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Esercizi di immaginazione sociologica


Agnese Vardanega

1. Un mondo in disordine 1. Recentemente, diventata quasi una moda affermare che pi o meno qualunque cosa ricada nel campo di studio della sociologia sia una costruzione sociale. Comunque la si pensi al riguardo, difficile dubitare del fatto che lorganizzazione di una comunit su di un territorio sia una costruzione sociale in ampia parte volontaria: gli spazi urbani, ad esempio, vengono progettati perseguendo precise finalit politiche, sociali, economiche, culturali, e quantaltro. La natura convenzionale di tale costruzione pu essere osservata tanto sul piano simbolico delle rappresentazioni degli attori quanto su quello strutturale: nei confini e nelle pratiche politicoamministrative, nelle reti sociali, nelle relazioni e nelle pratiche quotidiane. La sua dimensione solida resta per perlopi invisibile allattore sociale, nella forma del datoperscontato: edifici, strade, orari, apparati tecnologici, mezzi di trasporto, come anche la disponibilit dei beni di prima necessit (e non solo) nei negozi, o la facile reperibilit di amici e parenti. Tutti aspetti che senza dubbio sono il frutto di una costruzione sociale, ma che da una parte producono e dallaltra si appoggiano ad una fitta rete di oggetti e di attori (Latour 2005), della cui solidit come stabilit e permanenza degli oggetti, ma anche come stabilit delle aspettative soggettive degli attori diventiamo consapevoli solo quando vengono a mancare, a seguito di qual11

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che evento che, appunto per il rivolgimento che provoca, definiamo catastrofico. In quanto elementi di una rete costituita anche da attori sociali, gli oggetti e le cose non solo diventano segni, ma incorporano anche pratiche sociali (De Certeau 1990) e norme, abitudini quotidiane non meno che leggi e disposizioni giuridiche, conoscenze tecnologiche (Latour 1992) non meno che narrazioni e storie (cfr. ad esempio Pezzini 2006). In breve, le cose di tutti i giorni contribuiscono a definire il nostro sistema di orientamento psicologico, sociale e materiale ad un tempo; e questo, sia per il significato che noi attribuiamo loro, sia per ci che esse materialmente ci impongono o ci consentono di fare. Avere la terra sotto i piedi, si dice nel linguaggio comune. La teoria sociale ha utilizzato categorie come fiducia sistemica (Luhmann 1968) e/o sicurezza ontologica (Giddens 1990), per indicare la solida certezza delle nostre aspettative sulla stabilit del mondo. Domani il nostro mondo sar ancora qui: troveremo il supermercato al solito posto; gli orari del nostro ufficio saranno gli stessi di sempre; gli arredi del nostro appartamento non saranno cambiati. Le persone che conosciamo saranno ancora accanto a noi e continueranno a corrispondere alle nostre aspettative. Tali aspettative pur di tipo molto diverso sono sostenute da norme, valori, abitudini e rituali condivisi, strutture istituzionali, consuetudini e cose. 2. Dopo il sisma del 6 aprile, abbiamo guardato queste cose da una diversa prospettiva anche noi che non vivevamo allAquila, ma che alle tre e trentadue di quella notte ci siamo svegliati con la terra che tuonava e le case che ballavano, e che alle luci dellalba ci stavamo chiedendo se le scuole sarebbero state agibili, le strade praticabili, gli uffici aperti; e soprattutto se gli amici, i conoscenti, i colleghi fossero vivi e stessero bene. Quando la terra trema, stare con i piedi per terra non per niente rassicurante, perch il mondo non sembra pi solido ed affidabile come prima. Se poi la terra, tremando, distrugge i no-

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Foto 1.1. Il calendario delle attivit della protezione civile di Roseto, interrotto alla data del sisma.

Foto: Barbara Coccagna

stri sistemi di orientamento, ci sentiamo perduti e spaesati. Eppure, ostinatamente, ricominciamo subito a costruire altri sistemi di orientamento in grado di garantirci quella sicurezza ontologica senza la quale la nostra vita sarebbe impossibile. Come ci ricorda Consuelo Diodati nella sua Postfazione, la stabilit, vista in questa prospettiva, appare come una pura illusione. Unillusione tenace, per, che tenacemente teniamo in vita giorno per giorno insieme agli altri, mettendo in campo tutti i nostri saperi e le nostre capacit: tutti complici di questa straordinaria opera di costruzione del mondo ordinario. Vari studi ci confermano che questo meccanismo ha una sua base psicologica. Personalmente, ad esempio, non posso fare a

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meno di pensare a quando Rita Salvatore1 ed io aspettavamo la scossa delle tre del pomeriggio. Sapevamo entrambe benissimo che le scosse non sono prevedibili, e che di certo non arrivano ad orario: eppure, non potevamo fare a meno di comportarci come il tacchino induttivista di Russell 2, costruendoci un sistema stabile di aspettative, anche se (o proprio perch) di stabile sembrava esserci rimasto ben poco. Ed era difficile dire se a farci impazzire sarebbe stata questa ostinazione, o labbandonarci allidea di un mondo intrinsecamente imprevedibile e pericoloso quale in effetti per molti versi esso si era rivelato. Davvero la complessit del mondo sarebbe ingestibile sul piano cognitivo, se fossimo condannati a vivere giorno per giorno senza poterla rimuovere (o ridurre), con la costante e chiara consapevolezza di tutto quello che potrebbe effettivamente accadere in ogni momento della nostra vita. Ed stato cos che, a tre mesi dal sisma del 6 aprile, in una situazione di incertezza esistenziale e materiale che coinvolgeva lintero territorio regionale (nonch gli stessi componenti del gruppo di ricerca), stato realizzato il laboratorio di ricerca sul territorio di Roseto degli Abruzzi3. 2. Disorganizzazione e ricostruzione sociale degli spazi 1. Il concetto di organizzazione sociale ha fatto parte della strumentazione teorica della sociologia e dellantropologia culturale del periodo classico, da SaintSimon a Pareto, a Cooley, a Thomas e Znaniecki, a RadcliffeBrowne e Malinowski
1. Coordinatrice con Consuelo Diodati del lavoro sul campo, che in quel periodo aveva lasciato LAquila per trasferirsi a Martinsicuro. 2. Laneddoto ripreso da Popper nella Logica della scoperta scientifica (1934) 3. Questa ricerca nasce infatti come attivit di formazione alla ricerca, da svolgersi in forma laboratoriale, nellambito delle attivit didattiche e formative del Dottorato in Politiche Sociale e Sviluppo Locale dellUniversit degli Studi di Teramo (Dipartimento di Teorie e Politiche dello Sviluppo Sociale).

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(Gallino 1973). Abbandonato con laffermarsi dello struttural funzionalismo a favore del concetto di struttura sociale, stato poi recuperato da Giddens (1985), e recentemente, in Italia, da Bagnasco (2003). Tramontato cio il progetto strutturalista, il concetto di organizzazione sociale appare oggi pi adeguato a cogliere (a) la natura volontaria delle interazioni sociali, in quanto coordinate in vista di uno scopo (sia pure principalmente integrativo); (b) la fluidit, la dinamicit e la storicit dellorganizzazione sociale come processo. Bagnasco (ibi) ha ad esempio definito lorganizzazione sociale come:
il lavoro di tessitura di tessuto sociale che mettono in opera le persone, con linterazione continua in famiglie, reti di relazioni, rapporti di conoscenza o amicizia, associazioni volontarie, al tempo stesso prodotti e contesti dellinterazione (p. 11).

La dinamicit dei processi di organizzazione / disorganizzazione sociale era ben chiara gi nel lavoro di Thomas e Znaniecki, che hanno applicato tale categoria analitica al livello meso (a specifiche istituzioni quali la famiglia o la comunit, e non al livello della struttura in generale) e con lobiettivo di descrivere i processi di riorganizzazione e ricostruzione sociale, sollecitati da situazioni di disorganizzazione sociale (lesperienza migratoria). Il lavoro di interazione che produce lorganizzazione sociale, si solidifica per anche come si accennava nel paragrafo precedente in oggetti ed artefatti di varia natura, e dunque, con riferimento agli obiettivi della presente ricerca, in forme specifiche di organizzazione territoriale. Per includere nellanalisi dei processi di organizzazione / disorganizzazione territoriale, tali elementi di fluidit e volontariet, pu essere utile riprendere la distinzione di De Certeau fra luoghi (places) e spazi (spaces):
un luogo lordine (qualsiasi) secondo il quale degli elementi vengono distribuiti entro rapporti di coesistenza. Ci esclude

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Capitolo 1 dunque la possibilit che due cose possano trovarsi nel medesimo luogo [] Implica una indicazione di stabilit [] Si ha uno spazio dal momento in cui si prendono in considerazione vettori di direzione, quantit di velocit e la variabile del tempo [] spazio leffetto prodotto dalle operazioni che lorientano, lo circostanziano, lo temporalizzano e lo fanno funzionare come unit polivalente di programmi conflittuali o di prossimit contrattuali. Lo spazio sarebbe rispetto al luogo ci che diventa la parola quando parlata. (De Certeau, 1990; tr. it.: p. 17576)

Mentre i luoghi sono le modalit in cui le relazioni sociali e i processi culturali vengono strutturalmente organizzati nellambiente fisico (come nel latino locus, o tpos in greco), gli spazi sono i luoghi in quanto praticati, e via via caricati quindi di significati nuovi. Possiamo ricorrere alla metafora teatrale consueta in sociologia per dire che uno spazio scenico esiste in tanto in quanto esiste una rappresentazione teatrale; in assenza di questultima, c solo un palcoscenico, o qualche altro luogo (o posto) usato pi o meno provvisoriamente come teatro. Tanto i luoghi quanto gli spazi sono frutto di costruzione sociale: sempre secondo De Certeau, infatti, sono le storie (narrazioni) e le pratiche sociali a trasformare i luoghi in spazi, ed anche gli spazi in luoghi. Cos, persino quello che viene progettato come nonluogo, come luogo cio di passaggio4, pu trasformarsi in uno spazio sociale vissuto. In Italia, ad esempio, molte stazioni ferroviarie diventano luoghi di ritrovo e di incontro per gli stranieri, probabilmente proprio in quanto sono luoghi di transito e dunque di marginalit (come liminalit). Anche i centri commerciali luoghi deputati al consumo sono usati come luoghi di incontro e socialit, se non altro perch lo shopping viene spesso praticato in gruppo.
4. Il concetto di nonluogo, bench reso famoso dal saggio di Aug (1992), stato introdotto proprio da De Certeau (1990).

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Tali pratiche sociali impreviste (e talora conflittuali) contribuiscono, per inciso, a conferire a ciascun luogo una sua propria specificit e identit. 2. Una catastrofe come il terremoto, distruggendo i luoghi nel loro ordine strutturale fa venire meno per ci stesso la possibilit di praticarli e di utilizzarli come spazi sociali. La disorganizzazione dei luoghi diventa disorganizzazione delle pratiche e della vita sociale. Nello stesso tempo, per, il venir meno dei luoghi che sono stati il teatro di certe pratiche e di certe narrazioni, ne mette in evidenza la capacit di sopravvivenza, portando alla luce la complessa dinamica di conservazione / innovazione sociale che allinizio del lavoro di ricerca sul campo mi ha fatto immediatamente pensare al brano del Polish Peasant in cui Thomas e Znaniecki affermano:
La stabilit delle istituzioni del gruppo quindi semplicemente un equilibrio dinamico tra processi di disorganizzazione e di riorganizzazione. Questo equilibrio viene disturbato quando i processi di disorganizzazione sociale non possono pi essere controllati dai tentativi di rafforzare le regole esistenti; ne deriva un periodo di prevalente disorganizzazione che pu condurre ad una completa dissoluzione del gruppo. Di solito, per, questa situazione viene neutralizzata e arrestata, prima di tale limite, da un nuovo processo di riorganizzazione che in questo caso non consiste in un semplice rafforzamento dellorganizzazione in via di decadenza, ma nella produzione di nuovi schemi di comportamento e di nuove istituzioni [] chiameremo questa produzione di nuovi schemi e di nuove istituzioni col nome di ricostruzione sociale (191820; tr. it., vol. II, p. 13)

In realt, gli spazi sono il risultato di una dinamica di disorganizzazione e riorganizzazione sociale5, anche a prescindere dalle dinamiche che coinvolgono i luoghi: anche quando il luo5. In ci consiste, in definitiva, linvenzione del quotidiano che d il titolo al volume di De Certeau, al quale facciamo qui riferimento.

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Foto 1.2. Il popolo delle carriole al lavoro nel centro storico dellAquila.

Foto: www.laquilanuova.org (18 aprile 2010).

go resta cio materialmente inalterato, nel corso del tempo le pratiche sociali e le narrazioni cambiano, trasformando gli spazi. Quando per il luogo a venire meno, i gruppi sociali che lo abita(va)no si ritrovano senza un posto, e di fronte alla concreta alternativa fra dissoluzione e ricostruzione sociale degli spazi. I cittadini aquilani, in questi due anni (ma gi immediatamente dopo il sisma) hanno rivendicato il permanere della propria cultura e della propria identit collettiva, nonch la volont di ripristinare lo status quo ante della vita cittadina con le sue consuetudini. Di tale volont costituisce lesempio pi chiaro il desiderio di poter tornare a vivere il centro cittadino, espresso fra le altre dalle iniziative del cosiddetto popolo delle carriole, cittadini che periodicamente si riuniscono per ripulire il centro dalle macerie e gli antichi monumenti dalle erbacce

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Foto 1.3. Nel 2011, la Fiera della Befana tornata al suo posto, anche se la piazza mostra i segni del sisma

Foto: www.ilcapoluogo.it (5 gennaio 2011).

che in questi due anni di sostanziale inerzia avevano iniziato a crescervi (Foto 1.2). Rispetto al permanere delle pratiche e delle narrazioni, ricostruzione significa restauro, restaurazione cio della citt cos come essa era prima del sisma, con riferimento ai luoghi non meno che alle relazioni sociali ed interpersonali. Daltra parte, in conseguenza di questa stessa volont di conservazione della propria identit collettiva, gli aquilani si sono dovuti adattare a riorganizzare le solite pratiche sociali in un contesto del tutto mutato, dislocandole. Il tradizionale mercato della Befana, ad esempio, nel 2010 stato spostato dal centro verso unarea pi sicura della citt (Foto 1.3). Il centro commerciale di una zona relativamente periferica della citt diventato il principale luogo di ritrovo dei giovani, data limpraticabilit della centrale Piazza Duomo.

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La volont di preservare le relazioni sociali ha finito, in una parola, per prevalere sui luoghi, introducendo cos quasi paradossalmente il cambiamento, proprio negli spazi urbani che si volevano restaurare con la ricostruzione. 3. Un ulteriore elemento di disorganizzazione intervenuto in questa situazione stato limmediato trasferimento di parte dei terremotati nelle strutture alberghiere e ricettive della costa abruzzese, ad una ottantina di chilometri dalle case distrutte, ma anche dalle scuole dei figli, dai posti di lavoro, da amici e conoscenti. In questo caso il rischio, come stato chiaro da subito, era quella di una diaspora che avrebbe condotto ad un progressivo e definitivo allontanamento di parte della popolazione dai propri territori6 (cfr. successivo). Ed proprio a costoro che si rivolta lattenzione di questo laboratorio di ricerca. In inglese sfollati si dice displaced, termine che trova un suo corrispettivo nellitaliano dislocati: persone che si trovano o sono stati spostate in un luogo o posto (place) che, come indica il prefisso dis, inusuale o sbagliato; persone costrette dunque a ricostituire, o ricostruire, o reinventare, i propri spazi sociali in luoghi inusuali. Persino alcune funzioni amministrative quelle stesse che istituiscono i confini dei territori, definendo le societ locali in quanto proprio dominio di competenza sono state dislocate per seguire i propri cittadini in un territorio estraneo (cfr. cap. 5, 3, p. 87). Ad insistere su tale complessa dinamica di ricostruzione sociale degli spazi della comunit aquilana, anche lesplicito conflitto politico fra istanze centrali e dinamiche locali.
6. Le iscrizioni dei bambini nelle scuole possono essere un indicatore significativo di questa diaspora. Nellanno scolastico 200910, quello immediatamente successivo al sisma, non si registrato un calo sensibile degli studenti iscritti nelle scuole della provincia dellAquila. In questo primo periodo, la popolazione si adattata al pendolarismo fra la costa e la montagna. Nellanno scolastico 201011, invece, il calo degli iscritti statto di oltre mille unit, su una popolazione scolastica complessiva di circa 39.000 studenti.

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Il desiderio degli aquilani di restaurare i propri luoghi si infatti sin da subito scontrato con la volont politica di interpretare il termine ricostruzione nel senso di costruzione ex novo, con il progetto cio delle New Towns, che avrebbe avuto dalla sua la buona (seppure sotto diversi aspetti discutibile) ragione delleconomicit, ma soprattutto le evidenti pecche di progettazione dei centri abitati originari, dei quali alcuni costruiti su pericolosissime faglie. E daltra parte, in tempi non troppo passati, le guerre e le altre calamit diventavano occasione di poderosi progetti utopici, che coinvolgevano non solo i luoghi, ma le stesse comunit 7. Ricordiamo qui tale questione solo per sottolineare loggettiva problematicit delle operazioni di ricostruzione dei luoghi, che non solo devono entrare, ma di fatto entrano sempre in rapporto con i processi ed i progetti di ricostruzione degli spazi sociali, che per la loro stessa natura sono a pi voci e quindi, spesso, conflittuali. I grandi progetti utopici del passato evidentemente potevano essere concepiti (e realizzati) in situazioni di forti asimmetrie di potere: potere decisionale e culturale, ma anche potere di mettere materialmente mano alla ricostruzione di edifici ed infrastrutture, senza bisogno di ulteriori forme di legittimazione. Tali asimmetrie, oggi che permangono quasi esclusivamente a livello tecnologico ( su questa base, infatti, che la progettazione della ricostruzione stata centralizzata), non fanno che evidenziare la necessit di empowerment delle popolazioni locali nei confronti delle istanze tecnoburocratiche.

7. N pu negarsi la presenza, nella storia politica di Silvio Berlusconi (il capo del governo che ha gestito lemergenza), di una istanza modernizzante, quando non utopica, che ritroviamo nelle parole del ministro allinnovazione dello stesso governo, Renato Brunetta, che ha proposto LAquila come prototipo (renatobrunetta.it, 2010; cfr. anche agnesevardanega.eu, 2010).

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3. Aquilani in vacanza dallAquila 1. Il capo del governo, nei giorni immediatamente a ridosso del sisma, invitava gli sfollati delle tendopoli a considerare queste ultime come fossero dei camping, sollecitandoli ad andare a farsi una vacanza sulla costa per riprendersi dallo stress, in attesa delle nuove case8. Pu forse essere superfluo ricordare che il termine vacanza deriva dal latino vacantia, a sua volta derivante dal participio presente del verbo vacare, che significa essere vuoto. Da questo stesso verbo, proviene anche il termine vacatio: vacatio sedis, ad esempio, lespressione che indica linterregno fra un papato ed un altro, o fra due sovrani che si succedono su di un trono. Nelle societ contemporanee, la vacanza starebbe ad indicare, propriamente, il posto di lavoro lasciato vuoto da un soggetto in ferie; ma anche, per estensione, il periodo delle ferie in quanto periodo di sospensione dallattivit ordinaria (come vacatio). Gli aquilani, dopo il sisma, erano certamente in vacantia. I loro posti, allAquila, erano vuoti. Anzi, la loro vita ordinaria non esisteva proprio pi, n era possibile prevedere quando sarebbe ricominciata, o dove, o secondo quali modalit. Chi visiti oggi LAquila, si rende conto che la vita ordinaria ripresa, ma secondo modalit che appaiono ancora provvisorie: la viabilit costantemente in fieri, ed ha quindi ben poco di ordinario; molti negozi hanno riaperto, ma non si trovano pi dove erano prima; uffici e servizi sono sparpagliati qui e l, perch le loro sedi collocate per lo pi nella zona rossa sono andate distrutte con il terremoto, o non sono agibili. Al momento della realizzazione della ricerca, gli aquilani stavano vivendo in un interregno una vacatio fra la citt andata distrutta dal sisma e quella che sarebbe stata ricostruita,
8. Berlusconi: Italy earthquake victims should view experience as camping weekend, The Guardian, 8 april 2009: (<http://www.guardian.co.uk/world/2009/apr/08/italy-earthquake-berlusconi>)

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Foto 1.4. Un aquilano in vacanza a Roseto.

Foto: Barbara Coccagna, cfr. Nota Visuale n. 2, p. 154.

chiss quando e chiss come. Nel frattempo, molti avevano perso non solo la casa, ma anche il lavoro: il loro era langoscioso interregno fra la vita di prima ed una vita da ricostruire. 2. Il gruppo di ricerca impegnato in questa indagine si occupa da tempo di turismo: appariva quindi a tutti stridente il contrasto fra le vacanze a cui pensava (peraltro in buona) Silvio Berlusconi quelle del turista, che si riposa e si diverte e la condizione degli aquilani a Roseto degli Abruzzi, o negli altri comuni della costa. In pigiama e pantofole i primi giorni, vestiti di tutto punto nei mesi successivi, indaffarati a riprendere ci che della loro vita ordinaria potevano recuperare tutto sembravano, a vederli, fuorch turisti (Foto 1.4). La stessa cittadina (turistica) di Roseto degli Abruzzi appariva diversa: gli aquilani lavevano riempita dei segni della loro

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presenza, oggetti fuori posto (in disordine), o anche fuori luogo (inadatti ad un luogo di vacanza); e gli stessi rosetani, in questa situazione di emergenza, avevano riadattato i loro luoghi ed i loro oggetti a funzioni nuove ed impreviste. Vacanza non turistica definimmo quindi anche in considerazione del clamore suscitato dalle esortazioni del capo del governo la condizione degli aquilani sulla costa 9, per segnalare come in effetti essa condividesse, in forma esasperata, due aspetti della comune esperienza turistica: la liminalit della situazione di vacatio, da una parte, e dallaltra il senso di spaesamento, di perdita cio del riferimento al locus, al paese come ambiente familiare o usuale10. Poich per gli aquilani non si stavano facendo un giro ricreativo o culturale, la definizione non poteva non sottolineare il fatto che tale vacanza fosse non solo forzata (come giustamente sottolineato da Elisa Corazzini, 2009), ma anche non turistica. 3. Apparir probabilmente strana agli occhi del lettore la decisione di non intervistare gli stessi aquilani, nonch lesiguo numero di foto che li ritraggono. In realt, lidea di fotografare o intervistare i terremotati a poche settimane dal terremoto stata respinta con decisione dalle dottorande e dai dottorandi: prima di tutto, in ragione del diretto coinvolgimento emotivo che in molti avvertivano; in secondo luogo come reazione alla sovraesposizione mediatica di quelle persone, che, sebbene tipica di queste circostanze, sembra sempre un po indiscreta (per non dire indecente) quando se ne direttamente coinvolti.

9. Quella della vacanza non turistica stata unidea che ha guidato sin da subito il lavoro di osservazione (cfr. qui, 5; cfr. anche il contributo di E. Corazzini 2009, che abbiamo incontrato sul campo, mentre raccoglieva i mteraiali per il numero speciale di Communitas). 10. Il divertimento, come allontamento dai luoghi abituali e dalle proprie consuetudini, pur sempre uno stress (normalmente salutare) al quale ci sottoponiamo volontariamente.

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Far intervistare i terremotati dagli studenti peraltro sembrato inopportuno anche al team dei docenti, se non altro perch avrebbe richiesto un training specifico, che non rientrava per nei programmi didattici del dottorato. Questa quindi la seconda delle ragioni per le quali lindagine affronta in maniera alquanto indiretta il tema del terremoto. La prima stata la decisione di concentrarsi non sullAquila, ma sugli effetti del sisma su uno dei comuni della costa coinvolti appunto indirettamente dallemergenza, per la presenza sul suo territorio di questi inusuali ospiti. 4. Osservare le cose di cui fatto il nostro mondo Agli oggetti lasciati fuori posto dallemergenza stata dunque prioritariamente indirizzata lattenzione delle dottorande e dei dottorandi, come esercizio di immaginazione sociologica, e come momento di approfondimento di alcuni meccanismi dellorganizzazione sociale di un territorio. Il gruppo di ricerca doveva in particolare cogliere mediante losservazione e gli strumenti fotografici (cfr. cap. 2 3, p. 44) i segni materiali della presenza degli aquilani sul territorio estraneo di Roseto degli Abruzzi, e la situazione di convivenza di due comunit in emergenza (cfr. cap. 4). In circostanze cos eccezionali questa era lipotesi di fondo gli elementi solitamente dati per scontati avrebbero dovuto rendersi pi evidenti. Osservare, per, non facile, e bench possa sembrare alquanto banale voglio ricordare a questo proposito il famoso aneddoto raccontato da Karl Popper:
Venticinque anni or sono, cercai di far capire questo punto a un gruppo di studenti di fisica, a Vienna, incominciando la lezione con le seguenti istruzioni: Prendete carta e matita; osservate attentamente e registrate quel che avete osservato! Essi chiesero, naturalmente, che cosa volevo che osservassero [] Losservazione sempre selettiva. Essa ha sempre bisogno di un

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Capitolo 1 oggetto determinato, di uno scopo preciso, di un punto di vista, di un problema (1969; tr. it.: pp. 8384).

Losservazione una pratica riflessiva, ovvero selettiva, critica ed anche autocritica, in quanto impone di assumere un punto di osservazione, di mettersi in una certa prospettiva; in quanto richiede, di conseguenza, luso e ad un tempo la messa in questione delle categorie teoriche; ed in quanto sollecita la messa in discussione delle stesse categorie interpretative che utilizziamo nella vita di tutti i giorni. E non semplice come osservava Kuhn (1962) il passaggio dallo studio dei manuali alleffettivo utilizzo delle categorie teoriche di una disciplina nellanalisi e nellinterpretazione dei fenomeni reali. Poich losservazione riflessiva non una pratica abituale, la fotografia diventa un esercizio estremamente fruttuoso. Lobiettivo il punto di vista ad un tempo soggettivo ed oggettivante, la prospettiva dalla quale il soggetto osserva / costruisce il suo oggetto. Il ricercatore deve infatti scegliere loggetto, il punto di vista, linquadratura; e poich la foto sar guardata da altri, inevitabilmente si interrogher anche sul senso (in questo caso teorico) dellimmagine che sta inquadrando e fotografando, rielaborando e chiarendo, anche a se stesso le sue categorie teoriche (vedi le Note Visuali, in Appendice 2, pp. 151 e sgg.). Alla fine di ogni giornata sul campo, le fotografie venivano descritte dagli autori, che dovevano spiegare le ragioni della scelta degli oggetti o delle situazioni che avevano ritratto. Gli studenti sono stati, in una parola, costretti a riflettere e a scegliere con la mente gi rivolta al senso di quello che stavano osservando. Questo lavoro di debriefing ha portato alla precisazione delle categorie interpretative, e quindi ad una classificazione delle immagini per aree tematiche. Successivamente, il nesso fra ciascuna immagine e le categorie interpretative adottate stato sinteticamente illustrato nelle didascalie. I risultati sono

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Figura 1.1. La mappa concettuale del Laboratorio Roseto

da: <http://labroseto.territorisociologici.info/2009/10/le-prime-categorie-analitiche-una-mappa.html >, 17 ottobre 2009.

presentati nella galleria fotografica pubblicata online 11, anche se naturalmente alcune delle foto sono pubblicate anche in questo volume. 5. I concetti sensibilizzanti e la mappa concettuale Nella fase di preparazione della ricerca, e poi ancora successivamente, ed in varie fasi (durante i debriefing che si svolgevano a fine giornata, e poi ancora al termine della ricerca, al momento di sistematizzare lanalisi dei dati), gli obiettivi di ricerca sono stati articolati (e ridefiniti) in un numero limitato di concetti sensibilizzanti (Blumer 1954). Tali concetti hanno in parte orientato la ricerca sul campo, ed in parte si sono andati precisando e specificando in corso dopera, sulla base delle informazioni raccolte, ma sempre con riferi11. Allindirizzo <http://photo.territorisociologici.info/labroseto/>.

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mento allinterrogativo principale di ricerca, e al frame teorico che era stato scelto allinizio. La mappa concettuale che ne derivata (Fig. 1.1) servita anche, in linea massima, a definire la struttura del presente volume. Il ruolo delle strutture ricettive rappresenta, pi che un concetto sensibilizzante, larea tematica alla quale la nostra indagine ha rivolto una particolare attenzione, in quanto rivelatasi particolarmente sensibile rispetto allobiettivo dellindagine, ovvero analizzare gli effetti dellemergenza sulle attivit turistiche (cfr. il capitolo 7 Il ruolo di intermediazione degli albergatori e il capitolo 8 Il futuro turistico di Roseto degli Abruzzi). Tale area stata sviluppata in particolare nel questionario rivolto ai gestori delle strutture ricettive che hanno ospitato i terremotati (cfr. cap. 2, 2, pp. 37 sgg.). I concetti di disorganizzazione sociale e di spaesamento, di cui si detto nei paragrafi precedenti, sono invece collocati al vertice dellalbero gerarchico rappresentato nella mappa concettuale. Cos come il concetto di vacanza non turistica, essi risultano infatti trasversali allintera analisi dei risultati, dal momento che rappresentano la chiave di lettura utilizzata per osservare la convivenza di rosetani ed aquilani sul territorio di Roseto. Del concetto di disorganizzazione sociale si occupa per non solo questo capitolo, ma anche il capitolo 4 (Tabula rasa: due comunit, un territorio); i concetti di spaesamento e di dislocazione (pure presentati qui) hanno guidato lanalisi presentata nel capitolo 5, e dedicata al ruolo svolto dagli enti locali nella fase dellemergenza (Dislocazione: una sfida per gli enti locali). A fronte degli elementi di disorganizzazione del territorio, sin dallinizio ci si aspettava di trovare pratiche di riorganizzazione (cfr. qui, 2), osservabili su diversi piani: a livello funzionale,come iniziative dei vari enti locali (capitolo 5), coordinati dalla Protezione Civile; ma anche a livello di riorganizzazione della comunit e di societ civile, da parte tanto delle associazioni che sono

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nate, si sono attivate o hanno riconvertito le proprie attivit (capitolo 4), quanto dei commercianti e dei gestori di servizi privati, che hanno proposto nuove iniziative, di solidariet non meno che commerciali (capitolo 6 La solidariet dei commercianti). Essenziale come si accennato allinizio si infine rivelato il ruolo delle strutture ricettive, che sono state non solo il luogo privilegiato dellospitalit, ma anche lo snodo fondamentale delle iniziative pubbliche e della comunicazione istituzionale (capitolo 7).

6. Il gruppo di ricerca Il laboratorio sul campo si svolto fra il 6 ed il 9 luglio del 2009, a tre mesi esatti dal sisma. Tale fase, principalmente dedicata alla rilevazione delle informazioni, stata preceduta da una fase preparatoria, che ha visto coinvolti le studentesse e gli studenti del dottorato tanto nellattivit di ideazione e costruzione degli strumenti di rilevazione (il questionario rivolto alle strutture ricettive in particolare; per il disegno dellindagine, cfr. cap. 2), quanto in attivit di formazione e training sulluso di tali strumenti. In questa prima fase, si sono occupate dellorganizzazione e del coordinamento operativo oltre che della supervisione e del tutoring la prof. Consuelo Diodati e la dr.ssa Rita Salvatore (che ha anche curato il training per la realizzazione dellosservazione e delle note etnografiche). Il dr. Fabio Di Evangelista si occupato invece di formare i partecipanti alluso delle tecniche visuali, fornendo un prezioso aiuto anche durante la fase di rilevazione e i debriefing. Sul campo, ed a diretto contatto con la realt indagata e con gli attori sociali coinvolti, sono state per le dottorande del XXIII e del XXIV ciclo: le dr.sse Roberta Carbonetti, Antonella Carducci, Barbara Coccagna, Fabiana di Domenicantonio, Anna

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Capitolo 1

Piersanti e Natascia Tieri (che hanno partecipato anche alla stesura di questo volume). Doveroso ricordare anche il contributo di Marco Sfarra, che pur non avendo pubblicato alcun contributo allinterno di questo volume ha curato la rilevazione delle informazioni presso il Comune di Roseto degli Abruzzi (documenti e dati, colloqui informali ed interviste in profondit). Nei mesi successivi alla rilevazione, infine, le attivit del laboratorio sono state finalizzate allorganizzazione della base informativa: inserimento dei dati in matrice ed analisi dei risultati; trascrizione delle interviste in profondit; organizzazione ed analisi dei materiali visuali. Alcune di queste attivit sono testimoniate dai posts pubblicati da alcuni dei partecipanti sul blog (curato da chi scrive) che ha accompagnato le attivit di ricerca, facilitandone il coordinamento12. Alcuni dei post di argomento metodologico sono stati integrati in forma aggiornata nel secondo capitolo (2.2, 2.4, 4.1 e 4.2), mentre le Note Visuali sono state pubblicate in Appendice 2 (pp. 151 e sgg.). I materiali visuali, infine, sono stati organizzati per categorie interpretative in una galleria fotografica pubblicata anchessa online (cfr. nota n. 11, p. 27). Nel settembre del 2009, sotto la supervisione del dr. Fabio di Evangelista, questo lavoro stato presentato allOpen Seminar Territori, Turismi e Identit (Universit di Teramo, 17 settembre)13. Nel 2010, in occasione dello svolgimento del laboratorio di ricerca per gli studenti del corso di laurea triennale in Scienze del turismo e dello sport (sempre dellUniversit di Teramo), stato realizzato un followup dellindagine con questionario. Obiettivo della ricerca stato quello di tornare dai proprie12. Il blog ancora online, allindirizzo <http://labroseto.territorisociologici.info>. 13. Il poster di presentazione pubblicato allindirizzo <http://www.scribd.com/doc/20007195/F-Di-Evangelista-Il-Laboratorio-Roseto>; una sintesi dellintervento di F. Di Evangelista pubblicata allindirizzo <http://www.scribd.com/doc/19999656/Sintesi-intervento-LabRoseto>

Esercizi di immaginazione sociologica

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tari e dai gestori delle strutture ricettive, per rilevare informazioni ed opinioni sulla presenza degli ospiti aquilani ad un anno dal sisma, per vedere se fossero intervenuti dei cambiamenti, tanto nella situazione quanto nelle loro opinioni. A questa seconda fase hanno partecipato le dr.sse Cristina Fabi (dottoranda del XXV ciclo) e Fabiana di Domenicantonio (dottoranda del XXIV) in qualit di coordinatrici del lavoro sul campo. La dr.ssa Marusca Miscia (dottoranda del XXIII ciclo) ha avuto la possibilit di partecipare la laboratorio in questa occasione, avendo usufruito del congedo di maternit nellanno precedente. Le ragazze ed i ragazzi del corso in Tecniche di Analisi dei Fenomeni Turistici hanno svolto le interviste nel periodo di aprilemaggio 2010, ed hanno successivamente inserito i dati in matrice sempre naturalmente sotto la supervisione diretta di chi scrive e dei tutors, nei locali del laboratorio informatico della sede distaccata di Giulianova (cfr. cap. 2, 5, p. 53). Per la realizzazione del followup voglio perc ringraziare, ad uno ad uno, tutti gli studenti del laboratorio: Nicolas Abbrescia, Federica Bucco, Martina Campanelli, Valentina Carota, Jennifer Di Giovannantonio, Vanessa Falcone, Luigia Farinelli, Francesca Ferroni, Cristina Forcella, Horvth Jlia, Lorena Lo Iacono, Alessia Mantini, Carmen Medori, Cristiana Paoletti, Morena Pelliccioni, Lorena Recchiuti, Francesca Salvi, Ornela Shametaj. Il laboratorio non sarebbe stato possibile, naturalmente, senza il contributo di Everardo Minardo, coordinatore del Dottorato di Ricerca, e responsabile scientifico del progetto.

2. Il disegno dellindagine
di Agnese Vardanega e Rita Salvatore e con i contributi di R. Carbonetti, C. Fabi, M. Miscia, A. Piersanti*

1. Studio di caso ed approcci misti 1.1. Studio di caso e validit Lindagine condotta sul territorio di Roseto degli Abruzzi, in corrispondenza di un evento tanto eccezionale, quale il trasferimento in massa di parte dei cittadini aquilani rimasti senza casa a seguito del sisma del 6 aprile, si configura come un caratteristico studio di caso, o case study. Lo studio di caso andrebbe considerato come un tipo particolare di comparazione, e del metodo comparato condivide quindi, e a fortiori1, il limite fondamentale della sottodeterminazione dei modelli di inferenza (Goldthorpe 2000). In pratica, nel momento in cui si decida di studiare sia pure in maniera approfondita un singolo caso o un singolo evento complesso, ci si deve confrontare con la mancanza (o linsufficienza, quando si tratti del metodo comparato) di quegli elementi comparativi che consentono di valutare la rilevanza e la significativit dei numerosi fattori che sono coinvolti nella descrizione, non meno che nella spiegazione / interpretazione del fenomeno oggetto di indagine.
* Bench il capitolo sia il frutto del comune lavoro delle due principali autrici, i paragrafi vanno cos attribuiti: a M. Miscia il paragrafo 2.4; a R. Salvatore il paragrafo 3; a A. Piersanti il paragrafo 4.1; a R. Carbonetti il paragrafo 4.2; a C. Fabi il paragrafo 5. A. Vardanega autrice delle restanti parti del capitolo. 1. Come ho avuto modo di osservare altrove (DOvidio et al., 2007).

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Capitolo 2

Rifugiarsi in una dichiarazione di intenti di carattere descrittivistico (questa indagine ha finalit descrittivoesplorative) non pu essere una soluzione convincente, se non assumendo una prospettiva veteropositivista, in base alla quale cio la descrizione, in quanto tale, non richiede ipotesi o presupposizioni. Gi presi di per loro, infatti, ciascuno di quei fattori che si andrebbero descrivere costituisce un oggetto complesso una configurazione complessa di variabili. E questo dovrebbe essere sufficiente a spiegare in che senso anche la descrizione richieda da parte del ricercatore un qualche genere di modello interpretativo2. E del resto, la scelta di uno specifico caso di studio viene giustificata proprio dalla rilevanza di tali configurazioni complesse di fattori, nellipotesi che altrove esse non siano individuabili in quella stessa specifica forma 3. La presente indagine, infatti, motivata appunto dalleccezionalit della situazione che si venuta a determinare a Roseto degli Abruzzi, e che avrebbe dovuto portare alla luce alcuni meccanismi di adattamento e di riorganizzazione di quella comunit allinterno del suo territorio (cfr. cap. 1). Nel case study, quindi, la questione della sottodeterminazione del modello di inferenza costituisce il problema metodologico fondamentale da affrontare nel progettare lindagine e nel selezionare gli strumenti di rilevazione ed analisi. Il disegno dellindagine ha infatti ha come suo scopo principale quello di garantire la validit dei risultati raggiunti, sul piano dellinferenza non meno che su quello del controllo delle fonti di errore. A questo proposito, giova distinguere fra generalizzabilit dei risultati (validit esterna), e validit dei costrutti teorici e delle interpretazioni avanzate (validit interna). Non difficile rendersi conto che risultati generalizzabili in quanto derivanti da un campione rappresentativo potrebbero es2. Questo ad esempio il ruolo inferenziale, ma sempre provvisorio dellidealtipo nella sociologia di Weber. 3. Il che, sia detto per inciso, presuppone gi una sorta di comparazione implicita con una idea di normalit o ordinariet che andrebbe forse pi spesso esplicitata e giustificata.

Il disegno dellindagine

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sere irrilevanti, o inadeguati a rispondere agli interrogativi di ricerca4. Di converso, i risultati di un case study, bench non generalizzabili al di l del caso studiato, potrebbero essere validi sul piano sostantivo. Il problema che difficile dimostrarlo, almeno quanto facile occultare le debolezze teoriche di un disegno di ricerca con luso di strumenti statistici. Nel case study, infatti, il problema dellinferenza pu essere affrontato e risolto esclusivamente sul piano teorico senza potersi cio appoggiare n alla comparazione, n a procedure di carattere probabilistico (quali la randomizzazione o lo stesso campionamento), che consentirebbero di valutare il peso ed il rilevo di ciascuno dei fattori coinvolti, e/o di annullare gli effetti dei fattori estranei. A supporto della validit interna della ricerca, la strategia solitamente adottata consiste quindi nellampliare la base informativa e nel diversificare le fonti di informazione, ivi incluse le tecniche di rilevazione. Ci allo scopo di incrociare diversi risultati, ed individuare cos incongruenze ed errori (triangolazione dei risultati; cfr. Campbell e Fiske 1959; Tashakkori e Teddlie 1998; Creswell 1999 e 2003). La stessa pratica di correggere il tiro, per cos dire, nel farsi della ricerca tornando sulle ipotesi e su alcune scelte iniziali in rapporto ai risultati che si iniziano ad osservare sul campo se da una parte comporta inevitabilmente la produzione di interpretazioni ad hoc, dallaltra facilita la messa a punto di strumenti, concetti ed interpretazioni, in assenza di ipotesiguida ragionevolmente applicabili in una situazione relativamente sconosciuta (secondo lapproccio della Grounded Theory; cfr. Glaser e Strauss 1967). 1.2. Fasi e strumenti di rilevazione Lindagine ha dunque adottato diverse tecniche di raccolta delle informazioni:
4. Basti ricordare che correlation is not causation: una relazione o una associazione statisticamente significativa, solo un elemento di valutazione della validit dei costrutti adottati.

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Capitolo 2

losservazione sul campo, supportata da strumenti visuali (fotografie e note visuali), che costituisce senzaltro il cuore della ricerca e dellattivit didattica (cfr. cap. 1, 4, pp. 25 e sgg.); un questionario strutturato per intervistare i proprietari o i gestori delle strutture ricettive che avevano ospitato, o stavano ospitando, cittadini aquilani; interviste semistrutturate a testimoni privilegiati; documenti ufficiali prodotti dagli enti e dalle istituzioni coinvolti. Se semplice distinguere le due principali fasi della ricerca quella del luglio 2009 e il followup del maggio 2010 non altrettanto semplice articolare la prima fase in singoli steps operativi. Tuttal pi, possiamo isolare la fase operativa sul campo (69 luglio 2009), da quelle che lhanno preceduta (ideazione, progettazione ed organizzazione) e seguita (organizzazione ed analisi dei dati). Ma si tratta di una suddivisione cronologica, pi che logica. Sul piano logico, infatti, la progettazione degli strumenti avvenuta in parte prima (il questionario stato messo a punto nel mese di giugno), ed in parte sul campo (i temari sono stati definiti nei giorni della rilevazione). Lo stesso dicasi per lanalisi dei risultati, iniziata gi sul campo, durante le riunioni di debriefing nelle quali venivano discusse le informazioni raccolte, e classificate le fotografie realizzate. La documentazione ufficiale raccolta sia presso il Comune di Roseto degli Abruzzi, sia presso la Protezione Civile locale servita non solo a definire il quadro istituzionale e a descrivere le iniziative ufficiali degli enti locali (cap. 5), ma anche ad organizzare la rilevazione. Le stesse informazioni di carattere demografico ed urbanistico (cfr. cap. 3) sono state aggiornate sul campo per procedere alla mappatura del territorio ( 4.1, p. 50), cos come in loco stato controllato e rivisto lelenco delle strutture che avevano

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