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UNIVERSITA DI ROMA LA SAPIENZA Facolt di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Scienze Biologiche Tesi sperimentale di Biologia

Marina

STUDI SULLA FAUNA A BRIOZOI DELLA RISERVA NATURALE MARINA DI USTICA

Candidato: Relatore: Correlatore:

Alessandro Lo Tenero n matricola 11061532 Dr. Giovanni Diviacco Prof.ssa Carla Gusso Chimenz

Anno Accademico 1996 1997

INDICE

1. 1.1 1.2 2. 2.1 2.2 3. 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7 4. 4.1 4.2 4.3 4.4 5. 5.1 5.2 5.2.1 5.2.2 5.2.3 5.2.4 5.2.5 5.2.6 6. 7. 8.

INTRODUZIONE E SCOPO DELLA RICERCA Premessa La Riserva Naturale Marina Isola di Ustica AREA DI STUDIO LIsola di Ustica Conoscenze disponibili I BRIOZOI Generalit Polimorfismo Riproduzione Meccanismo di protrusione del lofoforo Forme zoariali Caratterizzazione dei taxa Classificazione MATERIALI E METODI Piano di campionamento Fisionomia dei transetti Metodi di studio Trattamento dei dati RISULTATI Popolamenti bentonici Popolamenti a Briozoi Specie rinvenute Distribuzione orizzontale e verticale Analisi morfo-funzionale Analisi statistica Stocks biocenotici e gruppi ecologici Gruppi biogeografici DISCUSSIONE E CONCLUSIONI RINGRAZIAMENTI BIBLIOGRAFIA

pag. 1 3 5 6 8 11 12 13 14 21 25 31 31 36 39 40 41 44 48 49 50 52 53 56 57

1. INTRODUZIONE E SCOPO DELLA RICERCA

1.1 Premessa Il nostro Paese ha fatto proprie le esigenze di una gestione razionale dellambiente costiero nel 1982, con le leggi n41 (Piano per la realizzazione e lo sviluppo della pesca marittima) e n 979 (Disposizioni per la difesa del mare). La legge 979, del 31 dicembre 1982, ha costituito per il Ministero della Marina Mercantile un valido strumento per attuare una politica di protezione dellambiente marino nel suo insieme e per prevenire danni alle risorse del mare. Le problematiche inerenti le aree protette marine sono trattate nel titolo V (Riserve marine); queste, secondo la legge, sono rappresentate da ambienti marini, dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicienti, che presentano un particolare interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche - con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine costiere - e per limportanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono. Nel testo di legge sono elencate 20 aree per le quali la Consulta per la difesa del mare dagli inquinanti deve accertare la situazione naturale ed antropica. Lapprovazione, nel novembre 1991, della tanto attesa legge quadro sulle aree protette, costituisce un ulteriore passo in avanti nella gestione delle risorse naturali italiane con lintroduzione, anche per lambiente marino, dei concetti di parco nazionale, parco regionale, riserva naturale statale e riserva naturale regionale. La legge quadro prevede la possibilit di istituire, in aggiunta a quelle previste dalla legge 979, altre 26 aree protette marine (parchi e riserve), e fornisce alla Consulta il potere di individuare ulteriori aree di particolare interesse (Diviacco & Tunesi, 1992). Negli ultimi anni vi stato un crescente interesse nei confronti della tutela del territorio, che si potuto concretizzare, nel giugno del 1992 a Rio de Janeiro, grazie alla conferenza delle Nazioni Unite sul tema Ambiente e Sviluppo. In tale sede si prodotto un documento detto Agenda 21, approvato da oltre 180 Stati, che costituisce un vasto programma dazione per il XXI secolo, prevedendo una serie di provvedimenti volti a conciliare, sulla base della collaborazione e della solidariet internazionale, le esigenze dellambiente e di un sano sviluppo economico. Le aree protette svolgono un ruolo fondamentale per lattuazione delle indicazioni dellAgenda 21; esse, infatti, costituiscono un vero e proprio rifugio in cui le diverse forme di vita si mantengono a garanzia della variabilit biologica su cui si basa la nostra stessa sopravvivenza e rappresentano il cosiddetto sistema in situ di conservazione dei patrimoni genetici delle specie. In questo modo le aree protette rappresentano dei serbatoi di specie, le

quali possono diffondersi e ricolonizzare le zone circostanti, spesso compromesse dallinquinamento e dal degrado ambientale. Listituzione di unarea protetta comporta una serie di vincoli nellutilizzo delle risorse, che in apparenza possono sembrare un ostacolo allo sviluppo economico. Ovviamente necessaria una regolamentazione di alcune forme duso per evitare uno sfruttamento eccessivo ed assicurare un uso delle risorse sostenibile, tale cio da consentire alle stesse di rinnovarsi. Nellambiente marino lo sviluppo indiscriminato della pesca, linquinamento, la realizzazione di piattaforme per la ricerca di idrocarburi hanno infatti spesso provocato mutamenti nei popolamenti; inoltre per molti anni gli ecosistemi marini sono stati sovente trascurati: in Italia, ad esempio, due terzi degli 8000 chilometri di coste sono sepolti dal cemento e circa il 70% dellinquinamento marino proviene da attivit che si svolgono sulla terraferma (Diviacco et al., 1995). LIsola di Ustica, dichiarata nel 1986 Riserva Naturale Marina, costituisce uno dei primi esempi di area marina protetta in Italia, creando i presupposti per una serie di studi relativi agli aspetti naturalistici dellIsola stessa. La presente ricerca si inserisce appunto nellambito di un progetto di ricerca riguardante gli aspetti faunistici, ecologici e bionomici delle biocenosi bentoniche costiere nellIsola, che stato promosso dai responsabili della Riserva in quanto linsieme dei popolamenti bentonici costituisce un elemento di importanza fondamentale nella valutazione dello stato dellambiente marino. Ad esempio, lo studio delle comunit bentoniche si rivela un utile strumento per la valutazione della qualit delle acque marine nelle indagini di impatto ambientale. Tali comunit, infatti, grazie agli stretti rapporti che gli organismi contraggono con il fondo ed ai cicli vitali relativamente lunghi, forniscono, rispetto alle analisi dei soli parametri fisico-chimici, informazioni pi complete e a lungo termine circa le condizioni globali del sistema. Daltra parte, la conoscenza delle specie viventi in un ambiente particolare, come ad esempio unarea marina protetta, pu rappresentare lo strumento di partenza per caratterizzare i popolamenti presenti allinterno dellarea stessa. Il campionamento stato perci concepito per poter raccogliere sia la fauna sessile che quella vagile. Le diverse componenti del materiale raccolto sono tuttora in corso di studio; ci tuttavia sembrato opportuno presentare i dati relativi alla fauna a Briozoi, visto che disponiamo di poche notizie sul benthos dellIsola di Ustica ed in particolare sui Briozoi.

1.2 La Riserva Naturale Marina Isola di Ustica La riserva stata istituita con decreto ministeriale il 12/11/1986 ai sensi della legge per la difesa del mare n. 979 e, secondo la concezione moderna, stata divisa in zone con differenti

vincoli (fig. 1). Si riconosciuta a tal fine una zona A di riserva integrale, che si estende dalla Caletta a Cala Sidoti, per un raggio di circa 350 m dalla costa. In questa zona vietata qualsiasi forma di pesca, nonch la navigazione, laccesso e la sosta con natanti di qualsiasi genere, e comunque qualsiasi attivit che possa arrecare danno o turbativa alla finalit dei programmi da attuarsi nellarea. La balneazione consentita limitatamente alle zone della Caletta e Cala Sidoti, nelle quali consentito laccesso da terra. Attorno alla zona A posta una zona B di Riserva generale, con dimensioni maggiori; questa si estende da Punta Cavazzi a Punta Omo Morto per una raggio di 3 miglia dalla costa. In questa zona sono consentite la fotografia subacquea e la pesca sportiva esercitata unicamente con lenze da fermo e da traino. E consentita inoltre la pesca professionale previa autorizzazione da parte del comune. Il resto dellIsola rientra nella zona C di Riserva Parziale, che comprende il settore Sud dellIsola da Punta Omo Morto a Punta Cavazzi. In questa zona consentita, previa autorizzazione del Comune, la pesca professionale ed altres ammessa qualsiasi forma di pesca sportiva, compresa quella subacquea, nei limiti consentiti dalla vigente legislazione.

2. AREA DI STUDIO

2.1 LIsola di Ustica LIsola di Ustica (fig. 1), sita al largo delle costa meridionale della Sicilia, a circa 36 miglia a NNO di Palermo, fa parte di un sistema di vulcani basici originatisi circa 730.000 anni fa (Toccaceli, 1984), la sua origine tuttavia abbastanza recente, essendo emersa al livello attuale da circa 10.000 anni; il sistema di vulcani a cui apparteneva oggi in gran parte scomparso ad opera dellerosione che ha originato lungo la costa numerose grotte. LIsola copre una superficie di circa 8.7 Km2 ed il residuo di un cono vulcanico il cui cratere principale era posto nella zona dello scoglio della Colombara, sul versante NE. La morfologia dei fondali abbastanza accidentata; essi sono per l80% circa rocciosi, con alcune zone sabbiose nella parte occidentale, spesso ricoperte da rigogliose praterie di Posidonia oceanica, che, grazie alla trasparenza delle acque, giungono presso la Secca della Colombara oltre la profondit di 60 m. (De Cristofaro, 1970). I fondali ad E e S digradano molto velocemente; da Punta Cavazzi a Capo Falconiera, la batimetrica dei 50 m si trova a circa 200 m dalla costa, nella parte N e ad O invece digradano pi dolcemente seguendo abbastanza regolarmente il profilo della costa. Intorno allisola vi sono diverse secche importanti; al largo di Punta Spalmatore si trova il Banco Apollo (-42 m), costituito da blocchi di basalto separati da zone sabbiose, dove si riscontra la presenza di un fondale a Laminaria rodriguezii (Giaccone, 1967); al largo di Punta Gorgo Salato la secca della Colombara (-5 m) e presso Punta dellArpa il Secchiteddu (-26 m). I venti dominanti soffiano da O e NO, in caso di tempo perturbato da S e SO (Toccaceli, 1984). LIsola situata lungo il percorso del ramo della corrente Atlantica entrante che si avvia, lambendo le coste settentrionali della Sicilia, ad iniziare il circuito del Bacino occidentale del Mediterraneo (fig. 2). Lambiente sommerso gode della condizione, assai rara in Mediterraneo, di essere essenzialmente privo di fonti di eutrofizzazione o contaminazione delle acque e di subire un impatto antropico modesto e limitato nel tempo. In una tale situazione le comunit bentoniche hanno risentito poco dellintervento umano ed hanno in gran parte mantenuto la diversit e la ricchezza originale; solo alcune forme ittiche stanziali hanno subito un certo depauperamento a causa della pesca subacquea.

2.2 Conoscenze disponibili Elenchiamo di seguito gli studi pi recenti circa gli aspetti naturalistici geologici e biologici dellarea di Ustica: - studio geo-vulcanologico e magmatologico: Romano & Sturiale (1971); - descrizione generale dei popolamenti della fascia costiera superficiale: De Cristofaro (1970); - aspetti geomorfologici della Grotta dellAccademia e del complesso sotterraneo della Pastizza: Colantoni et al. (1989); - poriferi delle grotte superficiali: Corriero (1989); - vegetazione marina: Giaccone (1971), Giaccone et al. (1985); - malacofauna Tirreniana: Ruggieri & Buccheri (1968); - malacofauna costiera a gasteropodi: Chemello (1986); - Policheti Serpuloidei: Sanfilippo (1991); - pesca costiera: Arculeo et al.(1996). Relativamente ai Briozoi di Ustica ed acque limitrofe: - popolamenti e tanatocenosi del Banco Apollo: Di Geronimo et al. (1990); - popolamenti e tanatocenosi bentonica della Grotta dellAccademia: Di Geronimo et al. (1993); - popolamenti a Briozoi su Laminaria rodriguezii: Di Geronimo et al. (1988); - biocenosi del detritico costiero: Rosso (1996). Pi in generale, per quanto concerne le conoscenze relative ai Briozoi delle acque circostanti la Sicilia: - Briozoi epifiti su alghe del Canale di Sicilia: Chimenz et al. (1981) e Chimenz & Scaletta (1985); - Capo Murro di Porco (Siracusa): Galluzzo (1979); - costa Iblea: Galluzzo (1980a); - porto di Catania: Galluzzo (1980b); - Golfo di Augusta: (Siracusa) Galluzzo (1983-84); - popolamenti nei Cistoseireti dellisola di Salina (Isole Eolie): Galluzzo (1993); - fauna attuale della Sicilia: Gautier (1958); - fauna batiale del detritico Siculo-Tunisino: Harmelin (1979);

- Gymnolaemata nellIsola di Vulcano (Isole Eolie): Nicoletti et al. (1996a) e Nicoletti et al. (1996b); - segnalazione di Electra tenella (Hincks) lungo le coste sud-orientali della Sicilia: Rosso (1994); - popolamenti e tanatocenosi di fondi mobili circalitorali (Golfo di Noto): Rosso (in stampa); - detritico costiero al largo di Pachino: Rosso e Sanfilippo (1992); - ritrovamento di Arachnoidea (A) protecta a Vulcano (Isole Eolie): Chimenz et al. (in stampa).

3. I BRIOZOI

3.1 Generalit I Briozoi devono il loro nome alla somiglianza di alcune specie con i muschi (o briofite); ne sono state descritte circa quattromila specie, quasi tutte marine, alcune salmastre o dulcacquicole. Sono organismi per la maggior parte coloniali sessili, spesso incrostanti e di varia forma (fig. 3); alcuni presentano polimorfismo, ovvero nella stessa colonia sono presenti individui specializzati per differenti funzioni. La distribuzione piuttosto varia, potendo essere rinvenuti dal limite inferiore della bassa marea fino a grandi profondit, ma con una certa preferenza per le zone superficiali, fino a 80/100 m. Prediligono acque limpide e ben ossigenate, con valori di pH compresi tra 6 e 9; vivono principalmente in acque soggette a correnti, o con poco moto ondoso; alcune specie tuttavia prediligono acque ferme, altre agitate. I Briozoi vengono detti lofoforati per la presenza di una corona di tentacoli ciliati detta lofoforo, utilizzata per fini trofici, che consiste in una plica della parete del corpo, circolare o a

ferro di cavallo, posta intorno alla bocca. Le dimensioni variano molto da specie a specie: nel caso della colonia (zoario), sono solitamente dellordine di alcuni centimetri, anche se possono oltrepassare i 50, mentre i singoli individui (zoidi), che non superano in genere il millimetro, possono in casi eccezionali raggiungere i 3 millimetri; in una colonia possono essere presenti migliaia di individui. Le colonie si possono rinvenire su substrati di varia natura: rocce, conchiglie, strutture artificiali, alghe e fanerogame marine, pi raramente fondi mobili. Gli zoidi di una colonia sono connessi tra loro attraverso pori sulle pareti del corpo. La struttura forse pi primitiva della colonia rappresentata da uno stolone, eretto o strisciante, composto da zoidi modificati detti kenozoidi, dal quale si originano gli zoidi. Comunemente le colonie formano incrostazioni piatte in cui un singolo individuo confina su tutti i lati con altri, in modo da originare una colonia compatta incrostante. Sono anche frequenti forme ad accrescimento verticale dendritico provviste di una base ancorata al substrato. Lo zoide possiede una parete (cistide o zoecio), che racchiude il lofoforo e la massa dei visceri, definiti nel loro insieme polipide. Lo strato esterno del cistide consiste in una cuticola composta da proteine e chitina secrete dallo strato epidermico sottostante. Nei Phylactolaemata il cistide gelatinoso, membranoso, o chitinoso, ma comunque flessibile ed al suo interno sono presenti muscoli circolari e longitudinali. Negli Stenolaemata e nella maggior parte dei Gymnolaemata, tra la cuticola e lepidermide presente uno spesso strato di carbonato di calcio, mentre i muscoli della parete corporea sono assenti. Nei rimanenti Gymnolaemata la parete pi flessibile, mancano i muscoli, ma si possono ancora rinvenire depositi calcarei tra cuticola e parete del corpo. Il grado di calcificazione varia considerevolmente a seconda delle specie e dellet dello zoide. La morfologia del cistide di fondamentale importanza nelle ricerche sistematiche, essendo caratteristica delle singole specie ed essendo lunica parte che si conserva alla morte dellorganismo. Il ciclo vitale ha una durata molto variabile: in alcuni casi dura solo un anno, come per i Briozoi che crescono nelle regioni temperate durante i mesi pi caldi e che al sopraggiungere dellautunno liberano le larve e muoiono. Lannualit caratteristica soprattutto dei Briozoi epifiti; altre specie, come Flustra foliacea, il cui accrescimento rallenta o si ferma in inverno, possono vivere pi a lungo, anche 12 anni. Durante la stagione fredda, alcune specie perenni possono morire, lasciando solo gli stoloni, che nella primavera successiva ricostituiranno la colonia per gemmazione. Il lofoforo forma una corona di tentacoli intorno alla bocca (fig. 4). Questi sono diverticoli cavi della parete del corpo contenenti unestensione del celoma. Alla bocca segue unansa digestiva a forma di U composta da faringe, esofago (in alcuni), un ampio stomaco, intestino e ano, che sempre situato al di fuori della cerchia dei tentacoli (da cui il nome Ectoprocta). Le particelle

alimentari sono trasportate nella bocca dalle ciglia presenti sui tentacoli e sulla superficie della faringe. Lo stomaco tipicamente diviso in un cardias anteriore non ciliato e un cieco intermedio non ciliato; la maggior parte della digestione e dellassorbimento avviene nello stomaco. Alla superficie inferiore dello stomaco sono connesse una o pi corde mesenchimatiche dette funicoli. Ciascun funicolo attraversa un poro nella parete del cistide per unirsi ai funicoli di altri zoidi; in questo modo gli individui di una colonia risultano strutturalmente connessi. I Briozoi pi primitivi hanno funicoli cavi, cos da permettere connessioni celomatiche dirette tra gli zoidi. Nei Gymnolaemata, sebbene il funicolo sia pieno ed il poro del cistide ostruito da un tappo di cellule funicolari, pu ancora verificarsi qualche trasporto di materiale proveniente da zoidi che si nutrono attivamente (Bobin, 1977). Al polipide sono associati due grandi muscoli retrattori, inseriti sul lato prossimale o sulla base del cistide e posti ad anello intorno alla base del lofoforo, per garantirne la retrazione. Grazie alle dimensioni assai contenute, la respirazione pu avvenire per diffusione attraverso la superficie corporea ed il lofoforo; non esistono n sistema circolatorio n escretore. Un processo, peculiare dei Briozoi, che supplisce probabilmente alla mancanza di strutture escretorie specializzate e che stato comunque osservato anche a fronte di condizioni ambientali sfavorevoli, consiste nella degenerazione periodica del polipide, che origina, contemporaneamente alla formazione di una gemma che produrr il nuovo zoide, i cosiddetti corpi bruni (fig. 5). Questi sono due cospicue masse scure in cui degenera il polipide dopo qualche settimana di vita; al termine di tale fenomeno, un piccolo gruppo di cellule indifferenziate rigenera un nuovo organismo. Il sistema nervoso, che pu connettere pi individui, posto vicino alla base del lofoforo ed costituito essenzialmente da un ganglio sopraesofageo dal quale originano alcuni nervi che giungono ai visceri, al lofoforo e alla muscolatura. Gli organi di senso sono assenti, ma sui tentacoli sono presenti numerose cellule sensorie.

3.2 Polimorfismo In una colonia vi possono essere vari tipi di individui specializzati, questo fenomeno presente e spesso alquanto pronunciato in molti Briozoi detto polimorfismo; tra i membri dellordine Cheilostomata si assiste al massimo sviluppo di tale fenomeno. Nei Briozoi abbiamo

principalmente due tipologie di individui: gli autozoidi, che rappresentano la gran parte degli individui non specializzati e sono deputati a funzioni alimentari, e gli eterozoidi, che consistono in zoidi ridotti o modificati. Appartengono a questultima categoria: kenozoidi, avicularie, vibracularie e ovicelle. I kenozoidi (fig. 6), privi di strutture interne, costituiscono le parti striscianti (stoloni), le strutture di sostegno (rizoidi), le spine ed altri tipi di parti vuote. Le avicularie (fig. 6), presenti nella maggior parte dei Cheilostomata, sono generalmente pi piccole degli autozoidi e mancano di un polipide funzionante. Le caratterizza una mandibola mobile, che rappresenta una modificazione dellopercolo ed unita alla parete frontale mediante una cerniera. La mandibola si apre e si chiude tramite potenti muscoli; lo spazio sotto di essa, corrispondente allorifizio o allarea vestibolare, detto palato. Al centro di questultimo si trova una depressione tondeggiante, che segna lapertura del polipide rudimentale. Vi sono diversi tipi di avicularie, riconoscibili in base alla posizione ed alla forma (avicularie vicarianti, avventizie, interzoidali). Alcuni Briozoi hanno avicularie sessili, altri peduncolate, generalmente a forma di testa di uccello. Probabilmente la loro funzione quella di proteggere la colonia da piccoli predatori, impedire linsediamento delle larve di animali bentonici e allontanare i rifiuti accelerando il ricambio dacqua; il loro numero infatti aumenta in acque calme. Le vibracularie (fig. 6) sono dotate di una seta che pu essere ruotata tramite muscoli posti intorno alla base e probabilmente svolgono funzioni di pulizia della colonia. Infine, le ovicelle (fig. 6) consistono in una camera dincubazione esterna calcificata, posta allestremit dellautozoide, in cui pu svilupparsi un singolo embrione. 3.3 Riproduzione Le strategie riproduttive dei Briozoi sono molteplici: la forma pi comune di riproduzione asessuata quella per gemmazione, nella quale lo zoide parentale viene diviso da una costrizione in due zoidi figli. I Phylactolaemata, che vivono in acqua dolce, formano, sempre con un processo asessuato, forme di resistenza dette statoblasti (fig. 7) e ibernacoli, che sopravvivono allinverno e al disseccamento originando poi una nuova colonia. Negli Stenolaemata si verifica invece la poliembrionia, un processo in cui vengono prodotti asessualmente molti embrioni a partire da un embrione primario. Alcuni Briozoi sono dioici, ma la maggior parte ermafrodita; in questo caso si ritiene possibile sia lautofecondazione, anche se eccezionalmente, sia la fecondazione incrociata. Le cellule germinali si differenziano dal peritoneo ammassandosi allinterno della parete corporea o sul funicolo, per formare le

gonadi. Generalmente gli ovari, in numero di uno o due, sono situati in una posizione pi distale rispetto ai testicoli (uno o pi). Le gonadi sono semplici e prive di condotti, per cui versano i gameti direttamente nel celoma; stato accertato che lo sperma, in molte specie, fuoriesce attraverso pori alla sommit dei tentacoli. Nelle specie che rilasciano le uova allesterno, luovo fecondato nella cavit celomatica dello zoide, venendo poi espulso attraverso i celomopori (particolari aperture celomatiche situate alla base del lofoforo o allestremit di un piccolo organo tentacolare). Lincubazione, che avviene raramente nel celoma vero e proprio, a volte ha luogo nella camera tentacolare, mentre il, polipide degenera; pi comunemente avviene in una camera esterna, detta ovicella, che si forma per gemmazione allestremit distale dellautozoide che produce luovo e confina o si sovrappone allautozoide seguente. Dopo la fecondazione, luovo passa, attraverso unevaginazione del celoma, dalla cavit celomatica allovicella in cui avverr lo sviluppo; altre volte infine lincubazione pu avvenire in un ovisacco interno. Gli spermatozoi portati dalle correnti dacqua aderiscono ai tentacoli di uno zoide: se si tratta di una specie che depone uova, la fecondazione avviene al momento in cui luovo esce dal celomoporo; nella maggior parte dei casi, per, le uova sono incubate nellovicella, per cui lo sperma deve entrare nello zoide attraverso il celomoporo, fecondando luovo prima che sia immesso nellovicella. Nella maggioranza delle specie marine che incubano le uova, la segmentazione radiale porta alla formazione di una larva ciliata simile alla trocofora (fig. 8), con una corona di ciglia per la locomozione, un ciuffo anteriore di ciglia pi lunghe ed un sacco adesivo posteriore. Queste larve non sono in grado di nutrirsi, pertanto conducono un esistenza planctonica molto breve, nuotando per circa un giorno per poi insediarsi sul substrato adatto. Alcune specie di Gymnolaemata che non incubano le uova presentano una larva detta cifonauta (fig. 8) rivestita da due valve chitinose, dotata di un organo di senso apicale ed una corona di ciglia inferiore che circonda lapertura delle valve. Essa in grado di nutrirsi durante la vita larvale, grazie ad un tratto digerente funzionante; in questo modo capace di vivere anche alcuni mesi prima di fissarsi al substrato. Le larve presentano inizialmente fototattismo positivo, che ne facilita luscita dalla camera incubatrice e la dispersione; in seguito, con lapprossimarsi del momento di raggiungere il substrato, il fototattismo diviene negativo, indirizzandole verso superfici in ombra, alle quali si fissano grazie allestroflessione del sacco adesivo, metamorfosando poi in ancestrula. Questa consiste allinizio in una massa cellulare indifferenziata nel suo cistide, che in breve tempo si trasforma in un polipide completo, dal quale si originer per gemmazione asessuata unintera colonia.

3.4 Meccanismo di protrusione del lofoforo

Unapertura nel cistide, detta orifizio, permette al lofoforo di essere protruso. Lorifizio pu avere una forma circolare, o pi complessa, a volte circondato da spine orali o da un bordo rilevato detto peristoma. In molte specie marine lorifizio fornito di un opercolo membranoso o chitinoso, che basculando su due cardini chiude lapertura, quando il lofoforo retratto. La protrusione del lofoforo avviene grazie allaumento della pressione idraulica allinterno del celoma, ottenuta nei diversi taxa con meccanismi piuttosto differenti. Nei Phylactolaemata, ad esempio, la contrazione dei muscoli circolari della parete del corpo a provocare laumento di pressione nel fluido celomatico. Altri taxa hanno la volta della camera del cistide flessibile (membrana frontale) in cui sono inseriti dei muscoli protrattori, che contraendosi ne provocano labbassamento, determinando in questo modo un aumento della pressione celomatica. In altri casi la parete frontale rigida a causa della calcificazione, per persiste una membrana frontale flessibile che pu ancora essere deformata dalla muscolatura. Molti Briozoi presentano, sotto la membrana frontale, una parete interna rigida a forma di anello (criptocisti); questa divide il celoma propriamente detto, localizzato sotto la criptocisti, dal celoma ipostegale, posto tra la criptocisti e la parete frontale. Caratteristica fondamentale della criptocisti di essere perforata; in questo modo, quando la parete frontale viene depressa, il liquido pu defluire attraverso tali perforazioni innalzando la pressione celomatica. In altri casi la parete frontale si presenta rigida perch totalmente calcificata, ma sotto di essa presente un sacco compensatorio detto asco, che si apre allesterno, tramite un poro (ascoporo); la contrazione dei muscoli inseriti alla base dellasco ne causa la dilatazione e quindi lingresso di acqua dallesterno; le maggiori dimensioni dellasco a questo punto determinano la compressione del liquido celomatico, che trova sfogo proiettando allesterno il lofoforo.

3.5 Forme zoariali La forma di un organismo coloniale sessile in gran parte responsabile della strategia con cui questo pu utilizzare le risorse ambientali e della possibilit di sopravvivere in un dato ambiente. Deve pertanto esistere una pressione selettiva dellambiente che agisce sulla forma, di cui testimonianza il fatto che, nonostante la grande variabilit di aspetto, taglia, organizzazione interna e modalit di crescita presente nei vari invertebrati coloniali marini, i modelli morfologici di base, che si ripetono nei distinti gruppi tassonomici, possono essere ridotti ad un numero molto limitato (Jackson, 1979; Cheetham et al., 1980; McKinney, 1981,

1986) ed essi rappresentano probabilmente il risultato di una convergenza adattativa. Per quanto riguarda i Briozoi, stata descritta pi volte una corrispondenza tra landamento di alcuni fattori fisici dellambiente e la distribuzione spaziale di colonie di diversa forma. I caratteri morfologici delle colonie inoltre condizionano fortemente i rapporti tra gli organismi nellorganizzazione di una comunit bentonica, determinando una maggiore o minore abilit nelloccupare il substrato e nel far fronte a competizione, predazione o danneggiamento. Per quanto sia stata riconosciuta in alcune specie di Ciclostomi una grande plasticit zoariale, la forma dei Briozoi in generale poco modificabile (Cheetham, 1971) e, pur scarseggiando le prove sperimentali dirette, esistono in letteratura diversi dati descrittivi in base ai quali comunemente accettata lipotesi che la possibilit per una specie di stabilirsi con successo in un dato ambiente sia fortemente legata alla sua forma; pertanto in un dato ambiente, con caratteristiche fisiche e biotiche precise, dovrebbe esistere una comunit con una composizione in forme zoariali abbastanza definita. Di conseguenza laddove esista un gradiente di fattori ambientali, dovrebbe essere verificabile una modificazione graduale dello spettro zoariale in una data comunit, ossia nelle forme zoariali presenti e nelle loro quantit relative (Boyer et al., 1986). Gi nel 1936 Stach pens di catalogare le varie forme assunte dalle colonie, in modo che anche chi non fosse in possesso di unesperienza specifica sui Briozoi potesse procedere ad un riconoscimento morfologico a prescindere dalla determinazione della specie. Successivamente, altri autori si sono ispirati a questa classificazione. Secondo Annoscia (1968) si possono distinguere due tipi zoariali, quelli instabili, comprendenti forme che adattano la morfologia delle loro colonie alle condizioni ambientali (polimorfismo fenotipico), e quelli stabili, che mantengono la loro morfologia inalterata al variare delle condizioni ambientali. Questi ultimi sembrano influenzati esclusivamente dalla natura del substrato, sono limitati ad un habitat definito, del quale sono caratteristici e in condizioni favorevoli sembra tendano a predominare sulle altre forme. Classificazione delle forme zoariali secondo Annoscia (1968): Forme instabili MEMBRANIPORIFORMI: - gruppo A, incrostanti un substrato solido. Zoari usualmente, ma non necessariamente, unilaminari; parete dorsale degli zoeci interamente calcificata.

Habitat: zone litorali e sublitorali , da qualche metro a -180 m; raramente in acque pi profonde. - gruppo B, incrostanti un substrato flessibile. Zoari unilaminari, parete dorsale degli zoeci poco o affatto calcificata. Habitat: zone litorali e sublitorali ESCARIFORMI: Zoari bilaminari, foliacei, attaccati al substrato fortemente per mezzo di radicelle o per diretta aderenza; base di attacco rigida ed in genere fortemente calcificata. Habitat: optimum in zone sublitorali fino a -18/20 m; pu estendersi anche in acque pi profonde (-45/180 m) ma non nelle zone litorali. VINCULARIIFORMI: Zoari eretti, rigidi, formati da branche subcilindriche, che si ramificano dicotomicamente, fortemente attaccati ad un substrato solido per mezzo di una base calcarea. Habitat: acque profonde o riparate, dove manca lazione delle onde e le correnti sono scarsamente attive.

Forme stabili SETOSELLINIFORMI: Zoari incrostanti su un substrato solido, con crescita a spirale su piccoli oggetti estranei che non vengono incorporati nello zoario adulto (come nei lunulitiformi); una seta vibracolare si trova usualmente nella porzione distale di ciascuno zoecio. Habitat: acque poco profonde su fondali con sabbia calcarea. CELLEPORIFORMI: Zoari incrostanti su un substrato flessibile; zoeci ammucchiati disordinatamente in masse plurilamellari, di forma variabile in dipendenza del tipo di substrato. Habitat: zone litorali e sublitorali. ADEONIFORMI:

Zoari eretti, rigidi, bilaminari lobati, fermamente attaccati ad un substrato solido per mezzo di una base calcarea. Habitat: fondi organogeni sabbiosi, tra -40/50 m o su fondi sabbioso-calcarei in acque profonde. RETEPORIFORMI: Zoari eretti, rigidi, fortemente calcificati, fenestrati o reticolati, fermamente attaccati ad un substrato solido per mezzo di una base calcarea. Habitat: zone sublitorali con forte azione delle onde e delle correnti. PETRALIIFORMI: Zoari unilaminari, incrostanti, attaccati per mezzo di radichette emesse da pori siti sulla parete dorsale della colonia. Habitat: acque basse con fondi rocciosi.

CELLARIIFORMI: Zoari eretti, flessibili, articolati, calcarei, debolmente attaccati al substrato per mezzo di radichette; internodi formati da numerosi zoeci. Habitat: zone litorali con praterie algali, talvolta anche in zone pi profonde; optimum tra -15 e -18 m. CATENICELLIFORMI: Zoari eretti, flessibili, articolati, calcarei, debolmente attaccati al substrato per mezzo di radichette; internodi formati da pochi zoeci (1-3). Habitat: attaccati a rodoficee, in zone litorali (fino a -40 m) fin dove il moto ondoso molto sentito. FLUSTRIFORMI: Zoari chitinosi e flessibilissimi, senza scheletro calcareo. Habitat: zone litorali. LUNULITIFORMI:

Zoari liberi o semiliberi, pi o meno conici, con zoeci che si aprono tutti sulla faccia esterna, con sete vibracolari poste sulla porzione distale di ogni zoecio. La corona di sete periferiche volta verso il basso a sostenere la colonia. Habitat: da -15 a -100 m (optimum tra -27 e -30 m) su fondi sabbiosi, con correnti anche forti, talvolta anche in acque pi profonde ma mai in zone litorali, dove il moto ondoso molto sentito.

Altri Autori hanno in seguito ulteriormente modificato questa classificazione; riportiamo quella utilizzata recentemente da Boyer et al. (1986): MEMBRANIPORIFORME SOTTILE (Membraniporiforme B, Lagaaij & Gautier, 1965; Annoscia, 1968) Raggruppa le specie che hanno zoari membraniporiformi, incrostanti, piatti e sottili, unilaminari. A causa della forte aderenza al substrato dovrebbero essere in grado di tollerare condizioni di forte idrodinamismo, mentre sono molto vulnerabili ai danni provocati dalla sedimentazione, per quanto la presenza di vibracularie possa in alcuni casi rimediare allo svantaggio della forma piatta. Questo tipo adatto ad una rapida colonizzazione del substrato, ma svantaggiato su substrati fortemente popolati, dove le colonie vengono facilmente ricoperte da pi abili competitori spaziali. MEMBRANIPORIFORME SPESSO (Membraniporiforme A, Lagaaij & Gautier, 1965; Annoscia, 1968) Raggruppa le specie che hanno zoari membraniporiformi, incrostanti, molto calcificati, spesso multistratificati, con possibilit di allontanarsi dal substrato accrescendo i bordi ortogonalmente rispetto a questo. La plasticit morfologica delle colonie, legata al tipo di crescita onto- e astogenetica, si traduce in maggiore efficienza, rispetto al tipo sottile, nei processi di ricoprimento e quindi nella competizione spaziale. ERETTO FLESSIBILE (Cellulariforme, Cook 1968)

Raggruppa le specie che hanno zoari eretti ramificati e flessibili, in genere poco calcificati. Sono in grado di tollerare condizioni di accentuato idrodinamismo e sedimentazione. Sono relativamente indifferenti alla pressione biotica degli altri organismi sessili, in quanto necessitano di una superficie molto limitata per linsediamento, ed accrescendosi possono allontanarsi dal livello del substrato dove la competizione per lo spazio pi intensa. Presumibilmente non trovano condizioni ideali per fissarsi su superfici lisce e prive di un popolamento preesistente. Grazie alla presenza di stoloni radicali ben sviluppati, che ne assicurano ladesione al substrato, molte specie popolano con successo fondi molli anche a notevole profondit. RAMPICANTE (Scrupariiforme, Cook, 1968, e Catenicelliforme, Stach, 1936) Raggruppa le specie che hanno zoari a forma di catene uniseriate organizzate in parti incrostanti ed aderenti al substrato, e in porzioni erette; hanno una rapida crescita iniziale. CELLEPORIFORME Raggruppa le specie che hanno zoari incrostanti, pisiformi o simili a montagnole prominenti; tale forma garantisce alle colonie la possibilit di sottrarsi al ricoprimento da sedimento, di far fronte al ricoprimento biotico e di accedere a strati dacqua idrodinamicamente pi favorevoli. RETEPORIFORME Raggruppa le specie che hanno zoari eretti, rigidi, ben calcificati, con tipiche fenestrature. Adatti a sopportare il forte idrodinamismo dei livelli superficiali. Il portamento eretto pone le colonie in condizioni favorevoli per far fronte alla sedimentazione e consente di evitare il ricoprimento biotico, consentendo allo stesso tempo laccesso a strati dacqua pi distanti dal substrato. PETRALIIFORME Raggruppa le specie che hanno zoari incrostanti, unilaminari. Gli zoidi presentano caratteristiche proiezioni tubulari che assicurano flessibilit e deformabilit alla colonia nel corso dellaccrescimento e nella copertura del substrato, con possibilit di adattamento a superfici irregolari.

3.6 Caratterizzazione dei taxa

Classe PHYLACTOLAEMATA Zoidi cilindrici, con lofoforo a forma di ferro di cavallo. Lapertura boccale si apre allinterno della corona dei tentacoli ed ricoperta dallepistoma. Lemissione del lofoforo dipende da un muscolo circolare inserito nella parete. Il celoma continuo tra gli zoidi che formano colonie ramificate o appiattite oppure a forma di nastro. Le colonie non presentano polimorfismo e sono costituite da autozoidi ermafroditi. Lo sviluppo diretto, gli embrioni sono conservati allinterno di una sacca embrionale. E presente anche la riproduzione asessuata mediante gemmazione, molto importante nello sviluppo delle colonie. Al termine della buona stagione producono anche particolari gemme durature dette statoblasti, consistenti in un ammasso di cellule provvisto di guscio bivalve, capaci di sopportare le avverse condizioni ambientali dellinverno. I Phylactolaemata sono esclusivamente dulcaquicoli e comprendono circa 12 generi. Classe STENOLAEMATA Zoidi cilindrici, parete del corpo calcificata; il lofoforo viene emesso mediante un meccanismo basato sulla ridistribuzione della pressione celomatica interna. I celomi degli zoidi adiacenti sono separati da septa ma talvolta possono comunicare attraverso le pareti. I nuovi zoidi si originano per divisione dei septa. Il polimorfismo limitato, sono tutti marini e si dividono in quattro ordini, di cui uno solo include specie viventi, quello dei Cyclostomata. Questi presentano un orificio dello zoide circolare, distale e senza un apparato di chiusura specializzato. Il lofoforo circolare, privo di epistoma, gli zoidi comunicano tramite pori aperti. La riproduzione sessuata con poliembrionia, gli embrioni sono incubati in cospicui gonozoidi. Se ne conoscono circa 250 generi.

Classe GYMNOLAEMATA Zoidi cilindrici o piatti, lofoforo circolare, assenza di epistoma. La parete del corpo pu essere calcificata o meno; il meccanismo per lemissione del lofoforo basato sulla deformazione della parete tramite appositi muscoli. Il celoma degli zoidi adiacenti separato da setti o pareti doppie comunicanti attraverso pori occlusi da tessuti. I nuovi zoidi si originano in zone di accrescimento per deposizione di setti trasversali disponendosi in serie ramificate; gli zoidi presentano polimorfismo; sono principalmente marini, se ne conoscono circa 640 generi. Si dividono in due ordini: Ctenostomata e Cheilostomata.

- Gli Ctenostomata presentano zoidi cilindrici, a forma di fiasco o appiattiti, incrostanti, eretti o striscianti. Lorificio terminale chiuso da una contrazione muscolare; la parete del corpo, non calcificata, membranosa o gelatinosa. Non presentano ovicelle n avicularie. Sono soprattutto marini, alcune specie sono dulcacquicole; se ne conoscono circa 40 generi. - I Cheilostomata presentano zoidi calcificati, generalmente a forma di scatola e appiattiti; orificio frontale o subterminale, chiuso da un opercolo a cardine. Gli eterozoidi sono comunemente presenti, spesso in forme diverse. Gli embrioni si sviluppano spesso in speciali camere incubatrici dette ovicelle. Sono esclusivamente marini e se ne conoscono circa 600 generi. Ordine Cheilostomata: I Cheilostomata e gli Ctenostomata provengono entrambi da un unico progenitore, tuttavia si differenziano per due aspetti fondamentali: - le pareti degli Ctenostomata sono pi o meno ispessite per la presenza di una cuticola, ma non presentano mai calcificazione, mentre i Cheilostomata sono calcificati; - la chiusura dellorificio ha luogo con meccanismi molto differenti: negli Ctenostomata viene chiuso tramite un anello circolare o sfintere, mentre i Cheilostomata sono dotati di un opercolo pi o meno rigido che si articola sopra lorificio. La comparsa dellopercolo stata un evento molto importante, infatti ha reso possibile la comparsa degli eterozoidi specializzati nei quali lopercolo drasticamente modificato assume un ruolo fondamentale. I Cheilostomata possono essere divisi in 2 sottordini che rappresentano due differenti livelli di organizzazione: Anasca e Ascophora; (una divisione pi corretta comprenderebbe 3 gruppi: Anasca, Cribrimorphia, Ascophora). Sottordine Anasca Lo zoide consiste in una capsula semplice con pareti verticali calcificate e la faccia superiore, non calcificata, recante la membrana frontale. La calcificazione dei Cheilostomata migliora il sostegno e la difesa della colonia ma pone il problema di come conservare lelasticit necessaria allestroflessione del lofoforo. Gli Anasca hanno risolto questo problema conservando la faccia frontale decalcificata, coperta soltanto da una membrana simile a quella degli Ctenostomata; in conseguenza di queste modifiche evolutive hanno abbandonato la simmetria radiale in favore di una forma appiattita nel senso dorsoventrale. Quando i muscoli parietali inseriti tra la membrana frontale e le pareti laterali si contraggono, tendono la membrana verso il celoma incrementando la pressione idrostatica al suo interno e provocando cos la fuoriuscita del lofoforo. Lopercolo situato allestremit distale dello zoide consiste in

una piega rinforzata della membrana frontale. In molti Anasca unestensione variabile della superficie frontale inizia ad essere calcificata. Una delle caratteristiche dei Cheilostomata la grande proliferazione degli eterozoidi, negli Anasca troviamo tutti i tipi conosciuti: kenozoidi, spine, vibracularie, ovicelle e avicularie. Sottordine Ascophora Gli Ascophora sono caratterizzati dalla presenza di una parete frontale rigida, cosicch il controllo idrostatico demandato ad un sacco interno, detto asco, che si apre allesterno tramite lascoporo. La simmetria e la morfologia dello zoide simile a quella degli Anasca, tranne che nella parete frontale che totalmente calcificata. Ci permette una maggior protezione ma impone un differente sistema di estroflessione del lofoforo; cos la membrana situata sotto la volta calcarea, omologa alla membrana frontale degli Anasca, permette laumento della pressione idrostatica. Nella maggior parte delle specie lasco saldato alla parte prossimale dellapertura originando cos unapertura divisa in due regioni delle quali quella distale, generalmente pi ampia, detta anter, mentre laltra definita poster. In alcune specie sono separate da due condili, su cui bascula lopercolo. Quando la pressione idrostatica interna aumenta per la dilatazione dellasco, lopercolo bascula sopra i condili in modo da sollevarsi verso lesterno nella sua parte pi grande (distale) e rientrare in quella pi piccola (prossimale). Cos lo stesso movimento che apre la via al lofoforo, attraverso lapertura distale, permette lentrata dellacqua nellasco. Tipica degli Ascophora la calcificazione secondaria della parete frontale; soltanto in quelli meno complessi rimane sprovvista di strato calcareo mostrando una superficie liscia e imperforata. Negli Ascophora presente il massimo grado di specializzazione del polimorfismo eterozoidale, il modificarsi dellopercolo rende possibile la formazione di vari tipi di avicularie, mentre i cenozoidi, con funzione di ancoraggio e supporto, sono rari o inesistenti. Ordine Ctenostomata Zoidi semplici, cilindrici, con pareti gelatinose o chitinose, mai calcaree, quasi sempre traslucide. La differenziazione polimorfica molto ridotta; non esistono n avicularie n ovicelle. In genere non esiste neppure lopercolo e lorificio rimane chiuso per mezzo di un anello muscolare. Le colonie sono costituite da due tipi di zoidi: quelli che assolvono tutte le funzioni fisiologiche, detti autozoidi e quelli che, sprovvisti di una struttura interna, assolvono esclusivamente funzioni strutturali di supporto, spesso sotto forma di stoloni. Gli Ctenostomata si possono dividere in 2 sottordini:

Sottordine Carnosa Non possiedono veri stoloni, i kenozoidi sono quasi sempre contigui e a volte tendono a forme appiattite generando colonie aderenti al substrato. I pori di comunicazione, anzich essere limitati ai setti come negli Stolonifera, sono presenti su tutte le pareti degli zoidi contigui, connettendoli. Sottordine Stolonifera Possiedono autozoidi allineati o concentrati in piccoli gruppi connessi da serie lineari di cenozoidi stoloniformi, a loro volta divisi da setti perforati attraverso cui passa il funicolo.

3.7 Classificazione La classificazione dei Briozoi attualmente in fase di rielaborazione; tradizionalmente si tendeva a prendere in considerazione solo i caratteri morfologici; tuttavia, come dice dHondt (1985), una classificazione moderna si deve basare su informazioni ontogenetiche, biologiche, biochimiche, etc. oltre che morfologiche. Riportiamo le principali classificazioni proposte negli ultimi anni, alcune delle quali riflettono almeno in parte i principi di dHondt. Secondo la classificazione di Ryland e Hayward (1977), Hayward e Ryland (1979), Hayward e Ryland (1985), Hayward (1985), i Briozoi si dividono in tre classi: Classe PHYLACTOLAEMATA Classe STENOLAEMATA Ordine Cyclostomata Classe GYMNOLAEMATA Ordine Ctenostomata Sottordine Carnosa Sottordine Stolonifera Ordine Cheilostomata Sottordine Anasca Sottordine Ascophora In seguito, dHondt (1985) considera i Gymnolaemata una superclasse che comprende la classe Eurystomatoda, e modifica la classificazione dei Gymnolaemata uniformando i suffissi secondo le regole proposte da Cuffey et al. (1973): Classe: -ata Ordine: -ida

Sottordine: -ina Infraordine: -omorpha Classe EURYSTOMATODA Sottoclasse Ctenostomona Ordine Euctenostomida Sottordine Alcyonidiina Superfamiglia Alcyonidioidea Sottordine Flustrellidrina Superfamiglia Haywardozoonoidea Superfamiglia Flustrellidroidea Sottordine Victorellina Superfamiglia Victorelloidea Sottordine Vesiculariina Superfamiglia Vesicularioidea Sottordine Paludicellina Superfamiglia Paludicelloidea Superfamiglia Arachnidioidea Sottordine Stoloniferina Superfamiglia Triticelloidea Superfamiglia Aeverrillioidea Superfamiglia Valkerioidea Superfamiglia Terebriporoidea Superfamiglie Incertae sedis: Hislopioidea Penetrantiina Sottoclasse Cheilostomona Ordine Protocheilostomida Ordine Eucheilostomida Sottordine Inovicellatina Sottordine Scrupariinina Sottordine Malacostegina Sottordine Neocheilostomina Infraordine Pseudomalacostegomorpha Infraordine Cellulariomorpha

Superfamiglia: -oidea Famiglia: -idae

Infraordine Cryptocystidomorpha Superfamiglia Pseudostegoidea Superfamiglia Coelostegoidea Infraordine Ascophoromorpha Superfamiglia Cribrilinoidea Superfamiglia Catenicelloidea Superfamiglia Hippothooidea Superfamiglia Arachnopusioidea Superfamiglia Umbonuloidea Superfamiglia Schizoporelloidea Superfamiglia Celleporoidea Superfamiglia Euthyriselloidea Superfamiglia Didymoselloidea Superfamiglia Orbituliporoidea Superfamiglia Chlidoniopsoidea Superfamiglia Conescharellinioidea Superfamiglia Mamilloporoidea Superfamiglia Bifaxarioidea M. Zabala e P. Maluquer (1988) per quanto riguarda i Gymnolaemata seguono essenzialmente la classificazione di Ryland e Hayward, ma separano i Cribrilinidae dagli Ascophora attribuendoli al sottordine Cribrimorphia; suddividono inoltre i Cyclostomata in 4 sottordini. Classe GYMNOLAEMATA Ordine Ctenostomata Sottordine Carnosa Sottordine Stolonifera Ordine Cheilostomata Sottordine Anasca Sottordine Cribrimorphia Sottordine Ascophora Classe STENOLAEMATA Ordine Cyclostomata Sottordine Articuloidea Sottordine Tubuliporidea

Sottordine Rectanguloidea Sottordine Cancelloidea Gordon (1989), per i Cheilostomata si ispira essenzialmente alla classificazione di dHondt (1985) riportata precedentemente. Classe GYMNOLAEMATA Ordine Cheilostomida Sottordine Protocheilostomina Sottordine Inovicellina Sottordine Scrupariina Sottordine Malacostegina Sottordine Neocheilostomina Infraordine Pseudomalacostegomorpha Infraordine Cellulariomorpha Infraordine Cryptocystidomorpha Sottordine Ascophorina Infraordine Cribriomorpha Superfamiglia Cribrilinoidea Superfamiglia Catenicelloidea Infraordine Hippothoomorpha Superfamiglia Hippothooidea Infraordine Umbonulomorpha Superfamiglia Arachnopusioidea Superfamiglia Umbonuloidea Superfamiglia Adeonoidea Infraordine Lepraliomorpha Superfamiglia Didymoselloidea Superfamiglia Schizoporelloidea Superfamiglia Celleporoidea Superfamiglia Conescharellinoidea Riportiamo infine la classificazione proposta ancora da Gordon e non ancora pubblicata, riguardante i Cheilostomida (modificati in Cheilostomatida):

Ordine Cheilostomatida Sottordine Protocheilostomatina Superfamiglia Labiostomelloidea Sottordine Inovicellina Superfamiglia Aeteoidea Sottordine Scrupariina Superfamiglia Scruparioidea Sottordine Malacostegina Superfamiglia Membraniporoidea Sottordine Flustrina Superfamiglia Calloporoidea Superfamiglia Buguloidea Superfamiglia Microporoidea Superfamiglia Cellarioidea Sottordine Ascophorina Infraordine Acanthostegomorpha Superfamiglia Cribrilinoidea Superfamiglia Bifaxarioidea Superfamiglia Nephroporoidea Superfamiglia Taenioporinoidea Superfamiglia Catenicelloidea Infraordine Hippothoomorpha Superfamiglia Hippothooidea Superfamiglia Dysnoetoporoidea Infraordine Umbonulomorpha Superfamiglia Arachnopusioidea Superfamiglia Adeonoidea Superfamiglia Pseudolepralioidea Superfamiglia Lepralielloidea Superfamiglia Chlidoniopsoidea Infraordine Lepraliomorpha Superfamiglia Smittinoidea Superfamiglia Schizoporelloidea Superfamiglia Urceoliporoidea Superfamiglia Didymoselloidea

Superfamiglia Euthyriselloidea Superfamiglia Siphonicytaroidea Superfamiglia Mamilloporoidea Superfamiglia Celleporoidea Superfamiglia Batoporoidea 4. MATERIALI E METODI

4.1 Piano di campionamento Nel giugno del 1994 stata eseguita un indagine preliminare per individuare le aree di campionamento ed effettuare un presurvey cognitivo al fine di avere una conoscenza globale dei fondali della Riserva Marina e di predisporre la fase operativa del campionamento; in seguito, tra il 4 e l11 luglio 1994, si effettuata la campagna di prelievi. Sono stati raccolti 22 campioni lungo 4 transetti (pi una stazione in grotta) (tab. 1). Il campionamento stato effettuato in immersione con autorespiratore mediante grattaggio del substrato per mezzo di mazza e scalpello su superfici standard di 400 cm2 (20 cm x 20 cm), delimitate da apposite strutture in acciaio alle quali erano fissati i sacchetti per la raccolta del benthos; per ogni campione sono state effettuate 2 repliche, che successivamente sono state unite portando larea effettiva a 800 cm2. Il materiale ottenuto dai campionamenti stato fissato in formalina al 5% neutralizzata con CaCO3 e trasferito in laboratorio per la fase di smistamento. In seguito stata effettuata una prima divisione per grandi gruppi, ultimata la quale i Briozoi sono stati lavati in acqua distillata e conservati in alcool etilico a 70.

4.2 Fisionomia dei transetti In una descrizione del piano infralitorale di Ustica, Chemello (1984) riferisce che il substrato presenta un imponente sviluppo della componente vegetale. Si hanno infatti biocenosi composte fondamentalmente da alghe feofite e rodofite sui substrati duri e fanerogame su quelli mobili di granulometria adatta. Le praterie di Posidonia si estendono in media fino ai -45 m, con una punta massima di -60 m presso la Secca della Colombara e un minimo di -35 m tra Punta Megna e lo Scoglio del Medico. Il piano infralitorale generalmente non oltrepassa i -45 m. (De Cristofaro 1970).

Transetto Punta di Megna (fig. 9) E situato lungo la costa nordoccidentale dellIsola, al confine tra la zona di riserva integrale (a) e la zona di riserva generale (b); in questo punto la costa rocciosa scende verticalmente per circa 6 m, sino ad una modesta radura sabbiosa, alla quale segue, dopo pochi metri, un enorme blocco roccioso, che risale sino a circa -2,5 m dalla superficie; quindi discende nuovamente fino a circa -10 m dove sono presenti tra le rocce chiazze di sabbia con fasci di Posidonia; in seguito degrada dolcemente sino a -20 m; linclinazione del substrato nei punti di campionamento di circa 90. Le specie algali maggiormente rappresentate sono: alla profondit di 10 m Cystoseira barbata (Goodenough et Woodward) J. Agardh Halopteris filicina (Grateloup) Kutzing Dictyota linearis (C. Agardh) Greville Botryocladia botryoides (Wulfen) Feldm Jania rubens (Linnaeus) Lamouroux Polysiphonia sp. alla profondit di 20 m Halopteris filicina (Grateloup) Kutzing Dictyota linearis (C. Agardh) Greville Dictyota dichotoma (Hudson) Lamouroux Ceramium codii (Richards) G. Mazoyer

Transetto Punta Galera (fig. 10) E situato lungo la costa sudorientale dellIsola, nella zona di riserva parziale (c); qui la costa si protende in mare con una lingua rocciosa inclinata di circa 45, molto irregolare, che nei primi metri affiancata da un tratto ghiaioso seguito da una prateria di Posidonia su cui stato prelevato un campione a 5 m di profondit; a circa -10 m la prateria si interrompe nuovamente in un tratto ghiaioso, sempre affiancato dalla lingua di roccia, alla base della quale stato preso

il secondo campione; pi avanti la pendenza aumenta con scalini e paretine, sempre affiancate da Posidonia; linclinazione del substrato nelle stazioni di circa 90. Le specie algali maggiormente rappresentate sono:

alla profondit di 10 m Cystoseira barbata (Goodenough et Woodward) J. Agardh Padina pavonica (Linnaeus) Lamouroux Sphacelaria sp. Ceramium codii (Richards) G. Mazoyer alla profondit di 20 m Cystoseira spinosa Sauvageau Halopteris filicina (Grateloup) Kutzing Anadyomene stellata (Wulfen) C. Agardh Udotea petiolata (Turra) Boergesen alla profondit di 30 m Halopteris filicina (Grateloup) Kutzing Cystoseira spinosa Sauvageau Halimeda tuna (Ellis et Solander) Lamouroux Udotea petiolata (Turra) Boergesen Zonaria tournefortii (Lamouroux) Montagne Botryocladia botryoides (Wulfen) Feldm Polysiphonia sp. Peyssonnelia sp. Transetto Punta Cavazzi (fig. 11) E situato lungo la costa sudoccidentale dellIsola, al confine tra la zona di riserva parziale (c) e la zona di riserva generale (b); in questo punto la costa degrada con una sorta di franata di massi tra cui si sono formati accumuli di sedimento che hanno permesso linsediamento di fasci di Posidonia; i campioni sono stati presi su substrato roccioso con un inclinazione prossima ai 90. Le specie algali maggiormente rappresentate sono: alla profondit di 10 m Dictyota linearis (C. Agardh) Greville Dictyopteris membranacea (Stackhouse) Batters Halopteris filicina (Grateloup) Kutzing

Zanardinia prototypus (Nardo) Nardo Dilophus spiralis Montagne Boergeseniella sp. alla profondit di 20 m Halopteris filicina (Grateloup) Kutzing Dictyopteris membranacea (Stackhouse) Batters Dictyota linearis (C. Agardh) Greville

Transetto Punta Omo Morto (fig. 12) E situato lungo la costa nordorientale dellIsola, al confine tra la zona di riserva generale (b) e la zona di riserva parziale (c); qui la costa emersa caratterizzata da una spettacolare falesia rocciosa che prosegue sottacqua praticamente verticale sino a -20 m tra enormi massi di crollo; qualche metro al largo del punto in cui stato preso il campione a -20 m si trova un grande blocco roccioso che risale di circa 8 m; in seguito il fondale digrada abbastanza dolcemente tra roccette e chiazze di sabbia e Posidonia; linclinazione del substrato nel luogo del campionamento di circa 90. Nei pressi della punta presente un depuratore che scarica in mare. Le specie algali maggiormente rappresentate sono: alla profondit di 10 m Halopteris filicina (Grateloup) Kutzing Halopteris scoparia (Linnaeus) Savageau Halimeda tuna (Ellis et Solander) Lamouroux Udotea petiolata (Turra) Boergesen Zanardinia prototypus (Nardo) Nardo

alla profondit di 20 m Halopteris filicina (Grateloup) Kutzing Dictyopteris membranacea (Stackhouse) Batters Zonaria tournefortii (Lamouroux) Montagne Grotta delle Barche (fig. 13) Lungo il versante meridionale della costa usticese, a ridosso dellestremit sudorientale del Golfo del Pagliaio (zona c), si apre unampia cavit semisommersa detta la Grotta delle Barche. Lingresso della grotta parzialmente ostruito da grandi blocchi rocciosi, che dividono lentrata in un ingresso maggiore, posto al di sopra della superficie, ed uno minore sommerso la cui profondit massima raggiunge i 9 m; a qualche metro da questo ingresso stato effettuato il campionamento su substrato verticale; pi avanti il fondo risale. 4.3 Metodi di studio I campioni si presentavano costituiti essenzialmente da alghe, sulle quali erano fissati la maggior parte dei Briozoi e tra le quali era rimasta intrappolata gran parte della componente animale; ci ha reso necessario osservare sotto lo stereomicroscopio, a basso ingrandimento, tutte le superfici, algali e non, per poterla separare. Anche il residuo trovato in fondo alle bottiglie contenenti i campioni stato filtrato ed osservato con lo stesso apparecchio. Successivamente i vari organismi sono stati divisi per phylum. Per quanto concerne il benthos, dopo lo smistamento, stata calcolata la dominanza quantitativa, come numero di individui, dei seguenti phyla: Mollusca, Annelida, Arthropoda (esclusi Amphipoda), Echinodermata, Cnidaria e Sipuncula. I Briozoi sono stati identificati a livello di specie utilizzando un microscopio ottico dotato di contrasto di fase e, nei casi pi complessi, il microscopio elettronico a scansione (S.E.M.). Per losservazione delle colonie poco calcificate sono stati allestiti dei preparati temporanei con glicerina, cos da poter recuperare il campione ad indagine terminata. Le altre colonie sono state trattate con ipoclorito di sodio, per liberarle dalle impurit, poi risciacquate in acqua distillata e fatte asciugare. In alcuni casi si provveduto anche alla colorazione con blu di metilene delle colonie, per porre in risalto alcuni particolari altrimenti poco visibili. Per lo studio al S.E.M. si sono trattati i campioni con ipoclorito di sodio, risciacquandoli successivamente in acqua distillata e poi disidratandoli per immersione nella serie degli alcoli. In seguito i campioni sono stati montati su appositi supporti (stubs), e sottoposti a metallizzazione con oro-palladio. Tutti i dettagli che potessero essere daiuto per lidentificazione delle specie problematiche, sono stati fotografati al S.E.M. o al microscopio ottico; in alcuni casi si ricorso anche a disegni alla camera lucida. Le misurazioni sono state

effettuate con oculare micrometrico. Per ciascuna specie stata misurata larea di ricoprimento assoluto (Ri) considerando: - per le specie erette, larea della proiezione sul piano orizzontale degli individui o delle colonie espressa in mm2 - per le specie incrostanti, larea ricoperta espressa in mm2. Per ogni campione, stato calcolato il ricoprimento totale Rt, ottenuto dalla somma dei singoli Ri, e la dominanza quantitativa DQ espressa come percentuale del ricoprimento delle singole specie rispetto al ricoprimento totale. Si poi compilato lelenco faunistico, utilizzando per lidentificazione delle specie principalmente i seguenti testi (insieme a numerosi altri articoli che verranno specificati nella bibliografia): Prenant & Bobin, 1956, 1966 Ryland & Hayward, 1977 Hayward & Ryland,1979 Hincks, 1880 dHondt, 1983 Hayward, 1985 Zabala & Maluquer, 1986 Per la classificazione ci si serviti essenzialmente di Zabala & Maluquer (1988). I dati sono stati organizzati in una matrice specie/stazione, secondo i canoni usuali per lelaborazione statistica, che unita alle determinazioni tassonomiche, ha fornito le informazioni necessarie per delineare un quadro completo sulla componente a Briozoi e pi in generale sullarea studiata. Le specie sono state raggruppate nei seguenti stocks biocenotici, seguendo essenzialmente Hong (1980) e Zabala (1986): 1) preferenziali di grotte oscure e semioscure 2) preferenziali in presenza di concrezione organogena precoralligena e coralligena, nel senso di Peres & Picard (1964) 3) preferenziali di Posidonia 4) preferenziali dei livelli superficiali, fino a -20 m circa 5) sciafile ubiquiste ed in gruppi ecologici, in base al tipo di substrato sul quale sono state rinvenute:

P: Posidonia (sia foglie che rizomi) A: alghe R: roccia O: concrezione organogena od organismi viventi D: substrati diversi X: substrato ignoto (rinvenute gi staccate dal substrato). Le specie sono state inoltre ripartite in funzione delle forme zoariali, seguendo la classificazione di Boyer et al. (1986), modificata aggiungendo la forma eretto rigida secondo Chimenz et al. (in stampa b). Infine si eseguita una ripartizione secondo gruppi di distribuzione biogeografica, seguendo Nicoletti et al. (1996), che fanno riferimento a Lopez de la Cuadra & Garcia-Gomez (1994), con alcune modifiche: vengono incluse nel IV gruppo le specie con distribuzione sconosciuta per problemi di sinonimia, e viene aggiunto un IX gruppo per le specie indopacifiche (il gruppo III Atlantico NE presenti in Mediterraneo non compare perch nel nostro caso non vi figura alcuna specie). Vengono riportati di seguito i diversi gruppi: I II IV V VI VII VIII IX Endemiche mediterranee (in senso stretto) Atlantico NE presenti in Mediterraneo - a boreotemperate - b subtropicali o caldo-temperate Circumtropicali Anfiatlantiche - a boreotemperate - b subtropicali o caldo-temperate Largamente distribuite in acque caldo-temperate Cosmopolite Distribuzione sconosciuta a causa della descrizione delle specie troppo recente o per problemi di sinonimia Indopacifiche

4.4 Trattamento dei dati I dati ottenuti dal campionamento sono stati utilizzati per calcolare i seguenti indici: indice di diversit di Shannon-Weaver (H) secondo la seguente formula (da Odum, 1988): H = Pi x log Pi

dove: Pi = probabilit dimportanza per ciascuna specie = ni / N N = valore dimportanza totale ni = valore dimportanza per ciascuna specie (nel nostro caso stato considerato come valore dimportanza larea di ricoprimento in mm2). indice di equitabilit di Pielou (e) secondo la seguente formula (da Odum, 1988): e = H / log S dove: H = indice di Shannon-Weaver S = numero di specie Per lanalisi statistica stata realizzata una matrice a doppia entrata (presenza/assenza) delle specie in funzione delle stazioni, elaborata poi tramite lAnalisi Fattoriale delle Corrispondenze (Benzcri, 1973). 5. RISULTATI

5.1 Popolamenti bentonici Consideriamo in questa sede la dominanza quantitativa per phylum, espressa dal numero di individui in percentuale rispetto al totale, non prendendo in considerazione nel calcolo le stazioni GAL5 e GAL30 al fine di rendere comparabili, per quanto possibile, i 4 transetti. Tra i dati in nostro possesso non figurano quelli riguardanti Anfipodi e Poriferi tuttora in fase di studio. Nel transetto di P. Cavazzi risultano piuttosto abbondanti Anellidi ed Echinodermi (32%), seguono gli Artropodi (22%) e i Molluschi (14%). Presso P. di Megna, si osserva una grande abbondanza di Anellidi (66%), seguiti dai Molluschi (19%), e da Artropodi ed Echinodermi che assieme rappresentano il rimanente 15%. Presso P. Omo Morto si nota una notevole abbondanza di Anellidi (61%), seguiti dagli Echinodermi (23%), dagli Artropodi (13%), ed infine da Molluschi e Cnidari che nel complesso non superano il 4%. Nel transetto di P. Galera si osservano ancora gli Anellidi come taxa pi abbondante (79%), seguiti da Artropodi, Molluschi ed Echinodermi, rappresentati rispettivamente da 11, 7 e 2%. Infine presso la Grotta delle Barche riscontriamo una certa abbondanza di Molluschi (67%) e di Anellidi (33%).

Il numero di individui dei diversi phyla nelle 11 stazioni riportato in figura 14.

5.2 Popolamenti a Briozoi

5.2.1 Specie rinvenute Per la presente indagine sono stati considerati i Briozoi appartenenti alla classe GYMNOLAEMATA. In tutte le stazioni esaminate sono stati rinvenuti Briozoi, per un totale di 52 taxa, dei quali 51 identificati a livello di specie ed una a livello di genere. Dei 52 taxa, 3 appartengono allordine Ctenostomatida e 49 allordine Cheilostomatida. Tra gli Ctenostomatida lunico sottordine rappresentato quello degli Stolonifera (3 specie), tra i Cheilostomatida il sottordine maggiormente rappresentato quello degli Ascophora (25 specie) seguito dagli Anasca (21 specie) e dai Cribrimorphia (3 specie) (fig. 15a); in figura 15b viene riportato anche il numero di specie per famiglia. Nelle tavole 1-3 si possono osservare alcune specie fotografate al S.E.M.. Lista delle specie (secondo la classificazione di Zabala & Maluquer, 1988); le specie trovate ad Ustica per la prima volta sono contrassegnate da un asterisco, mentre le specie nuove per le coste italiane sono contrassegnate con due asterischi. PHYLUM BRYOZOA Classe GYMNOLAEMATA Ordine Ctenostomata Sottordine Stolonifera Famiglia Walkeriidae - Valkeria tuberosa Heller, 1867 * Famiglia Mimosellidae - Mimosella gracilis Hincks, 1851

Famiglia Vesiculariidae - Amathia lendigera (Linnaeus, 1761) Ordine Cheilostomata Sottordine Anasca Famiglia Aeteidae - Aetea anguina (Linnaeus, 1758) * - Aetea lepadiformis Waters, 1906 * - Aetea sica (Couch, 1844) * - Aetea truncata (Landsborough, 1852) Famiglia Electridae - Electra posidoniae Gautier, 1954 * Famiglia Calloporidae - Callopora dumerilii (Audouin & Savigny, 1826) - Crassimarginatella solidula (Hincks, 1860) - Copidozoum tenuirostre (Hincks, 1880) Famiglia Microporidae - Mollia patellaria (Moll, 1803) Famiglia Chlidoniidae - Chlidonia pyriformis (Bertoloni, 1810) * Famiglia Scrupocellariidae - Caberea boryi (Audouin & Savigny, 1826) - Scrupocellaria bertholleti (Audouin & Savigny, 1826) * - Scrupocellaria delilii (Audouin & Savigny, 1826) - Scrupocellaria reptans (Linnaeus, 1758) * - Scrupocellaria scrupea Busk, 1852 * Famiglia Epistomiidae - Synnotum aegyptiacum (Audouin & Savigny, 1826) * Famiglia Beaniidae - Beania hirtissima (Heller, 1867) - Beania magellanica (Busk, 1852) - Beania mirabilis Johnston, 1840 * - Beania robusta (Hincks, 1881) Famiglia Bugulidae - Bugula germanae Calvet, 1902 Sottordine Cribrimorphia

Famiglia Cribrilinidae - Puellina(Puellina) gattyae (Landsborough, 1852) - Puellina (Cribrilaria) picardi (Harmelin, 1987) ** - Puellina (Cribrilaria) setiformis (Bishop & Househam, 1987) ** Sottordine Ascophora Famiglia Exochellidae - Escharoides coccinea (Abildgaard, 1806) Famiglia Watersiporidae - Watersipora cucullata (DOrbigny, 1852) Famiglia Hippoporinidae - Pentapora ottomulleriana (Moll, 1803) Famiglia Smittinidae - Parasmittina tropica (Waters, 1909) * Famiglia Schizoporellidae - Escharina dutertrei (Audouin & Savigny, 1826) - Escharina vulgaris (Moll, 1803) - Metroperiella lepralioides (Calvet, 1903) - Schizobrachiella sanguinea (Norman, 1868) - Schizomavella auriculata (Hassall, 1842) - Schizomavella discoidea (Busk, 1859) - Schizomavella mamillata (Hincks, 1880) * - Schizoporella dunkeri (Reuss, 1848) - Schizoporella longirostris Hincks, 1886 * Famiglia Cleidochasmatidae - Hippopodinella lata (Busk, 1856) - Fenestrulina malusii (Audouin & Savigny, 1826) - Haplopoma impressum (Audouin & Savigny, 1826) - Microporella ciliata (Pallas, 1766) Famiglia Chorizoporidae - Chorizopora brongniartii (Audouin & Savigny, 1826) Famiglia Savignyellidae - Savignyella lafontii (Audouin & Savigny, 1826) Famiglia Reteporidae - Rhynchozoon ind. Famiglia Celleporidae

- Cellepora pumicosa (Pallas, 1766) - Celleporina globulosa (DOrbigny, 1852) - Celleporina hassallii (Johnston, 1847) - Turbicellepora magnicostata (Barroso, 1919) Famiglia Myriaporidae - Myriapora truncata (Pallas, 1766)

5.2.2 Distribuzione orizzontale e verticale Nelle tabelle 2 e 3 vengono mostrate rispettivamente labbondanza e la DQ di tutte le specie rinvenute. Di seguito riportiamo il numero di specie per transetto, larea di ricoprimento totale (Rt) in mm2, le specie dominanti con relativa area di ricoprimento individuale (Ri) in mm2 ed in percentuale (DQ). Riportiamo inoltre gli stessi parametri per le rispettive stazioni, assieme ai rispettivi indici di Diversit (H) ed Equitabilit (e). Transetto Punta di Megna In questo transetto sono state rinvenute 9 specie, per un Rt di 420 mm 2, tra queste risulta dominante Mimosella gracilis con Ri di 248 mm2 e DQ 59,05%. Si tratta del transetto con il pi basso numero di specie e pi basso Rt.

MEG10: In questa stazione sono state rinvenute 7 specie (fig. 16), larea di ricoprimento totale risulta pari a 384 mm2, la specie dominante Mimosella gracilis con Ri di 248 mm2, corrispondente al 64,58% del totale. Lindice di Diversit mostra un valore pari a 1.16, quello di Equitabilit a 0.6. MEG20: In questa stazione sono state rinvenute 6 specie (fig. 17), larea di ricoprimento totale pari a 36 mm2, tra le specie rinvenute risultano codominanti Caberea boryi e Synnotum aegyptiacum, con lo stesso Ri di 10 mm2 corrispondente al 27,78% del totale, e Chorizopora brongniartii con Ri di 9 mm2 (25%). Lindice di Diversit raggiunge il valore di 1.57, quello di Equitabilit di 0.88.

Transetto Punta Galera In questo transetto sono state rinvenute 38 specie, per Rt di 9082 mm2, le specie dominanti risultano Scrupocellaria delilii con Ri di 2950 mm2 corrispondente al 32,48% del totale, ed Electra posidoniae con Ri di 2243 mm2 (25%). Per poter effettuare un confronto tra questo transetto e gli altri, prendiamo in considerazione le stazioni a 10 e 20 m, escludendo le stazioni a 30 m e a 5 m che non hanno una corrispondenza negli altri transetti. Otteniamo cos un numero di specie pari a 23 per un Rt di 2548 mm 2 ed una dominanza di Scrupocellaria delilii, con Ri di 1500 mm2 corrispondente al 58,87% del totale. GAL5: (su Posidonia) In questa stazione sono state rinvenute 8 specie (fig. 18), larea di ricoprimento totale pari a 2580 mm2 la specie dominante Electra posidoniae con Ri pari a 2118 mm2, corrispondente al 82,09% del totale. Lindice di Diversit mostra un valore di 0.77, quello di Equitabilit di 0.37.

GAL10: In questa stazione sono state rinvenute 14 specie (fig. 19), larea di ricoprimento totale pari a 554 mm2, sono codominanti Electra posidoniae con un Ri di 125 mm2, corrispondente al 22,56% del totale, Puellina picardi con un Ri di 109 mm2 (19,68% del totale). Lindice di Diversit raggiunge il valore di 2.26, quello di Equitabilit di 0.86. GAL20: In questa stazione sono state rinvenute 13 specie (fig. 20), larea di ricoprimento totale pari a 1994 mm2, risulta dominante Scrupocellaria delilii con Ri di 1500 mm2 (75,23% del totale). Lindice di Diversit mostra un valore di 1.1, quello di Equitabilit di 0.43. GAL30: In questa stazione sono state rinvenute 25 specie (fig. 21), larea di ricoprimento totale risulta di 3954 mm2, sono dominanti Scrupocellaria delilii con un Ri di 1450 mm2 (36,67% del totale), seguita da Schizomavella mamillata con un Ri di 1050 mm2, (26,56% del totale). Lindice di Diversit raggiunge un valore di 1.93, quello di Equitabilit di 0.6.

Transetto Punta Cavazzi In questo transetto sono state rinvenute 26 specie, con un Rt di 6309 mm2, la specie dominante risulta Mimosella gracilis con Ri di 3139 mm2 (49,75% del totale). Si tratta del secondo transetto sia per numero di specie, che per Rt. CAV10: In questa stazione sono state rinvenute 18 specie (fig. 22), larea di ricoprimento totale pari a 2156 mm2, dominante Myriapora truncata con un Ri di 900 mm2, (41,74% del totale). Lindice di Diversit mostra un valore di 2.07, quello di Equitabilit di 0.72. CAV20: In questa stazione sono state rinvenute 16 specie (fig. 23), larea di ricoprimento totale pari a 4153 mm2, dominante Mimosella gracilis con un Ri di 3139 mm2, (75,58% del totale). Lindice di Diversit raggiunge un valore di 1.09, quello di Equitabilit di 0.39. Transetto Punta Omo Morto In questo transetto sono state rinvenute 27 specie, con un Rt pari a 20594 mm2, la specie dominante risulta Scrupocellaria delilii con Ri di 11504 mm2, corrispondente al 55,86 % del totale. Si tratta del transetto con pi alto numero di specie e maggiore Rt. OMO10: In questa stazione sono state rinvenute 22 specie (fig. 24), larea di ricoprimento totale pari a 13446 mm2, risulta dominante Scrupocellaria delilii con Ri di 6025 mm2 (44,81% del totale), seguita da Pentapora ottomulleriana con Ri di 5296 mm2, corrispondente al 39,39% del totale. Lindice di Diversit mostra un valore di 1.4, quello di Equitabilit di 0.45. OMO20: In questa stazione sono state rinvenute 22 specie (fig. 25), larea di ricoprimento totale pari a 7148 mm2, dominante Scrupocellaria delilii con un Ri pari a 5479 mm2 (76,65% del totale). Lindice di Diversit raggiunge un valore di 1.15, quello di Equitabilit di 0.37. Grotta delle Barche (GRB8): In questa stazione sono state rinvenute 7 specie (fig. 26), larea di ricoprimento totale pari a 1345 mm2, dominante Myriapora truncata con Ri di 930 mm2 (69,14% del totale). Lindice di Diversit presenta un valore di 1.03, quello di Equitabilit di 0.53.

Larea di ricoprimento totale, ottenuta sommando gli Rt di tutti i transetti, risulta di circa 37750 mm2. Nelle figure 27 e 28 sono illustrate larea di ricoprimento e la ricchezza specifica per stazione.

5.2.3 Analisi morfo-funzionale Le specie esaminate si possono attribuire a 7 tipi zoariali; tra questi il membraniporiforme sottile rappresentato dal maggior numero di specie (14), seguito dal membraniporiforme spesso (11) e dal rampicante (10); eretto flessibile, celleporiforme e petraliforme comprendono rispettivamente 7, 5 e 4 specie; leretto rigido, infine, presente con una sola specie (tab. 4). La situazione cambia se si considera larea di ricoprimento Rt: il tipo pi abbondante in questo caso leretto flessibile (51,3%, dati essenzialmente da Scrupocellaria delilii e Mimosella gracilis); seguono, in ordine decrescente di abbondanza, membraniporiforme spesso (19.9%, soprattutto a carico di Pentapora ottomulleriana e Schizomavella mamillata), membraniporiforme sottile (Electra posidoniae e altre specie per un totale corrispondente all11.7%), petraliforme (5.7%, Beania spp. e Mollia patellaria), eretto rigido (5.4% tutti a carico di Myriapora truncata), celleporiforme (3.6% Celleporina spp.) e rampicante (2.4% Aetea spp.). Landamento stazionale delle forme zoariali, espresso come dominanza quantitativa DQ, in genere determinato dalla presenza di singole specie molto abbondanti o di grandi dimensioni (fig. 29). Ad esempio nelle stazioni pi superficiali (5-10 m) la dominanza a GRB8 e CAV10 della forma eretto rigida dovuta a Myriapora truncata le cui colonie hanno dimensioni molto maggiori rispetto a quelle di altre specie; la dominanza del tipo membraniporiforme sottile a GAL5 e, in minor misura, a GAL10 attribuibile allabbondanza di Electra posidoniae; quella del tipo eretto flessibile dovuta a Mimosella gracilis a MEG10 e rispettivamente a Scrupocellaria delilii a OMO10. Labbondanza di S. delilii o M. gracilis determina la dominanza del tipo eretto flessibile nelle stazioni pi profonde (20-30 m), con leccezione di MEG20, dove domina invece il rampicante. Infine, Pentapora ottomulleriana e Schizomavella mamillata sono responsabili dellimportanza del tipo membraniporiforme spesso rispettivamente a OMO10 e GAL30. Un confronto tra i diversi transetti stato effettuato in base sia al numero di specie che alla DQ per tipo zoariale. A questo scopo, abbiamo considerato solo le stazioni a 10 e 20 m presenti in tutti i transetti. Riguardo alla ricchezza specifica (fig. 30), si osserva cos la dominanza a P. Galera del gruppo membraniporiforme sottile (11 specie, cio il 41% del totale) e a P. di Megna del rampicante (7 specie, 54%); negli altri due transetti la ripartizione pi omogenea.

Differente si presenta la distribuzione per DQ: domina in tutti i transetti la forma eretta flessibile, con valori percentuali elevati (tra il 56 ed il 66%) (fig. 30).

5.2.4 Analisi statistica LAnalisi Fattoriale delle Corrispondenze, effettuata sui dati di presenza/assenza ha dato risultati simili a quella basata sui dati di abbondanza. In figura 31 riportato il modello di ordinamento dellA.F.C. delle stazioni relativo ai dati di presenza/assenza. Lungo il primo asse si separano al polo negativo le stazioni GAL5 e GAL10, rispetto a GRB8 posta in prossimit del polo positivo, mentre tutte le altre stazioni formano una nube piuttosto compatta in posizione intermedia. Lungo il secondo asse GRB8 si separa al polo negativo da GAL5, GAL10 e dalle rimanenti stazioni raggruppate nella porzione positiva.

5.2.5 Stocks biocenotici e gruppi ecologici Il raggruppamento delle specie in base agli stocks biocenotici e gruppi ecologici ha prodotto il seguente risultato: preferenziali di Posidonia Electra posidoniae preferenziali in presenza di concrezione organogena precoralligena e coralligena Aetea sica Callopora dumerilii Copidozoum tenuirostre Mollia patellaria Chlidonia pyriformis Caberea boryi Scrupocellaria delilii Scrupocellaria scrupea Synnotum aegyptiacum Beania hirtissima Beania magellanica

A/P P P A/O/R A A A A A A/P A

Beania robusta Puellina (Puellina) gattyae Puellina (Cribrilaria) picardi Puellina (Cribrilaria) setiformis Parasmittina tropica Schizoporella longirostris Schizomavella auriculata Schizomavella discoidea Schizomavella mamillata Metroperiella lepralioides Fenestrulina malusii Savignyella lafontii Rhynchozoon ind. Myriapora truncata sciafile ubiquiste Amathia lendigera Valkeria tuberosa Mimosella gracilis Beania mirabilis Bugula germanae Pentapora ottomulleriana Schizoporella dunkeri Chorizopora brongniartii Haplopoma impressum Cellepora pumicosa Celleporina hassallii preferenziali dei livelli superficiali, fino a -20 m anguina Aetea Aetea lepadiformis Aetea truncata Scrupocellaria bertholleti Scrupocellaria reptans Watersipora cucullata Schizobrachiella sanguinea Hippopodinella lata Microporella ciliata Turbicellepora magnicostata preferenziali di grotte oscure e semioscure Crassimarginatella solidula Escharoides coccinea Escharina dutertrei Escharina vulgaris Celleporina globulosa

A/P X P/R X O X A O R A A A X O

A A A X X O R A/P P P A

A A A A A X A D P A

R O R O/R A/R

Per quanto riguarda lappartenenza biocenotica, lo stock pi consistente si dimostrato quello delle specie preferenziali in presenza di concrezione organogena precoralligena e coralligena (25 specie); seguono per importanza quello delle specie sciafile ubiquiste (11 specie) e delle specie preferenziali dei livelli superficiali, fino a 20 m circa (10 specie). Infine troviamo il gruppo delle specie preferenziali di grotte oscure e semioscure (5) e quello delle specie preferenziali di Posidonia (1 sola specie). Relativamente ai gruppi ecologici, si nota a fronte di una netta dominanza di specie epifite (in particolare su alghe) una discreta quantit di specie rinvenute su substrati rocciosi e organogeni.

5.2.6 Gruppi Biogeografici Riguardo ai gruppi biogeografici (tab. 5 e fig. 32) possiamo notare come il gruppo pi consistente sia il IIa: specie con distribuzione atlantica NE boreotemperata, che include il 35% delle specie, le quali sommate a quelle del gruppo IIb (distribuzione atlantica NE subtropicale o caldo-temperata 10%) portano il totale delle specie a distribuzione atlantica NE al 45%; segue il gruppo VII (specie cosmopolite) con il 16%. Le specie del I gruppo (endemiche mediterranee in senso stretto) sono rappresentate dal 10%; quelle dei gruppi IV e VI (larga distribuzione in acque calde) entrambe dall8%. Il gruppo IX (specie indopacifiche) presente con il 6%, il V e lVIII con il 4%. Linsieme delle specie presenti in acque calde (date dalla somma dei gruppi IIb, Vb, IV e VI) raggiunge il 27% circa. Nella tabella 6 la ripartizione in gruppi biogeografici delle specie rinvenute ad Ustica viene confrontata con quella di Vulcano (Nicoletti et al., 1996) e Gibilterra (Lopez de la Quadra, 1994); in questo caso sono stati esclusi gli Ctenostomata poich non erano considerati nel lavoro di Lopez de la Quadra. La percentuale di specie atlantiche risulta intermedia tra Gibilterra e Vulcano, mentre la percentuale di specie di acque calde, maggiore rispetto a Gibilterra, minore di quella di Vulcano.

6. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Alcune considerazioni interessanti emergono dallosservazione della lista faunistica. Il numero di taxa di Bryozoa Gymnolaemata rinvenuti nel corso della nostra ricerca, 52, relativamente elevato se confrontato con studi svolti in ambienti analoghi, ad esempio: Brindisi (Chimenz & Faraglia, 1995), Vulcano (Nicoletti et al., 1996), Civitavecchia (Chimenz & Nicoletti, 1994), considerando anche il limitato numero di campioni esaminati. Sedici taxa vengono segnalati per la prima volta nelle acque di Ustica; tra questi Puellina picardi e Puellina setiformis sono rinvenuti per la prima volta lungo le coste italiane, il numero totale di specie note per le acque usticesi raggiunge in questo modo le 176 unit, pari al 65.6% della fauna totale delle coste italiane (311 specie) (Balduzzi, 1996) ed al 46% circa di quella Mediterranea (382) (Harmelin, 1992). Riteniamo per che la conoscenza della fauna a Briozoi di Ustica sia ancora incompleta, considerato che i nostri campioni provengono da biocenosi del piano infralitorale, la cui fauna molto meno diversificata rispetto a quelle di piani pi profondi ed in particolare del piano circalitorale. Una serie di campionamenti da effettuare nella biocenosi coralligena circalitorale, considerata habitat delezione dei Briozoi, potr arricchire la lista di specie nuove non solo per Ustica ma anche per il Mediterraneo. Un esempio dato dal ritrovamento (Chimenz et al., in stampa a) a Vulcano di Arachnoidea protecta, rinvenuta una sola volta da Harmer (1915) a Celebes. Secondo Harmelin (1992) probabile che la biodiversit della fauna briozoologica mediterranea sia superiore del 10-15% rispetto ai valori attualmente stimati. Per quanto riguarda le caratteristiche strutturali dei popolamenti da noi studiati, i valori piuttosto modesti dellindice di Diversit (valore massimo 2.26), sono da attribuire essenzialmente al tipo di biotopo campionato (biocenosi ad Alghe Fotofile e a Posidonia oceanica del piano infralitorale), caratterizzato dalla dominanza di substrati vegetali, che determina la prevalenza di poche specie particolarmente adattate, presenti a volte con elevate abbondanze, come si deduce dai bassi valori dellindice di Equitabilit. La scarsa presenza di concrezione organogena basale, in grado di fornire un substrato molto favorevole specialmente alle specie incrostanti, pu spiegare i valori in genere non molto elevati di ricchezza specifica. Dal punto di vista biocenotico, il popolamento della Grotta delle Barche tipico delle condizioni di oscurit e calma idrodinamica di questo biotopo, che determinano la sua povert

quali-quantitativa con presenza di specie a zoario membraniporiforme sottile considerate deboli competitrici, favorite dalla scarsit di altri organismi bentonici potenziali competitori per il substrato (Cinelli et al., 1977). Il popolamento della stazione a Posidonia, GAL5 (e in parte quello di GAL10), presenta caratteristiche strutturali e funzionali legate al particolare tipo di substrato, con dominanza quali-quantitativa, di specie a zoario membraniporiforme sottile; tutte le altre stazioni risultano appartenere alle biocenosi ad Alghe Fotofile del piano Infralitorale (Peres & Picard, 1964), con contributi pi o meno consistenti, secondo la profondit, di specie del Circalitorale; a 30 metri, massima profondit delle nostre stazioni, ancora non si verificano le condizioni ambientali, legate essenzialmente alla riduzione dellintensit luminosa e allidrodinamismo di tipo fluente (Riedl, 1966), tipiche del piano Circalitorale. Ci si deduce anche dalla zonazione delle Cistoseire: mancano infatti nei nostri campioni le specie tipiche circalitorali, mentre presente Cistoseira spinosa, che vegeta al livello inferiore del piano Infralitorale. In effetti, Giaccone et al. (1985) hanno verificato ad Ustica uno spostamento verso il basso della zonazione delle Cistoseire, attribuendolo alla particolare trasparenza delle acque. Queste considerazioni sono confermate dallAnalisi Fattoriale delle Corrispondenze, che separa le stazioni di grotta e a Posidonia dalle altre, che a loro volta si raggruppano in modo piuttosto netto. Le differenze interstazionali in questultimo gruppo (come anche quelle tra i transetti) in effetti non sono legate tanto alla diversa composizione specifica, quanto alla diversa ripartizione quantitativa delle specie presenti, in base soprattutto alla specie algale prevalente che funge da substrato. Ad esempio le alghe a tallo robusto come Cystoseira spp. ed in misura minore Halopteris spp. costituiscono un substrato favorevole per specie erette flessibili, come Scrupocellaria spp. e Mimosella gracilis, e piccole specie rampicanti (Aetea anguina); mentre alghe a tallo laminare ospitano generalmente specie di tipo petraliforme (Mollia patellaria e Beania spp.). Infine la povert quali-quantitativa del transetto di Punta di Megna non spiegabile in base alle conoscenze a nostra disposizione, che escludono la presenza di fonti perturbanti; sarebbe perci opportuno effettuare ulteriori osservazioni in queste stazioni. Per quanto riguarda la caratterizzazione biogeografica della fauna a Briozoi di Ustica, una discussione corretta si pu basare soltanto su una conoscenza pi completa del contingente faunistico locale (che richiederebbe, come gi detto, campionamenti nel piano Circalitorale). In base ai nostri dati, si pu comunque rilevare linflusso della corrente atlantica, osservato anche per la componente algale da Giaccone et al. (1985), con percentuali intermedie tra quelle osservate per la fauna a Briozoi di Gibilterra (Lopez de la Quadra, 1994) e quelle riportate da Zabala (1986) per linsieme del Mediterraneo; daltra parte, la percentuale di specie di acque calde maggiore in confronto a Gibilterra, mentre minore rispetto a Vulcano (dove per

sono presenti delle sorgenti termali che potrebbero influire su questo dato) (Nicoletti et al., 1996). Un commento sulla consistenza del gruppo delle specie endemiche in confronto ad altre aree del Mediterraneo reso difficile dal differente concetto di endemismo seguito dai diversi autori. Riteniamo comunque che i dati da noi riportati e discussi possano costituire un utile contributo alla conoscenza delle caratteristiche faunistiche ed ecologiche della Riserva Marina di Ustica, che si spera possano essere approfondite ed integrate da ulteriori studi.

7. RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare: - La prof.ssa Carla Gusso Chimenz (Dipartimento di Zoologia, Universit degli studi di Roma La Sapienza) ed il Dott. Giovanni Diviacco (dellICRAM di Roma) per avermi seguito durante lo svolgimento di questa tesi e per i loro preziosi consigli; - La Dott.ssa Roberta Darchino per il suo decisivo contribuito nella determinazione delle specie algali presenti nelle stazioni; - La Dott.ssa Ludovica Del Caldo per le fotografie al SEM; e quanti hanno comunque contribuito allo svolgimento di questo lavoro.

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