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A RICOLTA

NO VATI

FV

A RICOLTA
STUDI E PROFILI

eON

IL

1.

T K A Z ON
I

Sonati sono
corni
d'ogni parte a ricolta

la

stagione

e rivolta..

F. Sacchetti.

BERGAMO
ISTITUTO ITALIANO

D'

ARTI GRAFICHE

MCMVII

Editore

DIRITTI RISERVATI.

Officine dell'Istituto Italiano d'Arti Grafiche

Bergamo.

ALL'AMABILE NOME
DI

BIANCA MARIA SILVESTRI VOLPI


PER VIRT D'ANIMO

E D'

INGEGNO

ELETTISSIMA

CON DEVOTA AMICIZIA


INTITOLO

QUESTE PAGINE

INDICE DEL

Un

...

vascello fantasma

Iiifames fyigoribus Alpes

....

L'epopea brettone nel medio evo

La leggenda
I

di

VOLUME

Tristano e

d'

(Goliardi e la poesia latina

Isotta

bl

Milano

Sj

nel Castello Sforzesco di

Virgilio cristiano

II

Penelope

L'Alleri a Cesanne

V.

Alfieri e

Mozart
Per

Un

il

e le

Francesco Zacchiroli
Xozze di Figaro

.....

Foscolo

maestro obliato

Ruggero Manna

Michele Amari (ricorrendo


nascita)

Gaston Paris

il

M
43

medievale

....
....
.......
....

Canti d'amore Sardi

Argo

19

71

T
li;
1:7
L 7

153
ib
17.i

primo centen

......
....

1')')

22\

Alessandro D'Ancona

243

Xota

259

fttale

INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

La nave

di

Gokstad

Ricostruzione ideale della nave

La poppa ed

il

Letti di bordo
I

sostegni della tenda

La pentola

Lq

Un
Un

IX.

bordo

di

scheletro dell'Edelingo

La prora
VI Sagra di
va. La stessa
vili.

....

timone della nave

e la
S.

camera sepolcrale

.....
Michele

cavaliere (acquamanile in bronzo)

torneo e scene episodiche (avorio)

X. La corte di re Art (miniatura)


X(. Burnc-Jones,

// Satt

Graa

Xll. Hurne-Jones, / cavalieri della Tavola Rotonda


XIII. Tristano ed Isotta (miniatura)

XIV. Tristano ed

Isotta alla fontana (avorio)

Isotta incorona Tristano (avorio)

XV.

mondo

Gli stati del

.....

(miniatural

XVI. Donne di Sardegna


XVII. Ancora donne di Sardegna

XVIU.

.\rgo custode del tesoro sforzesco (affresco)

XIX. La porta del Tesoro

XX.

(affresco)

da Mercurio (afTre
XXI. M. G. Vida (da un dipinto del tempol
XXII. San Hassano La patria del Vida (disegno a pe
X\UI, Alba
XXIV. Chiesa di S. Margherita in Cremona
.Abbozzo autografo dvl Vida
XXVI G. Campi, Martirio di S. Lorenzo (pala d'altari
XX VII Cedola di citazione dclI'.Mfieri dinanzi al Trib
Betti H,, Al g adhrmeiilali

wv

Londra

XXVIII. Ritratto

XXIX.

Il

"

di

V. Alfieri (miniatura)

Saloncino

di

127

Siena

142

XXX. W. A. Mozart (disegno a penna)


XXXI. Vedute di Salzburg
XXXII. La casa ove nacque il Mozart
XXXIII. Mozart a

XXXIV. Mozart

XXXV.
XXXVI.

Il

"

sei

anni (dipinto)

colla sorella ed

il

152
1,S4

158
160

padre (dipinto)

162

.....
......

Terzetto

del

Nastro

nelle

Figaro (litograia)
Manifesto della 1" rappresentazione

"

del

Nozze
"

Flauto

magico
XXXVII. Ruggero Manna (litografia)
XX.WIII. Carolina Bassi Manna (incisionei
XXXIX. Michele Amari
XL. L'.\mari nel 1842 (disegno a penna)
XLI. Frammento di lettera autografa di M. Amari
.

....

XLII. Gaston Paris


XLIII. G. Paris a ventidue anni
XLIV'. Biglietto autografo di G. Paris

XLV.

G. Paris a Cerisy

....

XL\'I. Alessandro D'Ancona

di

168
172
184
198

204
212

220
224

236
240
242

i;n

L ritrovamento

vascello fantasma

di navicelle primitive, appartenenti all'et

remotissime nelle quali l'umanit

pargoleggiava an-

cora in un giovine mondo, tutt'altro che raro. Neil'

I-

Germania, in Francia, come in Irlanda, un po' dappertutto, insomma, nell'Europa, dai sepolcri di sabbia, di fango e di torba, dov' erano a pocr,
a poco sprofondati, tornano tratto tratto ad emergere,
qua grazie a scoperte casuali, l in virt di pazienti ritalia

nostra

cerche,

gli

come

in

esemplari di que' rozzi e fragili

gli avi antichissimi si

capanne drizzate
vuoi per risalire

schifi, onde
giovarono vuoi per raggiungere le

sulle palafitte in

mezzo

ai

placidi laghi,

corsi di fiumi inesplorati, vuoi per ten-

tare con ardimento, mirabile davvero,

samente vaste del mare. Sono

il

le

pianure pauro-

pi delle volte semplici

tronchi d'albero, scavati col fuoco oppure rozzamente


vorati col
di pietra

mezzo

di

strumenti

la-

ancora rudimentali, ascie

o di bronzo: piroghe informi, grossolani canotti,

al pari di

quello ripescato, alcuni anni

nate, che,

quando

ci

avvenga

di

fa,

vederli

l'aperto, anneriti, imputriditi, carbonizzati,

nel lago di

Mo-

ricomparire

al-

fanno ripensare

non sapremmo quali miserevoli avanzi di poconsumati dalle fiamme, che non a quella
creazione geniale dell' intelletto umano, che e rimarr

piuttosto a

veretti abituri

sempre,

in

onta alla civilt

soverchiante,

generatrice di

ferrei mostri, corazzate e torpediniere, la nave.

La nave:

cos palpitante di vita, cos riboccante di grazia, sia che


si

culli

dolcemente

sui flutti a

mo' d'alcione addormentato

o che vi guizzi veloce quasi impennata saetta.

Con

coteste preistoriche imbarcazioni

il

naviglio, di cui

mi propongo discorrere, null'altro all' infuori del destino


ebbe mai di comune. Sccso bello, gagliardo, agilissimo,
dal cantiere agli amplessi del mare, armato di tutto punto,
pronto

alla corsa

viso sottratto alle

ed alla battaglia, esso stato d'improvlame azzurrine e seppellito vivente nelle

viscere del suolo. Pi di mille anni v' rimasto prigione!

Ma

se la secolare cattivit ha segnato

mate

il

suo corpo, corrosi

d' indelebili

stim-

suoi fianchi, spezzate le sue

antenne, non valsa per a distruggere

la

sapiente pro-

armonia delle sue


linee. Mutilato, violato, il vascello fantasma strappa pur
sempre a chi lo vede un grido d'ammirazione; unica,
porzione della sua struttura,

la squisita

meravigliosa reliquia della marineria

nordica del secolo

IX, reale e palpabile documento di quello che furono le


pi audaci navigatori che abbiano esistito
navi su cui
i

Normanni, compirono quelle spedizioni


storia non rnnosce le pi avventurose.

mai,
la

delle

quali

Narra il venerabile monaco di San Gallo che, scorgendo


un giorno da non saprei quale porto della Francia meridionale apparire e scomparire colla rapidit della folgore

sugli agitati marosi gli snelli schifi

que" boreali

di

sciagure ond'essi sarebbero stati cagione


si

strappasse la bianca

Certo questa una favola


Io

sgomento

per che ben

tale

amare.

riflette tutto

in cui le incursioni de' formidabili

gettarono per quasi due secoli

delle

suo reame,

al

lagrime

versasse

barba,

pre-

Magno, presago

doni, fin allora sconosciuti, Carlo

Vikinghi

popolazioni di quell'im-

le

pero che dall'Eyder all'Adour presentava una costiera di

ben trecento leghe, esposta quasi senza difesa


tacchi improvvisi.

rono dalla feroce

rapacit de'

ma

ai loro at-

soltanto le citt del litorale

Normanni

strazi

soffri-

inauditi,

quelle altres pi remote dal mare, giacch sui navicelli

loro,

guerrieri fulvi, guidati da

sting, risalivano

il

spettatamente nel

Regnar Lodbrog

corso dei fiumi, penetrando

cuore

stesso

della

e da
cos

Germania

Francia. In siffatta guisa dopo aver desolate le

Haina-

e della
rive del

mare del Nord, dell' Atlantico,


Normanni
accamparono sulla Schelda, sul Reno, sulla Loira, sulla
Senna, s'impadronirono della Frisia, occuparono per due

Baltico, del

s'

volte r Inghilterra, devastarono

rono Rouen, minacciarono


sero

assedio (e l'assedio

d'

l'Armorica,

Roma,
dur,

saccheggia-

distrussero Luni, strin-

pensate, dodici anni

!)

Parigi.

* *

Sazi di sangue, di stragi, carichi di preda, un bel giorno,

com'erano
vento

le

venuti,

vele, essi

sparivano.

Levata

facevan rotta verso

l'ancora,
i

brumosi

date
cieli

al

na-

verso le deserte spiagge della Scandia, le foreste


immense, sacre a Wotan, ad Hegir. Ed ivi le ricchezze
di Francia, di Germania, d'Italia accumulavansi nelle
grandi sale di legno, dove intorno al principe loro s'assidevano ad interminabile banchetto
guerrieri. Ruggiva
tivi,

di fuori la

bufera invernale; dentro,

al

chiaror vacillante

delle torce fumose,

recitavano

accompagnandosi

cantori,

saghe vetuste. Dicevano

le

sull'arpa,

Sigmund

di

come

aneppur Pitela era quella volta con lui


vesse ucciso il dragone custode di portentoso tesoro; partendo dalla bigia caverna, il suo naviglio traboccava d'anella. Dicevano di Beowulf, come a gara con Breca per

soletto

sette notti avesse nuotato nel

orrendi abitatori dei

mare tempestoso;

l'assalivano; a

flutti,

nove

Niceras,

di essi l'eroe

immerse la sua buona spada nel cuore, e fu salvo. Dicevano ancora com'ei fosse passato nel paese de' Scildinghi, dove Grendel, il demone delle paludi, sbranava
guerrieri del buon Hrodgar, quando gi erano addormengigante
tati nella sala de' conviti. Egli aveva lottato col
immane ed invulnerabile, il magnanimo Geta, e dall'omero
i

era giunto, eroica impresa, a strappargli

il

destro artiglio,

branca mostruosa. Altro ancora dicevano, mentre l' idromele scendeva a fiotti nelle coppe: sempre d'oro e
la

di gloria era

di sogni

con

svegliarlo,
ritorna.

tutto

non

il

suoi
egli

bara

quanto:

scudi

la

il

lui

s'inebbriava

principe

d'oro,

suoi cavalli,

era deposto

armi ageminate,

le

ricoperti

bara era

il

se la

svenati sul rogo,

accanto a

e gli scheggiali staccati

Che

morte veniva a ripartiva solo per il paese donde ninno

strappati dal seno

mani,

Ed

canto.

prodi.

Lo seguivano,

cani; nella

gli

per
i

gli

elmetti

monili, lavori

palpitante delle
dal

gemmati,

d' artefici

donne

fianco de' morti di

suo naviglio, quel

suoi

suo tesoro

il

naviglio

di

ro-

Luni

Rouen.

che l'aveva

attraverso mille pericoli guidato alla battaglia, alla vittoria.

Una

bara per

l'

appunto stato

anche

il

vascello di

Gokstad.
*

Curiosa storia

la

sua!

Vicinissimo a Sandefjord. una linda


abitanti, posta a

specchio

dell'

omonimo

cittadina di 4350
fjord,

assai

nota

iyii)\r;

i.\

l'ui'i'^

iiii;\i.i.

i;ii

II.

|pi:i,i.\

wvi'. ni CdKsi

iniiiM; nij.i.v wvi;.

\ii.

Norvegia come stazione

di bagni, a circa cencinquanta


non lungi dalla spiaggia del
mare, scorgesi un picciol gruppo di case. Esso Gokstad.
Il luogo non ha nulla di molto notevole; siamo in montagna e grandi boschi melanconici fanno da sfondo. Ma
a rompere 1' uniformit del quadro, ecco alzarsi proprio
sul mare una collinetta, che si rivela a prima vista do-

in

chilometri da

vuta alla

Kristiania,

mano

dell'uomo.

tumulo

Gli abitanti la dicono Knigshugel,

tradizione locale va ripetendo da secoli che

polto un re de' Vikinghi con tutti

La speranza

di rinvenire se

non

dal volgo, certo nell' interno del

creto simile
(colline del

a quelli gi
re) di

del re>; e la

giace se-

ivi

suoi tesori.

le dovizie vagheggiate
tumulo qualche sepol-

rintracciati

Gamia Upsala

ne'

Kungshogarne

in Isvezia,

sono ventisei anni, alquanti cittadini

mosse, or

di Sandefjord,

mem-

ad intraprendere una
metodica esplorazione del tumulo. Ed ecco, non appena

bri della societ archeologica locale,

argomento a ritenon appagati solma di gran lunga superati. Il tumulo conteneva


una tomba; ma la tomba era una nave: una nave

iniziati gli scavi,

offrirsi ai

nere che

voti

tanto,
difatti

loro

ricercatori

sarebbero

stati

meravigliosamente conservata, grazie agli

strati d' argilla

azzurra dentro cui trovavasi da ogni lato fasciata.


Colla diligenza che si pot maggiore, nel termine di
due mesi e mezzo, dal monticello squarciato si riusc ad
estrarre

intatto

il

prezioso

parti e trasportato sulla riva,

una

naviglio, che, diviso

fu

piatta, recato a Kristiania.

poi,

in

due

caricandolo sopra

Quivi

costru nel giardino dell'Universit

per custodirlo si
un capannone di legno

che, se pot allora reputarsi tollerabile

come

provvisorio

veramente sotto ogni rispetto indecoroso oggid. Per essere sinceri, un cimelio di cos straordinario
interesse meriterebbe d'essere collocato in un edifizio
riparo,

pi acconcio a custodirlo che non sia

catapecchia se-

la

mibuia dove adesso si trova a disagio e dove il visitatore


intelligente non pu che in scarsa misura saziare la propria curiosit.

La nave di Gokstad misura in larghezza m. 5.10; in


lunghezza m. 20.10 sulla chiglia; m. 23.80 da capione a
capione. La precisione del suo taglio, la solidit della sua
struttura, l'eleganza singolare delle sue linee, tutto insomma contribuisce ad ispirare un alto concetto del grado
di perfezione a cui era giunto

giani l'arte di costruire


chiglia

presso

Se

navigli.

antichi nofve-

gli

lunghezza della

la

pu a prima giunta sembrare alquanto soverchia

proporzione della larghezza, questo dipende, com' fa-

in

cile vedere,

ci

da un calcolo:

stato tenuto

assai

piatto

Anche

fondo del vascello

il

ragione n'

e la

rendere sempre pi

volle, cos facendo,

nave vien da

della

la rapidit

notabilmente accresciuta.

chiara:

si

che sban-

difficile

dasse in alto mare.


Il

fasciame esterno della nave formato da sedici ma-

dieri

di

quercia

stanno inchiodati
incurvandosi

egregiamente lavorati e
gli

uni sugli

nell' elevarsi

altri.

profilati,

che

Nell'interno corrono,

a destra ed a sinistra sulla chi-

glia, diciassette costoloni, distanti

reciprocamente tre

piedi,

met dell'undecimo madiere, dove sono fermati


dai bagli. Al disopra di questi stanno de' bracciuoli de-

sino alla

stinati a sostenere la parte superiore de' fianchi del battello.

Particolare caratteristico:

le

coste non

sono

attac-

cate alla chiglia, bens strettamente collegate con vimini


alle tavole df

fasciame. L'ultima di queste tavole

sata alla chiglia con chiodi di

ferro

rate ai bracciuoli con caviglie di legno.


tervalli tra le tavole

ciale:

sono calafatati

con una trama a

tre

fili

in

fis-

superiori assicu-

le

commenti o

modo

di pelo di

in-

tutto spe-

vacca

filato.

Le estremit

nave, la ruota di prua e quella di

della

poppa, sono pur troppo in gran parte mancanti. Esse, come


capisce, innalzavansi di molto

continuando con un'eleappunto per questo protendendosi fuori dell'involucro di argilla in altri strati di muschio e di frascame sovrapposti alla nave prima di ricoprirla di terra, andarono distrutte. E probabile che le
due ruote finissero con un taglio orizzontale, netto,
come si vede seguire ancor oggi in talune imbarcazioni
nordiche. Che fossero terminate da teste di draghi od altri
si

gante curva

mostri,
fatta

ma

la chiglia;

come

taluno ha voluto, non sembra credibile;

decorazione, di cui parlano spesso

proporzioni

era riserbata a navigli di

di

libri

assai

sif-

saghe,

maggiori

di

questo ch'or descriviamo.

La nave
mezzo

era posta

di essa

sopra

quercia che reca

la

in

moto con

la chiglia

scassa

Quasi

vela.

la

nel

giace una grande trave di


albero maestro.

dell'

Al

diso-

pra sta un grosso ceppo, pure di quercia, dov' scavata

un'incassatura dentro

la

quale

si

fissava l'albero stesso.

Questo ceppo, che per essere alle due estremit foggiato


a mo' di coda di pesce, chiamavasi, ed il nome gli rimasto, mastenfisch,
ritto,

mastra.

la

Quando

l'albero

quella parte dell' apertura che rimaneva

turavasi mediante una trave che serviva in

a mantenere fermo l'albero.


bassato, l'apertura riusciva
Dell' albero

un troncone,

stava

vuota

pari

ot-

tempo

quando questo veniva ab-

capace

contenerlo intero.

di

alto 3 metri circa, che

misura

un
lungo se n' pur rinvenuto accanto al
dai frammenti conservati non si pu arguire

in circonferenza

32 e, rimasto infitto

nella scassa;

altro pezzo assai

vascello,

ma

qual ne fosse l'altezza totale. Per alzarlo


i

marinai

si

servivano d'un

tracci pure nella

semplice

stiva. All'albero

tenna, cui appendevasi

ed abbassarlo
argano che si rin-

era

attaccata un'an-

una grande vela quadrangolare.

Oltrech dalla vela

vascello era anche promosso dai

il

remi. Sopra di ci niun

non

solo

si

ma

di remi,

fori

giacch

buon

numero

ne' fianchi, precisamente

madiere, a contare
ticati

dubbio ammissibile,

ritrovarono nel fondo di esso

dall' alto,

attraverso cui

si

all'

altezza del terzo

veggono pur sempre

pra-

passavano. Questi

fori

remi

sono sedici per ciascun lato del battello il madiere che li


sopporta, ha uno spessore alquanto maggiore degli altri.
Chi esamini codeste cavit si avvede che nella parte in:

teriore

hanno una specie

chiaro, di agevolare

all'intento,

com'
stessi,

dovevano mettere in opera. In altro caso i


potevano chiudere col mezzo d'appositi tappi, molti

allorch
fori si

d'incisione,

passaggio delle pale dei remi

il

si

dei quali son stati rinvenuti al loro luogo.


I

al

remi

che

vascello,

scavo

nello

ed ora

riapparirono

veggono appesi

si

collocati vicino
alle

della

pareti

sono tra sani e spezzati in


buon numero e di varia misura; ma parecchi di essi
non hanno appartenuto alla nave, bens a tre piccole scia-

capanna che

lo

rinchiude,

luppe che l'accompagnavano, e delle quali

gli

avanzi

ri-

cagione
comparvero, assai male ridotti, nella sentina.
del loro cattivo stato non si pot pensare a ricomporli.
lunghezza
I remi spettanti in proprio alla nave sono di
variabile tra i 5,30 m. e i 5,80 m.; essi sono fatti di legno
pino ed appaiono pi leggeri di quelli che s' usano
adesso nel settentrione; anche la pala presenta proporzioni
minori di quelle che conserva oggid. Un uomo solo bastava, che s' intende, al maneggio d'un remo.

di

De'
stigio

sedili destinati ai

nella

nave.

rematori non scorgesi verun vedunque che gli uomini

a credere

s'assettassero sovra certi cofani

ognuno soleva

riporre

cofani, naturalmente,

Al destro rotondo

quanto

di
gli

legno, dentro

quali

appartenesse. Questi

non vennero deposti nella tomba.


poppa ancora sospeso il timone

di

I.KTTI

III

SOSIKiiM

i;mI;|ii

lii:i.l,\

IK\li\.

giacitura. Esso non ha nulla a che


forma n per la posizione che occupa,
col timone, quale cominci ad esser adoperato nel pi
tardo medio evo. Consiste difatti in una specie di gran
pala di remo, munita d'un manico, terminante in una testa
d'animale, ben stilizzata e dipinta a vari colori, che si appoggiava al fianco del naviglio col mezzo di due sostegni,
collocati l'uno sul bordo, l'altro, maggiore, alquanto pi
sotto. A quest'ultimo il timone era tenuto stretto con una
suoi movimenti
robusta gomena, che per n impediva

nella sua

originaria

vedere n per

la

n vietava
scello,

di sollevarlo e di

sospenderlo

basse. Codesto sistema d'applicare


chiglia, bens al lato destro della
di

Steuerbord dato

al

al

fianco del va-

questo venisse a trovarsi in acqne

ogni qualvolta

tribordo),

il timone non gi alla


nave (donde il termine

dappertutto

pi an-

il

tico e primitivo.

Pur a tribordo

si

collocava

il

ceppo dell'ancora, che da

chi attendeva allo scavo fu rinvenuto nella stiva di prora,

unitamente

ai

frantumi corrosi dalla ruggine dell'ancora

stessa e del suo anello.

fianco della nave,

ma

dalla parte

di

ceva nel tumulo, perfettamente conservata,

tribordo, giapasserella,

la

lunghissima e stretta palanca d'abete, provvista


delle estremit d'un

pertugio per assicurarla

al

ad una
vascello.

Sulla sua superficie sono intagliati vari incavi per impedire al piede di chi la percorra di sdrucciolare.

La nave

era tutta quanta scoperta;

ma

per

metter

al

riparo dalle intemperie e dal calor del sole l'equipaggio,

sopra una tenda; usanza di cui i


saghe parlano spesso. La tenda, un grossolano
tessuto di lana sopra cui correvan cucite larghe strisce
rosse
se ne raccolsero ancora de' brandelli
veniva

si

poteva distendervi

vecchi

libri di

gittata sopra

una lunga traversa sostenuta

da

che

forti pali

s'

due

ai

capi

incrociavano alla cima, ed assicuravasi

bordo della nave col mezzo di fori


internamente il bordo stesso
era munito. I quattro sostegni della tenda, che oggi fanno
mostra di s appesi ad una delle pareti della capanna
accanto alla porta d'ingresso, terminavano con teste di

ne' lembi inferiori al


praticati in

un

listello di cui

cavallo intagliate e dipinte.

Nella stiva di prora

congegnate

in

scoprirono altres sette

si

lettiere,

guisa da poter essere scomposte e ricom-

poste; delle sette due sole erano intatte, e desse si scorgono oggi collocate sotto la ruota di prora della nave.
Dato il loro numero, noi dobbiamo ritenere che fossero
riservate ai personaggi di maggior riguardo che si trovassero a bordo: gli uomini dell'equipaggio dormivano

probabilmente sulla tolda.

Quanti

essi fossero

non

con sicurezza.

facile stabilire

Tuttavia non andremo lungi dal vero opinando che non


oltrepassassero la quarantina. Essi erano

tempo

pari

in

marinai e guerrieri; e cotesta loro seconda qualit era at-

appendeva

testata dagli scudi che ciascuno

nave
lui
le

corrispondenza

in

supponibile

occupato. Siccome dei due

Skvaetbord,

parte

si

le

sfasciata cadendo

insieme con essi sono caduti


il

bordo

si

costituivano

fianchi della

gli

uni agli

altri.

nave,

Ma

pi degli scudi.

dove

palvcsi appaiono

luogo originario. Essi son oggi

quattro addossati

una gran

sponda,

conservato integro, anche

intatti al loro
di

della

lungo
i

che

madieri

assi superiori

bordo della
posto da

al

del

numero

in

Hanno forma

fettamente rotonda e constano di assicelle.

per-

Portano nel

umbone di ferro il quale giovava a difendere


mano, che a rovescio impugnava una traversa la quale,

centro un
la

oltre a servire di ansa, teneva altres

del palvese. Intorno

all'

connesse

orlo di ciascuno girava

le tavole

una guar-

L\ l'iiNTOn

L(i

.M,lli:i.Klll(l

111

nonno.

bKI.I.'KLitXI.\(:0.

nizione di cuoio. Dalle tracce di pittura che


negli scudi conservati,

tivamente colorati
s'

in

deduce che

si

Quando

giallo e in nero.

accingeva a remare, doveva ceno

osservano

si

erano alterna-

essi

toglierli

la

ciurma

dal

luogo,

giacch essi erano appesi tanto in basso da mascherare

completamente

Da

fori de' remi.

comprendere come il naviglio


armamento (').

tutto ci agevole

dovett'essere deposto nel tumulo in completo

difatti dalle

sue profondit sono

usciti all'

aperto og-

getti svariatissimi e, data la loro unicit, di singolare in-

teresse.

Abbiamo

gi toccato delle tre scialuppe, dell'an-

cora, dell'albero maestro:

a questi

attrezzi

si

una grande caldaia

aggiungiamo ora che accanto

rinvennero pure
di

che serviva certamente ad apprestare


gio

insomma
neva

in

cibo all'equipag-

tutto ci che faceva d'uopo a gente che

^la per trasformare in una

slitta;

una catena,

si

po-

mare per lungo tempo.

cigno, avvezza a correr

viva

il

d'

e poi piatti e vasi di legno, piccoli oggetti di ferro,

altro

d'una

resti

rame provveduta

tomba

la

nave dal collo

di

leggera sulla rada delle Balene,

ancora occorreva. Tutto quanto v'era raccolto

ser-

conveniva ora dare degno ricetto all'estinto.


morto edelingo nel mezzo della barca fu innal-

ai viventi;

per

il

zata una camera sepolcrale.

Se questa importante costruzione, che per


sorpassava di molto lo strato d'argilla che
putrefazione

il

carcame

del

vascello,

la

sua altezza

sottrasse alla

giunta

noi

quasi intatta, ci dovuto alla straordinaria sua solidit.

formarla

si

impiegarono

difatti

grosse

travi

da fab-

Secondo taluni calcoli f.itti da competenti, il naviglio completamente armilo pescava m. 1,10 ed il bordo trovavasi allora circa 0,95 al disopra del pelo
d'acqua. U dislocamento in carico della nave armata di tutto punto era di 30
(1)

tonnellate all'incirca.

brica, ricoperte
tutelata, la

da pi

corteccia di betulla. Cos

strati di

mortuaria dimora pot sfidare

gli oltraggi del

tempo.

Essa rassomiglia per la sua struttura ad una tenda. Le


che ne costituiscono l'ossatura s' inchinano le une
verso le altre finch al sommo si toccano poggiando sopra una robusta traversa che fa da comignolo. CoU'estremit
inferiori esse posano sui bagli, correnti lungo i fianchi del
battello, i quali collegansi a lor volta con altre travi che
sorreggono le tavole di cui lo scheletro della camera
rivestito. La parete anteriore di essa combacia colla parte
inferiore dell' albero maestro rimasta, come dicemmo, intravi

fissa nella scassa.

Nel centro della camera, sopra un letto d'apparato, si


cadavere del guerriero, rivestito de' suoi panni
il

depose

pi ricchi, circondato dalle

deva

compagno
gli

di spedizioni

scavatori

sue armi, da quanto

Accanto

di pi prezioso.

gli

giacque

vuota. Tutto era sossopra

nella
:

in

camera,

mezzo

il

tomba era certo

la

rinvennero

alla terra

scarsi avanzi del letto funebre, e quelli

bronzo dorato,

posse-

suo pavone,

remote. Ma, pur troppo, quando

penetrarono

alcuni brandelli di seta

il

giacevano

pure d'un trono;

contesta d'oro, qualche borchia di

teschio e poche altre ossa del morto.


stata violata,

il

La

tesoro involato.

Quando? da chi? Ecco due domande a cui non torna


davvero molto facile rispondere. Probabile ad ogni modo
che il sacrilego saccheggio sia seguito in et molto lontane. Per non breve serie di secoli la tradizione paesana
aveva serbato vivo ed esatto ricordo del punto preciso
in cui dentro il tumulo stava nascosto il sepolcro. Tutelato dapprima dalla riverenza superstiziosa che i Norvegi
ancora pagani nutrivano verso le tombe, esso non ebbe

(.V

pi(o:\

r.v

c.viiKnv SEi'or.cii ale.

a trovar pi veruna difesa dopoch, correndo


anni del secolo decimo, Olaf
cristianesimo, pose in
diti

seguire

riluttanti a

gli

ultimi

Tryggvason, convertitosi al
opera ogni mezzo per indurre i sudil

proprio esempio. Fatto cristiano,

quel popolo, tanto attaccato alle memorie

nazionali,

tra-

mut in orrore ed in disprezzo l' ossequio che aveva


sempre mantenuto verso il passato. Gli dei gi venerati
giudic demoni e stregoni
gli
avi giacenti in
;

seno

alle patrie

zolle

consider quali

miscredenti,

dan-

perpetuamente tra le fiamme penaci


Profanare la tomba d'un pagano, rapirne

nati a scontare

loro misfatti.
tesori,

darne

vento

le

ceneri,

parve opera

quasi

me-

fanatismo trov nella cupidigia un'alleata

ef-

Alla sorte cui soggiacquero tant' altre antiche

se-

ritoria; e

ficace.

al

il

and dunque incontro anche

polture,

Gokstad.

il

Kngshugel

di

della profanazione ch'esso sopport ci stanno

del resto sott'occhi evidentissimi

segni. Nel fianco sinistro

nave un enorme squarcio boccheggia che si estende


anche alla parete della soprastante camera funeraria. Scesi
della

certo per

uno

stretto cunicolo

fino a toccare

spaccarono
colsero,

il

il

battello,

da loro scavato nel terreno

predoni a colpi di

scure ne

fasciame, penetrarono nella camera, ne rac-

mettendo tutto sossopra,

se ne partirono

ricoprendo

il

pi ed

il

meglio; quindi

affrettatamente lo

scavo.

nel violato sepolcro tornarono a regnare le tenebre, il silenzio.

INFAMES FRIGORIBUS

ALPES...

di Tito Livio, che a noi


suonano strane ali 'oreccliio, sembrano un'irriverenza
a dir poco, una stonatura, rispecchiamo per l'appunto

'^^klCURO: queste gravi parole


*"

e,

nella

romana brevit

loro

quanta.

Un

l'opinione dell'antichit

cieco e superstizioso spavento,

tutta

una repugnanza

insuperabile, che scaturiva dalle fibre pi intime dell'essere


loro,

ecco

soli

sentimenti che in cospetto di que' petrosi

giganti abbian provato mai gli avi nostri vetusti. Avvezzi


ad arrestarsi ai piedi della cerchia fatale, quasi dinanzi

ad una barriera enorme, innalzata dalla natura per disgrel'Italia dalle circostanti regioni, essi non arrivarono
mai a comprendere, e tanto meno a gustare, il fascino
misterioso, l'irresistibile attrattiva che si sprigiona per

gare

noi dalle vette sublimi, la

sovrumana dolcezza

nita solitudine, del silenzio infinito.

Lo

dell'infi-

spettacolo

della

natura addormentata in un candido manto di ghiacci, che


ai

cuori nostri, tanto raffinati e tormentati tanto,

restituire

un

sembra

po' di freschezza e di calma, in quegli animi

eccitava solo raccapriccio e disgusto.

ingenui e primitivi

Delle Alpi essi non conobbero se non

ed

terrori

pe-

donde piombano, urlando, le


valanghe, i furibondi torrenti, la tramontana maligna, che
in un turbine di neve e di pioggia ravvolge, soffocandolo,
l'infelice viandante, furono stimate dimora di formidabili
cime

le

ricoli;

inaccessibili,

divinit le quali dalle aeree lor sedi ricacciavano lungi,


ritate,

Cos per secoli e secoli niun piede


vergini nevi; ed allorquando,

ebbe a tentare
sibbene

presa

ir-

profani.

che Ercole,

la

alla

mortali calc

di

qualche

fine,

prova, parve la sua non

soprannaturale.

umana

favoleggi

si

intra-

quindi

un varco

egli primo, avesse osato dischiudersi

tra le rupi irte di ghiaccio

le

audace

Ai non battuti vertici primiero


Ercole giunse. E

Fender

le

lui

videro

numi

nubi, frangere le selci,

E, trafelante,

pi sublimi scogli

Vincer dell'Alpe, che da pie' mortale


Non eran tocche dall'origin prima.

Laddove

il

Tirinzio eroe, che

trionfatore, s'era aperto

onor suo; e da

lui

il

tornava

Spagna

dalla

passo, un tempio fu elevato in

l'Alpe violata ebbe

il

nome

Tale, se crediamo alla mitologia, l'origine del

di

Graia...

primo va-

lico alpino...

Fu

No

questo il solo che l'antichit conoscesse e praticasse?


davvero. Ercole non tard a rinvenire degli imitatori;

altri

passi

mezzo

all'

mano che
mercio

si

furono cos

poco a poco rintracciati di


marmorei pinnacoli, man

inestricabile selva de'


la civilt

crebbe

in Italia

tavano nel grembo loro de' tesori


pidigia

ed

bisogni del

com-

fecero pi imperiosi. Gli impervii gioghi ricet-

umana ed

a rintuzzare quindi

atti
i

a stimolare la cu-

superstiziosi

sgomenti

SAfirtA

III

S.

MIDIIK-I.r..

non troppo sensibili trafabbondavano di ferro, onde


noriche spade; alle falde del monte

in petto agli accorti, ed, in fondo,

Le Alpi

ficanti latini.

occidentali

riputate erano gi le

Rosa, nel paese di qua' disgraziati Salassi, domati da Augusto, che, per sbarazzarsene,
l'asta in

una volta

sul

sola,

vendette

li

tutti

quanti

aurei filoni dentro le viscere del suolo,

particelle

prezioso metallo travolgevano pure ne' freddi lor

parecchi fiumi. Altrove

si

Per

e cristallo di rocca...

darono gradatamente

al-

mercato d'Ivrea, correvano

marmi

rinvenivano
siffatta

maniera,

del

gorghi

bellissimi

sentieri an-

moltiplicandosi in tutta

cerchia

la

ed a loro ne' punti pi favorevoli s'aggiunsero


vere strade, non monumentali per fermo, al pari di

dell'Alpi,
altres

quelle che solcavano le pianure,


tale la via

ma romanamente

chiamarono Giulie, e l'altra che


poco dopo Augusto, il suo successore.

nelle

lui si

Si potrebbe

credere

che, meglio

fossero meglio giudicate.

mole argomento

dalla loro terrifica

Gareggiano

Non ne

questo

in

campo

tra

invece

di

di parole

immagini,

tronio Arbitro,

assai pi tardi, Claudiano.

e,

corrotti

tanto argutamente

artisti,

pompa

T. PeNoi lasceremo
Italico,

scrittore beffardo della

fustigati,

quale maniera

d'

cavato

quella

Satira

costumi dell'et neroniana sono

delle vittorie di Stilicone.


siasi

paurose.

eh' caratteristico vizio dei pe-

decadenza, com'a dire Silio

adesso in disparte cos lo

menippea, dove

di

Alpi

poeti a cavare

loro alcuni

bench innamorati troppo

e d'

le

apr

nulla. Gli

di descrizioni

nobili ancora,

riodi di letteraria

Cozie

conosciute,
fu

continuarono a screditarle:

scrittori latini

niche.

audaci;

che da

che Giulio Cesare costrusse nell'Alpi

come

il
tumido panegirista
staremo paghi a vedere in
impaccio 1' autore delle Pu-

Silio Italico

s'

trovato a dover descrivere

quarto della sua epopea quella tra

che dagli antichi

era

le

nel

libro

imprese d'Annibale

giudicata la pi portentosa:

stata

passaggio delle Alpi, effettuato con somma celerit,


malgrado la stagione poco propizia, e l'impreparazione di
truppe per gran parte delle quali i rigori del verno erano
il

stati

fin

dunque

le

vuota

parola

allora

significato. Ei

di

conduce

schiere cartaginesi gi per la valle della Druenza.

occhi

e d'un tratto fa dinanzi ai loro

giare, sinistre, le

Ma

cime

gi cede

delle Alpi

terror e la

il

sgomenti torreg-

memoria

De" travagli sofferti alla vicina


Vista delle Alpi. Qui tutto costringe

Eterno diaccio,

grandin biancheggiante

Tutto qui copre. DelPetereo monte


S' erge la faccia aspra di gelo, e, posta

Contro il sole nascente, a' rai focosi


Sdurar non pu le sue pruine. Tanto
Dalla terra superna a' pi remoti
Lividi stagni e all'ombre pi profonde

La voragin Tartarea s'inabissa.


Quanto adombrando il cielo, ergesi questa
superba altezza. Fior di primavera
Qui non si vede mai, n frutto estivo
Perenne di que' gioghi, orrido, solo
Dominator il verno e qua bufere.

Qua nubi
E venti
i

Il

impetiiosi e gli uragani

lor seggio locar su

Che

e grandin d'ogni parte aduna:

queste rocce.

fan di nubi grosso velo agli occhi

fra le nubi pertlonsi nell'etra.

soldati s'arrestano impauriti al pensiero di portare la

guerra contro que'


tura e degli

dei.

limiti sacri,

Ma,

quasi a dispetto della na-

rinfrancati

dal

loro

duce,

che

li

precede animoso ed incoraggia colla parola e coU'esemabbandonato il


pio, balzano anch'essi su per l'erta, ed

valico ch'Ercole schiuse, ne tentano


fatica

uno nuovo. Improba

La

neve
dirupando
Dalle altissime cime altri ne involve
Molti

disciolta

militi ingoia, e

Nelle fredde ruine.

Furiando

Coro

lor gitta

Ed

a rincontro

nevosi ammassi

talor,

orribilmente in faccia,

Ovver, stridendo, con tremendo schianto


Porta via l'arme

ai militi, e

nel

turbo

Le avvolge e fra le nuvole le rta.


Quanto prendon de' gioghi, ed anelando
Di toccarne la vetta ergono
passi.
Pi s'accresce il travaglio. D'una mole
i

Sovra

le

conforta

le

Che

stanche genti altra ne nasce;


il

riguardare

a tanto stento valicar;

ai

gli

passi

sguardi

Si smarriscono a quella sterminata

Sempre uguale veduta; che dovunque


Giungano gli occhi scernere non ponno
Che nevi e nevi...

basta ancora.

scena paurosa,
nelle

Ad

ecco,

accrescere

tratto tratto,

pomici corrose, da

tetti

la

desolazione

della

da spelonche scavate

informi, sospesi alle ignmie

pareti delle rocce, quasi nidi d'avvoltoio, balzar fuori or-

ride

forme

col crine sozzo

ed intonso, squallide in viso e

Per vie note solo a loro ed alle belve,


esse scendono improvvise dall'alto sui soldati estenuati dalle
immani fatiche: li spogliano, li uccidono, e, pronte come
il lampo, scompaiono. Ed allora, in mezzo al candore delle
quasi ferine.

nevi,

larghe

flessibile

gelo

chiazze
si

rosseggiano sinistramente, e

squaglia

poco a poco

al

1'

in-

tepore del

sangue....

Era riserbato al Cristianesimo il vanto di temperare


fama dell'Alpi. Quando la buona novella si dif-

l'orrida

mondo latino, confortandone la morte


imminente di radiose speranze, le deit d'Olimpo, costrette
ad esulare dalle citt frequenti di popolo, dalle pingui campagne, cercarono rifugio in quelle silvestri e montanine
solitudini dove gli echi delle commozioni sociali giungevano vaghi ed indistinti o non giungevano affatto:
dove le tradizioni primitive, le credenze vetuste perduravano immote, incrollabili, al pari delle querele e delle
fuse nel decrepito

rupi, a cui

s'

erano

fin dall'origine abbarbicate.

Ben

presto

per pur da cotesti quasi inespugnabili ripari sopravvenne


a snidarle

il

fervido zelo degli apostoli nuovi. Anacoreti

audaci ed ardenti affrontarono senz' esitare


cessi,
la

e sugli

croce.

dirla.

Ed

sterili

dumi piantarono

gioghi

l'albero

inac-

trionfale

non partirono, no; bens rimasero a custo-

ecco

al

che sul

fievole tintinnio della' squilla

rompere dell' alba ergeva per la prima volta di sui vertici


silenti una prece al Dio, del quale fu scritto
Fimda:

meiila

in inontibus

eiiis

stringendo in pugno
il

sanctis,

l'asta

spezzata

nume Pennino,

vecchio

il

tuario suo, purificato, divenne

Fu una

chiesa,

ma

precipitare gi a valle,

in pari

celtico

una

l'

inutile

Thunar.

Ed

folgore,
il

san-

chiesa.

tempo, secondoch allora

si

uno xenodochio, un che di mezzo tra l'ospedale e


viandanti, fiaccati dall'aspro e
l'albergo, un asilo, dove
lungo cammino, al cadere della notte, quando le tenebre

diceva,

crescevano orridezza

alle

gole selvagge, poterono posare

fidenti, al sicuro dalle furie dell'uragano, dagli assalti delle

belve,

dagli

sero quindi

attacchi
d'allora

in

de' ladroni. Chiese


poi,

dappertutto,

ed

ospizi sor-

nella

chiostra

dove un valico si disserquale coloro che giungevano dalle regioni

delle Alpi, dappertutto, intendo,


rasse,

per

il

settentrionali d' Europa, potessero discendere tra noi.

sem-

fu questo un moto, a dire cos, impulsivo, provocato

plicemente da quella fiamma di misericordia perle sofferenze

umane che divampava

Certo
sua

il

ma

fervore della

accanto

alle

alla fine nel

carit

ragioni

esercitarono l'efficacia loro.

cuzione d'un

fatto cristiano.

morali altre pi pratiche


noi assistiamo cos all'ese-

piano assai netto e preciso, che s'era pro-

posto in proprio vantaggio

Roma

mondo

evangelica v'ebbe la parte

il

papato.

imperiale agonizzava.

La sua potenza materiale

spariva ogni giorno di pi in mezzo all'infuriare de' barbari che da ogni parte
fini,

oltre

quali

le

slanciavano a superar que' con-

si

aquile latine lor avevano fin allora

ma, in compenso, lo splendor suo


morale facevasi senza posa pi intenso. Le fiamme accese
dalle orde d'Alarico l'anno 410, distruggendo tutto quanto
vietato di procedere;

aveva

paragonare

fatto

l'Apocalisse, alla

la citt

Sodoma

aurea

alla

Babilonia del-

antica erano valse a purificarla

Roma pagana crollava, risorRoma cristiana, Roma la santa,

dall'ardente fornace, in cui

geva, fenice meravigliosa,

Roma

l'eterna.

se de' teatri

affumicati,

gii scheletri

suoi

non rimanevano che

stavano per

ritte

le

basiliche,

dove veneravansi i corpi di S. Pietro, di S. Paolo, di


schiudeano intatti i lor segreti cunicoli le
S. Lorenzo
catacombe, dove tanti martiri riposavano sereni dentro
l'arche dipinte. E da codeste tombe emanava la virt
nuova capace di richiamare sul Tevere s sterminata
moltitudine, quale non vi si era ragunata forse mai nei
giorni in cui Nerone invitava ai circhi sanguinosi 1' intero
popolo romano.
L' immenso fiume umano che, scendendo dall'Alpi, correva alla volta dell'Urbe, non vide dunque, dopo
tragici casi con cui si inizia il secolo V, scemare
suoi
;

mai da

flutti

tutte le parti della terra

dare a

Roma, come

motivi.

V'andarono

ai

si

prima,

continu ad an-

ma

per

diversi

ecclesiastici di qualsivoglia grado,

gli

quali correva l'obbligo di conseguire favori,

per s e per
al

era fatto

s'

dispense

chiedere ordini, istruzioni, consigli

altrui, di

gerarca supremo; v'andarono

di

laici

ogni

sesso, di

ogni et, d'ogni condizione; giovani robusti e vecchi ca-

femminuccie inferme, a cui paideali quando, ab-

denti, fanciulle floride e

reva raggiungere

bandonate

le

il

pi radioso degli

verdi pianure d'Irlanda ed

negri boschi della

Dacia, lor avvenisse di prostrarsi a piangere, a pregare,


a morire l dove le zolle parevan umide ancora del san-

gue

de' martiri;

dove

si

la quale (son parole,

Ges

venerava r Immagine benedetta,

come ognuno

sa:

dell'

Alighieri)

Cristo lasci a noi per esempio della sua bellissima

Per codesti viaggiatori, cui trasportava loncampi il soffio irresistibile dell'entusiasmo,


veri ostacoli non esistevano: essi affrontavano impavidi
quelle giogaie, dinanzi alle quali avevano indietreggiato
mauri guidati da Annibale... Pure la fralezza umana ha
d' uopo d'aiuto; e Roma il sapeva, che ai suoi visitatori
fedeli sforzossi di alleggerir sempre i disagi. Cos dunque
<

figura

>.

tano dai

patrii

sovr'

valichi tutti che

pellegrini battevano pi spesso,

montagne, costoro trovarono conventi preparati a riceverli, a ristorarli, ad ospitarli.


ai

piedi delle superate

Umili dapprima, codesti pietosi


crescendo
vanta

Romei

gi
il

andarono man mano


Nel IV secolo si

1'

ospitalit

generosa,

di

cui

era

cenobio intitolato a S. Maurizio, che

nel Vallese, accanto al

simo a

asili

importanza, di ricchezza.

d'

tutti

Rodano
(il

ai

s'ergeva

vorticoso; ospizio gratis-

coloro che dovevan affrontare

accesso del monte Elvelino

largo

San Gottardo).

il

pericoloso

E San Mau-

rizio,dopo aver sofferto innumerevoli vicende, sfidato

il

re de' Langobardi e de' Saraceni, ancora sta in piedi.

Scom-

furo-

il nome solo ne
un picciolo borgo selvaggio,

parsa invece da gran tempo, cosicch

ri-

mane

la

affidato oggi ad

badia di Dissentis, o Desertina,

paese de' Grigioni,


dire

Alpi.

Sono

questi

un

quel Lukmanier, che

alpini

pi

pu

antichi, di cui

per gi nel secolo XII

convento

si

elevato della catena centrale dei-

monasteri

memoria

s'abbia certa
esistere

ai piedi di

meno

passaggio

il

fondata l'anno 614, nel

Mons Pyrene

sul

Brennero; come ce ne d prova

il

degli

fatto,

dovette

antichi,

non

forse

il

av-

prima d'ora da chi studi la storia de' valichi almedio evo, che di l pass nel 676 Sant'Audoeno,
il pio vescovo di Rouen, che, quantunque giunto a tarda
vecchiezza, non volle chiudere gli occhi al sonno supremo,
senz'averli prima pasciuti dello spettacolo solenne di Roma
vertito

pini nel

orante sul sepolcro di S. Pietro.

biografo del

Il

attesta anzi che fin d'allora offri vasi


al

in

ammasso

viandante quel gigantesco

chiati,

che pur adesso

Brenner ed

il

di

Reschen

Sarebbe lunga sebbene non


disseminar

ghiacci

volle

ci

invec-

magico cenno,

da un

mare
tra

il

vicino

incuriosa

gliere notizie di tutti gli xenodochi che

instancabile

santo

di stupore

scorge ondeggiare quasi

si

tempesta, reso immobile

colle del

oggetto

per

su

dell'Alpi a conforto de' pellegrini.

impresa,

Roma

le vette

essa

racco-

con

mano

squallide

lavor sola

giacch ben presto, per intenti pi politici e terreni che

non

anche

spirituali,

tra loro

re

aver estesa
penisola,

eressero

principi le

Franchi ed
la

il

si

fecero in aiuto. Primi

Langobardi. Questi che, dopo

dominazione loro

vegliavano
sotto

gelosi

passo del

alla

sopra

gran parte della

conservazione

Moiis

Geminus

(il

di

essa,

Mongi-

nevra),

laddove

imboccatura della

all'

rizzano due monti,

il

Pircheriano ed

muraglie fiancheggiate da

forti

il

si

Chiuse,

le

ond' era

torri,

Susa

valle di

Caprasio,

vietato

il

passo alla valle stessa; ed accanto a quell'artificiale barriera,

che spesse volte contrast

nocui

Romei

non

il

varco

ultima cagione

anche

agli in-

dell' inestinguibil'ira

fondarono
aggrappata alla
roccia, donde, memore della sua grandezza sparita, contempla melanconicamente le sottostanti campagne. Quelli,
per rendersi pi agevole l' invasione dell' italico suolo,
vagheggiata ininterrottamente fin da tempo antichissimo, come sull'alto del Moncenisio, quasi accanto al
nitido lago, ove sorgeva un sacello a quel Giove Pennino
de' pontefici contro

chiesa

la

che

vedemmo

darono

1'

successori d'Alboino

Michele,

S.

di

gi venerato sul Gran San. Bernardo, fon-

ospizio di S. ]Maria

pi ripida e faticosa della


il

anch' adesso

convento

726
Xovalesa. Opera d'un nobile

di S. Pietro alla

Franco, codesto cenobio


via della penisola

corgimenti Carlo

ai

prov

Magno

cos al termine della parte

discesa, ricostrussero nel

Franchi
i

mantenne aperta

vantaggi

la

di cos sagaci ac-

quel giorno nel quale, alla testa

dell'esercito vincitore de' Sassoni, scese a strappare al padre

d'Ermengarda

la

Religione e

corona

d' Italia.

politica, calcolo

ed entusiasmo cooperarono

per siffatta guisa con uguale efficacia, quantunque in diversa misura, fin dal pi remoto medio evo a cancellare
r < infamia

>,

alleviandone

Ed

aveva colpito le Alpi,


i pericoli ed
disagi.
canuti giganti, che seggono a soinfinito candore nivale, cessarono di
pari de' Ciclopi descritti da 'Virgilio,

che per
ai

tanti secoli

viaggiatori pi umili

a poco a poco

lenne consesso tra


parere formidabili

l'

al

coelo capita alta ferentis,

concilium horrendum.

Non

pi paurose torme di

demoni

si

scorsero aleggiare

senza tregua a loro dintorno ed ululare agli orecchi del


gli

angusti

Gli asceti placidi e


fatto loro

mentre percorreva

passeggero,

frettoloso

che furenti

che dell'Alpi

buoni

consueta dimora,

vi sparsero,

cappellette, ai rustici santuari, alle


pietose. Pi d'una volta

nista Novaliciense
tico del sonno,

qualche

le

raffi-

memori

pio
alta

domate avean

insieme

alle votive

croci, le

ce ne fa fede

pregava a notte

tra

imprecazioni e minacce.

sentieri,

leggende

il

vetusto cro-

monaco

che, dimen-

nella chiusa celletta,

ebbe ad udir voci salmodianti sonare nella chiesa vicina,


dove persona veruna si trovava: ed erano voci alte, squilvolte ancora
lanti, che nulla ritenevano d'umano. Altre
(regnava sempre intorno la quiete notturna) qualche montanaro, indugiatosi lungi dall'abituro, scorse gran moltitudine di persone bianco-vestite, recanti tra le mani acpe' sentieri del Rocciamelone,
cese facelle, salire, su
e fermarsi a venerare le picciole chiese sparse lungo il
cammino... Erano angeliche essenze? erano l'ombre sante
de' monaci, cui tra le mine dell' incendiato convento i
Saraceni feroci avevan inflitte, perch rivelassero i nascondigli ove giaceano sognati tesori, lunghe ed inaudite torture ? Il cronista non osa pronunziarsi
ma quelle
turbe che al raggio lunare movono chete e gravi su per
ci assicurano ch'esse, ormai ribenedette,
i dumi dell'Alpi,
possono accogliere amicamente 1' uomo ed aiutarlo a di:

venire migliore.

* ss SJ S^ J 5 i5 -jj^t ! S^ ^! !^^

L'EPOPEA BRETTONE NEL MEDIO EVO

\
*

/'HANNO

talune piante selvagge, dotate

sente tenacia vitale, che quanto pi

pi vigoreggiano; mutilate,

mandano

si

tosto

di

pos-

calpestano, e

novelli

fuori

germogli; strappate, rinascono dal suolo, s'incurvano trepide


e pazienti sotto la sferza dell'uragano,

si

ristringono brulle

ed avvizzite sotto il lenzuolo glaciale del verno; ma non


appena un po' di tepore smuova le viscere del terreno o
dall'alto il sole vibri sopra di loro un caldo raggio fecon-

come

datore, rivivono, rinverdiscono, e

Purgatorio dantesco, che


copronsi di

gemme

poverelle sono, se

il

prima avea

l'albero sacro del

le

ramore

e di verzura. Simili a codeste

paragone mi

concesso, le

sole

piante

leggende.

Sorte chi sa mai dove, tramandate fino a noi da generazioni innumerevoli,

scomparse

ne'

gorghi del

formate dalla tradizione, alterate ora

dall'

tempo, de-

ignoranza inge-

nua del volgo, ora da quella presuntuosa dei dotti, spregiate e derise spesso da chi sogna il definitivo trionfo del
gelido raziocinio sopra gli slanci e le commozioni della

fantasia

esse continuano

paese

vertite di

il

cammino, passano inav-

loro

in paese, di

popolo

popolo,

in

s'accon-

ciano, pur di vivere, a tutte le modificazioni che la diver-

costumi e di gusti, i capricci della moda loro impongono. Per, sotto le vesti prese a prestito, sotto le fogge
mentite, il vecchio fondo permane intatto, l'antica credenza
si conserva; e cos avviene spesse volte che il critico, il
sit di

demografo vegga non senza suo stupore ritornare grata


oggi ancora ad un popolo del mezzogiorno la novella o
ebbe ad allietare le lunghe
la fola, che in remota et

quando

genti settentrionali. Egli che

veglie di

gende

posseggono tanta

attraverso

secoli, in

vitalit

da

le

leg-

potersi perpetuare

paesi gli uni dagli altri per

senti-

ha certamente in esse
qualche cosa di superiore a tutte le divergenze esteriori e
formali, alcunch d'essenziale, capace di far vibrare quelle
<;orde dell'animo nostro che, percosse, mandano sempre
menti e costumanze

dissimili,

v'

un suono d'estrinsecare quelle passioni, che hanno fatto


sempre pulsare pi rapido il cuore dell'uomo, sia che lo
ricoprisse la linea toga dell'et romana, sia che Io fa;

sciasse

Ora

serico giustacuore de' tempi feudali.

il

fra le

leggende che meglio han dato prova d'esu-

di pertinace rigoglio in mezzo alle molcantori dell' Europa


onde trassero argomento
medievale, e non della medievale soltanto, quelle che,
raccolte insieme, costituiscono la cosiddetta epopea di Bret-

berante vivacit,
tissime

tagna, meritano senza dubbio luogo precipuo, vuoi perch ricche d'un interesse artistico davvero non comune,

vuoi perch atte quant'altre mai a dimostrare


sia la necessit delle indagini comparatrici

venturi

nel

vasto

campo signoreggiato

pensiero del medio evo.

li

critico,

il

meno

dall'arte

s'av-

dal

quale imprenda a trat-

tare di esse, vede sorgergli d' innanzi

blemi non

come grande
per chi

seducenli che oscuri;

una
egli

serie di pro-

deve

infatti

UN CAVALIERE
(ACQUAMANILE

IN

BRONZO DEL

KIBENZE: COLLEZIONE CAIIRAXD.

SEC.

XIII).

chiarire innanzi tutto l'origine loro; decidere se

veramente

siano nate, secondoch vuole la tradizione, nel seno di popolazioni celtiche in tempi remotissimi; investigare quindi,

per quali vie esse abbiano potuto,


originari o della Brettagna

diffondersi tra

Francia

di poi

bardi

grazie ai

celti,

insulare o della continentale,

Normanni dapprima, in tutto il resto della


come dalla elaborazione

chiarire infine

poetica di cui furono oggetto sul suolo francese, abbiano


ricavato quelle attraentissime parvenze, per
t'

cui

in

tut-

intera l'Europa acquistarono dritto di cittadinanza. Oscuri

problemi
alle

ma

codesti, l'ho gi detto,

tutti

nebbie del passato

per

ma

si

io

mezzo

in

intendo qui far

converrebbe a

soltanto

nascosti

pieni di fascino per lo studioso,

pubblico paurosi.

il

d'Edipo, che non


scrivo;

me

destreggiandomi tra

la

parte

luogo dove

al

e le

scogli

gli

mia navicella
fino in vista del magico regno dove imper Arturo, giostr Galvano, impazz Lancillotto d'amore e per amore
perde la vita Tristano.
secche, guidar sani e salvi

Esponendo

vari argomenti,

lettori

dai

sulla

quali

cese aveva tratto prima d'allora ai suoi

l'epopea fran-

canti

occasione,

un troviero vissuto a mezzo del secolo decimoterzo afferma ch'essi possono raggrupparsi tutti in tre cicli o
materie

>,

com'ei

le

chiama, e cio,

materia di Fran-

la

eia , la quale abbraccia nel complesso loro tutti


conti ispirati dalla storia nazionale; la materia di

che comprende quante narrazioni

stito dalle tradizioni,

ma sempre

l'antichit,

Brettagna

gine celtica.
continua:

alterate

ebraica, greca o
>,

in
il

cui

si

poeta,

s,

romana;

poeti

infine la

riuniscono tutte
posta

tolsero

questa

le

rac-

Roma
a

pre-

vive, del-

materia

di

novelle di ori-

triplice

divisione,


Et de ces

trois

matieres

n'

Li conte de Bretaigne son

si

a nule semblant:

vain et plaisant,

Rome

soa sage et de sens apparant,


Cil de France sin voir chascun jor aprenant.

Cil de

Ecco dunque definita con due parole e da un uomo


medio evo la poesia di Brettagna. I racconti, ond'essa

del

formata, sono vaii e plaisant, piacevoli,

ch

il

ciclo

ma

falsi; sic-

che da loro formato, mira unicamente

e pur ottenendo

denza quanto

al diletto

suo intento, non rinviene altrettanta cre-

il

gli

credenza

due. Altrettanta

altri

ho

>s

malgrado la troppo recisa asserzione del


poeta, poco propenso a dir le lodi delle finzioni brettoni,
devesi ritenere che non tutto quanto narrava la epopea di
Brettagna si stimasse nel medio evo pretta invenzione;

detto, perch,

ma
si

se or all'uno or all'altro de' suoi racconti qualche fede

prestava, nei pi non

si

vedevano che leggiadre inven-

zioni:

Ecco quei che

carte

le

empion

di sogni,

Tristano, Lancilotto e gli altri erranti.

Onde convien che


Cos canta

il

'1

cieco vulgo agogni.

Petrarca; e se a' suoi giorni

il

cieco vulgo >

prestava ancora fede agli erranti cavalieri della Tavola Rotonda, chiss due secoli prima quante avvedute

avranno

Ma

fatto lo stesso

ci

ciclo, di

poco monta.

L' importanza

storica

queste avventure non scemato

se ne riconosca

l'

mane amplissima
ferente affatto

indole fantastica

all'

dal

di

questo

che

fatto

opposto

essa

ri-

e meritevole d' ogni considerazione. Dif-

o nazionale, tanto

dall'epopea carolingia

per r origine quanto per

appena compare

persone

la

sua natura,

alla luce ottiene

in

la

brettone

Francia

non

altrettanta

popolarit quanta l'altra ne ha conseguito in tre secoli di


vita intensissima
ciet

anzi nella classe pi elevata

contemporanea essa ne prende

il

della so-

posto con meravi-

gliosa prontezza.

cagione ne chiara. Le

la

bellis-

sime avventure di re Arturo, regis Arturi ambages

come le chiamer pi tardi l'Alighieri, rispondono ad idee nuove, a tempi nuovi; in esse si riflette la societ elegante anglonormanna e francese della

pulcerrimae,

fine del
i

dodicesimo secolo coi suoi

suoi sogni, le sue qualit,

ideali, le

sue tendenze,

suoi vizi istessi,

cos

come

epopea nazionale anteriore eransi rispecchiate le rudi


generazioni baronali del secolo decimo e dell'undecimo.
Esse son dunque da considerare quasi un quadro ampio
nella

e fedele delle passioni e de' sentimenti d'allora e soprattutto

d'

ignoto

un sentimento,
il

che

tempo era

quel

di

Magno avevano

successori di Carlo

gine loro lasciato


dall'avo, tollerando

uno

quasi

prima

sentimento cavalleresco.

stato,

andare in sfacelo

l'

per la dappocagimpero ereditato

che ogni frammento d'esso costituisse


ogni

vassallo

gnore. Cos la Francia, per non

si

trasformasse

che

parlare

di

in

si

questa,

decimo divisa in cento stauna turba di padroni, e l'ideale

trovossi sul finire del secolo

assoggettata ad

terelli,

della patria, unita sotto la benefica tutela del sovrano che


tutta la

dominava personificandola, s'oscur

e disparve.

Ma

dal sistema feudale, radicatosi solidamente nel paese in cui

doveva mantenersi
fuori,

come

fiorente

per

quasi

tre

ideale, un'istituzione novella: la cavalleria.

quello spirito

distingueva

secoli,

balza

espression sua pi nobile ed elevata, un nuovo

d'indipendenza, d'iniziativa
popoli di

anzi le proprie radici

razza

nelle

Generata da
che

personale,

germanica,

consuetudini

immergendo

antichissime di

diviene nell' et media un' istituzione


impronta del suo suggello, una vera e
propria iniziazione. Il giovine che moveva primi passi nel

essi,

che

la cavalleria

la religione

cammino della vita, ebbe allora a compiere per esser armato cavaliere un atto solenne, giur tra le pompe maestose de' sacri

riti

di

consacrare

la

propria spada alla difesa

non venir meno al suo onore, di non mancare ai doveri che questo gli imponeva. Molti erano comolti primeggiava
desti doveri e tutti altissimi; ma tra

della fede, di

quello di soccorrere
di sollevare

ed

mistici

caduti.

deboli, di

Ora

vendicare

gli

siffatto com.plesso di

oppressi,

sentimenti

eroici contribu efficacemente a mitigare, tras-

formandoli,

costumi

semibarbari

qualit individuali, la nobilt,

il

del

coraggio

feudalesimo.

Le

vennero

raf-

si

finando ed esaltando cos da far concepire quasi unico tipo


di perfezione la < cortesia >, specie

nuova d'eroismo, me-

scolato di delicatezza e di galanteria. Nulla di pi naturale

che

tramutazione d'ideali arrecasse seco come

siffatta

conseguenza una trasformazione nella vita, ne'


costumi. I signori feudali vivevano per l'innanzi rinchiusi
nelle loro rocche turrite, dominando la pianura, dove non
scendevano se non per cacciare e per combattere. A quest' isolamento selvaggio succede un desiderio, un bisogno
d'espansione. I castelli baronali invece di rimaner lunghi

inevitabile

mesi dell'anno immersi


chiuse ed
alle

in

gaie feste di primavera

vicini

silenzio, colle porte

le atroci

guerre tra vicini e

rimettono alcun poco della loro pertinacia e danno

luogo ad esercizi bellicosi


stre,

un arcigno

ponti sollevati, s'aprono festosamente adorni

ai

tornei,

ijuali

s,

ma men

micidiali, alle gio-

offrono un opportuno sfogo a quel-

l'ardore militare, a quella bramosia di gloria,

ond' erano

un premio nuovo
ed infinitamente gradito, l'approvazione delle dame. Di
questo ideale cavalleresco, del quale fugacemente deli-

animati

migliori, offrendo loro insieme

neiamo adesso caratteri pi spiccati, l'amore fu difatti


uno degli
e come avrebbe potuto non esserlo ?
elementi essenziali, giacch il culto per la donna era vei

^y^^si^

^iSf^S^^^^3^a^
'^^-<A'

37

nuto assumendo a poco a poco quell' espressione appas-

doveva rinvenire

sionata e fervente, la quale

la

sua pi

larga e raffinata esplicazione nella lirica de' trovadori provenzali da


l'altra.

una

parte, ne' romanzi de' trovieri francesi dal-

dell'Oriente

Inoltre le vie

riapronsi all'Europa,

commerci risorgono, ed
preziosi oggetti che industri
mercanti riportano da quelle misteriose regioni, rendono
i

alle

ancora rudi generazioni occidentali invisa e dispetta

l'antica semplicit della vita, fanno rinascere in loro

more dell'eleganza

e del lusso. Cos

ben presto

solane consuetudini dell'et precedenti, subentrano


diate, cerimoniose

usanze

d'una

barbariche orgie tra guerrieri cedono


conviti,

dove

didi

cuoi,

due

gareggiano

sessi

immense

tezza; le sale

e disadorne

cordovani

di

squisitamente ricamate;

il

di

posto

di

l'antica

armi de' cavalieri

capricci

bizzarri

troppo spesso

d'

severit,

di

colla

splen-

fregiano

dame,

ossequenti

piegansi

una moda sbrigliata

novit

la

le

tappezzerie

di ceselli finissimi; le vesti loro e pi quelle delle

dimenticata

sontuosi

elegante raffina-

scintillanti d'oro,
le

ai

coprono

si

le stu-

raggentilita

societ

l'a-

alle gros-

stranezza,

ai

che scambia

l'eleganza

col

fasto.

Per una societ

siffatta, gaia, festosa,

avida

di novit,

e gi

alcun poco corrotta, faceva mestieri d'un'arte, d'una poesia,


foggiata a sua immagine, che ne ritraesse

pagasse

le aspirazioni,

sprone all'acquisto
anch'essa

fine,

di

gusti,

ne ap-

fosse sorgente di piacere ed insieme

maggiore

cultura;

si

offrisse

insomma

elegante, cortese, indulgente, al pari di co-

E la poesia apparve al moappunto che in forme francesi


narr le avventure, le imprese di celtici eroi. Fondata sopra tradizioni straniere, ma ridotta a non aver pi patria
e facile a prospemre cos sotto le brume d'un cielo norloro ai quali

mento voluto

dico

come

al

doveva

servire.

e fu quella

caldo raggio del sole meridionale, era dessa

l'antitesi perfetta di quella poesia,

che aveva

sin allora

esercitato

un

intimamente nazionale,
predominio assoluto

sulla classe feudale, richiamandole senza


le

prodezze degli avi. Diversi dunque

narravano, diversi

posa

fatti,

alla

mente

che da loro

si

protagonisti. Gli eroi della poesia na-

Carlomagno, Rolando, Oliviero non combattevano

zionale,

che per

fede e per

la loro

loro paese, per ricacciare

il

Saraceni abborriti lungi dalle terre dove Cristo imperava,

amavano

guerra per

la

bramosi

taglia;

di

la

guerra, la battaglia per la bat-

fama, rimanevano indifferenti e freddi

ad ogni assalto d'amore. Gli

eroi novelli invece,

Galvano.

Tristano, Lancillotto,amanoanch'essidi combattere, aspirano

ma

a coprirsi di gloria,

ogni loro generosa azione, ogni

meraviglioso successo indirizzano ad un intento supremo,


quello di guadagnarsi l'animo della

ecco

il

nume

per cui
de' quali

si

si

combatte

ainata.

La donna,

in

si

muore. Anche

nemici

contro

tremenda de' valorosi campioni,


conseguenza pi
medesimi, i Saraceni,

scatener

non saranno
i

donna

della religione novella; l'amore, ecco l'ideale

l'ira

pagani, gli idolatri delle canzoni di gesta

>,

bens in-

vece tiranni prepotenti e crudeli, giganti disumani, orridi


mostri, maghi malvagi. Contro tutti costoro indetta la
la

male-

l'idra

lemea

guerra, guerra implacabile, ininterrotta, perch


detta genia

ingombra ogni luogo

ripullulare dal proprio sangue.

e pare

.se

come

per caso facciano

ai

ed oppressori da combattere, essi


battagliano tra di loro per dar prova di coraggio, di bravura; donde quell'infinita serie di singolari tenzoni, onde
e poemi e romanzi. Anche il
son pieni, troppo pieni
sentimento religioso muta di carattere, come ben s' incavalieri difetto nemici

!,

tende; assai

meno

metamorfosi sottost
Dio, che esercita
negli

intenso,
alla

meno

profondo; ed alla stessa

sua volta

il

soprannaturale.

dovunque direttamente

antichi testi, agli

angeli

che,

la

propria azione

interpreti

delle vo-

lont superne, scendono

campi

di battaglia

la fede,

fate,

ghi,
steri

onde presentarle

gaie schiere di
giganti,

continuamente

d'

incantesimi

trono

al

subentrano

divino,

La natura si ravvolge tutta


ed in mezzo alle malie
;

le

ma-

di

mi-

la

po-

or maligni,

or benefici

spiriti

nani.

sulla terra e ne'

raccolgono l'anime de' prodi morti per

tenza celeste pare farsi strada a fatica e colorirsi di tinte


fantastiche,

dando origine

stiano del Graal.

Non

gi in Francia,

la

misticismo tra pagano e

al

non pi

pure

scena

come avviene

cri-

stessa.

la

nella pi parte

delle

epopee carolingie, oppure in Italia o in Ispagna, insomma


in un paese ben determinato, i drammi nuovi s'intrecciano
ma in una regione misteriosa, il regno
e si svolgono
;

d'Art, che bens formato, in fondo, dalla Brettagna,


poi s'allarga e sconfina
fino

fuor de' primitivi

limiti

ma

angusti

ad abbracciar mezza l'Europa; sicch ov'escano dal

breve cerchio delle mura


rieri si

di

Caerleon o

di

Tintagel

guer-

un mondo incantato,
confondono ad ogni istante.

trovano tosto trasportati

in

dove il sogno e la realt si


Quale contrasto tra codesti romanzi

vivaci, cos

ricchi

di vicissitudini, cos riboccanti di fantasia,

che s'aggirano

con predilezione spiccata tanto intorno a


strani, e gli antichi poemi epici, ai quali

fatti

le

favolosi e

avventure,

vuoi d'armi vuoi d'amore, erano del tutto sconosciute


il

miracoloso,

mente

difetto

l'

inatteso,

Ben

lo

spettacoloso

se n'avvidero

dove

faceva intiera-

contemporanei

voltate precipitosamente le spalle ai vecchi racconti,

ebbero pi orecchi se non per

che,

non

nuovi.

Per questa maniera l'epopea cavalleresca con

straor-

dinaria rapidit riusc a diffondersi nell'Europa cristiana.

Non m' induger adesso

a recare in mezzo le prove dell'enorme sua popolarit, che troppo dovrei dilungarmi. Basti

qui

dire che cotest'

il

tempo un carattere
mettere che

epopea assunse in breve spazio di


largamente universale da per-

cos

ai d nostri critici

vanto d'averle dato


le

cia,

nuove

hanno

vi

al

inglesi

proprio paese

Passate primamente

la vita.

finzioni

tedeschi,

francesi,

rivendicassero ciascuno alla sua volta

provocata

in

l'apparizione

d'un ciclo poetico prodigiosamente fecondo, schiusa


alla

formazione della prosa narrativa, gettato

genere nuovo
aver

sorti

in letteratura,

cos

la via

semi d'un

quel genere destinato ad

di

moderna:

nelFet

gloriose

il

Fran-

il

romanzo.

Trapiantate in Germania, hanno improntato del loro soffio

gran parte della vasta

fioritura

epica

del

secolo

tredi-

Spagna, oltre ad aver ispirato taluni de' pi


squisiti romanfes, trovarono modo di chiudere la loro
avventurosa carriera coli' offrir argomehto ad un capocesimo;

lavoro
di

qua

in

di

satira,

Don

il

dopo

delle Alpi,

altre correnti epiche,

senziali dell'epopea
s'

immortalarono

buon monaco

il

Qiiixofe.

Che pi

essersi fuse

Calate

al

mescolate con

son divenute uno degli elementi es-

romanzesca,

di

quel genere cio in cui

Boiardo e l'Ariosto.

Ma

non

basta.

Un

islandese, seicent'anni fa, le traduceva nella

propria lingua per far cosa gradita al suo principe e con-

temporaneamente

un

spiagge del Bosforo

ignoto
in

metro

bizantino le riduceva sulle


politico .

Gli eroi della

Tavola Rotonda celebrati nella lingua d'Omero! ecco una

prova ben curiosa

dell'

immensa

diffusione di queste leg-

gende; ecco un documento ben notevole dell'universalit


che le caratterizza, come caratterizza gran parte della
produzione poetica medioevale.

lettori vorIl valore dell" epopea brettone dunque,


ranno certo convenirne con noi, tutt'altro che scarso anche a' d nostri. La voga stessa, ch'essa ha goduto e della
i

mi parve utile accennare di volo le vicende, ne


porge pegno sicuro, perch quand'anche a spiegarla s'ad-

quale

ducessero

campo

in

moda, quella che

traviamenti del gusto,

dire

potrebbesi

capricci della

morbosit del senti-

la

mento, pure n quelli n questa varrebbero


ragione piena della grandissima efficacia,
fascino che per tanti secoli
tato

sopra

racconti celtici

menti pi elevate,

le

gli

renderci

dell'irresistibile

hanno

eserci-

pi- coltivati

spiriti

dell'Europa intera. Vi ha dunque qualchecosa in loro che

ne giustifica

la celebrit e

che

soffio vitale

ne costituisce l'attrattiva un
anima ancora la com;

trascorre e ne

li

pagine, a dispetto del tempo e de' cangiati costumi: Spidifatti sentenziare che la
alit... Chi vorrebbe
vena poetica, donde sgorgarono codeste creazioni, nelle
quali Dante stesso si compiacque a segno di dichiararle

riius intus

bellissime

>,

nemmen

sia

oggi del tutto esaurita? Affi-

date codesti vecchi e logori racconti arturiani ad un poeta

come Lord Teimyson ed


poema, que'

degli

e scolorite
sorriso in

deliziosi

eroi

sapr

brettoni

mere

ecco

un

alto

paiono riprendere vita e


tranquillo

festoso,

suoi raggi blandi un sole ormai prossimo

tramonto. Dateli ad un musicista

ner, ed

ricavarne

del Re, in cui le larve tenui

mezzo ad un paesaggio

sul quale versa


al

egli

Idilli

coloro

tutti

che

come Riccardo Wag-

hanno senso

d'arte fre-

agli spasimi dell'amor fatale d'Isotta e di Tristano,

come fremettero certo baldi cavalieri che circondavano il secondo Enrico quel d che un bardo gallese dalla
lunga chioma cant loro forse per la prima volta sulla
sua erotta, lo strumento nazionale britanno, la canzone
mesta della regina bionda ed infelice, la Canzone del
cos

Caprifoglio.

Che

se

far sue le scene

ascolter

le

il

ispirate

sacra del Parsifal,

geniale signore della melodia vorr

maestose

armonie

la

della

che

ricerca

del

Graal,

chi

accompagnano l'agape

sovrumana cena

del

re Pescatore,

provar un senso indescrivibile di religioso sgomento? N a queste sorgenti, onde ricavarono test ispirazione la poesia e la musica, sdegna avvicinarsi la pittura; poich il pennello creatore de' Burne-Jones e de'
Beardsley ha saputo or ora ripresentarci dinanzi, circondate da quella vaporosa aureola che tanto si conf all'indole loro oscillante tra il reale ed il fantastico, le scene
pi salienti dell' epopea arturiana.
Due sono pertanto le cagioni che a cotest' epopea assicurano ed assicureranno per molto tempo ancora un luogo
senza

eminente
L'una

tra le creazioni pi vivaci della fantasia"

sta

per fermo nel

ricordo

ch'essa ha esercitato per

dell'

lungo volgere

umana.

imperiosa efficacia
di secoli

sopra

tante generazioni, dell'orma profonda ch'essa ha stampato


nelle opere d'arte pi celebrate; sicch, a cagion d'esempio,

ninno pu obliare che

fallo

al

Francesca

di

diede

nomi degli eroi celtici, di


Tristano, di Lancillotto, d'Isotta, di Morgana, sebbene oggi
non evochino alla mente de' molti se non de' fantasmi
vaghi, fluttuanti, indecisi, pure suonano sempre grati all'ooccasione quello di Ginevra.

recchio e destano
pi,

il

desiderio di saperne qualche cosa di

qualche cosa d'esatto,

preciso.

di

sta ragione ve n'ha un'altra pi

poch tantonda

dopoch

d'

avvenimenti passata

forze
tura.

1'

di s

per

amore per

pi forte

sopra

per

la

loro e con

li

do-

loro,

ha per-

loro

che

il

ro-

medio evo hanno


due grandissime

prima volta
donna ed il sentimento

la

di

vantano ancora

brettoni

nato, e che nella letteratura del

prova
:

racconti

questi altissimi pregi

fatto

accanto a que-

rinnovata del classicismo

la tradizione

seguitati duramente,

manzo

Ma

grave e

della na-

5 5

4r^ot3^1t>,^lr/i(^j^,^%^i^3oll^^r3^^toc^l^ort3^>l^^^^fe^^fe

LA LEGGENDA

DI

TRISTANO E D'ISOTTA

Plusur

le

m' unt

cunt<; e dit

e della bionda Irlandese

Roman

suo

il

de Tristan et Yscut

l'abile rifacimento della saga vetusta, cantata da Bcroul,

ad uso de' contemporanei, e Roberto Engels si piaciuto


adornarlo di centocinquanta acquarelli, squisita e leggia-

Due

drissima cosa.

come s'intende

meravigliosi volumi,

apparsi

bene, quelli

a Berlino

test

ed a

Parigi

gareggiano soltanto per eleganza tra di loro, bens


anche pel costo. Un semplice esemplare in papier velin >
essi

del libro di

Bdier posto

J.

vendita

in

al

prezzo di due-

Francke per una copia


in carta comune de' Bilder di Franz Stassen non chiedono
meno di settantacinque marchi
cento

ed

lire,

signori Fischer e

Ma
fici

non rattristiamoci

gioielli

pensiero

al

che molti, troppi,

paghi d'ammirare soltanto attraverso

una vetrina
le

di libraio

diademi iridescenti, ed

mostre del Cova

un Confalonieri con-

bimbi ghiotti nelle

notiamo

in-

fenomeno curioso e meritevole


che oggi pi che mai l'antichissimo romanzo

vece, una volta di pi,


di riflessione,

d'

gigantesche....

torte

le

star

ai rilucenti cristalli di

con quell'avido desiderio, con cui

signore sogliono nelle bacheche

templare

bibliogra-

di qusti

dovranno sempre

tra noi

il

d'amore, trasmesso dalla razza

celtica a tutti

Occidente, conquide e signoreggia

che ogni vision

di bellezza

Come un tempo

l'artefice

suole

pur sempre

commovere

popoli di
le

menti

e inebbriare.

oscuro de' cofanetti

istoriati,

de-

positari fedeli di mille vezzosi arcani muliebri, nelle tenui

lamine di avorio incideva con spiccata predilezione il fallo


primo d'Isotta e l'incontro degli amanti alla fontana (spiava
re

Marco

sospetto);

dall'alto

come

il

le

mendaci confessioni e deponeva

il

troviero s'affaticava nel ricercare parole

pi blande che le consuete non fossero, per significare


travagli dell'esiliato Tristano

cosi

oggi ancora, dopo tanto

volger

tempo,

di

immortali

protagonisti

avventura rifioriscono

ancora

riparlano

pennello del pittore,

della dolente

immarcescibile bellezza sotto

d'

il

mal vietate

delle

carezze nelle ardenti strofe del poeta.

Or d'onde

vien ella mai codesta risurrezione dell'

storia mestissima, gradita

Che

razioni medievali?
critica

come

i-

niun'altra forse alle gene-

l'opera amorevole, indefessa della

filologica e storica,

quale

la

da molti e

attende

recondite e

molti lustri a ricercare le scaturigini

pro-

le

gressive vicende della saga, abbia a siffatto risultato va-

lidamente contribuito, sarebbe ingiusto negare

non pu arrogarsi

vanto da quello

altro

apparecchiato, agevolato l'evento.

paragonabile

minatore,

al

il

Il

essa per

critico spesse volte

quale nell'ombra di sotterranei

cunicoli attende a raccogliere le pepite,

che, condotto

tallo prezioso,

fuori d'avere

in

all'aperto,

fiamme da qualsivoglia bruttura, diverr

ove dorme

il

me-

purificato tra le
nelle

mani

dell'ar-

tefice geniale la fulgente tazza cesellata, miracolo d'arte.

Riccardo Wagner,

nel caso nostro fu per l'appunto

sommo,

stro

egli solo,
l'oblo,
gli

cui

al

tenebrore della seconda morte,

rappresentanti della passione divorante che ignora

ostacoli

ed

confini

sue chiome d'oro,


quella di

piangi!

Ed

lui,

egli

ha risvegliato

in

riponendo

e,

ha intimato

tutto

rompere, scotendo

il

mondo

petti

Dante aveva

la

dove

intra vvedute

civile
il

il

sono

velo delle

mano

piccioletta
:

di lei

Va, canta,

tornati a pro-

soffio della poesia riesce


lai

dell'anime affannate,

passare rapide

nale bufera che travolge senza riposo


mini, Semiramis lussuriosa ed

la principessa

sotto

cappia fatale

alla

ancora a schiudersi un varco,


cui

mae-

dovuto l'avveramento del prodigio. Egli,

ha sottratto

che dormiva accanto all'amico fedele


in

il

nell'infer-

Francesca da Ri-

Elena greca.

Notabile coincidenza
surrezione debbono

gli

Come

amanti

oggid

dell'

insperata

ri-

Brettagna porgere grazie

di

imperioso potere della musica, cos, gi nel pi remoto


medio evo, alla virt sola di lei, essi erano andati debitori della prima loro comparsa nell'ideale mondo dell'arte.
Verso la fine del secolo undicesimo per le citt, le
all'

castella,

villaggi

di

Francia scorgevansi vagare spesso

degli strani giullari, dall'aspetto inculto e semiselvaggio,


dalle vesti barbariche, muniti di

Erano

gli

una bisaccia

arpeggiatori di Brettagna,

e d' un'arpa.

nepoti degeneri (se

vuole) de' File irlandesi e de' gallici Ovati, popolari me-

si

nestrelli, che,

abbandonate

le

gole severe

del

paese di

Galles, le lande della natia Cornovaglia, frequenti oggi di

mille opifici, solcate da stridenti vaporiere, deserte allora

ed

echeggianti

quanto

riosa

li

di

pane cantando.

frusto di
tica

l'ululato

peregrinavano

flutto,

la loro

ed

del vento

il

singhiozzo del

paese in paese per buscarsi un

figura,

sebbene

l'arte loro fosse eso-

pure una

folla

attenta e cu-

circondava sempre, dovunque. Che cosa cantavan

dessi sull'arpa?

Ninno avrebbe saputo

dirlo

con precisione,

giacch r idioma che lor fioriva sul labbro era non


incomprensibile
Francesi d'oggi
quali

si

ai
il

Francesi d'allora

ai

piace descriverli Pierre Loti, che dal Finistre o

Morbihan salpano verso

Ma

se le parole poco o punto

gustava,

meno

quel che torni

linguaggio de' marinai audaci e gravi,

dal

sica,

di

come a

cio,

le

brumose d' Islanda.


comprendevano, ben si

coste
si

quei tempi dicevano, la < nota

>,

la

mu-

a cui meglio che d'accompagnamento servivano

preludio. Erano melodie dotate di singolari attrattive,


profondamente dissimili da quelle monotone e rozze, onde

di

giullari

francesi

accompagnavano

le fiere

canzoni di g-

TRISTANO ED ISOTTA
(MINIATURA ITALIANA DEL SEC

XIV).

sta

favolelli

sguaiati;

insieme

raffinate

selvagge,

melanconiche ed appassionate, esse versavano un incanto


quasi sconosciuto all'orecchio

de' semplici

uditori,

li

ra-

un fantastico mondo abitato da esseri irreali e


leggiadri, dove si svolgevano inaudite storie d'amore, turbate da vendette feroci, da prestigi di maliarde e di fate
sicch le strette degli amanti s'allentavano quasi sempre
sotto il gelido tocco della morte sopravvegnente inattesa.
Tra i nomi d'eroi, che codesti oscuri precursori del
maestro sommo di Bayreuth ripetevano pi volentieri,
eravi quello di Tristano. Se costui abbia realmente esistito
o debba credersi invece un essere mitico, divino, scaduto
poi, come avvenuto di tant'altre deit, alla condizione
d' uomo, problema che ha affaticato ed affatica anpivano

in

cora

cultori

come ben

della mitologia e della letteratura

celtica

comprende, non siamo certamente noi che


ci preoccuperemo adesso di risolverlo. Qui baster avvertire come l'eroe, che incarnava in origine una porzione
e,

si

sola della razza,


di

Celti del

principe del Leonois,

Southwales, nella qualit sua

abbia poi

gente

fiorivano

prodezza

si

compendiate

ed insuperabile schermidore:
maestro

nell'arte di

semibarbara

guerriero,

egli

disposava all'audacia

rappresen-

per

finito

tarla tutta quanta. In lui tutte le virt della

egli cacciatore

apparecchiare

la

>

senza pari,

selvaggina

infine,

principe degli arpeggiatori e dei cantori,

ninno

al pari

canzone

come

la

di lui

cui la

in

egli arciere insuperabile

sapeva adattare

melodia convenevole. Tra

alle
i

egli,

giacch

parole

Celti, cos

d'una
insulari

continentali, correvano popolarissimi taluni di que'

canti che

avevano nome

di lai

tendeva avesse Tristano trovato

(l^/'s),

dei quali

si

pre-

suono ed il motto, per


celebrare i propri amori con Isotta, per fermare nella
memore strofa la fuggitiva beatitudine d' un colloquio, di
un bacio. Famosa in mezzo a tutte la Canzone del Capriil

foglio,

nata quel giorno nel quale l'eroe, cacciato in bando

dalla Corte e dal regno, spregiando

nascostamente ricondotto

ogni pericolo, erasi

Cornovaglia per rivedere

in

mata. Appiattato nella selva, sulla via, per

la

l'a-

quale Isotta

doveva passare, egli aveva gettato, simbolico avvertimento!,


una verghetta di nocciuolo ravvolta ne' vilucchi di un
caprifoglio. Ed Isotta, scorto il notissimo segno, scesa da
cavallo, abbandonato il corteo, erasi inoltrata sola nel bosco alla ricerca dell'amico.
al

primo vedersi

gli

quanti baci e quante lagrime

uni e gli

nare Tristano nel suo canto


>[ira,
Il

diletta,

altri

aveva voluto eter-

come

caprifoglio cinge

Colle tenaci braccia


Il

crilo e lo stringe,

Bramoso
.\

lui

di salire

dintorno con sue verdi

Cosi di noi, mia amica

Che a me senza di te
Non concesso vivere
Tu muori senza me.

spire...

Nell'amorosa stretta

l'uno e l'altro ha vita;

Ma

se

lor nodi sciogliere

Tenta una mano ardita,


Forz'ell' ben che mora
Il

caprifoglio e

Cos

il

di noi,

crilo ad un'ora.

mia amica;

Che a me senza di te
Non concesso vivere;
Tu muori senza me.

La canzone
cuore

di

del Caprifoglio ed altre ancora, salite dal

Tristano

a disfogare

le

ambasce d'un amore

ma

vietato

dovevano necessariamente eccitare

irresistibile,

nell'animo di quanti

udivano ripetere,

le

conoscere pi largamente,
dell'eroe

non meno

in tutti

quali,

dall'anglo-sassone, sia che

vuoi

li

per

siffatta

sventurato.

ben

vuoi dal brettone

conoscessero grazie

ai

o semplicemente merc la tradizione orale,

volsero nella favella di Francia

due amanti

desiderio di

il

particolari suoi, la vita

magnanimo che

tosto sopravvennero de' poeti

lais musicali

si

racconti concernenti ai
consertarli

sforzarono a commetterli, a

guisa da formarne una narrazione continuata,

una vera e propria poetica biografia. Le opere di costoro,


avidamente lette e gustate, son oggi pur troppo scomparse pressoch tutte: soltanto de' poemi di Tommaso e
di Broul, due trovieri fioriti in Inghilterra nella seconda
met del secolo decimosecondo, conservansi ancora dei
frammenti e pi di una versione o imitazione in lingua
tedesca, norvegiana, inglese. Sicch ad onta di tante perdite,

ed

storia di Tristano

la

Isotta

fondamentali ricostruirsi ancora cos

pu ne'

tratti

suoi

Riwalen, giovine prode e leggiadro, signore del Leopervenuto dopo


namora perdutamente
nois,

varie vicende in Cornovaglia,

re che signoreggiava in allora quel paese, ed da


pari affetto

ricambiato.

bero far palese


li

la

N
:

Riwalen,

ferito in

dono

gli fa

alla morte,

in siffatto

stato,

in

obliando

le

lo

cadere

don-

sue terre invase dai ne-

segue Biancofiore e diventa sua sposa.


una nuova battaglia, mentre
suoi volgonsi
:

la

ogni ritegno,

di s stessa. Scampato quasi per prodigio


Riwalen, poco dopo, costretto a ricondursi nel

paese di Galles per difendervi


mici

il

lei di

il caso
non
un combat-

timento, viene riportato semivivo a Tintagel, e

vedendolo

in-

l'uno n l'altra per ardireb-

reciproca inclinazione, ove

costringesse a svelarla

zella,

s'

Biancofiore, sorella di Marco,

di

trafitto l'eroe.

Ma

ecco,

in fuga,

Biancofiore non sopravvive a

si

fiero

colpo

il

dolore

dato alla luce

il

1'

uccide,

non

ch'essa abbia

prima per

amori

frutto de' suoi sventurati

un fan-

cui dalla madre, troppo presaga, ahim, del futuro,

ciullo,

imposto

nome

il

di Tristano.

da Rohalt,

Trafugato
estinto, allevato

da

lui

fedele

prestanza

delle

membra,

Tristano

figliuolo.

Ma

l'inclita nobilt

pi nel

garzone dalla

cresce dunque ignaro dell'origine sua.


dei natali attestata ogni giorno

del principe

vassallo

come un proprio

dalla bellezza

del volto,

dalle

svariate e mirabili doti dell' ingegno.

Quattordicenne appena, egli cos cortese e compito,


che taluni mercadanti norvegesi, sulla nave de' quali era
salito per farvi acquisto di falconi, lo rapiscono nella luvendendolo, gran moneta. In mare
un minaccioso uragano, tocchi da
superstizioso terrore, fanno voto di restituir in libert il
giovinetto, non appena veggano terra. E cos difatti avviene. Una costiera deserta si mostra lontano lontano sul-

singa di trarre da
per,

mentre

l'orizzonte

lui,

infuria

pirati si affrettano a quella volta e, depostovi

Tristano sgomento, salpano precipitosi. Per fortuna quella


Tristano, soccorso amosquallida terra la Cornovaglia
!

revolmente dai cacciatori

di

Marco, ne' quali

si

abbatte,

da loro a Tintagel e presentato al re,


che subito lo prende a ben volere. Cos egli cresce presso
lo zio, a tutti ignoto, finch l'aio suo, che si era volto
a ricercarlo per ogni dove, non capita in Cornovaglia.
Felice d'aver ritrovato il suo signore, amato da lui come
viene condotto

un
lo

figlio,

Rohalt

rivela tosto

dell'

a re Marco

quali

vincoli

Marco, lietissimo a sua volta


inatteso evento, dichiara Tristano suo successore al

stringano a Tristano.

trono.

Da tempo
la

la

Cornovaglia era costretta a riconoscere

sovranit dell'Irlanda ed a pagarle un gravoso tributo

d'oro e di sangue.

Tristano vuol far libera

la

sua patria

di

adozione dal giogo

un guerriero formidabile,
Irlanda,

deserta e riesce fatale


di

regina stessa di

fratello della

all'

offresi

in un' isoletta

Irlandese, che spira sotto

colpi

non pu godere tuttavia del proprio


che l'avversario lo ha ferito colla spada avvelenata

Tristano. Questi

trionfo

nel fianco

ed

piaga

tal

la sua,

Disperando della

chiuderla.

che

ogni

veruna vale vuoi a

ciprignisce, n medicina

tale intento

campione degli oppressori,

il

La tenzone ha luogo

Morholt.

il

ed a

nefasto,

pronto a combattere contro

propria

pi

in-

vuoi

lenirla

l'eroe

salvezza,

chiede di essere deposto solo colla sua spada e coU'arpa


in

una barca:

donato

al

aver qua e

ribondo

mare

il

capriccio de'
l

alle rive

Abban-

salute.

e del vento, lo schifo,

flutti

vagato, finisce per addurre


proprio

d'Irlanda,

dell'acqua sorge la

mosse a piet

morte o

dar

gli

il

dopo

giovine mo-

dove a specchio

dimora. Isotta e sua madre,

regale

dello sconosciuto, lo raccolgono, e con suc-

chi d' erbe salutari, delle quali


tere. Io ritornano

conoscono

il

segreto po-

vita.

Sottratto cos, miracolosamente, agli orrori d'una fine

immatura, Tristano ritorna, senz'aver svelato chi egli


in
tal
il

Cornovaglia.

quivi in cospetto di

guisa la bellezza ed
re,

invaghitosene,

delicata missione che,

il

senno

fosse,

Marco celebra per

d' Isotta

la

delibera di chiederla

in

bionda, che

La

moglie.

ove riesca a buon fine, sar pegno


la Cornovaglia e l' Irlanda, , come

perpetua pace tra


ben s'intende, confidata a Tristano.
di

Ei torna dunque nell'isola verde,

e,

dopo averla

li-

berata con proprio gravissimo pericolo da un mostruoso

dragone, sta per soccombere sotto


accorta per caso che a
il

Morholt.

gioni,
al

onde

lui si

la

mano

d'Isotta, fatta

deve l'uccisione

Solo manifestando

il

proprio

suo

di

nome

fu indotto a rivedere l'Irlanda, l'eroe

novello rischio.

Il

padre

d'Isotta,

edotto

zio,

e le ca-

delle

sfugge
inten-

Marco,

zioni di

gli

accorda quindi

mano

la

della fanciulla;

e questa, riccamente dotata e seguita da nobile corteggio,


s'

imbarca,

triste

e dolente, col suo conquistatore che le

sar scorta nel viaggio. Viaggio fatale

In alto mare,

men-

nave corre veloce verso la Brettagna, un'ardentissima sete travaglia Tristano ed Isotta. Chieggono da bere;
ma nella coppa a cui entrambi appressano le labbra, un'ancella ignara mesce non gi del vino o del sidro, bens
tre la

un liquore racchiuso

in certa

fiala

landa aveva confidata a Brangien,


della figlia sua.

gien doveva
Isotta,

il

Era

il

lovendris,

d stesso delle

che

la

regina

inseparabile

magico

filtro,

d' Ir-

compagna
che Bran-

nozze propinar a Marco e ad

perch nel petto loro

ciproco ed inestinguibile.

l'

accendesse un amore

si

Sventurati

re-

grida Brangien

due giovani, allorch s'accorge dell'errore funesto, voi


bevuto la vostra morte > Ma a che giovano le
suoi efquerele? Il magico beveraggio ha gi compiuti
fetti: ed Isotta di Tristano prima ancora che di Marco.
ai

avete

Cos, dal

momento

terribile e dolce in cui l'amoroso

ha
una passione senza misura, i due amanti, che il mondo condanna
a rimanere disgiunti, mentre
loro cuori anelano ad una
stretta indissolubile, riescono per qualche tempo, favoveleno serpeggi loro nell'ossa,

lo strazio degli infelici

Costretti a dissimulare

principio.

trasporti

d'

riti

deri
l'

fedele

dalla

senza

Brangien,

provocare

Il

immaginare quanto accade presso

della moglie, nell'affetto

ma

del nipote

di lui:

lungi dal-

che nella virt

ripone pari

Tristano conta parecchi nemici

prodezza, della sua gloria, essi


sca,

propri desi-

ben

re

fiducia

s'egli accecato, altri s' incarica di aprirgli gli occhi.

A corte.
il

soddisfare

sospetti.

invidiosi della sua

lo spiano.

ne fanno accorto re Marco. Invano

s:oprono
gli

pericolo rende scaltriti, raddoppiano di vigilanza

avere pi volte

evitati

tranelli

loro

tesi,

la tre-

amanti, che
;

dopo

finiscono per

HiSTAMl
iiiiMA:

ISOITA

l>.ll

iiiMini.:,;v

IM;0P1(j.\A

\\[u:\\\

l.i\l

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II,

II.

iiumisk

|;i

MMiMI

SII.I/ALDKriO.

i.f.ma riXE

TllISrvXO? (AVOIilO KI1AM;KSK liKi.LA 1-INK

DEL secolo

riKI,

xiv).

SKi:()I.O XIV).

incapparvi. Sorpresi, cacciati in bando, essi


allora, seguiti dallo scudiero

fidissimo

Darthmoor; ed

ivi,

umano

mille disagi d'

una

ricoverano
nella

lontani da ogni

inaccessibile foresta del

consorzio, tra

si

di Tristano,

vita

errabonda

Dopo

e selvaggia, gustano istanti di beatitudine suprema.

tempo per

alcun

dei fuggiaschi e fa

pone

Marco

il

caso

che nel suo segreto

re

bitare della colpevolezza de' loro legami.

spetto

delle

sofferenze,

cui

sulle

tracce

ei torni

a du-

Commosso

Isotta sottoposta,

il

all'a-

buon

di riaccoglierla nella reggia, purch Tristano


vada lungi dalla Cornovaglia. E Tristano acconsente.
Ecco di bel nuovo separata la coppia infelice. E la
vita rincomincia pi vuota, pi dolorosa, pi grave per
entrambi. Tristano, dopo aver vagato qua e l, passa

sovrano offre

nella Brettagna continentale, e quivi, torturato dal ricordo

della felicit perduta, dal timore che Isotta l'abbia posto


in obblo, s'induce

con

Isotta, la figlia

Hoel,

premio

di

di

folle

grandi servigi.

pensiero a sposare

la soglia della stanza nuziale, e gi

del fallo
altri

commesso

un'altra

duca di Carhaix, offertagli in


Ma non ancora egli ha varcata

nel suo cuore

comprende l'enormit
non v' posto per

amori. Ei vive quindi in fraterno consorzio con Isotta

Bianche Mani, sempre assorto nel pensiero di lei,


che ha dovuto abbandonare. Ed ecco che un giorno, in
certa schermaglia, un avversario lo ferisce d' una lanciata.
L'arma attossicata e bentosto Tristano ridotto a mal
partito. In preda ad atroci tormenti, disperando di guarire,
ove Isotta la Bionda non gli venga in soccorso, ei manda
Caherdin. suo cognato, travestito da mercatante, in Cornovaglia. Annunzi egli la nuova ad Isotta. Se la regina
per salvare l'amico disposta ad abbandonare nuovamente
il marito ed il trono, la nave che
la condurr a Carhaix
dovr portare una vela bianca. La vela sar nera, ove la
speranza ultima di Tristano sia andata a vuoto.
dalle

Passano
sta per

per

il

giorni e l'eroe ritiene a stento l'anima che

sfuggirgli.

da lui fissato a Caherdin


quando il vascello appare

termine

Il

ritorno ormai spirato,

lontano, lontano

vento

il

ne

gonfia la

vela....

candida,

giacch Isotta tutto ha senza indugio lasciato per soccor-

Ma

rere Tristano morente.

scoperto

il

segreto che

le

la

moglie

di costui,

avendo

aliena l'ani.Tio dello sposo, medita

vendetta.

femme

Ire de

Mult

Car
Hoc

quando

s'en deit

o plus

est doiiter

chascun garden,

am

aura.

plus tos se vengera....

nave sta per toccare la riva, alle anmorente risponde che la vela nera.
Tristano, cui solo la speranza manteneva ncora in vita,
reclina il capo sul petto e muore. Isotta accorre intanto,
e rinvenuto freddo cadavere l'adorato, spira sul seno di
la

siose richieste del

lui

l'anima fedele

amie,

liele

Xe

Come
io

vibrante ne' poemi


?

tessendo,

melanconico,

del fascino

Brettagna

est de

nus

vus!

saiiz

potrebbe un arido riassunto, qual quello che

son venuto sin qui

cetto

si

vus sanz mei ne je

vetusti

Quando

la storia

ancor

dei

trovieri francesi la

murosi, dalle bocche dei giullari

celtici

essa mostrava tracce numerose non

sue barbariche origini

come

adeguato conoggi tutta

porgere
ond'

due amanti

di

raccolsero, pre-

ed

anglosassoni,

men che evidenti

costumi, cos

delle

sentimenti

dei personaggi rispecchiavano le idee, le consuetudini d'una

societ pi che a
roce. Adottandola,

rendere

la celtica

mezzo selvaggia,
i

rozza, superstiziosa, fe-

rimatori di Francia

saga meglio

si

sforzarono di

conforme, cos per

la

so-

stanza

come per

nali, dov'essi

erano

sero asilo

al

tempo

dove gi dame e

e gustati,

letti

divisavano bellamente d'amore e

dunque

pi

mezzo,

al

in

leggiadre usanze di quelle corti baro-

alle

valieri

parvenza sua

la

cui vivevano,

ai segreti

di

cortesia.

ca-

Non

convegni de' trepidi innamorati por-

rustiche halles dell'et primitiva, fabbri-

le

cate intorno ad un secolare tronco di quercia, ed attraversate

da un corrente ruscello; bens

Corno-

sulle coste di

vaglia, per virt di poesia, sorsero citt grandi e popolose,

e loro daccanto castelli turriti dalie gigantesche muraglie,


costrutte di bei massi quadrati, dipinte a scacchi d' azzurro

E come

e di sinopia, le aguzze tettoie rilucenti d'oro.

la

vita ne' sontuosi manieri di selvaggia tramutossi in civile,


di

semplice in ricercata

cos le idee,

sentimenti dei per-

sonaggi ebbero a trasformarsi profondamente. Nelle antisi appauna vera malattia psichica,
cuore e dei sensi, .tiranneggiati da in-

chissime tradizioni l'amore di Tristano e d'Isotta


lesava irrefrenato e violento

un'aberrazione del

ma

flussi prepotenti
sistere.

Trascinati in

esteriori, ai quali era impossibile re-

un vortice pauroso, ebbri del

beveraggio, coloro stessi che subivano

riconoscevano

la

il

fatale

fascino crudele, ne

colpevolezza, imprecavano al destino con

impeti ciechi di ribellione, detestavano

la loro

reciproca te-

nerezza, quale cagione e principio d'ogni sventura.

poco

a poco per dinanzi alla concezione nuova dell'amore cavalleresco, ideale,


nell'arte

leggermente

ormai trionfa sovrano,

passione perde vigore,


alla

regina

fatalit,
si

attenua

che nella

morbosa violenza
in

petto

vita e

della

a Tristano ed

e pur conservando indelebile l'impronta della

che ne dissimula

purifica.

bile nel

s'

mistico,
la

il

fondo riprovevole, s'eleva e

Siffatta tramutazione, a

poema

Joseph Bdier
molto innanzi

di

Broul, di

s' fatto

cui,

interprete

da Tommaso,

il

mala pena

come

test

delicato,

fu

riconosci-

dicevamo,
condotta

troviero anglo-normanno

della fine del secolo XII, che gareggi in elegante squisitezza di pensiero e di stile col pi grande scrittore di
poemi cavallereschi d'allora, Cristiano di Troyes; e trov
il suo compimento nell'opera di Goffredo da Strasburgo,
molil cantore tedesco, che non ebbe rivali nel descrivere
i

Frau Minne sui cuori de' contemporanei


Grazie a Tommaso come a Goffredo, le vicende di

teplici effetti di

suoi.

Tristano e d'Isotta divennero quasi un pretesto a disqui-

amorosa Tommaso, per esemnon pago d'analizzare con minuzia eccessiva ogni
pi lieve emozione dei suoi personaggi, ad un dato punto
si propone il quesito quale tra essi sia stato il pi infelice,
sizioni sottili di psicologia

pio,

Marco o Tristano, Isotta la bionda o quella dalle


Bianche Mani. E dopo aver lungamente dibattuto il problema, afferma di non saperlo sciogliere. Egli non
amante: provvegga dunque a definirlo chi ama. Giacch
il suo libro deve essere quasi un vademecum per tutti coegli dice nella
quali provano amore. Tommaso
loro
finisce qui lo scritto suo
ei manda
chiusa del poema
ai pensierosi ed ai
di qui un saluto a tutti gli amanti
soddisfatti, ai malcontenti ed ai sospirosi, ai felici ed ai
a tutti insomma quanti udranno i suoi versi.
desolati
Possano dessi rinvenirvi un farmaco contro l' incostanza,
se re

contro l'ingiustizia, contro


renza, contro tutti

Goffredo

Non pago
XIII,

pi

leggenda,
si

di

Per

il

sono

dispetto, contro la

Strasburgo andato
sensi de'

intimi e segreti

doveva

oltre.

del secolo

protagonisti

le

avventure,

della

tutto

le

azioni,

dalla

di-

velame allegorico.
diventa

simbolo

nell' in-

epopea dell'amore colpevole. Quando


cacciati

soffe-

conoscenza a Tommaso, egli

la

ravvolgerne

Mintiesinger

ancora pi

Bourget

inaspettato

pensieri d'un finissimo

comparabile

amanti

il

mali d'amore!

sviscerare,

di cui

piaciuto

scorsi,

di

corte,

ei

pure

li

fa

due
ripa-

rare in una selva

ma

grande foresta,
zura copre anche al

colla

dal

Devon

la

questa

la

d'

oggi

comune

di

ver-

sua pittoresca

ond" disgiunta

gioghi,

La

Cornovaglia.

ha

selva nulla

quale colla

Goffredo

selva di

ri-

ci

chiama al pensiero la divina foresta spessa e viva >, che


Dante vide sorgere sulla sacra vetta del monte d'espiazione, tutta risonante del canoro cinguetto degli augelli,
del susurro d'acque correnti, di zampillanti fontane, tutta

profumata dal balsamico olezzo

vaghissimi

di

mezzo ad essa s'apre una grotta

fiori.

Ed

in

tagliata nel masso, dalle

pareti bianche, liscie, lucenti, dalla volta meravigliosa, coro-

nata da un diadema in cui scintillano pietre preziose.

vimento
verzura

verde sembra un

e nel centro della grotta

Da

stallo.

marmo

di

ha un letto

vi

ombreggiata da
bosco, Tristano ed

ebbrezza

d'

tre

pa-

di

cri-

la

porta di bronzo

col, tra

l'esultanza del

soggiorno

tigli....

Il

fresca

piovono

tre aperture praticate dentro la volta

fasci di luce nell' incantato

stica

tappeto di

Isotta s'abbandonano, estasiati, alla mi-

un amore che non conosce pi

ostacoli,

bisogni, confini.
Io so tutto questo

<

continua

il

poeta

perch

ho veduto. Anch'io son andato a caccia nel deserto,


ed inseguendo il cervo e la palomba, la selvaggina e le
fiere, ho percorso la foresta. Ma non sono riuscito se non
ad ingannare il tempo: non ho mai intonato l'inno del
trionfo
la mia fatica restata senza ricompensa. Io ho
sollevato l'aureo saliscendi della porta, mi sono accostato
al letto, ne ho fatto il giro, ma non ho potuto gustarvi
pur un istante di riposo. Sebbene il marmo del pavimento
sia duro, io 1' ho calpestato tanto a lungo che, ove una
magica virt noi conservasse intatto, esso mostrerebbe le
tracce de' miei passi, le vestigia viventi del mio amore. Nel
contemplare le pareti splendenti i miei occhi si sono stancati
la corona che ricinge la volta e le gemme che vi

< tutto


luccicano a

mo'

sciuto la grotta,

di stelle

58

m'hanno abbagliato. Ho conoio che non ho visitato

undicenne appena,

mai la Cornovaglia

Per siffatta guisa il grido fremebondo dell'amor fatale che vince il tempo e la morte, si perde nelle lambiccate querimonie del Minnesiiiger renano.

Strano a
traverso

al

dirsi

Riccardo Wagner, che

soltanto at-

rifacimento cortigiano, raffinato, lezioso a volte,

pervenne alla cognizione della celtica saga,


ha saputo per, grazie alla divinatrico potenza del suo
genio, reintegrarne in parte il contenuto primitivo, ricondurla alla maestosa austerit originaria, spazzando via le

di Goffredo,

Nella

platoniche sottigliezze del suo antico connazionale.

lussureggiante vegetazione parassitica che

dintorno al grande albero, egli ha posto

si

arrampicava

mano

con

riso-

luta la falce, e, spogliato cos dal fastoso mantello di ver-

zura che da secoli

lo

celava agli sguardi, l'antico tronco

ricomparso nella sua nudit selvaggia, ostentando

la

scabra rugosit della scorza, che le folgori avevano squar-

ed annerita,

ciata

la gagliarda de'

rami sfrondati,

ma

pur

sempre vigorosi.
Il

rievocatore delle melodie, onde

le

querele del Darth-

moor, scosse dal vento, avevano accompagnato un giorno


i

dolci colloqui

amanti, non stato pago

degli

semplificare l'azione del


i

molti e certo non

affollata,

della

tutta

una parte

delle

coppia di Brettagna,

per a

dalla scena

indispensabili personaggi di

sopprimere

strane avventure

dramma, a bandire

cui era

pietose
cos

da

e
ri-

durre quasi l'epos musicale ad un'analisi di sentimenti e

non

di fatti,

torno

ai

ad un'azione

la

quale

si

svolge non gi in-

protagonisti, bens dentro di loro. Egli ha voluto

con molto ardire assegnare nuovi caratteri

alia loro fatale

passione,

improntandola

un significato pi profondo

d'

pi filosofico e pi misterioso. Sulla nave che guida Isotta


e Tristano a re Marco,

la futura

vagheggia ardentemente
freddo baratro
di odiarlo.

la

regina di Cornovaglia

morte, e vuole attirar seco nel

dell'ai di l Tristano, ch'ella

ama credendo

Alla sbigottita ancella essa impone dunque di

versare nella coppa che offrir all'eroe un succo mortale.


Disperata, Brangien prende

leno

il

filtro

d'amore.

Cos,

partito di sostituire al ve-

il

mentre credono

di

bere

la

due sventurati libano l'amore. Ed amore e morte


dopo d'allora si confondono senza tregua, senza misura,
nelle menti allucinate dal beveraggio fatale
pur nella tenera stretta dei loro amplessi, gli amanti pregustano una
pi alta, pi squisita dolcezza il sonno eterno, la notte
io non pi
perpetua, il nulla. Io Isotta, tu Tristano
Via
Isotta, tu Tristano non pi
nomi che ci diviuna nuova rinascita spunta, una novella fiamma
< dono
si accende; un'anima sola, un sol pensiero per l'eternit
morte,

tutta quanta

un cuore

prema dell'amore

tutto in

fiamma

nella volutt su-

GOLIARDI E LA POESIA LATINA

MEDIEVALE.

LA

poesia medievale offre a chi

la studii,

troppo noto, uno strano contrasto.

impadronisce quello

che predilige

fra

spirito d'ascetismo

tutte

le

forme

com' anche
parte se ne

Da una

violento,

feroce,

in cui gli dato

pro-

rompere, l'invettiva; invettiva assidua, implacabile, contro


tutto quanto bellezza, bont, sorriso sulla terra; giacch
il

bello,

il

buono,

tutto opera di

l'attraente,

L'instancabile nemico del genere


nel sorriso della donna, nel

del frutto; di tutte le cose

umano

profumo
si

si

Satana.

dovunque;

del fiore, nel sapore

fa un'arma,

tende un agguato, da per tutto fabbrica

secondo queste cupe fantasie degli

cela

da

per

insidie.

asceti, trovasi

tutto

L'uomo,
avvolto

prima d"avere vista


la luce, per colpe non ancora sue, ad una eternit di
tormenti, egli deve unicamente pensare nel breve soggiorno che far in terra al modo di sfuggire l'eterna dan-

in ogni parte dal peccato; dannato,

nazione.

Il

pensiero dominante, tormentoso, di questa con-

spavento di quanto attende l' uomo oltre la


tomba, costringe cos intere generazioni a ripetere il medesimo grido di terrore:

danna,

lo

Vae mihi

nascenti, vae nato, vae morienti,

vae! quia sine vae non vivit filius Evae

ed a considerare la vita quasi il peggiore di tutti mali;


l'uomo come la pi debole, la pi infelice di tutte le creai

ture, nata soltanto per piangere e per soffrire.

Contro questa lugubre tirannia dell'ascetismo, che vorrebbe convertire a forza

l'

esistenza

umana

un'inces-

in

sante preparazione alla morte, fino dai tempi pi caliginosi,

per in seno alla societ medievale

ferve

un'assidua

ri-

volta, la quale, soffocata, ripullula, sino a che, fatta irre-

esce trionfalmente all'aperto. Delle

sistibile,

gran parte

poesia

della

medievale

vicende sue

rimane

latina

oggi

ancora documento; poich essa s'estrinsec in cento guise,


assunse gli aspetti pi svariati; ora pianse ora sorrise,
ora fustig, atroce,
pre ebbe di mira

ora

vizi,

si

medesimo

il

piacque blandirli;

ma

fine: rivendicare

dal

vaggio

dell'ascesi la coscienza dell'uomo. Quest'era

fine,

dice, e lo raggiunse,

si

semser-

suo

il

senza che all'opera titanica

s'accingesse per ardimentosa una particolare classe


ciale,

con mezzi

prefissi,

sto rispetto invero io

pinione

diffusa tra

o minore copia
poesia

della

con

ben

definiti.

so-

Per que-

mi allontano risolutamente dall' omaggiore


i quali con

pi di coloro

di dottrina

detta

cos

criteri

trattarono

ultimi anni

negli

goliardica > ed, in generale,

de' Goliardi. In tutti io scorgo la tendenza ad

estendere,

ben

ove abbia

al di

dei limiti entro

in realt esistito,

l'

quali

si

restrinse,

influsso delle associazioni goliardiche

ad attribuire a codeste societ un' importanza ed un'

effi-

cacia, delle quali troppo scarse riescono le prove, troppo

languide

tracce per giustificare conclusioni gravi tanto

le

e tanto recise.
ci

che

Se diamo

rappresenta

la

retta a parecchi critici infatti, tutto

ribellione fervente

ne' secoli

di

mezzo contro il pesantissimo giogo, ond'erano oppressi


non meno
corpi che gli spiriti, deve ai Goliardi esi

sere attribuito; a quei chierici vaganti, cio,


niti

in

una vastissima associazione,

di

cui

quali, riu-

rimangono im-

merse nell'ombra

le

origini e le vicende,

avrebbero com-

battuto l'ascetismo, la corruzione sacerdotale,

cando

nome

di

della

diritti

rivendi-

e,

conseguito giustamente

ragione,

il

precursori del rinascimento .

Quanto sia credibile che in seno al mondo medievale


abbia vissuto una casta, ch'era e non era sacerdotale, che
stava di mezzo tra la societ dotta, ecclesiastica, e la societ

tra

laica,

ma

perfino

dommi;

ecclesiastici,

infetti

dei quali essa

ceri,

l'una e

l'

al-

le dottrine, gli istituti,

e a vituperare nella seconda l'ignoranza

prorompente

e la rozzezza;
gli

abborriva

ed

disprezzava

pronta a deridere della prima

acerbissime contro

satire

in

di que' vizi

ed amanti

medesima faceva pompa,

celebrandoli con sensualit affatto pagana,

tengo diversa opinione:

di que' pia-

alla

sua volta,

altri

veda. Io

e l'esistenza d'un ordine di chierici

vaganti, ossequente a propri statuti ed a proprie leggi, che,

nato

in Francia,

serpeggi quindi, misterioso

in tutta

Eu-

ropa, avvolgendo in una vasta rete di congreghe, intente

ad

ordire nell'ombra la rivolta contro

istituzioni

le idee, le

nulla

del tempo, parmi un prodotto d'accesa fantasia

dicendo voglio impugnare l'esistenza dei Goliardi


no, tale non il mio pensiero. Non nego che i
Goliardi abbiano esistito, ma li prendo per quel che fupi.

ci

rono, per quello che dalle testimonianze storiche,


rose,

appaiono essere sempre

temporanei

ci

stati:

quando

nume-

tanti

con-

attestano con indiscutibile chiarezza la vera

condizione loro, quando

pongono

li

in

un

fascio, coi tru-

quindi degli

tanni e perfino coi giullari; ben

al

studenti veri e dei chierici

non mi vorr piegar

certamente, per dar corpo


zioni

fantastiche,

stimonianze.

Tanto

alle

tacciare di
pi,

che,

io

ombre e colorire concemenzognere siffatte tecos

sione e r incertezza, nelle quali gi


alla paternit della

di sotto

maggior parte

operando,
ci

dei

la

confu-

troviamo riguardo
ritmi

medievali.

eccederebbe ogni
tolto

dapprima

(e

L'opera sagace della

limite.

critica

ben a ragione) a Gualtiero Map,

XII

cidiacono d'Oxt'ord, fiorito nel

1'

ha
ar-

secolo, al quale erano

da gran tempo attribuite, le principalissime fra le poesie


che sogliono esser dette goliardiche. Pi tardi un dotto
francese, Leopoldo Delisle, s' sforzato di provare come
Primate stesso non

fosse

possibile conoscere

ed apprezzare

diandone

un

sopra

gli scritti;

il

poeta
i

quale

del
meriti

tornasse
stu-

letterari

quale pertanto n

Fran-

la

Germania n l' Italia potevano vantare alcun didunque anche a lui


ritmi, che gi nel
decimoterzo secolo correvano sotto il suo nome, a chi si
dovranno attribuire? A tutti ed a nessuno: odo risponcia

ritto.

la

Tolti

dermi. Essi sono

mano

il

il

portato d'una vasta associazione: for-

patrimonio letterario dei Goliardi; appartengono

a poeti, vari per et, per origine,

gelosamente anonimi,
di

Golia, simbolo misterioso della

erano

la

iscritti,

quali,

nascondere

vollero

mantenendosi
sotto

nome

il

misteriosa

stta

cui

Quanto conclusioni

personalit loro.

questo genere vaghe, indeterminate

romantiche,

di

pos-

sembrare accettabili alla critica che va in cerca


non di fantasmi, inutile dimostrare; tanto pi
che, anche lasciando in disparte la discussione sulla
condizione vera de' Goliardi nell'evo medio, non riusciamo
sano

di fatti,

a rinvenire nelle poesie a noi giunte e spacciate per goliardiche,

nella

nulla di cosi nuovo, di cos straordinario, vuoi

forma vuoi

sostanza, di cosi alieno dalie idee,

nella

dalie credenze, dalla vita,


costretti a

ricorrere,

supposto che
gi

insomma,

pur

di

loro autori

come uomini

l'apparizione, al

pensassero ed operassero non

del loro tempo, bensi, quasi precursori

di et future, si straniassero

lor propria.

da vederci

di quell'et,

spiegarne

Quali sono

interamente da quella che era

difatti

dei Goliardi vogliono peculiari

caratteri
alia

che

sostenitori

loro poesia?

presto

Chiesa ed i corrotti costum.


detto- l'avversione contro la
cose di religione, le lodi al
nelle
l'incredulit
del clero
non era egli naturale,
Ora,
piacere, all' amore, al vino.
assoluto disi predicava un cos
quali
nei
secoli
che in
per le sue pompe e le sue volutt,
sprezzo per

il

tempo

e nel

mondo,

stesso

scorgevano

si

ministri

Cristo

di

d'avarizia inestinguibile;
dar prova di lussuria smodata,
sinceramente relinon era naturale, dico, che gli animi
spettacolo,
onesti, nauseati da tale

e sinceramente
ne traessero argomento
<riosi

di

sdegno

e di dolore?

da
ancor pi naturale che, eccitati

cotesti

E non

era

sentimenti,

si

condotta indegna dei falsi servi


levassero a biasimare
superbi
umili, mentre erano pi
di Dio che si dicevano
superavano nella
mentre
poveri,
dicevano
di Satana; si
sovrani ed
dei chiostri, dei banchetti, i
la

pompa

dei palagi,

principi;

si

s'avvoltolavano
dicevano continenti, mentre

nel fango di vizi vituperosi?


goliardiche,
si spacciano come
sacerdoti, son forse

meno

invettive,

delle

contro

roventi,

la

meno

opere
casmi quelle che leggiamo nelle
Damiani?
Pietro
S.
nei ritmi di

le

quali

corruzione dei

riboccanti di sardi

S.

Bernardo,

poesia goliardica,
Dicono essere altro dei caratteri della
costumi del clero, conl'irruenza, oltre che contro i guasti
della Curia romana. Ebtro la venalit e l'avarizia
acerbe, pi note, quelle
bene, le invettive pi antiche, pi
che. divenute proverbiali, passarono

di

bocca

in

bocca

tempi remoti, rifioriattraverso l'et media; che, sorte in


dei dotti, dei riformaumanisti,
dogli
labbra
sulle
scono
le goanni appresso, son desse forse
tori,

quattrocento

liardiche
nel

secolo

No

che
davvero. Esse sono quelle invece
napoletano
dettava un anonimo chierico

quelle che nell'


laterra,
tardi,

un

XI

uscivano dalla penna di Goffredo Ma-

frate benedettino;

ripeteva

un

altro

quelle

monaco,

che,

cent'anni

Bernardo

di

pi

Morlas,

un poema, il De conlemptu mundi, considerato, ed a


buon dritto, come la pi efficace espressione dello spirito
monastico medievale; e le rampogne che il frate francese
in

Roma, parvero

ardenti e sdegnose

tanto

ai

seguaci della Riforma, che costoro se ne giovarono e

le

rivolgeva a

ristamparono pi volte dalla fine del secolo decimoquinto


a tutto il decimosesto. N meno fieri rimproveri usci-

vano

dalla

penna

di

Alessandro Neckam, canonico inglese,

met del XII secolo, contro Roma


da cui fuggiva sdegnato; ne meno mordacemente insorgeva contro di essa Filippo di Grve, il noto cancelliere della chiesa parigina, teologo ed autore di sermoni,
vissuto nella seconda

il

quale

per

rese celebre

si

il

turbolento

contese coll'Universit, e merit


ranei suoi per

sostenere

r ardore eccessivo di

difendere

il

benefizi.

pluralit dei

quasi

tutti

prova

nel

ecclesiastici

alla

cui' die

degli

diritto

carattere e le

biasimo dei contempo-

il

costoro scrivevano

e deploravano gli scandali della Chiesa in tempi ne' quali


dell'esistenza dei

manca ogni

Goliardi

prova,

ogni

ri-

Assurdo pertanto attribuire esclusivamente ai


Goliardi, o almeno ritenere come singohirissimo carattere
della loro poesia, quel sentimento di sdegno e di corruc-

cordo

che l'avarizia e la corruttela


quanto dura il medio evo, a partire

di

cio

venire

al

Roma

eccitarono,

dall'et carolingia

per

rinascimento.

N meno
amatoria e

difficile riesce

la

sostenere che anche la

bacchica debbano

in

massima parte

poesia
giudi-

non in
Orbene, ripensiamo a
pagine roventi ci di-

carsi quasi frutto delle associazioni goliardiche, se


Italia,

certamente

fuori

di

essa.

quei monaci, che S. Bernardo

in

pinge: a quei monaci, dico, che, interpretando alla lettera


vino
il consiglio dato loro dall'Apostolo di bere un po' di
per rifocillare lo stomaco affranto dai digiuni e dalle austerit,

solevano,

mentre

sulle

mense

si

succedevano

colmi

piatti

ond'erano ricche

vini,

per eleggere

claustrali,

ampie

le

che

migliore,

il

cantine

scorreva a

poi

mensa comune. Ripensiamo a


ponderiamo se sia pi probabile che gli

costoro,

profusione sulla
ripeto;

Vergine, ogni giorno

buon vino

giaculatorie al
venti, fra

ed

cantati in coro,

borbottati nell'ozio della cella,

nelle strade deserte, ne' trivi

muraglie

tra le sconnesse

solenni

vino

l'

invocazioni alla Trinit

XII

dove

ed ulula

soffia

il

odiati

chiostri

dei

che

che era

loro

cordato,

ma

pi

credibile

che

questi

burleschi

chiudono con

si

antifone

re-

di

penne de' frati gaudenti


oppure da quelle de' Goliardi,

dalle

che battevano

porte

alle

palagi

episcopali

degli

spon-

mensa padronale quel po-

alla

bench

talvolta,
di

quali

parlano di

mendicanti,

turriti

taneamente chiedevano
sto

acqua,

del XIII secolo,

vento,

il

misere taverne, sulle bocche

di

dovessero uscire

ed

poveri

con-

dei

refettori

di affamati giullari: se pi verosimile

contrasti fra

del

Pater noster,

rumori dei pantagruelici banchetti, o invece

sponsori,

inni alla

trasformassero in inni e

si

nei

uno

ad uno ad

squisite vivande, delibare

di

sceltissimi

gli

frequente
chierici

mala voglia,

di

diniegato

ribaldi,

Ed

quali

ac-

cosa

non fanno

che lagnarsi della povert, della fame, del freddo che


frono, siano

medesimi

tissimi ritmi, ci

tutte la pi

che

dipingono

opulenta e

la

la

in

altri

vita

pi

pur

chierico

del

beata

essi

Ancora

sof-

divulga-

come

di

pos-

che questi fervidi cantori dell'amore, della donna,


medesimi che scrivono de' carmi sul gusto di

sibile

siano

quello intitolato

De

uxore non duceida,

attribuito

a Go-

per molti secoli, uno dei pi importanti fuor di dubbio

lia

fra

ritmi battezzati

amara

come

goliardici, e

fra quelle invettive contro

quali pur

abbonda

la

il

che forse

la

pi

sesso muliebre, delle

poesia medievale

Tutte queste contraddizioni, tutte queste incoerenze ed

altre

non poche che potremmo,

tornasse

se

opportuno,

accennare, nascono, a mio giudizio, dal concetto falso che


molti

critici

si

son

componimenti

fatti dei

quali, dedotti

dai codici ov' erano stati raccolti senza criterio alcuno di


scelta,

del

furono poi stampati siccome altrettanti documenti

moto

goliardico. Si

voluto

trovare

per

forza in

parecchie di queste poesie, composte bene spesso con intenzione puramente scherzosa, e talvolta,

diciamolo, per

mera

esercitazione letteraria, in luoghi e tempi

simi;

si

diversis-

voluto, dico, trovare l'espressione di sentimenti

nuovi, audaci, cos inconcepibili in secoli che taluni -sono

immaginare immersi nell'ascetismo pi cupo, da dover


comparsa, ad ammettere 1' esistenza d' una casta clandestina, d'una stta ribelle, annunziatrice di rivoluzioni future. Orbene, in tutti questi canti,
amorosi, bacchici, satirici, nulla v'ha davvero di tanto
nuovo, di tanto strano, da forzarci a ricorrere, col fine di
soliti

ricorrere, per spiegarne la

giustificarne

l'apparizione, a siffatti pericolosi espedienti.

Sotto una novella veste, una forma in

cultori

altri

tempi

inusitata,

vediamo rifiorire in essi que' concetti che


dell'antichit ammiravano presso Vergilio, Ovidio
noi

la ritmica,

ed Orario; e le lodi all'amore, risuonanti nei ritmi del


XII e del XIII secolo, si riallacciano ai molli canti
di Tibullo e di Properzio, come gli encomi del vino e
dell'efficacia sua nell'ispirare

Giovenale

squarci di

e di

satirica contro le cose sacre,


di

quanto

poeti richiamano

Marziale.

ben

noti

nell' irriverenza

nel dileggio, spesso volgare,

pi sogliono venerare, nella tendenza

alla parodia de'misteri del culto, io

non veggo

stessa

infine nulla

che mi costringa a cambiare opinione. Quando la Chiesa


permetteva ai laici d'irrompere tumultuando nei templi,
e dinanzi all'altare medesimo, sul quale il sacerdote aveva
poc'anzi consumato

il

mistico sacrificio, tollerava

brazione della me.ssa dell'Asino,

io

la

cele-

trovo ben naturale che

un monaco

buon umore, un novizio

di

l'inconsueta licenza,

lusorum.

Officitivi

non m' inducono a


propria

sistematica
gotiche,

che

abbia

ringalluzzito

ai

constatata

come

Goliardi,

verso

il

grossolane,

un'incredulit

nelle

cielo

per

gulonis e

Alissa

la

Queste facezie spesso


giudicare

slanciano

non mi paiono

dettato

cattedrali

ardue

le

guglie,

irridere alla fede de' credenti que' basso-

nei quali artefici ignoti accanto alle pie raffigura-

rilievi

immagini grotteempie addirittura. Le poesie,


che, sorte nei secoli oscuri del medio evo, pervennero fino
a noi, non sono dunque l'espressione dei sentimenti peculiari ad una setta immaginaria,
ad una associazione irzioni dedotte dalle sacre carte, scolpirono

sche, sconce a volte, a volte

reale, bens l'eco degli affetti, delle passioni,

ond'era agi-

contemporanea

ne riflettono

tata la societ
la

vita

cede,

al

tutta quanta:

tumultuosa e multiforme; e come nella


sorriso

mescolano

la

lagrima,

al

rato di chi gode, la risata di chi schernisce,


chi soffre,

il

grido

di

chi impreca.

vita suc-

canto spensieil

lamento

di

CANTI D'AMORE SARDI

/\/\

AN mano che l'eguagliante marea della civilt odierna


sale,

ed

suo

il

fiotto

invade inesorabile

ogni pi

riposto cantuccio del nostro paese, distruggendone le con-

suetudini secolari,

le tradizionali

le estrinsecazioni della

vita

credenze, tutte

complesso, a volte strano, originale sempre,


di

concezioni,

che

gli avi

popolare

all'

uomo ed

alla

natura

suoi accenti s affievoliscono, s'attenuano, giun-

dell'

come, a

e fiacchi sino a noi,

Alpi

canzone, gettata
scia

intorno

quel

avevano tramandato ai nipoti anche la poesia


spegne in una lentissima agonia. Ogni giorno

gono smorzati
lenzio

idee

di sentimenti,

si

che passa

d'

insomma

materiale e spirituale

ci

arriva

al

vento

dunque credere che

fra

volte

fatica, fra

ritornello

il

il

di

si-

una

da vetta lontana. Tutto labreve l dove non regner

sovrano il silenzio, si riudranno soltanto le volgari, ignobili o bieche cantilene, che, germogliate in mezzo al fango
delle vie cittadine, gi hanno snidato in gran parte dai

campi e dai monti


spontanei e sinceri,

le

melodie primitive,

della

musa

In siffatte condizioni non

dato r ardore

canti,

rozzi

ma

boschereccia.

pu essere abbastanza

con cui anche fra

noi,

come

Io-

del resto in

tutti

paesi d'Europa, e

da parecchi

presa

non d'Europa

eletti

femminili, attende da

ingegni

qualche tempo a strappare

che

all'oblio

popolare

reliquie della letteratura

le

minaccia,

narrando

le

raccogliendone

Verr

un giorno nel quale

le

credenze

urbane che rustiche, rivelandone

delle plebi, cos


perstizioni,

cos

una schiera

soltanto,

coadiuvata efficacemente nella onorata im-

di volonterosi,

le

su-

le novelle, le favole, le poesie.

nostri figli svolgeranno

questi volumi, mossi dalla curiosit stessa colla quale noi

esaminiamo oggi

musei

vetrine de'

nelle

l'ossa

dei

pii

frammenti connon meno che


vasi

antichi abitatori della penisola mescolate ai

fusi delle loro rozze suppellettili.

acuminate e le armi di pietra, gli umili


canti delle plebi italiane daranno materia di studio fecondo cos al filosofo come all'etnologo.
due volumi di Canti popolari
Benvenuti adunque
d' argilla e le selci

Nurra e Bellorini
dacch anche
nell'antichissima Ichnusa la poesia dei volghi accenna pian
piano a scomparire e gi son meno frequenti in mezzo
sardi

regalatici dai

signori

Gian,

Essi non potevano giungere pi a proposito

al tripudio delle feste popolari le

sione,

che

si

sfidano

l'un

gare fra

poeti di profes-

a cantar a ddispsitias

l'altro

meno

e nelle case, ove entrata la morte, risonano


gli epicedii della nttitadora,

le

chiome

Notisi per

un

uno

Nurra,

solo,

il

tivo dell' isola

avvezza da secoli a sciogliersi

gemendo

sul cadavere,

fatto curioso

come

ci

acuti

a mo' di prfica antica.

dei tre editori qui ricordati,

rivela

veneto invece

il

il

cognome

suo, na-

Gian, ben noto e valoroso

lombardo il Bellorini. Ma entrambi costoro,


dopo l'altro per ragion d'ufficio in quella terra
che per la pi parte degli Italiani un paese inesplorato,
letterato

giunti l'un

entrambi, dico,

tolti ai

loro studi preferiti,

si

a contemplare con curiosit quella selvaggia,


reggiante efflorescenza rustica che

si

sono

rivolti

ma

lussu-

vedevano crescere

-,--^5^-

lilP.VM-;

r)l

SMUPKCN

V.

d'intorno. Frutto di questa,

dapprima curiosa quindi

af-

fettuosa osservazione, sono appunto le due raccolte di cui

vogliamo discorrere, le quali ci arrecano un contributo


veramente largo, e quale prima d'ora non si era avuto
mai, alla cognizione de' canti popolari nella Sardegna.

comprende

Della loro raccolta, la quale

nella

ricca

variet che le distingue tutte le manifestazioni del senti-

mento poetico popolare sardo, cio a


amorosi del pari che

ed

religiosi,

burleschi,

dire

componimenti

come

satirici

morali

Nurra non hanno sin qui


primo volume e questo rac-

signori Gian e

mandato alla stampa che


chiude ben ottocento fra

il

canthonnedas,

nititos e

raccolti

Logudoro. Pi modesto nelle sue intenzioni, il Bellorini ha limitato le ricerche alla sola poesia
erotica
ma, avendo scelto come campo del proprio lavoro
un'altra parte dell'isola, la provincia di Nuoro, i settecento
componimenti ch'egli ci presenta, non hanno, se non in popressoch

tutti nel

chissimi casi, dei corrispondenti nel

Nurra.

Veniamo dunque

rilevante di poesie,

tonda, le quali
sottile

come

la

ci

volume

cos a possedere

un migliaio

permettono

e mezzo, per far la cifra

di

conoscere proprio per

Ma

il

popolazione sparsa in due vaste zone della

Sardegna intenda ed esprima questa che


suprema preoccupazione degli uomini in
sotto tutti

del Gian e del

un complesso ben

fondo, la

in

tutti

tempi e

climi: l'amore!

che cosa sono

in fin dei

conti questi canti sardi

domanderanno forse lettori, impazientiti dai miei preamboli


donde vengono, chi li compone? I,a risposta facile a dare. Donde vengono ? Da ogni parte. Chi li compone ? Tutti e nessuno. Sono poesie che uomini e donne
i

sogliono improvvisare per esprimere

tano

gli

alla luce,

animi

loro

e queste

corrono sulle bocche

sentimenti che agi-

poesie,
di tutti,

una volta venute

passano

in villaggio, di provincia in provincia,

di villaggio

sopportando tutte

74

le modificazioni, tutte le alterazioni


tori

si

che

cantori e gli udi-

piacciono introdurvi. Sono, insomma, una

prodazione

popolare nel senso esatto del vocabolo, che tanto spesso


suol essere abusivamente adoperato: sorti fra
tati dal

popolo, propriet

Ma
li

ha

ci che v'

comune

il

popolo, can-

quindi vera res nullius.

di pi singolare

nei canti sardi e

distingue dai canti popolari delle restanti parti d'

Italia,

dal rispetto toscano, dallo stornello marchigiano, dalla vil-

strambotto

loUa friulana, dallo

componimento

prediletto

di Sicilia,

poesia

della

forma.

la

sarda,

Il

o almeno

quello pi diffuso e pi adoperato, suol essere il mutu. Si


chiama muft in Sardegna una poesia piuttosto breve, formata generalmente di versi di sette sillabe. Questi versi
si dividono in
due parti. La prima, che non conta mai
meno di due versi n pi di otto, si dice isl'erria {isterrere
in sardo vale distendere). La seconda, chiamata torrida (da

torrar

hanno

= tornare),
il

nome

quanti sono

compone invece

si

cambas

di

versi della isterria

strofe di regola

non

si

fa

di tante strofe (che

gambe, o pedes
;

altro

ma

in

ciascuna

che ripetere

versi, contenuti nella prima, disponendoli

per

piedi),

di

queste

gli

in

stessi

ordine

cambi comincia con uno dei versi


prima col primo, la seconda col secondo,
e via dicendo. Ecco per chiarezza maggiore im esempio
che traggo dal libro del Bellorini (n. 431:
diverso. Di pi ogni

A^Wisterrii;

la

Isterria

ssant' Anghelii in terra

And" a ccolUre

s'oro.

Si zeda cciistu beiitii.

TORRADA
1^

camha.

ssant'Anghelii in terra

Ca

nos amammiis, coro.

Sor meos sim


Sos

tiios

llamentu.

pesati f;hcrra.


And'a

2^ camba.

13

ccoliie s'oro;

Sos tuos pesan gherra,

Sor meos son

Ca

Uamentu,

amammus,

nos

coro.

Si 2eda ccustu bentu.

3^ camba.

Ca

amammus,

nos

coro,

Sos tuos pesan gherra.

Sor meos sun


(Traduzione:
l'oro
ci

in terra Vado a raccoglier


A Sant'Angelo terra Perch

Sant'Angelo

Se cessa questo vento

amiam, (mio) cuore

Uamentu

in

miei sono in lamento

tuoi sollevati

guerra.1

Questo, se prestiamo fede

dove son
meno,

che

Bellorini,

trattate varie

importanti

sua

alia

del

rmitu.

sopra di

sarebbe

questioni,

completo ed insieme pi comune,

tipo pi

di

al

ha premessa una garbata e giudiziosa prefazione,

raccolta

esso appunto,

Nuoro

il

al-

trascurando

ricordare cos talune variet del miitu additate dal Bel-

lorini

come

medesimo,

su schemi diversi che

s'

certi altri

componimenti

tessuti

incontrano e nella sua e nella rac-

mi preme richiamare l'attenzione del letfondamentale del niutu, dunque,


insistente di un solo conlo si vede, la ripetizione
cetto, di un solo pensiero, espresso colle parole medesime.
Questa ripetizione potrebb'essere sorgente di monotonia,
ove il componimento fosse lungo. Ma esso breve; quindi
colta Cian-Nurra

tore. Carattere precipuo,

l'artificioso ritorno nel giro di

pochi versi

un

riesce a produrre esteticamente

tevole

il

all'

effetto

cantor popolare, cio, esprime a meraviglia

intensit dell'affetto, della gioia e del dolore

imperiosa,

assoluta,

che

sulla

mente

sua,

preoccupata da altre cure, non distratta da


cita

identica idea

oltremodo no-

un solo pensiero dominante

(n. 329^

la

limitata,

altri studi,
:

la

sovranit

non
eser-


Cassettedda
Giaittedda

76

niighe

'e

pratta

'e

ffrischiu de ferru.

Cassettedda

Mi

nughe.

'e

ponz'in d'un isserru;

Si s'amore s'apparta

Nom
(Traduzione

Serratura

vento

Ma

vi

di

piiis

Cassettina

Se l'amore s'asconde

noce

di

Non

a Uughe.

Cassettina di noce

ferro

bsso

Chiavettina d'argento

Mi chiudo

questi agresti
la isterna,

fiori

di poesia.

un con-

esco pi alla luce.)

mio

un'altra cosa che contribuisce, a

tentemente a rendere pi acuta

in

la

avviso,. po-

fragranza emanata da

La prima

parte del mutu,

racchiude in generale ora l'enunciazione di un

fatto determinato, preciso, concreto,

perfino prosaico, ora

invece un'affermazione irreale, fantastica, bizzarra, a volte,

come avviene spesso dei canti popolari, quasi incomprensibile. Ma l'una come l'altra non hanno in apparenza pressoch nulla

vedere col

contenuto

torrada,

della

parte seconda del componimento, in cui s'effonde

timento che ha dato origine

al

canto.

Fra

il

la

sen-

due membra

le

questo regna quindi un curioso disaccordo, un contrasto

di

che, se, tratto tratto, riescendo troppo difficile ad afferrar-

sene

la causa,

ad un gusto
pisce.

La

non pu piacere ad un

eletto,

La sua

il

intelletto coltivato,

pi delle volte per diletta e col-

origine, del resto,

ben

fanciulla logudorese o nuorese,

facile

ad intendere.
mezzo alla

intenta in

vasta pianura al lavoro faticoso dei campi, o nascosta col

montagna, mentre
mufos dal suo labbro,
ode un rumore fra i cespugli, un fruscio d'ali, un trillo,
un sibilo arguto. Guarda un'allodola che assorge ad
altezza vertiginosa, un colombo che agita fuggendo le

suo gregge

in

un angolo

solitario della

lascia scorrere quasi inconsciamente

ali

candide,

il

piroscafo, che fende veloce

il

mare

azzur-

iici.WK

rij

sAiiriKG.v

\.

una

rino, lasciando nell'aria

sottile

letta,

il

battello

che soldato,
so io
esser

?,

lontano,

dame

ecco trovata

colombo, l'allodo-

un desiderio vago
del fidanzato,

in traccia

trova di stanza a Torino, a Milano, che

un paese ignoto

in

ivi

si

il

ridestano in core

le

anch'essa

d'andarsene

fumo, nel-

striscia di

l'acqua un sottile solco d'argento.

alla

ragazza, la quale

belle, ricche, dagli

ed ecco seguirla

la isterria

per sa

ornamenti sontuosi.

Ed

lorradn (184)

la

Ite bella tortura

Boland' in gher' artu!


Ite bella tortura.

De

istmadu coro

ss'

Inscritt' in d'

Xde chena
{Traditzioiie

bella tortora
la

Che

una carta

sa frigura....

Che
Disegnata

bella tortora

Dell'amato cuore

vola in alto!
carta

in

Che

.Ve vorrei

figura.)
I

mmesu

'e

ssu

mare

B'ta una pandera


Iss'

oru

'e

ssu vapore,

Ch'andat' a ttotu fuga.

mmesu 'e ssu


De ssa pessone
I

Si sa

No

Sull'orlo del

mare

tua.

s sinzera,

m' app' a orbidare.

(n.

1171.

mezzo dello mare


E posta una bandiera
In mezzo dello
Che va a "tutta forza
Della persona tua Se l'amore sincero Non mi potr

{Traduzione:

more

mare.

In

vapore

obliare.)

Sar damar de Turinu

Falan a

ss'

Oriente

Chini bestimenta d'oro.


Sar damar de Turinu.
Presente o

nom

presente

T' app' in coro continu.

(n.

10).

[Traduzione:

Con vestimenta

presente

Le dame di Torino Scendon verso Oriente


Le dame di Torino Presente o non

d'oro

sempre

lo t'ho

78

nel

core.)

accompagnati da una melodia lenta, uniforme,


si
svolgono
mutos', svolgonsi e ci
triste,
rinarrano or baldi e carezzevoli, or malinconici ed aspri,
ci dicono le dichiarazioni
il romanzo ben noto dell'amore
Cos,

un

poco

scambievoli,

mente

le

confessioni irresistibili

lunga-

dell'affetto

nudrito, le entusiastiche dipinture dell'oggetto amato,

delle sue fatali attrattive,

Poscia

le tristezze della

gli ostacoli

da esse

del fascino

esercitato.

separazione, lo strazio dell'assenza,

che l'interesse,

la gelosia,

cenza sollevano fra due cuori

l'invidia, la

amarsi

nati per

del ritorno, l'ebbrezza del possedimento ed,

le

maldigioie

infine, deso-

lante conclusione, le lagrime dell'abbandono o l'ironia dell'

Non mi naturalmente possibile


opportune citazioni le svariate scene di
dramma eternamente uguale ed eternamente

indifferente distacco.

illustrare

questo

con

nuovo, per dimostrare come

ne'

sardi la

canti

passione

prorompa spesso in accenti d'un'eloquenza viva e toccante


ma non voglio ritenermi dal citare ancora un viictu, dove
al contrario 1' egoismo cieco, feroce della passione dipinto con due tocchi da maestro (n. 144):
;

Si peset unu hentu


Chi sar funtanas sicchette.
Si peset imu bentu,

Mama

tua

s'

impicchete.

Si tue ses cuntentu!

[Traduzione:

ALimma

Si levi

tua s'impicchi

Anche
del pari che

un vento
Se tu

Che

le

fonti

ili*<iu-.-hi

sei contento.)

quest'augurio, cosi brutalmente schietto, esce


i

mutos. che ho sin qui

citati,

da bocche fem-

minili.

Ed

questa

79

un'altra

ragguardevole particolarit

cos il Bel<I mutos, a Nuoro almeno


sono per lo pi cantati da donne su cento
lorini
< di essi poco meno di una cinquantina, in media, sono
chiaramente l'espressione di un pensiero femminile per
quasi altrettanti si resta incerti ma nella maggior parte
dei casi ben si vede che devono essere anch'essi canti

dei canti sardi.

mentre solo otto o dieci sono decisamente


ed appunto fra questi otto o dieci, il mag gior numero di quelli che si possono sospettare d'ori gine non schiettamente popolare . E poco dopo: e Gli
uomini per lo pi disprezzano mutos. Essi preferiscono
le buttorinas (canzonette sguaiate quasi sempre e senza
donneschi,

< maschili

vero carattere), che

si

cantano

suono della chitarra

al

o dell'organino.... >. Fatto notabile questo

La poesia

sarda riproduce e rispecchia per siffatta maniera lo stadio


pi antico della lirica popolare amorosa presso

Come

ci

insegnano

cantavano

in

Francia sette secoli sono,

latine.
si

migo del

Portogallo,

di

infatti le

le

chansons de
le

nazioni

toile,

che

cantigas d'a-

ben poco pi recenti

il

canto

dell'amore soddisfatto o inappagato non risonava in quell'

mondo medievale se non in mezzo alle


monotone occupazioni domestiche o il fe-

infanzia del

donne, fra

le

stoso tripudio della danza.

Ma

possiamo noi accordare

Sardegna un' origine tanto

alla poesia

popolare della

ammettere cio che


del Logudoro, vi si udis-

vetusta,

mutos, raccolti oggi nelle vallate

non nella stessa forma, pure sotto vesti pressoch


fa, quando appunto in Francia ed
in Portogallo erano vive le canzoni quass rammentate?
Questo, che uno dei maggiori problemi che si affaccino

sero, se

identiche, settecent'anni

ai

raccoglitori delle poesie popolari,

naccioso anche
canti

ma

il

ai

Bellorini,

si

presentato

mi-

ed intelligenti editori

di questi

dopo avere rilevato come

certi ac-

diligenti

cenni sparsi qua e l nei viutos da

potrebbero giustificare,
chi

li

uditi e trascritti,

lui

apparenza almeno,

in

l'avviso di

stimasse molto antichi, esprime, non senza rafforzarlo

con argomenti

di

molto

rilievo,

che

sospetto

il

pi

la

parte di questi componimenti sia di origine recente; pur

non escludendo

la

probabilit che a formarli abbiano gio-

vato elementi abbastanza antichi, e fors'anche di prove-

nienza

dice

ed

straniera. L' architettura

parrebbero

invece di recente costruzione


assai ragionevole.

Se molti

materiali

buona parte

in

antichi

egli

V edificio

Quest'opinione mi sembra

molti

fra

canti

sardi

si

manifestano, non che moderni, addirittura contemporanei,


vi si contengono a fatti ed usanze
non vuol dire per che nulla di antico,
anzi di antichissimo, non rimanga in gran parte di essi.
Indubbiamente antico Io stampo, per dir cos, dentro
cui le contadinelle di Nuoro o del Logudoro gittano i
propri pensieri. Lo schema metrico del inuti ha strettis-

per

le

che

allusioni

del d d'oggi, ci

sime relazioni di parentela colle canzoni < a ripetizioni ,


che si leggono fra le poesie del re Dionigi di Portogallo, e

sono senza

dubbio imitazioni

canti

di

popolari

da noi data
del come i sardi torran su mutu, compongono il mutu,
avr richiamato certo alla memoria dei lettori una forma

preesistenti

di pi

artificiosissima di

succinta descrizione

la

componimento, passata dalla

provenzale nella nostra del trecento


a Dante, cara ancora

giamo alla lirica spagnuola


anche pi

farsi

stretti

di ci

del secolo

e notevoli

torrados da una parte, e

Ma

Petrarca.

al

Il

che oggi ancora


portano

nale le donne

rapporti

imitii,

per

fra

capo

iiiutas

dall'altra.

finirla,

potrebbe

a que' vasi di terra

in certi paesi dell'Italia

sul

gradita

poi noi ci vol-

decimoquinto vedremo
i

dunque non senza ragione paragonarsi


cotta,

se

romanfes glosados

anche troppo.

lirica d'arte

la sestina,

colle squisite

meridio-

movenze

delle canefore

Ognuno

greche.

pastato coll'argilla raccolta nel

scono

in

paese

prima

che,

quella

di

il

di

quei vasi stato

campo

vicino,

vasaio dalle cui mani uscito

rinchiuderlo nella fornace, lo

tinta verdastra, alla quale

pensiero

la

meravigliosa

patina

da secoli sotto terra o

le

tinte

de'

pittore

ricoperse di

bentosto

calore dar

il

gli indescrivibili riflessi, cangianti, opalini,


al

il

im-

cono-

tutti

che richiamano
bronzi

iridescenti di

nascosti

certi vetri

famosi, sparsi sulle coste mediterranee dai mercatanti fe-

Ma

nici.

ci

che

fa la bellezza del rustico

vaso all'occhio

non gi la materia n il colore, bens la


forma, quella forma che tradizionalmente esso conserva
immutata, che il vasaio d'oggi ha appresa dal padre, e
le dita agili ma
il padre dall'avo. Mentre corre la ruota,
dell' artista

incoscienti dell' umile

creta

una

artefice infondono cos nella docile

particella di quel

una gente ignota, per un


civilt tramontata.

con
le

istintivo

atavismo

cos

che fu

l'

ideale

del bello per

mondo scomparso,

per

una

forse avviene del muttc, in cui

la fanciulla

sarda dei d nostri piega

parole in fogge care gi alle sorelle remote.

^^plK?fp^^^ls?r^^^?^!t^ic?i^is^i^ii^SsM

ARGO NEL CASTELLO SFORZESCO

MILANO

DI

[-Rammento
^

sempre con piacere che altri forse tra i


avranno condiviso, un romanzo di quello

lettori

squisito cesellatore della prosa francese che fu l'autore di

Monsieiir,
si

Madame

chiamava, se

io

et Beb, Gustavo Droz. Il romanzo


non m'inganno, Le chteaii des tangs;

e meglio che l'uno o l'altro dei personaggi messi in scena


dall'esperto narratore, vi sosteneva la parte di protagonista

un ruinoso maniero, abbandonato dopo la rivoluzione, e


decaduto dal suo grado di residenza nobiliare a quello pi

Come

umile assai

di

venuta

mani d'un novello possessore,

alle

rustica

fattoria.

la

feudale bicocca,
dalla degrada-

zione presente risalga allo splendore antico, sicch, mentre

da un lato

le agili torri,

naie, tornano

a lanciare

decapitate e tramutate in piccio-

verso

il

cielo

dall'altro nelle sale, fuor dalla calce

facciano
delle

nuovamente

volte,

sulle pareti,

le

pinnacoli

snelli,

ond'erano grommate,

bella mostra di s le sottili nervature

scolpite

serraglie,

capitelli intagliati

liberate dall' intonaco secolare, riprendano a

vaghe pastorellerie del settecento tutto ci


non vogliamo ripetere qui. Legga chi ne fosse curioso il
Castello degli Stagni, e non si trover malcontento del
sorridere le

consiglio.

Una

meno romanzesca, ma

trasformazione non

tanto

penna leggiadra del novellatore francese s' divertito a descrivere, va ormai da


un pezzo compiendosi a Milano, nell'antica, solenne mole
di
la

Porta Giovia
severa

Bona

che

quella

pi grandiosa di

di

in

la

rocca maestosa,

quella

Savoja e

la graziosa

che

ospit

Beatrice d' Este,

ed accolse nelle sue sale, ossequenti alla maest temuta


del Moro, Leonardo da Vinci ed il Bramante, Gaspare
Visconti e Nicol da Correggio, il Bellincioni ed il Pfstoia.
Qui pure, grazie ad amorevoli, insistentissime cure, l' involucro informe, onde tante meraviglie d'arte s'erano venute
ricoprendo, a poco a poco scomparso

sconciamente ingombre

tramezzi e

di

sminuzzate in bugigattoli o allungate

non

trasformate in

riacquistate

le nobili

scuderie ed in

marmoree

di eleganti

immense,

in dormitori,

fetide

proporzioni primitive

cui sono state restituite le

a circondarsi

le sale

muraglie divisorie,

stalle,

quando
hanno

le bifore svelte,

colonnette, tornarono

modanature, nelle quali

il

rosso ac-

ceso della terra cotta bellamente e gaiamente contrasta col


grigio freddo della pietra

bacio del sole;

le porte,

loggie sono state riaperte

al

secoli murate, riconcessero

il

le

da

passo a gabinetti, scalette, nascondigli,


sospettava
cosi

l'esistenza....

di cui pi

Le ampie stanze hanno

nessuno

riacquistato

lentamente quel fascino misterioso, quel potere biz-

zarro di suggestione, che sogliono esercitare sempre su di


noi gli edifizi vetusti alle cui mura ondeggiano quasi appesi de' brandelli di storia

bronzi,

e nell'attesa che

quadri, le ceramiche trasformino

ogni

marmi,
d

pi

da giurar quasi che le


ombre degli antichi abitanti riedano con compiacenza a visitarli. Sicch non ci farebbe po' poi gran meraviglia, se
loro appartamenti in

d'improvviso

si

un museo,

c'

affacciasse alla grata del suo parlatorio

il

Aiii:o i:isiiiijk

riKi.

iKsnrw skiiiizksdn (affiesi:o dkl castello

di

milwci).

viso tjrave del Moro, e se dal fondo


scaletta

che guida

emergesse giovenilmente festosa


e de' velluti la figurina elegante

Ma

della

cupa e ripida

alle

sale superiori,

dal pian terreno


tra

fruscio delle sete

il

della

duchessa Beatrice.

vecchi muri, tentati con indefesso zelo da stu-

non cessano dal rivelarci altri segreti. Libere


una buona volta da quegli innumerevoli strati di calce,
onde erano state intonacate, pareti e volte riprendono a
far mostra delle pitture di cui andavano adorne. E qui
diosi pazienti,

riappaiono

sopra un fondo azzurrino

sforzeschi,

in cui la vipera

l'aquila imperiale,
le

colombe candide, impresa

duchi

di

Milano, spiegano

pure mille capricciosi

gli

immensi stemmi

Visconti

fraternizza con
Ducali; altrove su campo vermiglio
dei

prediletta

le ali

primo
fiammante

del

nell'aureo

nastri, intrecciati in

nodi

tra
;

op-

multifor-

trattengono prigioniere

pendule
non fa di s troppo gran
prova; semplici decorazioni, senza dubbio; pure il gusto
fine della Rinascita le impronta del suo conio e d loro
un'attrattiva singolare. Ma accanto ad esse v' ha anche
di meglio
e la composizione pittorica, recentemente scoperta, di cui ora intendiamo parlare, ne prova luminosa.
mi, strani,

inestricabili,

Sono

pitture le pi,

rose.

dove

l'arte

In una parete di

quell'

immensa

sala

terrena della

torre quadrata d'ovest, la quale fu ai tempi di Francesco

Sforza abitazione del castellano, ed a quelli del figliuolo

suo e del Moro diede invece ricetto

un'angusta porticina,

la

al

tesoro ducale, s'apre

quale conduce ad un camerino a

volta praticato proprio sotto la scala della Rocchetta.


sto camerino, chi lo direbbe oggi

!,

Que-

stato probabilmente

il

sancta sanctorum del castello

giaceva riposta

la

la

cella

segreta, in cui

porzione pi preziosa e pi gelosamente

Nella gran sala, secondo credibile, si rizzavano lungo le pareti gli armadi,
le credenze
destinate ad accogliere 1 vasi preziosi, gli
argenti, protetti dalle cortine che Leonardo aveva escocustodita delle ricchezze sforzesche.

gitate

dentro invece erano collocate quelle casse,

boccanti di ducati e di quarti,


nel

la

ri-

vista delle quali faceva

1492 esclamare alla graziosa Isabella Gonzaga:

.Dio

< volesse che nui che spendiamo voluntiere ne havessimo


< tanti

>.

Sopra questa

porticina, colla

quale

fa

un singolare

contrasto per la grandiosit sua, a significare appunto la


destinazione del locale cui schiudeva

regnante Galeazzo Maria

l'accesso,

Sforza (1466- 147 6),

fu, forse

colorita la

imponente composizione, che ora sulla scorta del MiillerWalde e del Beltrami ci accingiamo a descrivere.
I due piedritti della porta che non misura pi di ottanta centimetri di larghezza su due metri di altezza, of-

frono de' motivi ornamentali assai semplici, disposti geo-

metricamente
uccelletti,

il

vi si

alternano vasi di

fiori

con foglie ed

tutto dipinto a chiaroscuro sopra fondo rosso.

Coteste decorazioni servono quasi d'imposta a due grandi

mensole, larghe settanta centimetri, le quali costituiscono


sostegno della sovrastante composizione architettonica.
il
Nello spazio racchiuso tra

le

mensole, grande quanto

porta sottoposta, delineata una

su cui a caratteri azzurri spicca

finta
la

ADULTERINAE
ABITE

CLAVBS

lapide di

la

marmo

seguente iscrizione

Una
mensole,

marmorea molto pesante posa

trabeazione
profilandosi

in

risalto

due

alle

testate

l'architrave appare esile a chi lo guardi, perch

che

sovrasta stato

gli

sviluppato in

modo

il

sulle

ma

fregio

eccezionale

un grande medaglione che l'occupa


tutto quanto. Condotta a chiaroscuro, in guisa da simulare un bassorilievo di bronzo, questa medaglia rappresenta, ai nostri occhi, l' interno di un vasto edificio nel
cui sfondo s'erge un trono. Assiso sovra di esso, in atteggiamento maestoso, un grave personaggio presenzia
l'apertura di parecchi scrigni fatta da un servo curvo sul
dinanzi a destra un altro tiene una bilancia in atto di
verificare il peso dell'oro che il primo trae dai forzieri.
all'

intento d' inserirvi

sinistra alcuni

uomini seduti

assistono alla scena.


poi due targhe
zanti

gli uni

Nei due campi

accanto agli

altri

son dipinte

laterali

sostenute e circondate da nastri

svolaz-

esse non recano per impresa veruna.

questo punto termina

parte inferiore dell'affre-

la

mio avviso, mentre allude chiaramente


locale sottoposto serviva, non ha per

sco, la quale, a
l'

ufficio cui

il

al-

at-

tinenza col soggetto rappresentato nella superiore, che ora

passeremo a descrivere.
La sporgenza della trabeazione, che completata da
una cornice piuttosto esile, serve a sostenere due dadi
massicci, larghi quanto le mensole e fiancheggianti la figura centrale, sui quali si drizzano a loro volta delle lesene che, reggendo una novella trabeazione, compiono
cos

il

contorno architettonico. Questo pertanto viene nel

suo complesso a raffigurare una


l'adito

gura
tica

ad

la

un

lungo

corridoio

quale ne sta sul limitare,

fuga rincorrersi

le

onde

porta,
tant'
si

che

si

schiude

dietro

veggono

in

la

fi-

prospet-

travi del soffitto.

Alle fronti dei due dadi, che simulano le basi della


porta, sono appesi per

mezzo

di

bende, che reggono

si-

multaneamente

de' trofei di spade e di flauti,

glioni coloriti in guisa

da imitare

il

porfido.

due meda-

Ed

in essi

due episodi del mito d'Argo che gli artisti


l'agguato e
di tutti i tempi hanno preferito raffigurare
r uccisione. In quel di sinistra, difatti, noi scorgiamo Mercario ordire per comando di Giove l'insidia, cui ceder
il
troppo credulo custode d' Io il nume suona il flauto,
sono

ritratti

e,

vinto dalla dolcezza dell'armonia,

le

vigilanti sue

Argo cede

al

sopore:

una dopo l'altra si chiudono.


destra, che richiama assai davvicino

pupille

1'

Nel medaglione di
una pietra incisa, gi studiata dal Panofka, l'eccidio
Mercurio, ritto in piedi, stringendo nella
stato consumato
destra la spada, nella sinistra il caduceo, contempla l' incauto Panoptes, che si contorce, tronco mutilato, sul terreno. Ed alle due estremit della cornice, la quale serve
di base alla figura principale, sono poggiati due uccelli
que' pavoni ai quali Giunone, dolente per la misera fine
del suo pastore, f' dono degli occhi stellanti che n'ave;

vano adornate

Ed

le

membra

vigorose.

ora, per terminare la nostra descrizione, rivolgia-

principale. Priva pur troppo del capo,


oggi non dato vedere se non una picciola parte,
un po' di capigliatura su cui posa un avanzo di serto intessuto di penne di pavone, essa par che balzi fuori dalla

moci

alla figura

di cui

nicchia ov' collocata e s'avanzi verso lo spettatore, tanta

la vigoria

e la

cui disegnata

grandiosit,

la

potenza di

rilievo

con

ed eseguita.

soglia, in atteggiamento calmo


una mano appoggiata al parapetto, l'altra
sollevata in alto ad impugnare un grosso bastone foggiato a mo' di clava e cinto intorno da ferrei cerchietti,
le gambe incrociate cos che il peso del corpo gravita
per intero sulla destra, essa ingombra tutto l'adito al quale
si affaccia e ne vieta a chiunque l' ingresso. Le membra

Ritta in piedi sulla

ma

vigilante

1"

gigantesche, sono in

poderose, atletiche, anzi addirittura

parte soltanto coperte da un gran vello, una pelle di fiera


che, incrociata prima sulle spalle,

ferma

poi tenuta

alla

parte superiore del torso mediante un nodo formato colle

zampe

stesse della belva, ridotte a strisce

a larghe pieghe lungo

tergo

ricade a

del

coscie e parte delle

il

le

lombi e

ignude le
estremit delle quali sono

personaggio,

gambe,

discende

sottili,

fianco sinistro; cinge

lasciandone

protette da calzari pesanti di pelle a rigonfi e fenditure,

che presentano un carattere spiccatamente pastorale.

Or

chi costui che sta cos fieramente in atto d' in-

terdire a

l'accesso

tutti

Miiller-Walde,

il

a!

gazofilacio ducale?

dotto critico d'arte berlinese,

industriose e pazienti del quale noi

scoperta di

andiamo

Il

dottor

alle

cure

debitori della

mirabile pittura, non esita a designarlo:

Mercurio.
<

Mercurio

mandarci, quando

E
la

perch Mercurio?

viene fatto di do-

prima sorpresa, prodotta

in noi dal-

l'inaspettata rivelazione, svanita e subentra la riflessione.


In verit,

nella
si

ove

mano

si

tolga quel caduceo, malamente adattato

destra del personaggio; caduceo che,

quando

consideri con attenzione, non tarda a manifestarsi

una sovrapposizione

posteriore, perch

due

lo

come

serpi intrec-

ad una

canna, che
non era in origine lo scettro > tradizionale del nume
psicopompo, ma forse una pastorale siringa >
ove,
ripeto, si tolga il caduceo, nulla vi ha in cotesta colossale figura che richiami il tipo classico, consacrato dalle

furono

ciati

alla

meglio appoggiati

'

'

Koi non crediamo, del resto, che datino dal tempo in cui fu eseguita la pitle due cinnc (due, non una), di cui la pi lunga simula ora un ca-

tura ncppur

duceo.

rappresentazioni

familiari

all'antichit

non meno che al


Il figlio di Maia

Rinascimento, del messaggero di Giove.


sempre raffigurato sotto

persino

volta

Dioniso, la

effeminate

belt

sembianze

ha

affascinante,

qualche

giovanili,

la grazia e

bellezza di

la

d'Apollo

luculenta >,

non porta mai panni indosso, o, tutt'al pi,


una breve clamide che pende dall'omero
ha immancaagile, snello,

bilmente

le ali ai

cor esso alato.

piedi e la testa coperta dal petaso an-

Che

se

capo ignudo, due aluccie d'oro,

il

aureae pinnae gemini cogmtione soa'ae, come

spuntano sopra

lejo,

sue tempie di tra

le

Tale Mercurio
e tale
due medaglioni che fiancheggiano

lente.

pittura centrale.

una terza volta

il

perch

l'

Yspio-

riprodurre

guisa da

in

sempre riconosciuto quale

\>.-n:oX%l:)^

Hermes

i merma, ahim, talvolta anche coloro

dall'Eliade, ei protegge, vero,

negoziatori

che vogliono guad ignare senza far


trui

volendo

camuffato

tutelare del traffico, vero successore dell'

ed

canti ed

ci

Inoltre Mercurio stato

nume

Apu-

nell'affresco nostro la

artista,

dio, l'avrebb'egli

renderlo irriconoscibile

il

difatti

le dice

chiome opuappare nei

le

fatica

alle

spese al-

Certo m"tografo ben noto nella Rinascenza

lo dice

crudamente deus furtortiin. Quale bizzarra idea di


raccomandare al dio dei ladri e de' truffaldini la custodia

anzi

delle dovizie sforzesche

In realt, la figura della Sala del Tesoro non ha mai

rappresentato Mercurio. Essa ritrae non gi

r ucciso, non gi

il

figlio di

non Hermes bens Argo,

il

Giove

1'

ma quello

uccisore

ma

della Terra,

custode per eccellenza,

il

vi-

gilante Panoptes.

Se

noi

esaminiamo

l'iscrizione

che

il

Miiller-W.ilde

ha rinvenuta dipinta sopra due tavolette ai piedi della


gura centrale, cos come 1' ha riportata nel suo studio
QuoT Deus abstuler/\t
Tot Lumina Red... t Argo

fi:

Pervigil angui gerat


Sbrvet ut Arcis opes.

ed altri pure l'ha riprodotta, difficilmente ne ricaveremo


un senso soddisfacente. Ma se, dopo aver constatato che ci
troviamo di fronte ad un distico, di cui l'esametro scritto,
diviso in due emistichi, l'uno sottoposto all'altro, nella prima
tabella, ed il pentametro, parimenti scomposto, nella seconda;
la

suppliremo

lacuna

alla

ANGUI GERAT Sostituiremo anguiger.a,e,

bile

fuori limpidissimo

come

dell'uno leggendo,

metrica impone, reddidit e nel secondo

all' inintelligi-

senso uscir

il

QuoT Deus abstulerat tot lumina reddidit Argo.


Pervigil Anguigerae servet ut arcis opes.

dunque Argo, a

ha ridato

tolti,

cui

si

ai

deve

Anguigera

ecco

addice

al

la sala del
si

Quanto

stupiva in

adesso naturalissimo

si

il

ci

in

puer

rischiara

l'artista

Tesoro.
al

lume

Mercurio

di
ci

questa

sembra

Argo. La mole del corpo, inconben

luculentus > che Mercurio,

la pelle di belva,

fresco, quella del toro eh' egli

parecchi

Panoptes, rappresentato spesso nell'antichit

come gigante
tava sempre

aveva

glieli

che tutto

constatazione.

cepibile per

nume che

ingegnoso, ha rappresentato

distico

il

pure ignoto che affresc

Ed

il

perch se ne valga a tutelare

Argo, non Mercurio, che,


consigli impartitigli da quel letterato ignoto,

tesori della rocca

ossequente

cui Giove,

gli occhi,

addosso,

arcaici

secondo

onde s'ammanta nell'afaveva ucciso e che por-

bastone a cui s'appoggia,

la

ApoUodoro

che narra

monumenti confermano;

infine

clava ferrata,

il

emblema

gran
che.


assurdo per Mercurio,

Giunone

store di

conf mirabilmente a

si

e difatti

9:2

ogni antica

in

lui,

pa-

il

rappresenta-

zione che di lui

ci sia giunta ne appare munito. Sol


ha dato qui il pedum classico, il
stone ricurvo ma, inspirandosi ai costumi del tempo
preferi mettergli tra le mani il randello poderoso

l'artista

non

mandriani. Altrettanto far pi

tardi

che nella sua celebre Notte


neonato divino.

pastore
al

Pur troppo
sotto

ogni

tista

avesse

Argo

mancanza

la

rispetto,

ci

risoluto

il

fatto

il

s'

oggi

lieve

prodigiose
pi

della

sbizzarriti mitografi e poeti

non

gli si era

mune

attribuito

non

dei mortali,

per passare quindi

si

il

riverente

come

di

che un occhio

l'ar-

mostrare

ne

doti che

occhiuta

sicch,

de'

tanto deplorevole

sapere

di

problema non

prototipo

inchina

Sulla sua straordinaria facolt visiva s'erano,


sa,

basuo,

Correggio per

il

del capo,

vieta

nel possesso di quelle sue

avevano

che

gli

vigilanza.

come ognuno

mentre dapprima
di pi

della co-

tard ad assegnargliene quattro,

a cento, poi a

questi occhi, che da principio

si

dugento, a mille

dissero collocati nel capo,

man mano che crebbero, dovettero ben invadere altre


membra d'Argo, talch a poco a poco si fin per concludere che ne avesse dapertutto Ed allora ei fu davvero
!

il

PanopteSy

il

tutt'occhi > {pculiis totiis) di Plauto.

Codeste variazioni della leggenda dovevano natural-

mente

rispecchiarsi anche nelle manifestazioni grafiche

segui dunque gi nell'antichit che, mentre taluni

rappresentando Argo, o non

metterne

si

in rilievo le singolari

ne

artisti,

preoccupassero affatto di
prerogative o stessero pa-

altri invece,
ghi ad alludervi per via di simboli
prendendo alla lettera le asserzioni de' poeti, gli costellassero
d'occhi tutto il corpo, conseguendo cos de' risultati certo
bizzarri, ma assai poco estetici. Nel Rinascimento accadde
appunto lo stesso talch il Pinturicchio nei due meda;

BETTI BERNARDINO (PINTURICCHIO)

ARGO ADDORMENTATO DA MERCURIO.


(AFFRESCO NEI. VATICANO).

glioni dell'appartamento Borgia in Vaticano, che raffigu-

Argo addormentato ed

rano

ucciso, gli

cosperse coscien-

ziosamente d'occhi sbarrati ogni parte del corpo Artista


d'altra levatura e di gusto ben pi eletto che il Betti non
!

fosse,

colui

che dipinse

la

Sala

Tesoro

del

indietreggi

d'ingemmare di luccicanti pupille quel


aveva con s maschia vigoria modellato, e

dinanzi al pensiero
torso ch'egli

stette contento forse a

mettere in fronte ad

Argo

quat-

che Ovidio gli attribuisce; seppure, come io inclino a sospettare, non prefer ricorrere al comodo espediente de' simboli, e giudic pi che sufficiente a rendere
tro occhi

avvertito
al

il

sagace

s[)ettatore eh' ei

si

trovava di fronte

mitico custode d' Io, risorto per volont di Giove e de-

stinato a vigilare

pavone,

dell'

sforzeschi,

tesori

sui

in

< rei > occhi fulgenti,

allorch sotto

egli avevali chiusi per

sempre.

L'aver messo
esserci riusciti: ci
toria

avergli in luogo

capo un serto
uccello cio che aveva ereditati

d'una ghirlanda intrecciato

modestia

!)

chiaro

in
si

(e

noi

di
i

colpi di

crediamo

penne

di

suoi au-

Mercurio

proprio di

perdoni questo strappo alla obbliga-

che

la

figura dominante della bellissima

composizione dipinta sulla parete della Sala del Tesoro


Argo, non Mercurio, ha molto maggior importanza per lo
studio di cotest'opera d'arte di quanto a tutta prima

trebbe immaginare. Bisogna


sulla
il

infatti

tenere

ture sue intorno all'autore del dipinto ed al

esso stato eseguito.

il

po-

credenza d'aver dinanzi una raffigurazione di Mercurio,

Miiller-Walde ha fondato in grandissima parte

simo

si

presente che

ci

1493

racconta
si

le

conget-

tempo

in cui

Convinto
secondoch ei medeche Leonardo da Vinci, il quale circa

trovava a Milano, tutt'occupato ne' vari lavori

Moro

aveva dato l'incarico; avesse lasciato


non solo in Santa
Maria delle Grazie e nel Barco ducale, ma altres nel
Castello e soprattutto in questa Sala del Tesoro, che tra le
altre eccelleva per bellezza ed importanza, il dotto berlinese, abbattendosi a leggere in una pagina del cod. Atlantico, commista ad altri vocaboli che richiamar dovevano alla memoria dell'artista certi impegni suoi e taluni
oggetti di cui abbisognava, la parola merchurio > ebbe
ad esclamare: Allorch Leonardo scriveva cos, egli at tendeva forse a dipingere un Mercurio! > Sicch, quando
tutt' intento a ripulire con diligenza veramente degna di
ogni encomio l'affresco della Sala del Tesoro, di cui aveva
divinata l'esistenza, si trov dinanzi il distico malconcio

di cui

il

gli

traccia della sua meravigliosa operosit

nel

accennava ad Argo ed al dio che l'aveva


egli usc fuori in un nuovo eureka
e la
vedere le sue ipotesi avverarsi con tanto mira-

quale

si

tolto di vita,

gioia di

bile precisione, gli tolse


critica sul

modo

il

di portare nell'

circospezione che l'avrebbe certo in


dotto a non vedere nel

nardo, se non

il

merchurio

Argo

invigili,

tesoro ducale, cade ogni

il

ricordato da Leo-

>

come ben

argomento

buire al pennello vinciano la nostra

che

altra occasione con-

metallo cos nominato.

Ora, posto che


il

indagine

personaggio dal distico accennato quella fredda

MUer-Walde afferma

somiglianza d'attitudine tra

gli si

di fatto

Ben

pittura.

addice,

per

attri-

vero

grande rasd'Argo ed un mi-

altres esistere

la figura

nuscolo schizzo d'altro manoscritto leonardesco che ripro-

durrebbe
telea;

il

movimento

ma un

sorto test a

che

il

dirci

una nota statua prassigrande valore ed esperienza

tipico di

archeologo

che

di
la

movimento dell'Argo

rassomiglianza
di Castello

del Saurottono richiama l'attitudine

Dioniso.

illusoria e

meglio che quella

che a

dir tipica di

le caratteristiche pittoriche

dell'opera, che certamente parto d'

gno, non siano

nomi

vari

di

sottratto.

gli

sono

artisti

stati

sua quel-

alla tesi

abbiamo or ora
conoscitori pi esperti hanno

l'appoggio che noi


all'Argo

un fortissimo inge-

davvero da porgere

tali

Mller-Walde

l'edificio del

puntelli,

questi

Tolti

destinato a sfasciarsi, postoch

fatti

Dinanzi

ed
Mantegna, Bra-

fin qui esitato

mante, Bramantino, Bernardino de' Rossi (perfin costui!).


Ora questa discordia tra gli intelligenti di per s in-

che l'attribuzione vagheggiata

dizio fin troppo eloquente

dal Mller-Walde

non

fonda sovra cos salde

si

basi

poter sfidare gli attacchi di gagliardi oppositori.


noi sembrato assurdo,
Ma v' ha di pi.

sembra oggi, che, ove


1493 o
eseguire
tilarlo.

si

Ma

anni dopo

o cinque

chi

!,

fatto

indifferenza

quand' invece

escluda che l'allegorica

si

mano

p' necessit alcuna d'assegnarne

decennio del sec.

nevolmente che

XV.

di

rap-

Leonardo, non v'

l'esecuzione

all'ultimo

Si pu allora supporre molto ragio-

l'affresco sia

eseguito

stato

sala e l'attiguo camerino furono rivolti


i

l'aveva

condotto a mu-

fosse con tanta

presentazione sia uscita dalla

servare

e pi

eseguito nel

fosse stato

quel torno, e da un Leonardo, pochi anni ap-

in

quattro

presso,

l'affresco

da

tesori ducali, vale a dire sotto

all'
il

allorch la

ufficio di con-

governo

di

Ga

leazzo Maria Sforza (1466-1476); e che appunto quando,

un ventennio dopo

Lodovico il Moro volle dare


forma pi elegante, siasi sacrificata

all'incirca,

alla volta della sala

a codesti miglioramenti
se

la

bellissima figura.

Leonardo ebbe a che fare con

guastarlo

(pi

dipingerlo
tista

che abbia

adesso

si

Cos

meno

In tal caso

l'affresco fu forse

coscientemente),

non

gi

alquant'anni

prima

di

per

un

ar-

quanto

fin

l'autore di esso dovr ricercarsi in


fiorito

per

supponeva.
i

problemi,

come sempre

succede, sollevano altr

problemi.

Ma

la nostra

rimetter all'aperto

riconoscenza per

chi

ha saputo

mirabile opera d'arte durer sempre

qualunque sia la soluzione che la critica savia


competente (questa soltanto, ben s' intende !) proporr
delle questioni che si sono qui accennate con scarsa dotvivissima,
e

trina,

ma

con

inopportuna.

una larghezza che non

parr,

speriamo,

IL VIRGILIO

CRISTIANO

I.

poeta, sotto ogni rispetto

-*-

tanto alla santit di

altro mai,

oggi

che da un pezzo

di bel
gli

vano determinati a
logi, cui

di

facevan

con affetto
alla

altri

il

viso dell'armi e

l'ammirazione inalterabile

che

si

mostra-

di tre secoli, a dispetto

abituato,

ora

ricominciano a

e mentre pi d'uno riprende a studiare

maggiore del Cremonese


raccomandata la sua fama
rivolge ad esaminare gli scritti minori, i

la Cristiade, l'opera

quale va soprattutto

invece

piacque

lesinargli quell'entusiastico tributo d'e-

pochi avversari, l'aveva

farsegli dintorno

ed

impeccabile,

Leone decimo, papa artista se


nuovo sul candelliere. I critici,

si

celebratissimi Scacchi, la Poetica,

tenuta

in

tanta consi-

da avere trovato
nelle scuole onoratissimo luogo accanto alle famose d'Aristotele, d'Orazio. Nulla di meglio! Quella di M. G. Vida
cosiffatta individualit, la quale non pu che avvantaggiarsi di molto ad essere meglio conosciuta. Un esame
superficiale non basta in effetto (perch dovremmo nederazione per

il

corso di trecent'anni,

garlo?) a renderla

simpatica

chi

si

lasci

pigliare la

mano da

questa prima impressione, finisce inevitabilmente

per recare sull'artista un giudizio esagerato, anzi fallace;

Lefvre-Deumier informi per tutti. E la cosa si capisce


Al pari di molt 'altri insigni scrittori del tempo
suo, anzi pi d'ogn'altro forse, il Vida s' dato cura d'apparirci dignitosamente classico
e sotto il paludamento
il

assai bene.

Cicerone, ha

maestoso, tolto a prestito da Virgilio e da


dissimulato con tanta maestria
prie opinioni,

propri

s stesso,

affetti, tutto

in

pro-

le

una pa-

da sembrarci quasi sfornito d'ogni spontaneit e

rola,

vacit di pensiero.

propri sentimenti,

lido

uomo

ed

gelido scrittore,

il

^ esclamano

ed

molti;

vi-

pi ge-

il

eccoli

indispettiti,

passar oltre, attratti dalle personalit scapigliate, rumorose,


bizzarre, di cui

mano

il

secolo non ha scarsezza,

a s, da lontano, coll'ostentata

tanesca.

Ma

quando

al

Vida

ci

accosti

si

nimo pacato, disposto a gustare

li

chia-

d'un'origina-

sempre

pi apparente che reale, e pressoch

lit

le quali

pompa

ciarla-

invece con a-

l'aristocratica squisitezza

d'un'arte schiettamente umanistica,

il

poeta nobile,

sottile,

profondamente classico ed insieme fervidamente religioso


ch'egli fu,

si

rivela intero

suoi

ne'

vere dinanzi agli occhi nostri,

se

non

simpatia, sa conciliarsi una solida stima.


infatti

tra

il

torna a n\n-

scritti,

un'irresistibile

Qual differenza

canonico Lateranense del convento della Pace

e gli innumeri prelati < godenti > della corte

egli

pur visse per anni molti

condivise, certo a malincuore,

non dir

il

Bibbiena,

ma

daccanto, e
i

di cui

quali

ai

talvolta

profani sollazzi; traini

Giovanni Della Casa,

stesso! Costoro zoppicano tutti dal


tutti delle

Giulio

di

secondo, di Leone decimo, del settimo Clemente,

medesimo

il

e.

Bembo

piede,

hanno

debolezze da nascondere, de' peccati non

lievi

sono meglio cortigiani che sacerdoti,


e non esitano a costringere la facile Musa ad uffici ben
poco condecenti alla dignit di cui sono adornati. Ma il

da

farsi

perdonare

M. G. VIDA
(DA UN DIPINTO DEL TEMPO NELL'AMBROSIANA).

Vida rimane pur sempre


nero

onde

si

carlo,

tra

non

elegante

lo sfiora

ma

il

cigno

neppure, ed in mezzo

Cremona ed

dotto ecclesiastico; realizza

a Mantova, un

cio

sforzer di foggiarlo

si

alla dissipazione

cinica tanto della reggia medicea, rimane

quel ch'era stato a

quale

contemporanei suoi

che Giovenale predicava rarissimo; la corruzione,


trova per lungo tempo circondato, non che toc-

il

l'ideale

del

buono e

sacerdote,

Concilio di Trento,

quando

due Pii di poi, atterriti dalle


due Paoli dapprima, ed
minacce sempre pi gravi d'un irrimediabile crollo, met-

teranno risolutamente fine a

che

va per

quella

clericale

corruttela,

affermata da qualche storico modernissimo e che

s'

la

maggiore con soverchia sicurezza

frutto del

nato gentilesimo, mentre in fondo altro non che

il

ri-

mal-

sano ed estremo portato d'una condizione di cose, la quale,


in Italia almeno, risaliva al pi remoto medio evo. Ed
allorch,

pago d'un modesto cappello

vescovile,

il

poeta

acclamato della Cristiade, V Eneide nuova, come ne corrono


il

grido e la persuasione in tutta

l'Europa, lascia

Roma

per sempre, senza rincrescimenti, senza rimpianti, fuggendo


anzi,

sarei per dire, quella

cupida brama sollecitano,

ei

porpora che

gli altri

tutti

con

tramutasi bentosto nel pi affet-

E mentre dedica tutto s stesso


bene materiale e morale dell'umile gregge
commessogli, non trascura d'allora in poi occasione veruna di ricordare al pontefice, al concilio, ai principi, al
clero, a tutti insomma i cattolici, come all'eresia che dilaga, alla miscredenza che imperversa non si ponga freno
con sottili disputazioni teologiche ; solo efficace rimedio

tuoso e zelante de' pastori.


a procacciare

il

essere invece questo

tornino i vescovi a custodire le loro


vivendo sempre per esse, in mezzo ad esse,
provveggano che non siano rubate da ladri, divorate da
lupi. < Il vescovo d'Alba (scriveva egli nel 1546 al cardinale Gonzaga, che lo stimolava a ricondursi al concilio)

pecorelle,

e,

finhora non

si

geli et epistole

curato trovarse a disputare se gli evan-

de Paulo se possano

legere

in

lingua

overo secondo l'idioma di ciascuna provincia et


natione, et sta meglio in casa sua che in Trento senza
E perch lo scrittore si man proposito >. Parole d'oro
italiana

tenga pari

al

levita, colui

che ha cantato

il

mistico

dramma

non si piegher pi mai a trattare profani


argomenti; e quando cesser dal celebrare negli inni, grecamente sereni, i cittadini del cielo, si volger a dettare
le leggi, da cui un governo saggio dovrebbe trar norma
del Golgota

presso il vescovo
a conseguire la felicit de' soggetti
d'Alba Platone prende cos il luogo d'Omero.
E dunque, ci piace ripeterlo, per pi e pi ragioni
desiderabile che qualche studioso consacri la sua alacrit
:

a dettare intorno all'epico cristiano quella monografia in

ogni parte compiuta,


moltissimi.

Ma

la

quale

crediamo,

sta,

badino bene coloro

ne'

voti di

quali con tanto e cos

lodevole ardore vanno scorrendo attraverso ai campi della


nostra storia letteraria in traccia di

nuovi

argomenti da

svolgere, a misurare attentamente le loro forze, prima di

L'impresa tutt'altro che ageI' mi sobbarco


ed ove alcuno l'assumesse a cuor leggero finirebbe
per non dare alla luce se non uno de' soliti frettolosi e
manchevoli abbozzi i quali, mentre da una parte non fanno
gridare

vole,

che sfiorare

l'argomento,

dall'altra

quell'attrattiva che l'integrit


gli

per,

e la novit

privandolo

di

precipuamente

conferiscono, distolgono studiosi meglio provveduti di


e di dottrina dal mettervi mano. Or codesto

buon volere
caso per

perch

il

il

poeta

cremonese

s'

ripetuto

nostro avvertimento possa

perfluo od intempestivo.

venir

troppe

volte,

giudicato su-

II.

futuro illustratore del Vida

Il

dovrebb'adunque pre-

munirsi innanzi tutto contro l'errore tanto vulgato di considerare lo scrittore ch'egli imprende a studiare quasi in-

dipendente dall'uomo

come

se tornasse

l'altro

sono dal pi

opere vidiane,

al

quali,

meno

spesso accurati capitoli de'

o quello tra

caduti

mentre
libri

poemi del Nostro,

o in

non vada

tutto o in parte s'ignori. In questo difetto, ov'io


errato,

impa-

possibile

quando

rare a conoscere ben a fondo l'uno,

recenti critici delle

hanno dedicati lunghi


loro all'esame

di

sono poi sempre

si

questo
sbri-

gati della sua. biografia con quattro paginuzze buttate gi


alla lesta,

dove non saprei dire se prevalga

la

povert o

l'inesattezza delle notizie, negligentemente recate innanzi

Ma

quasi a compimento d'un obbligo increscioso.


si

se ci

capisce e fino ad un certo segno pu essere scusabile

che altro

in lavori speciali

fine

non

propongano da

si

quello in fuori, certo rilevantissimo, di far

oggetto

d'in-

dagini critico-estetiche l'opera del Vida, sarebbe invece a


giudicare intollerabile da parte di

chiunque presumesse

presentarci quasi in lucido specchio la geniale figura del


prelato lombardo nell'interezza sua
ai

posteri

sotto

molteplici

vescovo, di cittadino,

mino

ei

di

farlo rivivere dinanzi

d'uomo,

Che, lasciate finalmente

vadano a dormire, pasto

meritati sonni ne' pi polverosi

scaffali,

riche dell'Arisi e del Marcheselli, gli

due

Tadisi.

cetti,

in

si

nasconde

in

delle tignuole,
le

ciance

reto-

scipiti libercoli de'

panegirici del Bissolati, le

cui la sciatteria

d'amico, di

poeta. Altro e ben diverso cam-

dovr battere allora

disparte, perch

aspetti

memorie

sotto

il

del

Lan-

mantello,

assai bucato e logoro, a dir vero, d'una pretensiosa eru-


dizione; tutta

102

insomma, a

farla corta, la cosiddetta let-

< taratura dell'argomento >, roba abborracciata ed irranci-

dove pochi

dita,

dati di fatto

(sempre

quantit ragguardevolissima d'errori

trite

ad una

in

da noi va-

sgombro

terreno

Ed

innanzi

sforzer di ricostruire, senza perdersi in

vaghe e

da ogni rottame, innalzer


si

perch

stessi,

critico

il

gheggiato sovra basi pi solide e ferme,


tutto

gli

galleggiano frammisti

dalle stesse fonti derivati)

nuovo

il

edificio.

generalit intorno all'indole della

scimento,

il

titudini alla

cultura nel Rina-

mezzo nel quale il Vida sorto e le sue atpoesia primamente si manifestarono ei ci di;

pinger pertanto

condizioni intellettuali della citt lom-

le

lo ha veduto nascere
ce ne descriver la
modesta ed un po' rinchiusa in s stessa, dove le
tendenze umanistiche del morente Quattrocento si mescono ancora largamente a tradizioni medievali, dove gli
insegnanti sono pii al pari che eruditi, e mentre commentano Seneca ed illustrano in greco Aristotele, non disde-

barda che

societ

di curare la stampa de' libri filosofici del Petrarca.


Quale influsso hanno esercitato sull'ingegno, sull'animo
del Vida giovinetto uomini come il Lucari o il Petronio
o il Gaetani ? Assai grande, io penso, bench fin qui non
avvertito, e tale che non si cancell pi, ma lasci tracce

gnano

ancor oggi manifeste negli

scritti di lui,

e lo

spinse fin

da tempo molto antico forse, a vagheggiare il disegno,


che doveva in appresso con tanta felicit colorire, di dare
all'arte sua,

vaghezza

la

ma
dir

in

per contenenza cristiana,

fondo non amava.

dichiarato

il

la dignit e

ammirava

periodo, a cos

coloro coi quali gareggi

palestra e scambi
il

tutta
ch'egli

cremonese, della vita del Nostro, conosciuti uno ad


maestri che i condiscepoli e gli amici di

uno non meno


lui,

pagana

di quella poesia

giovinetto

primi epigrammi,

critico nostro s'affretter a farsegli

le

nella

letteraria

epistole prime,

compagno

nell'an-

data a Mantova, a mostrarcelo in quel nuovo

ambiente,

del patrio assai pi largo, pi dotto, pi facile, dove l'aura


della Rinascita

dove

ha spazzato via ogni tradizione invecchiata,


Vida in materia d'arte

gusti e le opinioni del

trasformano notabilmente. Mantova, se

non andiamo
ha gettato nell'animo del giovine
scrittore
germi di quella passeggera tenerezza per taluni
generi poetici, in cui il novello Virgilio (come chiamavano
in riva al Mincio quel loro carmelitano pomposo, lo Spagnoli aveva conseguita fama d'eccellente, le ecloghe, per
esempio non che la predilezione soverchia per il mitologico armamentario, onde singolari documenti (quantunque
l'assiduo lavoro di lima, cui volle in pi matura et assoggettarli l'Autore, n'abbia attenuate d molto le primigenie parvenze), rimangono pur sempre i Bachi da seta
si

errati cos giudicando,


i

e gli Scacchi.

Ma, un

ben pi grandioso teatro

altro e

dersi dinanzi al Nostro, di canonico

tato in Lateranense

sogno

di

tutti

gli

Roma,

ingegni

quella

eletti,

di S.

sta per schiu-

Marco tramu-

Roma, che

l'attira,

ed

ei

allora

cede

il

all'in-

ben deteraveva fin


allora sudato, a prendere definitivo commiato dalle Muse,
per rivolgersi a studi pi severi. Fermamente bramoso
com'egli di farsi largo nel mondo, di conquistare dicanto ch'essa esercita su di

lui,

e vi

si

minato per ad abbandonare l'arringo

gnit e ricchezze,

Vida

il

nella

citt

reca,

in

cui

eterna non intende

gi a divenire poeta, bensi teologo e giurista.

Mostrare come

le

fama, agi ed onori a

sue aspirazioni fossero deluse,

lui

come

dovesse procacciare per l'appunto

quella disciplina alla quale s'era

proposto

di

spalle, rintracciare le vestigia de' primi passi

voltare

che

il

le

Vida

ha mossi, smarrito tra la folla multiforme che verso il


15 IO popolava la capitale del mondo cristiano; ufficio
che

il

futuro illustratore del

Cremonese riconoscer certo

ma

assai arduo,

narrando

in pari

tempo

in

Roma dal

poeta

gli si

esso dur, com' ben noto, pi di vent'anni

opportuna occasione

offrir

nuova ed

inattesa

taluni

di

lati

lumeggiare

guisa forse

in

quadro cos ampio e

del

suo genere,

vario di quella societ cortigiana, unica nel

Lombardo

di cui

il

Come

costui a

l'ambiente

si

entr per necessit di cose a far parte.

poco a poco per

venisse

che aveva deliberato


sita diligenza
altri

giasse, per

di fuggire,

poemi gi

scritti

omaggio

poetici

rimaneggiasse con squinel

fervor giovanile ed

abboz-

la Poetica, la Felsinais,
al pontefice guerriero,

compiacere all'amico

Disfida di Barletta, e

altres

l'irresistibile influsso del-

riaccostando a quegli studi

ne imprendesse, dettasse

zasse la Giuliade in

la

Giacch,

attraente.

assai

lunghissimo soggiorno fatto

il

in

Baldassare

Castiglione,

omaggio alla moda

qualche amoroso madrigale

verseg-

cesellasse

come, ossequente

alla

saggia consuetudine sua, non s'affrettasse gi a far noti


i

propri lavori, bens a taluni

eletti

amici parzialmente

comunicasse, accrescendo cos a poco

poco

zione che gi era nata del suo ingegno; son


i

quali vorranno essere diligentemente chiariti

accuratezza di ricerche esiger

la storia,

tutti
;

punti

n minore

per ora parecchio

intricata, delle singole edizioni dei suoi libri,

che uscirono

quanti,
prima di quella, che tutti li comprese
nel
intende, aveva condotti fin allora a perfezione

in luce
s'

li

l'aspetta-

1527-

Ma

il

fatto che,

esistenza del

Vida

scrivere la Cristiade
ricordo,

ed

siccome ognun

da

Leone X di
sempre

invito, del quale egli far poi

forma da renderci
argomento di gloria o

in tal

pi volentieri

sa, decise dell'intera

fu l'invito venutogli

tivo di giustificazione e di scusa.

Il

incerti se

ne traesse

quella

vece mo-

in

favore

del pontefice

doveva cangiare interamente le condizioni del poeta


l'anno 1519 segna quindi una data altamente per

lui

---

['-^. :i

SAN BASSANO
LA PATRIA DEL VIDA.
:

(DA UN

DISEGNO A PENNA DI A. LANDRlANr).

memorabile. Sciolto dall'obbligo

di

convivere

nonici nel monastero di Santa Maria

coi conca-

della Pace,

donato

prebende e di case in citt, d'un delizioso asilo in


campagna, presso Frascati, tra quelle selve stesse, dove
aveva errato e meditato Cicerone, ecco il Vida consacrarsi
di

tutto al

nuovo

e gigantesco assunto,

corato o pi sbigottito dalla fama

non so

che

se pi rin-

dell'opera

corre

sua quand'essa a mala pena abbozzata, dalle lodi di chi


sentenzia,

senz'averne

un

letto

rigo,

Cristiade

la

cotal

libro,
i."iii

Ma

noi

par

nuUum

aetas pristina vidit opus.

usurperemmo

il

luogo del desiderato biografo,

se ci indugiassimo pi oltre a rappresentare

sorto nella composizione

del suo

poema

tra

Vida

il
i

as-

Tucammino.
colli

Proseguiamo dunque di buon passo il


nomina del poeta in Priore di
S. Silvestro al sacco di Roma forse non daranno grande
materia di racconto a chi dovr farsene l'espositore. Per
sculani.

Gli anni che corsero dalla

nella terribile catastrofe che involse la citt eterna e f'


vacillare dalle
si

fondamenta

l'edifizio

immane

della Chiesa,

vedr, non a torto, io credo, la cagione principale del

mutamento che poco dopo s'avverte nelle sorti del Vida.


In mezzo alla deliziosa solitudine della campagna Romana, tra quelle colline festanti di vendemmia, ch'egli si
piace celebrare,
siderio,

di

cui

il

il

poeta non cessa

tempo ravviva

ben pi modesto, eppur caro a


suo dolcissimo padre >

di

rievocare

Tintensit,
lui

come

con de-

un paesaggio

gi

a Virgilio,

pingue pianura padana, i


campi ubertosi dove sorge la casa paterna ed in mezzo ai
filari di pioppi e di gelsi serpeggia indolente il Serio cri:

la

Le ninfe Seriadi, ch'ei cant giovinetto, sebbene


da tant'anni neglette, gli tendono, non immemori, le candide braccia; ed il Vida che, grazie alla munifica protestallino.

zione di due pontefici amanti dei be' versi


sicurato ormai nella sua

patria

istessa

s' as-

latini,

godimento

il

di

prebende ragguardevoli, sente crescersi in cuore la brama


d'accogliere quell'invito. Dal Tevere torna dunque sul
Po; rivede dopo s lunga assenza il rustico suo San Bassano, si prostra sulla tomba di que' cari vecchi che in-

vano

lo sospirarono vicino al loro letto di

per cotal guisa

l'

incanto che a

Roma

morte

e,

rotto

Io stringeva,

s'af-

forza nel proposito di partirsene, di staccarsi una"^ buona


volta dalla Curia, torbida fucina d'incessanti maneggi, che

troppo bene ha imparata a conoscere. L'offerta ch'ei sta


per fare della Cristiade, finalmente compiuta, a papa Cle-

mente, segner

il

momento

sospirato della sua liberazione;

potr rompere allora, e per sempre,


servit che gli

si

legami dorati d'una

fatta incresciosa. Cos avviene in effetto.

Mentre papa Medici

si

delizia nel

poema

squisito del Cre-

monese, la chiesa d'Alba, passata nel giro di pochi mesi


per le mani di pi titolari, torna ad esser vacante il Vida
;

la chiede, l'ottiene

eccolo vescovo.... e libero.

III.

Gaetano Moroncini, autore d'un


gevole saggio sopra

penna

l'asserto

che

assai

la Cristiade. s' lasciato


la vita di

recente e pre-

sfuggire dalla

Gerolamo Vida, dopo

l'e-

vescovado d'Alba, < pass semplice e riti< rata, salvo alcuni inopinati avvenimenti che vennero a
visitarlo >; e poich cotesti avvenimenti sono ridotti

lezion sua al

dallo scrittore a tre soli, e di assai

tenue

importanza, a

giudicare dalle parole ch'egli usa a descriverli,

si

dovrebbe

concludere che dal 1533 al 156 l'esistenza del poeta non


offra pi nulla da raccontare a chi vorr assumerne la

briga.

Non crediamo per che

questo, per

personaggio s'affretter a condividere

ora ipotetico,

siffatta opinione, la

quale, a giudizio nostro, interamente dal vero disforme.

Ben pu

darsi

che

placida vecchiezza

Vida abbia sognato

il

sua

divenuta

nell'umile cittadina,

ma

sede

raggiungere

di

episcopale,

una

se tal sogno ei sogn, un brutto

risveglio l'attendeva.

S'era egli infatti da

suo vescovado, quando


dalla scena del

mondo

la

un anno appena insediato nel


scomparsa di Francesco Sforza
condizione nuova

crea quella

ma

non inattesa di cose, per cui Francia e Spagna sorgono


armate a disputarsi l'egemonia della penisola sventurata.
Piemonte e Monferrato, quest'ultimo oggetto per soprassello di secolari contese tra due minori potenze nazionali,
non tardano pur troppo a tramutarsi nel campo chiuso
dove le formidabili rivali scendono fatalmente a cozzare:
cosi durante un ventennio (1536-1553) all'incirca, i principi di Savoia ed
Gonzaga, travolti nel turbine di quegli
odi ch'essi stessi hanno cooperato ad acuire, veggono le
loro citt espugnate e saccheggiate or dall'una or dall'altra delle due fazioni
le loro rocche con alterna vicenda
i

smantellate e munite,

loro campi, deserti d'abitatori, tra-

sformati in aride lande e desolate brughiere.

destino soggiace naturalmente

segno

alle

opposte brame

di

Alba

crudele

stessa, la quale, fatta

Francesi

Spagnuoli,

ora

sorpresa dai primi ora riconquistata dai secondi, presenta


al

suo pastore una dimora malsicura, dove

rono tra continue paure,


fierissimi.

dolorose

Resiste per alcuni anni,

privazioni

dacch

giorni score

travagli

un simulacro

il modo,
a tante avversit il vema, costretto alla fine dall'inesorabile necessit che l'incalza, a separarsi dal suo gregge disperso,
volge
passi come all'unico, sicuro asilo che gli rimanga,
verso la citt natale. Neppur questa andata immune,

di

pace gliene presenta

scovo d'Alba

no davvero, dalle calamit che straziano tutta quanta la


ma per lo meno orde briache non minacciano

Lombardia

ogni giorno di darvi di

piglio

degli abitanti. Cos circa

il

nel

1542

ei

sangue

nell'avere

un

ridiventa,

po' per

amore un po' per forza, cremonese.


Quanto diversa per, or ch'ei torna a soggiornarvi
stabilmente, gli parr la patria sua da quella d'un tempo!
In sei lustri tutto o quasi tutto intorno a

lui

ha mutato

La morte, naturalmente,

aspetto e sembianza.

affret-

s'

tata a fare profondi vuoti nelle file de' suoi amici

coloro

che del giovinetto promettente erano stati maestri, proconsiglieri, sono tutti scomparsi, e de' coetanei pure

tettori,

quanta parte

li

ha

seguiti gi nel sepolcro

non conserva quasi


zesca.

Le guerre

Ma

non meno

Cremona spagnuola
pi veruna traccia della Cremona sfor-

degli uomini sono cangiati

violente,

costumi, e

ch'hanno accompagnato

La

sione straniera, ne sono state la causa.

l'inva-

popolosa,

citt

industre, cui l'Eridano, scorrente appi delle mura, schiu-

commercio, ha veduto nel giro

deva larga via

di

anni atterrati

suoi popolosi

industrie, interrotti
la

fame,

in

mezzo

le

suoi

traffici,

malattie gli abitatori.

pochi

scemati per

la

La giovent,

povert,
cresciuta

agli strepiti guerreschi, s' allontanata dalla mer-

catura per attendere

alle armi,

ed

soldati

stanno gi acquistandosi, combattendo


l delle

di

distrutte le sue

sobborghi,

montagne, quella fama

di

al

di strenui

cremonesi

qua ed

al di

campioni, della

quale s'era gi fatto banditore un vulgato proverbio, e


che pi tardi suggeller con alto elogio l'autore della Pietra
del paragone politico, Traiano Boccalini. Cionondimeno

non rumor d'armi in Cremona la fiamma, destata


moto del Rinascimento, vi manda
ancora guizzi vivaci. Se
letterati del vecchio stampo, il
tutto

negli ingegni dal fecondo

Petronio,

il

Fossa,

Concoreggio, sono

il

Gaetani,

tutti

il

spariti,

Lucari,
se

il

il

Bordigallo,

Fondulo vive

il

in

CHIKS\

1)1

S.

MAKGHKUn A

IX i:ilK,MnNA.

(Fot. Retri e Calzolari).


Francia,

Lampridio

il

in

109

Padova,

Feliciano

il

Pavia,

in

pur qui rimangono il Cretti, il Botta, il Guindani, l'Oldoini


ed altri sono sorti che promettono di onorare la
patria, M. P, Tartesio, E. G. Grotti, lo Zava, il Gavitelli,
;

il

Fra

Balletti....

sione di lettere,
gli

patrizi, che,

sono

studiosi, se

assenti

continuano a dimorare nelle


Schinchinelli,

pur non

Spedano,

lo

case

avite

Trecchi, gli Stanga.

discipline letterarie e filosofiche, la

digena

mantiene vigorosa nelle

si

Beccaccino,
il

nobile

il

Ed

gli studi

Gallarati,

Sfondrati,

lo

gli

al

pari che nelle

nobile

tradizione inse

arti belle:

il

soave

pi corretto e vigoroso Altobello Mellone,

Bembo, l'ingenuo Aleni sono

vivono per

facendo profes-

amano ed incoraggiano per

loro

alunni,

tre figli

leazzo Campi, Giulio, Antonio,

tutti

Vincenzo;

scomparsi,

Gamaggiore di

semplice

del

e,

un altro Campi, Bernardino; opera ancora inad onta degli anni, il Gatti; alza grido di s

tutti e tre,

faticabile,

una pittrice giovinetta: Sofonisba Anguissola.... Cos il


Vida agevolmente riesce a raccogliersi dintorno un manipolo eletto, che venera in lui la pi alta gloria cittadina, nel quale ai vecchi amici

si

mescono

quando, dopo aver adempito


recandosi ben due volte

al

al

nuovi

debito

e la

contentezza,

d'onesta

vita torna a parergli promettitrice

suo

di

vescovo,

Concilio di Trento, ritorna ad

abitare in quel suo placido priorato di Santa Margherita,

poveri che
chiama a condividere

dove, dopo avere generosamente alimentati


s'affollano supplichevoli alla porta,
il

pasto frugale Giulio Campi, che sta ricoprendo di mi-

rabili affreschi la

di

chiesuola ricostrutta con classica purit

disegno dalle fondamenta; oppur scende

terrene a visitarvi Giovanni


i

Muzio

nelle stanze

e Bernardino Locheta,

quali s'affaccendano co' garzoni intorno ai torchi

Vuole

infatti

uscita nel

il

poeta che in quelle case stesse,

1535 alla luce pe'

tipi di

loro.

ond'era

Lodovico Britannico

stampa prima

la

della

Cristiade,

ponga mano,

si

lui

pre-

ne
congiungere all'epopea gi
immortale del Cristo quant' altra parte della sua opera
seconda,

sente, all'impressione della

quell'edizione

varielur, in cui egli intende

poetica gli par degna d'affrontare, amorosamente riveduta,


il

giudizio formidabile della posterit.

IV.

Pervenuto a questo periodo della


periodo che segna un risveglio
attivit

come

da

letteraria,

vita del

occupazioni

gravi

Cremonese;

notevolissimo

della

private intiepidita, se non spenta, negli anni

seguirono l'assunzione

sede d'Alba;

di lui alla

potr agevolmente dispogliare

la

veste dello

sua

pubbliche

cos

il

quali

biografo

storico per

allacciarsi la giornea del critico. L'edizione definitiva de'

Poematd omnia, data


gli offrir in effetto
gli

modo

appariranno opportune,

vidiani

ed

pubblico nel novembre del 1550,

in
il

cos

sacri

indiretti, ai loro

classica,

dell'et

come

profani;

rapporti

quante indagini

d'istituire

intorno

con

all'

indole

loro

ai

altre

de'

fonti

poemi
diretti

opere congeneri

magari con talune del medio

e del rinascimento; ai loro pregi ed

ai

loro

evo

difetti d'in-

venzione, di condotta, di forma. Parte rilevantissima del

suo libro sar questa per fermo, che


far manifeste

nuove e lodevoli

ed a dichiarare insieme
dottrina

Nostro,

si

Ma

se,

la

gli

aprir la via a

attitudini dal suo

ingegno

variet e l'ampiezza della sua

trattando della contenenza de' poemi del

vedr talvolta

costretto a ricalcare le vestigia

non avr, crediamo, verun motivo di dolersi d'essere stato preceduto, quando s'accinger ad esaminare di
proposito la forma. Pur sapendo d'aver a che fare con
altrui;


un poeta,

quale

il

pari del

al

Leop^irdi, fu solito dare

tezza dello

Ili

della lingua,

stile,

dell'Ariosto, del

Petrarca,

somma

importanza

della

castiga-

alla

pi d'un caso non esit a sagrificare la spontaneit

ganza, la semplicit

all'artificio,

ed

estetici intorno alla Cristiade

hanno a mala pena

libri

del Nostro,

sfiorata questa materia che

vece dovuto sviscerare.

in quella

minori

Il

avrebbero

confronto accurato,

minuzioso delle prime stampe e per taluni di questi

comodit

lievo con acconci esempli le pi sottili e

che

ficazioni

libri,

1550, dar al cri-

de' manoscritti altres, coll'edizione del


tico nostro ogni pi desiderabile

in

all'ele-

saggi critico-

gli autori di
ai

ed

versificazione,

di

porre in

ri-

modi-

squisite

l'autore, tutt'assorto in quell'opera di corre-

zione cui egli, vagheggiatore assiduo d'una perfezione dif-

a conseguire, attendeva senza posa, introdusse

ficilissima

nella veste d'ogni opera

propria.

lavoro d'analisi, che richiede

in chi

particolare cognizione di lingua

da cotesto minuto
voglia

tentarlo

prosodia

latina,

una
ei si

trover condotto a portare senza fatica e senza titubanza

un sintetico giudizio e ci dir finalmente se il titolo di Virgilio cristiano, attribuito al Cremonese dall'appassionata ammirazione d'un secolo ch'aveva innalzata l'imitazione de' classici a supremo canone
artistico, debba sulla bocca dei nepoti suonare come un
elogio o come una condanna per il vescovo d'Alba e per
sull'opera vidiana

l'arte sua.

Dalle opere poetiche potr egli poi con tutta facilit

passare a discorrere delle prosaiche.


il

Il

momento

Vida, stimando giunta l'ora di raccogliere

mano

all'assetto definitivo de' suoi poemi,

o quasi

che

in

mona ed
diverso

di

cui

oggi

di lui
i

escono
si

al

il

pone
medesimo

pubblico le sole scritture

conoscano

le orazioni in

nel quale

le sarte,

in

favor

di

prosa
Cre-

dialoghi de reipublicae dignitatc. Nulla di pi


cotesti

due

lavori;

meditato questo a lungo e

pacatamente dettato, scritto quello di getto ed a precipizio corretto ed impresso, all' intento d'offrire ai concittadini dell'autore un'arma che assicurasse loro la vittoria
nella bizzarra controversia di preminenza in cui s'erano
impigliati colla vicina Pavia. Ciceroniane entrambe per

non men che per

l'orditura

la forma, le

spirano per a modelli opposti

che

due

nell'una

scritture
il

s'i-

Vida

s'

impetuoso e violento che scaglia


contro Verre e contro Antonio le folgori del suo splendido
corruccio nell'altra, al filosofo ecclettico che discute tranquillo sotto le gelide balze del monte Compatri intorno
fatto discepolo all'oratore

al

all'uomo. Tra le due, le nuove Filippiche


Tusculane novelle, un confronto non possibile se
fosse, noi daremmo per la palma alle invettive, piene
brio, di vivacit, meravigliosa addirittura in un vecchio,

mondo ed

e le
il

di

d'amor

di patria, di curiosa

che tale non

il

erudizione storica. Sappiamo

giudizio corrente

pi, dal secolo

XVI

hanno sempre detto un mondo di male di queste


povere orazioni, ed il maggior accanimento (per. tacere

in poi,

de' Pavesi, giudici troppo parziali, che s'intende

spiegato da coloro che forse non

sogna,

come

Vida con

naturale, giudicare

moderni, n

criteri

retorica la quale tra

il

era pi che scusabile,

il

libro

deplorare,

poeta della Cristiade abbia avvilita

la

stato

Non

polemico

bi-

del

sfoggiando una

cinquantanove

ed il
oggi puzza di

quarantotto

ma

!)

videro mai.

le

stantio,

sua

che

il

penna, rinfo-

colando l'odio tra citt sorelle, curve sotto un giogo co-

mune. Prendendole per quel che sono, un singolare documento cio de' pregiudizi a cui si piegavano sottomessi
nella seconda met del secolo XVI principi e popoli in
Italia e fuori d'Italia, esse

conoscere
spetto, e

la vita

tornano molto

nazionale del

tempo

permettono d'assegnare

primi seggi tra

utili

sotto

al loro

a chi voglia

ogni suo

autore uno

a-

de'

prosatori latini del Cinquecento. Uguali

^f .^^.a
^

'm
rh*-'-

'il-Hl

per quanto spetta allo

lodi,

De

meritano

stile,

saccetti di Trento, impressi a

dal Nostro

reipublicae dignitate, ideati

due dialoghi
negli ozi di-

Cremona, correndo

il

1556,

pe' tipi di quel solertissimo tra gli stampatori nostri che

fu Vincenzo Conti. Certo in cotest'ultimo

scovo d'Alba

alla sobria

lavoro del ve-

eleganza del linguaggio non va

pari la vigoria e l'originalit del pensiero

mostrarne meraviglia

Quando

anche nelle poderose mani di Tiziano e


tremano i pennelli, ed il quadro ultimo,
grandi diedero opera,

men

ma

chi vorr

la decrepitezza s'avvicina,

di

Franz Hals

cui

gli

busto nel colorito, ne rivela

posteri

ai

artisti

men

corretto nel disegno,

l'irreparabile

ro-

de-

cadenza....

V.

Ove

si

passino dunque sotto silenziose Constitutiones

synodales. che in servigio della sua Chiesa accuratamente

compil e mand alle stampe nella citt natale correndo il


1562; opera nel genere suo rilevantissima e memorabile do-

cumento
zione

cennio

della pastorale solerzia di chi la condusse a perfe-

noi
di

possiamo affermare che,


sua

27 settembre

vita, la

1566,

teraria palestra,

quale

durante l'ultimo de-

chiuse, siccome noto,

si

M. G. Vida non

dove aveva con tanta

combattuto. Giunto ormai all'estremo


chiaia, poich
l'intelletto,

alle

membra,

forza,

gli

l'inizio,

deva con

la

aveva sempre
restaurazione

inflessibile

fermezza

di

sudato e

ancora

quella

offusca

gli

reca soverchi

dedica tutto quanto

ei

d'energia all'effettuazione

presa, della quale

vocato

gloria

confine della vec-

grave fardello degli anni n

il

vivace sempre,

il

scese pi nella let-

impacci

possiede di

grande

coi voti affrettato

intra-

ed

in-

della Chiesa, cui ora ve-

adoperarsi

pontefici quali

cardinali come il Borromeo, vescovi


Bonomi, l'Ormanetto. Non sar quindi sgradito

Pio IV e Pio V,

come

il

spettacolo quello che

quando

occhi,

il

biografo

dar cura di

si

voce del dovere fa

cui la severa

dispiegher

ci

sotto gli

buon vecchio,
abbandonare non senza

ritrarre

il

rincrescimento le tranquille rive del Serio per quelle della


Cherasca, tutt 'intento a ricondurre l'innocenza del costume
e l'amore per la dottrina nel suo

riverenza, cos scossa, verso


l'affetto

verso

lezione per
fine quella,

clero

popolo

nel

divini misteri,

la

l'ossequio e

ministri del culto, l'antica ingenua predi-

cerimonie pompose delle feste solenni, in-

le

a dir

cos,

domestica tenerezza verso

la casa di Dio, aperta a tutti,

che aveva

la

Chiesa,

suolo

sull'italico

una s meravigliosa fioritura di monumenti.


E poich a raggiungere l'agognata meta gli fa ostacolo
l'opera nefanda de' seminatori di scismi, non peranco do-

fatto sbocciare

mati, cos egli

si

dimostra inesorabile

bench vecchio e stanco, riacquista


et per colpire

settari,

per

nel

perseguitarla;

tutta la fermezza d'altra

punirli,

per consegnarli, ove

fiamme espiatrici del rogo.


non abbandoniamo l'uomo, che, francheggiato

occorra, alle

Ma

dalla serena onest dell'animo e dalla nobilt dell'ingegno,

seppe attraversare immacolato un

degno

della

secolo intero, e parer

porpora ad un Pio V, dopo

esserne

giudicato meritevole da un Clemente "VII; allorch

volge

(triste

il

s'av-

necessit di tristissimi tempi!) nella tonaca a

noi odiosa dell'Inquisitore.


sciarlo,

stato

e:

Meglio rievocare, prima

ricordo di quel giorno

tutta festante,

si

rivers nella sua

del

1566,

in cui

di la-

Alba,

cattedrale, riccamente

adorna di drappi d'oro, a contemplare collocata sull'altare


maggiore una gran tela ov'era raffigurato il martirio del
patrono suo, San Lorenzo. Per conseguire dell'artista eccellente, cui l'aveva commesso, quel quadro, il Vida non

aveva

esitato nell'estate,

due mesi prima

di

morire, a re-

GIULIO CAMPI

MARTIRIO

DI

S.

LORENZO.

(PALA D'ALTARE NELLA CATTEDRALE D"ALB\).

la vita

Cremona, perch la presenza sua ottenesse l'efnon valevano a conseguire. E forse


gli venne meno prima che l'opera egregia di Giulio

Campi

brillasse finalmente in tutta la sua seducente fre-

carsi a

fetto cui le Iettare

schezza nel luogo ch'ei

le

aveva destinato
n a lui fu
letizia dalla bocca degli am;

dato raccogliere con onesta


miranti spettatori
cittadino.

scare la
alla

le

lodi

memoria

Chiesa che

si

suo valoroso con-

indirizzate al

Giova e piace per

in

ogni

modo

a noi rinfre-

di quest'ultimo beneficio recato dal

gloria ancora d'averlo

pastore, perch manifestazione toccante

avuto

Vida

padre e

insieme e novis-

sima del culto ond'ei prosegu sempre la nobile arte della


Rinascenza; quell'arte che. sorta, potremmo ben dire,
quand'egli stesso nasceva, dopo averne allietato col sublime sorriso

la

diuturna e faticosa carriera, s'apprestava

a scendere ancor essa


accoglierlo....

nella

tomba che

s'era

aperta ad

M M J ^ ss J I ^ SJJf 5^ S^

PENELOPE

\^ ESSUNO

ricorra col pensiero alla casta regina, che

per tanti anni

nell'attesa dell'errante marito, tess

nella petrosa isoletta la sua fantastica tela.


tratta, bens di

una singolare figura

destinata da secoli

rappresentare

virt coniugale, null'altro

Perch

ebbe mai

la bellissima figliuola di

di

Non

di lei si

donna che con

di

il

comune che

Giorgio

lei,

prototipo d' ogni

Pitt,

il

nome.

divenuta a se-

anni la viscontessa Ligonier, una delle pi eleganti ed


ammirate dame di Londra nel 1771, si chiamava Penelope e non Elena ? Il destino, tanto bizzarro talvolta da
dici

parere un' ironia, volle cos


trasse con

uno

come

volle che ella

dei nostri pi originali poeti,

s'

incon-

l'Alfieri

che da questo incontro la sua vita uscisse spezzata, il suo


nome macchiato ed i suoi casi divenissero la favola di
tutta Inghilterra.

amorose che sconvolsero la giovinezza


tutte anzi, brevi, tempestose e
punto platoniche, niuna si sviluppa pi rapidamente ed

Fra

le passioni

dell'Alfieri, quasi tutte,

troncata in guisa pi

violenta

di

quella

suscitata in lui

mal guarito di
non appena la conobbe,
e siccome la balda sua

dalla bella Penelope. Capitato a Londra,

un amore olandese, nel


se

ne

invagh

771, egli,

perdutamente

giovinezza (aveva ventidue


carattere,

dacia ed

l'

il

anni),

ingegno per quanto

l'ardore eccessivo del

incolto,

vivissimo,

l'au-

disprezzo con cui incontrava ogni pericolo,

e,

non mediocri ricchezze, dovevano


facilmente far breccia nel cuore di una donna sensibile
(troppo sensibile, anzi), cos ella non resistette pi del
necessario. Si amarono, e l'avventura sarebbe riuscita delle
per dir tutto, anche

le

pi comuni, se a questo

non

si

restrinse, e le

si

fosse

Ma

ristretta.

a questo

conseguenze sue furono ben diverse

Un intrigo amoroso, che in poche settimane


pone l'eroe prima nel rischio di fiaccarsi il collo, cadendo
da cavallo, poi lo implica in un duello che poteva riuscirgli, e poco manc noi fosse, fatale, indi in un processo
di divorzio colla probabilit di dovere sposare una donna di
quelle che non si possono sposare, e di vedersi in forza di
legge alleggerita la borsa d'una somma ragguardevolissima
tutto questo , crederei, pi che sufficiente a rendere picdalle consuete.

cante un'avventura; e
sua

Vita, confessa che,

l'Alfieri difatti,

ripensando a que'

gelo del suo nono lustro,


glia

si

descrivendola nella
casi,

pur nel primo

sentiva rabbrividire. Chi vo-

conoscere nei suoi particolari pi minuti

questa cu-

riosa e scandalosa storia d'amore, legga pertanto la

'i/ti

e gli estratti che del processo intentato agli amanti pubblic nel

quella

primo trentennio del secolo scorso il compilatore di


J^rs Jihoncs
raccolta che si intitola

aneddotica

par

Aiglais; mi Procs

cu,

Banc du Rai

la

Cmir

(si

aggiunge) pour les gens du

et

< vrage piquant

adultrr jiigcs

frclr'siasfiqnr

Ir J'arlciiKut. le

d\ Viigliiirrc, oumonde >

non intendo qui se non di raccogliere intorno ad essa


qualche notizia poco o punto conosciuta.
Quattr'anni dopo, quando l'Alfieri aveva incominciato
io

J^l

del suo carattere


con quella sua ferrea volont

ardente e ad ap-

a frenare gli impeti


plicarsi

rimarginata affatto l'amorosa

quanto sembra,

egli

ferita,

avventura

agli studi letterari,

non vide

pi,

che un fatto
talch parvegli poterne cavar argomento
nell'

londinese

degno di riso,
di una novella giocosa che, dopo essere stata da lui verseggiata per intiero e dopo un tardo tentativo (17S5) di
riduzione dalla forma libera in ottave, rimase inedita e
dimenticata fra le sue carte. Come componimento letterario questa novella non ha certo molti pregi
in compenso per essa pu dirsi il primo tentativo poetico del;

l'Alfieri di

importanza

qualche

corretto e leggibile

di

pi uno dei pochissimi suoi scritti giocosi. In quanto alla

che l'autore per rivestire


ha profondamente alterati

sostanza, convien confessare


fatti d'

una forma burlesca,

laonde quello che dalla

li

'ita

risulta essere stato

un amore

ardente, serio, fortissimo, non strappato dal cuore del poeta

senza uno schianto doloroso,

vece quasi un capriccio


l'unica

morale che dal racconto

l'autore,

questa

novella

dalla

libertino,
si

apparisce

senza conseguenze,

deve dedurre

in-

secondo

Impazienti piacciavi
Sol di mostrarvi, o giovani,

(Quando recata avretevi

La vostra diva amabile

Con nodo
Infra

Ma

le

indissolubile

braccia vostre.

nel venir

D'un

sol

non precedete

momento, che

fatai

Ksser la troppa diligenza,

Lo

quindi

caratteri
in

fu

pur tropp)

della

bella

al

l'ora

potriavi

come

cavaliere mio.

e dell'amante

guisa da rispondere a codesto

sono delineati
intendimento

di

La vaga

satira scherzosa.

civetta

inglese

non

che

un'astuta

KUa che di virt gi seppe


E gli attributi un di,

nome

il

che forse la vide ancor dipinta

Da

greca industre mano,

Sapea

Che

modo comporre

s stessa in tal

parea scesa dal ciclo.

la virt

L'amante, mal pratico del mondo,

un vero

credulo, ingenuo,

collegiale,

vergognoso Iacea: caldi sospiri

tutto di ghiaccio

quel cor ch'ei cred

Inviava frequente,

in faccia a

contadinescamente

lei

Cangiava aspetto

or di rossor la front'

Involontariamente

si

tingea,

Ed

or, ristretto al core.

Gli

si

agghiacciava

il

sangue,

E di color di morte si pingea.


Or che far r Stolto, potria mill'anni
Starsene accanto alla sua casta diva.

Che.

I\Ia

se ella

la bella,
(ili

lasciassero

non

meno

l'intende, ei

supporre,

si

spiega.

crudele di quel che

severi e

atti

non

dispettosi

incoraggia

il

modi

timido

quale finalmente giunge all'acquisto della

adoratore,

felicit sua.

il

dop-

piamente beato, perch persuaso


Di rapir

Ma
dall'

la

ci che a lui venia concesso.

sua ebbrezza

dura

poco.

Una

notte,

mosso

impaziente desiderio di vedere l'amata, anticipa l'ora

dell'appuntamento

Ei vien: s'appressa e chetamente picchia:

i:i

Nessun risponde. Passa,

indi ritorna

move

piccliia ancor, n per ci s'apre e

Quella benigna porta.


11

core in sen gli palpita

fra s stesso

immagina

Mille e mille ragion,

ma

non

la vera.

Pi forte picchia, indi urta quasi, e vede

Ceder aperta al suo desio


L'amata porticella.

la dolce.

Entra, sale correndo e giunge dove

Ebbe a morire, o ad impietrare almeno.


Sul limitar della felice stanza

piede ancor posto non ha, che sente

11

Un

strusciare di vesti, un interrotto

Tronco

parlare, un sospirare, un

"

Cielo

,,.

Si precipita allora nella stanza e trova,... la sua

conversazione molto intima col jockey di casa.

in

prende

donna

quale
invano inseguito dallo sdegnato cavaliere,

la fuga,

che, ritornando

stanza

nella

ma

rimproveri violenti,

della signora,

Il

prorompe

in

quella
il

prezioso orinolo

Dallo scomposto ed agitato letto


Staccando, a

Che
Non
Il

lui

tacitamente addita

alle tre della notte

era venuto,

come avea

alle cinque,

cavaliere, dinanzi a simile

prefisso.

difesa,

non

trova

pi

parole: fugge, furioso e disperato,


maledicendo

ma
a

chi

si

nel fuggire incontra

l'ora

ben mostrar gliela sapea;

tarda ora dalle

il

marito,

stanze

il

vuole coU'armi ragione dell'offesa

Non

Da

codardo

il

quale, vedendolo uscire

moglie. Io

della

cavalier,

atroce rabbia, ed

il

ma

perch

punto
v'

noto:

trattiene e


Onde prorompe

122

e dice:

"

buon marito.

quale impresa oggi t'accingi.- e

Basterai solo a tanto

Chiedi ragion;

ma

Menichin, che

al

itria poi

affronto

ragione

me

par di

come

col ferro

dell' istesso

Chiederai con la se

A me

.^

t'offende?

Credimi, non pugnar: chi sa quanfarmi

Ti conviene trattar per tr vendetta


Di tutti que' che t'hanno ornato il capo!

Xon

vi so dir quindi

che

ci

^la da presumer certo che

Prese quel che

Cos

chiude

si

si

chiama

novella

la

buon

nella realt le cose anda-

ma

parte principalissima ebbe a rap-

partito

presentare appunto

il marito
buon partito.

in cui

Il

marito,

visconte Ligonier del regno


il

Edoardo Ligonier Esq..


non prese davvero
intent alla moglie infedele un

rono molto diversamente.

processo di divorzio,

il

accadesse

il

d' Irlanda,

jockey, certo John Doe,

il

quale da tre

anni faceva all'amore colla nobile sua signora, ed avvistosi


del nuovo intrigo di lei coli' Alfieri, la spi, li sorprese e fece
avvertito di tutto

il

marito, gi messo in sospetto da

dicerie. Della confessione del

cune

al-

jockey s'impadronirono

giornali di Londra, che raccontarono in ogni particolare


lo scandalo
(anche allora erano indiscreti !) l'avventura
ed il chiasso che ne nacquero facile immaginare. Dice
l'Alfieri che il processo di divorzio fu dal marito prose-

guito in

nome

terzo,

palafreniere

non
d'

il

dandogli

lui,
;

ma

io

intimazione

Firenze,

comparire

la

preferenza sul triumviro

dubito che

l'abbia troppo fedelmente

ritrovata fra
di

di

servito,

in ci la

memoria
cedola

poich la

dinanzi ai tribunali,

che ho

manoscritti suoi conservati nella Laurenziana


diretta a

Vittorio

Mltorio Allindili Afii-r aiid

Ainndio

ot/irm-isr Coinit

Dm-! l'iguriamoci lo
dover rispondere insieme

/o/m

sdegno provato dal conte nel


a un palafreniere di un'accusa d'adulterio!

Del

re.st.i

non ebbe

l'Alfieri

(e lo confessa egli stesso)

della condotta del marito

facilmente

l'avrebbe potuto

un

avere

oltrech

braccio

uccidere, giacch

slogato

in

caduta da cavallo, non sapeva tener in


e noi fece

poteva,

trattolo

dinanzi

ai

molto,

di

pagare un soldo. Continu a tenere

che

il

palafreniere

o che

quel modello di marito

E Penelope
medesima

ella

all'Alfieri,

Dopo

si

ad una

mano una

spada,

tribunali,

in

un

impoverirlo

non pare
al

conte,

il

seguito

paese, dove ogni offesa ha la sua tariffa

o almeno dissestarlo

che a lodarsi

provocatolo a duello,

quale,

il

facesse

gli

proprio servizio an-

poteva domandar

di pi a

la

confessione che per

dovette fare

necessit

dei suoi intrighi col jockev

era troppo naturale che nell'animo di quest'

ul-

timo l'amore fosse ucciso dal disprezzo. Infatti quantunque,

anche dopo tanto scandalo, egli continuasse per qualche


tempo a vivere con lei, pure alla fine la vergogna e lo
sdegno poterono in lui pi dell'amore e le loro relazioni
ebbero fine. Cos ella, rovinata irremissibilmente da questa
clamorosa avventura nella riputazione, perduto il marito, il
grado, le ricchezze, si rifugi in Francia n si fece pi viva.
Solo vent'anni dopo, nell'aprile del 1791, mentre l'Alfieri, reduce colla contessa d'Albany da Londra, stava per imbarcarsi a Douvres, in un crocchio sulla spiaggia gli appari
la

sua antica amante, bellissima sempre, e a

deva

di

sognare,

sulla nave,

si

e ricondotto da

ricordo di giorni
di

piet,

quasi di

lui

che cre-

manifest con un sorriso. Egli, montato

omai

quell' inaspettato

incontro

al

da un sentimento
pensiero che per cagion

lontani, preso

rimorso,

al

aveva perduto 1" onore e gli agi, era ridotta a


condurre una vita errante, disdicevole alla sua nascita
sua

ella

ed al suo stato, volle sfogare la piena de' contrarli


che gli sconvolgevano l'animo, scrivendole.
Alla sua

lettera,

che

per

mala

ventura

affetti

non

ci

donna rispose da Douvres con un'altra,


chiama prova evidente del di lei nuovo
ed ostinato mal inclinato carattere >
ma che a me,
francamente, sembra invece tale da far onore a chi la
scrisse. Gi il contegno che essa aveva tenuto coli' Alfieri,
dimostrava che essa era, ad onta de' suoi falli, una donna
non volgare. Quando egli l'abbandon, nulla fece per non
perdere l'unico appoggio che le rimaneva. Questo giudizio
non pu essere che confermato dalla fermezza e dalla tranpervenuta,

che

la bella

l'Alfieri

che spirano dalla sua lettera. Ella vi assicura l'antic


amatore che lungi dal considerarlo come causa della prpria

quillit

sventura, lo giudica invece autore della

felicit sua,

giacch

non era fatta per vivere.


Io non ricerco oramai
scrive essa non senza una sottile ironia
che la compagnia delle persone semplici e
buone, le quali non pretendono n a troppo genio n a

la tolse

ad una

societ,

in cui

troppa scienza

cr qti niibroiiille parfcis la cause >.

chi

non ritrover vero ed acutamente femminile questo giudizio


che ella d del carattere dell'Alfieri ? (hi dt aiiss (scrive accennando alle relazioni della D'Albany col conte) (pt dir
vmis crahf

jc

voiis rccomais bieii l

saiis le di'sirer, pnif-

tre vous cu apcrfcvoir, voiis avez rresistibleiiieiit cet asien-

danf sur tmis eeux

Si

conchiudeva

sfaclioii

intorno a
ella

vous ainienf.

fanrais

lei.

reicoiitrioiis eiicvrr

iious

toijours

rappreiidre de vtre

rividero pi

che

(jiti

hasard fait que nmis

le

iiiahi.

hi plus

grande

Adieit.

Ma

sati-

non

si

non dato saper nulla di pi


Penelope ? Continu nell'esistenza

e quindi a noi

Che

fu di

scriveva essersi fatta felice fra

libri,

la

musica,

un fratello che amava sopra ogni cosa al


mondo? Mor giovane sempre e sempre bella o invecchi

accanto ad
nell'oblio,

passate
alle

ripensando con tristezza, forse con rimorso,

follie

Checch ne

sue colpe. Di

lei

non

sia

alle

avvenuto, siamo indulgenti

resta

ormai

nuli" altro

che

il

nome

ignudo,

il

quale vivr sempre nelle pagine del suo

amatore, e la lettera che ella scrisse all'Alfieri e che questi

conserv con cura


spento.
eleganti,
di

da

cui

un affetto

fra le sue carte, quasi ricordo di

Guardando quella carta

ingiallita,

par sprigionarsi ancora un

bellezza e di grazia

quei

caratteri

sottile

profumo

muliebre, involontariamente vien

fatto di fantasticare su la candida

mano che

li

su quei negri occhi ardenti che fecero delirare

scrisse e
un poeta.

V'Jtiy-ruy

(lAU^ori^ /^-c-

<*< Mf*/

e*
T^<iN Tt<^^ 1?-AN Tt-^^Th ^TTr:
?;%nE r^ieX
9b ?^SnE
me*^^-'- iu!*''-<

T^i^

?^X

L'ALFIERI

A CESANNE

HI
'~^

nell'agosto del 1775, lasciati dietro a s


montesi, giunto al passo del Monginevra,
i

colli piesi

fosse,

anzi varcarlo, fermato a Cesanne, umile borgo che vide per

scendere Annibale dall'Alpi, non


a quanto narrano
avrebbe certamente trattenuto un moto di meraviglia all'inaspettato incontro in quei luoghi, non abitati che da
montanari, d'un gentiluomo d'alta statura, dallo sguardo
acuto, dal volto pallido ed un po' rabbuiato, che portava
cosa ben singolare per quel tempo, in cui
cortissima
simile assetto non era tollerato che ne' villani e ne' ma-

-- una lussureggiante capigliatura del pi bel rosso


mondo. E la sua meraviglia sarebbe cresciuta a dismisura, ove avesse potuto riconoscere nel solitario gentiluomo uno dei pi noti ed eleganti giovani della nobilt

rinai

del

torinese

il

conte Vittorio Alfieri.

Che faceva mai l'Alfieri in quel


nella compagnia poco allegra di due
lontano dagli amici...

dalla

sua

rusticano cantuccio,
abati, senza cavalli,

bella

marchesa? Vi

proseguiva

nuova, intrapresa, e per sempre, nel-

la vita

l'inverno di quell'anno

medesimo, quando, rotta qualunque


sua donna e vietatasi ogni

relazione coli' odiosamata

t>

prudente Ulisse, aveva

ricaduta con espedienti degni del

disoccupato

insieme accolto, nello spirito

brama

In que' lunghi,

eterni

gato talvolta per ore

mani

negletto, la

d'essere poeta e la ferma risoluzione di divenirlo.


giorni

ed

volontaria prigionia,

di

ore

alla

scartafaccio della Cleopatra,

lo

anno, aveva
ascoltarla

finita

ridotta

ed applaudirla

la

seggiola,

sbozzata gi da

un

tragedia quale ebbe ad

pubblico benevolo

il

le-

ripreso fra

del Cari-

giugno 1775. Poco dopo la rappresentazione, l'Alfieri, per attendere con maggior raccoglimento
agli studi, lasciato Torino, eleggeva per dimora estiva il

gnano add

Cesanne.

ritiro di

A
i

16

Cesanne

pu dire che

si

l'

Alfieri

abbia composti

primi suoi versi o almeno che abbia cominciato ad ac-

quistare qualche maggior facilit nel verseggiare, giacche


nel corso

quell'anno,

di

tutto

occupato com'era nel ricomposto

durre rappresentabile la Clcofafra, non aveva

che un sonetto,

primo dopo aver lasciate le scuole >,


quel fenomenale componimento in
terzine, dodici delle quali rimavano per proprio conto,
proprio come
sonetti d' un certo autore moderno, che

il

le tre colascionate

egli volle riprodurre nella

che era

stato, di quel

orgoglio pot dire


V.

Ora
infatti

che

'ita

quasi

monumento

quel

l'indicazione Cezannes, agosto

pi

di

spontaiiuo pedon <;ian stadio corsi.

parecchie fra

riun

che era divenuto; sicch con giusto

t.irdi

le

1775 >

portano

poesie, o compiute o frammentarie.

col tittlo di JViiiii

samiiatiirr tragii/ii

< Uriche in quel manoscritto segnato col


tra

conservati

autografi

suoi

nella

che trovasi

n. 3,

Laurenziana

di Fi-

renze.

L'autore

egli

scrisse

vi

foglio

sul

di

guardia

raccolte queste sue prime sudicerie, le ha


nel 1799
volute conservare non per altra ragione che per aver
;

presso di s

un ricordo dimostrativo

ignoranza

una et ove

in

altri

della di lui totale

autori

avevano gi ac-

quistata gran parte della loro fama. Siano intanto questi

muti testimonii, un argomento di scusa all'autore se egli

appresso non ha fatto benissimo, avendo dovuto

in

cos inoltrata et superare tanti ostacoli:

argomento

un

maggior

di

di

l'Alfieri

pensava, scrivendo

fosse pure riu-

lode, se gli

n gliene doleva

parole, alla possibilit che

tali

quei suoi primi, infelicissimi


ricercati

in

siano altres

a giudizio nostro evidente che

scito

superarli

ma

tentativi fossero dai posteri


:

contrario

al

trattenerci

Il

quindi intorno ad essi non pu che accrescere l'ammirail


grande artista e soddisfare una non ignobile
anche se la loro lettura attirasse sul labbro
nostro un sorriso benevolamente canzonatore, come quello
che l'Alfieri stesso volle provocare nei suoi leggitori, pubblicando le prime scene della Clropatraccin.

zione per

curiosit,

primi versi che troviamo nel manoscritto, sono qua-

rantadue terzine, ispirate (se


rola)

ai

ricordi del luogo.

spettata questa volta

ma

pu adoperare questa pa-

si

La
per

regola della terzina


il

resto c' poco

allegri.

Ecco

in

prova

primi cinque terzetti

Stavami un di sopia l'alpestre cima


Donde mirando l'african guerriero
Italia a' suoi mostr qual spoglia opima

ri-

da stare


I-orme
(

lei,

Pi indagator e

anch'io, lo sguardo

men

dell'altro altiero.

osservai e d'un acuto dardo

(^uasi traltto

il

cor, ritrassi in

fretta

mio pensier troppo gagliardo.


tanto duol fu l'alma mia ristretta

Altrove

Ma

calcava in quel sentiero.

di lui

)ncle rivolsi

\'idi,

130

in

il

Al balenar dell'indiscreto

ciglio.

Ch'ebbi quasi a cader gi della vetta.

Cosi pietosa madre allor che

Egro mira

trema

ocelli rivolge e

(ili

il

liglio

morte

e languente a

al

in braccio,

gran periglio.

annota
Non avete mai fatto versi cosi cattivi
margine l'amico che l'Alfieri s'era eletto a censore.
Padre Paciaudi, il quale aveva avuto il coraggio di leg-

in

gere tutte e quarantadue


legre postille

abbiate recitati o fatto

decima parte

le terzine, illustrandole

non mi

o almeno

leggere

ricordo

con

al-

me

ne

che

non ho notato che

la

che vi si potrebbero ripren dere senza essere soverchiamente severo . Le altre


terzine difatti sono tutte sul gusto di quelle che abbiamo
qui riprodotte. Vi si trovano le stesse frasi senza costrutto,

delle cose

medesimi errori

di sintassi, quelle

metafore strampalate

buon padre Paciaudi.


< fulgid'astro dell'ausonio cielo , come lo chiama il Monti,
qualificava d' indiavolati . Basti dire che quasi non bastasse la peregrina immagine del ciglio indiscreto >, il poeta
ci regala poco dopo un occhio antico . Sar csposo >
trapassi

e que'

improvvisi che

il

postill

il

Paciaudi.

Ma n per giocose n per aspre censure l'Alfieri si


poteva perdere d'animo. Qualunque pensiero mi cadesse
dice egli
nella fantasia, mi provavo a porlo in versi
nella

Vifa

l'orgoglio,

giorni

ma

ed

in

l'ostinata

dopo inviava

mi

fiaccava

le

speranza non mai

>.

tutti

io

corna e

alcuni

all'Aristarco benevolo un sonetto che

meno severamente

veniva giudicato un po'

immagini

e le
< dure,
<

sono troppo affollate

vi

sono senza

versi, oltrech

Del vostro

ne potrebbe fare uno bellissimo

sonetto se

guidi e snervati

ma

le

idee

le transizioni

armonia, sono lan-

E se leggiamo il sonetto, vediamo che


aveva ragione da vendere

censore

il

Madre d'amor,
Perch ten

baldanzosa e altera

si

vai

vincitrice in Ida

se

Dell'alma Ciiuno e della dea guerriera

Tu

un

fosti

v' chi a

di,

pugnar

sfida.

ti

C^uella ch'io vidi da celeste sfera

Quaggi discesa in sua belt si affida,


E gi sei vinta e pi non sei primiera.
Se avvien soltanto che colei sorrida.

buon per

l'u

te

die

pastorel sul

il

Questa

paragon

Costei non vide

pomo avrebbe

Il

monte

clic

gran confronto: allora

al

ah!

i^ic\

li

cadea

mano

di

Solo in mirarla, e di rossor la fronte

tutte tre

si

Xcl rammentar

Certo
cedenti
scritti

sonetto

il

ma

si

ngerebbe ancora

ti

il

vostro orgoglio insano.

migliore assai delle terzine ante-

provi a confrontarlo coi sonetti mitologici,

un anno dopo,

// m/Zo di Ganiiiiicc.

Jj lotta di ^li/tro e

d'Krcolr,

d'inattesa perfezione

artistica

fesso

di

vari

pochi mesi

e
il

l'inde-

rimatore

seguono nel manoscritto lauframmenti: una lirica, foggiata su


che narra

abbozzi d'altre due poesie


il

Mart(\

sonetto

altri

quelle del Chiabrera,

tratteggiare

in

V//rv,

Cesanne.

Dopo questo
renziano

vedr a quale grado

l'ostinato studio

amore facessero pervenire

zoppicante

si

seccatore, e

la

la

fuga di Dafne,

e gli

prima, satirica, che doveva

rammenta un

brutta poesietta d'un altro grandissimo,

po'
il

il

J'arafoco,

Parini: la se-

che perfin il soggetto ne oscuro.


Vi son anche degli sciolti in lode del cavallo prediletto
del poeta, non per terminati

conda. cos informe

(Ceneroso corsier, tu che superbo

Vai

di te stesso e de'

Xon

gran pregi

tuoi.

disdegnar che questa penna umile

Del tuo signor a celebrarti imprenda.


Xon pari al merto tuo, che non ha pari,

Saranno

mie

le

lodi e infin

che l'orme

CoU'asciutto leggier veloce piede

Stampi non

gi,

ma

segni in sull'arena.

Tu

basti solo a far di te gli encomii.

Ma

l'ingiusta natura che

ti

feo

Cosa mortai, sar da me scornata


di che la corporea salma
Render tu deggia a quell'antica madre

Se avvien quel

Onde

tutto concetto; allor sia l'opra

Di questi carmi

Non
E al

muoia.

far che tu non

il

fama

perir di te l'eccelsa

par di quanti mai nobil destrieri

Cantar le trombe antiche, tu vivrai.


Di Bucefal si taccia, il di cui nome

Merc

del suo signor fu chiaro al

mondo:

Tacciasi di Frontin, di Brigliadoro,

Di Rabican veloce e di Bajardo.


del pennuto volator perfino
Ormai si taccia, che costor concetti
Per arte maga, mal contender ponno

te la

palma, a te che di natura

Fosti, Leone,

11

cavallo

si

Leon

Nomi
l

e di

lui

chiaTiiava,

in

come

di qui si

vede, Leone:

nomato, ed infra tanti


di belva, il solo era pur questo

fosti

'he tu sotTrir potessi....

appunto

viaggiando

im mostruoso sforzo.

fatto

Alsazia,

il

ricordo

poeta

anche nel capitolo che,


indirizz nel

mico Gori-Gandellini Sul/a nistodn dei

cavalli.

17S4

all'a-

De' quin-

dici

che allora possedeva, nove erano castagni, e tra

primo Leone

Leone, a chi

essi

primato ben s'arroga,


non stellato in fronte,

il

quell'altero,

Che con Toro


Sani entrambi

a timon sempre

si aggioga.
avr pi pronte

ma Toro

L'ali, se togli a lui d' inutil

carne
Libbre assai che in Leon fien meglio impronte.

Ma

dagli

equestri

inganni

ricadiamo

bentosto

da

Cesanne,

negli amorosi. L'ultima delle poesie datate

una canzone

amata,

alla

gran lunga superiore a


il magistero del verso
sono espressi con sincerit

di

tutte le altre fin qui ricordate per

ed

che

conflitto d'affetti

il

vi

ragguardevole. Questi sono

margine l'amico

vi

migliori versi che abbiate

< fatti o per meglio dire, che

ho

letto di voi

lore nelle frasi e ne' pensieri che annuncia,

< lontano,

Fra
infatti

il

le

mio Racine >.


rime di affetto

dell'Alfieri se

facilmente delle pi corrette

trettanto appassionate,

non

un' accorta imitazione della

ne troveranno

gentil,

Da me

lirica

per cui ragione in bando

n'and meschina,

Per cui e giorno e notte sospirando


Dall'amorosa spina
Piagato crudelmente,

Ebbi a morir o ad impazzirne almeno,

Xon sono

ma

al-

Vi traspare, mista ad
petrarchesca, molta spon-

saprei.

una vivezza d'espressione da farne


non pochi n lievi.

difetti

Donna

not in

bench da

pi nobili,

taneit di sentimento ed

dimenticare

comincia ad essere un certo ca-

affatto spente

Quelle che m'accendesti fiamme

in seno.

mio

.Nel

l.U

pensier, sul qual regnasti altera,

Ancora il primo loco


Malgrado mio tu prendi,

e te primiera

Nel risvegliarmi invoco,

Te che mi

fosti dea,

nell'alma di cui

Te che incensar
Te stessa in cui
Se

dolce

il

Non

Un
"

nome

mia alma

visse,

solea.

ho

tuttor le luci

fisse.

a proferire io sento

all'orecchio, al core
insolito

moto ancor

No, che non

risento.

l'amore

Fra me dico, e m'inganno.


Se non d'amor, di chi sarai tu figlio.
Intempestivo affanno.
Che mi desti nel cor tanto scompiglio

Compagna

L'imago tua mi siegue:


Spiegate ho tutte di virt

avvien che

La

scaccio, ella ritorna:

Del mio valor,

indivisibile e fedele

si

di

le

vele.

dilegue.

mia

virt

si

ride:

del bel velo adorna.

Baldanzosa a pugnar par che mi

sfide.

fuggo indarno, indarno ho volto


un penoso oblio

Stolto, ch'io

Ad
Il

mio pensier! ogni pensier

Avrei da

te,

rivolto

per Dio,

Se fosse pur verace


pentimento in me d'averti amata.

Il

Ah

che colei che splace


Senza cura o pensier, tosto scordata.
!

Io nel fuggir
lo ti

ti

trovo e in obliarti

rammento ognora,

Ti scaccio, eppur ti sieguo


Sento che t'amo ancora.

e nell' odiarti

Quell'orride catene

Da

cui mi sciolsi con erculeo braccio,


Pajonmi dolci pene.
La libert mi pare odioso laccio.


Xon

so se intera fede ai detti miei

Da

135

te

mi

sia

dovuta;

Ma

se

lor la debita valuta.

pur donna

Male, malissimo

>

al

par dell'altre

postill

censore amico. Peccato davvero


luto sciupar l'effetto del resto

qui

che

sei,

burberamente
l'Alfieri

il

abbia vo-

con questa sgarbata e vol-

gare conclusionaccia. Pur troppo spesso cos ma faceva


bisogno di dirlo? Pi forte dell'amore persisteva in lui il
;

rancore....

VITTORIO ALFIERI E FRANCESCO ZACCHIROLI

LLE

/\
-*

*-

censure ed

ratamente

ai biasimi

di cui l'Alfieri

fu

reite-

da nemici grandi o piccini, sinceri o di mala fede, ei volle, com' noto, rispondere con epigrammi, divenuti per la ferocia loro a buon
dritto famosi.

che

il

novello

fatto bersaglio

dardi

Apollo

intrisi di

ben giusto

Saurottono scagli

detrattori, colpirono costoro tanto

tarono insanabili piaghe.

Il

fiele

poetico

contro

>,

suoi

addentro che ne ripor-

D'Elei,

il

Loschi, lo Sgricci,

Lampredi, per non ricordare qui che pochi nomi, sono


oggi forse soltanto ricordati, fuori dal breve cerchio degli

il

eruditi di professione, grazie ai mordenti,

taglienti,

pun-

genti motteggi dell'irritato tragodo.

La

si pu dire toccata anche a Francesco


che niuno mostra per fermo di ravvisare oramai, quando lo si qualifichi come autore delle Ricrrcic

stessa sorte

Zacchiroli,

snlla snisibilit e delle Riinr galanti, o collaboratore delle

ma che tutti, all'opposto, salutano con


onde s'accolgono le vecchie conoscenze, ove si

Lettere capricciose:
il

sorriso,

dica che contro di


'

lui fu

scoccato l'epigrammino alfieriano:

Fosco, losco, e non Tosco,

Ben

ti

conosco

Se pan tu avessi, non avresti tsco.

Curiosa figura per, ad ogni modo, questa di Francesco


Zacchiroli

Egli appartiene a quella schiera

letterati

di

che pullul

vagabondi, d'abbati avventurieri e screditati,

tanto copiosamente in Italia sul finire del Settecento.


forniti di

denaro sempre, affamati spesso... e non

Mal

di gloria

soltanto, costoro correvano d'una in altra tra le citt nostre,


in

cerca della fortuna, della celebrit, dell'amore.

qual-

che volta l'una o l'altra di coteste fuggevoli larve acchiappavano. E che chiasso allora, che tripudio, che pazzie!
Allo Zacchiroli, un romagnolo nato verso il 1750 a
Castelguelfo, Ernesto Masi ha dedicato, molt'anni or sono,
alquante pagine del suo attraente volume sull' Albergati,
giacch del venturiero

costui fu amico, mecenate, colla-

boratore. L'arguto scrittore ce lo dipinge in poche parole:

Zingaro

ma

non mancavano vena

letterario, a cui

e brio,

che abborracciava ogni cosa, brancicando tutti gli


argomenti senza afferrarne alcuno giornalista, poeta,
filosofo, autor drammatico, e sopra tutto gran maldi;

cente . E segue narrando come, recatosi giovinetto a


Bologna per attendervi agli studi, il Zacchiroli vi fondasse
un giornale, ad imitazione della Fnisfa letti raria, attac-

casse briga con taluni tra

dasse
in

la citt di

somma

professori dell'universit, inon-

velenosi sonetti contro

suoi avversari:

ne facesse tante e poi tante, da dovere ricor-

rere alla fuga per salvarsi

gnuola. Ridottosi a

le

spalle

Roma, gran

letteraria e noti letteraria,

da una meritata gradi maldicenza

focolare

non a dire come

ci

desse; ebbe poderi in Arcadia e guid col classico

di Euripilo Xaricio

le

pecorelle a dissetarsi

ai

si

go-

nome

fonti pe-

gasei. Per di girellare disoccupato per le pendici di Pindo

par che

si

annoiasse prontamente;

XIV,

favori di papa Clemente

per esercitarvi

l'ufficio di

poco.

Un

addio

al

segretario della inquisizione pon-

Era una burla, e dur


sappiamo bene perch, disse

Euripilo Naricio inquisitore

tificia.

accogliendo

sicch,

adatt a portarsi a Malta

si

bel giorno, non

sacro tribunale maltese e

vela

f'

Napoli.

per

Gettato da un tremendo uragano sulle coste della Calabria,

camp per miracolo


protettore,

il

la vita e s'abbatt

piacevoli maniere

in

un insperato

che,

conquistato dalle

dell'abbate, lo port

seco a Napoli in

principe

di

Cariati,

qualit di suo bibliotecario.

La Sirena

del Sebeto inebbri lo Zacchiroli

seducenti carezze: a Napoli

gli

parve rivivere.

delle

Ma un

sue

grosso

d'una dama, non molto


non molto severa, ei riusc a
piacere.... fu amato e fu tradito. Furente
vedete istinto
indomabile di libellista che vien subito a galla!
egli
volle trarre vendetta dell'abbandono, e scrisse una satira
feroce contro l'amante volubile, che, non pago di lasciar
correre manoscritta, fece (sembrerebbe) anche stampare

guajo l'aspettava.

Innamoratosi

giovane, non molto bella,

e,

quel ch' peggio, lasci affiggere in pubblico

Ne nacque un

putiferio.

La dama

un solenne castigo piombasse

sul

indignata

capo

dell'imprudente;

aveva, pare, efficacissimi protettori, e fu esaudita.


chiroli,

agguantato dai

sulle tristi

Due

and a meditare

in

Lo

Zac-

prigione

conseguenze degli sdegni femminili.

lune e pi

ponimento

birri,

volle che

>,

com'egli scrisse

in ottave diretto al principe

neW'ylc/c/io,

com-

di Francavilla,

il

disgraziato poeta giacque


De' lacci

finch,

commosso

rei tra le

gravose some

dai suoi poetici lamenti, dall'intervento

di personaggi illustri e di

dame

compassionevoli, re Fer-

dinando non

decise ad accordargli

si

che non fosse quella

Ma,

libert.

la

ri-

a cercare aria pi salubre

lasciato, l'abbate fu consigliato

Partenope bella

Ei

per

lui

non

intese a sordo, e s'imbarc alla volta di Livorno:

ver, lo so

di

de la gentil Livorno

Libert siede su

ricche porte

le

Essa mi chiama nel novel soggiorno,


Onde cambiar del mio destin la sorte....

Ma

neppur a Livorno, se trov

la

dopo, a Firenze, dove


tato
sorti

smana

de' nemici.
giornalista

mato
porre

mordere,

di

denigrare

di

il

contro

gruppo

il

frammenti

che

Veniamo ora

al

all'amico

che tu prenda

per

Non

sulla tua assistenza

cominciasse da

posso

anzi

un

Zacchiroli

lo

noto poligrafo cremonese

il

scriveva

dirti

quanto

in esso tanto interesse.

progetto non potrebbe

nell'Ambrosiana,

molti

anni

mio giornale

proponimenti vengono

Milano,

rimasti

tenne con Isidoro Bianchi,

v:

che aveva

letterario

Av/wfl giornale fiorentino e vuol contrap-

del copioso carteggio

;<

peggiore

periodico avversario un nuovo giornale. Pi pre-

al

fuori dai

il

di tutto punto,

cise notizie di questi suoi bellicosi

1779

altrui,

Appena insediato a Firenze, egli aspira a rifarsi


memore delle battaglie bolognesi, si getta, ar-

a portavoce

l'atten-

eccolo, subito

da Pietro Leopoldo. Nell'Atene toscana difatti le sue


parvero farsi migliori ma egli aveva in s stesso,

nella sua

-s.

Ed

speranza d'esser aiu-

attira la

lo

che

libert

deva, rinvenne la tranquillit sospirata.

ti

Tnbran

....

maggio
sia lieto

io

Vorrei che

dello

Conto moltissimo

che senza

dico

riuscire....

il

stato

di essa
il

il

giornale

attuale

delle

Scienze e delle Arti in ciascheduna provincia dove fos-

sero

che

^<

cosa.

diversi corrispondenti.

Per l'amor

di

Dio, vedi

grandi genii della Francia somministrino qualche

Fa che qualcosa pure diano Verri

Beccaria.

pubblico compra spesso

nomi

Sai che

ora dai miei corrispondenti io non ho che parole

^<

elle essi

benissimo darsi

^<

Non

il

grandi...

manterranno quanto hanno promesso


il

hanno

tutti

caso che tutto

dello stampatore,

con giustizia una

il

ma pu

risolva in parole.

si

la bell'anima tua.

io avrei inutilmente

Per

spero

Se

essi

mancassero,

compromesso il nome e il decoro


quale non mancherebbe di farmene

chiedile

Passano

>.

pochi mesi,

e lo

morto prima di nascere anzi da Firenze corre a Milano nella speranza di


farvi fortuna. E di qui, add ig ottobre, comunica all'a Ieri
mico assente le sue impressioni
sera arrivai in
Zacchiroli

non pensa pi

al giornale,

;<

questa magnifica citt

dico

m' sembrata questa mattina

parte....

Sono qui sbarcato

'

magnifica
locanda

alla

',

perch tale

ne ho girata gran

in cui

signora

della

mie commendatizie:
tu mandamene, se hai qui conoscenze a cui appoggiarmi
con onore se non con profitto. Gradirei in particolar
modo lettere per qualche Dama bella, gio'ai/e e che
amasse la letteratiira. Non vorrei per che fosse dama

di

;<

Eugenia.... Dimattina presenter le

troppo alto bordo

desiderate ed

il

che divino

Il

Bianchi

gli

Zacchiroli naviga in un

paese Milano!

Egli frequenta la societ pi eletta

mandale lettere
mar di dolcezze.

(lett.
;

tissima benevolenza in casa della duchessa


scrive versi per l'Arciduchessa ed

imminente.

1779).

con mol-

vedova Ser-

suo viaggio
Qui si continua ad avere per me una bont
infinita. Conosco omai quanto vi di pi luminoso in
Milano.... II conte Verri mi present al marchese Beccaria, cui diedi la tua lettera, che ti stima e mi fece

belloni

die.

i"

accolto

il

mille feste

(13 ? die.

1779).

Quindici giorni dopo, qual mutamento


tua per

1-

la lettera

immaginato

me ad

ch'ei fosse

Amoretti,

Ho lacerato

giacch

n pi n meno come

mi sono
gli

altri.

cosa avesse dovuto terminar

presentate n ricapitate quelle altro tante

viasti....

che non ha cuore o che

della

dirti

il

mi

vero, se io

un milione d'uomini

ma non

a Milano,

mesi, dacch

metropoli lom-

il

rare.

Milano, poemetto che per

^<

onori

un

fatto

giovane e bella

Eccolo dunque di nuovo

lieto e tranquillo,

1779).

dell' 80, lasciata la

perch qui non ho che spe-

poemetto per l'Arciduchessa d


me stato fecondo di molti

altro

in altra lettera del 29 luglio

Bianchi di salutare per

dava

non avrei neppure


che mi in-

Romagna Sono omai cinque


mi trovo in Romagna cosi
16 luglio

Ho

in

Sono

die.

dama

la

un impiego

rifugiava

si

28

(lett.

>

Nel febbraio

in viaggio.

cos, io

Noi dobbiamo disprezzare tutta questa canaglia


lo ha di fango, contentandoci
reciproca nostra stima la quale vai ben quella di

Egli aveva trovato anche

barda,

potuto pensare che la

fossi

lui

tutto

la Serbelloni, Verri, Cicognini,

raccomanda
che

crocchio

il

al

circon-

Spannocchi, Pecci, ecc.

Oh

vedere, salutare e baciare (intende sulla mano) teneris-

simamente

sappia cosa alcuna, perch mi sgriderebbe. Questa cara

sicuramente ho cost una cara creatura che tu devi


in

mio nome.

Ma

che

Duchessa non ne

la

creatura, la pi bella di tutta Milano,

di tutt' Europa, la contessa

bita in Castello. Presentati ad essa col

labbra. Dille....

divina.

Addio

Bentosto

ah non

le dir niente.

mondo.

lo sa

?,

pi sensibile

mio nome

sulle

Troverai una donna

>;.

per,

agitato senza posa dalle

dai suoi amori, dalle sue baruffe,


il

la

Costanza Mercantine A-

ei

nel 1783 la sua stella,

sue passioni,

ripigliava

buona o

correr

cattiva chi

l'aveva scorto a Siena, proprio in que' mesi, ne'

quali, tutto scorrucciato e malinconioso, vi si era rifugiato

nel seno fido dell'

amico Gori-Gandellini, a piangere ed a

verseggiare l'Astigiano.

Trattato forse con disprezzo dall'altero poeta,

spargendo
la terribile

vendo

ei si

vendic

onde

satire contro di lui e delle sue tragedie;

mazzata che

l'Alfieri gli scaric sul capo. Scri-

con cui

difatti all'Albergati,

zione da pochi mesi,

il

era entrato

rela-

in

4 settembre di quell'anno, cos in

un poscritto Vittorio toccava del maligno censore


abbiamo qui in Siena
Mi era scordato di dirle che
il Zacchiroli, che fa il suo solito ufficio di sparlar delle
persone dietro, e lodarle in faccia. Corron per Siena
de' sonetti suoi e delle lettere francesi e dei dialoghi,
in cui egli mi canzona sulle mie Tragedie. Io, per dir
il vero, non me ne do gran fastidio: tuttavia, per dar
:

ho

<

segno

che mi par non meriti

Veda un

finito in

di vita, gli

po', signor

andar tre

lasciato

di pi, se

versetti

Marchese carissimo,

questo epigrammetto

soli,

pure egli merita tanto.


s'io l'ho

Fosco, ecc.

de-

come probabilmente ad
Per un gran pezzo a me
era sembrato strano il contegno dell'Alfieri. Come
mai, egli che non ignorava certo quel che tutti allora
sapevano, vale a dire che il Zacchiroli e l'Albergati erano

altri

cuciti a filo

gliere

il

doppio l'uno

all'altro,

andava proprio a

risentimento contro l'impertinente barbassoro

non mi parve pi singolare


i

sce-

patrizio bolognese quale confidente del suo giusto

il

giorno in

cui,

Ma

la

cosa

frugando tra

Comunale di Siena, mi avvenne di


mani sopra un gruppetto di satire dirette contro
che sono fuori di dubbio quelle stesse, di cui egli

manoscritti della

porre

le

l'Alfieri,

parla con palese disdegno nella lettera or or citata all'Albergati.

Tra quelle

scritture,

che

hanno per l'appunto

epistolare e dialogica e sono quasi tutte


cese, io

mi sono imbattuto

in

scritte

forma
in fran-

un dialogo inteso a mor-

dere

l'Alfieri,

dove con raffinata perfdia insieme

gico astigiano spietatamente canzonato anche

al tra-

comme-

il

diografo bolognese. Facile riesce or dunque comprendere


il

movente che

ispir la condotta

gnatissimi e che risposero

come

Zacchiroli,

costui

poi

di

ne furono

indi-

buon inchiostro

allo

suo

divulgato

avesse

Informato

dell'Alfieri.

dai suoi amici ed ammiratori senesi, che

scorno

quella pungente scrittura, nella quale l'Albergati era pure

malmenato,

poeta volle che l'offeso patrizio bolognese

il

divenisse quasi

data

l'aria di

ziano:

Ma

divulgatore della risposta ch'egli aveva

il

denigratore. Egli ha quindi tutta

comune petulante

al

dare

al

proprio corrispondente

il

consiglio ora-

generale di Stanislao Poniatovvski

non s'arrischi a
a tener l'abbate maligno in conto

poco

il

ami proxivnis

Tiia res agifir, farics

bellicoso, e

ardet.

d'umore

era

dir nulla, anzi

continu

amico

di carissimo

II.

Il

Masi nel libro gi rammentato

ci

ha

prontamente amichevole
bellano e generale di S.
tore di decorazioni e di
tore per natura e

tra

patrizio

il

offerti

ragguagli

relazione divenuta

assai particolareggiati sugli inizi della

bolognese, ciam-

M. il re di Polonia, grande amapomposi gingilli, ed il poeta, odia-

un po' anche per vezzo, d'ogni forma

Raccomandato

di cortigianesca consuetudine.

Giuseppe Antonio Taruffi,


l'Albergati, Vittorio Alfieri,

dall'abbate

ammiratore sincero. alquando nel giugno del 17S3

suo

seconda volta da Bologna, volle recarsi a vifamosa villa di Zola e vi rinvenne accoglienze cordialissime. Di questo primo incontro
tra i due scrittori drammatici, lo Zacchiroli ebbe certo

pass per

la

sitare l'Albergati nella sua

notizia, forse dall 'Albergati stesso, e

senza arguzia motivo alla sua

satira.

ne volle trarre non

Finge

egli

dunque

che

alla

locanda in Bologna

l'Albergati all'Alfieri

Alb. Permettez-moi, JMonsieur,

ma

si

presenti per la prima volta

ave l'honneur

qiie je

de vous

faire

rvrence.

Alf. Qui tes vous donc, Monsieur?


Alb. Admirateur de vo5 sublimes tragdies, je viens....
Alf. Oh, oh, un admirateur de mes tragdies!... Oh, Monsieur, que
vous tes charmant, que vous avez d'esprit Prenez la peine de
%ous asseoir. Monsieur a donc lu mes tragdies, puisqu'il daigne
les admirer ?
Alb. Xon, Monsieur, je ne les ai pas lues; j'admire toujours avant
que de lire. C'est ma coutume.
Alf. Il faut dono que vous sovez im homme de qualit.
Alb. Monsieur, je suis Francois Albergati Capacelli, Senateur de
Bologne, Comte de Saint Martin, Marquis du Serrail, Chevalier
de l'Ordre Rovai de Saint Stanislas, Chambellan et General au
service du Rov de Pologne, que je n'ai jamais vu de ma vie,
!

que je ne verrai jamais et que j'aime pourtant de tout mon coeur.


Alf. Ah, Monsieur, pardonnez moi. Votre politesse est encore au
dessus de votre rang. Mais, attendez, Monsieur, j'ai entendu quelque part.... oui.... j'ai entendu parler de vous. Vous avez fait des
pices de thtre, ce

me

semble.

Alb. Oui, Monsieur, et mme plusieiirs qui ont eu l'honneur de


beaucoup de reprsentations, parce que c'est moi qui les ai
joues. Je vous assure, M. le Comte, que les spectateurs, qui
je

donnois depuis souper,

Alf. Je

le

crois bien; c'est ainsi

proteger
port

beaux

les

mes

les

trouvois

que

arts. C'est ainsi

(sic)

gens

les

que

de

excellentes.

condition doivent

j'en ai use

moi par rap-

tragdies.

Alb. Cependant, Monsieur, comme on ne peut pas donner souper


tout le monde, les honntes gens qui soupent chez soi se obstinent trouver mes pices de thtre fort insipides.
Alf. Voil des honntes gens bien malhonntes. Pour moi je vous
rends justice,
et

cependant

je n'ai

je

les votres. Elles

jamais eu l'honneur

ne trouve de plus

de

souper chez vous,

belles pices

sont l'honneur de la

nation

et

de thtre que

du siede. Fiez

vous-en moi; je m'y connais un peu.

Alb. Qu'il m'est doux d'obtenir un suffrage ainsi


aimez donc mes pices de thtre, Monsieur ?

tlatteur

\'ous


Alf.

11

n'y a

au monde,

rieri

146

doiit je

me

mes

plaise davaiitage aprs

tragdies.

Ale. Je vous demanda pardon: mais comment trouvez-vous ma Fommc''


Alf. Admiral)le; que d'lvation dans les sentimens, qua de noblesse
dans l'expression, que d'intrt

Gomme

jusqu'aux larmes.

On

dans l'intrigue.

une tragdie incomparable...., unique.


Alb. Eh, comment donc une tragedie? Vous voulez
ment, Monsieur. C'est une farce que ma Poiiiine.

Alf. Une pomme,


des

ramassa

Mais

dites-vous.

pommes, moi.

11

a,

la course; ce

est attendri

cela excite la pitie et la terreur

je

connois

par exemple,

la

assez

Cast

rire

apparcm-

bien

l'histoire

pomme

qu'Atalanthe

qui causa depuis bien de meurtres;

il

pomme

que Paris donna Venus, dont il s'ensuivit


ima guerre qui bouleversa toute la Grece et qui ne finit qu'avec
la destruction de Troye: vous n'ignorez pas enfin qu'Eve avala
a aussi la

malheureusement une pomme et que ce fut par l que la pauvre


race humaine fut donne tous les diables. Je ne vois point
dans toutes ces pommes l de quoi faire une plaisanterie.
Alb. Aussi aucune de ces pommes n'est pas le sujet de ma petite
pice. Il s'agit d'une pomme pourrie, qu' un malotru de domestique s'avise de jeter par la fentre la pomme va frapper tout
droit au visage d'un gentilhomme (sic) qui passoit par la rue;
le gentilhomme monte furieux dans la maison: aussitt le voil
perdument amoureux d'une femme qu'il n'a jamais connue. qu'
il ne voit pas non plus, et
dont il entand seulemcnt quelques
mots derrire une porte. Tout cela me parait fort bien imagin.
Alf. Oui; fort bien imagin, Monsieur le Marquis.
Alb. Cependant avouez, Monsieur la Comta, que vous n'avez pas hi
;

mes comdies.
Alf. Boni

est ce

que

les

auteurs

ne vous estime pas moins


lire.

Mais

enfin,

Monsieur

tragiques lisent des comdies.' Je


admirer aussi avant que de

je sais
le

Marquis, quel sujet

me

procure-t-il

l'honneur de votre visite ?

Alb. Je souhaite que nous nous extimions encore davantage. Je vous


ai dj dit qu'il y a bien d'honntes gens, qui se moquent de

mes

pices da thtic

il

v en a

oncore

i[ui

osent

se

moquer

des votres.

Alf. Les coquinsl


.\lb.

Ils

.\lf.

Il

apportent je ne sais quelles

raisons....

faut bien apportar des raisons, lorsqu'il est question de

tragdies.

mes


Alb. C'est ce que
Alf. Xi moi non

par rapport mes conidies.

je dis aussi

jamais consulte

14

plus. J'ai toujours

me

boline rien. Ainsi j'ai os

d'avis

bon de

ligue

faire

que

la

raison n'est

mettre au dessus des rgles.

Ai.B. Je reconnois l le genie. Je crois donc,

seroit

Je n'al

la raisoii.

Monsieur

le

offensive et defensive

Comte,

contre ce

qu'il

im-

pertinens qui s'avisent de vouloirattaqiier, raison en main, votre

jS[elpomne et

ma

Thalie.

Alf. Trs volontiers, Monsieur

le

Marquis: ce sera assurement une

belle ligue.

Alb. Il faudroit commencer cotte ligue pour (sic) nous lire mutuellement nos pices; puis nous nous louerons tout notre aise.
Alf. Fort bien. Passez moi l'mtique, et je vous passerai la saigne
{sic). Je m'en vais donc commencer par mon Antigone. Vous
connoissez sans doute, Monsieur le Marquis, l'Antigone des Grecs.
Alb. Non, Monsieur, en verit, je ne la connois pas, non plus [que]
les Grecs; je sais seulement un peu de fran90is, j'crivois mme
autrefois des fort jolies lettres dans cette langue, lorsque Monsieur
l'Abb Taruff prenoit

la

peine

de [me] les dicter.

Monsieur Taruff est


Mais supposons, Monsieur le Comte, que

je n'en cris plus;

je

Maintenant

s'tablir

alle

Rome.

connoisse l'Antigone

des Grecs.

Alf. Oui, supposons

Ed ecco
del proprio

il

c'est plus tt fait.

poeta sciorinare

dramma.

andar molto lesto

Ma

al

suo visitatore

nel racconto

ei

non

la

riesce

tela

ad

l'Albergati ad ogni tratto l'interrompe;

e le interrogazioni apparentemente ingenue, per

non

dir

sciocche, che Io ZacchiroH gli pone in bocca, mirano tutte


a dimostrare
zioni

come

l'Alfieri nell'ordire le

venga meno ad ogni

precetto,

miglianza, presenti personaggi

sue tragiche a-

calpesti ogni verosi-

stravaganti

presti loro

assurdi sentimenti e pi assurdi discorsi.

1^ Antigone, com' noto, s'apre con un monologo d'Argia,


che, lasciato Argo, corsa

nottetempo a Tebe e s' di


nascosto introdotta nella reggia di Creonte
:

Eccoti in Tebe, Argia.... Lena ripiglia

Del rapido

viaggio....

D'Argo venni

io....

Oh! come a volo

Ed

ecco l'Albergati domandare

Alb. Et qui est cette Argie l?


Alf. C'est la reine d'Argos: elle ne fait qiie d'arriver (sic), de son
royaume dans Thbes.
Alb. Et qu'ont-ils dit les soldats, les gardes de palais, lorsqii'il l'ont
vue parotre ?
Alf. Ma fois {sic), ils n'ont rieri dit, parce qu'il n'v avoit point de
gardes ni de soldats au palais royal de Thbes.

Alb. Comment dono? Point de gardes, point de soldats? Pas mme


un suisse, Monsieur le Corate?
Alf. Pas mme un suisse.
Alb. Il faut absolument qua le roi de Thbes soit un trs honnte
homme, un roi chri, ador de tonte la nation. C'est sans doute
l'amour des peuples qui velile sa sret.

Alf. Oh, que non. Au contraire;


un monstre ptri des forfaits
hait la mort; et

c'est

un tyran, un usurpateur,

plus atroces; tout le

les

c'est

monde

le

ne l'ignore pas.

il

Alb. Et malgr tout cela

il

porte de son palais ouverte

laisse la

tout venant encore en tems de nuit

En honneur

(sic),

voil un

niechant roi fort sot. Cela est merveilleu^c.

Alf. Je commence toujours

mes tragdies par

vous en ferai voir bien d'autres dans

Alb. M.

le

Comte, n'oublions pas

merveilleux. Je

le

de

la suite

la pice.

d'Argos qui

la reine

est dj

dans

la salle.

Alf. Oh proposi vous m'y


va conter son histoire.

Alb.
Alf.
Alb.
Alf.
Alb.

Et qui

la conte-elle, s'il

La

demande!

belle

Comment

soi

sol

mme?

songer.

faites

Ecoutez-donc. La reine

vous plait?

mme.

Est-ce qu'elle parie toute seule?

Oui-da, les reines grecques parloieat toujours

Je n'eusse jamais devine


aventures.

quon

comme i;a.
mme

put se conter soi

ses

Alf. Taisez-vous. Argie commence donc par avertir soi-mme qu'elle


est dans

Thbes; qu'elle est bien

fatigue

qu'elle ne sera pas fache de prendre


salle

du

un

de son vovage;
peu de repos dans

et
la

palais.

Alb. Je gage que

le

ses amis. Cette

tyran qui habite ce palais

Argie veut

lui

faire

est

assurement

un

ime

des

(sic)

agrable

surprise son rveil.


.\lf. l'oint de tout

(sic);

Creonte

(c'ost ainsi

que

le

tyran s'appellel


Creonte

U9

est l'ennemi

enterre

mortel d'Argie; il ne veut pas


carps de son mari qui vient d'tre tue,

le

mme

qu'on

a dj

il

six jours.

Alb. Et

elle

va

se reposer

dans

du

la salle

palais

habit

par ce

Creonte!

Alk. Oui; vous sentez


pendant

la nuit

liien

qu'un ennemi va tout uniment se reposer

dans la maison de son ennemi mortel. Cela

est

tout simple. J'ai toujours peint la nature.

Alb. Cela est trs naturel.


Alf. Argie continue en disant

vovage avec beau-

qu'elle a fait son

coup de rapidit.

Alb. Je n'en

six

Apparemment

elle eit

venne en poste,

n'v avoit point de postes du

tems des Grecs.

suis point surpris.

au trot de

grands chevaux....

Alf. Pardonnez-moi

il

Elle est venne pied.

Alb. Ah,

oui; je confois present toute l'intrigue de la pice.

ah,....

C'est une charmante reine qui s'est furtivement clipse de son


palais

pour suivre un

prendre de l'argent.

Il

amant et l'amour lui a fait oublier de


_v a beaucoup de
ces aventiires dans la

Ccopdirc et dans VArtamcne.

Alf. Vous

n'y tes pas; cela serait trop bourgeois.

pas une aventurire;

ment du

roi

elle est partie

avec

bon

le

Adraste son pre, ainsi qu'elle

Ma

reine

n'est

plaisir et l'agr-

le fait

entendre dans

la suite.

Alb. Ah, quel

Xe donner

roi et quel pre!

volture sa

lille!

11

y a loin

pas

mme

d'Argos Thbes.

une petite

Ainsi je crois

sans peine que Argie et toute sa suite auront et trs fatigus

du vovage.
Alf. Apprenez dono, Monsieur, qu'Argie n'avoit point de suite.
Elle ne partit d'Argos qu'avec un bon vieillard nomm Menete.
Alb. Une reine d'Argos qui vient dans Thbes o reigne son ennemi
(xic)

mortel, n'a point sa suite

Alf. Et ce

vieillard

{sic)

qu'un vieillard?

mme, accabl par

le

poids

des ans et des fa-

p marcher longtemps; il est reste demi chemin.


Alb. Le pauvre vieillardl Cela fend le coeur. Mais que ne lui donniez vous, Monsieur le Comte, du moins un de vos chevaux.'
Alf. Je le lui aurais donne trs volontiers; mais malheureusement
pour lui, lorsque je le fis voyager Thbes, j'avois donne mes
chevaux Mr. le Chev..- Pazzi. Ainsi il falloit absolutement (xic)
tigus, n'a

qu'il vint pieds.

Alb.

J'en suis bien fach....

Car

enfin qui

part picd de sa patrie


pour

150

le royaume de son ennemi inortel, n'ayant sa


pauvre vieillard qui ne peut pas la (sic) suivre, est

dans

aller

suite qu'un

aussi extraordinaire qu'un usurpateur qui n'a point de gardes

son palais, surtout en tems de nuit. Cela paroit impossible.

Alf.

J'ai

surmont l'impossibilit mme;

et j'ai fait

que ce qui paroit

impossible, soit justement. Cela ne m'a cot qu'un coup de piume.

Ah, la belle chose que la piume!


Mais que pensez vous qu'elle soit venue

Ai,B.

taire Thbes?
Alb. En verit, je n'en sais rien.
Alf. coutez-la donc. Elie est venue Thbes pour ramasser les
cendres de Polinice son poux et les rapporter ensuite dans

Ai.F.

Argos. Je
cependant

n'ai

jamais vu,

je l'ainie

Ale. Cela pourroit bien

dit-elle,

ma

.\ntigone,

sour;

belle

la folle.
tre.

Il

est plus ais

que deux belles-soeurs

s'aiment sans se connotre qu'aprs qu'elles ont fait connoissance.

Alf. Argia voudroit voir cette belle-soeur adore, mais elle ne sait
pas comment la reconnotre. Pendant qu'elle (lotte dans une incertitude douloureuse, on entend da bruit. Elle tremble

(.\2

peur.

.\lb. Je tremblerais aus^i sa place.

Quelqu'un s'avance.
Mon Dieu! C'est assurement Creonte, ou quelqu'un de ses
courtisans. Pauvre .\rgie, que je te plains!
.\lf. Ne la plaignez pas encore. Je m'en vais la faire cacher.
Alb. Oh, la belle imagination! Est ce qu'il y avoit des armoires dans

.'Vlf.

Alb.

la salle

de Creonte?

Alf. Je ne sais pas vraiment; mais j'en ai dj averti le machiniste


du thtre. Ainsi rassurez vous; Dieu merci, la voil bien cache.

Timori vani

la

persona che arriva

quella

proprio

vedere

che Argia desiderava soprattutto


ecco l'Albergati esclamare

Antigone!

Ed

la belle-soeur d' Argie! En verit, Vous m'tonnez, Monsieur.


Argie souhaitc de voir .Vntigone, qui se levant minuit, vient

Ale. Ah,

point

nomm!

Alf. C'est encore un coup de thtre.

Les gens

raison ne trou-

veront pas cela fort vraisemblable.


.\lb. Qu'importe.'

Mocquez

Mais propos, Mr.

le

(tic)

vous toujours

des

gens

raison.

Conite, n'eut-il pas mieux valu ne cacher

point Argie, puisque c'est sa belle soeur qui paroit?


.\lf. Cela n'toit pas possible.

11

falloit

qu'.\ntigone

pendant l'espace de 30 vers bien remplis.

parl,-it

aussi

151

Alb. Attendez. Cette Antigone de quel pays est-elle?


Alf. De Thbes, Monsieur.
At,b. Et Argie est d'Argos, ainsi que Vous m'avez falt l'honneur de
me dire. Voil qui est bien. Je suis charme d'entendre les 30
un tout autre langage

vers d'Antigone; elle parler assurement

que celui d' Argie.


Alf. Pourquoi donc, Monsieur,

sii

vous plat?

Ale.

me

trompe,

l'arce qu'Horace,

je

si

ne

le

exprs

dit

multum, divusne loquatur an heros,


Maturusne senex an adhuc fiorente iuventa
Fervidus, et. matrona potens an sedala nutrix
Mercatorne vagus cultorne virentis agelli,
Colchus an Assyrius, Thebis nutritus an Argis.
Intererit

Alf. Ah je me soucis {sic) bien, moi, de ce que dit Horace 11 n'a


jamais song moi, et je n'ai pas song non plus lui. Mon
Antigone et mon Argie parlent exactement le mme langage.
!

Apparemment

votre Horace toit un

venez vous, Mr.


de tous

(sic)

les

frecciata

bruscamente

vien

Zacchiroli

non

raison

che

il

dialogo

fatto

di

finisce.

sou{sic)

Finisce

domandarci

se

l'abbia per caso lasciato interrotto o

scrittore senese siasi seccato di

trascriverlo

Ma

probabile.

quest'ultima ipotesi poco

satira cos scucita

tronca quale

francese molto mediocre e sotto

il

per
In

il

lo

tra-

intiero.

realt

appare, scritta

in

la

un

rispetto dell'ortografia

a volte addirittura fantastico (ma chi mai in


fuori di

et

gens raisonnables.

Con questa ultima


cos

homme

Marquis, que nous devons nous mocquer

le

Francia conosceva, eccettuati pochi

Francia e

grambene
composta

solitari

matici, l'ortografia francese nel settecento?), risponde


al

genio tumultuario e disordinato

di chi l'ha

una cosa buttata gi alla lesta, in poche ore, forse sul


tavolino d'un caff, per far ridere la brigata, destinata a

vivere la vita di un giorno.

Il

caso ha voluto invece che

sopravvivesse, che giungesse fino a noi, ed io ho creduto

opportuno compire l'opera del caso, traendola all'aperto dal

vecchio scartafaccio dove

Essa un
pu negare, della formidabile maldicenza zacchiroliana. Amici e nemici, tutti debbono sopportarne le trafitture. E che razza di colpi egli
mena Qui il pi bistrattato dei due drammaturgi fuor
di dubbio risulta l'amico del critico, il suo vecchio collastava rannicchiata.

curioso ed istruttivo esempio, non

si

boratore. L'Albergati

vien dipinto dall'implacabile

ci

libel-

quale un ignorante, un vanesio, un dappoco, e quasi

lista

quasi un impostore, avvezzo,

pompa

come

l'esopica

cornacchia,

penne non sue.


In quant'all'Alfieri la fama sua

a far

di

come quella di Vernon pu crescere per lodi n per biasimi


scemare. E noi che proseguiamo d'affettuosa reverenza il
poeta vaticinatore dell'Italia nuova, assistiamo con ironica
ed insieme indulgente commiserazione agli inani sforzi
gilio

essa

del botoletto ringhioso,

il

quale

punizione meritata

dove a colui che ha osato mordere, a lui soltanto, quella


minuscola particella di nominanza che tuttavia gli rimane.

WOLFGANG AMADEUS MOZART,


(soiiiz/.o onif.ixM.R ni joii.

i'Ktkii i.yskii).

DallR Zeitschrift fiir Biicherfreiinile, nov.

1906).

X:*'X

*jTsX.4ii-"-m 4ir.<:X

MOZART E LE

ELLE

[\
^

4t>^-.X E.-'-.X .tiSK ^'-^as i':tX>

NOZZE

DI

Monaco

FIGARO

calde serate d'un agosto non lontano quella gra-

ziosa sala di spettacoli che

-*-

di

^i.-icSnk

l'^i/i^r

offriva a chi vi s'affacciasse

assai attraente e curioso. L'elegante


luce, tutto lieto della

y?^^?^^;/: Ty/i-w/rr

un colpo d'occhio

vaso,

sfavillante

sua sontuosit d'antica data, de' suoi


sue dorature, raccoglieva

stucchi, delle sue statue, delle

un pubblico non meno inconsueto.


Non erano gli impettiti ufficiali ed rispettabili borghesi
della placida capitale bavarese quelli che occupavano le
in quell'insolita stagione

comode

sedie del parquet o

conate delle logge

che

la tela s'alzasse

anche
tori,

il

non
o

il

negli

intervalli

di

tedesco risonava sulle bocche di

ma, com'essi differivano

tipo vuoi per


vella,

sporgevano dall'ampie

si

il

vestiario,

ed accanto

al

tutti

cos

linguaggio

tra

riposo.

loro,

distinguevansi
di

Certo
spetta-

quegli

vuoi

per

per

il

la fa-

Goethe n'echeggiavano

quant'altri l'Europa possiede, n forse l'Europa

bal-

tedesco s'udiva parlare prima

soltanto.

quell'accolta di persone, piovute un po' da ogni parte

nel vecchio teatro de' re di Baviera, vi

si

era data con-

vegno per celebrare ancora una volta una

festa dell'arte

aveva

e del pensiero, per riascoltare nella citt che


trecciato al giovinetto capo del maestro
simi allori, su quelle scene
lodie e\VIdomei?ro (1781)

mondo

appunto dove le ispirate meavevano primamente rivelato al

l'apparizione di un astro novello,

fanti di

in-

primi freschis-

capolavori trion-

Wolfgango Amedeo Mozart.

Cos per un periodo, ahim troppo breve, di tempo,


vario e pur ubbidiente ad

dinanzi a quel pubblico tanto

un impulso unico ed

irresistibile,

quanti personaggi

genio

il

Salisburgo, pervenuto

meno

di

due

lustri

nulla, gettandoli

maturit

alla

colpo

nello strazio

vagheggini ed imbronciati
fieri

melensi,

tutto

stoso dell'ultimo Settecento,

parvenza ancora

Fanciulle

il

ad

pronti

di cuori

ogni sa-

d'appagare

innocenti

le

vecchi

scaltre servette e staf-

mondo

spensierato e fe-

che reca gi

florida e brillante,

caduta, dell'irrimediabile

in

nell'immortalit.

filosofi,

insomma

di

aveva

e palpitanti dal

avidi soltanto

crificio e seduttori corrotti,

affollarsi

maestro

perfetta,

civettuole e mogli fedeli, innamorati

brame perverse

del

tratti vivi

(1782-1791)

d'un

sono tornati ad

meraviglioso

in s,

sotto la

segni dell'imminente

dissolvimento,

rivissuto di-

ci

nanzi, per la festa dei nostri occhi e la gioia della nostra

immaginazione. Noi abbiamo seguito tra


fiore

d'una fantastica, ariostesca Ferrara,

gli
i

aranceti in

passi

leggeri

abbiamo veduto gli occhi molli


di pianto delle belle abbandonate asciugarsi, ahi troppo
presto
dietro
consigli della procace Despina
e sorriso
di Fiordiligi e Dorabella

1,

agli sdegni gelosi dei pretendenti sbalorditi e confusi di fronte a tanto manifeste

prove

dell'instabilit femminile....

Poi,

IIOIIKN-SM.i^ltimC,.

mentre

il

vecchio filosofo Alfonso sogghignava ancora,

ripetendo: Cos) fan

tutte,

siamo

caracca tiepolesca

saliti salla

Selim bassa per scendere ne' giardini del Bosforo e penetrare al seguito di Belmonte e del pauroso Pedrillo nei vietati
di

meandri
Quindi

dove
si

il

Osmino.
Burgos,

Serraglio

le

penetra a fatica,

tenebre amori

dove Don Giovanni tocca

fioretto....

dal

custoditi

chiarore lunare

svolgano tra

sfatti;
il

burlevole

Ispagna, nelle stradicciuole oscure di

del

in

Poi, ancora, nel

che

lasciando

furtivi e sanguinosi
il

mi-

mandolino ed impugna

mondo

nei paesi

dei sog"ni,

Regina della Notte, in cui Genii si fanno guida ai


mortali, dove l'innamorato costante, al suono d'un flauto
incantato, penetra negli ipogei sacri ad Iside eterna e vi

della

acquista insieme

acquisto prodigioso

inesauribile di quella musica

mozartiana

sapienza e

la

l'amore. Viaggio ideale, senza meta, cullato

dalla

che,

magia

simile

al

ruscello celebrato dal Tennyson, scorre, scorre senza posa,

mutando

colori e trasparenze, ora placida, tranquilla, az-

zurrina, nell'alveo largo tra

sponde

fiorite,

or scura e triste

all'ombra di densissime foreste, or bianca,


tra

massi che

le

impediscono

la

via,

ilare,

contro

loquace
quali in-

sorge, spumeggia e canta. Sospiravano blandi nell'orchestra


violini ed
flauti, il clavicembalo mandava note sottili.
Quanto era lontana quell'orchestra dalla mirabile ricchezza
di colori e di suoni a cui ci ha abituati l'arte d'oggi
Eppure quella discreta tenuit degli strumenti tradizionali
venerandi concorreva ancor essa a rendere pi forte il
i

fascino intenso della rievocazione ottenuta.

Non
creazioni

come

tutte per

drammatiche

che

varrebbe dissimularlo

deir unico

dicono lo chiamasse

il

Rossini,

tra

le

compositori,

recano a chi oggi

le ascolti sul teatro

piena ed uguale

stretto a piegare

capo, sebbene

il

nel cuore e talvolta

anche

Co-

soddisfazione.

fremesse

riv-olta gli

la

davanti alle tiran-

sulle labbra,

niche esigenze dei padroni del momento,

deviare suo

malgrado dal cammino che s'era tracciato, per lasciare libero il varco ad insensati capricci d'impresari e di cantanti, troppo spesso Mozart si vide nella necessit di gittare

il

metallo fumigante e prezioso della sua ispirazione

sublime dentro

angustie

le

Ed

bilmente inferiore.

d'un modello

a volte

l'ira

tratto,

note

le

il

incommensuradisgusto lo vin-

un'opera, l'interruppe ad

sero a segno, che, incominciata

un

insofferente di rivestir pi oltre delle alate sue

sciocche favole ammannitegli da collaboratori tanto

incapaci quanto presuntuosi. Si ricordi

dell'Oca del Cairo,

cominciata nel 1783 su libretto dell'abbate Varesco,


egli non scrisse se non un atto, il primo, poich gli manc

da

lui

l'animo di musicarne pi oltre


i

l'insipida azione

eppure

pezzi rimasti inediti sono, a giudizio de' competenti, tra

le

cose sue maggiormente

felici,

pezzi delle Nozze di Figaro !

altezze avrebbe

potuto

paragonabili

pi bei

ai

Chi sa immaginare a quali

salire quell'incomparabile genio,

se la fortuna l'avesse fatto incontrare in un poeta vero


se,

meglio ancora,

la

natura o l'educazione l'avessero,

come

accadde a R. Wagner, posto

in grad 1 di bastare a se stesso?


Giacch quand'egli asseriva, stimolato forse dal disprezzo
che non potevano a meno d'ispirargli gli Stephanie ed
Da Ponte, dover
Varesco, gli Schikaneder e fors'anche
i

la

poesia rimanere sempre sottomessa alla musica

quale

ancella ubbidiente, ed allegava a giustificazione della sen-

tenza sua l'esempio

musica teneva

le

dell'opsra buffa

italiana,

in

veci di tutto, anche del senso

esulante a furia dai bestialisimi

libretti,

cui

la

comune,

Mozart non era cer-

tamente nel vero. Perch il dramma musicale riesca a toccare quel grado di relativa perfezione ond' suscettibile.

MOZART A
(DA UX

(..l'ADRO

SEI ANNI.

UEL MOZART-ilOSEUM).

MOZART COLLA SORELLA ED


(DA IN QUADRO DEL MOZAIIT-MUSEIM).

IL

PADRE.

fa d'uopo,

che

le

due

come

il

arti

vi

a quella, secondoch

richiede lo svolgimento dell'azione.

Due

se

il

musicista

compagno ed un

trascura d'aver un

regno,

il

passo alla poesia, or questa

il

se l'accordo spezzato,

sultato finale

traternamente

dividano

si

talch ora la musica ceda

Ma

Gluck aveva ben predicato,

vecchio

disdegna o

pari nel poeta,

non pu che tornare nefasto all'opera

sole volte

Mozart, sempre

il

in traccia,

il

ri-

d'arte.

ad onta

delle sue teorie, d'un collaboratore capace di comprenderlo,

ebbe la ventura d metter la mano suU' uomo che faceva


per lui: quando cio l'abate Lorenzo Da Ponte, avventuriero
e poeta, guastatosi col Salieri, pens bene di profferire i propri servigi al di lui

formidabile competitore.

borazione sono usciti

ammira
si

il

Don

Gim'amii e

deve credere che

il

Da

Da questa colla-

due capolavori che


le

Ponte

tutto

jVozzc di Figaro.
sia stato

davvero

il

mondo

Per non
lui,

lui in

persona, l'autore del miracolo. L'aureola di principe dei

che taluni

brettisti,

po, non
Arturo

scrittori gli vollero

davvero meritata.

Farinelli

riduce ad

Il

cingere intorno

libretto di

Don

Goz'amn,

li-

al ca-

come

ha chiaramente dimostrato anni sono,

si

un semplice rifacimento del Convitafo di Pietra

gi composto, per

il maestro Gazzaniga, dal Bertati, rivale


temuto ed odiato del Da Ponte. Originale in quella vece
il libretto delle Nozze : ma in questo....
ci che vi ha di
buono non certo dell'abate da Ceneda esso scatur dall'amplesso di due genii nati per intendersi, com'erano
Mozart e Beaum.archais.
;

Allorch

il

grande

scrittore

francese, inebbriato dal

successo del Barbiere di Siviglia, concep l'audace disegno-

di dargli

una continuazione,

durre sulla scena


carissimi,

ma

non gi

il

Barbiere,

Scrivendo
altro fine
la schietta

ei

personaggi

propose bens

si

stessi divenuti

di presentarli sotto la luce

Beaumarchais non

che quello non

fosse

pubblico

medesima.
proposto

erasi

riportare

di

di ricon-

al

gaiezza che n'era stata sbandita

teatro

sul

ammiratore

e discepolo del Molire, egli aspirava a richiamar la com-

media verso le forme sue antiche, spensierate e festose,


temperandone l'ingenuit primitiva, caduta un po' gi di moda, con quello spirito motteggevole ed arguto, a cui

Voltaire non

dopo

il

poteva pi rinunziare, e ch'ei sapeva d'altronde profondere negli scritti suoi. Ma Figaro, nato per far
si

ridere, fece invece pensare.

sarcasmi taglienti;
di rivolta; la farsa

suoi motti beffardi divennero

sua sfrontata loquacit ebbe fremiti

la

parve tramutarsi in

soffio precorritore della rivoluzione,

dramma

sotto

il

gi virtualmente in-

cominciata. Beaumarchais,

lanciato sopra siffatta china,


non poteva arrestarsi. Quell'elemento di protesta, di ri-

bellione contro tatto

nel Barbiere,

ma

passato, che egli non aveva

il

che

il

pubblico aveva

voluto

messo

vedervi,

anim invece e pervase da cima a fondo il complicato congegno delle Nozze di Figaro. Costui divenne davvero il banditore dell'insurrezione, e dalla scena intim una guerra, magnifica d'audacia e d'insolenza, contro la

la

copriva

di ridicolo,

le

scavava

non avrebbe davvero meritato


giova ripetere

il

dinanzi la fossa.

di sfasciarsi

pensiero del Sainte Beuve

del 27 aprile 1784 e cent'altre

di

seguito,

follemente ostinata a sanzionare con


la

vecchia societ che,

con frenesia tutto quanto

delirante d'entusiasmo, applaud

come

se
non

indicibile

Essa

fece

la sera
si

fosse

trasporto

sua propria condanna.

Per cavare dalla Folle founiee

altro

titolo delle

LA CASA DOVE XACOL'K MOZMIT

(l'.KTJlKiEMXASSi:, 7).

la

Nozze

materia d'un

dramma

ceva naturalmente mestieri


senziali

zione

occorreva

musicale giocoso,

sfrondare

lussureggiante

la

sve-

toga del tribuno per riavvolgersi nuovamente nelle

stire la

pieghe della cappa spagnuola.


va davvero dove stesser di casa
se un istante a mettere le mani

Da

Il

Ponte, che non sape-

gli scrupoli,

nella

pare non esitas-

commedia francese

sorretto in parte dal suo fiuto naturale, in parte


dall'

vegeta-

Figaro

laboriosissimo, forzare

dell' intrigo

fa-

d'introdurvi modificazioni es-

mano

espertissima

non del

tutto

ad ordire una

tela

collaboratore. Certo

non

di Mozart, riusci

indegna del

sommo

e,

guidato

bisogna porre vicino alla prosa scintillante e scoppiettante


del

Beaumarchais

liano

la

povera riduzione poetica dell'abate

e leziosa, in versi zoppicanti


grazia e di spirito, non regge

Ma

coll'originale.

sicuro

stentati, privi

di

lontano paragone

pi

al

ad

onta di

nella

tutto,

copia

di

scialba

vi permane tanto quanto bastava perch


Mozart potesse valersene a spiccare baldo e

e grossolana

genio

spesso

qualche cosa della vigorosa bellezza

permane,

questo

il

ita-

questa, scritta in lingua assai volgare, infranciosata

di

suo volo.

il

fama che

il

Rossini dicesse aver egli nel Barbiere


>, conforme alle tramentre il Mozart nelle
modello del dramma

dato nulla pi che un' opera buffa


dizioni illustri della scuola italiana,
A'ozzc di Figaro

giocoso
si

aveva presentato

il

Sia o non sia autentico siffatto giudizio, certo

che esso caratterizza ottimamente,

osservato,

fedelmente

le

la

due opere

d'arte.

Il

spensierata ilarit del

Beaumarchais, e ce ne scolpisce
gonisti

le

A^ozze invece

come

altri

ha

gi

Barbiere rispecchia molto

mescolano

primo dramma
meraviglia

del

prota-

alla festivit del

sog-

getto un elemento nuovo di gravit e di malinconia. Fi-

garo sempre il re degli intriganti e de' faccendieri, ma


ha perduto il suo incrollabile buon umore non ride pi
di tutto e di tutti; innamorato e deve difendere contro
;

molti nemici la sua felicit futura. Ingannato dalle apparenze, ei giunge a dubitare anche della fedelt della sua
bella,
la

ed eccolo

piange e lamenta amaramente

disfatto; ei

leggerezza femminile
Ahi che

il

lcUirsi

donna

ognor

follia

lacrimoso mariuolo, figlio riconosciuto e legittimato

Il

Don Bartolo e di Marcellina, non ci commuove gran


fatto. N pi simpatico ci riesce
conte d'Almaviva,
personaggio sempre sacrificato , come confessa lo stesso

di

il

Beaumarchais. Lindoro proprio scomparso. Il bel genche, ferito da due occhi

tiluomo, galante e romanzesco,

d'una mantiglia, corre da


da studente, per far sua la
trasformato in un gran signore indo-

pieghe

neri balenanti tra le

Madrid a

Siviglia, travestito

bella Rosina,

si

lente e dispotico, che cela la saziet e l'indifferenza verso


la

moglie sotto

le

apparenze della pi raffinata cortesia.

ma

Perfetto gentiluomo,

corre

in

insieme libertino

traccia di fanciulle, e

abolito ne' feudi suoi

il

perfetto,

egli

dopo avere solennemente

friiiiac vodis, cerca ristabilir-

iits

velo di straforo. Tutto ci lo rende

immeritevole d'inte-

non gli impedisce


ben meschina figura. In quanto a Rosina, essa
pure com' cangiata La malizia ingenua, a dir cos, la
resse, e la sua correzione aristocratica

di fare

vivacit biricchina della pupilla di

ricercherebbero nella

l'infedelt del marito, essa

donna

ne

forse pi che nel suo

tativi a cui s'induce

Don

Bartolo, invano

contessa d'Almaviva.
soffre

amore

per ricondurre

si

Conscia del-

nel suo orgoglio di


di moglie,
lo

ed

ten-

sposo infedele

rispetto de' suoi doveri paiono ispirati quasi pi

da un

al

senti-

^'^^'

^'
'^i

IL " TERZETTO DEL NASTRO


NELLE " NOZZE DI FIGARO ,.
(DA UNA LITOGRAFIA DI JOH. PET. LYSER)
(Dalla Zeilschri/t far BUcherfreunde, nov. 1906).

di

Rosina de-

leldV

cavatina de,

n recitativo e

:: Z'

:To'roTa"JcT't

effuse

merc pe son
eroi de'e

'"

ultimo, di

'^^'^^

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" '""'"^ ^^^-

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sgonnellanti

tipo geniale della

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The ''''"'^"^ "^ta, comondo ne im
ma sa t' ser.a,":;:
!/ '^ ^' ^''^^^ ^^'T^^''
^'^ '"'^' affascinante,

nosce

i,

darli.

graziosa. essa la

paggio.

;LL

;,

tristezze, di

quanto

mal

crs-arcr^''-

pieno di de

creazione de,

Beaumarchai?

manente, perpetua
a d^>
tasia dei'p'oetf

aghl!^^

%urazion

Byron ed

i,

i,

iairaristocratico

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nel fondo, talch


un vincolo
lei Boccaccio,

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erL ^TV"^"'"'

de,

canto

'^

lerlT^J

--^

genio^'^ltuSa^^Vh:

infuso un cos vero ed acuto senso d' irrequietudine e di

bramosia, da renderlo quasi doloroso.


no,

Non

che esce fuori dall'aria di Cherubino

smi, cosa /accio,

n dalia canzone

dell'atto

che sapete che cosa amor.... Strano

dove comincia
lettori

il

riso,

dove

il

certo la gioia,

Non so pi cosa

pianto,

Voi

secondo:

dramma

giocoso

miei

Ma

benevoli

tinttn

^lt

eHwim" m

Gtr.f gi'pffe i^per in

rtit

Cnrw

f'"'"!- f^""!'-

c""'!-

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SFfm, reo Smflnutl (tufaurtrt.

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Sn'ilciniialc:

Sttin

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T,n&.

QTrAp^on^

(Ut

3KotT.

4rfnna'*n

piafor.

t^^Ufseitiiflfil

PER

r\^

lUN
di

in

IL

FOSCOLO

esempio pi lagrimevole

dell' insanabile libidine

scrivere che inciprignisce talvolta imperversando

certi cervelli

ammalati,

di quello

che

ci

porge

la

contro-

versia sorta parecchi anni sono intorno ai Sepolcri di

Ugo

Foscolo e neppur adesso del tutto sopita. La discussione

carme

Pindemonte fosse o no anteriore a


quantunque non potesse dirsi gran
cosa importante, pure, posta come aveva fatto chi ebbe
il merito di
sollevarla, non era certamente indegna di
attenzione. Ma ecco con sgomento universale ed univer-

infatti se

il

del

quello del Foscolo,

sale fastidio farsi d'un tratto innanzi chi, inurbano e violento,

urtando

ragionamenti
blema,

lo

gli
le

uni,

respingendo

gli altri,

opponendo

ai

insolenze, s'impadronisce del tenue pro-

dichiara

di

un interesse enorme,

intorno dei grossi volumi

scrive

ci

millesima pagina surgit

omnibus

et crescit

direbbe Giovenale.

Quae tamen

Ma

multa damnosa papyro

egli

aggiungerebbe pur anche

inde seges.^ terrae quis fructus apcrtae

Appena che

valentuomini,

difatti alcuni

a'

quali la

subita ruina di una valanga di ciarle sconclusionate non

aveva fatto smarrire la strada, si rivolgono a considerare


se davvero le cose siano andate come si pretende, ecco,
ecco il grande incendio ridursi alla proporzione di un umile
fuocherello di paglia, cui poche goccie d'acqua valgono
a domare un sol documento rafforzato da solide argo:

mentazioni fa sfumare

ridicolo edificio fabbricato a furia

il

d' ipotesi strambe. Perci

documenti, sovra

tendo richiamare l'attenzione dei

lettori,

rigore giudicarsi adesso superflui


vittoria

gi

non pu ormai essere

fin

quali io in-

potrebbero a tutto

da qual parte stia la


dubbio il Foscolo

pi

d'ora dalle accuse mossegli pienamente liberato.

Ci non di meno queste nuove testimonianze in suo favore


non torneranno del tutto inutili esse mostreranno se
non altro anche pi apertamente la pazza leggerezza di
certuni e ci insegneranno, utile insegnamento!, come non
;

sia

mai prudente l'affermar troppo.

Entro quali confini

oggi circoscritta

siasi

par mi cosa troppo conosciuta, perch

ed a me medesimo

la

ster pertanto ricordare

e sostenga che

quando
il

vi

sia

chi abbia sostenuto

nell'estate del

da

pensiero di

1806,
lui

dietro

si

nuovi tentativi

dar forma poetica pi confacente

poeta volle sottoporre


si

al

al

in

in

verso

poi, fatti

per

malinconico tema,

Verona, e

il

quando questi
Ugo tanto si com-

giudizio del Foscolo,

rec poco dopo a visitarlo

il

poema in
rivolse imme-

diatamente ad elaborare sotto pi breve forma ed


l'argomento stesso.

uno

consultato,

scrivere un

ottava rima ed in pi canti sui Cimiteri,

sciolto

contesa,

noia di ritesserne la storia. Ba-

come

sfavorevole giudizio del Cesarotti,

Pindemonte depose

la

io infligga agli altri

piacque del soggetto, da accogliere nell'animo


di svolgerlo egli stesso.

e nel suo componimento, oltre che

usurpare del

os

perfino dei versi

lavoro

il

disegno

Al pensiero diede esecuzione


d'Ippolito

un bel giorno

il

tosto;

e l'orditura.

titolo

il

concetti, immagini,

Pindemonte vide

ca-

nome con

raf-

pitargli dinanzi un'epistola, intitolata al suo

finatezza singolarissima d'ipocrisia, nella quale

dolorosa sorpresa ritrov sfruttata l'opera propria.

non senza

Che

fare

smascherare il Foscolo ? tacere ? Il Pindemonte si appigli, da gentiluomo quale era, al secondo partito, e dal suo
abbozzato lavoro si rassegn a trarre soltanto materia ad

una risposta

al

poco scrupoloso suo amico.

macquando
lo si creda, indorare con ipocrite restrizioni la pillola) non
son fortunatamente molti che pensino tale opinione non
conta ormai, se non m' inganno, che un solo difensore.
Affrettiamoci a

dirlo

che

il

Foscolo

si

fosse

chiato d' un' azione cos poco onorevole ( inutile,

Quasi che

tutti,

invece,

tori della vita e delle

visan,

r Ugoletti,

il

pi recenti e competenti illustra-

opere del Foscolo, e citer

Mestica,

il

Tre-

Torraca, rifiutano fede a

il

tutti concordemente ammettono che


mossa al Foscolo non ha alcun solido fondamento, perch questi non ebbe mai cognizione,
prima che fosse divulgato per le stampe, del carme pindemontiano, il quale fu composto soltanto dopo l'apparizione dei Sepolcri di Ugo. I documenti, che ora addurr,
confermeranno la verit di queste asserzioni; il Foscolo
non vide mai
tentativi del Pindemonte
costui non si
accinse a scrivere la sua epistola se non nel 1807.

questa sentenza.

l'accusa di plagio

Sepolcri del Pindemonte

Ugo

Foscolo non

poteva

averli letti o sentiti leggere

da Milano

si

che nell'estate del i8o6, quando

rec ripetutamente a Verona; una prima volta

il
25 del seguente mese una seconda.
prima o nella seconda visita che ebbe
luogo la lettura ? N nell' una, mi si risponde, n nell'altra.
Non nella prima, perch questa ebbe luogo il 17 giugno;
ora soltanto trentasette giorni dopo il Pindemonte ricevette dal Cesarotti la lettera nella quale gli dava il consiglio di non continuare i CYw/Vt?.- e perci al rifacimento
in sciolti inammissibile abbia posto mano prima delia
fine di luglio. E neppure nella seconda, perch, quando il
23 di esso mese Ugo ritorn a Verona, non vi rinvenne,
il

17 di giugno,

Orbene

come
il

nella

attesta

una sua

bella e notissima

quale villeggiava a Novara. Ma, in

Foscolo avrebbe veduti


pronta
si

gli

scartafacci famosi?

sulla fine di luglio

primi

sui

l'amico,

lettera,

tal caso,

d'

quando

La

agosto

ricondusse a Venezia una terza volta. Allora

trattenne a lungo

con

il

Pindemonte, che

ivi si

Ugo

egli

si

trovava,

contessa Albrizzi; allora appunto sent leggere

e la

il

risposta

gli

pindemontiani.

sciolti

Ma

che questa terza visita sia realmente avvenuta


? Per verit non se n' ha certezza nessuna,
ma che essa abbia
costretto confessare chi la sostiene
avuto luogo indubitato. Noi crediamo precisamente

come

si

prova

l'opposto,

ed

in tale

credenza

ci

menti, gi pi volte menzionati,


le

lettere

docuinducono appunto
quali non sono altro che
i

inviate nei mesi di luglio e d'agosto del

iSo

dal Pindemonte a S. Bettinelli.

Scriveva pertanto da Verona,

il

zS luglio

1806. Ip-

polito al suo vecchio amico:

rec vostri saluti, mi disse


non ancora affatto rimarginata. >
Qui, com' chiaro, s' allude alhi visita che nel giugno
aveva fatta al Pindemonte il l-'oscolo di ritorno da Ve

Anche Foscolo che mi

< che la piaghetta

nezia.

seconda

della

167

visita,

quella che era avvenuta

il

23 luglio, noi troviamo ricordo nelle seguenti parole che

Pindemonte scriveva ai 4 d'agosto


Foscolo mi parla molto di voi in una lettera che
scritto mi ha da Milano. Dovette fermarsi un giorno in
Desenzano per esserglisi rotto il legno, e intanto si oc cupo nell'esaminare il primo tomo della nuova Crusca del
P. Cesari, del qual tomo mi pare esser rimasto assai sod disfatto. Parlami anche di una satira ch'egli dice volermi
il

indirizzare.

>

questo,

come ognun

vede, un assai

fedele rias-

sunto della graziosissima lettera, che, otto giorni innanzi,


il

Foscolo aveva da Milano scritta all'amico,

della infelice riuscita della

Ugo

avesse nei giorni scorsi

citt

qual fronte

di

fra

26 di luglio

il

Ora
ed

il

se

tempo di ritornare in quella


per uno o per pi giorni, come si pretende, con

del seguente mese, trovato

al

lagnandosi

sua corsa a Verona.

il

potr credere che

si

il

Pindemonte. scrivendo

appena avvenuta la di
dar conto all'amico di Mantova

Bettinelli,

lui

partenza, invece

delle

conversazioni,

certo lunghe ed importanti avute col Foscolo, stesse pago


d' una lettera ricevuta otto giorni
una ipotesi siffatta troppo di
per s stessa palese, perch io spenda pi oltre parole a

a trasmettergli

prima

il

sunto

L' assurdit

rilevarla.

Ma

d'

se la terza visita

non ebbe luogo

sugli ul-

timi di luglio o sui primi d'agosto potrebbe essersi effet.

tuata dopo il 4 di questo mese, obbietter forse qualcuno.


Rispondiamo che anche questa supposizione insostenibile

cos

infatti

1'

1 1

il

Pindemonte, riscrivendo

al

Bettinelli,

rispondeva a certe interrogazioni fattegli sul Foscolo:


Di Foscolo non sapea ci ch'io dovessi dirvi, conoscen-

persona ed avendo lotto le opere sue in verso ed


Certo ingegno grande, bench bizzarro, ma biz< zarri appunto sono il pi delle volte gli ingegni grandi. >
< dolo voi di

in prosa.

neppur qui una parola che accenni ad una recenSe questa fosse avvenuta, credibile che il Pindemonte ne avesse anche questa
volta taciuto ? Si pu pertanto concludere che 1' opinione
emessa da certuni essersi al Foscolo offerta occasione di
tissima visita fattagli dal Foscolo.

leggere
d'

Sepolcri dell'amico

nell'estate del

ogni pi tenue fondamento, dappoich

Venezia che due volte ed in nessuna


ettura pu aver trovato luogo.

Ugo

1806,

non

queste

di

si

la

manca
rec a

famosa

Del resto tutta questa nostra dimostrazione, che non


sarebbe certo priva
il
i

Pindemonte

di valore,

quando fosse accertato che

sulla fine del luglio erasi accinto a scrivere

Sepolcri, giovandosi dei materiali, in parte gi elaborati,

in parte soltanto raccolti,

per

il

viene inutile ed oziosa, quando

poema /

Ciinifiri,

di-

giunga a provare che


il Pindemonte non diede mano a tale impresa se non un
anno pi tardi, vale a dire, come egli stesso attesta nella
prefazione

al

si

suo carme, quando leggendo

la

poesia a

//indirizzata sent ridestarsi l'antico affetto per quel l'argomento. >

Orbene
di lui dal

come

ci gi stato

l'altro di questi

provato dal Trevisan, e dopo

modo

1'

uno

egregi uomini hanno richiamato

l'at-

Torraca, e in

assai

tenzione degli studiosi sopra un passo

o malamente interpretato, della

Cos

chiaro.

fin

^ifa di

qui
I.

trascurato

Pindemonte,

da quel suo carissimo amico che fu B. Montanari.


io non star a riferire, emerge
Primi Sepolcri, per chiaapertamente questo fatto: che
marli cos, creduti sino ad ora anteriori aXV Epistola del
Pindemonte, sono invece posteriori
non rappresentano,
cio, come si stimava, il primo abbozzo del carme, dal

scritta

Dalle parole di costui, che

quale fu cavata l'epistola responsiva, bens un rifacimento


di questa

rifacimento tentato pi

per rendere
liano.

nel

Come,

modo

tardi dal

invertite cosi le parti,

semplice

pi

vengano a spiegare
cose che avevano

si

moltissime

meno

dato origine a congetture e ad ipotesi pi o

ha dimostrato troppo bene


indugi a farlo

conclusione

di

che

egli

il

Torraca,

Per noi

nuovo.

erronee,

perch

io

cavarne

basti

mi

questa

il
Pindemonte riprese a
aveva tentato di svolgere ne' Ci-

allorquando

trattare l'argomento che


iititcri,

Pindemonte

suo componimento indipendente dal fosco-

il

conosceva gi

del Foscolo.

l'epistola

Sepolcri del Pindemonte pertanto dovettero

essere

sappiamo
difatti che a met di quel mese il veronese aveva ricevuto
il carme del Foscolo e che l' ultimo
di giugno era gi
pronta per la stampa la sua Epistola. Ora poteva obbiettarsi
cosa verosimile che il Pindemonte abbia in soli
due mesi e mezzo gettati sulla carta, corretti e preparati
per la stampa
Sepolcri?
A questa obbiezione ha gi risposto in un suo lavoro
il
Torraca, che, analizzando il carme pindemontiano,
mostra chiaramente come in settantacinque giorni esso
possa benissimo essere stato composto. Il Pindemonte
per vero trasport nei suoi sciolti molte cose che avevano
composti

fra l'aprile

ed

luglio del

il

1807

noi

trovato luogo nei Cimiteri

ne riprodusse concetti ed im-

magini, pensieri ed espressioni.


fortissimo aiuto gli porgeva

veniva a prestabilire
della risposta,

si

gli acuti

se

potrebbe

finir

tien conto
di

Ugo,

che un
quale

il

l'andamento,

limiti

per giudicare coi Torraca

siffatto lavoro

due mesi e mezzo.

ragionamenti del Torraca ricevono dalla

bocca del poeta medesimo

la pi efficace

derabile conferma. Nelle lettere che


sullo scorcio del

si

carme

la disposizione,

anche troppo lunghi per

Ora

il

1806

al

e la

pi desi-

Pindemonte diresse
suo vecchio amico il Bettinelli,
il

noi troviamo fatto ricordo de' Sepolcri. Cos, innanzi tutto,


il

Pindemonte comunica da Venezia,

il

29

novembre,

la

notizia a lui per desiderio del Foscolo data dal Pieri pochi

Ugo

giorni prima, che

attendeva

al

suo carme.

stampa un' Epstola su


da me non ancor veduta.

Foscolo
retta,

ma

d'aver sentito leggere

il

me

Sepolcri a

di-

medesimo scrive
settimo canto del Bardo e di
Il

averlo trovato ammirabile. >

La

soverchia concisione del Pindemonte (il quale del


non poteva dire di pi per la semplice ragione che
pi non sapeva) sembra non appagasse il Bettinelli, il

resto
di

quale chiese in proposito pi particolari ragguagli.


polito rispondeva

gennaio 1807:
Foscolo non uscir cos

il

L'epistola di
usciranno
ce

Ip-

con essa

altre poesie del

tosto,

medesimo e

perch

la tradu-

zione del primo canto dell' Iliade. >

dopo quest'accenno, noi ricerchePindemonte a < Dio-

Per lunghi mesi,

remmo vanamente

nelle lettere del

doro > un cenno sopra

versi del Foscolo; e questo silenzio

talmente strano che io non saprei rinvenirne altra spie-

gazione se non

qualche lettera

questa

che

sia

forse

andata perduta

cui si discorreva dei Sepolcri.

in

addirit-

Pindemonte non abbia espresso al


Bettinelli l'ammirazione che in lui eccitarono, allorch li
ne meno
pot finalmente vedere,
versi stupendi di Ugo
singolare il silenzio del Bettinelli, del quale pur sappiamo che avidamente lesse il carme, ne port giudizio
favorevolissimo e tanto interesse vi prese da dettar sopra
tura inverosimile che

il

di esso delle Osscr7>azioni.

Ma comunque

lenzio finalmente rotto dal

tera del

<

prossima

Vi mander

cho per

me

si

ci fosse,
in

pubblicazione

miei

potr. >

versi

della

a Foscolo

il

una sua

In essa scrive al B9ttinelli

settembre.

ciandogli la

Pindemonte

si-

let-

annun-

sua risposta
il

pi

presto

Ma

mancanza di un sicuro mezzo di ricapito comancare alla data promessa: V Epistola


sua era gi uscita alla luce, correva nelle mani dei pi,
gustata ed applaudita, e il Bettinelli non era ancor riuscito a vederla. Ne mosse amichevole rimprovero al Pindemonte e questi si affrett a giustificarsi con una lettera
che ha per noi importanza singolarissima. Essa, aggiunla

strinse Ippolito a

ta alle altre

prove che possediamo,

per fermo,

il

pi irre-

documento che si possa adoperare per mostrar


come il componimento del Pindemonte non sia stato dettato se non dopo l'apparizione dei Sepolcri foscoliani.
Ecco adunque ci che scriveva il 23 ottobre 1807 Ippolito

fragabile

al

Bettinelli:

Credete

Srpolcri, se

voi

che

io

non

vi avrei

come per Milano, mi

si

"

occasione sicura per Mantova ancora

mente

il

pi presto che per

me

si

gi

mandato i
una

fosse presentata
?

Gli avrete certa-

potr. Se vi piaceranno,

anche alla fortuna, essendo questa la prima


che mi sono avventurato a stampar cosa di qualche
conto subito dopo averla composta, contro il precetto di
Orazio. Ma questa volta ho detto anch' io al mio libretto
io dovrollo
volta

Odisti clavcs et grata sigilla pudico. >

Non
ormai

si

v'

dunque

pi luogo al

minimo dubbio: la luce


carme famoso cos
opera vana tentar di

fatta intorno all'origine del

ed intensa, che sarebbe


scemarne il fulgore. E per irrecusabili testimonianze dimostrato che il Foscolo non si condusse in Verona nel
1806 se non due volte; ed in nessuna di queste gite gli
fu possibile leggere i Sepolcri del Pindemonte, e ci per
la buona ragione che questi non li aveva ancora composti,
essendo ormai per troppe e aperte prove messo in sodo,

chiara

come

quando riprese

Ippolito,

cantato nei Ciinifcri,


e

come

cos detti

lo

trattare

il

tema,

gi

facesse per rispondere al Foscolo:

Pruni Sepolcri non siano che un rimaneg-

giamento, assai posteriore, dell'Epistola reponsiva.

come ingegnose deduzioni avevano provato

E questa,

e la testimo-

nianza stessa del Pindemonte conferma, fu composta,

ap.

Sepolcri del Foscolo e precisamente


pena pubblicati
tra l'aprile ed il giugno 1807. Dove vanno pertanto le
accuse di plagio scagliate contro il Foscolo, dove la comi

miserazione per

il

Pindemonte, dove

le villanie

vituperi

profuse contro coloro che ad un plagio non provato

rifiu-

tavano credenza? Dove, o dove < le vere storie > dei Sepolcri,
minales Volnsiaiii, con quel che Catullo si incarica di

aggiungere

in

nostra vece
Cosi la neve
Cosi

al

al

sol si dissigilla.

vento per

le

foglie lievi

Si perdea la sentenza di Sibilla.

UN MAESTRO OBLIATO
(RUGGERO MANNA)

N Ruggero Manna

parve che

la

fortuna,

caso, colla natura s'accordasse per

non

facile

formare uno degli

ingegni pi potentemente musicali che nel secolo decimo-

nono abbia posseduto l' Italia. Figlio di Carolina Bassi,


donna a' giorni suoi celebratissima per la voce meravigliosa e l'arte non meno stupenda con cui sapeva
modularla, e di

Manna

di

suoi passi

Don

Pietro, dell'antica e nobile

sorgere

sorta in lui

col

bentosto

vocazione

de' suoni.

famiglia

Cremona, Ruggero non rinvenne fin dai primi


che eccitamento, conforto, plauso alla brama

in

dell' intelligenza,

di

irresistibile,

tramutatasi

dedicarsi

all'

arte

di questa straordinaria attitudine del suo in-

gegno adduconsi a prova

episodi,

per

quanto

singolari,

degnissimi di fede, chi ripensi le gesta puerili d'un altro

meravigliosissimo

genio

musicale,

Mozart. Di quattr' anni appena


in Trieste add 6 aprile
di ritrovare colle

che, o in casa

mani
al

1808),

(egli

Wolfango Amedeo
era venuto alla luce

Ruggero

gi

si

sforzava

picciolette sulla tastiera le

teatro, pi

avevano colpito

melodie
il

suo

174

un giorno, essendo giunto ad eseguire da


famosa delle Nozze di Figaro:

orecchio; ed
solo l'aria

Aprite un po' quegli occhi,

Uomini vani

e sciocchi

pot accompagnare al pianoforte

il

Filippo Galli,

celebre

che riportava allora appunto, nella parte del geloso barbiere di Siviglia, strepitosi successi a Milano. Questo fatto

veramente notevole,

tra altri parecchi, stimol

genitori

del precoce fanciullo a coltivarne le doti che tanto pro-

mettenti

rivelavano

si

e nella musica egli

primi rudimenti da Ladislao Bassi,


cellente e

buon

e Nicola, che,

suo

virtuoso, al pari degli altri

fioriti

entrambi

ebbe quindi i
maestro ecfratelli, Adolfo

zio,

periodo del massimo

nel

splendore dell'opera buffa italiana, lasciarono nella storia


di essa

Di
genitori,
studi,

non

cancellabili ricordi.

perch, accompagnando ne' loro viaggi


propri
non fosse costretto ad interrompere

sei anni,

Ruggero Manna

Lavigna

di

fu affidato alle cure

Milano; ed

in

questa

citt,

del

appena

maestro
scorsi

sei

mesi, scriveva a tavolino, in presenza di molti, un duetto

per soprano e tenore, su parole del Metastasio, che parve


ed a ragione prodigioso. Del fatto rimane autentico documento la dedica che della sinfonia dell'opera di Carlo
Coccia, [m donna selvaggia, fece allora al fanciullo geniale

r editore G. Ricordi

fronte all'opuscolo

Sinfonia

<

dedicata

al

< colare talento musicale del signor


dell'et d'anni sei e

Mentre

il

picciol

mezzo

raro

si

legge

in

merito e parti-

Don Ruggero Manna

>.

Ruggero

suscitava per siffatta guisa

le

maggiori speranze di s ne' crocchi musicali milanesi,

la

madre sua passava

teatro e di trionfo in

di teatro in

acclamata da
Bassi sapeva congiungere le
trionfo. Artista

tutti

pi

pubblici

tista alle pi squisite

virt della donna.

vanto d'avere per

prima volta indovinato

colui che
tenti

la

doveva pi

melodie

tardi far stupire

dell' A/ricatia,

di

italiani, la

belle qualit dell' arlei


il

mondo

il

Roberto

spetta

il

genio

di

colle po-

Diavolo, de'

il

lei, della grande autorit


Meyerbeer, giovane semiscono-

Profeta: fu difatti per merito di


eh' ella possedeva,
sciuto,

che

al

s'aprirono nel 1819 le porte del regio

teatro di

Torino, dove con lieto successo fu rappresentata quella sua

prima opera, la Sciiiramidc


non immune da gravi difetti,
maturo, come

la

definiva pi tardi

pure lasciava intravvedere


l'aveva composta.

anzi

per

quale

parto
il

d'

suo

stesso autore,

sarebbe

la Bassi, oltre la

sebbene
ingegno im-

che,

riconoscitita ,

divenuto chi

Semiramide, che,

dopo essere stata eseguita una seconda volta a Bologna,


non affront mai pi le scene, e di cui lo spartito (una delle
tre sole copie

che ne esistano) conservavasi fino a pochi

anni fa in casa Manna, quale ricordo caro e glorioso

Meyerbeer
la

scrisse

scene,

il

disperando

il

di

si

nozze

le

risolse

poter incontrare

un' altra cantante che, al

crea-

palpito della vita. L'amicizia, la riconoscenza per

la fedele

amica d'un tempo non

nell'animo del

maestro,

ch'io pubblico, dirette

dopo lunghi anni


i

il

ad abbandonare per sempre


maestro cess di comporre musica italiana,

Manna,

pari di Carolina Bassi, sapesse infondere nelle sue


zioni

Crociato, VEsule di Granata,

il

Margherita d'Aijoji: ed allorch dessa, dopo

contratte col
le

poscia

di

s'

illanguidirono per mai

come ne fanno fede


Bassi

alla

stessa

le

lettere

dal Meyerbeer,

lontananza e di silenzio, quando

sogni di gloria dell'artista

dell'adorato figliuolo, ed

il

convergevano sopra

compositore

illustre

il

tutti

capo

trovava a

sua volta nelle dolci affezioni familiari la sola, la durevole felicit che si possa (com' ei confessava) godere
quaggi.

Da Milano

giovanetto Ruggero, cresciuto intanto

il

negli anni, passava

Bologna per frequentarvi, dietro

suggerimento del Meyerbeer, quel Liceo musicale, dove


accorrevano da tutte le parti d'Italia discepoli, attratti dalla
i

il

Manna seppe

prosegu
i

tosto farsi notare

gli studi prediletti,

letterari

ed

l'ardore con cui

per

senza trascurare

matematici. Che se talvolta

E col

Mattei che lo dirigeva.

del p. Stanislao

celebrit

in pari

gli

tempo

nasceva nel-

l'animo un po' di stanchezza o un principio di scoraggia-

mento, bastava che


poteva,

volendo,

perch tutto

comando

vigore

novello

di

rammentassero eh'

gli

sulla
si

comune

terai quel grand'

a tergo d'una

scritta dalla

il

riaccendesse. < Ti rac-

uomo

al

Kramer

padre

lettera,

e"

degli uomini,

l'esimio p. Mattei e le opere del

gli scriveva nel '20

Ed

genitori

sollevarsi

con questi due divenquale tendono le tue brame >.

in

data

madre a Ruggero,

dell'anno

tutta

medesimo,

piena di affettuosi

incitamenti, leggonsi cotcste righe: Saluto di tutto cuore

mio caro collega Ruggero. Coraggio e pazienza. La


conduce al tempio della gloria penosa da
< calcare, ma il fine compensa tutto. Dunque si dia pace
< e non gli rincresca uno studio serio e continuato ed

il

strada che

avremo

del

tra pochi anni

il

piacere di contarlo fra

bravi

Meyerbeer,
quale, due anni dopo, Bologna tutta accorreva ad

< maestri

>.

Chi cos scriveva era proprio

il

ascoltare la Snniraiiiidc, in cui la Bassi sosteneva la parte


di

protagonista.

nel '22

appunto anche

il

figliuol

suo per

la

prima

volta gustava l'inebbriante carezza della gloria. Nel maggl'^.

RUGGERO MANNA.
(DA

UNA LlTOr.nAFrA

DEI, 18i5).

177

tra le pompe maestose della funzione che ogni anno 1' unione de' professori di musica della citt era solita far
celebrare nel tempio del Monte della Guardia, Ruggero
Manna, appena quattordicenne, dirigeva una Messa solenne a tre voci, a piena orchestra, composta da lui medesimo. Annunziando l'avvenimento, la Gazzetta di Bologna
dell'

maggio, con parole riboccanti

siego esortava

il

per divenire un allievo veramente


< pareggiabile maestro

sordo

il

degno del suo im-

Prof. Mattei

sig.

giovinetto, che, trascorsi poco

terminato

il

suo corso

di

statuti del

gli

>!

Non

intese a

due anni,

pi di

chiedeva e conseguiva,

studi,

superando un rigorosissimo esame, il


compositore accademico filarmonico

tunque

di gravit e di sus-

precoce musicista a non ometter fatiche

titolo di

di

Liceo esigessero

maestro

Bologna
in

quan-

chi aspirava

a cosiffatto diploma l'et di vent'anni compiuti.

Finito cos splendidamente

Ruggero Manna, che

il

suo scolastico tirocinio,

intanto aveva perduto

madre sua condotto

padre, fu

il

Germania, perch, soggiornando col per alcun tempo, avesse agio a sviscerare
meglio le dottrine musicali della scuola tedesca, gi ben
dalla

in

pi severa ne' procedimenti suoi che

da cotesta dimora oltr'alpe

mente accresciuto quel


fiche,
lui

di cui gi

uno

quali

il

non

fosse.

notabil-

possesso, e che

il

ha

fatto

de' pochi maestri italiani del secolo scorso

per

di
i

contrappunto non aveva segreti.

Di ritorno nella penisola

legami

italiana

ricco tesoro di cognizioni scienti-

vantava

mente a Cremona, dove


mestici.

l'

egli riport difatti

di

lo

il

Manna

si

stabili definitiva-

attiravano oltrech moltissimi

sangue e d'amicizia, gli interessi, i ricordi dopi abbandon se non per viaggi assai brevi

178

quella citt, dove nel 1835 accett l'ufficio

di

della Cappella della Cattedrale, che illustr

sino al

tempo

di sua morte.

Alla musica sacra egli


passione

direttore

mantenne

si

volse quindi con la maggiore

e soltanto dopo avere reso ben noto e fra noi

ed all'estero

nome con

suo

il

nobilissime composizioni che

rivelano tutta la gagliardia della sua ispirazione e la profondit della sua dottrina

Messa dedicata
prese

il

alla

(basti

memoria

citare qui

tentare l'arringo

partito di

tra tutte

la

maestro Mattei).

suo

del

teatrale.

siffatta

determinazione non giunse per se non dopo aver sostenuto aspra lotta con s stesso; spronato e vinto dalle
sistenti

preghiere

famiglia

della

degli

opera ch'egli scrivesse fu Iacopo di

amici.

F/?c,

data a Trieste in quel Massimo Teatro,

in-

Prima

che nel 1S32


con

vi fu accolta

grande e giudicata bella promessa di cose maggiori.


Torn quindi a tentare le scene con la Preziosa, melodramma

festa

rappresentato

del

dopo

sul

1845

quindi su quello di

Cremona

teatro

e di

Casalmaggiore, e

di

Mantova

di Trieste, nel

quale rifulse tutta

tezza dell'arte del


favorevoli

auspici

Manna.

la

alla

il

gran teatro

meravigliosa

Ma dopo

principio

ed un anno

col Profeta velato, scritto anch'esso per

avere

sua

delica-

dato con

carriera

teatrale,

quando gran parte degli ostacoli che giganteggiavano


dinanzi a chi imprenda codesto faticoso cammino, erano
stati gi

appariva piana

superati e la via da percorrere

oramai e promettitrice

di

futuri trionfi,

il

Manna

l'abban-

don, disgustato, e per sempre.

Pur troppo con questa risoluzione


parabilmente

la

sua carriera artistica;

furono le cagioni onde

si

egli

ma

vide indotto ad

danneggi

irre-

molte e gravi
abbracciarla; e

179

due sole ne accenneremo: l'eccessiva sua senmalferma salute. Lo scrivere per il teatro
fuori di dubbio il mezzo pi sicuro
il
solo sicuro
anzi!
per ottenere una notoriet larga e clamorosa,
quella fama che veramente inebbria come un liquore potente chi la raggiunge e d all'uomo l' illusione di credere che non perir intero; non omnis moriar... Ma
trionfi di siffatta natura non si conseguono se non affrontando amarezze infinite, soffrendo pazientemente, senza ritra tutte

sibilit e

la

senza

bellioni,

scatti, tedii grossi

e piccini, promiscuit, con-

che riescono quasi sempre per un animo


troppo delicato ed altero addirittura intollerabili. E Ruggero
relazioni,

tatti,

Manna

era appunto fatto cos; ogni contrattempo che ad

un

altri

poteva parere un

Non

seppe, o meglio non volle, piegarsi alle necessit, alle

diveniva per

fastidio,

lui

supplizio.

esigenze molteplici del teatro, n valsero ad infondergli co-

raggio per affrontarle pi a lungo,


i

consigli di chi lo

amava

signor dubbio personificato


della sua Preziosa,

le

esortazioni affettuose,

e stimava. Parliamoci chiaro,


!

> gli scriveva, a proposito

un amico vero,

il maestro Savelli, cofogge scherzose molte verit. di tuttissima


< vostra convenienza che vi decidiate a lasciare una volta

prendo

di

insomma o compositore

questa eterna indecisione...


teatro

o maestrucolo

di provincia.

Nel primo caso

di
bi-

sogna che riformiate quel vostro disgraziato carattere


fischi devono essere me lodie graziosissime
le dispiacenze che vi vengono dagli
artisti un giochetto
altrimenti quella troppa vostra
< delicatezza vi sar sempre fonte di dispiaceri >.
Certo il buon Savelli predicava bene ma il povero
amico suo non poteva prestargli orecchio troppo favorevole. Nel
1848, fidando nelle promesse fattegli, il

che vede buio a mezzod;

Manna

s'era deciso a

l'anno seguente

fosse

concedere che per


dato in Roma il

il

carnevale delProfeta velato.

Come

rilevo dal carteggio che

il

Manna tenne per

trent'anni

amico Giovanni Ricordi, carteg-

circa col suo editore ed

gio posto a mia disposizione, con larghezza cortese,

dal

degno pronipote del Ricordi, il comm. Giulio, in causa


dell'assunto impegno il maestro part alla volta della citt
eterna, il 29 dicembre, pieno di liete speranze. Ma. ahim!,
quale disillusione

veva

lo

attendeva. Immaginatevi, >

25 febbraio 1849

il

^.l

Ricordi,

ei scri-

che sono stato

costretto a far lite all'Impresa la quale voleva ripetere

me tutti quei danni che le sarebbero derivati ove


mio Profeta non si fosse prodotto entro il carnevale,
quando io invece ho tutto il diritto di protestare contro
la medesima, perch non lasci il tempo sufficiente per
le necessarie prove d'orchestra. Tutto si sarebbe com da

il

posto all'amichevole, qualora lo spettacolo avesse con-

tinuato nella quaresima,

ma

nato nulla tra l'Impresa,

che chiedeva quattromila scudi

di dote,

mila

ed

danni

combi-

Ministero che non gliene offriva che due-

il

la mia protesta avr il suo corso regolare


dovr conseguentemente compensarmi dei

sofferti.

maginarlo, per

Sono quindi
aver

sentir eseguito detto


quelle

siasi

per cui

e l'Impresa

pare che non

spiacentissimo, e potete im-

perduto

mio

cos

lavoro,

bella

occasione

di

pi che

in

tanto

pochissime prove d'orchestra che feci negli ultimi

giorni di carnevale le opinioni sul

poco merito del mio

spartito manifestavansi e dai professori

dagli astanti favorevolissime >

Si capisce

come

simili contrariet,

ripetersi parecchie volte,

e ci

d'

orchestra

quando abbiano a

accadde

pur

troppo

al

Manna, finiscano col fiaccare un animo debole. Cos avvenne a Ruggero, il quale, pi tardi, preso da pentimento, volle tornare al teatro. Le lettere del Meyerbeer
appendice a questo fuggevole bozzetto
mostrano anzi come vagheggiasse perfino di provarsi

eh' io pubblico in
ci

ad un cimento

Ma

parigino!

audace;

chiedere

era troppo

a giudice

il

pubblico

l'occasione fuggita non

tardi;

poteva pi ritornare.

Cos il Manna rimase maestrucolo di provincia >,


come aveva predetto il Savelli; e dalla citt natale^ ad
di parecchi sforzi, non riusc pi ad allontanarsi.
Trov un conforto rivolgendosi interamente all'arte classica
e soprattutto religiosa. Fra le innumerevoli composizioni da

onta

da chiesa ch'egli

sala e

scrisse, sinfonie, salmi,

romanze,

uno o pi strumenti, non rammenpi note; quali il Dies Irac, il De Profundis,

toccate, concerti per

teremo se non le
da lui musicato sopra versione del Tommaseo e pubblicato
in occasione della morte di Carlo Bignami, esimio violinista
cremonese (1849); pezzo eseguito a Milano con grandissimo successo ed inserito -as-iS" Antologia della imisica classica;

Magnificat,

il

lettera (cfr. p. 194)

dedicato

suW Appennino, sopra

ioftc

al Rossini,

che

ne fa schiettissima lode

la

in

una sua

parole dell'Aleardi, e l'altra pi

Ema-

conosciuta. Gli esuli d' Israello, intitolata a Vittorio

nuele

II,

1S62. In

com'egli

ed eseguita a Firenze
cotesta
si

mirabile

Una

cantata

in

Vecchio nel

Palazzo

composizione

il

Manna

esprimeva, dar vita ed evidenza

volle,

alio stato

d'un popolo che piange in esilio la patria perduta >.

salmo
vero da
il

CXXXVI
lui

nella sua ineffabile tristezza

interpretato

come meglio non

si

fu

Ed

dav-

sarebbe po-

tuto fare. Pieni di tenero sentimento sono pure

sonetti

petrarcheschi ch'egli sull'esempio de' vecchi maestri fiam-

minghi ed

25480

italiani

si

piacque musicare (Ed. Ricordi,

n.

sgg.).

Un

critico

musicale che ebbe

ai suoi giorni

una fama

oggi ancora non

del

tutto spenta,

lando nel 1846 dell'opera


velato,

che

di

Ongaro, par-

Dall'

il

Ruggero Manna

Profeta

//

rappresentava a Trieste, avvertiva come

si

il

maestro italiano molto dovesse allo studio del Meyerbeer.

Ed

egli era nel vero. L'illustre autore di tanti capolavori

musicali,

che
le

sommo

il

che diede

la rese cittadina del

all'arte

sua quell'universalit

mondo, che, non pago

allora fatto ricorso, l'amore e la

attingere

di

avevano fin
morte, trasse la musica

proprie ispirazioni alle sorgenti cui

tutti

a significare passioni nuove, ad esprimere le procelle che

nel petto nostro destano la fede, la libert, poich seppe


col Profeta, gli Ugonotti,

come coW Africana ed

AV

il

herto il Diavolo, dare vita, palpito, colore al pensiero dell'

scuotere

infinito,

le fibre

Giacomo Meyerbeer ha

influsso sulla vita e sulle

nel fanciullo,

maestro, che

pag

lo

trasse

il

il

commosso

Semiramide, aveva divinato

sorresse e lo

al figlio col

tuosa amicizia

madre.

un benefico
opere del cremonese. Egli che

quale ascoltava rapito e

il

lodie aggraziate della

egli

pi riposte dell'anima umana;

esercitato un grande,

consigli

il

primi

nei

le

me-

futuro
passi,

conforto della sua nobile ed affet-

debito di gratitudine che lo legava alla

come compositore, molto impar e molto


Manna. La grazia degli accordi, l'uso ponderato
da

lui,

e filosofico dei vari elementi orchestrali, l'espressione cal-

zante della parola,

l'arte,

quasi negletta in allora, di farla

spiccare netta ed intelligibile dall' istrumentazione sempre


varia e ricca, sono meriti e pregi comuni ad entrambi
maestri.

Ed

il

caso, quasi a suggellare colla

morte

vin-

che li avevano stretti 1' uno all' altro in vita, volle


che ambedue ad un tempo abbandonassero la terra: Meyerbeer moriva infatti a Berlino pochi giorni innanzi che
coli

il

Manna

lasciava

spirasse in
il

mondo

Cremona

carico

(13

d' anni, di

maggio
trionfi

vecchio, e coll'amarezza in cuore di non

1S64).
1'
;

aver

L'uno

altro,

non

poggiato

tant'alto

quanto nel segreto dell'animo sentiva che avrebbe

potuto pervenire. Ci nondimeno egli stato, e

le pi au-

un contrappuntista
sommo, uno de' pi dotti e pi fecondi compositori che
r Italia abbia posseduto nella prima met del secolo
scorso. Al suo maestro il tempo va a poco a poco sfrondando gli allori di sul capo glorioso chi sa che la delfica
fronda non rinverdisca invece o prima o poi sul capo
torevoli testimonianze cel confermano,

del discepolo?

LETTERIO D' ILLUSTRI COMPOSITORI

A
RUGGERO E CAROLINA MANNA
(Meyerbeer-Pacini-Rossini).
I.

Pregiatissimo amico!
Franzensbad (presso Eger)
34 Agosto

La

'47.

cara vostra lettera che avete diretta a Berlino,

mi
dove mi trovo per prendere le
bagni, per ristabilire la mia saacque minerali ed
lute indebolita. Mi difeso rigorosamente dal medico lo
scrivere durante la cura, poich quelle acque danno al pervenuta poi a Eger,
i

lora delle congestioni alla testa.

Sono dunque obbligato


la vostra

amabilissima

brevissimamente
sebben il mio cuore mi
lungamente, specialmente per
di riscontrare

lettera,

a scrivervi
dimandarvi dettagliate notizie

porterebbe

stra cara famiglia, e

madre,

sempre

la

di tutti

sommamente

membri

della vo-

poi della vostra egregia

mia cara Carolina, per la quale nutro e nutrer

(j/V)

Che

ar-

la pi

calda amicizia e la pi alta stima.

sublime che fu Piena di slancio, e pure filosofica, fuocoCon


sa e per sempre nobile. I suoi pari sono rari oggid.
piacere rilevo dalla vostra lettera che avete gi scritto buon
tista

numero

di spartiti e

con onorevole successo.

Proseguite

con coraggio, caro Ruggero; siete giovine, dunque avete


r avvenire per voi. Mi domandate in che modo feci finire
cant a Parigi ? Lo feci
il Crociato, allorch la Pasta lo
finire

con un duetto tra Palmide ed Armando, che avevo

CAIIOLIXA lussi .MANNA.


(D.V

UN' INCISIONE DEL TEMPO).

183

composto per Velluti e

la

Tosi, allorch cantarono questo

Ma

io

non ho adesso questo duetto

spartito a Firenze.

meco. Lo troverete a Firenze. Devo per dirvi che richiede gran agilit dai suoi esecutori. Del resto, caro
Ruggiero,

d pien potere per

vi

ed accomodamenti per
del Crociato a
la localit e

ner rivedere

cambiamenti

quei

tutti

rappresentazione intenzionata

Cremona, che giudicherete necessarii per

per

Tra pochi

la

l'

individualit dei cantanti.

mia cura
mia famiglia a Berlino. Dite

giorni avr terminato la


la

Carolina, che spero

s'

interessi

ancora

qui, e tor-

alla

cara

ai fatti miei,

che

ho tre figlie, la primogenita ha gi quindici anni, la seconda 8 anni, la terza 4 anni. Ricordatemi alla memoria
non solo della vostra egregia madre, ma anche a quella
dei vostri fratelli e le vostre sorelle, ed ai vostri zi Adolfo
e Ladislao, e credetemi sempre vostro
Affezionatissmo amico

Giacomo Meyerbeer.
Al nobile signore

Don Ruggiero Manna


celebre maestro di Cappella

a Cremona.

Prepiatissiiiia aulica !

Non
scendo

saprei

esprimerti

come

fui

caratteri e la sottoscrizione

commosso
tua

ricono-

quando apersi

la tua lettera, e qual dolce piacere io provai nella lettura


di

questa lettera, rilevandone che tu mi conservi sempre

me

la tua tanto

separazione

e di

cara amicizia, malgrado tanti


interruzione del

nostro

anni di

carteggio.

Sii

persuasa, cara Carolina, che anch'io nutro sempre quella

verace amicizia e quell'alta stima per te che

ti

professavo

quanto

passavamo quei giorni

{sic)

allegri

della

passata

giovent insieme a Torino, a Bologna, a Trieste,

mente con quel

(sic)

unita-

eccellente caro Nicola tuo fratello.

Passo adesso a riscontrare tutti punti {s/r) della tua


chiedendo per gran indulgenza per i tanti spropositi contro la lingua italiana che senza dubbio mi scapperanno, poich tanto tempo che non pratico pi il belr idioma del s che ho disgraziatamente disimparato quasi
lettera,

affatto di servirmene.

Se r intenzione del maestro Ruggiero di dare un'opera italiana al Teatro italiano di Pariggi, bisogna sapere
che non si usa quasi mai di scrivere appositamente a codesto Teatro. In vent' anni eh' io pratico Pariggi non mi

che quattro

ricordo

volte

che

l'

impresario abbia fatto

scrivere appositamente pel Teatro italiano: furono queste

quattro volte
nizetti,

Piiritmii di Bellini,

Marino Fallicrn

di

Do-

Briganti di Mercadante e un'opera di Marliani.

In quanto ai spartiti mim'i per Pariggi che

sceglie l'im-

ogn anno, come codesto Impressario (signor Vatel)


fa ogni estate un viaggio in Italia, ivi fa la scelta tra
quelle opere che gli hanno piaciuto di pi durante quel

pressario

soggiorno estativo

(sic) in Italia.

Delle volte per

la

racco-

mandazione di un primissimo cantante del suo teatro fa


pendere la bilancia in favore di qualche spartito, al quale
senza di ci il Sultano Impressario non avrebbe gettato
il fazzoletto.
Quanto ai due Teatri lirici del graiid'oprra
e Le\\!opera comica, dove si canta in lingua francese, se
il Maestro
Ruggiero inchinasse di comporre per codesti
Teatri, uno dei punti principali di avere un hion ibrctto, poich senza questo un successo ai Teatri lirici
francesi impossibile. Ma la difficolt di ottenere un libretto di uno dei buoni autori tanto grande che tu,
accostumata alle usanze italiane, non puoi figurartele ^^7VA
Quando mi sono risoluto di voler comporre per teatri
i

isr

avevo gi dato a Pariggi il Crociato al Teatro


che aveva ottenuto un bel successo, e malgrado
ci due anni passarono finch ho potuto ottenere il libretto di Roberto il Diavolo, e poi quando ne ebbi terminato la composizione musicale, ci vollero altri due anni

francesi,

italiano

avanti che la direzione dell' opera

presentare.

Non essendo che due

Pariggi, sono talemente


di

{sii")

si

decise a farlo rap-

Teatri lirici francesi a

assediati di

un immenso numero

compositori che aspirano a fare rappresentare col le

che anche avendo la fortuna di aver un buon


un maestro quando non ha ancora gran fama,
corre rischio di dover aspettare dei lunghi anni fin che
riesca a far rappresentare il suo spartito. Dimandi, cara
loro opere,
libretto,

s'io esagero o no. Mi sono


il Signor Masset,
creduto in dovere di esporti lo stato delle cose qui, perch il Maestro Ruggieri possa ponderare se gli conviene

Carolina,

o no di abbandonare

sua posizione

la

in

Italia

dove ha

una fama gi ben instradata.


dirti che qualor il maestro Ruggiero venisse a Pariggi io mi far un dovere di metterlo

un impiego onorevole,
Non ho poi bisogno di
in relazione

con

tutti

gli autori di libretti,

direttori dei Teatri

con

cantanti e con

lirici,
i

con

tutti

giornalisti, e

Ecco tutto quello in che potr esPer arrivare presto, o tardi, o mai, ne decide per lo pi l'azardo. Il Teatro italiano di Londra
segue l'usanza del teatro italiano [di Parigi] cio l'impresario signor Lumley fa ogni anno un viaggio in Italia e
tra i cantanti ed i spartiti che sente col scelge (.v?V) quegli
che gli piacciono. Qualora il Maestro Ruggiero si proponesse di far un viaggio a Londra per tentare la fortuna potrei dargli una lettera pel Sig. Lumley, che cocogli editori di musica.
sergli utile.

nosco bene.
Ti ringrazio ancora una volta,
tua lettera, e di

tutti

dettagli che

cara

Carolina,

della

mi hai dato sopra


la tua famiglia

188

che mi interessono assai

ricordarmi alla memoria di /ni//

(stV).

Ti supplico di

tuoi fanciulli, e chieder

scusa al caro maestro Ruggieri eh'

io

abbia tanto tempo

tardato di rispondere alla pregiata sua lettera. Io verr


fra

poco prendere

la

mia moglie che ha dovuto passare

per oggetto di salute T inverno a Venezia, per


in

condurla

Svizzera dove passeremo la primavera e l'estate. L'au-

tunno poi spero

tornare a Pariggi.

di

Addio, cara e tanto pregiata amica.


tua cara amicizia e credimi per sempre

il

Continuami
tuo

la

sincero e

attaccatissimo amico

Gi.\coMo Meyerbeer.
Pariggi 22

Se

il

Marzo

signor Masset

volergli fare

sua gentile

si

trova a

Cremona

ti

prego

di

miei complimenti, e di ringraziarlo per la

lettera.

P. S.

Quando

lettere, d'

ovunque

perveranno se tu

Rue du

48.

vorrai favorirmi all'avvenire delle tue

mondo pure mi
Monsieur Gouin (pre)
pour remettre Monsieur Meyer-

{sic) io

posso essere nel

le indirizzi

Bouloi N.

io,

beer Paris.
Alla nobile donna

Carolina Bassi Vedova


in

Affranchie

Manna
Cremona.

Italie

Ma
La

Autrichicnne.

elitre et exeelle-n/c

amie!

dans laquelle est crite cette lettre, te


que toutes mes escuses pourraient le faire, pourquoi depuis si long temps je ne t'ai plus crit. Hlas!
ta belle langue italienne si sonore et si douce, je la comlangtie

dira plus

prends encore, mais

j'ai

malheureusement dsapris m'y

mon coeur n'a pas


nous unit depuis de

exprimer. Mais en oubliant ta langue,


oubli la
si

bonne

et loyale amiti qui

longues annes, chre et excellente Caroline.

jours en outre conserve dans

ton

admirable

comme

mon

talent, si vrai, si inspir,

comme

cantatrice que

J'ai tou-

coeur l'admiration pour

galement grand

actrice, et

toutes les fois

que j'entends aujourd'hui un des grandes talents du jour,


una diva del giorno >, comme il disent maintenant. je
me dis intrieurement cela ne va pas l'me, cela n'enflamme pas comme le chant de ma sublime Carolina
Bassi. Et si je pouvais oublier la grande artiste, pourrais-je oublier la reconnaissance que je dois ta bont,
avec la quelle, moi jeune commencant, tout fait inconnu
en Italie, tu m'as pris la main et par la protection de
ta grande renomme, tu m'as fait ouvrir les portes du
grand Thtre de Turin, moi et mon faible Operaccio
:

d'enfant

immature,

la

Seiiiiraiiide

riconosckita,

auquel

ton admirable chant a souffl une vie artificielle et sauv

du naufrage? Non,
amiti

comme

la

ma

chre et excellente Caroline, une

ntre

ne

s'use pas, ni au frottement

des annes, ni celui de l'absence. Si maintenant tu

me

comme

avec ces sentiments de ma part il est


possible que je n'aie pas repondu plus-tt la bonne et
amicale lettre que tu m'as adresse Nice, je te dirais

demandes,

mon intention tait de t'apporter ma reponse en personne et au lieu d'une lettre de venir te surprendre en personne Crmone, avantde retourner Berlin. Mais, comme
que

proverbe, l'homme propose et Dieu dispose. Il faut


que tu sache que je ne suis que le gardien ad interim
de mes enfants Nice. La gardienne en chef, ma femme,
est Berlin dans ce moment, o elle a assist aux premires couches de ma fille ane qui s'est marie l'anne
passe. Ma femme devait dj tre de retour Nice dedit le

190

puis six semaines et reprendre

ici

la

direction

suprme

des enfants. Moi alors je serais retourn Berlin o mes

m" appellent, et j'aurais fait alors le dtour


Crmone, largissant ainsi le cercle du voyage, pour avoir
le bonheur de te revoir un instant. Malheureusement une
grave indisposition a retenu ma femme Berlin jusqu'
prsent et maintenant qu'elle va mieux et qu'elle retournera Nice, le temps est devenu trop court pour que je
fasse ancore l'excursion projete Crmone et il faudra
retourner au plus vite directement Berlin. Mais j'espre,
chre et respectable amie, que Dieu nous laissera l vie
tous les deux assez longtemps pour que je puisse accomplir mon projet de venir Crmone et m'y mettre
ta table hospitalire, au milieu de tes enfants; comme
je le faisais si souvent Trieste et Milan, quand j'y
iaisais les rptitions du Crociato, qui doit ses plus beaux
succs Tadmirable talent que tu y dployais. J'ai vu
avec bonheur par ta lettre que tu jouis de bonheur de
famille, le seul bonheur vritable, durable sur la terre,
le seul qui ne trompe pas et ne laisse pas d'arriregot amer. La gioire, la richesse, les hautes positions,
tout cela est un brouillard qui ne parait lumineux que
quand on en est loin et qu'on cherche le suivre.
Quand on le possed, on est tout tonn de voir que
cela n'est que du brouillard sans consistence et on s'en
lasse bien vite. J'ai lu avec joie ces lignes de satisfaction maternelle sur tes enfants dans ta lettre. Mais
comment aussi des enfants ne seraient ils pas bons et
aimants pour une mre, comme toi, chre Caroline? Pour
moi aussi le mariage m'a donne le bonheur domestique.
devoirs

pous une femme aimable, d'un caractre angelique


que j'aime aujourd'hui comme au jour des mes fianc^ailles.
Elle m'a donne trois filles, douces et candides cratures,
qui jusqu' ce jour ont fait le bonheur de ma vie. Que
J'ai

Dieu me
et

fasse la grace

comme

heureuses

ma femme:

de

me

demande dans mes

voil ce que je

tous les jours.

Mon

les conserver pures, saines

elles le sont actuellement, ainsi

aussi

art

abandonner ce champ de

ma

quoique pour
ferais

luttes,

sante et

mieux de dposer

l'aime

je

ne puis

passion de m.es jeunes ans et je

qua

prires

encore avec

me

qu'on appelle

la

dcider
le thtre,

de mon me je
piume. Mais que veux-tu? le
tranquillit

la

la

corps n'est plus jeune, mais l'imagination trotte toujours,


et

<

comme dit le proverbe italien: e la


ma non il vizio . Je ne puis terminer

volpe lascia

pelo

il

cette longue chiac-

sans ajouter encore un mot de souvenir la mmoire de ton excellent frre Nicola, auquel je pense bien

cliicrata,

souvent

et

avec bien du regret. Salue moi tous tes chers

enfants et petits enfants, et prie les de

amiti

dont

je

suis

Ruggero s-iirtoiit que


Addio di cuore.

heureux

et

me

fier.

continuer

cette

C'est au Maestro

j'adresse cette prire.

Tuo

affezionatissimo

Meyerbeer.
AiriUustrissima Signora

La Signora Donna Carolina Bassi Manna


(affrancato)
a Cremona
(Italia

Autrichenne).

IV.
Afoji cher et

aimablc a vii.
nerlii

La

que vous m'avez fait l'honneur de m'am'est pervenne qu'aujourd'hui et


aprs de longs dtours, Berlin, o je suis depuis trois semaines. Je joins ces lignes l'enveloppe de votre lettre
pour que vous soyez en tat de juger par vous-mme
lettre

dresser Dieppe, ne

combien de courses
et

faites

avant de

vous prouver qu'elle ne

m'est

arrive

mme;

car Je ne

elle

me

pervenir

qu'aujourd'hui

veux pas que vous

puissiez penser qu'iine


longtemps sans rponse de ma
part. Je suis vivement contrarie de n'avoir plus t
Paris quand vous y tes arriv: j'aurais t bien heureux, cher ami, de vous revoir aprs tant d'annes d'absence, de vous serrer la main et de causer longuement
avec vous de votre vnrable et exceliente mre, et de

missive de vous reste

si

mme temps de prgndre


musique que vous vouliez me communiquer et que j'aurais lue certainement avec le plus vif
intrt, puisqu'elle est de vous, mon cher ami. J' aurais
aim aussi voir quelle figure vous avez en quali t
d'homme et de maestro, puisque la dernire fois que je
vous ai vu, cher Ruggiero, c'tait Bologne aux rptition de mon opera de Scniiranns, o, quoique tout
enfant que vous tiez, vos yeux jetaient des flammes
toutes les fois qu'un passage qui vous intressait arrivait
votre oreille. J'ai prdit alors dj votre bonne mre
que vous seriez un maitre, et un maitre de mrite, et je
sais par les journaux italiens, que je lis souvent, que ma
toute votre chre famille, et en

connaissance de

la

prdiction

ralise.

s'est

Puisque,,

d'aprs votre

lettre,

mois d'octobre Paris, je n' aurais malheureusement pas le plaisir de vous y voir, vu
que j'ai promis de mettre en scne mon dernier opera,
le Pardon de Plocrmel, dans plusieurs ville d'AUemagne
durant cette automne et l'hiver prochain.
vous ne restez que

Veuillez,

mon

le

cher ami,

et dites-lui

que malgr

me

rappeler au souvenir de

mre quand vous

votre bonne et excellente


les

annes et

lui

crivez,

les distances,

mon

amiti pour elle est aussi constante et aussi sincre que

par

le passe,

et

que

trs

s'enthousiasmer devant

le

souvent quand
talent

je vois le public

de cantatrices qui pas-

sent pour des diva, je dis dans le

Ah!

vous

si

aviez

entendii

la

mon

fond de

Carolina

Bassi

coeur:

Manna

corame moi, vous pensierez tout autrement.


Votre tout dvou ami
(La sottoscrizione maoca)

Un

P.S.

mal d'yeux dont je souffre depuis quelque


force, mon grand regret, de dicter ces

me

temps,
lignes.

Chevalier

Don Roger Manna

(Foste restante. Affranchie)

Paris.

Monsieur

le

Amico

A
corr.

e Collega,

riscontro la gentilissima

volo di posta

per

non avere

assicurarvi

io

vostra

raccomandato

al-

cun concorrente al posto di Direttore al Liceo di Bologna (nobile patria di aggressioni e mortadelle!!). Il maestro Carlini abitante a Parigi mi preg di raccomandarlo
qaal candidato, mi ricusai, soltanto posi a piedi dell'esposizione de' suoi

titoli

veridico

essere

quanto asseriva e

nulla pi.

Vi so indipendente
ancora sensibile

al

di

sommo

quello di restare presso

la

fortuna e di carattere, vi so
perci il mio consiglio
buona madre vostra e non

agognare ad una carica che potrebbe avvelenare i vostri


Conosco voi e conosco Bologna... non ricevetti la lettera di cui mi parlate, piacciavi credermi

preziosi giorni.

Vostro estimatore e Amico


G. Rossini.
Parigi, 15

Al

Giugno

Sig. R.

1S61.

Manna

distinto compositore di musica

Cremona

(Italie).

VI.

Caro

Collega,

aiico e

Giugno

Parigi, 39

1S61.

Mi corre debito

riscontrare la vostra del 24 corr.,


locch faccio col massimo piacere; mi duole l'animo nel
vedere la poca urbanit e sconvenienza compartitavi da

non ne

Halvy,

in proposito

sono per sorpreso, non mi estendo


perch troppo prolisso sarei: mi limito solo

a dirvi nutrire per l'attuale umanit

il pi gran disprezzo:
buona madre vostra vi
grande intrapressa e che la ferrovia vi adol-

oh, miei primi tempi

anima

alla

!!!

Poich

la

separazione, e che in fine siete eccitato dai


Bolognesi presentarvi quale candidato, che il cielo sia
con voi e renda paghe le vostre brame. Questi sono
cisce

la

caldi voti del vostro

Affezionatissimo

Amico

G. Rossini.
Al Slg. Ruggero Manna
distinto compositore di

musica

Cremona

(Italie).

VII.

Pregiatissimo collega e dolce Amico,

Col mezzo del Sig. Parlatore mi pervenne


neroso e interessante dono,
percorso

ho

come

il

non

di stile,

vostro ge-

credere

ho

vostro lavoro col massimo interesse, in questo

il

ritrovato la vostra sensibilit musicale e

pere,

il

potete

il

vostro sa-

disgiunti per alV eleganza, eiiarezza, elera/ezza

che

si

richiedono

carissimo amico,

io

in

simili soggetti.

sono veramente edificato

ognora l'erede degno

di

Bravo, mio
di trovarvi

una madre che era nel vero pos-

sesso di quel cantare che nell'anima

si

sente. I miei suf-

fragi

hanno poco

per

dovete

valore,

emanati dal cuore

sinceri ed

come

aggradirli

che

di colui

pregia

si

Vostro ammiratore ed

dirsi

Amico

G. Rossini.
Mille cose affettuose alla vostra celebre Genitrice.
Parigi, 25 Aprile 1862.

Al Signor

Manna

R.

Distinto compositore di musica

Cremona

(Italie).

Vili.

Frcgiat issi DIO Signor Maestro,


Lucca

li

Agosto

1845.

Dal sommo ingegno non vanno mai disgiunte la cortesia e la gentilezza; n meno io mi attendevo da Lei,
degnissimo signor ContC
inoltrai:
tazioni,

in replica alla

le

rimetto adunque la mia

possa

lusinga che la preziosa di Lei salute


di

preghiera che

Medea con le annoche a Lei raccomando quale amoroso padre, nella

Le

occuparsene. Ella, onorando

noscendo per prova cosa


tori le proprie idee

altamente

si

sia l'affidare

vorr (ne son

permetterLe
1'

arte, e co-

a materiali esecu-

certo)

perdonarmi se

osai tanto chiedere alla di Lei bont.

Ho avuto campo di percorrere per ben pi volte


VAve Maria da Lei data alla stampa: dico il vero che
ho dovuto sommamente ammirare il di Lei ingegno e la
di Lei dottrina. Sia lode agli Italiani che mai vien meno
in loro la scintilla del genio, n si dica gi che dobbiamo
cedere

agli

fatto cosa

oltremontani

degna

il

vanto

dell' originalit. Ella

nostra terra! Accetti questo sincero

che

ama

l'arte e

ha

della nostra scuola, quindi della classica

che non sa

al

omaggio da un uomo
ardere un grano

certo

d'incenso sull'altare dell'adulazione

ma

Scarso ho

l'intelletto,

mio cuore.
Quanto io mi goda nel sapere la di Lei rispettabile
Genitrice in buono stato di salute, lascio a Lei considerarlo
L'Arte Melodrammatica ha perduto i suoi sostegni, n pi
sincero

il

abbiamo

il

vanto della pienezza di

Dove sono

quei cantare che nel-

i tempi
di un Marun Pacchierotti, di un Velluti; di una Silvi, di
una Banti, di una Carolina Bassi Manna ? Pur troppo ora
non abbiamo che mediocri cantanti, ed abbiamo perduto la
semenza di questi eccelsi Artisti Ella si compiacer
rammentarmi ad essa e le soggiunger che viva ho
sempre la memoria di quanto le vado debitore con

l'anima si sente!

andati

chesi, di

successi del

Vallacc e della Sacerdotessa.

Non mancher di presentare di Lei saluti al signor


Maestro Galli ed al Guidini (?).
Ella mi onori de' suoi comandi e creda costantemente
all'inalterabile stima che Le professa
i

il

suo

aff.

Amico

e Servo

Giovanni Pacini.
Al Xobil
11

Uomo

Signor Conte Ruggero .Manna

Celebre Compositore di Musica

Cremona.

IX.
Illustre, rispettabilissimo

Quanto mi giungesse cara

Maestro ed Amico,
la

vostra gentilissima del

9 corr. lo lascio a Voi pensare, che, dotato qual siete di


nobilissima anima, acquistate doppio titolo di .ammirazione

appo tutti coloro che amano


apprezzano il viver civile.

la divina arte dei

suoni ed


Ebbi

per

197

rammarico

nel

conoscere

vostra

dalla

qual fosse la causa che mi ritardasse la vostra validissima

approvazione a sostegno del mio informe Progetto a vantaggio dei gioT'ani compositori di rmisica melodrammatica.

Godo per
onde

sapervi ora ristabilito e faccio voti caldissimi,

vostra salute non

la

d'animo che

vi

duopo

la

perdita dolorosa della

Mio ottimo Amico,

vostra ottima Signora Madre.


casi fa

da quei patemi

alterata

sia

conturbano per

in questi

pu, facendogli

rivolgersi a Lui che tutto

offerta delle nostre amarezze!

savio ragionamento da Voi fatto sul precitato mio

Il

degno d'ogni estimazione

Progetto

per onorare l'Arte

vi

essere in grado di coltivare

ridonare

la

il

tabile maestro, ditemi

cano

come

al Classico

il

vero;

stile (se

s' verificato in

genere Classico, e con ci

in

ricompensa hanno

qual

amorevolezza

eccettua

si

l'incoraggiamento

vada ad

Milano), per potere assicurare

bastantemente lucrosa

ai

dedi-

si

Firenze/ merc alcuni Mecenati,

del pari sperabile che ci

Napoli ed

profondi, onde

primiera gloria alla nostra Italia! Ma, rispet-

compositori fra noi, che con tanta

che ora

convengo che

e ben

bisogno di studi

giovani ingegni

effettuarsi in

una carriera

D'altronde

altri

mi avevano prevenuto in ci che voi pure con tanta rettitudine mi suggerite: per la qual cosa rivolsi ogni mio
pensiero all'agone teatrale,

caduto

al

basso pel niuno

incoraggiamento che all'uopo viene usato da chi dovrebbe


avere a

Madre!

cuore

l'

antico

splendore

della nostra

comune

mio concetto fu quello di togliere dall'inerzia


tanta giovent, che forse potrebbe emergere e che per
mancanza di mezzi e delle soverchie esigenze degli ImIl

Allude alla Societ per lo studio della Musica Classica, posta in


il patronato del duca di San Clemente e la direzione del maestro
E giover qui avvertire elle anche il Manna fond in Cremona
vincendo le ombrose gelosie dell'Austria, un Pio Istituto Musicale, che
verso il 1880.
*

Firenze

sotto

Gerema

Sbolci.

nel 1842,
visse fin
13


presari,

non pu ergere

198

capo

il

e trae la vita a stento.

il
mio concetto, del
annuenza di che
pi
eletti ingegni ed uomini colti (se si eccettua il Verdi )
mi onorarono. Io non mancher di tenervi informato del

Questo

Maestro, fu

ripeto, illustre

quale ebbi ad rallegrarmi

per

1'

progressivo andamento della cosa ed invocher


i

all'uopo

vostri lumi, la vostra preziosa assistenza.

Termino offrendovi

in tutto e

per

tutto la

mia de-

bolissima servit, dichiarandomi con ogni osservanza


il

vostro affez.

Amico

G. Pacini.
P. S.

Mi accorgo

mia confidenziale
lo

conoscer dal

quindi che

l'

avervi dato del

di

maniera

di scrivere.

modo che

incomodo

lei

Il

rv

/.'

Scusate

vostro

sarete per usar meco.

vostro

G. P.
Pescia

II

Gennaio

Al nobil

Spero

sar posto da banda.


Il

64.

Uomo

Signor C. Ruggero Manna


Celebre Compositore di Musica etc.
11

Cremona

la

perdono

aff.

MECHELE AMARI
(DA l'NA FOTOGRAFIA DKI. NAOVH DI PARIGI).

MICHELE AMARI
(RICORRENDO

PRIMO CENTENARIO DELLA SUA NASCITA)

IL

carteggio di Michele

Roux

Poche opere

Biblioteca storica.

luce negli ultimi tempi, le quali

portanza

di

questa

buon

Amari, a

accolto dai solerti editori

diritto stato

e Frassati nella loro

difatti

apparse

sono

posseggano

biografica e storica insieme.

mento, elevato dalla

memore

alla

duplice im-

la

monu-

Il

piet dei suoi cari e dallo

zelo d'un amico insigne all'illustre scrittore e patriota, la


scomparsa del quale, avvenuta diciott'anni or sono, ancora, per i molti che l'apprezzarono e l'amarono, un lutto
recente, non giova soltanto a reintegrare dinanzi agli occhi
nostri la gloriosa figura del filologo, del pensatore e dello

ma

storico,

ci

svolge quasi in lunga pittura una mirabile

serie di avvenimenti, ora

quegli avvenimenti

Sicilia

Italia si

tirannide, a vita

materiali

e sono

atti

necessari

pi

-,

ora

lieti

quali la Sicilia e con la

spezzati

lacci

della

di libert.

difficile

si

presentava quella

a colorire

ad

Michele Amari, morto


la luce in

apparecchiarono,

nuova

Impresa assai
documenti

gliere

tristi

attraverso

il

il

di racco-

vagheggiato disegno,
grandioso

innalzare

il

i6 luglio

1889,

Palermo ottantatre anni prima

sua fortunosa esistenza era corsa per

la

edificio

aveva

(7 luglio

veduto

1806) e

maggior parte

la

in

200

un'et di continue agitazioni politiche.

anni giovanili erano quindi andate

mondo

Le memorie

disperse,

de' suoi

spariti dalla

compagni ed confidenti
ed egli medesimo,
nella sua grande, ingenita modestia, ben scarsa cura sempre aveva preso di raccogliere quanto a lui s'atteneva.
Se il suo carteggio poteva di conseguenza offrire una
messe assai copiosa per quanto concerneva la matura virilit e l'onoranda vecchiaia, non
altrettanto era lecito

scena del

fidati amici,

delle liete speranze, de' propositi generosi;

affermare dei tempi, cos remoti


giovinezza.

Ma

la sollecitudine

ormai, della sua

balda

affettuosa del D'Anc'ona,

efficacemente aiutata dalla costante assistenza della fami-

non risparmi indagini n fatiche, e la pia intrapresa


come ben meritava, coronata dal pi pieno suc-

glia,

stata,
cesso.
ci

Le

lettere dell'Amari e d'altri a lui

presenta

1889.

iniziano quindi col

s'

Grande spazio

di

tempo

gloriosamente riempito
Plichi uomini

si

d'animo e tenacia

ma come

carteggio
al

come

di propositi a colui

favola, ond'era avvolta la grande,


Siciliano.

il

nobilmente,

possono paragonare per

severa indagine della critica per entro

Vespro

che

1832 e giungono sino

Come

virile

tempra

che port primo

l'epica

diceva egli stesso

la

nebbie della

alle

avventura del
d'

una gentile

generosa amicizia gli alliet l'esilio,


Gargalio, ben si comprendeva, avvi-

anciulla, che della sua


la

Anna

marchesina

cinandolo, che la razza


in Sicilia. Si pensi

dorica non era per

un poco. Costretto,

ad entrare come alunno

anco spenta

fanciullo

ancora,

nella Segreteria di Stato (fu ad-

detto al Dipartimento dell'Interno nel febbraio del

1820,

ed aveva quattordici anni), egli, sotto la sferza del bisogno


divenuto, dopo che il padre, il quale era stato della congiura allora appunto scoppiata uno dei capi, fu condannato
alla prigionia

sum

unico sostegno

in quell'oscuro ufficio

dell 'orbata

famiglia, con-

suoi anni migliori.

Pure tanto

robusto era

anche
forzare

l'

ingegno e ferreo

mezzo

in

corpo

il

il

volere, che

alle odiose occupazioni

e rinvigorire

il

pensiero.

egli

seppe

burocratiche raf-

mentre

dall'un

camminando e cavalcando, tirando di scherma, inseguendo per le scogliere di Monte Pellegrino le pernici e
lato,

beccacce

le

sempre appassionatssimo,
non ottantenne), egli
muscoli ed ingagliardiva la persona

caccia

(della

n dismise l'esercizio

accresceva energia

fu

prediletto se

ai

coltivando lo studio del

dall'altro,

francese,

dell' inglese,

ma soprattutto,

ammorzati i primi giovanili


completava ed aggrandiva quelle
cognizioni che un' educazione non negletta, ma assai balzana, senza basi religiose, gli aveva date varie s, ma
disordinate ed in pi parti manchevoli. Sorgevagli cos nell'animo anche per conforto di venerati amici, quali lo Scin
ed il Vigo, la brama d'attendere alle patrie storie e prima
impresa in cui fermasse il pensiero fu quella di narrare
le vicende di Sicilia dal 1812 al 1820, che egli, anche per
scrivendo versi,

ardori, leggendo istorie,

la parte

Ed

ad esse presa dal padre,

assai

ben conosceva.

ecco, mentre assorto in siffatta ricerca egli indaga gli or-

dinamenti

Sicilia erano stati orgoglio e la


aveva strappati, ecco balenargli alla
mente il pensiero di farsi narratore di quei fatti, onde
aveva tratto vita la costituzione del 1282, la prima che
r isola si fosse data dopo il celebre Vespro. Cos nacque
il suo libro,
il quale,
condotto innanzi mentre in Sicilia
imperversava quel terribile flagello epidemico (1837) che
politici

che di

borbonica doppiezza

vi

men

titolo

le

tanta strage, usciva alla luce nel 1841,

men sonoro

men

storie Siciliane del secolo

sotto

il

sospetto > di Uii periodo delle

XIII.

Passato

franco

tra

le

mani dei birri con la faccia ingenua d' un novizio dei


frati di San Francesco, che covi sotto cento ribalderie

il

libro, cui

il

l'Amari stesso

censore regio non aveva (cos ne scriveva


alla

Gargallo

I,

44), < tolto

una virgola

>,

correva tosto, elettrica


l'entusiasmo

E' bello seguire

con

postillata
il

sorgere,

nella

gli

;;

La sua

storia

mille edizioni, former

del-

Italia.

l'

raccolta

ordinata e

D'Ancona,

di

quel saggio squisito.

amici intimi dello scrittore

la Gargallo all'Amari

quali gli pre-

che

certezza

scrive

il

sar portata

forti, energici,

sgorga

gennaio

alle

1842

avr

stelle,

prodi, virtuosi cit-

? Ma sorrida un pochino

soccorrevano tosto a confermar il gentil

dunque contenta

43).

fiamma

dottrina dal

successo colla baldanzosa

il

tadini

fama

dilatarsi della

il

dalla fede:

(I,

preziosa

larga e sagace

Sono dapprima
dicono

a suscitare la

scintilla,

neir isola e quindi in tutta quanta

fatti

vaticinio. In sei giorni dalla pubblicazione, di mille copie

che

n'eran state tirate, avanzavano in magazzino da cento a


centoventi
seicento n' eran andate via per sottoscri;

zione

libro

il

mato, esce

uomini

passa di

dall' isola,

il

terraferma,

paese,

il

perviene agli

pi ardenti d patria

e l'entusiasmo

divampa.

Giordani, di tutto sfiduciato e stanco, unicamente

smanioso, com'ei

ripete

ogni sua lettera,

d'

con

quasi

andarsene

Palermitano

Amari

Oh

che bel
Insomma se oggi
:

Che

si

che fortuna? ha moglie? Dio noi

l'Airoldi,

I,

59; e cfr. 61, 62).

uniscono ben tosto quelle


d'allora vantasse

insistenza in

ritrovare uno

s,

il

libro

fa in Sicilia..,.

tediosa

presto

volume dello sconosciuto


oh bravo, bravissimo
si fa qualche cosa di buono
quel bravo Amari? che et?

slancio inusitato per celebrare

<

mano, ammirato, accla-

in

la

di lettere pi chiari, ai cuori

tenerezza, che onorino

Ecco

mano

corre

di

Ed

voglia... . (Lett. al-

a queste lodi sincere

quanti egregi

intelletti

l'

si

Italia

del Guerrazzi, del Salvagnoli, del Cap-

La Farina, del BarMassimo d'Azeglio, di Pompeo Ltta, del Manzoni.


Era per quel tempo ed in quelle condizioni d

poni, del Niccolini, del Borghi, del


bieri, d

cose un grande, uno strepitoso

successo. Sarebbe

cu-

< rioso, scriveva


.

confidente,

se

la

non verr

il

giugno

di costi

(ed

Profetiche parole

l'Amari

'42,

marchesina,

alla

ricominciare

di

intendeva

sua gentile
la

Napoli)

La bufra

stampa,
qualche
gi ad-

bufra

densata

mentr'egli scriveva, stava anzi per scoppiare.

s'era

Non

sapendosi dar pace che l'Amari avesse potuto stampare

impunemente un

libro col quale

< uomini

>.

il

invitavano

s'

a riprendere la indipendenza di

nazione,

Del Carretto destituiva

il

la

Siciliani

dignit

di

censore, sospen-

la pubblicazione di due giornali palermitani che del


avevano parlato con lode, ne proibiva la vendita
vana misura
e la ristampa. Il 3 ottobre poi nel Consiglio di Stato deliberavasi che l'Amari fosse sospeso anch'esso dall'ufficio e chiamato tosto a Napoli a rendere

deva

libro

conto del ticchio venutogli


L'obbligo di

di fare

letterato.

il

andare a Napoli,

notificatogli

il

20

D'Ancona, voleva dire processo e pri< gione, e forse anche prigione senza processo . Ma l'Amari non aveva punto voglia d' imitare il Giannone, e,
ottobre, scrive

il

conscio della sorte a cui sarebbe,

ubbidendo,

Ingannata

andato

in-

non senza
fatica, la vigilanza stretta di cui
era oggetto da parte
della Polizia, egli imbarcavasi ai primi di novembre con
falso nome sopra una tartana che faceva vela per Tolone,
e, dopo un viaggio disastrosissimo, giungeva il i dicembre
sul suolo francese. Tardi avvedutosi che la preda gli era
sfuggita, quel Seiano in sedicesimo di Del Carretto mandava fuori una ministeriale a manifestare la propria meraviglia perch l'Amari si fosse allontanato dal Regno,

contro, prescelse

l'esilio.

mentre, assicurava

Da

Tolone

egli,

non

si

dunque,

voleva punirlo affatto!

passato a Marsiglia, l'esule

ne

partiva

tosto per recarsi a Parigi,

Ma

primi

tempi

dove era deciso a prendere dimora.

dell'esilio

parvergli

oltre

ogni dire

A lui,

che con tanto rammarico aveva lasciato un


anno innanzi Palermo per Napoli, i suoi monti di sasso
angosciosi.

per

quelli

di

cenere

come

diceva,

li

insensibile

al

una spiaggia incantata, quanto dovesse tornare


amaro il trapiantarsi oltr'Alpi niun v'ha che non intenda.
Santo Diavolo

scriveva egli il 23 febbraio


1843 ad uno dei suoi pi cari amici, compagno de' giuochi
sorriso di

d' infanzia e dei giovanili divertimenti,

Sciarra, principe

<

menta non

con pochi

il

mezzi

Castelreale.

di

il

Notarbartolo di

Ci

che

freddo, non la nebbia,

non
carissimo, no

mi
il

tor-

vivere

ove tutto
lo star
che ho pi care, dalla veduta
;

< lontano dalle persone

Gansa e di Montepellegrino, dallo accento siciliano.


Conosco qui moltissimi italiani, molti francesi, e sempre
son solo. Le affezioni intime non si fanno e disfanno
come un abito. Vieni tu dunque. E intanto manda
della

a Parigi quanti

Siciliani

puoi,

ingannali, se

seducili,

A poco a
poco per i fantasmi della patria, pur affacciandosi incessantemente al suo pensiero, non lo ingombrarono cos da
vietargli nuove e magnanime aspirazioni. Ed in mezzo
alla povert, alla preoccupazione molesta di trovar da
vivere per s, per sostenere il padre, privo di mezzi e d' impiego, perch portava il nome di Amari >
si f' strada
nella mente del generoso il proposito irremovibile di
proseguire per la strada che s' era gi cos gloriosamente
dischiusa e proseguirla verso una meta ardua e fin allora
non per anco tentata.
Gi in Palermo, mentre attendeva a dettar la storia
del Vespro, egli aveva pi d' una volta avvertito come
d'uopo,

purch

io

vegga qui

de' Siciliani >.

fosse necessario portare la fiaccola luminosa

gine storica per entro

le

tenebre

fitte,

che

della

inda-

coprivano

la

L'AMARI NEL

1842.

(DA UNO SCHIZZO A MATITA DEL l'IIToHE

l^NTIIXI',.

medio evo, di cui rimanevano presepoche bizantina e saracena. E misurando le proprie forze, s'era sentito da tanto da assumer
lui r impresa. Io sto facendo castelli, anzi cittadelle in
cos s'apriva da Palermo, ove s' era recato in
aria >
storia di Sicilia nel

soch favolose

le

congedo,

uomo
si

il

Tommaso

io agosto 1842, con

come sanno

e traduttore,

Gargallo, ottimo

del poeta che

tutti,

non

traduce. Voglio studiar tanto di greco che possa leg-

gere gli scrittori bizantini e qualche diploma dei primi


tempi normanni. Voglio provarmi all'arabo, e se la via

non m' troppa spinosa, camminarci quanto potr. Ma....


non potrei darmi agli studi, senza tornare a
casa mia e trovar riposo .
Ci che gli pareva impossibile di fare a Napoli, egli

sento che

trov

invece

reali.
si

Finita

fattibile

castelli in aria del

appena

accinge dunque

Parigi.

terra

d' esilio

ristampa del libro sul Vespro, egli

la

ai

nuovi studi con quello stesso ardore

mano ad

con cui metteva

Nella

1842 cominciano ad acquistare parvenze

ogni cosa

Questo mio cor-

io o 12 ore al giorno di studio,

picciuolo resiste a

come

IO o 12 miglia di corsa coi cani a Montepellegrino >

98).

(I,

Lo avviava

all'arabo

sore di queir idioma,

il

Reinaud, pubblico profes-

orientalista

ed

alla paleografia bizantina

un

che

dottissimo,

lunghi anni presidente della Socictc Asiaticptc


altro

fu per

alle lettere

non men dotto uomo,

tedesco di nascita, direttore della Scuola di lingue orientali,

Carlo Hase. Sotto

siffatti

maestri uno scolaro

come

Michele Amari doveva fare stupendi progressi. E questi


furono tali difatti che in pochi mesi gli riusciva di scovrire per

entro

manoscritti

soltanto parecchi squarci


la

Sicilia,

ma

arabi della

istorici

di

Nazionale non

Ibn Al-Atis

ancora una descrizione

di

toccanti

Palermo verso

met del secolo X, che veramente preziosa, perch


dipinge con poetico calore

lo

la
ci

spettacolo affascinante della

bella citt,

non normanna ancora o

ma

cristiana,

araba tutta

quanta, adagiata nella sua conca d'oro, tra le mormoranti

fiumane, vicino

all'

iridescente suo mare, elevante verso

mezzo

cielo luminoso, in

agli aranceti, le

cupole dorate

il

di

cento moschee, di chioschi, di padiglioni pi leggiadri di

che adornarono poscia

quelli

Ed accanto

Generalife....

meno

ragguardevoli

venivano

gli

viaggio

tarne uno, quel

giardini dell'Alhambra e del

documenti altri non


mani, come, per ci-

a questi

alle

Sicilia di Ibn-Giobair,

in

arabo

spagnuolo del secolo XII, che monumento unico non

che

bello,

perch rappresenta a vivi colori

r importanza

normanna

Musulmani

de'

sotto

al

condizione

dominazione

si

rivelava a poco a

suo fervente cultore, che delle scarse ore sottratte

agli studi giovavasi

scenze a Parigi
cizia

la

>.

Cos la storia della Sicilia medievale

poco

la

non

solo

ad accrescere

numero

il

delle sue cono-

sicch in breve strinse relazione ed ami-

suoi connazionali erano


con quanti tra
prepotenza costretti ad abbani

stati dall'odio della straniera

donare
il

l'Italia,

Rossi,

quali

Friddani,

il

Libri, gli Arconati,

il

l'Arrivabene,

l'Airoldi,

Collegno

ma

altres coi

che la Francia contasse il Thierry, il


Guizot, il Thiers, il duca di Luynes, il Michelet, E. Renan.
A. Dumas, per non parlare che di quelli de' quali rinvemigliori ingegni

niamo

nel suo carteggio gli scritti.

Cos trascorrevano
dell' isola
si

natia

non

anni e nell'Amari, se l'amore

per che

lasciava

illanguidiva,

facesse sempre pi imperioso e tenace l'affetto per la

patria

comune, per

l'

le antipatie

regionali

All' unit

Italia.

vansi ormai tutte le sue


si

odiar pi Lazzaropoli
gli

gli

s'

brame

dissipavano;
>;

egli

ai

volge-

sogno

sentiva di non

e la preghiera che

inviava di voler bene

esaudita che fatta.

questa

di

e dinanzi al mirabile

Napoletani

>,

il

Manzoni

era prima

La

rivoluzione siciliana del gennaio 1848, che la stolta

baldanza
chele

di re

Ferdinando aveva provocata, sorprese Mia Parigi, ma egli da un anno aveva un

Amari ancora

da canto

po' lasciati

Musulmani per occuparsi


dava alla luce

de' Bor-

boni, contro de' quali nel 1847

costitizionale di Sicilia di N. Palmieri,

la

Storia

corredandola di po-

che saettavano il fedifrago re Bomba, e dedicandola


non gi al Parlamento inglese, ma < a quell'altro parla< mento, senza tetto s, senza nome, senza statuti, che
stille

< dalle Alpi alla punta del Lilibeo comincia ormai a de-

liberare sulle proprie faccende >

Bench
faceva

le

cio ai popoli italiani.

di Palermo si
non pot partire
avrebbe voluto, e quando rientr sul

che per

all'annunzio

le vie

fucilate, egli anelasse recarvisi,

cesi presto

come

mese nella patria vi trov la rivoluzione gi vittoriosa. Nominato professore di diritto pubblico siciliano,
ei pronunzi ai 20 di marzo
1848 l'orazione di solenne
finir del

apertura

Universit

dell'

ma

caro

dar

la

lui,

ben

pi che

salire

Di Gregorio, sarebbe riuscito

sulla cattedra illustrata dal

caccia ai gendarmi borbonici! In

mancanza

bene del paese non meno necoraggio civile, accett di far

di meglio e convinto che al

cessario del militare era

parte del comitato

di

il

guerra e

che con splendido suffragio


acconsent ad entrare nel
riano

delle finanze

tortura

port per cinque mesi


alla quale

aveva

tutto s stesso >

fin

>,

Ministero cui

caricandosi a

Stabile,

marina

malincuore

come

circa in
dalla

ei la

Palermo,

presiedeva
del

Ma-

portafoglio

chiamava, che sop-

omaggio a

prima

dopo

e poscia,

fu eletto deputato di

quella patria,

adolescenza

votato

(1.455).

Caduto poscia il Ministero Stabile, proclamata la decadenza del Borbone, in seguito all'offerta della corona di Sici-

duca di Genova, l'Amari fu mandato a Parigi ed a


Londra per implorare da entrambi quei governi protezione e favore. Tre volte egli and e torn dall' una allia al

l'altra di

quelle capitali, che lunghissime riuscirono le ne-

debolezza

goziazioni, ridotte alla perfine infruttuose dalla

del

governo inglese, dai tentennamenti del francese, ed

in

ultimo dall'aperta nimist di Luigi Napoleone.


Dell'attivit febbrile con cui l'Amari, coadiuvato dal
barone Friddani, rappresentante del Governo rivoluzio-

nario a Parigi, tratt gli interessi della Sicilia dal giorno


(31 agosto) in cui assunse la sua missione, vuoi scrivendo
libri,

Londra

opuscoli, articoli per giornali di

vuoi salendo e scendendo senza posa

incettando

de' Ministeri;

fucili,

arruolare e spedire

monianza

le

nell' isola,

principe

di

ricer-

e soldati

recano eloquentissima

Emerico Amari, del marchese


dello Stabile, del

uffiziali

dall'agosto '48 al

lettere

cannoni,

polveri,

cando vapori per armarli a guerra,

e di Parigi,

roventi > scale

le

marzo

da

testi-

'4g, sue, di

Torrearsa, del Friddani,

di Granatelli, di L.

Scalia, di

occupano la maggior parte del primo volume. Xon qui opportuno farne
l'esame; basti quindi il dire che cotesti preziosi documenti,
pressoch tutti inediti, permettono di seguire giorno per
Pietro Lanza, principe di Butera, che

giorno

le

vicende della rivoluzione declinante, l'abbandono

della causa siciliana

europee,

il

fatale

da parte
ritorno

di tutte le

della

maggiori potenze

dominazione borbonica.

Pieno d'eroica fede nella bont della

sua causa, l'Amari

traeva per anche dai crescenti disinganni occasione e pretesto a sperare.

<

<

Come

vedete

cos

al

Torrearsa add

camminiamo in un deserto
da Parigi
di sabbia, che cambia figura ogni giorno per forza di
venti s diversi, che nessun uomo pu prevederne la
direzione. Con tutto ci il nostro passo pu gittarsi con
se si combatte.
armiamoci
sicurezza dritto in avanti
7

gennaio

849,

combattiamo

se

giugneremo

dice

il

alla terra di

cuore

trovan

si

di

Mos;

Dunque

l'acqua al tocco vostro scaturisce dalla pietra.

Pekin,

tratta a Napoli, a Parigi o a

si

armiamoci sempre. Gli uomini e le armi


sempre. Pei danari voi cost fate il miracolo

Canaan. La spunteremo, mei

Ma

quando la realt acerba Io richiam in s e vide


promessa s'allontanava sempre pi, miraggio
ingannevole, da' suoi occhi, che la Sicilia stessa non

che

la terra

voleva pi combattere per la sua libert >, e s'appre-

stava a riprendere

giogo, torn a precipizio a Palermo

il

per pagare nell'ora

suprema

sangue. Troppo tardi


per poter

paese

al

arriv

il

suo

tributo di

appena

quasi

in

tempo

ripartire .

Ai primi

maggio, dopo avere corso pericolo di laacque di Trapani, dove contro uno
scoglio notissimo, in pien meriggio, e in piena calma ,
era andato a dar di cozzo il vapore che lo portava si
sciar la vita

di

nelle

nuovo a

trovava di

dove

Parigi,

lui,

dolore, dalla vergogna, dall'annientamento


le notizie dell'

divorato

ultima convulsione palermitana del 30 aprile.

Poi tutto tacque; ed egli rimase per quasi due mesi


letargo

Non sapea

una

<

fare

scemo, o delirava

visita,

palpitava

Roma

(lett.

ogni

ma

sforzarmi a scrivere

o andava

nel

campo

rinvenire

come

in

riga,

come uno

baloccando

vastissimo dei rcgriis. e

menomo annunzio

all' Arri vabene,

una

de'

miracoli di

6 agosto 1849).

Finalmente anche questo morbo morale


ed una ragione superiore ad ogni legge >
a riprendere

dal

giungevano

si

dilegu,

Io consigli

suoi lavori arabici, nei quali era sicuro di

conforto

e riposo.

Eccolo adunque,

giornali reazionari favoleggiavano che

mentre

ministri della

ri-

voluzione se n'eran andati via di Sicilia carichi di danaro,


rintanato in

una stanzuccia

al

quinto piano, di una ven-

lungo e una dozzina

tina di piedi in

una borsa

cabilmente alla

guardando

in largo,

magrissima e condannata irrevo-

cio

tisica,

morte

com'

scriveva

ei

bre scherzosamente al Panizzi, a tradurre

settem-

il

filosofico libro

il

il Solwan el Mota d' Ibn Zafer per conto


Le Monnier, ed a riprendere gli studi per la

dell'arabo Boezio,
di Felice

Musulmani.

storia dei

tare

bisogno

Il

stendere

r incarico di

il

gli

anche accet-

faceva

catalogo

dei

arabi

codici

che

della Nazionale di Parigi, lavoro faticoso,

teneva

lo

legato cinque ore al d per cinque franchi, cio molto

meno

la

che

di quel

Parigi

Ma

ci

disagi

vuole per

sua solida temprane d'intristire

il

forza n di fiaccare

suo umore

rifletto (sono parole ch'ei dirigeva al


l'ottobre del

miseramente a

vivere

non avevano

185S) sulla gravit con la quale

chiama s medesimo

Quando

barone Pisani nelnostro

il

non so tenermi
dalle risa. Positivo, perch si logora l'animo e si sporca
la coscienza ad acquistare di che mangi un piatto o due
pi delicati, di che orni la camera di poltrone e tappalloni di seta armati d'acciaro
< peti e di che compri
per mentire i fianchi della moglie. E un animale li bauno stormo di
stona, seduto in alto, per grazia di Dio
umili,
cornacchioni li assedia e molesta, in nome di Dio
birbi, sol che lor diano
tremanti fan di cappello a tutti
secolo

positivo,

agio di

arricchire.

< pienza

Povert

Cos dal

1849

Oh

il

bel

sei molesta,
al

1858

positivo e la

ma non

visse

cos

verace

poveramente

<

ma

buonissima salute e quasi giovanile e d'animo pi che


< superbo ed ostinato

anni nei quali

la

>

il

valoroso.

sa-

minchiona >

furon questi

sua attivit scientifica tocc

il

di

mai
gli

maggior

grado. Parecchie pregevoli memorie di cose arabiche, taluna delle quali onorata di premio dall'Accademia d' Iscrizioni

durante

Belle
il

Lettere,

tempo,
due primi vo-

questo

appartengono a

quale escirono pure alla luce

lumi della Storia dei Musulninni di

< opera,

Sicilia,

ci

Alessandro D' Ancona

che il maggior titolo dell'Amari al nome di storico


un monumento, che potr forse in qualche piccola parte
piace dirlo colle parole stesse d'

venir modificato o corretto per successive ricerche


inattese scoperte
<

<

ma

che, cos

com'

resiste al

ed

tempo,

segna un momento importante nello studio e nella


storia araba ed italiana, e chi ne fu
autore compensa d' imperitura ammirazione >.

conoscenza della

Giunse finalmente l'aurora del 1859, e gli italiani scocome l'Amari aveva pur sempre sperato

terono di nuovo,

ed augurato,

pietra sepolcrale che un decennio

la

era lor ricaduta pesantemente su


volta per egli

non ebbe

principale agli

avvenimenti della

la

le

ventura

teste.

prima

Anche questa

prendere

di

<

Sicilia.

parte

Non potendo

con Garibaldi per pi ragioni, tra le quali di certo


non va messa la paura >, si diede in Firenze, dov'era stato
chiamato a professare lingua e storia araba dal Governo
< andare

come

Provvisorio Toscano, a raccogliere denaro,

segretario,

cassiere, ispiratore principale della societ promotrice,

posta di ]\Ialenchini, Vannucci, ecc. Recatosi poi in


fu per l'unit d'Italia e per l'annessione

come procacciava

la

biscito,

che

nell' isola,

egli

avversando

voleva

dal Dittatore

non immediata,

Societ Nazionale, cio da farsi prima

dello sbarco di Garibaldi in

giunse

com-

Sicilia,

Calabria.

Ma

quando

l'eroe

sostenne l'annessione subito, per ple-

la

mazziniana ed autonomista,
Parlamento siciliano. Invitato

parte

convocare

il

ad assumere

il

ministero

dell'

Istruzione e

de' Lavori Pubblici, egli lo resse per qualche mese, pas-

sando quindi

agli Esteri

e ritirandosi

poi

con Depretis,

Di Giovanni, Errante ed Interdonato. E sebbene Garibaldi,


venuto dal continente in Palermo a rifare il governo, lo

pregasse

rimanere, egli rifiut ostinatamente

di

ricus in appresso la carica di storiografo


tagli dal Mordini, e gli altri

L' istoriografo
Sabatier,

il

novembre

impieghi che
d'oggi

ai d

come

di Sicilia da-

gli si offerivano.

scrivevane

poi

torna ridicolo quanto

il

al

poeta

Rinunziai per questo

motivo espresso, e per


non accettare nulla da quei signori,
cuccagna d'impieghi che han tenuta balordamente >.

cesareo.

l'altro tacito di

< nella

Non rinunzi
conferitagli

invece alla dignit di senatore del Regno,

quando

si

convoc

primo Parlamento

il

italiano,

dietro proposta del conte di Cavour, che nutriva' per


altissima stima e lo considerava
illustrazioni italiane >

come una

all'Amari del 4 febb. 1861);

(lett.

n un anno dopo respinse l'offerta fattagli

dicembre 1862)

come

ministro

lui

delle < maggiori

di far parte dei

dell' Istruzione.

dal Farini (8

consiglieri della

Corona

L'alto ufficio tenne fino al

settembre 1864, senza provarne soddisfazione, anzi senten-

done

tutto

il

alla patria e

< rale

>.

ma

peso,

rassegnato a pagare

bramoso unicamente

Dell'opera sua

come

dell'

suo tributo

il

< interesse gene-

ministro non qui

se la milanese

Accademia

che in

caso di

Scientifico-Letteraria, la quale era

rimasta quasi negletta dopo

vere e piant salde radici.

il

M. Amari

discorrere; mi piace ricordare che fu merito di

la

fondazione sua, ritorn a

si

rivi-

avverta che l'Amari trovava

Italia d' universit ce n'eran

troppe e che conveniva

sbarazzarsi di parecchie. < Je prpare cela

scriveva

Renan

il

27

novembre

bien,

un

al

pour que

le

l'opinion publique; et

pays et

le

parlement permettent l'am-

putation d' une demi-douzaine d' universits


intelletto cos

acuto quale

il

le faut

il

>

Ma

ad

suo non poteva sfuggire

quanta importanza fosse il mantenere e ravvivare in


una citt come la nostra un focolare di studi superiori,
una scuola d'alta e geniale cultura.

di

Caduto, anzi sdrucciolato, come dicevano

<

Burgravi

xCi'

j^

^.,.r^*-l/.-"-7<^

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>

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*y*VA'-' ^^PT-.-Y

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111

M.

\MUil A

KKIiMliiiF hi

III

LKlrKIlA AI'TOr.llAKA

Sr.llLE.SSVIi;-IIOLSTEl.\'-Al!i;uSTKNBIJI;,

(noli A,

i!)

IllC.

1880).

CONI K

III

NOKII.

, nel sangue del settembre 1864, il Ministero


Michele Amari, < liberato da quella galera >, riprese la sua tranquillit ed i suoi studi, n d'allora in poi,
bench frequentasse assiduamente quel Senato, che qualche

< di Torino
Farini,

anno innanzi aveva chiamato < soporifero >, e vi prendesse parte non scarsa ai lavori (ben diciassette relazioni
dal 1861 al 1882 recano in calce il suo nome), non si
gett pi a nuoto

che

militante

s'

pelago

nel

burrascoso

politica

della

sempre

facendo

andava

torbido

pi

periglioso.

Ammogliatosi
cese di nascita,

nel

ma per

1 865 con una virtuosa signorina, franeducazione italiana, che lo f' padre di

ed il conforto della sua


domestiche pareti giorni
placidi e sereni, allietati dall'amore e dal lavoro. Nel suo
carteggio quindi dal 1870 in poi le lettere sono minori di
numero e pi frequentemente frammentarie, perch of-

tre figli,

quali furono la gioia

verde vecchiaia,

egli trasse fra le

frivano interesse minore. Certo sarebbesi potuto accrescere


di

molto

l'epistolario,

introducendovi

scientifiche, di studi arabi

ed orientali

lettere

ma

al

puramente
solertissimo

Editore parso bene non rendere grave la pubblicazione


sua, nella

mostra

more

al

1'

pi che

quale

uomo ed

il

il

dotto

patriotta.

mirava a mettere
ben a ragione che
;

in
l'a-

suo paese fu nell'Amari principio e fonte d'ogni

virtuosa operazione.

Al Vannucci,

il

quale, correndo

il

'58,

lodi della sua Storia de' Mitsitlinmii nella

renze, ei rispondeva
altri

commosso

compatriotti

la

sola

<

Il

se

lodino

facciano

Rivista

giudizio

biasimo,

me ne
lo

di Fi-

tuo e degli

ricompensa che

perch se tacciono gli oltramontani,

aveva tessutele

ambisco,

curo un fico

stesso.

Chi non

parla italiano nostro nemico, o strida in md, o in

^'es,

o in ja, o in qualsivoglia altro suono barbarico. Nimist


politica, letteraria, dei grandi e degli

infimi,

dei dotti

di chi ci ingiuria e di

e degli ignoranti,

lodi e buoni auguri a

modo

clii

ci

proprio suo. Godi,

regala
Oltral-

pino, cannoni, vapori, telai, orsc, filosofia retrograda e


superstizione rincalzante
<r

che torner

il

tempo

di

questa

povera, sanguinaria, miscredente, e discorde

Italia

gi presso alla tomba, ottantenne

nore delle sue

figlie,

Massimo d'Azeglio,

che

discorrevagli

cos replicava

delle

La sua

>.

alla mi-

quasi,

lettere di

vita politica

invidiabile davvero, e dal canto mio quel che pi gli

combattendo per 1' IQuesta la soia, dico del combattere, la ola


ricompensa che la fortuna mi ha negato, dopo eh' io
mi ci era preparato fin dai miei quindici anni e fab-

invidio la ferita eh' ei riport


talia.
e

bricavo con questo disegno tutti

Ma

si

miei castelli in aria.

Palermo, dove non


combattea pi, e mentre io volea andare a Mes Sina, mi sequestrarono con le catene di deputato e mi nistro. Tornai in Sicilia al '49, dopo la missione a
Londra e Parigi, carico d'armi, e la festa era finita non
solo, ma la mia povert mi tolse di andare a Venezia
al '48 io

ed a

Lo

era a Parigi

Roma, dove pur

si

corsi a

poteva affrontare

la

morte.

un di presso mi avvenne al '59 e


modo che mi avvicino alla tomba non senza
senza aver compito il mio dovere nella guisa

stesso caso ad

al '60, di

onore,

ma

voleva

eli' io

Magnanimi

>.

sensi,

a coloro, e son molti

che parranno forse incomprensibili


pur troppo

!,

cullandosi in

quali,

non so quali sogni d' universale fratellanza, professano di


non sentirsi pi italiami che francesi o tedeschi o americani.... Vero che la creta colla
quale sono impastati
questi miei ottimi coetanei, non precisamente quella

donde madre natura aveva cavato

1'

Amari.

v.

Vi son degli uomini,

quali,

allorch

il

valore

del-

1'

ingegno, coadiuvato

spesso da benignit di

fortuna,

li

ha levati in alto, unicamente preoccupati di s e della


fama loro, mirano con diffidenza sospettosa ogni sforzo
conquistarsi a sua volta un po' di
Per costoro, anime grette e piccine, impastate di vanit e d' invidia, < tormentate sempre >, come
diceva di G. B. Niccolini quel brav' uomo del barone Airoldi, da un ammasso di bile, che lor gorgoglia in
fondo del petto come la lava nel fondo di un vulcano

che

(I,

faccia per

altri

posto

al sole.

73), ogni picciol trionfo altrui

riesce

quasi

un'offesa,

non ammettono che si possa


pensare in maniera diversa da quel che fanno, studiare
ci che essi non studiano, n dubitare dell' eccellenza di
quanto essi operano o dicono. Costoro non soffrono quindi
vicini che de' lusinghieri e de' mediocri, coi quali largheggiano di quelle lodi che rifiutano ai valenti odiano
gli uomini sinceri e leali, ed invece di formarsi d'attorno
uno stuolo fidato d'amici e di discepoli, vivono in crucciosa solitudine, non accorgendosi mai, o troppo tardi, che
essi soli sono sacerdoti d' un culto senza altari e senza

un

insulto fatto a loro

essi

adoratori.

Ben diverso

fu l'Amari. In

lui

l'avversit

crebbe

la

bnnt generosa dell'animo; costretto a salire lentamente per


un'aspra via alla conquista d'ogni bene che pi

quaggi,

egli

si

desideri

apprezz sempre coloro che altrettanto tenta-

vano di fare, e tese loro la mano soccorritrice. Nemico d'ogni


vana e ridicola pompa, d'ogni affettazione e d'ogni ipocrisia,
egli, senatore del Regno, colmato di onorificenze cavalleresche ed accademiche, negli ultimi anni di sua vita

faceva beffe

di

certe

vanit

puerili,

si

come quarant'anni

prima a Parigi, quando a stento tratteneva le risa, contemplando il buon duca di Serradifalco trasformarsi per
andare alle Tuileries in bacheca di gioielliere. Modestissimo, aborriva le lodi e fuggiva chi facesse professione

nemico de' pettegolezzi letterari, odiava


levane polemiche, mostrandosi sempre rispettosi delle opi-

di lisciar altrui;

nioni contrarie.

Ma sovra tutto

ammirabile nell'Amari fu

culto fervente per la scienza ed

il

lavoro. Io

il

rammenter

sempre con verace commozione que' giorni dell'autunno 1887,


in cui egli era solito scendere dalla sua villa, situata poco
lungi da Firenze, per recarsi in citt e lavorare alla Nazionale. Nella sala dei manoscritti ei prendeva sollecitamente luogo vicino

ai

pochi

frequentatori, e

curvo

l,

con indefessa attenzione, finch l'ora della chiusura non giungesse, sgradita, a distoglierlo dalle predilette fatiche. Poi, scendendo

sulle carte ingiallite, leggeva, scriveva

gi per piazza della Signoria e per via Calzaioli,

discor-

reva del lavoro cui stava attendendo, della nuova edizione


del Vespro, cui dava le ultime cure, ed interrogato, vo-

rammentava uomini vecchi e vecchie cose con

lentieri

ed a
un
tempo. Oh come scintillavano allora gli occhi, vividi semVeneranda immapre, sotto le bianche ciglia arruffate

arguzia benevola, non scevra di volterriana


volte con

ironia,

impeto che faceva ripensare all'uomo

di

gine paterna, svanita nei gorghi del tempo, questa raccolta


preziosa, formata con tanto intelletto d'amore, conserver
intatte le tue

nepoti

sembianze

alla

riverente ammirazione

de'

APPENDICE

UNA LETTERA AUTOBIOGRAFICA

MICHELE AMARI.

or

Sebbene

INEDITA

della vita sua e de'

l'autore in-

scritti

sucii

signe del Vespro abbia dato conto egli

medesimo

notevoli Appinti mitobiografici,

dett nel

Leone

richiesta di
gli

ch'egli

Carpi, ed infiniti

que'

in

i88i a

preziosi raggua-

altri

intorno alla veramente mirabile operosit sua politica

adesso da

e scientifica scaturiscano

quel suo

bellissimo

Carteggio, intorno al quale Alessandro

D'Ancona ha speso

tant'amore, tante cure, tanta

dottrina

che debba tornare non sgradita

che qui soggiungo,

tratta

tografi. Dettata quasi

luzione,

onder

circondato

dall'

raccogliere

all'

sorto

d'Italia,

cominciava a

lunghi travagli, delle

sofferenze

e delle fatiche con tanta nobilt sopportate, essa

intravvedere,

dir

cos, solo

di scorcio,

intero l'animo elevatissimo di chi


tratto delineato

arte da

stesso

con

finezza

1'

ha

ma

scritta.

minuziosa

Non
che

franchi giudizi,

che

dell'opera politica ch'egli

e precise

un ricon
di

le

il

patriotta

ha compiuta

tali

s
se-

che

le linee

fisonomia. Impor-

principali della vigorosa, originale sua


i

presenta l'Amari; bens un rapido sbozzo,

gnato da mano frettolosa con pochi tocchi, ma


colgono a volo e fermano per sempre sulla carta
tanti

ci lascia

pur sempre

colorito

pennello industrioso e sapiente quel

ci

lettera

quando l'Amari,

universale amoroso affetto,

frutti de'

tuttavia io stimo

miei lettori la

da una privata collezione d'auindomani della stupenda rivoregno

il

ai

fervente

vi

reca

non men rilevanti

sentenze, che del proprio e dell'altrui lavoro

io scienziato.

Solo siam.o

dolenti

di

nrn

potere, sod-

disfacendo
il

mime

al

debito nostro d editori, indicare

leggeva sulla busta

in cui la lettera

sempre avviene,

quasi

ai lettori

dell'amico cui l'autore scriveva. Questo


fu chiusa

collo sparire di essa

E vano

ogni traccia del destinatario.

nome si
e, come

scomparsa

riusc ogni sforzo

da

noi fatto per ritrovarne qualche indizio, sebbene efficace-

mente e cortesemente aiutati dall'ottima famiglia del compianto scrittore. Tra le lettere a lui dirette negli anni 1861
e

1862, che

tutte e

mestico archivio, non

gelosamente
ci

conservano

si

venuto fatto di

in cui lo sconosciuto corrispondente

deva

ragguagli che questi

si

scritto

che

mento

della nostra scrittura.

dell'Amari

gli chie-

piacque favorirgli

qui, senz'altro parole,

nel do-

rinvenire quella

con

lo

pubblichiamo a comple-

Firenze, 10 del

1S6J

Pregiatissimo Signore,

La prima cosa La prego

di

scusarmi del ritardo col

quale rispondo alla gentile sua lettera senza data, diretta


a Torino

e di

rimandatami negli ultimi

di

dicembre.

Ritornato qui dal Senato verso la met dello stesso mese,


per ricominciare le mie lezioni e continuare i miei lavori,

non ho avuto un momento

di

tempo

qui la forza di rubarne un poco


di vanit

personale

da Lei e

s'

poich

ai

infine, se

io voglio servirla in tutto

quest'affare son io

l'

non ho avuto

fin

miei studi, per causa


il

comando viene

quel che possa, in

interessato.

permetta
mi pare estraneo all'assunto. Non le tacer
nondimeno che io sono fermo pi che mai in quello pronunziato la prima volta. Il Rubieri nella sua Apologia di
Giovanni di Procida peror da avvocato con le medesime
ragioni che si possono mettere in campo per salvar dalla

che

Il

giudizio storico su Giovanni di Procida,

Io

dica,

ma

non prov nulla: e tra i documenti


uno che ribadisce la condanna
del suo cliente. Il De Renzi poi, nella sua compilazionaccia eh' Ella forse avr letta, ripete i fatti storici con le
mie stesse parole, prende di peso le argomentazioni del
Rubieri e non fa altro che declamare. Non vorrei ch'Ella
ripetesse a niuno queste mie parole, perch odio mortalmente i pettegolezzi letterari. Risponder io stesso brevemente, e come credo, diffinitivamente, in una novella
edizione del Vespro, apparecchiata gi da un anno e non
uscita per anco dai torchi di Lemonnier.
Quanto alla mia missione del '48 in Londra, la compii
con zelo e senza frutto.
che giova rivangare la deboforca un assassino;

pubblicati da lui ve n' ha

lezza del ministero inglese in quel

tempo

e la nimist di

che ne tocc Lord Ellesmere


nella traduzione inglese del mio Vespro, eh' Ella conosce

Napoleone
o

quel

Basti

potr procacciare agevolmente a Londra.

si

Ella ben sa che nel 1860 io

non ebbi parte

pale negli avvenimenti della Sicilia.

con Garibaldi per pi ragioni, tra


va messa
naro,

la paura,

come

mi

le

princi-

Non potendo andare


quali

di

certo non

diedi in Firenze a raccogliere da-

segretario, cassiere e tutto della Societ pro-

motrice composta

di

Malenchini, Vannucci, ecc., la quale

messe insieme da 80.000 franchi, impiegati nelle tre spedizioni. Andato in Sicilia, fui, com' Ella ben sa, per la
unit d' Italia e per l'annessione non immediata, come
procacciava la .Societ Nazionale, cio da farsi prima dello
sbarco di Garibaldi in Calabria. Quand' egli vi messe il
piede, io

sostenni la

annessione

subito,

per

plebiscito

e imbattendo la parte mazziniana ed autonomista che vo-

leva convocare il Parlamento siciliano, come io avea


combattuto lo stesso partito in una conferenza tenuta con
Cavour in giugno, pria del mio ritorno in Sicilia. Ca-

vour allora credea pi

onesto e conveniente

di

adunare

il

Parlamento

siciliano

come

ed

io gliene

mostrai

tutti

pericoli.

con Depretis, Di Giovanni,


Errante e Interdonato. Garibaldi venendo in Palermo a
rifare il governo, mi richiese di rimanere
ed io mi riElla sa poi

mi

io

ritirai

fiutai

ostinatamente

come

grafo datami da Mordini e

poi ricusai la carica di storio-

fatto sentire spesso, e le

impieghi che mi of-

altri

gli

ferivano. Nel soporifero Senato, Ella

poche

il

sa bene,

volte

non mi son

che ho

aperta la

umori clericali.
Del terzo volume dei Mussulmani di Sicilia sono stampate loo pagine. Dopo circa due anni d'interruzione che
ben si spiega, spero di ripigliarlo in quest'anno e finirlo
nel vegnente
se non sar disturbato.
bocca stato per contraddire

certi

Ho

bens

finita,

salvo

304

fogli di

stampa, la rac-

colta dei diplomi arabi dell'Archivio fiorentino,

XII

XVI

al

secolo e riguardanti

il

commercio

dati dal
di Pisa e

con l'Affrica settentrionale e 1' Egitto. E


stampato il testo con la mia traduzione italiana in pie di
pagina e in fin del volume andranno le imperfette traduzioni contemporanee latine o italiane, che v' hanno di
poi di Firenze

pochi tra quei diplomi e di


duto.

Dar

altri

note, e, in principio,

dei quali

il

testo per-

una Introduzione.

E spero

pubblicare in febbraio.

L'opuscolo stampato a Parigi in febbraio '48 ha per


titolo Qielques ohscrvations

In dicembre 1859

fui

sur

le droit

puhic de la Stale.

eletto corrispondente della Acadviie

des Iiscrptions di Francia. Degli amici scienziati o letterati

che ho

in

varie

non occorre farne parola. E


non ne ho inpubblica. E di nuli 'altro ho da

parti

aneddoti che valgan la pena di scriversi,


contrato nella mia vita

confessarmi. Lio sta bene. Gradisca

miei ringraziamenti

e saluti.

Sno Dtv.mo
M. Amari

GASTON PARIS
A

SESSAM'ANM

(1899 CIRCA).

GASTON PARIS

LLORCHE

/a

vidissimo

ma

neir improbo
della

fama

annunziare

nel
:

d'un uomo,
intelletto,

quale colla nobilt del fer-

il

perseveranza

coli' infaticabile

fecondo lavoro, abbia raggiunto l'apogeo

campo

Esso

degli

studi a

morto >

alle

lui

prediletti,

s'ode

querele prorompenti

per la perdita inattesa sempre e sempre


mesce immancabile l'affermazione che il luogo,
suo rimarr vuoto, la sua perdita non si potr mai riparare
Chi cos asserisce, cede ad un impulso profondamente

da tutti i
mmatura,

istintivo,

lati

si

a quel bisogno

le ferite inflitteci

irresistibile in

dal destino,

desiderio del bene che

ci

di

noi di

rendere

pi

stato strappato....

piano, siffatta impressione s'attenua

il

rincrudire

cocente

il

poi, piano

fascio che

un solo

bastava a portare e che, piombato a terra, incute stupore


e sbigottimento insieme ne' riguardanti, viene

distribuito

un po' pi curvi di prima, si ripongono rassegnati in cammino. E la vita riprende il suo


corso. Non altrimenti quando, squarciati orrendamente i
fianchi da uno scoglio insidioso su cui la scagli 1' uragano,
una nave sta per calare a picco, s'accavallano infuriati
tra

superstiti,

quali,

al vitreo gorgo che si disciiiude. Ma non


appena esso abbia inghiottito la sua preda, ogni tumulto

marosi intorno
s'acqueta;

larghi giri formati dai flutti

stringono a poco a poco,

si

cancellano

piano sterminato torna a regnare

Cos avviene,
fatale

nanzi

sepolcro

in

quanti, non stretti a


la gravit del

sconvolti
poi sul

re-

si

liquido

calma.

parte de' casi, ed


sempre per. Ed oggi di-

dicevo, nella pi

che avvenga.
al

la

Ma

non

cui
lui

tra

l'angosciosa

meraviglia

di

da personali rapporti, ignoravano

suo stato, e disceso

il

pi illustre fra

ro-

manisti viventi, riesce lecito ripetere con convinzione pro-

fonda che non tutte


vuoti

che

si

le

perdite

si

restaurano, non tutti

possono riempire. La morte del filologo

fino agli ultimi istanti della sua

dal lavoro

che, al pari del Petrarca,

vita

insigne

non cess mai

volle spirare tra

mentre significava con limpidit mirabile di parola il geniale pensiero, iattura grande tanto per gli
studi romanzi, che nulla pu recarvi riparo. Nel campo
vastissimo che dessi abbracciano, egli solo forse si moveva con piede sempre sicuro. Nessuna tra le doti pi
peregrine, onde suole risultare il filologo eccellente, il
perfetto indagatore de' fenomeni linguistici e letterari, gli
faceva difetto
ma egli non era soltanto uno scienziato
acutissimo ed un meraviglioso erudito. Al sapere quasi
sconfinato, alla critica sagacia, alla cautela sempre in vedetta, il Paris accoppiava qualit eccezionali di letterato e di
scrittore. Qualunque pi scabroso argomento, trattato da
lui, pareva acquistare chiarezza
inaspettata, divenire ca.
suoi

libri,

pace

d'

interessare

pur

che meno fossero a ci


si vorrebbero pi di fremolti dei quali, che pur vanno

coloro

preparati. Attitudini queste che

quente rinvenire nei

dotti,

per

la

maggiore, sogliono considerarle invece ancora come

giovamento

superflue, quasich la scienza potesse trarre

dal presentarsi

essi

pubblico

veggono che,

stessi di cui
essi

al

timidi e scoraggiano

mente

danneggiano

cos operando,

sono sinceri fautori, giacche

grande rispetto per

negletta.

arcigna,

squallida,

profani. Tutti costoro

la scienza,

ma

alla larga: elle est sacre...

ne restano

sempre maggior
predilette ed accrescere

diffusione
le

personne n'y lotiche!

a loro

simpatie

e'

discipline

alle

stata zelante, tenace e fruttuosa a tal

templarla nel suo complesso

hanno

prudente-

L'opera compiuta da Gaston Paris per dare,


trario,

studi

gli

allontanano da

al

con-

da

lui

riguardo,

segno, che a con-

ingombra l'animo un senso

Ma perch torni possibile accennarne


almeno la natura e precisarne i contorni, giover dire alcunch del mezzo in cui sorse, sviluppossi e pervenne a
piena maturit l'eletta tempra del savio gentile >, che
ci ha pur troppo e per sempre abbandonati.

di riverente stupore.

Gaston Paris era nato ad Avenay nella Marne

il

agosto 1839 da Paolino, infaticabile e sereno erudito, che


dopo avere trascorso parecchi lustri nei queti recessi della
biblioteca Nazionale di Parigi, illustrandone
sori,

salito

in

letterari te"

rinomanza per dotte e


correndo l'anno 1853, chiamato

molta e meritata

numerose pubblicazioni, fu,


ad occupare la cattedra, allora appunto

istituita nel

lge de Fraine, di lingua e letteratura francese del

evo. Cresciuto alla scuola paterna,

il

Col-

medio

giovane sent presto

germogliargli potente nel cuore l'affetto per quella vecchia


poesia che aveva allietato
ne'
in

primi suoi anni ed era stata


tempi medievali cagione che la Francia conseguisse
Europa una vera egemonia intellettuale. Egli deliber
i

dunque

dedicare a codesta passione tutto s stesso, e

di

per rendersi pi

agevole

passare innanzi

di

tutto

universit di cui pi viva

l'

in
si

impresa, abbracci

il

partito

Germania a visitarvi quelle


spandeva allora la fama. At-

Bonn, dove, quasi ignorato dai


buoni abitatori della graziosa citt che si specchia civettiravalo particolarmente

tuola nel Reno, viveva il fondatore della filologia romanza,


Federigo Diez. La dimora del Paris presso l' illustre maestro fu breve; pure essa bast ad imprimergli nell'animo

ed incancellabili. Nous sommes >, egli diceva


quando si celebr a Parigi con solennit grande

ricordi cari

nel
il

1893,

primo centenario del Diez, alludendo a s ed al suo


commilitone, Paul Meyer, nous sommes... sans

illustre

doute presque les seuls Fran(;ais

<c

qui aient connu le patriarche

actuellement vivants

de nos tudes et qui lui


J'ai eu surtout ce privilge,

a bocca.
pendant neuf mois dans ma dixhuitime
charmante ville qui tait devenue sa seconde

i aient parie dz bocca

ayant habit
< anne, la

facjait
<:

me

lui un souvenir prde vnration, de sourire et d'attendrissement. La vnration est due ce qu'a produit
de vraiment grand cet homme si modeste et qui s'ef-

patrie...

cieux et

si

Il

doux,

fait

volontiers

ment aux

< verte

rester toujours de

lvres,

longue

le sourire

quand

visire,

me

revient involontaire-

je le revois

ses

avec sa casquette

manires embarasses, la

gne avec laquelle il avouait (et prouvait) qu' il parlait


mdiocrement ces langues romanes qu' il possdait si
bien mais le sourire fait bientt place une motion
attendrie, quand je repense son extrme bienveillance
< pour l'colier inconnu, qui lui tait un beau jour arriv
de Paris, la bont qui clairait son visage. quand ses
yeux incertains m'avaient enfin reconnu dans le demi

jour de son paisible cabinet, aux promenades qu' il me

permettait de faire ses cts, repondant (en

fran<;ais.

GASTOX PARIS
A VENTIDIK

AXM

(1801).

malgr
<t

l'effort qu'

faire)

fallait

lui

il

mes questions

peu rflchies. aux encouragements


chaleureux. qu' il donna bientt mes premiers essais
souvent

bien

Ritornato a Parigi,
all'

il

si

>.

ventiduenne studioso s'ascrisse

fole dis CJiartcs, e vi consegu regolarmente

il

diploma

d'archivista-paleografo con una tesi che, stampata nel 1862,

ebbe largo successo


le rle de

V nccent

di stima tra

competenti,

Francia

lavoro, che intendeva divulgare in

Diez

portava

di cui

l'

Etudc

dans la langiie fra 11 false.

latin

difatti

come

sia-

questo

concetti del

tributo di

reverenza

Gaston Paris fece succedere l'altro


nome in fronte
non meno meritorio, di tradurre la Graiiimatica delle Ungile roianze, il maggior monumento del genio Dieziano.
il

Ma

dall'

ben

tosto, attratto

impresa, che

condusse a termine,

altri

da studi pi

tolse

si

originali. Egli attendeva,

per vero, a metter Insieme quella Histoire poe'tpie de Charlemagne, che non

solo gli

colloc di botto tra

procacci

teraria francese medievale (1865).


attivit scientifica

Nel 1866

compagni
ratiire,

coli'

egli

si

fa'

sempre

inseparabile Paul

fonda

dottorato,

il

ma

la

Rerne

E dopo

pi

d'allora la sua

feconda e luminosa.

Meyer

eritiqiie

due

altri

valenti

d' histoire et litte-

rassegna giovanilmente bellicosa, propugnatrice

nuovi ideali nel

lo

pi reputati cultori della storia let-

campo

della

critica,

onde squillarono

di
le

trombe e le canzoni incitanti alle future battaglie scientifiche. Chiamato cinque anni dopo a sostituire il padre
al Collegio di Francia,

d principio

alla

sua carriera uni-

fondando (1872) la Romania, un altro periodico,


destinato ad illustrare i monumenti della letteratura e della

versitaria

poesia francese in

tutti

sue, e ad ospitare in pari

suoi aspetti, sotto tutte le

forme

tempo fraternamente ogni

ri-

cerca concernente agli


zione, seguita nel

altri

1875,

idiomi

neolatini.

Socictc

della

drs

La

costitu-

anciens

lextcs

franca is venne ultima a cementare cotesta forte organizzazione scientifica,

supremo

il

come suo

proponevasi

la quale

rinnovamento

fine

Francia delle discipline

in

sto-

rico-filologiche nel territorio medievale.

Quantunque relativamente breve,

soggiorno fatto

il

dal Paris in taluno de' pi luminosi focolari della scienza

bastato a confermarlo

germanica, era

nella

convinzione

insegnamento storico e filologico, com'era allora


impartito nella sua patria, non corrispondeva pi ai bisogni dei tempi nuovi. L'istruzione che verso il 1870 era

che

l'alto

data dai grandi

soch

istituti francesi,

interamente

oratorio

rare eccezioni, indirizzava

manteneva carattere pres-

de'

docenti

giovani

ai

due

nessuno,
intenti

segnamento superiore deve sempre prefiggersi

tolte

che

l'in-

infondere

negli studenti l'abito e la passione del lavoro individuale,

sviluppare
Paris,

in

essi

le

doti che fanno

Germania,

reduce dalla

stringere alleanza con

gli

si

buoni maestri.

trov

uomini che,

al

tosto

Il

portato a

pari di

va-

lui,

gheggiavano radicali riforme: il Renan, Michel Bral,


Paul Meyer, H. Taine, M. Berthelot, G. Boissier, G. Monod
fortunatamente
nomi illustri che in gran parte ancora
stanno a capo della schiera che oltralpi combatte le battaglie della scienza. Pendant plusieurs annes > scriveva
nel 1894 il Paris, riprendendo a trattare il grave argomento
;

sonnmes avec confiance de la trompette autour


des murailles de Jricho.... mais les murailles ne tombrent pas, et peu peu les assigeants se dispersrent
ou se turent. Toutefois, nos efforts ne furent pas ab-

<

solument

nous

<

striles

c'est

en

coutant

la

voi.x

des plus

autoriss parmi nous....


r

que M. Duruy

Ecole pratique des Hautes Etudes,

eue ou du moins qu'on

ait

l'ordre des choses qui

conc^ut l'ide

la

en ce sicle dans

alt ralise

nous occupe

de

meilleure qu'on

3>.

Questa fondazione era ancor poca cosa agli occhi d'un


uomo, che nell'alta sua mente accarezzava la visione di nuove
universit nelle quali fossero raccolte tutte le variet dell'

insegnamento superiore, dove

la

scienza pura, la prepa-

razione alle carriere liberali, l'alta cultura dello spirito apparissero intimamente congiunte, le due ultime, d'altronde,

dominate e dirette dalla prima. Tuttavia


poteva essere efficace a battere

largitogli

istruzione

meramente

Meyer

Sotto

pareva allora

direzione

la

gorosamente

Ivi

punto disposta a

Paris,

fama

sono educati

si

scientifica tutti coloro

pi sul terreno degli studi


la

del

coadiuvato dal

e da uno stuolo d'altri valenti, V cole

Ehides fece miracoli.

che

strumento
breccia la

retorica e grettamente professionale,

da cui r Universit non


dipartirsi.

lo

in

del

il

(ics

Hmttcs

indagine

ri-

che oggi onorano

di

loro paese

all'

Maestro crebbe gigante,

ogni parte del vecchio e del nuovo

man mano

ivi,

mondo

affluirono da

quanti erano

giovani vogliosi di far esperimento delle forze loro nelle


discipline

romanze

basta

scorrere

collo

sguardo

gli

elenchi di coloro che, ora in questa ora in quella solenne

occasione, porsero al savio duca , al maestro dilettis-

simo un tributo d'ammirazione e

di

riconoscenza, per com-

prendere quale e quant'efficacia abbia esercitato dovunque


la

parola ispirata del Paris. Russi e svedesi, finlandesi e

rumeni, americani e

recarono

italiani,

spagnuoli ed olandesi, quanti

hanno riportato in
dove mantengono alto il vessillo della scienza, incancellabile rimembranza di quella nobile palestra di la
voro che rimase a lungo confinata, quasi per maliziosa
ironia del caso, nelle soffitte del palazzo stesso dove la
si

patria,

a Parigi per ascoltarlo,

228

Sorbona signoreggiava. Ed appunto

una

in

di quelle cir-

costanze che sopra accennavo, quando cio nel

commemorare

alunni suoi offrirongli, a

anniversario della sua


lustre

la

i8go

gli

venticinquesimo

un volume di saggi l' ilcommozione degli

laurea,

maestro pot, tra

il

generale

uditori suoi, pronunziare queste parole in cui parvero as-

sommarsi
vita

tutte le

generose aspirazioni

sua

della

nobile

Je me rappelle qu' il y a vingt-cinq ans dans la


< premire leQon que je fis aux cours libres- de la rue

M. Duruy,

Gerson, fonds par

tout professeur digne

lves est
Ka

voeu d'Hector pour son

le

7r3T

je disais

que

le

voeu de

nom pour chacun de

de ce

ses

fils:

ziq dnr.cji. Ilarpi; S''fz noXXv iieivcov.

Ce voeu

s'est ralis

pour plus d'un de ceux

qui,

venus de France ou de l'tranger, ont depuis lors trouv

< dans

mes cours

mes confrences

et

En voyant

< tiation la science.

su dvelopper et accrotre le
< confi, je
t

< cela

me

inutile,

dis

que

et cela

ne

me prouve que

ma
me

j'

ai

la

leur
fa<;on

germe

carrire
fait

premire

dont

ont

didactique n'a pas


plaisir,

(contre l'avis de

quelques conseillers bien intentionns) de donner

xiblement

mon enseignement

ini-

qui leur avait t

pas seulement

eu raison

ils

la direction

infie-

toute scien-

que je lui ai donne, le tenant galement l'cart


de toute prparation un examen quelconque et de
< tout appai l' intrt d' un public tranger au travail:
cela m'a valu quelques heures difficiles, o j'ai pu
craindre de me trouver isole, et par suite d'avoir choisi
une mauvaise voie mais je suis aujourd' hui dlivr de
mes doutes et largement pay de mes peines >.
tifique

Ma

se coll'eloquenza dell' ispirata parola

Gaston Paris

ha saputo esercitare una salutare azione sopra suoi connazionali, contribuendo a scuotere dalle fondamenta il veci

chio

edificio

dell'

insegnamento superiore francese e ad

tempo ostinatamente rinseruna folata d'aria pura e vivificatrice, l' influenza che
egli ebbe cogli scritti dentro e fuori i confini della Francia,
fu di gran lunga maggiore. La produzione da lui accua comulata in quarantadue anni d' ininterrotto lavoro
minciare da quel saggio edito nel 1861 sovra Hiton de
Bordeaix (il fantastico poema, in cui folleggia Auberon,
che fu poi caro a Shakespeare), venendo alla nuova ediintrodurre in aule da troppo
rate

zione critica della Vie de Saint yilexis, divulgata ne' primi

mesi del

dalla

1903

libreria

copia di

niuno

scritti

Bouillon

enorme; eppure, cosa ben degna

ne rinviene dove

se

addirittura

meraviglia, in tanta

di

appariscano

tracce anche lievissime di leggerezza o di precipitazione.

Ogni pi
del

tenue

metodo,

cosa

della

porta

maggior mole

poi de' lavori di

impronta

1'

profondit della
?

Il

della

libro

che

severit

Che

riflessione.
il

dir

Maestro

compose a ventisei anni, V Histoirc poi'tiq^ie de Charleniagne


(1865), ha segnato una data incancellabile nella storia
delle discipline medievali. Per esso e con esso la storia
della fama poetica di re Carlo, il protagonista di cento e
cento

canzoni,

viva quanto
usciti,

senza

paragone pi

stata

illuminata

impreveduta

dagli

tropp' ordine,
copiosi,

all'

aperto,

che giacevano,

nelle biblioteche d'Europa,

il

luce

di

scarsi

da

altrettanto

documenti gi
quelli,

inesplorati

senza
ancora,

gagliardo erudito seppe con

prodigiosa intuizione dedurre un'opera di sintesi destinata a

rimanere sempre meritevole d'altissima lode. Certo, non


vuole negare che ne' particolari suoi questo libro non

s;

sia

oggimai invecchiato
Tutto

lavoro che

il

come potrebb'essere

s'

in

mezzo un cumulo stragrande

di fatti per

l'

innanzi

rettificato molti giudizi e modifi-

ha inevitabilmente

ignoti,

vicende dell'epopea francese,

a questa parte intorno alle

recando

altrimenti

venuto facendo da mezzo secolo

Malgrado
sempre un libro di lettura
per quanto invecchiato, esso vive e
utile, anzi necessaria
vivr ancora a lungo, perch lo pervade un potente soffio
niolcm. Ed a! moiics agitat
d' originalit scientifica

cato parecchi concetti tenuti un tempo in onore.


ci r Histoire potique resta
;

numento innalzato

dal geniale filologo francese alla gloria

dell'imperatore la barbe firn rir, fanno degna corona altre


critiche, che ne sono
per non citare se non queste,

opere pi recenti e rigorosamente

emanazione

diretta
le

Origini

dell' epopea

quali,

francese

del nostro Pio

Rajna

e la

Histoire potiqzie des Mrovingieiis di G. Kurth.

Se l'epopea nazionale, in ragione diretta del grande


suo valore intrinseco e dell'azione che esercit sovra tutte
le letterature occidentali, ebbe la ventura d'attirare per
prima
era

l'

interesse del giovine ed ardente indagatore, non

il

molto

trattenerlo

tuttavia

pot

a lungo.

Troppo vasto
si

stendeva

solleticante del

mistero,

paese da esplorare, da conquistare, che

dinanzi a

perch

di

lui

ravvolto

questo velo

lembo soltanto

nel

velo

Paris stesse

il

pago a sollevar un

Eccolo dunque, dopo avere portato

la luce

della ricerca sulle vicende del ciclo epico francese, rivolgersi a scrutare quelle pi tenebrose ed intricate della

eccolo intento a rintracciare ne'


materia di Bretagna >
canti e ne' racconti dei giullari discesi dalle rupi del Galles
o dalle coste della Cornovaglia nella Francia dolce, i nuclei
-,

primitivi di quelle avventure de' meravigliosi eroi celtici.

onde zampillarono
lais. trassero argomento
poemi bioinsomma quella vastissima tela di affascii

grafici, si ord

nanti novelle, che nel gigantesco ciclo prosaico della Ta-

vola Rotonda rinvennero l'assetto definitivo.


di

ostacoli quasi insuperabili, che

samente da pi

lati,

il

Problema

irto

Paris attacc vigoro-

che non cess mai dal fare oggetto

come attestano i saggi bellisRomania sopra Lancillotto e Guinmagistrale trattazione svolta nel tomo XXIX

di studio e di meditazione,

simi dati in luce nella


glain, la

della Histoirc Uttrairc dr la Frai/cr intorno a tutti

poemi

d'avventura a noi pervenuti


infine quella cospicua monografia sopra Cristiano di Troies, onore della Sciampagna,
;

che apparve stampata


una

sono, e fu

nel iMinial drs Sa'i'anfs cinque diim

delle ultime cose uscite dalla

penna del

Maestro.

Abbiamo accennato
filologo insigne dedic

prie cure, ai quali

sua

lunga

si

carriera

quante volte

Rolando ed a

cui
le

con

propri e

Ma daccanto

le

rinnovato

il

pro-

piacque sempre ritornare durante


scientifica

gli studi

sero l'occasione.

cos a due tra i soggetti


con particolare predilezione

la

interesse,

scoperte altrui gliene por-

Carlomagno ed a Arturo,

Lancillotto, a Merlino

ed a Turpino, pro-

tagonisti noti di notissimi racconti, quant'altri personaggi

mitici ed eroici

non richiam

egli alla luce,

sapiente

cantatore, dalle tenebre incerte del favoloso passato

meglio di
profondi

eloquenza

lui

seppe

dell'oscura
le gioie,

in-

Ninno

mai tant'oltre negli aditi


anima medievale, ridirne con pari

scendere

terrori, le visioni, le

seguire, senza ingannarsi mai,

ne' suoi

speranze

niuno

capricciosi pelle-

grinaggi di clima in clima, di nazione in nazione, la pietosa novella, la parabola scettica o la satirica facezia, ad-

ditandone sotto le vesti


i

lacerate

Con quanta

lineamenti primitivi.

le

mutate sembianze

finezza di analisi, con

quanta vigoria di ragionamento non rintracci egli le propaggini pi remote de' racconti orientali entrati nell'et
di

mezzo a

lari francesi

far parte del repertorio cos svariato de' giul!

Gli studi suoi sulla

parabola de' tre

(1885), dell'angelo e dell'eremita (1890),

anelli

dell'anello della

morta (1897), ^^ P^-'"' ^i quelli su Budda reso cristiano nel


romanzo di Barlaam e losaphat e sul marito delle due
mogli (1887), possono designarsi quali modelli imparegcomparata. Al suo tocco sapiente

giabili di novellistica

ogni pi bizzarro sogno medievale scosse l'ali intirizzite


e spicc di nuovo il volo splendente nel cielo dell' ideale
;

egli ci disse sulla

melanconica istoria del

Castellano

di

Coucy quanto niun altro aveva mai raccontato frug nelle


ceneri dell' amore di terra lontana , onde aveva palpitato il principe di Blaya, e ne fece sprizzare nuove faville di poesia; segu il Tannhauser nel rinnovato pelle;

grinaggio
errante

al

paradiso

nell' infinito

dell'ammaliatrice

Sibilla

suo viaggio attraverso

secoli

l'

Ebreo
svolse

dinanzi a noi la tresca senza riposo > de' danzatori maledetti...

Ma

con curiosit

primordial medio evo

ancora

pi viva

le scaturigini della lirica

persegui
popolare

nel
;

ne

divin gli infantili balbettamenti nelle canzoni di primavera,


la ud prorompere lieta dalle bocche delle fanciulle inneggianti alla

Kalcnda

nuova, in fondo
indagini,
storico,

maia,

al verziere

al

bacio

dell'amico

fiorito....

Ed

tra

in tutte

l'erba

codeste

pur non scostandosi mai dai precetti del metodo


fu

erudito

insieme e poeta,

critico

e filosofo

am levarsi ad eccelso volo spesso, tratteggiando


con mano sicura sintesi genialmente ardimentose. Ricchis-

giacche

simo com'era d' idee generali, ci fu solito disseminarle


magnificamente in tutti gli scritti suoi, simile in ci ai
principi delle novelle persiane, che gittano incuranti a

manate dintorno a s le gemme e


sauribili scrigni. Ond'avvenne che

perle attinte da ine-

le

la

d'ogni sua

lettura

cosa per tenue che fosse, riescisse, come riesce, d' utilit
somma a quanti intendessero incamminarsi per l'ardua
via delle ricerche comparative.

assiduo collaboratore, quali

Romania ed

poi la

grande

profitto

vani studiosi. Essi

proprio conto,

ma

il

E soprattutto

dalle rassegne

sparse in que' periodici,

bibliografiche ch'egli

la Ret'vc

di cui fu

dapprima,

critiqiic

Jonrnal dcs Savavfs, trarranno sempre

noi parliamo per esperienza


v'

gio-

impareranno non solo a lavorare per

a recare altres giudizio sul lavoro al-

com'ebbe a definirlo il Maeapprenderanno che per


compierlo a dovere sono necessarie, non meno della dotle doti cio, onde andava
trina, la modestia e la cortesia
trui

esercizio salutare

stro stesso,

ma

delicato e difficile;

grado fornito l' insigne amico che lagrimiamo, il


quale mai non dissoci 1' una dall'altra, e colla dignitosa
temperanza del linguaggio seppe rendere spesso pi soin alto

lenne

il

Ma

biasimo e pi severa

non soltanto

ai

la

condanna.

compagni

di

lavoro,

agli assidui

cultori di quelle discipline, delle quali era sostegno e decoro,

am

G. Paris rivolgere l'affascinante parola. Gi s'ebbe a no-

non disprezzava punto i suffragi del gran pubsecondo l'ardita frase di un


erudito di vecchio ceppo, non pu lodare se non quanto
tarlo

blico,

ei

di quel pubblico che,

r interessa >. Dolevagli d' udire

pognate siccome
turba e rode

inutili

coloro

troppo facilmente ram-

(accusa sciocca, che talvolta con-

stessi

contro

quali

scagliata!)

aveva dedicato tutta la sua vita


Se la storia della poesia in genere >
scriveva egli,
or sono sett'anni, preludendo all'ultima sua raccolta di

quelle discipline a cui

saggi letterari

mi sembrata un tempo e mi sembra

tuttora meritevole d'occupare la vita intera di uno stu-

non dipende solamente da questo che io veggo


uno degli aspetti della storia intellettuale ed
estetica dell' umanit o che riconosco in lei un semplice
contributo all'analisi di una fra le nostre facolt essen-

dieso, ci
in essa

l'immaginazione creatrice.

ziali,

La

finzione poetica

una delle forme sotto le quali gli uomini hanno con


maggiore ingenuit espresso il loro ideale, la concezione
che s'erano formati della vita, della felicit, della moed in questo senso lecito ripetere con Aristo.
rale
tile (bench ci si ponga ad un altro punto di vista) es sere la poesia pi filosofica che storica. Esaminando
codest' impronte lasciate dall'anima degli avi, noi siamo

spesso portati a paragonarle alle idee

< stra stessa

fa dei soggetti

fine ultimo della vita

che l'anima no-

perenni di ogni poesia

di additare in due
ho cercato
egli aggiungeva
almeno degli scritti qui riuniti siffatte relazioni, per quel
che concerne all'amore in contrasto col dovere ed al

< Io

si

lettore

mi perdoner

letterarie alle quali

umana.... Voglio
le

digressioni

mi sono

sperare

meglio

che

il

morali che

abbandonato, e che, dato

pur ch'egli la pensi diversamente da

me

sui

grandi pro-

blemi di cui mi sono occupato, egli vi ritrover qualche


occasione di riflettere o per lo
la poesia pur
plice

svago

dei

Quest'appello non rimase


quali

il

di

persuadersi che

inascoltato.

alle

persone mezzanamente

il

volumi

Paris s'era piaciuto raccogliere quanti tra

suoi sulla letteratura medievale


sibili

meno

sempre qualcos'altro che non


momenti d'ozio .

sem-

ne

gli scritti

presentavansi pi accescolte, spogli

bens d'ap-

ma

parato erudito,

vore

venuto accentuando

si

rata dal
Poctes,

non per questo meno

Calmann Lvy

dove

tratti tolti

l'

come Ernesto Renan


come Alessandro Bida,

rabile delle bibliche leggende;

quel pubblico parigino, che non

et

squi-

e James Darmesteter,
l'

illustratore

incompa-

come Federico

poeti

di

Prudhomme. Fu

Mistral e Sully

fa-

serie di ri-

disegnati con maestria

profili,

questo

pubblicazione cu-

la

divulg una

sita, di dotti

d' artisti

1896 del volume Paiseitrs

nel

scrittore

illustre

dal vero

dopo

a severit

ispirati

incontrarono largo favore.

di critica storica,

quindi

tra

il

plauso

di

riconosce in generale

il

non
ai duchi, agli uomini politici, ai romanzieri ed ai drammaturghi, che Gaston Paris venne eletto il 28 maggio
diritto di

iSg

prender posto sotto

membro dell'Accademia

cupola

la classica

se

Francese.

Maestro ebbe carisi


numerosi amici
suoi, sparsi un po' dapertutto, in Europa come in America, i quali anzi a celebrare il fausto avvenimento fecero
dono al neo-accademico d' una targhetta di bronzo, opera
Quest'alta

sima e riemp

onorificenza,

di sincera

squisita dello Chaplain

per notevolmente

che

il

soddisfazione

quest'onorificenza, dicevo, accrebbe

le

occupazioni

nute gi pi gravose

che prima

nomina ad Amministratore

ufficiali del Paris,

egli,

dive-

sua

tutti

genza scrupolosa, finiva per non trovare pi


d'affrettare

iniziati,

numerose

inerenti alle

che intendeva osservarli

attendere ai lavori

colla

del Collegio di Francia (1895).

Sopraffatto dai molteplici doveri

sue cariche,

non fossero

il

con

dili-

tempo

di

l'effettuazione di

que' vasti e geniali disegni che da trent'anni vagheggiava.

Di qui una nota

di tristezza

accorata che

vibra spesso

d'allora in poi nei suoi discorsi e nelle lettere sue. <

ami, je ne fais plus rien

> ei

mi

disse,

Cher

abbracciandomi,

mentre scendeva
anni

di carrozza in piazza della Scala,

cinque

nel 1902, reduce da quel giro d' Italia che gli aveva

fa,

procurato tante grate sensazioni. E siccome io accoglievo con


un sorriso incredulo di protesta la sua dichiarazione < Oui,
oui , ripet con un grosso sospiro, je ne f ais plus rien .
In realt egli aveva continuato a fare moltissimo e faceva
:

ancora, date le condizioni sue fisiche, molto


ma non
quanto avrebbe voluto n nella misura che gli sarebbe
piaciuto. Quella pura fiamma d' idealit, che aveva riscaldato sempre la sua mente insaziata di sapere, ardeva
;

in lui, sessantenne,

appena
uditi

il

non meno vivace

Curtius ed

il

Diez, pieno

ponimenti. Veder progredire

sempre, dovunque,
ei

ma

in

della

Romania,

monde une

Gomme pour

il

cuore

la scienza

dopo aver

di gagliardi pro-

da

lui

coltivata,

ultimo suo giorno.

all'

Il

ya

scriveva preludendo nel 1892 all'annata


in

nome

Meyer

cooperatore, Paul
le

quando, raggiunti

Francia soprattutto, ecco ci che

volle tenacemente, fino

vingt ans

XXI

di

vent'anni, egli era rientrato in patria

position

proprio e del suo glorioso


la

bien

France occupait dans


pour la science

modeste,

en avait le sentiment peutLes tudes romanes notamment, prises


dans leur gnralit, y intressaient peu de personnes...
Nous avons voulu que notre pays devint son tour un
centre d' tudes et de production pour la philologie ro mane en general, et plus particulirement pour la phi

le reste, et elle

tre exagr.

lologie frangaise

brama

L' irresistibile

sione degli studi a

oramai indotto

il

d'accelerare

lui cari,

sempre pi

l'ascen-

come aveva da parecchi anni

Paris ad intraprendere una serie di pub-

blicazioni di carattere scolastico, atte cio a diffondere in

K.k.' ju^'J^^

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vxKi-i.

Su.

mezzo

alla parte giovanile della

nazione l'amore ed

il

ri-

spetto verso l'antica poesia paesana tanto a lungo disprezzata, anzi del tutto

misconosciuta

lo spinse altres negli

estremi giorni di sua vita ad assumere

mamente

faticoso

direzione

la

un incarico som-

del Jouri/al

dis Sa7'ants,

aveva deciso di continuare la pubblicazione, dopoch il governo era venuto nel proposito di
sopprimerlo. Io confesso che grande fu la mia meraviglia,
quand'appresi dall'amico venerato ch'egli aveva accettato
un simile incarico chiunque siasi trovato a dirigere un
periodico, sa bene per propria esperienza quanto tempo
esso costi, quante noie procuri. Ed il Paris cedeva gi
alla mole delle sue occupazioni! E la salute sua era gi
tanto precaria
Ma leggendo le magnifiche pagine ch'ei
mand innanzi al primo numero della nuova serie della
famosa rivista, per rammentarne fasti passati ed augurar
bene del futuro, mi fu facile comprendere come, ancora
una volta, pi forte del pensiero di s, della sua salute,
di cui l'Istituto

ilella

sua vita stessa, fosse stato nel Paris l'amore per

Vera camicia

scienza.

consuma
vori, lo

degli

chi lo

prova

sprona ad affaticarsi

altri,

ad

sacrifici

infiniti

la

Nesso cotest'amore Esso arde,


lo rende incurante de' propri la-

di

in mille umili servigi in

pr

che niuno sa n cura. Ep-

pure, come il pi delle volte male ricompensato! Agli


Dcchi dei fannulloni, degli invidiosi esso passa per ambizione, per invadenza

non

si

pi

sgombre

come

se gli ambiziosi, gli invadenti

mettessero per altre strade, ben pi


di triboli e di spine

come

agevoli, ben

se sacrificare s

mezzo pi
il
guadagnar nomea
rompersi il capo sui

stessi agli interessi ideali della scienza, fosse

diretto e sicuro per < arrivare , per

ed influenza

non occorre
pergamene, no, per diventare professori
d'universit, deputati oppure ministri
e chi
la ricetta
lo ignora oggimai ?
ben diversa
!

Eh, via

codici e sulle

Il

fardello era troppo pesante, e sotto

di

cata da molti acciacchi e da parecchi dolori,

esso, fiac-

tempra

la

vigorosa del Paris non pot reggere a lungo. Quel viaggio


stesso,

eh' egli

l'Italia,

sebbene

aveva
gli

nel

fosse

intrapreso

1902

sorgente

di

care

attraverso

soddisfazioni

morali, contribu per anch'esso, cogli inevitabili strapazzi

che ne scaturirono, ad aggravare le condizioni sue. Tornato a Parigi, cadde infermo, cosi da destare le pi serie
preoccupazioni in coloro che Io circondavano.
riaversi e trascorse

meno male

l'autunno

ma

Poi

parve

coll'appres-

inverno il suo stato torn a peggiorare. Malori


nuovi s'aggiunsero a quelli che da tempo soffriva sicch,
non appena sembr in grado di lasciare il letto, per consarsi dell'

siglio de' medici, ricerc lungi dal

riparatrici.

Mon

bien cher ami

me

tumulto cittadino aure


>,

cos

scriveami

il

24

un peu remis de mes deux


maladies successives, mais mes forces ne reviennent que
lentement. Pour les retrouver on m'envoie passer un
mois dans le Midi, et je pars ce soir pour Cannes .
ma undici giorni dopo, un
Part difatti quella sera...
insulto cardiaco Io spegneva tra le braccia della sua eletta
compagna.
Ei non s'accorse di morire.... ancora il d quattro correggeva bozze di articoli ed insegnava al suo adorato angioletto, alla sua Griette, che ci si deve divertire delle
follie di Don Chisciotte, ma non farsene beffe....

febbraio passato,

voil

Con (xaston Paris non scomparso dalla terra soltanto un altissimo intelletto, dotato dalla natura di molte
formano il genio, ma insieme un'anima
candida e grande, un cuore impareggiabile; ed questo.

tra le qualit che

soprattutto, che

rende

la

morte tanto amara e

sua

cos

lagrimabile.

non s'arresta nel suo fatale andare;


prima o dopo, capace di prendere il
loco suo, che vaca > di far prova in ogni campo del
sapere della stessa competenza meravigliosa, dello stesso
interesse, sempre vigile e premuroso per qualsivoglia ricerca. Ma niuno potr mai nel cuor nostro avere il poGiacch

e forse

altri

la scienza

verr,

sto ch'egli occupava. Lui spento,

mondo

un gran buio

s' fatto

che non
siamo pi giovani e che eravamo cresciuti affissandoci in
esso con ammirazione figliale Boiis fut li sicclrs, vien
nel

ideale

dove

ci si

rifugiava

tutti,

noi,

fatto di ripetere coli 'autore di quel

ma

ligeva,

poema

ch'egli

predi-

ora.

Tot

Amatore

est

mudez, perdude

at sa colour....

fervido e costante del vero, che egli ricerc

senza tregua cos nel terreno degli studi

come

in quello

nemico implacabile d'ogni


vilt e d'ogni frode, il Paris nutr per l'amicizia un culto
intenso che non venne mai meno. In ogni momento della
sua esistenza mantenne intatta quella felice spontaneit,
quell'esuberanza di sentimento, che in generale privilegio esclusivo della giovinezza. Egli stesso ci ha narrato
in una pagina deliziosa come avesse stretto amicizia col
della vita, assetato di giustizia,

Bida,

il

celebre pittore, pi vecchio di

anni. S'erano

ritrovati

entrambi

sul

lui

di venticinque

lago di

Ginevra, a

Divonne, e la sera stessa del loro incontro, mentre passeggiavano, discorrendo d'arte e di letteratura e contemplando lo spettacolo incantevole del lago e de' monti, non
ricord ad ambedue uno
frammenti d'Andrea Chenier

so quale parola

de' pi squisiti

240

Toujours ce souvenir in'attendrit et


C^uand

mme

lui

appliquant la

Riant et m'asseyant su

lui,

flte

me

touche,

sur

ma

bouche,

prs de son coeur,

M'appelait son rivai et dj son vainqueur....

Tutt'e due cominciarono a recitarlo nello stesso

mento

mo-

guardarono in faccia, si sorrisero, si strinsero


erano ormai amici. Per amare codesti versi
la mano
nella stessa maniera e scovrire in essi il medesimo si gnificato simbolico, che ci aveva colpiti tutfe due in
pari tempo, faceva d' uopo che nell'anime nostre esistessero almeno certe corde, tra le pi intime per fermo
;

s
:

<s;

profonde, che vibravano all'unissono. Incontri

e le pi

impreveduti

istante

di siffatto

cuori

genere fondono

insieme

un

in

>.

Tale nel 1868, a trent'anni tale rimase il Paris fin


giorni. E quanti ebbero la ventura d'avvici;

agli ultimi

narlo, di vivere

anche solo pochi momenti della sua

sanno per prova quale

mago

sasse la sua blanda parola,

pene

altrui,

Certo

egli

fosse,

quali

filtri

ver-

come sapesse condividere

attutire gli sconforti, sollevare in alto

io

vita,

non scorder mai

giorni

trascorsi

le

cuori.

nell'o-

sua casa, a Cerisy-Ia Salle, in quel lembo estremo


terra normanna, dove da molt'anni oramai egli era

spitale
di

trascorrere gran parte delle vacanze autunnali.


Champenois de naissance, comma mon pre, je suis devenu Normand d'adoption > egli ha detto in uno tra

solito

pi eloquenti discorsi che gli siano usciti

dalle labbra:

ed era esattamente vero. Egli amava d'amore figliale le tranmolli declivi,


quille fiorenti campagne della Manche, cui
rivestiti di fitte boscaglie, le acque correnti e sonore danno
l'aspetto d' un immenso giardino all' inglese, e dove le
i

lUsiiiN
M.i.A iiM'.sriiA

iii:i.

sro

l'Mi-;

(;\i:i\i:nii

iii

uvunii

,\

ckhisy.

iTiucche pascenti,

montoni

screziati

come

compa-

loro

gni della vicina Albione, formano macchie di vivo colore,

che rompono sole la monotonia de' lucidi tappeti di smeraldo. Il suo trasporto per la natura, il suo desiderio di
pace trovavano in que' luoghi un appagamento pieno; e
la squisita sensibilit dell'anima sua s'espandeva con mageffusione.

calda

giore e pi

una calda pagina de' Poemi

in

amare, ecco

il

>

egli

e leggende del

ripeteva

medio

n'o,

sovrano rimedio contro ogni


che il Budquesta parola " amore

grande,

sventura terrena

Amare

il

,,

dismo non ha mai pronunziata, ma della quale il Cri stianesimo ha fatto la sua dottrina, per noi la parola
liberatrice. Amare vivere con maggiore intensit

tempo dividere

e ad un

pria affezione.
<

La

la vita cogli oggetti della

scienza, l'arte,

viaggi, la filantropia,

il

il

pro-

lavoro, le avventure,

patriottismo, la

famiglia,

l'a-

propriamente detto, non sono se non


forme dell'amore, le quali comportano tutte, al pari delTascetismo infecondo, un certo qual distacco dal proprio io, ma per riportare quanto a questo sottratto
sul 1/071 io. L' uomo per questa via non raggiunger
una felicit beata e passiva, la quale ben presto gli ver-

micizia, l'amore

ma

rebbe a noia,

si

sentir

in

communione costante

con la natura e co' suoi simili, godr

pria e trarr profitto dall'altrui.

< la

mondo

materiale e morale operata dalla scienza,


ha umiliato il nostro orgoglio e limitata
nostra individualit, ci ha in compenso insegnato a

piet del

se

dell'attivit pro-

La metamorfosi com-

dall'

un

lato

conoscere la tenace solidariet


cos tra loro

come

all'

universo.

che stringe

uomini

gli

Comprendere

accre-

scere nel proprio spirito la coscienza di codesta solida-

amare, metterla in pratica. Queste due parole


riet
non presentano in realt che i due aspetti d' una melimiti
< desima idea. Chi si sforzi di conoscere dentro

<

1' universo
eterno ed infinito, dove facciamo
un punto e per un momento la nostra comparsa;
preoccupa meno della sua felicit individuale

del possibile
sovra
chi s

e pi di quella degli
< la nostra filosofia

esso
tuo

si

risolve nella

prossimo

altri,

avr ritrovato

proporrebbe

massima

al

il

rimedio che

pessimismo moderno:

cristiana:

Ama

Dio ed

il

ALESSANDRO D'ANCONA.

ALESSANDRO D'ANCONA

Sioori,

nel mirare quest'aula pi affollata quest'oggi che per consia, io provo una schietta compiacenza la quale
mi stringe a dirvi subito: grazie. Grazie, o signori, d'esser
accorsi numerosi all'invito eh' io mi son fatto lecito rivolgervi, giacche con questa cortese condiscendenza voi avete

sueto non

voluto manifestare

buto d'onoranza,

tempo e per

l'

intenzione vostra d'associarvi al

eh' io,

affetto, tra

ultimo per merito se


gli scolari

non

d'Alessandro

tri-

per

D'An-

cona, mi studier di rendere adesso alla meravigliosa attivit,

multiforme dottrina,

alla

l'avanzamento degli studi

lui

allo zelo

del Maestro pisano suona riverito

regione d'

Italia,

per

indefesso

onde il nome
e caro non solo in ogni

prediletti,

bens dovunque sono in

gini critiche e storiche intorno alla nostra

onore

le

inda-

letteratura

voi ben sapete, o signori, com'esse


pi a verun paese straniere.

bramo

or

dunque

non rimangano oggimai


Se il Maestro insigne, di cui

ritrarre le venerate

sembianze, potesse

scorgervi qui, intenti alle mie parole, malgrado l'ingenita

modestia sua,

ei

sarebbe forse tratto a ripetere quel che

Vergilio confid all'orecchio di Dante, quand' ud correre


nell'aura cheta del loco aperto, luminoso ed alto ,
gli

spiriti

onorare

magni hanno

la

ove

voce che imponeva

ricetto, la

di

tornata sua:

Fannomi

onore, e di ci fanno bene.

Signori, sei giorni sono,

appunto, ha avuto luogo

il

mese per

6 di questo

miliare genialit sua apparve piena di

che nella faprofondo significato.

una

In riva all'Arno, nel bel palagio, sorriso dal sole, cui

mano sagace ha

ridata la

per cui andava superbo


vicina Firenze e

da

venust

gotiche

delle

forme,

giorni di Lorenzo de' Medici, dalla

ai

luoghi ancora erano convenuti

altri

lo

Pisa una festa

in

un tempo

luni tra coloro che, discepoli

ta-

dell' illustre inse-

gnante, son divenuti a loro volta de' maestri acclamati e


riveriti:

assai.

Pio Rajna, Girolamo

Essi

un volume
di

recavano

che

di studi

gratitudine

delle

la cultura e le lettere

Vitelli,

omaggio

in

benemerenze

infinite

nostre

si

preti degli auguri e de' voti d'oltre

ammiratori del Maestro, molti dei

altri

dotto maestro

per segno

pubblicando

vien

si

Michele Barbi,

al loro

lui

verso

facevano cos

inter-

di

trecento

scolari

quali, impediti

ed

d' assi-

stere di persona all'amichevole convegno, per telegrammi

per

lettere

significarono

altres alla festa e

pochi tra

I'

animo

s'associarono

colleghi dell' ateneo

amici del Maestro,

tra

particolarmente

quel

G. B. Giorgini,

nome

come non

pisano, cos pi

m' caro

quali

venerando
diletto

Intervennero

loro.

all'onoranza,

al

vegliardo

paese

insigni

ricordare

per

del

qui

senator

patriottiche

per meriti

virt,

tempo

letterari,

massimo

fu congiunto al

tra

lombardi

scrittori

del

pure

s'associarono

autorit politiche e municipali; anzi

prefetto di Pisa diede lettura d'un

scritto dall'on.

onde

vincoli stessi, infine,

gli

nostro, Alessandro Manzoni.

ai privati cittadini le
il

per

telegramma

sotto-

ministro dell' Istruzione Pubblica e dal sot-

tosegretario di Stato on. Panzacchi (che fu pur egli scolaro del D'Ancona), col quale mentre si esprimeva il
rammarico che 1' uomo insigne abbandonasse la cattedra
da lui resa gloriosa in tutto il mondo civile >, si formava insieme l'augurio che lungamente fosse conservata

agli studi l'opera del maestro della critica storica

Le
(chi sa

definizioni ufficiali

mai perch

?) le

non soglion essere generalmente

pi appropriate e

felici

ed

io so

qualcuno che a queste parole di critica storica ar critica storica


riccier un poco il naso, mormorando

di

ma

ed

la critica solo
il

risultato di

il

una

mezzo

metodo,

il

serie di lavori; dite

non il fine
dunque mae-

che il ciel vi prosperi! >.


Noi per, riconoscendo la giustezza dell'obbiezione, ci terremo stretti per ora all'uso comune e poich fare della

stro della storia

letteraria,

comune consenso

critica storica vuol dire per

far la storia

concluderemo che la definizione data


dall'onor. Gallo del D'Ancona veramente indovinata.
Maestro, vero e primo maestro, di critica storica all' Italia
delle opere letterarie,

stato

il

professore di Pisa

mato, quando
il

le

e tale dev'essere e sar chia-

generazioni odierne

posto, e la storia della cultura,

cederanno ad

della critica,

dell'

altre

eru-

dizione in Italia durante la seconda met del secolo che

muore,

si

far con

obbiettivit

imparziale e serena

l'occhio dell'indagatore verr pi offuscato da nebbie di pre-

concetti o traviato
tasi

da barbagli ingannevoli quando, spen;

persino l'eco delle meschine gare, de' puntigli piccini,

di cui suol essere

sempre tanto doviziosa

la

cosidetta re-

pubblica letteraria, escir dal pozzo simbolico la


raggiante e pudica nella nudit sua immacolata.

Alessandro D'Ancona, nato a Pisa

il

verit

20 febbraio 183.5,

non si pu davvero dir


vecchio, poich conta oggi appena sessantacinque anni
ma l'attivit sua scientifica stata cos precoce ed intensa,

di rispettabile famiglia pesarese,

egli

campo

fatto largo tanto presto nel

si

che generalmente avviene


anziano di quanto non

vederlo

di

Dotato

sia.

delle lettere,

ritenuto

assai pi

ingegno,

d' agilissimo

che un'istituzione solida ed eletta, un prepotente amore


allo studio seppero disciplinare rafforzandolo, giovinetto
ancora die chiaro segno

dell'

impulso

ond'era

irresistibile

portato verso le ricerche critiche, pubblicando a diciotto


1853, pe' torchi dei

anni, nel

delle opere di

Tommaso

Pomba

una

di Torino,

scelta

Campanella, preceduta da quel

Discorso intorno alla vita e alle dottrine politiche > del

quale

frate di Stilo, nel

gi in

germe ma

largamente

Ma
sero

il

scosso

con

il

il

Ed

le

Ricasoli,

pass da

il

Ed

in

accennava

sudario,

Cempini,

insomma

Peruzzi,

il

tra

non
i

ad

fos-

cuori.

uscire

liberali toscani

Piemonte rimase

Salvagnoli,

aurora del nazionale

in realt

ed

il

Toscani affrettavano

Firenze a Torino per

diceva, agli studi giuridici


i

le letterarie

A.lessandro D'Ancona, gi stretto d'ami-

coll'opera e coi voti la sospirata

efficace tra

ond' era

menti e facevano palpitare

funebre

Bianchi, con quanti

scatto,

non

rinvennero

quelle doti

fornito.

dal sepolcro.
cizia

intelligenti

a que' giorni altre cure che

commovevano

Italia,

gli

addirittura svolte

attendervi,

ri-

cosi

per farvisi mediatore

piemontesi.

fino al giorno in

cui

da Fi-


renze usciva in mezzo ad

ogni oltraggio,

1'

247

un' indifferenza pi crudele di

ultimo de' granduchi. Ricondottosi allora

sull'Arno egli fond la Nazione, giornale destinato a vita

lunga e non ingloriosa,


nel giorno

Ma

franca.
uscire
il

medesimo

il

primo numero del quale usc


di Villa-

dalla vita irrequieta del pubblicista anelava

giovine valoroso; e

il

pace

in cui si stipulava la

Salvagnoli ed

Mamiani, annuente

il

ad

1860, intermediari

difatti, nel

Tabarrini, ministro

il

dell'Istruzione Pubblica durante l'autonomia toscana, egli

come supplente

era mandato a coprire,

Sanctis, la cattedra di lettere


Pisa. Scorso

un anno,

italiane

l'ufficio di

De

Francesco

di
nell'

Universit

di

provvisorio era trasfor-

mato in definitivo cos, ventiseienne appena, Alessandro


D'Ancona prendeva possesso di quella cattedra che doveva tanto illustrare, e dalla quale, pochi mesi or sono,
;

disceso, pieno di vigoria intellettuale, per sua spontanea

Esempio memorabile d'un

rinunzia.

raro in Italia

chi

succedeva

egli,

il

D'Ancona,

Pisa? Per verit, ei non succedeva


si

disinteresse troppo

badi bene, che non vi fossero stati

teneo pisano degli insegnanti


sofia e d'estetica,

v'aveano professato, a

non

pispiglia,

si

terso,

che molto

di lettere

che quasi tornava

scrisse,

Centofanti,

ma

nulla

prima

Non

cui

di filo-

poich anzi

nome

il

ingegno

ha lasciato

il

romanzo

storico con certa Moiiaca di

espia colla profondissima noncuranza d'oggi

successo in
belle

con

l'

pi

sobrio
di

e quell'altro poligrafo tronfio di Giovanni Rosini,


tent

gi,

di lui all'a-

italiane,

lo stesso

tacer d'altri, di

Silvestro

sulla cattedra di

a nessuno.

vitale,
il

quale

Monza, che
inesplicabile

altri d

conseguito, e tratt di storia dell'arti

la stessa

serena incoscienza onde die saggio in


Tra uomini, quali il Rosini, il Cento-

quella delle lettere.

il Ferrucci, nonch altri di cotal stampa, ed il D'Ancona v'era scientificamente un abisso incolmabile; e per

fanti,

questo ho detto che egU non


loro erano

Lo

passato

il

uniformit in

tero

succedeva a nessuno.

come

si

ripeteva del resto con

quante

tutte

Co-

rappresentava l'avvenire.

spettacolo che aveva prto fino a quel

l'universit pisana

forse

egli

scuole

le

momento

lagrimevole

italiane.

Giammai

che immediatamente precedet-

in quegli anni

nostro risorgimento nazionale, gli studi d'erudizione

il

e di critica eran caduti tanto in basso. Ricercare

questo fatto sarebbe importante e curioso

cause

le

ma

non
pu esser davvero in questo momento il nostro istituto.
Baster rammentare come la decadenza fosse incominciata
quasi un secolo innanzi, dopoch dalla scena del mondo
di

erano

spariti,

per

dero alimento e incoraggimenti

posteriori >;

come

a dire

A. Zeno, G. Tiraboschi,
storo,

che ne calcaron

le

il

il

campo

L.

volumi de' quali dieal

A.

genio

degli

Muratori,

Mazzuchelli.

al

contrario

delle ricerche;

l'opera artistica ed a cercarne

difetti

storici

S. Maffei,

seguaci

orme senza possederne

ne acuirono ed esagerarono
angusto

tale

Foscolo, que' giganti della

dirla col

critica storica e dell'antiquaria,

di co-

rari pregi,

resero pi

disimpararono ad esaminare
i

rapporti col

mezzo

in cui

sorge; finirono, insomma, per divenire compilatori pesanti

ma non sempre giudiziosi ed < antiquario > signiparve d'allora in poi nuU'altro che uno scrittore d'opere
voluminose e noiose, privo di ogni scintilla d'originalit
sempre,

ficar

di qualsiasi vigore d'intelletto, di qualsiasi

intuizione

del

bello.

dare

il

colpo

di

grazia

a questi

studi

gi

cos

sopravvenne poi quel movimento d' idee nuove,


politiche, economiche, che, portato del nuovo < spi-

screditati
sociali,

rito filosofico ,

ebbero

la sanzione della rivoluzione fran

cese. L'odio per

baro ed

incivile,

passato, che

il

s'erano guadagnata
riera

ed

un'immane,

parve sorgere d'allora

dotati di

tempra

infiammare ed esaltare

ed

mente

ad un

aspirazione alla popolarit. Solo

tent

con

il

eloquenza,

a cui

fatti,

sistematicamente ogni merito di eleganza,


nostro,

tratto, capaci

lettori colla concitata

antiquari

atta a generalizzare

fatti

ricercatori umili e pazienti dei

del secol

gli

insormontabile bar-

poi in Italia tra gli storici

in

filosofica, di

ed illuminare molte idee e molti


d'

diceva volentieri bar-

si

accrebbe l'antipatia che gi

d'

neg

si

ingegno, ogni

Foscolo, ne' primi lustri

quell'acutezza, di cui diede

sempre prova nell'esplorazione


terari, di rivendicare la fama

de'

fenomeni

degli

storici e let-

antiquari

egli

che costoro,

asser, dinanzi a' suoi lettori increduli e stupiti,

eran dotati anch'essi

di

benefattori degli storici filosofici

genio, perch

soggiungeva) dodissimili, come fanno

geni in letteratura

vrebbero classificarsi in razze


cabalisti delle
Fate

jMa la

Salamandre e de'
sua voce rimase

sidio in Italia tra le scuole

(ei

Silfi

e degli Incubi e

ed

inascoltata,

opposte parve

il

dis-

farsi

sempre

fece

pi un

maggiore.

Che ne segu? La

non

storia letteraria

passo innanzi: essa rimase immobile


arrestata cent'anni prima.

cosidetti

al

punto

scrittori

in cui erasi
di

tempra

non si curavano pi che tanto de' fatti: essine


trovavano anche troppi per il bisogno loro in quell' Arfilosofica

chivio ordinato e ragionato di materiali, cronologie, do cumenti e disquisizioni per servire alla storia letteraria
d'Italia ,

come Ugo aveva definita

l'opera del Tiraboschi-

Essi continuarono dunque a ripetere tranquillamente quanto

avean appreso, ricamando


che

soli

sulle opere dei grandi scrittori,


giudicavano degni d'attenzione e di studio, i loro giu-

dizi soggettivi,

vuoi

politici.

inspirati

Le opere

spesso da preconcetti vuoi letterari


del

Cant,

dell'

Emiliani

Giudici,

meritamente

dell' Ambrosoli,

questa tendenza, al pari

sempre

aveva

pi,

cosa con quella che, auspice

unica via di salute, per

il

molto

inferiori

lui

erudita,

divenire

Padre Cesari,

le lettere italiane,

ma

gli

solidit

di

imitazione dell'aureo Trecento

d'

per

finito

per

ingegno, incapaci di vedere pi in

immisetutt'

una

predicava,
ritorno

il

di

del

letteratura

lezioni di

canto la scuola

Settembrini. Dall'altro

rendosi

documenti

sono

obliate,

delle

alla

epigoni del Cesari,


dottrina

forza

una spanna,

l di

razzolavano febbrilmente, come altrettanti esopici galli in

un letamaio,

buon secolo >,


non potevano n sape-

ne' pi inutili scartafacci del <

alla ricerca di

gemme,

di cui poi

vano giovarsi. Francesco Zambrini, il presidente della


testi di lingua creata dal Farini in
Commissione sovra
i

Bologna, editore
voli tutti e tutti

di

parecchie centinaia d'opuscoli, crusche-

parimenti insignificanti,

il

rappresen-

tante ultimo di questa scuola, della quale, tutto sommato,

che non fece n bene n male, se non

si

potrebbe dire

si

vedessero a stampa troppi volami

di scritture antiche,

dove quel miccin d'oro che vi luccica non riscatta davvero


l'inutile massa delle accumulate scorie trecentistiche.
Solo una scuola, in fatto di critica letteraria, viveva
allora in Italia di vita gagliarda, quella che aveva per
capo Francesco De Sanctis, il quale, sebbene discepolo di
un purista della forza del Puoti, combatt cos aspra battaglia contro gli inutili ordigni onde si valeva la vecchia
critica, e sovra il fondamento di quel sistema Hegeliano,
che forse aveva non interamente compreso, seppe con
geniale vigore creare una forma nuova d'indagine estetica,
che si solleva pi in alto della critica stessa e si tramuta
ma gli Icari
in arte. Dedalo meraviglioso il Napoletano
cui egli com:nise le cerate sue penne affogarono gi pressoch tutti miseramente o finiscono adesso d' affogare. Sia
;

pace

alla

memoria

loro!

Tali,

regno
a

noi.

251

rapidamente accennate,

d' Italia, le

come

Esse,

oltremonti,

le

instaurarsi del

all'

vede, eran tutt'altro che floride. Ma,

si

In Ger-

cose andavano ben diversamente.

mania, insieme

nuovo

condizioni della critica letteraria in mezzo

al

pensiero filosofico, fioriva ormai larga,

mente l' indagine filologica e storica. Parecchi


dopo aver fatto nel campo della filologia classica

illustri,

sime prove, erano

proprie

passati

ad esperimentare

le

bellis-

forze nel territorio, quasi vergine ancora, della letteratura

medievale. Agli antichi monumenti nazionali, uomini come


Jacopo e Guglielmo Grnnm, M. Haupt, W. Muller, E.
(t. Graff, Massmann,
Waitz, Diefenbach, Wackernagel,
MUenhoff, Jatf, Zacher, applicavano i canoni critici ed
il metodo induttivo, che tanto frutto avevano recato nello
studio de' capolavori dell'antichit. E come ai documenti
vetusti della poesia germanica, l'attivit sempre crescente
de' dotti si volgeva a quelli delle altre letterature medievali: il Wolf ed il Hofmann s' occupavano di testi spagnuoli, portoghesi, francesi, provenzali

antichi dedicava la propria sagacia

grandeggiava

tutti

la

Anche
metodica

geva

meno

in

sotto

sebbene

l'influsso

di

benefico

Nel 185

lingua

con

minor

sicurezza

ricerche

francese

coprirla

Ed accanto

risor-

d'indole

governo aveva

il

Francia, chiamando

altri

delle

letteratura

dottissimo in siffatte discipline.

lentuomo,

filologia

Bonn, geniale linguista

geniale, Federigo Diez.

Francia,

filologica e storica.

di

di

e pi tepido fervore, la storia letteraria

una cattedra
legio

ai dialetti italiani

del creatore della

figura

romanza, del maestro immortale


e storico non

Adolfo Mussafia. Su

fondato
nel

Paulin

ColParis,

a questo va-

molti cooperavano efficacemente a trarre

dall'oscurit le reliquie dell'arte nazionale dimenticata.

Il

Gussard, l'Ozanam,

voravano concordi

Ledere,

Fauriel, V.

il

ed a loro
operosissimo, che ebbe belle
;

s'

Renan,

il

la-

univa anche un erudito

iniziative ed oggi forse


troppo dimenticato, Edelestando Du Mril, autore delle
Origini del teatro moderilo, editore di testi medievali preziosi,

rinnovatore, quasi, delle ricerche intorno alla poesia

popolare latina del medio

evo con

raccolte che

furono

ai d loro utilissime.

codesti esempi

come

spirava,

s'

pagni, che, entrati con

perarono

novello professore

il

nell'

lui

insegnamento, con

vigorosamente a rialzare

critica storica:

spronati da un

s' in-

in

lui

coo-

studi di

Italia gli

Adolfo Bartoli, Giosu Carducci, accanto

uno storico insigne ed un

quali doveroso ricordare

signe filologo

pisano

inspiravano quei suoi degni amici e com-

P. Villari e D. Comparetti.

tutti,

medesimo sentimento, drizzarono

ai

in-

come

le loro

ricerche verso quella parte della nostra storia letteraria,

ch'era stata fin allora

la

pi trascurata e negletta

voglio

dire le origini.

Quanto e quale lavoro abbia compiuto Alessandro


D'Ancona in siffatto campo, sarebbe temerario tentare
adesso

di

riassumere. All' indagine del pensiero e dell'arte

italiana del
gliori,

la

medio evo

somma

accademici, che ebbero

da

lui

egli

dedic difatti

delle sue giovanili


la

durata

d'

dedicati a colorire una tela

della vita intellettuale del

popolo

suoi anni mi-

energie.

suoi corsi

un quadriennio, furono
gigantesca il quadro
;

italiano

dilla

sua

for-

medio primordiale fin a


tutto il secolo decimoterzo. Larghezza di vedute fin allora
non mai constatata nelle ricerche d'erudizione tra noi, contrassegn queste sue lezioni, nelle quali, partendo dal
mazione

tra le tenebre

dell'evo

J30

i fatti letterari male si possono intendere ove


non s'abbia cognizione de' fenomeni politici, morali, religiosi, economici, che si sviluppano progressivamente nel
seno d' una societ, e non si tenga insieme presente la

principio che

natura e
la

la

psicologia dell'arte, egli

genesi della nazione italiana,

si

primi infantili balbettamenti

sua

civilt,

seguendo questa dai


giorno in

fin al

bella, si sveglia nel

volse a rintracciar

fattori della

sua poesia,

della sua lingua, della

sublimamente

bacio

cui,

vergine

divino di Dante

Alighieri.

D'Ancona sulle origini della letterahanno mai veduta la luce. Forse egli si
sarebbe un tempo determinato a renderle di pubblico
dritto, ove l'apparizione d' un lavoro, simile per contenuto,
quantunque diversissimo nell'organamento, JVii/ii diir srcoli

Le

lezioni del

tura italiana non

del Bartoli, cui tenne poi dietro la Storia della Icitcrahira


italiana dello stesso

autore,

non l'avessero

dal

distolto

proposito primitivo. Tuttavia cotesti corsi esercitarono una


grandissim' azione sopra

la

pi

uscirono dall'universit di Pisa.


rire

parte

degli

Ed

non

io

ad

schiarate in parte notevole le vicende, ci


all'

Ma

di

asse-

che se del periodo pi antico della storia nostra


degna d'ammirazione,

teraria sono ormai con alacrit,

tutto

che

studiosi
esito

si

letri-

deve soprat-

influsso della scuola pisana.

una porzione
A. D'Ancona rimane
se

cosi

ragguardevole delle fatiche

sottratta alla pubblicit,

quanto

e quale patrimonio di scienza non ha egli con signorile


liberalit dispensato
d'

di

agli studiosi

questi

in

quarant'anni

insegnamento
Temeraria, ripeto, sarebbe la pretesa
farne qui menzione tanto pi che si tratta d'opere
!

che ogni studi<:)SO conosce a meraviglia, ed ogni colta persona ha certamente veduto. Verr io a parlarvi della luce
che gett sulla formazione del dramma tra noi quel mo-

numento

di critica storica

che sono

tre libri

sulle

Ori-

gini del teatro italiano?

plina

a ricordarvi

eseguite

digesto delle ricerche

come

nel caos in-

senza disci-

senz'ordine,

nel territorio inesplorato della poesia popolare, egli

abbia portato

metodo e

11

mettendo magi-

la chiarezza,

stralmente in evidenza donde abbian dedotto la nascita e

come

si

siano divulgati

canti delle plebi di Sicilia?

Ma

quale campo mai della storia letteraria nostra rimasto


intentato

all'

infaticabile esploratore

Camo

Cielo dal

ed

poeti della scuoia siciliana, l'Alighieri

ed

precur-

suoi

Cecco Angiolieri, il " begolardo schernitore da


ed il mistico Jacopone da Todi, i laudesi delUmbria ed i canterini di Toscana,
rimatori cortigiani

sori,

Siena,
l'

del quattrocento, secentisticamente artificiati, ed

freddamente impeccabili del secol d'oro


il

Campanella,

il

Parini ed

Leopardi,

il

il

maestri

Savonarola ed

gli

oscuri vatici-

natori dell'unit politica d'Italia negli albori primi della


vita nazionale, e coloro

per tradurre in realt

ed

che sacrarono s stessi ai tormenti


sogno secolare Fazio degli Uberti

conte Confalonieri

il

del pensiero o

anime

grandi o

tutti,

avventurieri

D'Ancona

farsi pi tersa la loro

piccini, puri eroi

penna e

della

insigni o obliqui intelletti,

trina d'Alessandro

duto

il

della

spada,

tutti dall'arto, dalla dot-

hanno ve-

tratti all'aperto,

fama e

sulla

grande scena

della vita nazionale son tornati a prendere quel posto cui

avevano

diritto.

Ma Alessandro D'Ancona non ha segnato soltanto


un'orma incancellabile nel campo della critica esso deve
esser segnalato altres alla devota riconoscenza de" presenti e de' futuri siccome un vero, un grande maestro.
I nostri buoni vecchi, allorch volevano designare con
un simbolo efficace una scuola, dalla quale fosse sciamato
;

uno stuolo

di discepoli

gareggianti

in

feconda alacrit col

paragonarla

dottor loro, solevano

addotto coir inganno oltre


dentro, sonanti nell'armi,
i-TTO)

'ivi

^irM

per toglier a prestito

le

fatale cavallo

al

mura

pi invitti tra

Troia,

di

pmoi

parole del vecchio

le

che,

rivers

guerrieri Argivi

tcvte;

vYiasO-x

vi

Omero

{Odvss.

Se a me ora fosse concesso di riadoprare


ben affermerei che la scuola di
il paragone antiquato,
Pisa fu un altro cavallo Troiano Pensate ne uscirono
Francesco d'Ovidio, Pio Rajna, Napoleone Caix, Girolamo
IV,

272-73).

Francesco Flamini, Michele Barbi,

Vitelli,

Della Giovanna,

I.

F. C. Pellegrini, P. Vigo, G. Setti, E. Rostagno, A. Salza,


F. Pintor, G. Gentile, L. Ferrari

gagliarda e fiorita

una schiera, insomma,

quale niun'altra

cos,

scuola

in

Italia

produsse per fermo mai.

la

cosa agevolmente

posseduto sempre
d'

innamorar

ad esso

in

si

spiega.

altissimo grado

il

Il

D'Ancona ha

privilegio prezioso

giovani dello studio, d' invogliarli a dedicare

tutte le rigogliose energie della loro vita

mincia. Egli

non

stato

dei dotti dell'evo medio,

mai
s'

di qua'

cho co-

maestri che, al pari

incastellano

burbanzosi

nella

rocca del sapere, donde, quasi novelli lehovah, dal mitico

Crebbe, tra lampi e tuoni presentano ai Mos tremebondi


le tavole della legge. Ilare ed affettuoso sempre, egli ha
ognora voluti
giovani daccanto a se, li ha sorretti con
paterni consigli, ha loro aperto la sua casa ospitale, la
sua biblioteca ricchissima, il suo cuore generoso
li ha
i

considerati quali figliuoli,

non

se

n'

scordato

ha seguiti nelle loro vicende

li

mai

ed,

compenso, mai ne
che tutti gli serbano,

in

venne dimenticato. Il vivo affetto


pur quelli, intendo, che ad altre discipline pi tardi si sono
rivolti, trae la sua radice da questo
che vale difatti la
ammirazione disgiunta dall'amore? E che cos' la gran;

dezza

ove

d' intelletto,

compagni

Ma

la

bont doH'animo non

le

si

ac-

tempo di por fine a codesto mio disadorno


Di Alessandro D'Ancona, maestro insuperabile,

discorso.

valoroso letterato,
triota intemerato,

insigne,

critico

uomo

storico

profondo,

pa-

d'alto carattere, di squisita bont,

io avrei voluto abbozzare un profilo che ne richiamasse


almeno da lontano la cara immagine paterna. Se la lena
mi fallita, se le linee di quella simpatica fisonomia si

offrono tremule ed incerte agli occhi


cortesi d' indulgenza
le

parole

l'

un personaggio

uomo

ogni

illustre,

chiudersi in

modo

il

quale abbandona la cattedra

un ozio

quella di Nestore,

molo

io

efficace a

ma

forti

dall'esempio di A.

pi

tranquilla e pi

pensieri.

D'Ancona

destino che

il

l'alto ideale,

vi

per dedicare

il

non per
ai

lieta,

voi imparaste ad apprezzare

Qualunque sia per


non rinunziate mai al-

lavoro.

attende,

potrete sempre, dovunque, essere

al

utili

perch dovunque

la

di coo-

proprio perfezionamento intellettuale e morale,

recando una pietra


intende

di voi

entusiasmi dell'adolescenza. Agli studi voi

a chi nutra in s saldi propositi, s'offre maniera

perare

sia sti-

vorrei soprattutto che

Io

cui voleste sacrare la parte migliore

stessi ne' santi

propri

auguriamo lunga quanto

gli

benefici di cui fecondo

essere

ma

ingrato,

una vecchiezza che

lavori

siatemi voi

vostri,

lingua, dir io pure, parafrasando

d' Euripide, ha fallito, non il


ho fede che in voi, o giovani,
rievocazione, per quanto fugace, de' meriti insigni deld'

Ad

cuore.
la

la

alla costruzione del

scienza moderna.

Ed

il

grande

lavoro

vi

edificio cui

sar

d' inef-

fabile conforto nelle tristezze e ne' dolori, vi

compenser

delle ingiustizie cocenti, degli obblii

delle offese

immeritate. Avrete dentro di voi


potrete
rifugio,

rinserrarvi
in cui,

nelle

ore

come piaceva

al

di

crudeli,

un sacrario nel quale


supremo sconforto, un

Petrarca, se terrete a noia

l'et presente, vi sar

Ed
il

unitevi a

me

quale, ritirandosi

pu ben

far

dato rivivere colle passate. Lavorate

propria la parola solenne dell'Apostolo

sniii coisimiuavi, fidiin

meno

la

un amorevole saluto al Maestro,


oggi dall'agone, dove sparse tanti sudori,

nell' inviar

servavi

perch mai non

gli

air-

venuta

fede nella virt ineffabilmente consolatrice e fe-

conda del lavoro

NOTA FINALE

Il

proposito di conservare agli

scritti,

qui chiamati a

raccolta,

tempi diversi e per varie circostanze, quel carattere divulgativo che li distingue pressoch tutti, mi ha sconsigliato dall' aggiungere a parecchi tra essi un corredo d'illustrazioni, che forse
avrebbe potuto giovare, oltrech a chiarirne la natura e l'intento, a
dettati in

metter

altri in

menti che
che

ci

vi

grado

sono

d'

maggiori cognizioni degli argoPer antivenire dunque ogni rimprovero

acquistare

trattati.

men

potesse essere rivolto da qualche

grupperemo qui concisamente alquanti cenni


Sulla civilt dei Vikinghi son

frettoloso lettore, rag-

bibliografici.

vedere

da

insieme

del danese Steenstrup, parzialmente fatti francesi dal

De

con

libri

Beaurepaire,

le opere di B. cu Chaillu, The Vingage: the early hisiory, maitner


and CHStoms, London, IS-sg e del Kearv, The Viking in the western
;

Christendom, London,

Per la poesia di Brettagna e la leggenda di Tristano le due serie di " Lec^ons et Lectures, pubblicate da
Gaston Paris, sotto il titolo La Poesie dii Moyen Age (Paris, Hachette)
e dello stesso autore, Pocincs et Lgendes du Moyen Age, Paris, Socit d'Edition Artistique, 1901, nonch il bellissimo libro di Joseph
Sulla poesia
BDiER, Le Roman de Tristan et Iseut, Paris, 1901.
latina detta goliardica, non v'ha nulla di recente che valga la pena
d'essere segnalato; cfr.. ad ogni modo, V. Gian in Bnllctt. della Soc.
Dant. Hai., N. S., voi. XI, 1904, p. .305 sgg.
Per quanto concerne
18')2.

due belle raccolte di E. Bellorini, Canti p'O/'Oamorosi raccolti a Nuoro, Bergamo, 893, e di V. Ci.\N - P. Nurra,

ai canti sardi, oltre alle

lari

Canti popolari sardi, Palermo. 1893-96; sono da vedere: P. Nurra,


poesia popolare in Sardegna, Note ed appunti,

recentissimo scritto di
in

Arch. Stnr.

Sardo,

Dom. Valla,
voi.

II,

1906,

Sassari,

Notizie storiche
p.

sgg.,

dove

1893,
sul

'

La

ed

Mutlu

il

s'esprimono

opinioni assai discutibili, a nostr'avviso, sulla genesi di quel compo-

Per Argo nel castello

iiimento.

2b0

di

Milano

si

pu confrontare

Mol-

P.

ler- Walde, Beitrge zur Keimlnis des Leo, da Vinci in Jahrb. der
Iwn. Preiissisch. Kntistsammlnng., v. XVIII, 1897, p. 143 sgg.; e ved.
S.
"

Reinach

La

in

Esperimenti

dell'Alfieri

A. Fabris, Studi

nel prof. G.

dell'Alfieri in Bullett.

bene

Intorno

sin qui,

alle

in

Senese di Storia Patria, voi. VI,

Xozze

di

Figaro non

s' scritto

1899, p. 373
molto n molto

basta consultare i num. 328-333


de Curzox, Essai de bibliographie Mozar-

ed a convincersene

del recente lavoro di H.


tinc,

per la dimora
Professioxe, Per un sonetto

Al/ieriani, Firenze, 1895

del poeta a Siena da confrontare A.

sgg.

N. 6, 1898, p. 47.
I primi
hanno trovato im diligente critico

Clironiqiie des Aris,

satirici

Le Bibiographe moderne,

Paris, a. X,

1906, p. 35 sgg.

La

"

controversia sui pretesi plagi del Foscolo ha rinvenuto test un narratore molto coscienzioso in
ricerche, 2' ediz. riveduta

Base

al

intitolati
"

Severo Peri,

e ampliata,

profilo dell'Amari sono


:

"

lui, letto

Carteggio di M.

A.,

stati,

S. Casciano,

naturalmente,

raccolto e postillato,

1905.

due

coli'

monumento

All'attivit meravigliosa

stato eretto

da Jos. Bdier

di

e JMario

G. Paris

pagine, che registra 1197

titoli

il

di

Torino,
pi bel

Roques colla pub-

blicazione della Bibliographie des travattx de G. P., Paris,


di 201

volumi

elogio

nell'Accademia della Crusca da Aless. D'Ancona

Roux-Frassati, 189b.

lume

Studi

Piitdeniontc,

/.

Rocca

1904,

di scritti suoi!

F. X.

vo-

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