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Nuovi studi dimostrano uno stretto collegamento tra

alimentazione e comportamento
Tratto da www.crime-times.org Vol. 4, No. 1, 1998.
Pagine 1, 2,3,4.

Traduzione di Chiara Guarascio


http://criminologia.iobloggo.com

La giusta alimentazione può rendere un bambino meno


iperattivo, alleviare la depressione di un adulto o anche
ridurre aggressività e azioni antisociali? Alcune recenti
ricerche forniscono dei risultati sorprendenti sul valore
delle modifiche dietetiche in una vasta gamma di disordini
comportamentali ed emozionali.

Dieta e comportamento infantile.

Alcuni ricercatori negli anni ’70 iniziarono a chiedersi se vi


fossero connessioni tra alimentazione e comportamento.
Al giorno d’oggi nuovi e più sofisticati studi hanno rivelato
l’effettiva esistenza della connessione cibo-
comportamento in molti bambini.

J. Breakey ha ripreso degli studi su cibo e


comportamento condotti tra il 1985 e il 1995 e ha
concluso che i risultati “mostrano una chiara relazione”
tra ciò che i bambini mangiano e il modo in cui si
comportano. “La scoperta più importante” afferma “è
stata la presenza -in quasi tutti gli studi- di una variazione
statisticamente significativa del comportamento in seguito
a un cambiamento dietetico.” Inoltre gli studi hanno
rivelato una continuità di risposte alle variazioni alimentari
“più delle prime aspettative di “tutto o nulla””.
Sebbene sia riferito che i cambiamenti nella dieta
possano migliorare una vasta rosa di problemi
comportamentali, inclusi l’iperattività e l’insonnia, Breakey
afferma che “un’importante e inaspettata scoperta di un
gran numero di ricercatori è che la sintomatologia
maggiormente influenzata dall’alimentazione è a livello di
umore, soprattutto l’irritabilità”.

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Dieta e aggressività.

Mentre la maggior parte degli studi su alimentazione e


comportamento si sono focalizzati sulla riduzione
dell’iperattività, ci sono prove che la dieta ha anche una
forte influenza sull’aggressività. Il medico Melvyn
Werbach cita alcuni esempi.

-Uno studio ha scoperto che 20 soggetti con una carenza


marginale di tiamina erano impulsivi, altamente irritabili,
aggressivi e ipersensibili alle critiche. Dopo che alla loro
dieta fu aggiunto un supplemento di tiamina, il
comportamento dei soggetti migliorò sensibilmente.
-Alcune ricerche mostrano che tra gli adolescenti maschi
la carenza di ferro è associata direttamente al
comportamento aggressivo. Inoltre un altro studio ha
messo in evidenza il fatto che tra gli adolescenti in
carcere la carenza di ferro ha un’incidenza quasi doppia
rispetto a quella dei coetanei non detenuti. Werbach
sostiene che studi su animali indicano che la carenza di
ferro può causare alterazioni comportamentali in quanto
diminuisce la trasmissione di dopamina.
-Altri studi riportano che i ratti a cui viene fornita
un’alimentazione carente dell’aminoacido triptofano
diventano più aggressivi nei confronti dei topi. Inoltre una
ricerca sulle scimmie della specie Cercopiteco verde ha
dimostrato che se viene loro somministrato cibo privo di
triptofano, l’aggressività dei maschi aumenta, mentre il
cibo ricco di triptofano riduce l’aggressività sia nei maschi
che nelle femmine.

Queste scoperte non lasciano sorpresi, secondo


Werbach, perchè il triptofano è il “mattone”, proveniente
dalla dieta, che permette la formazione di serotonina
chimica a livello del cervello, e bassi livelli di questo
neurotrasmettitore sono fortemente collegati a problemi
comportamentali inclusa l’aggressività impulsiva.
Anche se ci sono pochi studi disponibili sul collegamento
tra dieta e aggressività, Werbach conclude: “Studi
epidemiologici hanno trovato in più occasioni associazioni
tra comportamenti iperaggressivi e deficienze di svariati
nutrienti essenziali: niacina, acido pantotenico, tiamina,

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vitamina B6, vitamina C, ferro, magnesio e triptofano”.
Questi fatti, sostiene “persuadono che sarebbe
importante valutare un approccio nutrizionale nel
trattamento della sindrome del comportamenti
aggressivo”.

Dieta e umore.

La depressione, un serio problema di per sé, è anche un


fattore di rischio per l’aggressività e anche per un
comportamento criminale. Recenti ricerche mettono in
risalto un forte collegamento tra la depressione e le
carenze dietetiche, in particolare quella della vitamina B9
(acido folico).

Dall’inizio degli anni ’80 una serie di studi ha dimostrato


che bassi livelli di acido folico sono correlati con la
depressione. Jonathan E. Alpert e Maurizio Fava hanno
recentemente notato che “i sintomi depressivi sono le
manifestazioni neuropsichiatriche più comuni della
carenza di folati” e che circa un terzo degli adulti a cui
sono stati diagnosticati dei disordini depressivi hanno
livelli di folati bassi o al limite della carenza. Gli studi di
Alpert e Fava, così come quelli di altri ricercatori,
suggeriscono anche che i pazienti depressi con bassi
livelli di folati rispondono poco al trattamento
antidepressivo, rispetto ai soggetti con normali livelli di
folati.
T.M. Ortega e colleghi affermano che la relazione tra
depressione e bassi livelli di folati è facilmente spiegabile
“a causa del ruolo dei folati nella sintesi dei
neurotrasmettitori e degli elementi della struttura
neuronale”.
Un altro oligoelemento legato strettamente all’uomore è il
selenio. I ricercatori britannisci David Benton e Richard
Cook hanno riferito per primi, nel 1991, che nei soggetti
normali un’assunzione maggiore di selenio è “associata
ad un miglioramento generale dell’umore e in particolare
a una diminuzione dell’ansia. “Più basso è il livello di
selenio nella dieta di questi soggetti” riferirono Benton e
Cook “maggiori sono le loro segnalazioni di ansia,
depressione e stanchezza”, tutti problemi che diminuirono
dopo cinque settimane di assunzione di un supplemento

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di selenio.
Wayne C. Hawkes e Linda Hombostel hanno
recentemente condotto un simile esperimento negli Stati
Uniti, studiando gli effetti dell’assunzione e della carenza
di selenio in 11 uomini sani. “L’aggiunta del selenio alla
dieta dei nostri volontari non ha avuto alcun effetto su
loro umore” dicono, apparentemente perchè i soggetti
statunitensi in partenza avevano già maggiori livelli di
selenio rispetto a quelli britannici. “Ad ogni modo”
continuano “abbiamo notato che se toglievamo la
maggior parte di selenio dalla loro dieta, peggiorava
l’umore di quei volontari che prima della ricerca
registravano un livello di selenio più basso degli altri.
Questo fenomeno era simile a quello dello studio
britannico, in cui l’umore delle persone con i livelli di
selenio più bassi migliorava fornendogliene di più”.
Anche bassi livelli di triptofano possono favorire la
depressione. Nel 1997, K. A. Smith et al. hanno studiato
15 donne che in passato avevano sofferto di grave
depressione ma che non stavano più prendendo gli
antidepressivi. Ai soggetti furono somministrati due tipi di
bevande a base di aminoacidi, una contenente triptofano
e l’altra no, e i loro sintomi depressivi vennero misurati
prima e sette ore dopo l’assunzione delle bevande. “Le
bevande non contenenti triptofano produssero una
riduzione del 75% della concentrazione plasmatica di
triptofano” riferiscono i ricercatori. “Dopo aver bevuto
questa bevanda, 10 delle 15 donne manifestarono
sintomi depressivi temporanei ma clinicamente
significativi.” Nessuna variazione di umore venne
registrata quando le pazienti bevvero la mistura
contenente triptofano.
Dieta e criminalità.
Oltre a influenzare l’umore, l’aggressività e i sintomi
dell’iperattività, l’alimentazione ha avuto un ruolo anche
nell’aumento del quoziente intellettivo di alcuni bambini.
Dato che l’iperattività, l’iperaggressività, la depressione e
il QI sono associate alla criminalità, alcuni ricercatori
stanno investigando sulla possibilità che l’alimentazione
possa o meno influire nel trattamento dei criminali (e in
particolare quelli giovani). Al Finora la ricerca, anche se
condotta in modo abbastanza irregolare, ha dato risultati
incoraggianti.

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Nei primi anni ’80, Stephen Shoenthaler ha iniziato un
nuovo programma alimentare in una dozzina di
riformatori. I dati che ha raccolto hanno dimostrato che in
seguito a queste variazioni dietetiche, che hanno
interessato 8076 delinquenti minorenni, le istituzioni
hanno registrato una diminuzione del 47% dei
comportamenti antisociali incluse aggressioni,
insubordinazione, tentati suicidi, e violazioni generali
delle regole. Shoenthaler nota, inoltre, che “più violento
era il comportamento dei soggetti prima della variazione
alimentare, maggiore è stato il miglioramento”.
In uno studio tipico, Shoenthaler ha aggiunto dei
supplementi alla dieta di 71 ospiti di un riformatorio di
stato. Durante la fase di trattamento -uno studio
incrociato a “doppio cieco” (in cui sia i soggetti esaminati
che gli sperimentatori ignorano informazioni importanti
che potrebbero influenzare pesantemente i risultati,
n.d.t.), controllato con placebo- Shoenthaler riportò che
“in generale la violenza era diminuita del 66%: da 306
episodi a 104. Gli episodi totali di allontanamento senza
permesso e di fuga calarono dell’84%: da 79 a 13,
mentre gli episodi di distruzione o furto di proprietà dello
stato diminuirono del 51%: da 49 a 24.” Conclude che
“l’esperimento ha dimostrato, in modo abbastanza
convincente, che la supplementazione a dosi non
rischiose comunque può dare una riduzione significativa
della violenza e del comportamento antisociale nei
minorenni detenuti.”
I risultati preliminari delle attuali ricerche di Shoenthaler
hanno corroborato queste prime scoperte.
Sono necessari ulteriori dati.
I ricercatori che stanno studiando gli interventi a livello
dietetico per i bambini con disturbi comportamentali,
adolescenti disagiati e adulti antisociali sono esaltati dal
costante aumento di prove del fatto che questi semplici
accorgimenti possono avere un profondo impatto, ma
anche frustrati dalla mancanza di interesse da parte di
quasi tutti gli esponenti dell’ambiente medico.
“Sfortunatamente l’idea che il comportamento disturbato
e il crimine in particolar modo siano essenzialmente il
risultato di fattori sociali avversi è così profondamente
radicato nella società umana che coloro che tentano di
condurre studi sui fattori non sociali, come le diete

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carenti, si trovano davanti a un percorso pieno di ostacoli”
ha recentemente commentato il ricercatore Derek Bryce-
Smith. “I comprovati collegamenti tra alimentazione e
comportamento hanno una seria necessità di essere
trattati con urgenza, e che la loro importanza venga
riconosciuta”.
Fonti
"The role of diet and behaviour in childhood," J. Breakey,
Journal of Paediatr. Child Health, 33, 1997, pp. 190-194.
Indirizzo: J. Breakey, P.O. Box 8, Beachmere, QLD 4510,
Australia.
"Nutritional influences on aggressive behavior," Melvyn R.
Werbach, Journal of Orthomolecular Medicine, Vol. 7, No.
1, 1995.
"Nutrition and depression: the role of folate," Jonathan E.
Alpert and Maurizio Fava, Nutrition Review, May 1997,
Vol. 55, No. 5, pp. 145-149. Riferimento: Maurizio Fava,
fax 1-617-726- 7541.
"The role of folates in the diverse biochemical processes
that control mental function," T. M. Ortega, P. Andres, A.
Lopez- Sobaler, A. Ortega, R. Redondo, A. Jimenez, e L.
M. Jimenez, Nutr Hosp, Vol. 9, No. 4, July 1994, pp. 251-
256.
"Effects of dietary selenium on mood in healthy men living
in a metabolic research unit," W. C. Hawkes e L.
Hornbostel, Biological Psychiatry, Vol. 39, No. 2, January
15, 1996, pp. 121-128.
"The impact of selenium supplementation on mood,"
David Benton e Richard Cook, Biological Psychiatry, Vol.
29, No. 11, June 1, 1991, pp. 1092-1098.
"Relapse of depression after rapid depletion of
tryptophan," K. A. Smith, C. G. Fairburn, and P.J. Cowen,
The Lancet, Vol. 349, No. 9056, March 29, 1997, pp. 915-
919.
"Abstracts of early papers on the effects of vitamin and
mineral supplementation on I.Q. and behaviour," Stephen
J. Schoenthaler, Personal and Individual Differences, Vol.
12, No. 4, 1991, pp. 335-341.
"Crime and nourishment," Derek Bryce-Smith,
Perspectives, March 15, 1996.

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