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Poemi italici
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Poemi italici

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Giovanni Pascoli ebbe un'infanzia estremamente dolorosa: suo padre fu misteriosamente assassinato quando Giovanni aveva appena dodici anni e sua madre morì l’anno successivo. Cinque suoi fratelli morirono più tardi. Studiò all'Università di Bologna sotto il grande poeta Giosuè Carducci. Nel 1879, quando aveva ventitré fu arrestato e imprigionato per alcuni mesi per aver predicato l'anarchia politica. Dopo la sua prigionia, portò i fratelli più piccoli a vivere con lui e dal 1882 iniziò la carriera di insegnante, prima nelle scuole secondarie e poi in varie università italiane, come professore di letteratura greca, latina e italiana. La prima opera letteraria di Pascoli fu un grande successo, Myricae del 1891, un volume di testi musicali brevi, delicati, ispirati alla natura e ai temi domestici, e che riflettevano i disordini psicologici dei suoi anni da studente. Un certo allentamento del tumulto interiore è evidente nel suo secondo volume, di solito considerato il migliore, Canti di Castelvecchio del 1903, una raccolta di commoventi evocazioni della sua triste infanzia e celebrazioni della natura e della vita familiare. I volumi successivi includono poemi di ispirazione classica e più formale e due raccolte influenzate da Virgilio, dall'opera di Carducci e dai simbolisti francesi: Primi poemetti e Nuovi poemetti.
LanguageItaliano
Release dateNov 27, 2019
ISBN9788835337959
Poemi italici

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    Poemi italici - Giovanni Pascoli

    Poemi italici

    di Giovanni Pascoli

    (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912)

    ISBN 9781712141977

    CAP. I

    In prima come Paulo dipintore fiorentino s'invogliò d'un monachino o ciuffolotto e non poté comprarlo e allora lo dipinse.

    Di buona ora tornato all'abituro

    Paulo di Dono non finì un mazzocchio

    ch'egli scortava. Dipingea sul muro

    un monachino che tenea nell'occhio

    dalla mattina, che con Donatello

    e ser Filippo era ristato a crocchio.

    Quelli compravan uova. Esso un fringuello

    in gabbia vide, dietro il banco, rosso

    cinabro il petto, e nero un suo mantello;

    nero un cappuccio ed un mantello indosso.

    Paulo di Dono era assai trito e parco;

    ma lo comprava, se ci aveva un grosso.

    Ma non l'aveva. Andò a dipinger l'arco

    di porta a San Tomaso. E gli avveniva

    di dire: E` un fraticino di San Marco.

    Ne tornò presto. Era una sera estiva

    piena di voli. Il vecchio quella sera

    dimenticò la dolce prospettiva.

    Dipingea con la sua bella maniera

    nella parete, al fiammeggiar del cielo.

    E il monachino rosso, ecco, lì era,

    posato sopra un ramuscel di melo.

    CAP.II

    Della parete che Paulo dipingeva nella stanzuola, per sua gioia, con alberi e campi in prospettiva.

    Ché la parete verzicava tutta

    d'alberi: pini dalle ombrelle nere

    e fichi e meli; ed erbe e fiori e frutta.

    E sì, meraviglioso era a vedere

    che biancheggiava il mandorlo di fiori,

    e gialle al pero già pendean le pere.

    Lustravano nel sole alti gli allori:

    sur una bruna bruna acqua di polle

    l'edera andava con le foglie a cuori.

    Sorgeva in fondo a grado a grado un colle,

    o gremito di rosse uve sui tralci

    o nereggiante d'ancor fresche zolle.

    Lenti lungo il ruscello erano i salci,

    lunghi per la

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