
1531, cinque anni dopo la morte di Torni,
in una riunione del capitolo della cattedra-
le si stava votando sobre que se devia ha-
cer una portada y boveda suntuosa en la
entrada que entra a la sacristia (ACM, Aa.
Cc., 1515-43, B3, f. 231 cit. da Vera Bot,
La torre..., cit. [cfr. nota 7], pp. 178-179) e
che un canonico disse che si poteva rispar-
miare su tale opera ponendo al posto del
portale una bella cancellata in ferro e ri-
strutturando la volta. Il giorno dopo il ca-
pitolo prese la decisione di non fare il por-
tale nellentrata che entra e di costruire
la volta nellentrata della sacrestia. I docu-
menti degli anni successivi non parlano
pi del secondo portale che venne costrui-
to, probabilmente, fra il 1534 e il 1535.
evidente, dunque, che i due portali hanno
circa una decina danni di differenza e che
a uno dei due estraneo Jacopo Torni,
morto nel 1526. Se il capitolo avesse volu-
to risparmiare sulla costruzione di un por-
tale avrebbe scelto quello pi interno, non
visibile dalla cattedrale, e non quello che
dava sul deambulatorio, visibile a tutti i fe-
deli e scenario dal quale entravano e usci-
vano i sacerdoti durante le cerimonie reli-
giose. A questo proposito, la ripetizione
entrata che entra pare una prova incon-
futabile che si stia parlando del portale pi
interno, quello dellantisacrestia, che lu-
nico che propriamente entra nella sacre-
stia. Nel documento citato, inoltre, si par-
la contemporaneamente della volta e del
portale e lunico ambito dove potevano
coesistere i due elementi lantisacrestia.
Un rilievo condotto durante i restauri del-
la cattedrale ha dimostrato, infine, che il
portale pi interno stato edificato in un
secondo momento, dopo aver aggiunto dei
conci di pietra al muro su cui si sarebbe
costruito (cfr. Vera Bot, La torre ..., cit.,
pp. 53-55) per creare uno spazio perfetta-
mente quadrato su cui impostare la cupola
a spirale. Linsieme di queste osservazioni
e unattenta lettura filologica dei portali
permettono di assegnare con una certa si-
curezza a Jacopo Torni il portale esterno,
almeno nellimpianto generale e nella de-
corazione scultorea della parte pi bassa, e
a Jernimo Quijano quello pi interno con
la volta a spirale dellantisacrestia.
23. Sugli intagli lignei della sacrestia cfr.
E. Gmez Piol, Jacobo Florentn y la obra
de talla de la Sacrista de la Catedral de
Murcia, Murcia 1970.
24. G. Barb-Coquelin de lIsle, El trata-
do de Alonso de Vandelvira, 2 voll., Valencia
1978, f. 81 v. Il suo processo costruttivo
molto simile a quello utilizzato per una
volta emisferica.
25. Sulla cappella di don Gil Rodrguez de
Juntern i contibuti pi importanti sono di
A. Baquero Almansa, Rebuscos y documentos
sobre la historia de Cartagena, Cehegn, Mu-
la y Murcia, (1 ed. 1902), Murcia 1982, pp.
129-144, pp. 155-167; fondamentale per i
dati tratti dal Libro de Fbrica 1513-33,
scomparso dallACM, il manoscritto di
M. Gonzlez Simancas, Catlogo Monu-
mental, cit.; A. E. Prez Snchez, Murcia,
Madrid-Barcelona 1976, pp. 177-181; C.
Gutirrez-Cortines Corral, Jernimo
Quijano, un artista del Renacimiento espaol,
in Goya, n. 139, 1977, pp. 2-11; C. Gu-
tirrez-Cortines Corral, Renacimiento ...,
cit. [cfr. nota 7], pp. 161-188; Maras, El
largo siglo..., cit. [cfr. nota 17] pp. 431-432;
Vera Bot, La catedral..., cit. [cfr. nota 7], p.
38, p. 41, p. 73, pp. 101-103, pp. 139-141,
p. 154, pp. 227-231, p. 320.
26. A ci bisogna aggiungere che alcuni
documenti e disegni presenti nellarchi-
vio della cattedrale e citati da studiosi del
secolo scorso, non sono oggi pi reperi-
bili, come il fondamentale libro dei conti
dal 1513 al 1533 o la planta antigua della
torre. Questa situazione ha impedito che
la ricerca degli ultimi anni si arricchisse di
documenti inediti sulla cappella, anche
per lavvio di un lento riordino dellarchi-
vio che presenta ancora molti documenti
senza catalogazione.
27. Sui problemi di conservazione della
pietra e dei restauri nella cappella cfr. R.
M. Esbert Alemay, Caracterizacin pe-
trofsica, petroqumica, mecnica y alterolgi-
ca de los materiales ptreos utilizados en la ca-
tedral de Murcia: Puerta de los Apstoles y
Capilla de Juntern, Primer informe,
Dep. de Geologa, Universidad de Ovie-
do, 1988, non pubblicato; A. Vera Bot,
La piedra caliza de la catedral de Murcia, in
Loggia, n. 2, 1997.
28. ACM, Aa. Cc. (1515- 1543) f. 119 v.
cit. gi da Gonzales Simancas, Apunta-
mientos, cit., f. 151 ... faga la dicha capilla
sin perjuyzyo de la yglesia y que sean las pa-
redes mejores de lo que agora estan y que en-
sanche la dicha capillla tanto quanto sale la
capilla del marqus y no mas y el dicho senor
arcediano se oblig de acabar la dicha capilla
dentro de dos anos primeros siguientes despues
que la pared de la dicha capilla se derribare
para lo qual obligo su persona y bienes.
29. cfr. C. Belda Navarro, La ingenuidad
de las artes en la Espaa del siglo XVIII,
Murcia 1993, p. 36, n. 38, e J. Torres
Fontes, La construccin de la Capilla de los
Vlez, in Estampas de la vida de Murcia
en el reinado de los Reyes Catlicos,
Murgetana, XI, Murcia 1958.
30. ACM, Cuentas de Fbrica (B 502), aos
de 1534 a 1564, f. 54.
31. AHM, Protocolo 2761, notai Pedro y
Francisco Espinosa de los Monteros
1725-1726, inserto ff. 61-66. La trascri-
zione completa del testamento riporta-
ta nellarticolo di Villella, art. cit.
32. AHP, Protocolo n. 69, Bartolom de
Borovia 1549-50, ff. 31r-v. cit. in M.
Muoz Barbern, Sepan quantos, Murcia
1996, p. 142.
33. Sullaraldica ecclesiastica dei proto-
notari apostolici cfr. M. Coda, Araldica e
genealogia, Vercelli 1989, p. 25 e p. 34.
34. Sul simbolo araldico della famiglia
Juntern cfr. F. Cascales, Discursos histri-
cos de la muy noble y muy leal Ciudad de
Murcia, pp. 424-426, III ed., Murcia
1874, (1 ed. 1621); A. Garca Carrafa, En-
ciclopedia herldica y genealgica hispano-
americana, Madrid 1919-1968, pp. 215-
218; P. Ortn Cano, Herldica en la cate-
dral de Murcia, Murcia 1997, pp. 252-253.
35. ACM, Aa. Cc., Anni 1755-1756 e
1577, ff. 71 v e 72.
36. Per lo studio degli ordini nella archi-
tettura del 400 e del 500 cfr. Lemploi des
ordres dans larchitecture de la Renaissance,
Actes du colloque tenu Tours (1986), a
cura di J. Guillaume, Paris 1992 e in parti-
colare i saggi di A. Bruschi, LAntico e il
processo di identificazione degli ordini nella se-
conda met del Quattrocento, pp. 11-57: C.L.
Frommel, Raffaello e gli ordini architettonici,
pp. 119-136; P.N. Pagliara, Antonio da
Sangallo il Giovane e gli ordini, pp. 137-156.
37. Vera Bot, La catedral ..., cit. [cfr. nota
7], p. 229.
38. Sul coro di Giulio II cfr. San Pietro che
non c, a cura di C. Tessari, Milano 1996
e in particolare i saggi di A. Bruschi, Pro-
blemi del San Pietro bramantesco, pp. 119-
148 e C.L. Frommel, La chiesa di San Pie-
tro sotto papa Giulio II alla luce di nuovi do-
cumenti, pp. 23-49.
39. cfr. Frommel, Raffaello ..., cit. [cfr. no-
ta 3], p. 121.
40. C. Denker Nesselrath, Bramante e
lordine corinzio, in Lemploi des ordres ...,
cit. [cfr. nota 36], pp. 83-96.
41. A. Gonzalez Blanco e altri, Las sibilas
de la capilla del Juntern (Catedral de Mur-
cia). Aproximacin al problema ideolgico de
la teologa espaola del renacimiento, in
Anales de la Universidad de Murcia,
XLI, nn. 3-4, 1983, pp. 3-19.
42. ACM, Aa. Cc., 1610-1616, f. 70 v.
43. Attraverso listituzione di questo
maggiorasco il patrimonio familiare veni-
va trasmesso per successione al figlio ma-
schio primogenito, allo scopo di conser-
varne lintegrit; cfr. Villella, art. cit.
44. Altri autori (cfr. Ponzoa y Cebrin, La
iglesia catedral, ms. cit., nota 19, f. 104 e
Vera Bot, La catedral ..., cit. [cfr. nota 7],
p. 229) credono che questa pala marmo-
rea sia stata importata direttamente dal-
lItalia, ma questipotesi si scontra con il
fatto che nel testamento Juntern pag
Quijano per lesecuzione del retablo.
45. Liscrizione la seguente: AQUI YA-
ZE DON GIL RODRIGUEZ IVNTE-
RON PROTHONOTAO DE LA SAN-
TA SEDE APLICA. I ARCEDIANO
DE LORCA EN LA IGLESIA DE CAR
THAGENA QUE MURIO A X D. IV-
LIO AO 1552.
46. cfr. Barb-Coquelin de lIsle, El trata-
do ..., cit. [cfr. nota 24], f. 108.
47. Questa tecnica, sconosciuta in questo
periodo in Italia, legata al taglio delle
pietre e si basa su regole geometriche.
utilizzata prevalentemente per coprire
superfici orizzontali come archi, volte,
coperture attraverso la lavorazione e las-
semblaggio delle pietre. La stereotonia
permette di definire il processo della su-
perficie da costruire e di determinare a
priori la forma di ogni componente, il
concio di pietra. Il volume totale che si
vuole ottenere si deve scomporre in volu-
mi elementari, di semplice giuntura e fa-
cilmente maneggiabili per il collocamen-
to nellopera e tali da assicurare la stabi-
lit statica del complesso. La difficolt di
costruire forme architettoniche a la anti-
gua in pietra accresce di molto perch il
processo deve essere calcolato e pensato
fin dallinizio al contrario di come si face-
va in Italia, la cui tecnica era legata allu-
so del laterizio, la cui successione infini-
tesimale, generava lopera progettata.
48. Questa ipotesi era gi stata proposta
da Gutirrrez-Cortines Corral, Renaci-
miento ..., cit. [cfr. nota 7], p. 176 e ripre-
sa da Maras, El largo ..., cit. [cfr. nota 17],
p. 366. Sul primo progetto di Michelan-
gelo e sullipotesi di ricostruzione del se-
polcro cfr. E. Panofsky, The first two
proyects of Michelangelos tomb of Julius II in
Art Bulletin, XIX, 1937, pp. 561-579;
Ch. De Tolnay, Michelangelo, The tomb of
Julius II, IV vol., Princeton 1970, pp. 3-
31; G.C. Argan, B. Contardi, Michelange-
lo architetto, Milano 1990, pp. 49-55; C.L.
Frommel, San Pietro, in Rinascimento: da
Brunelleschi a Michelangelo, a cura di H.
Millon, V. Magnago Lampugnani, Mila-
no 1994, pp. 399-423.





10-11|1998-99 Annali di architettura
Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org

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