Está en la página 1de 10
“LE ORIGINI ALL’ETA DI SILLA) eronologia del poeta si ripercuotono sullidentificazione del Livio Sali "il greco Andronico sia stato in qualche modo associato con la potente gens jue confermato dal fatto che nel 207 a. C, quando egli fu scelto per la compo- @l partenio, fosse console proprio un M. Livio Salinatore, probabilmente il figlio del pa- frono del poeta. Sit generalmente d’accordo nel credere che il poeta sia morto pochi anni dopo aver composto il Partenio: un indizio in questo senso é che, nel 200 a. C,, la composizione di un analogo carme espia- torio fu affidata a un altro poeta P.Licinio Tegula La citta di Taranto era famosa per una fervida vita teatrale, seguita con passione GRR) «a tutta la cittadinanwza (paticolae spicco ebbe la figura di Rintone che, al'nizio del II secolo a. C, diede forma letteraria ai «fliac», specie di farse burlesche con scene di vita quotidiana e parodia mitologica: p. 315). Non stupisce, dunque, che proprio da li pro- venisse il primo poeta latino attivo come drammaturgo e attore. Alcuni hanno guardato con sospetto alla notizia secondo cui egli sarebbe giunto a Roma come prigioniero di guerra (nella guerra tarentina del 280-272 a. C,,o nella secorida guerra punica secondo la cronologia di Accio): si potrebbe pensare alla creaéione di un «mito» biografico in cu il primo serittore latino, preda militare dei Romani e poi iniziatore della loro letteratura, realizzerebbe simbolicamente nella propria vicenda personale quel grande processo politico e culturale che Orazio (Epistulae, II, 1, 156) esprimera con la famosa for- miulazione Graecia capta ferum victorem cepit... (da Grecia, conquistata, conquistd il suo r02z0 vin- citore, e introdusse le arti nel’ncolto Lazion) La “TRADUZIONE ARTISTICA» IN Livio ANDRONICO en en ame Il ruolo di iniziatore che spetta a Livio Andronico nella storia della civilta lettera- tia latina si realizza nella invenzione della cosiddetta «traduzione artistica». La pratica della traduzione con valore tecnico-strumentale (nei rapporti diplomatici, nell’ammini- strazione, nella comunicazione di conoscenze-€ di saperi Specializzati, nella pratica scolastica) era Raturalmente familiare a varie civilta antiche: Ja novitd di Andronico @ di avere proposto la tra- duzione di-un testo letterario da una lingua all’altra come prodotto artistico, da fruire in sé piut- tosto che come semplice chiave di accesso all’originale. Le sue traduzioni non hanno intento di- vulgativo (non sono cioe semplicemente un modo di rendere accessibile a un pubblico Privo del- Te opportune competenze linguistiche i capolavori della letteratura e del teatro greco) e, se nascono nel contesto della scuola, non rappresentano un sussidio per scolari sprovveduti 0 svogliati (Ja > scuola romana @, fin dalla sua nascita, bilingue): esse si presentano, e sono sempre recepite da con- temporanei e posteri, come opere di poesia latina, destinate a soddisfare i bisogni artistici di un pubblico latino, e caso mai a offrire qualche materiale di educazione linguistica latina da affianca- re alle ricchissime disponibilita di testi letterari cui poteva attingere I’insegnamento del greco. Andronico aveva davanti a sé il compito di un pioniere: fissare un materiale linguistico le cui strut- Aure fonetiche, prosodiche, morfologiche e sintattiche non avevano ancora il solido ancoraggio di tuna trai aria, fondareo comunque provare scala schemi-ritmici le ca: Fatferistiche’det-tatino, selezionare una lingua poetica, esplorare la possibilita di artis in li- io tenario trocaico, avevano gia una tradizione latina e soprattuitto la poesia faecle ¢ tumnio oil settenatio trocaic e Toratoria potevano costituire un utile punto di riferimento linguistico), opera ordinalrice © spe rimentatrice di Andronico fu comunque di vasta portata esegnd una svolta epocale. La soluzione Livio ANDRONICO da lui adottata per diversi problemi tecnico-formali condiziond fortemente i suoi successori, sia nella tradizione del dramma che dell’epos. Nulla possiamo dire invece della poesia lirica liviana: si sospetta tuttavia che avesse carattere liturgico-romano piuttosto che modellarsi sull’esempio del- Ia lirica greca. L’«opusia» La traduzione dell’ Odissea in versi saturni inaugura l’epica latina: ce ne restano circa 35 frammen- ti, quasi tutti di un verso soltanto [> 12-16]. La scelta dell’Odissea piuttosto che dell'Iliade suggerisce un destinatario che si fa catturare da storie emozionanti, ricche di scenari e personaggi favolosi, di peripe- zie romanzesche e situazioni patetiche: lettori interessati a forzare le angustie di un ofizzonte provinciale e a lasciarsi affascinare da quel mondo nuovo, fantastico e avventuroso, che le storie di Ulisse potevano schiudere. II greco Andronico pensa (non senza buone ragioni, a giudicare per esempio da certi caratteri della tragedia latina arcaica) che a Roma possa attecchire Io stesso gusto romanzesco-patetico che informava largamente la contemporanea letteratura gre- ca ellenistica. L'interesse del pubblico romano poteva essere, per di piu, stimolato dal coinvolgi- mento dell’Occidente mediterraneo e dell’Italia nelle peregrinazioni di Ulisse (con il conseguente cortedo di leggende locali), nonché da certe consonarze tra I'argomento dell’ Odissea valori ideo- logici profondamente radicati a Roma: eroica capacita di sopportazione, attaccamento alla patria, funzione insostituibile del pater familias Come Zarda della casa. a versione manfeneva, con qualche adattamento fonetico, il titolo greco che or- SSRORMET | ovidenteniente Godeva Gi universale riconosciblita (Odusia sembra essere sta- ta la forma originaria, ma To troviamo citato anche nelle forme Odissia, Odyssia, Odyssea), mentre per quanto riguarda il nome dell’eroe, anziché la forma greca Odysseus, era preferita la forma «dia- lettale» italica Ulixes, che poi fu recepita da tutta la tradizione Tal FEL Odi, COME Por ancora il poema di Nevio 74), non era divisa in libri (la scansioné in libri degli stessi poemi omierici, opera dei grammatici alessandrini, si affermera definitivamente solo verso la meta del II sec. a. C.) e si discostava vistosamente dal suo originale per la forma metrica: invece del’esame- tf0, il saturnio, un verso di origine e caratteri molto discussi, e probabilmente anch’esso in ultima analisi‘di ascendenza greca, ma comungue radicato in una tradizione italica e comunemente sen- tito come 16]. Tradurre i nomi delle divinita greche con i no- mi delle corrispondenti divinita romane (Saturno-Crono, Nettuno-Poseidone, Mercurio-Hermes e cosi via) poteva anche essere scontato, ma Andronico ha messo al servizio di questo principio la propria dottrina lin- ‘guistico-etimologica e antiquaria, individuando ad esempio in Moneta (vd. moneo, memini, usato anche co- me epiteto di Giunone) I'equivalente latino della madre delle Muse, Mnemosyne (cfr. il greco mimndsko, «ri- cordo»), o immaginando che l’omerica Moira (la «quota» che spetta all'individuo, il suo «destino», in parti- colareil «destino di morte») potesse essere sostituita con V'antica dea profetica Morta (accostamento suggerito anche dall‘assonanza con mors): La pitinota di queste equivalenze attribuibili alle escogitazioni di Androni- coha un evidente valore simbolico, perché cerca un sostituto romano-italico per la dea ispiratrice della poe- sia: la Musa di Omero diventa in Andronico la. Camena. Come le Muse erano connesse alle fonti sacre del ‘monte Blicona, anche:le Camenae — 0 Casmenae — erano ninfe delle acque e il loro nome veniva connesso etimologicamente a cano («cantare») e a carmen. + ALLE ORIGINI ALL’ETA DI SILLA) ei'stinoistati conservati corrispondono con apprezzabile re- ginale:-Andronico seguiva dunque da vicino il poema ome- ariente-a:riprodurre, con mezzi espressivi diversi, i singoli ele- . edistile, scavando nelle parole con competenza di grammatico e di filologo. Se fra idestinatari-del suo poema dobbiamo immaginarci lettori affascinati soprattutto dal racconto, c’® perd da dire che il testo prevede anche un lettore diverso, capace di «controllare» la versione sul- Yoriginale, dotato di conoscenze e di competenze linguistiche e letterarie sufficienti a fargli ap- prezzare la dottrina e i virtuosismi tecnici di un poeta di «moderna» formazione ellenistica. Una traduzione di questo tipo presupponeva nell’autore (e almeno in parte anche nel suo pubblico) un vivo interesse filologico-grammaticale per I'interpretazione corretta del testo: uno dei frammenti dell’ Odusia traduce un/ambigua immagine omerica inglobando nella traduzione l’esegesi e la parafrasi che trovava proposta nelle annotazio- ni («scolii») di filologi greci; in altri casi, modificazioni e aggiunte esplicative rispetto all‘originale attingono ad altri luoghi dello stesso Omero («spiegare Omero con Omero» era appunto un prin- cipio fondamentale della filologia alessandrina). ‘Un esempio significativo (¢ quasi 121: virum mihi, Camena, insece versutum («l"'uo- 5 ‘mo cantami, o' Catena, Versatile»). C’® corrispondenza precisa col primo verso dell Odis- ‘sea non solo nelle singole parole, ma in larga misura anche nell‘ordine delle parole (con la insolita separa- Zione-dell'aggettivo versuitum dal suo sostantivo virum), ed & puntiglioso lo sforzo di aderire alle sfumature ‘inguistiche e stilistiche del! originale: il greco énmepe («canta») in Omero era voce rara, usata solo nella tra- dizione epica, e Andronico la rende con il gia arcaico insece, che ne riproduce la prosodia e la struttura foni- co-liniguistica; Vomierico poljtropon («dal vario ingegno») viene tradotto con versutum («versatile» e dunque (p. 66): l'intenzione era quella di ricalcare in modo ben riconoscibile un esor- dio notissimo. Una vistosa novita & perd la sostituzione della Musa omerica con la Camena, divinita ita- lica della poesia (p. 65). Il nome veniva connesso etimologicamente a canere («cantare») e a carmen (da can-men), «il canto», ma anche, come si @ visto, la formula sacra, il vaticinio. Attraverso la Camena Li- vio aderisce dunque al modello culturale arcaico che tende ad attribuire a chi pronuncia il carmen un ruo- lo sacrale-sapienziale di vate, di profeta della comunita. ‘Semmmcemeeet Fr. 1 Mariotti Virum mihi, Camena, insece! versutum? cantami, o Camena, versatile. m13 LA PAURA DI ULISSE ’ Ihsenso.di-angoscia.che afferra Ulisse in momenti drammatici 2 espresso da Omero (in Odissea V, 297 in altri:passi), con queste parole: «e allora di Ulisse si sciolsero le ginocchia e il caro cuore». In questo ca- so Livio Andronico, con gusto per la variazione forse ereditato dalla cultura alessandrina, si compiace di modificare Voriginale: in Iuogo dello «scioglimento>, introduce il motivo quasi opposto del «gelo che ser- ra il cuore» (anch’esso di matrice omerica: Hiade V, 596). Virgilio nell’Eneide, memore sia di Omero che ai Libié Andronico, condenser le die iimaginiin una (1, 92: Aeneae solvuntur frigore membra). memos Fr, 30 Mariotti {git demum Ulixi cor frixit? prae pavore 18 Ulisse il cuore si serrd nel gelo 14 L’UOMO-E IL MARE Ulisse; approdato allisola dei Feaci, viene accolto a banchetto dal‘re Alcinoo: dir certo ‘punto é-convitati esconto'dalla reéggia per ammirare i giochi sportivi a cui i giovani dell'isola danno vita’ per onorare I'ospi- te: Alla fine Laodamante, figlio del re; invita Ulisse a cimentarsi in qualche gat: il sto corpo'rivela vigo- re'di gioventis sebbene Ia furid del mare lo abbia duramente provato. Questi tre versi Liio'Andronico corrispondono ai due versi omerici che contengono la riflessione finale di Laodamante'(Odissea,, VIII, 138 s.): «lo dico che non c’? niente di peggio del mare / per conciar male un uomo, anche se 8 nolto forte» (trad. ‘L Imperativo del raro verbo arcaico inseco («dico», «canto») che ha la stessa radice indoeuropea, Vanalogo prefisso, la stessa prosodia e lo stesso profilo fonico del verbo usato da Omero alt inizio dell Odisser: Vimperativo énnepe («canta»). 2. L’aggettivo contiene la radice del verbo verto, che ha lo stesso senso del verbo greco trépo («volgere>), dalla cui ra- dice deriva il corrispondente aggettivo omerico polytropos: Ulisse @ uomo dalle mille tisorse, accorto, che sa volgere va- riamente il suo ingegmo, 1+ 1. Notare il gusto per | gioehi fonici: Ia sequenza Ulixi cor frit «imitas iPS Bice det organo vitale che si contrae in una motSa'di ghiacc ME vo nnonomcs 68 di Rosa Calzecchi Onesti). Appare evidente la tendenza del traduttore a gareggiare con l‘originale, accen- tuandone l'espressivita attraverso l'espansione delle immagini, la rica aggettivazione, la scelta di verbi di suono aspro e senso materiale forte: dove Omero diceva semplicemente «mare», Andronico rende coin «ma- re crudele» e «onde impraticabili», mentre al verbo omerico syncheo (propriamente «versare assieme», «di- struggere confondendo») viene fatta corrispondere una coppia di verbi (macero, «disfare nell'acquax, par- ticolarmente adatto all‘azione del mare e confringo, «spezzare», che ne accentua la drasticita). Nel testo latino 2 soppressa la dichiarazione in prima persona (aio dico che...»): la sequenza omerica di proposizione principale e subordinata ® divenuta una coppia di frasi coordinate (struttura preferita dalla poesia latina arcaica), di cui la seconda ripete, variandolo, il concetto espresso dalla prima. nomenon Fr. 9 Mariotti namgque nullum peius macerat humanum! quamde? mare saevom: vires cui sunt magnae, . topper? confringent importunae undae. ite di peggiore tormenta I'uomo re crudele: colui che ha grandi forze g ben presto spezzeranno le onde ticabili. pis EUMEO E ULISSE Trathirre «artisticamente> (pp. 64 s.) significa anche ricercare effetti patetici che, evidenziando momenti cruciali del racconto, ne sviluppino le potenzialita drammatiche: cid pud produrre, talora, una forzatura delt'originale. Quando nell'Odissea il porcaro Eumeo lamenta la sorte dell'amato padrone Ulisse, senza riconoscerlo nel misterioso interlocutore che gli sta davanti (XIV, 133 ss.: «ma il desiderio del lontano Ulis- se ini-soggioga»; trad. di Résa Calzecchi Onesti), il lettore apprezza lo spessore emotivo della scena in cui il servo supera, ignaro, la prova della sua fedeltd. Livio Andronico va oltre: facendo in modo che Eumeo (proprio davanti allo straniero che non ha ancora riconosciuto) si rivolga idealmente al padrone creduto lontano, egli suggerisce per un attimo V'impressione che il servo abbia riconosciuto Ulisse! ee ti ho dimenticato, caro figlio di LA ROMANIZZAZIONE: I NOMI DEGLI DEI nites — Fr. 16 Mariotti neque tamen te oblitus sum Laertie noster! r1é6 La traduzione dei nomi degli dei omerici con quelli delle figure corrispondenti nel mondo religioso roma- no non @ un semplice procedimento di sostituzione, ma si rivela anch’essa sede di novita (od. anche 12 per Musa/Camena). Livio tende a variare gli epiteti che trovava nel modello, talora ampliandoli in una pe- rifrasi che risente del gusto per Te lunghe formule di culfo (come nel fr. 5: tn saturnio intero di soli epite- ti, senza il nome). Altrove (frr. 12 e 25) egli coglie Voccasione per vestire i panni del poeta grammaticus ed esibire la propria erudizione linguistica o antiquaria (p. 65). 1. Alla leiera: «essere umano»; Vaggettivo sostantivato hu- ‘anus, in-uso soprattutto nella poesia arcaica,sottolinea,ri- spetto a‘hom, i limite la fragilita della condizione umana: 2.Fonttia ampliata di quam (+ de) i uso‘arcaico. SeaAwverbio arcaico (da un dimostrativo neutro tad + per), significa «rapidameriter. 4. Letteralm. 'aggettivo significa «che allontana dal porto», cio’ «avverso alla navigazione> od 1 Imome del padrone @ sosttuito dalla perifrasi Laerte no- ster, isolata in ‘ella seconda parte del verso. Cid esata Vafféttivita dell'evocazione. ‘sanicta puier Saturn filia regina! sarge soemmememememst Fr. 12 Mariotti MONETA Nam diva Monetas filia docuit? mmm Fr. 19 Mariotti Glove pater noster, Satuimi fil wemmcemsmmet Fr. 25 Mariotti MoRTA quando dies adveniet quem profata Mortat est TRAGEDIE >17 «AEGISTHUS» (Bea act, figtia di Saturno, regina? [Tate iy istru ta dea, figlia di Moneta? [Baaienssic, figlio di Saturno...° | qlando verra il giomo che Mortat ha predetto Lfargomento di questa tragedia, di cui conserviamo vari frammenti, era gid stato trattato da Eschilo nel- VAgamennone, ma Livio Andronico si basava su un modello posteriore. Il dramma doveva culminare nel- Vassassinio (non messo in scena, ma raccontato) di Agamennone, che, reduce dalla guerra di Troia, fu uc- ciso dalla moglie Cliteminestra e dall'amante di lei, Egisto. Questo brano e il successivo si riferiscono a mo- ‘menti vicini tra loro: prima della partenza dei Greci da Troia e durante la navigazione. Se & valido il confronto con una scena dell’ Agamennone di Seneca, i due frammenti potrebbero aver fatto parte illo stesso discorso. Si noti nel primo brano la reiterata allitterazione della p. Metro: enarigiambici 1, Giunone, figlia di Saturno (analogo al greco Crono), quin- di sorellae sposa di Giove (Zeus). Notare il pleonasmo puer ~ filiae Y'uso arcaico di puer al femminile. Sviluppo di Ome- 10, Odissea, IV, 513: «venerabile Era». 2, ll nome Moneta (osserva qui la desinenza arcaica del ge- nitivo in ~s) 2 ticollegato, attraverso lastessa radice di mo- neo e memini (ammonisco», «ticordo»: p. 65); alla-greca Mnemosyne; dea della memoria, che'si uni a Zeus per gene- rare lenove Muse: Lit, Andronico trachuce il testo di One: 10 int ‘gor spirito-érudito secondo Vattitudine ei poet-ilolog elleistci Gir. Omero, Odisse VI, 480: «<.perché la Musa / insegné loro i canti> trad. di Rosa Cal- zecchi Onesti. 43. Clr. Omero, Oalissea, I, 45 e altrove: «6 padre nostro, figlio 4di Crono»: & questa I'unica attestazione del vocativo in -e (anziché in ~) peri sostantivi in -ius della 2* declinazione. 4, Moria, antica-divinita-ptofeticaitaica-(e non, come alci- ni sostengono, deputata:al:cotitrollo dei destini umani), & arbitrariamente accostata alla greca’Moira (p.65),dea del de- stino, probabilmente perilvicinartza;con mors: Cfr. mero, Odtissen; TH, 23706.:nel- giorno’ che Moira funesta di morte lungo strazfo‘lo colga» (trad. di Rosa Calzecchi Onesti). smecmmmmnnne Trg. 2-4 Ribbeck* DOPo LA FINE DI TROIA... pains -quando Pergamo! fu incendiata e venne equamente diviso ti. Nam ut Pergama! accensa et praeda per participes aequiter partita est «+ | GRECI NAVIGANO VERSO LA PATRIA La scena riflette lo stato d’animo lieto dei naviganti, ansiosi di ritrovare, dopo lunghi anni di guerra, i luo- ghi cari e gli affetti per lungo tempo abbandonati. Il quadro gioioso del musicale corteo dei delfini non la- scia ancora presagire alcuna delle omibre che si addensano sul destino del re. Trag. 5-6 Ribbeck Tum autem lascivum Nerei simum pecus? ludens ad cantum® classem lustratur. illascivo gregge camuso di Nereo?, al canto’, fa il giro intorno alla flotta. m18 «AIAX MASTIGOPHORUS»: CADUCITA DELLA GLORIA II frammento contiene una delle piit belle similitudini «stagionali» (quelle cio? che paragonano il muta- ‘mento delle sorti umane all’avvicendarsi dei periodi dell’anno) della letteratura antica, degna di stare ac- canto alla celebre comparazione omerica (Iiade, libro VI) tra le stirpi degli womini e le foglie. Il confron- to con un passo dell’ Aiace di Sofocle (cui V'epiteto Mastigophorus, «armato di frusta», fu forse applica- to per la prima volta da qualche filologo alessandrino) fa ritenere che queste parole intrise di amarezza venissero pronunciate da Teucro, fratellastro di Aiace, in un discorso di fiera protesta contro Agamenno- ne, nella cui figura si incarna l'immagine inumana e impietosa del potere: un iniquo oblio @ caduto sulle grandi gesta di Aiace, che avrebbero meritato a lui solo tra i Greci l'onore di ricevere le armi del defunto Achille, toccate invece ad Ulisse (Vatroce umiliazione causd la follia e la tragica morte dell’eroe). Metro: senar giambic ome Trg. 16-17 Ribbeck Praestatur laus virtuti , sed multo ocius lode al valore, ma molto pitt in fretta verno gelu tabescit. 1L Ilnome indica la occa di Troiae viene comunemente este- so alinteracitta, 2.1 elascivo gregge camuso» & quello dei delfini; Nereo ivinita del mare, figlio di Oceano e padre delle ninfe Ne- reidi. 3. La particolare sensibilita dei delfini peril canto (ess stes- edi primavera essa si scioglie. si sono, in certo qual modo, cantori) @ nota alla tradizione letteraria almeno a partire dal mito (raccontato dallo stori- 0 greco Erodoto, V sec. a.C.) del musico Arione di Lesbo che, durante un viaggio per mare, si salvo dai briganti bal- zando sulle onde in sella ad un delfino ammaliato dal suo canto, =~ * DAL «GLADIOLUS» L'unico frammento pervenutoci di questa commedia, anch’essa di probabile derivazione greca (lo «spadi- no» fa pensare a un titolo attestato per Menandro e Filemone), & un settenario trocaico in cui un perso- naggio sembra rivolgersi in tono canzonatorio al protagonista, una sorta di precursore del Miles glorio- sus plautino (p. 95), che si & vantato di aver ucciso molti nemici. ||, Com. 1 Ribbeck Pulices an cimices an pedes'? Responde mihi. (Bain. “pul, cimici o pidocchi"? 1. Unrsimile:elenco, teso a suscitare l'ilarita’del pubblico, _re, cimici, pidocchi e puldi». ritoma in Plauto, Curculio, v. 500: «come mosche, zanza- ant wi La viTa Di originé camy i Gneo Nevio ricordava egli stesso nel Bellum Poenicum di aver combattuto nella prima guerra punica (che st concluse nel 241 a. C.): sara dunque nato prima del 260. Sappiamo che nel 235 fece rappresentare la sua prima Opera teatrale, cominciando cosi una car- riera che lo portd ad affermarsi come il pid importante poeta drammatico a Roma prima di Plauto. Al centro della sua biografia sono le notizie relative ai suoi contrasti con la potente famiglia nobiliare dei Metelli: ci é tramandato un senario (appartenente, probabil- et mente, a una commedia) che giocava su un polemico doppio senso: Fato Metelli Romae fiunt consules, «i Metelli sono eletti consoli a Roma per volere del fato» op- pure «per la rovina di Roma», 0 ancora «per caso» e quindi «senza merito». A questo attacco i Me- telli avrebbero replicato con un saturnio (Malum dabunt Metelli Naevio poetae, «i Metelli la faranno pagare al poeta Nevio»), che & un monito, insieme minaccioso e ironico, contro le intemperanze verbali del poeta. Un altro indizio del suo carattere polemico e della libera lingua che gli antichi gli attribuivano @ ri- cavabile da un frammento di commedia, nel quale si alluderebbe a un poco onorevole episodio della vita del giovane Scipione. 11 frammento (108 ss. Ribbeck) @ citato da Gellio, il quale identifica appunto, nel giovane sorpreso dal padre in una imbarazzante situazione «da commedia», il futuro Africano (le cui gloriose imprese sarebbero qui pa~ rodisticamente esaltate in un linguaggio che richiama lo stile solenne e sonoro degli elogia funebri): «anche colui che tante grandi imprese ha compiuto col suo braccio, coprendosi di gloria, 'uomo le cui gesta vivono ora il loro pieno splendore, che solo ha fama tra le gent lo portd via suo padre da casa dell’amica, coperto del solo pallio». Se, come aleuni pensano, fosse davvero il poeta quel Nevio sul cui nome I’Africano aveva costruito un aggressivo gioco di parole (citato da Cicerone, De oratore, II, 249: quid hoc Naevio ignavius?, «co- sa c’ di pitt ignavo di questo Nevio?») anche in questo caso ci sarebbe conservata una specie di replica da parte di Scipione. FRRERREATE Colo il 3,15) niferisce che a causa della sua bert di inguaggio Nevio avreb- be conosciuto perfino il carcere, riconquistando poi la liberta grazie a una specie di ravvedimento (ma sull‘attendibilita di questa notizia gravano molti dubbi). In una commedia di Plauto (Miles, 210 ss, si parla di un poeta barbarus (cio® latino) «che se ne sta sempre col ‘mento puntellato sul gomito, sotto la stretta sorveglianza di due guardianiv. In questo poeta incarcerato e co- stretto al silenzio, molti hanno appunto voluto vedere Nevio (anche sulla base della notizia di Festo, gram- ‘matico del IF-II sec. d. C., secondo cui Plauto avrebbe usato:espressione poeta barbarus a proposito di Nevio). {GBF Moria Utica, in Africa, dove, secondo san Girolamo, si trovava in esilio «ad ope- ra del partito dei nobili ¢ soprattutto di-Métello» (questa dell’esilio va probabil-

También podría gustarte