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Cornelio Fabro

Opere Complete

a cura del Progetto Culturale Cornelio Fabro,
dellIstituto del Verbo Incarnato

* * *

Volume 6

Percezione e pensiero

a cura di Christian Ferraro













Prima edizione: Vita e Pensiero, Milano 1941
Seconda edizione riveduta: Morcelliana, Brescia 1962

Terza edizione e prima nella serie delle Opere Complete: 2008

2008 Editrice del Verbo Incarnato
P.zza San Pietro, 2 00037 Segni (RM)
info@edivi.com

Propriet intellettuale:
Provincia Italiana S. Cuore (PP. Stimmatini)


PREFAZIONE


Lindole di questo lavoro esige alcuni precisi schiarimenti. La scissione nel pensiero moderno fra
percezione e pensiero opera, come si sa, di Cartesio, quando questi pens di opporre materia e spirito, corpi
composti ed enti semplici spirituali. Da essa sono venuti, per diretto tramite, da una parte il cosiddetto
principio dellassociazione, e dallaltra per necessario riflesso il celebre principio della autonomia
secondo quel significato e quella portata caratteristica che esso ebbe, senza contrasti, nella filosofia moderna.
Qualora quel primo principio risultasse infondato, ci si potrebbe chiedere quali conseguenze verrebbero alla
posizione stessa del problema della conoscenza e alla concezione della realt in generale, se le posizioni
moderne, prima fra tutte quella idealista, suppongono con Kant come punto di partenza il secondo principio.
La fenomenologia sperimentale contemporanea ha raccolto in tutti i campi dovizia di argomenti contro il
principio dellassociazione; perci essa ha rigettato il dualismo cartesiano ed tornata alla connessione
naturale, ovvero inscindibilit, di percezione e pensiero, di concreto ed astratto, di materia e spirito:
unautentica rivoluzione adunque! Valga quello che valga, tale limportanza dei problemi nuovi che essa
pone che non pu essere pi ignorata. Come la fenomenologia abbia operato tale rivoluzione, quali siano i suoi
metodi ed i suoi risultati, stato detto con particolare diligenza ed ampiezza in altro volume, La fenomenologia
della percezione, di cui il presente vorrebbe essere la continuazione dal punto di vista,| non pi fenomenologico,
ma strettamente speculativo. Poich il limitarsi a respingere quel principio sulla base dei fatti e laffermare
quella connessione prima impugnata, pu costituire un reale progresso, ma questo resta sempre precario fin
quando non si mostrino le vere ragioni per cui quel principio angustiava la vita dello spirito, quali siano i modi
e le tappe della connessione che si vogliono riaffermare fra percezione e pensiero; e come il nuovo principio od
i nuovi princip che hanno da soppiantare lantico, soddisfino a tutte le esigenze alle quali esso invece
sarrestava, senza tuttavia rinunciare ad alcuno dei vantaggi che quello pur doveva offrire. La fenomenologia
descrittiva certamente indispensabile alla posizione dei problemi, ma da sola non ne risolve alcuno: o meglio
essa acuisce il vero interesse dei problemi, prospetta litinerario da seguire, ma non lo pu percorrere perch
ci oggetto dinterpretazione e non pi di descrizione. Il presente volume sorto da quellinteresse e vuol
percorrere litinerario suggerito dalla nuova Fenomenologia per uninterpretazione dinsieme degli oggetti,
degli atti e delle funzioni della conoscenza. Insoddisfatto delle acquiescenze e degli accostamenti generici, sono
passato ad unelaborazione sistematica dei problemi, non pochi e non lievi, che la ripresa di quella
connessione sollevava, almeno per me, senza arrestarmi o nascondere a me stesso le asperit del cammino. Del
resto lindole ed i var aspetti del problema sono stati delineati con ampiezza e sincerit tanto nellIntroduzione
come nella Conclusione del volume citato (Sezione III, c. VIII, 4), a cui mi permetto di rinviare come
allIntroduzione obbligata anche di questo volume. Devo tuttavia fissare brevemente alcuni punti elementari e
sostanziali.

* * *

Ecco un caso tipico di percezione: Mi affaccio alla finestra e vedo una casa, un albero, il cielo.... La
candida espressione grammaticale, cos semplice nella struttura e cos immediata nel significato, non deve
trarci in inganno. Il fatto percettivo, immediato ed anche semplice come atto, lo di meno, o lo diversamente,
come oggetto. Si sa infatti che lal|bero un tale oggetto; esso consta di un tronco che sorretto dalle
radici; esso si espande in rami i quali, se la stagione lo comporta, sono coperti di foglie ed anche di fiori o di
frutti. E si noti che questa complessit di contenuti, entro un unico oggetto di percezione, invece di nuocere,
rafforza la persuasione che ho di trovarmi di fronte ad un oggetto ben determinato, di percepire un albero, non
un gatto od una gallina. Possiamo dire allora che la percezione lapprensione di un oggetto unificato.
Lalbero consta di tronco, rami, foglie... Lalbero, che ora percepisco, ha una propria configurazione, pi o
meno simmetrica ma caratteristica della sua specie. La configurazione di una quercia non quella di un salice
o di un pioppo. Ed una propria configurazione lhanno pure il tronco, i rami, le foglie della quercia, che non
la configurazione del tronco, dei rami e delle foglie di un salice o di un pioppo, ed per questo che posso
rendermi conto di trovarmi di fronte ad una quercia e non a qualsiasi altro albero. La percezione pertanto
lapprensione di un complesso configurato.
Ma non potrei mai percepire la configurazione di un albero e delle sue parti, se lalbero nel suo complesso e
ciascuna sua parte non mi apparissero cariche di determinato tono di colore o di ben appropriate variazioni
cromatiche: poich locchio non vede che colori, o figure colorate se si vuole, mai figure pure, e tanto
meno oggetti puri. La percezione allora anche lapprensione di un oggetto qualificato.
Lalbero che vedo, stando alla finestra, un oggetto ben determinato nel campo dellesperienza; esso ha
una configurazione caratteristica tanto del tutto come delle parti, la quale si fa sempre presente con certi toni
di colore... Come lalbero in s realizzi una unificazione di princpi costitutivi, come esso si espanda allesterno
con una propria configurazione, e come questa si rivesta di colori per battere alle finestre dei nostri sensi,
sarebbe quanto mai utile saperlo e costituisce indubbiamente un problema, od una serie di problemi, di alto
interesse. Tuttavia ora, almeno per me, assai pi interessante il poter rendermi conto come i colori e le
qualit che vengono dai| corpi battano alle finestre dei sensi e si facciano in essi presenti; come si delinei
parimenti in essi la configurazione delle foglie, dei rami, del tronco e dellalbero nel suo insieme; come infine
la coscienza avverta di trovarsi di fronte ad un albero e non ad un gatto, e ad una quercia e non ad un salice.
Anche questi sono certamente dei problemi, ma per essi io posso dire di trovarmi ormai orientato; se, rispetto
ai primi, presi nella loro assolutezza, io non ho n remi n vele per potermi ad essi avvicinare; per i secondi
listanza non vale, perch io mi trovo gi a contatto con gli oggetti e non abbisogno neppure di remi o di vele.
La certezza del contatto sorge e si testifica nella stessa esperienza per la quale, affacciandomi alla finestra,
dico di vedere una casa, un albero, il cielo.... Qui sono testificati ad un tempo il darsi delloggetto al
soggetto e lattuarsi del soggetto nelloggetto con unimmediatezza che non ammette ritorsioni. Non v dubbio
che loggetto ha una propria natura, ed una non meno propria lha anche il soggetto, ed non meno certo che
luno non pu essere una mera funzione dellaltro: questo potr essere un postulato di qualche metafisica, ma
di esso la Fenomenologia ha tutto il dovere e linteresse di non tenere alcun conto. Daltra parte il fatto stesso
che nella percezione, e nella conoscenza in generale, soggetto ed oggetto sono detti incontrarsi e passare luno
nellaltro, tale incontro e tale passaggio potrebbero contenere, per una coscienza vigile e una mente ordinata,
assieme ai contenuti anche i criter di valore ed i princpi per la stessa interpretazione teoretica a cui si vuol
arrivare. Problemi gnoseologici e problemi metafisici si condizionano indubbiamente gli uni gli altri, ma non si
sa perch gli uni debbano e come possano precedere, nel loro complesso, il complesso degli altri. Piuttosto
essi nascono insieme entro una identica esperienza o Erlebnis, per procedere poi ad una soluzione nella
quale, secondo il proprio particolare aspetto, gli uni restano lo sfondo, il sostegno ed il fondamento della
posizione e della soluzione degli altri. Atteggiamento questo certamente poco allettante per i ricercatori
frettolosi, ma pi ligio e fedele a quella stessa esperienza pura a cui pure tutti pretendono di far appello.|

* * *

Quando dico Io vedo un albero, la casa, il cielo... mi riferisco ad un fatto noto a tutti e che ciascuno in
grado di realizzare per suo conto quando voglia: giovani o vecchi, europei o papuasici, filosofi o uomini della
strada. Esso era un fatto noto ai tempi della preistoria, non diversamente di quanto lo oggi e di quanto lo sar
per i secoli dei nuovi lumi da venire: alla sera gli uomini tornavano, tornano e torneranno alla caverna, alla
capanna, alla casa ospitale e non le scambieranno come non le scambiamo noi, n la scambiarono coloro che
ci hanno preceduti con gli alberi o con il cielo o con qualsiasi altro oggetto. Si vuol dire che gli oggetti si
segregano in modo autonomo nel campo dellesperienza e per ogni coscienza matura, in ogni forma di
civilt, essi sono allo stesso modo ci che sono una volta per sempre.
Siamo per sempre di fronte ad un fatto, ed il fatto sar un punto di partenza, od anche un punto di
arrivo, ma, come tale, esso non costituisce mai una spiegazione. Poco fa si visto che il dato, presente nel
fatto percettivo, non in realt cos semplice e trasparente nel contenuto come nella vita vissuta a molti pu
apparire: infatti un oggetto unificato, un oggetto configurato, in quiete od in movimento, un oggetto
qualificato. E tutto questo si pu mettere in evidenza con la sola indagine fenomenologica, senza far ricorso ad
alcun principio sistematico: si tratta quindi di semplice constatazione, non ancora dinterpretazione. Tuttavia,
ora, con lammissione esplicita dei piani oggettuali, il percepire non pu essere lasciato un puro fatto, ma
si pone necessariamente come problema. Cosa infatti pu restare dellunit delloggetto con lammissione di
tre piani e ciascuno a s isolato nel proprio contenuto? Si dir che tali piani non dnno che la frammentazione
di aspetti di un contenuto semplice, nel quale i contenuti var e molteplici sincontrano e sidentificano? Ma
anche questa ipotesi o ignora il problema, o fa appello per la sua riduzione a princpi sistematici di cui la
Fenomenologia non deve tener conto, perch la sua posizione assolutamente| iniziale e non tollera
inframmettenze. Non resta quindi che di riconoscere francamente che i tre piani oggettuali sono, ciascuno nel
suo ordine, eterogenei e perci inderivabili, cosicch non lecito concepirli articolantisi in modo continuo, n
tanto meno suscettibili di assorbimento luno nellaltro.
Ma la eterogeneit di contenuto, nei piani oggettuali, non significa una estraneit reale oppure, e meno
ancora, una incompatibilit. Al contrario, nella percezione essi sono dati sempre insieme per la costituzione di
un oggetto unico di apprensione immediata: ogni corpo percepito secondo una certa figura e non possibile
lapparire di una figura che non abbia colore: bench non sia necessario che un corpo abbia sempre la stessa
figura, n che una figura appaia sempre con gli stessi colori. E ci che maggiormente sorprende si che nella
percezione io mi rendo conto di afferrare immediatamente e simultaneamente tutti e tre questi piani o
strati oggettuali. Si fanno essi presenti non come disparati o estranei luno allaltro, ma secondo un carattere
innegabile di unificazione oggettiva la quale sottintende, e si fa anzi evidente nel suo stesso presentarsi, come
unappartenenza reale di contenuti molteplici ad un solo oggetto. A questo modo la molteplicit ed eterogeneit
dei piani oggettuali esige di essere riconosciuta quale una unit oggettiva, a patto che questa a sua volta
possa essere concepita come una unit di molteplicit, non di semplicit. Parlare di una unit di
molteplicit, a partire dalla constatazione dei piani oggettuali, non pu avere alcun senso se non si suppone
che i dati iniziali, caratteristici di ciascun piano, vanno soggetti nello sviluppo della coscienza individuale ad
un qualche processo costruttivo, il quale porti a quella unificazione, oggettiva e fenomenale ad un tempo, che
vissuta in ogni atto di percezione. Su questo punto, occorre riconoscerlo, Kant vide profondamente; ma per il
fatto che egli poi fece ricorso ad un principio unificante che trascende la coscienza individuale da una parte, e
dallaltra preso comera dallanalisi humiana dellesperienza si fiss nel presupposto che i princpi della
sintesi e dellordine percettivo non potevano essere immanenti ai dati, la sua solu|zione resta su di una linea di
considerazioni che non hanno alcun riscontro nella Fenomenologia e sulla quale noi, almeno per ora, in
omaggio al nostro metodo, non lo possiamo seguire. In realt Kant, nonostante le sue migliori intenzioni,
stato la vittima pi celebre del deprecato dualismo cartesiano.

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Lespressione Io vedo la casa, lalbero, il cielo... stata occasione in passato, e lo ancora per molti, di
scandalo insormontabile. Io vedo colori, od al pi figure colorate. Io concepisco, non vedo, lalbero, la
casa, il cielo: io non li vedo, ma vedo soltanto superfici qualificate a cui la mente per suo conto e con i suoi
mezzi attribuisce, sotto opportune cauzioni, il carattere di realt e di sostanza.
Fedeli al nostro principio metodologico di non subordinare i dati immediati della Fenomenologia ad alcun
principio sistematico, noi riteniamo che il fatto che ciascuno di noi prova di vedere la casa, lalbero, il
cielo... insormontabile, che non suscettibile cio di alcuna mediazione: il Realismo che volesse essere
critico per questa via, rischia, a nostro parere, di non poter esserlo mai. Osserviamo anzitutto che si dice:
io vedo..., e non: locchio vede la casa, lalbero, il cielo. Bench il soggetto intelligente non realizzi il
contatto con la realt esteriore che attraverso i sensi, non sono propriamente i sensi che si mettono a contatto
con la realt profonda e la sostanza come tali.
Lattribuire al soggetto intero, alla persona, la percezione ovvero lapprensione immediata della realt,
vuol dire almeno queste cose: a) che la percezione della realt leffetto immediato della messa in atto di
tutte le facolt apprensive, sensitive ed intellettuali, ad un tempo; b) che tale apprensione complessiva ha da far
capo ad un principio di ordine e di organizzazione, il quale in ultima istanza non pu venire che dallintelletto;
c) infine che lintelletto ad apprendere propriamente la realt e la sostanza concreta: non per lintelletto
astratto che attende agli intelligibili puri, ma un intelletto che| pu applicarsi e continuarsi, nelle sue funzioni,
con i sensi. Anche qui Kant vide profondamente: se non che presso di lui lapplicazione dellintelletto alla
sensibilit resta, nel contenuto e nei princpi che la regolano, estranea alla sensibilit, ai suoi contenuti ed ai
suoi princpi. Kant, vero, escogit, per colmare lo hyatus, la funzione intermediaria degli schemi: ma per il
fatto che anche gli schemi sono ricondotti alle funzioni delle categorie a priori, restano anchessi confinati a
priori e non possono esercitare alcuna mediazione. La quale possibile soltanto quando si ritenga che gli
schemi, secondo i quali si organizza la esperienza, non sono estranei allesperienza stessa, ma nascono in
seno al suo divenire.
Allora si pu concludere che la percezione una certa qual sintesi di sensibilit e di pensiero. Meglio
ancora, pi che parlare di una sintesi che sa troppo di estrinsecit, diciamo che la stessa percezione un
pensiero, non puro astratto per, ma in quanto oggettivato immediatamente nei contenuti sensibili; un
pensiero che incorpora a s lesperienza. Per questo stato giustamente detto che il momento essenziale
nella percezione la incorporazione del significato (Michotte). La percezione pertanto non n sensazione
pura, n pensiero puro; ma piuttosto essa un pensiero vissuto, al quale per non pu essere estraneo lo
stesso pensiero puro, e senza del quale non possibile alcuna forma di pensiero puro. questa immanenza
dellastratto nel concreto, e la corrispondente incorporazione delluno nellaltro, che rendono possibili per noi
tanto il pensiero come la percezione. La immanenza perci, di cui si parla, non pu essere un effetto n
dellesperienza, n di una deduzione a priori del pensiero, poich per la Fenomenologia essa esprime appunto
la legge di sviluppo tanto della percezione come del pensiero: in altre parole, non v percezione senza qualche
pensiero (implicito), e non v barlume di pensiero senza un qualche riferimento a contenuti di percezione
(conversio ad phantasmata). Quando dico pertanto io vedo la casa, lalbero, il cielo..., non si tratta n di
unespressione metaforica, e neppure di unestensione illecita del linguaggio: lespressione, oltre che essere la|
affermazione di un fatto evidente, porta in s e rivela la condizione imprescindibile per lesercizio della
conoscenza umana come tale. E se lespressione pi adeguata quella di io percepisco la casa, tuttavia
poich la percezione non una conoscenza di contenuto semplice, e perci non leffetto di una unica funzione
di coscienza, ma una conoscenza complessa alla quale collaborano tutte le funzioni apprensive, ciascuna
secondo un compito speciale non improprio il dire che anche lintelletto percepisce la casa, lalbero, il
cielo. desso infatti, e non altri, ci che costituisce in noi la suprema unit di coscienza per cui resa
possibile la integrazione, in un solo oggetto, dei diversi strati oggettuali, e si opera la subordinazione in un solo
atto delle diverse funzioni apprensive. E neppure del tutto impropria la stessa espressione: i miei occhi
vedono la casa, lalbero, il cielo..., poich di fatto sono ben gli occhi che vedono ed perci soltanto per
loro mezzo che il pensiero si pu mettere e trovare a contatto con la realt: ora allo strumento si pu
attribuire, sia pur sempre in dipendenza della causa principale, leffetto che la medesima non consegue
appunto che prolungandosi in esso.
Queste ultime riflessioni costituiscono lossatura di tutto il lavoro. Gli strati o piani percettivi, eterogenei
nei rispettivi contenuti, si mostrano nellatto e nelloggetto della percezione non soltanto appartenenti, ma,
pi intimamente ancora, interdipendenti gli uni dagli altri sotto la supremazia conclusiva delle funzioni e dei
contenuti dellintelligenza. Il realizzarsi di questa interdipendenza di oggetti e funzioni, dalle forme primitive e
globali a forme sempre pi differenziate e pregnanti, ci appunto che costituisce lo sviluppo della
percezione.
allo sviluppo della percezione che subordinato lo stesso sviluppo del soggetto rispetto agli oggetti
(problema psicologico), come il contatto che il soggetto avverte con loggetto (problema critico), ed infine la
stessa concezione della realt nella sua assolutezza (problema metafisico). Se la Fenomenologia ha il compito
di avviare i problemi in questa direzione, essa non davvero un campo dindagine le cui vicende siano
indifferenti al filosofare in ogni sua forma. E diciamo questo,| non per calmare un postumo rimorso di aver gi
sprecato tempo e fatiche nella compilazione di un volume di pura indagine fenomenologica, ma per esprimere
una convinzione che si veniva rafforzando con il procedere della stessa indagine, e che ci ha sostenuti nella
compilazione di questo saggio dinterpretazione dei problemi che quel volume aveva posti per suo conto e
rispetto ai quali le gnoseologie moderne pare abbiano esaurito tutte le proprie risorse.

* * *

I contenuti percettivi sono dati alla coscienza immediatamente ed il principio dellassociazione, nel
significato e nei compiti che esso ebbe dalle filosofie e dalle psicologie che si rifanno al dualismo cartesiano,
stato bandito per sempre. stato riconosciuto ormai in modo definitivo che gli oggetti sono anzitutto e
immediatamente delle totalit e strutture organizzate, e non delle sommazioni di parti; e che il tutto a
condizionare lessere e lapparire delle parti, e non viceversa. Si dnno dei complessi affermava il
Wertheimer presso i quali ci che avviene nel tutto cos si svolge, non come sono i singoli pezzi o come essi si
connettono, ma viceversa: dove (cio) nel caso pregnante ci che avviene in una parte di questo tutto,
determinato dalle leggi interne di questo stesso tutto. (WERTHEIMER, M., 43).
Se non che gli stessi Gestaltisti sono rimasti a mezza via, se pure non sono tornati indietro. E questo per due
gravi errori di metodo, parimenti pregiudiziali: uno fenomenologico, quello di aver livellato indifferentemente
tutti i contenuti percettivi alla categoria uniforme di Gestalten, sopprimendo la realt degli strati
oggettuali; laltro dinterpretazione, quello di concepire le Gestalten fenomenali quali effetti univoci e
adeguati di ulteriori Gestalten di natura psicofisica, soggiacenti nel sistema nervoso, alle quali
corrisponderebbero esattamente. La Fenomenologia contemporanea estragestaltista si trova ormai al di l
tanto del principio dellassociazione come della nozione di Gestalt della Scuola di Wertheimer. Non| tutto
Gestalt e la Gestalt non tutto. Altro infatti Gestalt, altro Struktur (Krueger, Wellek, Revesz); altro
Gestalt, altro Ganzheit (Dilthey, Driesch, Stern); altro shape, altro whole (Spearman, Mac Dougall,
Boring); altro la forma, altro il significato (Michotte, Selz, Pillsbury)
1
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Ma poich laffermazione di questi dualismi sarebbe vana, a sua volta, se non si riuscisse a realizzare quella
integrazione di contenuti e funzioni di cui si detto poco f, le pagine che seguono, nella distribuzione della
materia come nella trattazione dei problemi, si propongono di presentarne una, veneranda e antica, quella che
Cartesio aveva preteso di liquidare e che ora, con la morte del pretendente, si fa avanti per rivendicare i propr
diritti. Qui infatti la genesi storica dei sistemi non pu essere indifferente alla loro consistenza speculativa. La
caduta perci del principio dellassociazione (Hume) e sintesi mentale ha un riflesso immediato sul
principio di autonomia o sintesi a priori (Kant), e di conseguenza anche sul principio della cosiddetta
creativit e spontaneit assoluta del Pensiero (idealismo). Che la filosofia moderna sia sorta da un falso
problema? Questo appunto il problema dei problemi. Veda allora il lettore, psicologo o filosofo, se queste
pagine dicano una parola che meriti di essere raccolta
2
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LAUTORE|



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WEINHANDL, F., Gestalthaftes Sehen (in coll.), Darmstadt, 1960.
WERTHEIMER, M., Ueber Gestalttheorie, Symposion, I, Erlangen, 1925.
WHEELER, R. H., Organismic vs. mechanistic Logic, in: The psychological Review, 42 (1935), 435-453.
WUNDT, W., Grundzge der physiologische Psychologie
5
, Leipzig, 1902.
ZUNINI, G., Psicologia, Brescia, Morcelliana, 1958.

NOTA 1. LA. esprime la sua viva gratitudine alla Direzione della Universitts-bibliothek di Lipsia per il prestito
cortese, e sollecito dei Saggi su Aristotele di C. BAEUMKER

(A) e di J. NEUHAEUSER, ed al Prof. Umberto CASSUTO per la
consultazione del Saggio di H. A. WOLFSON su Isaak Israeli, nel George Kohut Memorial (1935).
Le citazioni sono fatte con il nome dellAutore, seguito dal numero della pagina; questo preceduto da una lettera
maiuscola dordine quando lAutore avesse nella Bibliografia pi di unopera. Le fonti sono citate di solito con il titolo
intero, il luogo e lanno di edizione.|
La materia stata divisa in tre sezioni: la prima, che tratta delle organizzazioni sensoriali, delinea i problemi cruciali
della conoscenza in continuit con il vol. La fenomenologia della percezione; la seconda, dedicata al pensiero vissuto,
investiga i princip per una concezione circa i rapporti funzionali ed oggettivi che legano la percezione ed il pensiero
nellambito del Realismo; la terza, che traccia le linee dei massimi problemi del Realismo, converge ad assicurare una
posizione assoluta della Metafisica in continuit e dipendenza dalla Fenomenologia. La Conclusione rielabora da un punto
di vista globale questa particolare finalit teoretica di tutta la ricerca.
2. Questa II ed. stata riveduta nella parte critica e snellita di qualche sezione meno importante per conferire
maggior unit e continuit allindagine la quale voleva essere a modo suo, soprattutto al tempo in cui apparve la prima volta
(1941), unintroduzione fenomenologica alla posizione del problema metafisico.|


SEZIONE PRIMA
LE ORGANIZZAZIONI SENSORIALI



CAPITOLO PRIMO

LASSIMILAZIONE CONOSCITIVA
SOMMARIO. Conoscenza ed assimilazione: forme fisiche e forme intenzionali, critica di Aristotele alle forme fisiche di Democrito.
Assimilazione fisica ed assimilazione conoscitiva. Lassimilazione intenzionale: struttura degli organi di senso e conoscenza (principio
della .ce ;), progresso dellassimilazione conoscitiva, immaterialit ed intenzionalit. La specie conoscitiva, come principio
dimmanenza del conoscere. Limmanenza aristotelica secondo Hegel. Riassunto.
1. CONOSCENZA ED ASSIMILAZIONE
a) Forme fisiche e forme intenzionali
Fra le critiche, pur cos varie e disparate, rivolte alla Gestalttheorie, la pi curiosa e piccante per i suoi
fautori devesser stata quella di J. Wittmann, che a capo della scuola funzionalista di Kiel, quale si legge
nellimportante Saggio: Ueber das Gedchtnis und den Aufbau der Funktionen, pubblicato ai primi tempi della
teoria. La strana interpretazione del W. riesce molto istruttiva perch rivela i criter sommari, seguiti da certi
ambienti, per svalutare le correnti di pensiero che non si conoscono, e fornisce loccasione per collocare il
problema della percezione sul piano speculativo
1
.|
Alla parte sperimentale il Wittmann premette alcune dense pagine dindole sistematica (Ueber Realismus
und Idealismus in der empirischen Psychologie) nelle quali prende netta posizione contro le pretese della nuova
dottrina, la quale nel 1923 aveva fatto ormai notevoli progressi e minacciava, nonostante le aspre e continue
critiche, di farne ancor di maggiori. A suo parere, due soltanto sono stati finora gli atteggiamenti teoretici che
abbiano preteso di affacciarsi sul campo fecondo della psicologia: lOggettivismo realista classico
dellAristotelismo scolastico ed il Sogget-tivismo dellIdealismo moderno. Per parte sua il W. dichiara con
candida franchezza che loggettivismo antico, perch acritico, non pu avere pi che un significato storico e da
quando la critica kantiana ne ha fatto giustizia in modo definitivo, esso non trova pi alcun seguace (sic!)
2
. Ora
la Gestalt-theorie, per il W., gi belle giudicata: per crudele ironia della sorte e delle sue ambizioni di
modernit, essa appartiene allindirizzo realista e si riallaccia per derivazione ininterrotta allAristotelismo. Il
W. non fatica molto a rintracciare il processo filogenetico che riconduce la Scuola di Berlino nellambiente
greco-scolastico: lodierna Gestalttheorie partita dalla nozione di Gestaltqualitt di Cr. von Ehrenfels (1890),
che era stato discepolo di Alexis Meinong; questi, a sua volta, aveva frequentato le lezioni e lambiente
dellaristotelico Brentano, il quale infine era uscito dalla scuola di uno dei pi celebrati studiosi di Aristotele del
secolo XIX, Adolfo Trendelenburg. La Gestalttheorie non dunque che un ritorno ingenuo, e forse incosciente,
al tanto deprecato Begriffsrealismus di Aristotele, il quale ed qui il punto pi sconcertante dellesegesi del
W. nella sua teoria della conoscenza non ha fatto che rinnovare il sensualismo fisicista di Democrito. Il W. ha
pensato bene di far seguire allaccusa, per avvalorarne la gravit, un raffronto documentato delle asserzioni
capitali della Gestalttheorie con quel|le che si possono leggere in Aristotele e negli Scolastici, particolarmente
in Alberto Magno e Tommaso dAquino: le due serie di formule, a suo parere, rivelano un identico contenuto
dottrinale. I lettori che sono ormai al corrente dei princpi della Scuola berlinese possono rendersi subito conto
dei raffronti indicati, senza che sia necessario di richiamarli.
a) Il Wittmann anzitutto protesta contro la tanto pretesa originalit della Gestalttheorie, poich i suoi
princpi risalgono sostanzialmente alla Gestaltqualitt di v. Ehrenfels, ed anzi alla teoria scolastica della forma
efficiente (cfr.: la forma formativa e la forma impressa della Scolastica). Laffermazione confortata con
questa citazione presa da S. Alberto Magno: Resultant tria formarum genera: unum quidem ante rem existens
quod est causa formativa; aliud autem est ipsum genus formarum quae fluctuant in materia; tertium autem genus
formarum quod, abstrahente intellectu, separatur a rebus (206).
b) Lispirazione scolastica della psicologia dei Berlinesi ha avuto, secondo il W., la sua pi lampante
espressione nellopera (recente allora) di W. KHLER, Die physischen Gestalten in Ruhe und im stationren
Zustand (1920); nella quale la teoria aveva raggiunto il suo assetto definitivo. Passiamo brevemente in rivista le
citazioni prese dallopera del Khler assieme ai relativi cappelli scolastici appostivi dal Wittmann.
1) Il nostro scopo, afferma il Khler, quello di spiegare le propriet generali delle forme
fenomenali a partire dalle propriet generali delle strutture fisiche in quanto che noi mostriamo che le forme
fisiche, quali si riscontrano (auftreten) nel sistema nervoso ed ivi acquistano un significato psicofisico, devono
avere (il corsivo nel W.) una qualit e costituzione al tutto analoga, od in un senso ampio parallela a quella
delle forme della percezione fenomenale (op. cit., 174). In nota si commenta che lespressione del Khler
devono avere e lesigenza teorica da essa indicata, corrispondono nella loro dipendenza storica, anche se il K.
mostra di non essersene accorto, al principio di Tommaso dAquino:| Cognitum est in cognoscente ad modum
cognoscentis; oppure allaltro pi generale: Receptum est in recipiente per modum recipientis, che a sua
volta non che la riproduzione dellantico principio ,|at ,.t| a e et a e e ete| (De Anima, 409 b, 26).
2) Lo sviluppo della nostra teoria, continua il Khler, porta necessariamente a ritenere esservi una
somiglianza reale fra il processo psicofisico ed il campo (dellapparire) fenomenale, e questo non solo in
generale, in quanto che in ambedue i campi si ha da fare con forme, ma specialmente per ogni forma in ogni
singolo caso (op. cit., 193). In nota si commenta laconicamente: Nam species cogniti est in cognoscente (S.
Theol., I
a
, q. 13, a. 1).
Pi sotto il Khler chiarifica: La coscienza attuale (di qualche apparire fenomenale) si trova in ogni caso
congiunta ad un determinato processo psicofisico delle propriet reali di struttura (fenomenali e fisiche), che
non sono di fatto prive di senso. Il Wittmann commenta ancora: Omnis cognitio fit per assimilationem
cognoscentis ad cognitum (Summa Phil., II, 77) (206-208).
3) Il Khler riassumeva a questo modo il principio dellIsomorfismo, ovvero della corrispondenza
funzionale, che somiglianza, fra le strutture fisiologiche dei processi nervosi e quelle fenomenali della
percezione: Poich le propriet di simmetria soprageometrica della percezione delle forme non vanno
senzaltro intese in correlazione alla simmetria geometrica del processo dello stimolo, noi dobbiamo ascrivere al
processo fisiologico (centrale) che pu essere lunico intermedio di questa semplice correlazione, una
corrispondente simmetria funzionale dinamica, e trovare ancora per questa via e a questo modo che le forme
fenomenali e quelle psicofisiche sono fra loro simili (op. cit., 234). Il commento questa volta doppio: il
principio dellIsomorfismo prima illustrato con la espressione anonima: informatur sensus similitudine rei
sensibilis e con un rimando esplicito alla gnoseologia di Democrito secondo lesposizione fatta da Teofrasto
nel De Sensu ( 50); e poi con unaltra espressione parimenti anonima:| Forma dat esse et distingui (sagten
die Scholastiker) (208-209).
c) Infine, pensa il Wittmann, il principio dellIsomorfismo, secondo la forma ora riferita, porta alla
negazione esplicita di qualsiasi attivit dellanima nel processo di percezione della forma, ed anche questo si
accorda con il Sensualismo contenuto nei seguenti princpi: Sensus est quaedam potentia receptiva sine
materia (THOM., De Anima, lect. 13); Per speciem sensibilem sensus est actu sentiens (THOM., Summa Phil.,
I, 46; ibid. IV, II, 6). Vi si suppone ancora che ogni conoscenza avvenga per unassimilazione del conoscente e
del conosciuto, in modo che nella sensibilit si ha unimmagine della cosa sensibile con i suoi accidenti;
nellintelletto invece unimmagine delloggetto intelligibile secondo il suo contenuto essenziale (ibid. I, 84). La
species sensibilis rappresenta un individuo soltanto, e solo per essa pu esser conosciuto come tale: essa la
similitudo rei particularis (21).
Riassumendo, conchiude il W., possiamo dire: La valutazione critica definitiva del problema sollevato dal
Wertheimer consiste nel considerarlo una fusione fra il realismo formale della vecchia scolastica ed un realismo
formale fisiologico ovvero fisico, che a sua volta non che una nuova edizione della ormai vecchia e sorpassata
psicofisica
3
. Fin qui il Wittmann.
Le affermazioni ora riportate non possono che eccitare un profondo senso di stupore in tutti quelli che hanno
una qualche familiarit con il pensiero aristotelico-tomista, i quali insieme conoscono in qualche modo i princpi
della teoria della forma: la stessa stridente dissonanza che presenta la sola prima lettura della doppia serie di
proposizioni, raccolta dal Wittmann, pi che sufficiente per trovare paradossale lavvicinamento, o, peggio
ancora, lidentit teorica fra le due psicologie. Tale identit rigettata energicamente non solo dai Gestaltisti,
ma molto pi e soprattutto dagli Aristotelici. Fatte queste riserve generali sulla stranezza della situazione
prospettata dal W., si pu bene| riconoscergli il merito di aver tentato unimpostazione filosofica della teoria
della forma e del problema della percezione in generale e di averlo connesso con le intuizioni pi mature del
pensiero classico e medievale. Il W. ancor pi sinceramente da lodare per aver rigettato con franchezza
lipotesi idealista, inclusa quella fenomenologica pura, e di averne rilevato linsufficienza sia dal punto di vista
teoretico, come da quello sperimentale: su tutto questo ci si pu trovare pienamente daccordo. Ma nelle righe
seguenti vorremmo indicare che questo accordo potrebbe forse andar ancor pi oltre, fino ad incontrare quella
teoria media, a fondo genetico-funzionalista, che il W. vuol opporre al Realismo e allIdealismo, qualora vi si
astragga dal superfluo supporto kantiano. Poich in verit la critica al realismo fisicista di Democrito stato
proprio Aristotele a farla per primo e in modo definitivo; ed stato il medesimo Aristotele a prospettare, in
opposizione sia a Democrito come a Platone, una teoria genetica per la nascita e lo sviluppo del conoscere
nellanima. In questo punto la svista del W. ci parsa troppo grave, perch potesse essere scusata e non
meritasse, sia pur in modo elementare, di essere segnalata.

* * *

b) La critica di Aristotele alle forme fisiche di Democrito
Secondo il Wittmann, adunque, la Gestalttheorie si riduce al realismo grossolano albertino-tomista, e questo
deriva dallAristotelismo che, a sua volta, non fa che riprodurre il materialismo grossolano di Democrito: la
nostra ricerca critica riuscir forse pi convincente se seguiremo un ordine inverso, rimontando da Democrito ad
Aristotele e poi da questi a S. Tommaso. Ci si atterr alle sole fonti che sono state indicate dal W
4
.
noto che la teoria della conoscenza di Democrito, come| tutto il suo sistema, caratterizzata da una grande
semplicit ed armonia di linee: per il nostro argomento anzi si deve aggiungere che il grande Naturalista assai
meno originale che altrove, per aver adottato, quasi integralmente, la teoria del siciliano Empedocle. Pare infatti
che sia stato Empedocle a enunziare per primo il principio che il W. riferisce a Democrito: ,|at ,.t| a e et a
e e ete|
5
.
Si sa ancora che stato Empedocle a formulare in modo organico e definitivo la teoria dei quattro elementi:
aria, acqua, terra e fuoco, i quali, mescolandosi in varie proporzioni, vengono a formare tutti i corpi misti della
natura sia inorganica come organica. Va ricordato inoltre che i corpi naturali non hanno secondo Empedocle una
struttura piena e compatta, ma larchitettura intima, che regola la mescolanza degli elementi nei corpi misti,
comporta una certa discontinuit materiale, onde i corpi sono attraversati da pori ed aperture, per le quali si
possono stabilire le relazioni con gli altri corpi. Infatti Empedocle pensa che i corpi non siano mai in una
condizione di stazionariet assoluta, ma che da ciascuno si dipartano di continuo, proiettandosi allesterno, delle
flussioni od emanazioni, a :e eat , che sono le intime particelle dei corpi: sono queste particelle che,
penetrando attraverso i pori, stabiliscono le relazioni fra i corpi e mettono in movimento la natura
6
.
Su questa trasparente concezione del mondo fisico Empe|docle ha poggiato la propria gnoseologia, anzi
questa sidentifica con quella. Invero anche gli organi di senso, come gli altri corpi, sono attraversati da pori,
per i quali possono passare le emanazioni che arrivano dal di fuori e provocare quelle determinate relazioni che
sono i fatti di conoscenza. Empedocle doveva per spiegare il perch in realt non ogni organo di senso fosse
atto a reagire a qualsiasi emanazione, ma ciascuno invece fosse qualitativamente qualificato per un genere
proprio ed esclusivo. Perci egli suppone che attraverso lorgano possano penetrare solo quelle a :e eat che
hanno una cu.ta rispetto ai pori dellorgano, ci che suppone una somiglianza di natura fra i :e et e le
a :e eat . Cos per esempio locchio pu ricevere soltanto le a :e eat del colore, perch queste sole si trovano
ad essere simmetriche con i suoi pori, e non invece a quelli dellorgano dellodorato, o degli altri sensi. Di
qui si comprende il valore assoluto che aveva per Empedocle il principio che gli si attribuisce, non potersi
conoscere il simile se non per il suo simile
7
.
In questa gnoseologia naturalista le differenze specifiche fra gli oggetti di conoscenza sono in funzione
diretta e necessaria delle differenze di struttura (fisica) che hanno i pori dei rispettivi organi, cosicch nella
densa nube degli stimoli, cio delle a :e eat , che vengono a battere alla superficie dellorgano, ciascun organo,
a seconda della particolare struttura dei suoi pori, vi opera una rigorosa selezione di una sola categoria di
a :e eat
8
. Dalla teoria generale passa poi Empe|docle a mostrare come in particolare gli elementi si combinino
variamente per dare a ciascun organo la struttura confacente al proprio oggetto, onde si verifichi in ciascun
senso il principio generale che conosciamo: il simile con il simile; ed per la presenza nellocchio dei pori del
fuoco che vediamo il fuoco, per quelli dellacqua che vediamo lacqua, e cos via. Il filosofo siciliano da buon
naturalista rimasto fedele al principio del minimo mezzo, ed ha voluto tutto spiegare con i soli princpi della
cu.ta e della e ete ;
9
.
Democrito, a cui si riferisce il Wittmann, ha accettato integralmente la concezione di Empedocle nel suo
contenuto gnoseologico; ne differisce soltanto sotto quello fisico, per aver fatto precedere alla teoria dei quattro
elementi la propria teoria degli atomi e per aver difesa la teoria del vuoto per cui possibile il movimento
eterno degli atomi
10
. Gli atomi sono infiniti di numero e si muovono nelluniverso aggirandosi vorticosamente
ed in tal modo generano tutti i composti, fuoco, aria, terra, acqua; poich anche questi sono dei composti di certi
particolari atomi. Gli atomi invece non sono n scomponibili n alterabili appunto per la loro solidit. Il sole e la
luna sono pure composti di atomi lisci e rotondi, e parimenti lanima che tuttuno con lintelletto
11
. Pertanto
anche lanima conoscente, in quanto anchessa un essere naturale, deve constare di un dato assembramento di
atomi; essa pu quindi mettersi in relazione ed essere impressionata dagli atomi che hanno una somiglianza con
quelli in essa presenti. Il battere di questi atomi alle porte dellanima, ci che per Democrito costituisce
lessenza del fat|to percettivo. A questa teoria empedoclea egli aggiunse unaltra precisazione personale, e cio
che nel cammino che percorrono gli atomi per arrivare allorgano di senso e allanima, essi vengono a disporsi
(nel vuoto) in un determinato ordine e a prendere struttura e figurazioni particolari dette e.ts. a e (presso
Aristotele) .t eaa
12
. Sono allora queste figurazioni, vaganti nel vuoto in tutti i sensi, che costituiscono, secondo
Democrito, lo stimolo prossimo ed insieme anche loggetto terminale del conoscere.
Fermiamoci un istante: avrebbe ragione il Wittmann di far coincidere la gnoseologia naturalista di
Empedocle e Democrito con quella dei Gestaltisti moderni? I meglio qualificati per dare una risposta in merito
sono i Gestal-tisti stessi, e pare bene che, anche se condividono con quegli antichi pensatori il programma di
voler costruire una teoria della conoscenza da un punto di vista rigorosamente naturalista, essi tengano assai a
proclamare la novit assoluta del proprio principio. La supposizione, in particolare, fatta da Democrito dei
e.ts. a quali strutture figurali belle pronte, rispetto al soggetto che passivamente le riceve, in aperto contrasto
con il principio basilare della Gestalttheorie, secondo il quale lo stimolo periferico non ha organizzazione
alcuna e la stessa eccitazione periferica non che un mosaico di eccitazioni distinte, corrispondenti alle distinte
terminazioni nervose nelle quali si espande il nervo nellorgano di senso. Secondo il principio dellIsomorfismo,
che stato a suo luogo riferito con le parole del Khler, lorganizzazione percettiva viene al materiale sensoriale
tutta dallinterno ed in un secondo tempo, quando cio il sistema centrale delle correnti trasversali di raccordo
abbia raggiunto, secondo le leggi intrinseche al suo stato, una nuova condizione di equilibrio.
Ma checch possa essere dellaccusa di Democritismo fatta dal Wittmann alla Gestalttheorie, questaccusa
al tutto infondata nei riguardi di Aristotele, quando lo stesso Wittmann acco|muna Aristotele e Democrito. In
verit, oltre il principio che il simile si conosce con il simile, il Filosofo ne conosceva un altro, quello di
Anassagora, secondo il quale invece per il contrario che si conosce il contrario. Secondo il Beare questo
principio gnoseologico veniva ad accordarsi da una parte con quello metafisico del Neu ; a t, ;, e dallaltra
pareva pi facile spiegare con esso molti fatti sperimentali che contraddicevano apertamente allaltro principio.
Cos la percezione della temperatura sembra risultare dal contrasto fra le condizioni termiche inerenti allorgano
e quelle proprie delloggetto stimolante: quando, per esempio, lacqua, in cui si immerge la mano, ha gli stessi
gradi di calore della mano, non si avverte alcuna sensazione definita; limpressione non simpone che quando il
dislivello sia di qualche rilievo
13
.
Per quanto scarse siano le informazioni pervenuteci sul pensiero di Anassagora, esse sono sufficienti a farci
riconoscere che anche nel campo della gnoseologia il suo influsso sul pensiero di Aristotele ha avuto una portata
ampia e profonda: a questo sviluppo va riattaccato sia il principio della .ce ; di cui si discorrer fra poco,
come il tentativo di mettere in evidenza loriginalit dellattuarsi conoscitivo, anche se Anassagora, come ha
riconosciuto lo stesso Aristotele, finisca per ricadere nel Naturalismo. Se Aristotele accetta quindi il principio
della .ce ; e la applica al divenire conoscitivo, non lo fa se non levandosi a una sintesi superiore nella quale
siano salvate le legittime esigenze che quei due princpi avevano, ma che i filosofi precedenti esagerarono,
portandole allisolamento e allesclusivit. Anche qui, come in altri punti vitali dellAristotelismo, si tratta non
dinerte concordismo, ma di superamento comprensivo, dovuto ad una vasta informazione storica e ad un
criterio ottimista dello sviluppo dello spirito umano.
Il Filosofo accetta la suggestione, presentata da Anassa|gora, poter lattuazione sensoriale esser detta
unalterazione, una a et act;, e questo solo sarebbe sufficiente per stornare la esegesi proposta dal Wittmann.
Ma c ancora molto di pi. Aristotele, che concepisce lesercizio della causalit fra gli esseri come un processo
di assimilazione, quando arriva al problema dellattuazione conoscitiva rimanda ad una discussione precedente,
intorno alla natura dellassimilazione che si ha nel processo della nutrizione
14
. Si deve dire che il simile si nutre
del simile o il contrario del contrario? Ambedue le ipotesi, risponde il Filosofo, possono essere buone: tutto
dipende dal punto nel quale si vuol considerare lalimento, poich se lo si considera allinizio del processo il
cibo certamente dissimile, ed vero che il contrario si nutre del contrario; considerato invece al termine
dellassimilazione, quando fatto simile, parimenti esatto il dire che il simile si nutre del simile. Le due teorie
non sono quindi esclusive, ma possono essere conciliate, e tanto Empedocle e Democrito, quanto Anassagora
hanno toccato un aspetto della verit. Il passaggio, precisa per Aristotele contro Democrito, che fa lalimento
nel processo della nutrizione, implica una mutazione interiore che interessa le qualit reali, si tratta cio di una
a et act;. In modo analogo, e et a;, va considerato il processo dellassimilazione conoscitiva
15
. Anche questa
pu essere considerata come unalterazione qualitativa, una a et act;. Il senziente, prima di sentire, non
simile se non in potenza al sensibile: si fa simile al sensibile, che tale qualit in atto, dopo aver patito (essere
stato alterato) dal medesimo
16
. Per si deve subito aggiungere, e qui Aristotele| si stacca anche da Anassagora,
che si tratta di unalterazione originale e nuova. Le alterazioni, che si dispiegano nei processi naturali, incluso il
processo della digestione ora ricordato, restano essenzialmente una successione di contrar in modo che
lapparire del seguente implica la cessazione del precedente, appunto per quella vicendevole incompatibilit che
deriva dalla contrariet che hanno. Nellattuazione conoscitiva invece si ha che i contrar non solo vengono
salvati secondo il proprio contenuto formale, ma di pi essi coesistono come aspetti differenziali delloggetto di
una stessa facolt: cos i vari colori per la vista, i vari suoni per ludito... Quando Aristotele allora dice che il
sentire una a et act ; t;, egli rivela lintimo suo scrupolo di naturalista che lo portava a non staccare del
tutto il processo del sentire dagli altri processi naturali, onde fosse salva la continuit e larmonia fra la vita
dellanima e il corso della natura, che era stata perduta nel Platonismo
17
. Questa reazione antiplatonica non deve
per ingenerare il sospetto che Aristotele abbia finito col perdere di vista loriginalit dellassimilazione
conoscitiva. Il sentire certamente per lui un :a c,.t| ed un st|.t cat, ma di una natura particolare e non
qualunque. Essere mosso e andar soggetto ad alterazione qualitativa proprio dei corpi, immersi nel flusso della
corruttibilit, e Platone laveva proclamato alto e forte: qual significato potranno avere allora questi termini di
:a c,.t| e di st|.t cat quando vengono applicati allanima che conosce?|
2. ASSIMILAZIONE FISICA ED ASSIMILAZIONE CONOSCITIVA
Questa penetrante posizione del problema obbliga Aristotele a distinguere due modi di alterazione.
Consideriamo, egli dice, quellalterazione che lacquisto della scienza. Si pu dire sciente il bambino appena
nato, in quanto appartiene alla specie di coloro che possono avere la scienza; e si pu dire sciente chi ha
raggiunto ormai labito della scienza, anche se non lesercita sempre in atto. Ma sciente nel senso proprio del
termine davvero solo chi considera in atto loggetto della scienza, intendendo o ragionando. Ben tre sono
adunque in questo processo i passaggi dalla potenza allatto. Il primo, quello che porta ad appartenere alla
specie di coloro che possono sapere, viene fatto dalla natura e dal generante, e non presenta uno speciale
interesse per la nostra ricerca che si occupa direttamente solo degli altri due. Questi sono molto diversi luno
dallaltro. Se consideriamo invero il passaggio di chi ha la natura per essere sciente, com il bambino, allabito
della scienza, subito ci accorgiamo che esso pu implicare, non solo, come il precedente processo, dei passaggi
dalla privazione allabito, come dal non sapere al sapere, ma anche una vera alterazione fra contrar, come
quando si passa dallerrore alla verit e viceversa. Questultimo passaggio una mutazione reale ed esige la
distruzione, cio corruzione, della precedente disposizione dellanima. Il passaggio invece dalla possessione
abituale della scienza alla considerazione attuale non pu essere mai detto mutazione od alterazione in alcuno di
questi sensi, ma piuttosto salvazione ed amplificazione interiore, emergenza ontologica pura
18
. Rispetto a questo
termine, il processo conoscitivo| va considerato, pi che alterazione, conservazione e salvazione: pi che
successione di modi contrar di essere, progressione ed ascensione verso il fastigio dellessere. Occorre perci
distinguere bene due modi di alterazione: lalterazione fisico-corruttiva che propria del divenire corporeo e
lalterazione perfettiva, che caratteristica del divenire gnoseologico. Questa non avviene, come quella, al
termine della vittoria che un contrario riporta sullaltro, ma appartiene allascesa naturale che fa lanima
conoscente con lassimilazione oggettiva delle forme, nelle quali, secondo una preordinazione trascendentale,
essa chiamata, nelle condizioni opportune, a trasformare gradualmente la propria infinit attitudinale e
potenziale nella possessione reale di atti e forme. Aristotele cos preso dalloriginalit del fatto che illustra, da
essere costretto a confessare che il linguaggio non ha ancora un termine proprio per indicare il passaggio che fa
il conoscente quando passa allatto del conoscere attuale
19
.
Fra i commentatori, ALESSANDRO (di Afrodisia) aveva per tempo messo in rilievo il midollo speculativo
della concezione aristotelica. Avendo (Aristotele), egli osserva, mostrato che ogni cosa, che si trovi in potenza,
passa allatto per una mutazione passiva ed alterazione, escogit una divisione dello stesso patire ed essere
alterato, ed afferm che allora si ha vera corruzione da parte della qualit contraria ed abbandono completo
dello stato precedente, quando tutte le cose che ivi si trovano sono soggette a passione per il fatto che si mutano|
nei loro contrar. Queste invece (della conoscenza) afferm (esser un patire) non perch vi sia corruzione di
alcunch, ma piuttosto vi si ha conservazione ed accrescimento per il fatto che si riceve come atto quanto deriva
dallatto ed fatto simile. Lazione che viene da tale abito (della scienza), e da tale potenza (dellanima),
essendo la perfezione ultima dello stesso abito, non avviene per la mutazione nel contrario, ma per un passaggio
dello stesso (abito) dallo stato di ozio a quello dellagire. Colui che possiede gi la scienza diviene operante per
suo mezzo, e ci non altro se non un accrescersi verso una simile ed identica cosa
20
. Anche Alessandro passa
poi a distinguere due generi di alterazione profondamente diversi luno dallaltro, ed anzi si potrebbe dire che il
patire nella conoscenza non pu esser detto alterazione, ma mutazione soltanto, in quanto anchessa in
generale un passaggio fra due modi di essere
21
.
Ad Alessandro fanno eco gli altri commentatori.
Il FILOPONO sviluppa con compiacenza lanalogia fra la acquisizione, nei conoscenti, dellatto primo che la
natura e dellatto secondo del conoscere. Il principio attivo nella generazione forma il nuovo essere nelle viscere
materne e quando questo dotato di tutte le facolt necessarie alla vita, allora nasce. Le facolt, che sono nel
neonato, sono come degli abiti disposti a passare allatto, cosicch anche appena messo alla luce il bambino
percepisce i sensibili che si presentano: di fatti reagisce appena, nel nascere, tocca laria fredda e per lui
inconsueta e similmente reagisce alle stimolazioni della luce.
Due sono quindi le fasi dello sviluppo: dalla capacit allabito, e dallabito alloperazione; di esse la prima
causata dal generante, la seconda dagli oggetti esterni. Parimenti per la| scienza, il passaggio allabito della
scienza causato dal maestro o dai sensibili per unascesa e ricerca dai particolari alluniversale; ma dopo
lacquisto dellabito, il conoscente ha in s la forma del conoscere e pu uscire allatto quando vuole. A
differenza del senso, che resta sempre in dipendenza delloggetto esterno, la mente che ha labito della scienza
non ha bisogno di alcuna cosa esterna ma da s produce se stessa... Questo, perch la mente apprende gli
universali, i quali non si trovano al di fuori, ma nellanima sola
22
.
Riassume con fedelt e con la solita penetrazione il pensiero aristotelico AVERRO, che ebbe un influsso
decisivo in tutta la metafisica tomista della conoscenza. Hoc nomen passio commenta il filosofo arabo non
significat eamdem intentionem simplicem, sed quaedam est passio quae est corruptio patientis a contrario a quo
patitur, ut passio calidi a frigido et humidi a sicco. (Sed) etiam est passio quae est evasio patientis in potentia ab
eo quod est in perfectione et actu, secundum quod illud quod est in actu est simile, non contrarium, s. extrahens
ipsum a potentia ad actum e converso dispositioni in prima passione. Iste ultimus modus passionis est dispositio
eius quod est in potentia ex anima apud perfectionem moventem illud quod est in potentia et extrahentem eam in
actum non secundum primum modum passionis. Iste modus passionis est ex modo qui est evasio patientis ab eo
quod est in actu, movens ipsum, non corruptio eius: non enim considerat in aliquo postquam non considerabat
nisi qui scit illud, et haec non est alteratio secundum intentionem (...), quia ista transmutatio non est ex non esse,
sed est additio in transmutabili et ire ad perfectionem absque eo quod sit illic corruptio, aut mutatio ex non
esse, ponitur sicut mutatio ex ignorantia ad scientiam
23
.|
Averro, nel seguito del Commento, tanto preso dalla originalit del conoscere rispetto a tutti gli altri modi
di essere e di divenire, che fa un ultimo passo ardito ma che pare al tutto corrispondente allanalisi introspettiva
e bene in armonia con i princpi aristotelici che sono stati fin qui esaminati.
Afferma egli che, nel conoscere, oggetto e anima non solo passano ciascuno ad un grado superiore di essere,
come si detto, ma formano nellatto una sola ed identica cosa: il conoscente in atto il conosciuto in atto; pi
ancora o pi esattamente, conoscente e conosciuto formano una unit pi intima di quanto non facciano materia
e forma. Dicam igitur quod homo non fit intelligens actu nisi propter continuationem intellecti cum eo in actu;
et est etiam manifestum quod materia et forma copulantur ad invicem ita quod congregatum ex eis sit unicum; et
maxime intellectus materialis (= possibilis): et intentio intellecta in actu. Quod enim componitur ex eis non est
aliquod tertium aliud ab eis, sicut est de aliis compositis ex materia et forma
24
.
Questa teoria metafisica del conoscere passata certamente in S. Tom-maso
25
, ma al Gaetano che
dobbiamo un richiamo esplicito della prospettiva averroistica ed aristotelica di queste ardue dottrine.
Cognoscens est ipsum cognitum actu vel potentia, materia autem numquam est ipsa forma. Ex hac differentia
quoad esse sequitur differentia quoad unitatem: quod| scilicet cognoscens et cognitum sunt magis unum quam
materia et forma, ut egregie dixit Averroes in III De Anima, comm. V. Et rationem reddidit modo dictam, quia
ex intellectu et intellecto non fit tertium, sicut ex materia et forma: assignando enim pro ratione maioris unitatis
exclusionem tertii, aperte docuit unitatem consistere in hoc, quia unum est aliud. Unde Aristoteles in III De
Anima hoc idem praedocuit, dicens quod anima est omnia sensibilia et intelligibilia
26
.
Il conoscere si rivela pertanto nellAristotelismo come un processo di unificazione e di presenza: il mondo
che stato disperso in una molteplicit di forme di essere differenti si pu venire a raccogliere ed intensificare
nellanima capace di conoscere, e quanto prima era per natura fuori dellanima pu diventare presente per
lassimilazione conoscitiva. Nella quale si possono considerare due momenti: il conoscere, per cui c la
presenza, ed il processo di assimilazione che porta tanto loggetto come il soggetto a muoversi per la
realizzazione di questa presenza. Il primo momento caratteristico del conoscere come tale ed i suoi gradi di
perfezione sono i gradi di perfezione del conoscente nellordine dellessere, cosicch in Dio che il primo
conoscente sono presenti sotto qualsiasi aspetto conoscibile tutte le cose. Il secondo momento si trova soltanto
nei conoscenti, i quali hanno da realizzare questa presenza con lesercizio di facolt e di atti come proprio
degli enti finiti nei quali la propria natura tale o talaltra e non pu essere specchio di tutta la realt. Di qui si
diparte la metafisica della specie conoscitiva.|
3. LASSIMILAZIONE INTENZIONALE
a) Struttura degli organi di senso e conoscenza
Con la rivendicazione delloriginalit assoluta che compete allattuarsi conoscitivo, Aristotele ha sorpassato
tutte le teorie precedenti, tanto di Empedocle e Democrito, come di Anassagora. Non si creda per che la
posizione di Aristotele sia tutta qui; essa procede a delinearsi nei seguenti capitoli del II libro del De Anima (cc.
7-12) e nellopuscolo De Sensu et Sensato, ove, a partire dal principio sopraricordato della .ce ;, il filosofo si
attarda nel minuto sviluppo di una psicofisiologia degli organi di senso. Il fatto spiace molto agli Idealisti che si
rammaricano aver Aristotele rinunziato a conservare intatta la originalit della vita dello spirito, come sembrava
promettere con le sue prime riflessioni, che con lo sviluppo analitico del principio della .ce ; verrebbero
completamente annullate. In realt per chi vuol penetrare nello spirito della concezione aristotelica appare
invece chiaro che proprio questo principio che d una base di consistenza alla nuova teoria aristotelica. Il
Filosofo nella sua elaborazione parte dal fatto che ogni senso capace di apprendere oggetti che sono fra loro
contrar, che si oppongono cio entro lambito di uno stesso genere. Ogni senso, si sa, ha un proprio oggetto
formale ed per esso che si distingue dagli altri sensi cosicch tutti i sensibilia che costituiscono lambito del
suo oggetto formale sono, sotto questo aspetto, uniformi, mentre sono eterogenei ai sensibilia di un altro senso.
A questo modo, per esempio, tutte le specie e variet di colori restano sotto il dominio del senso della vista e
sfuggono a quello delludito... Ma da notare che nellambito di questoggetto differenziale primario (ob.
formale quo), si distinguono var oggetti formali secondari (ob. formale quod), ed Aristotele distingue, per
esempio, nel genere supremo del colore e del visibile una molteplicit di colori che si dispongono in serie
progressiva e continua entro i limiti estremi del bianco e del nero. Il senso unico e in s indiviso della vista
domina tutte queste variet nel campo del suo proprio oggetto, le paragona e le di|stingue. Cio, ogni senso porta
su di una qualit unica (il sensibile proprio) o, meglio, porta sopra un genere che comprenda almeno una coppia
di contrar: bianco e nero, dolce e amaro, duro e molle..., ci che gli permette di patire dagli estremi e di
apprezzarli (cfr.: De Anima P, 12, 424 a, 2; ibid., a, 28). Evidentemente, prosegue il Filosofo, tutto questo non
possibile se non in quanto si ammette che la facolt nella sua intima natura possiede una certa qualit media, ed
una tale qualit o ragione differenziale (e ,e;). infatti per questa qualit media o .ce ; che la facolt pu
essere ragione differenziale e collocarsi in alto in mezzo agli estremi bianco, nero, o qualsiasi altra coppia di
colori contrar e rilevarli come tali
27
. Poich la facolt sensibile atto di un organo (De Anima, II, 1, 412 b,
17) ad essa proporzionato, questa particolare qualit di mediazione funzionale, che ha la facolt rispetto ai
sensibili contrar, ha il suo fondamento in una particolare forma di struttura che hanno preso nellorgano della
facolt gli elementi che costituiscono i corpi sensibili. Con questa precisazione Aristotele viene a spiegare
perch gli oggetti corporei possano arrivare in qualche modo fino allanima. Siamo tornati alla teoria di
Empedocle? Per niente, ma al contrario la si esclude. Il principio della .ce ; stato introdotto per spiegare il
fatto che, mentre lorgano esterno immutato fisicamente dallo stimolo, la facolt che attua lorgano e lanima
stessa vengono ad essere mutate secondo quel modo di mutazione che abbiamo illustrato poco fa. Per questa via
inaspettata e nuova nella storia del pensiero, Aristotele, conclude giustamente il Beare, trasforma tutte le teorie
precedenti: contro Empedocle che aveva proclamato la necessit di una cu.ta fisica fra lorgano e loggetto,
fra le a :e eat e i :e et, Aristotele sostitu una simmetria formale, fondata sulla contrariet; contro Anassagora
che considerava il sentire una a et act; fisica, Aristotele sostituisce una| . :t eect; .t ; au e
28
. Per Aristotele il
sentire non un semplice processo dintegrazione fra i corpi, ma lapprensione discriminata di una particolare
proporzione formale, che essa stessa una forma, ed il senso la capacit innata di tale discriminazione
29
: la
essenza propria del conoscere cos messa in chiaro in modo definitivo.
Il Filosofo ha concepito la struttura degli organi di senso secondo unordinazione trascendentale, non fisica,
alle qualit da apprendere; tale ordinazione, rispetto agli stimoli propr, non data n da affinit, n da
contrariet come volevano le due direzioni dei filosofi Naturalisti, ma piuttosto da una sua condizione di
neutralit. Lorgano compie la sua funzione in quanto ricettacolo neutrale e poi veicolo interno delle qualit
che si trovano in un veicolo esterno (il medium). Il principio ha la maggior evidenza nel caso del tatto, ma vale
in generale per tutti gli organi di senso. Si deve cio supporre che lorgano risulta da una particolare mescolanza
(.tt;), secondo proporzioni eguali, degli elementi in modo che si venga a costruire un quid medium fra la
soglia minima e massima di quel campo sensoriale; lorgano, a questo modo, cio la facolt, e lanima per esso,
pu registrare le sensazioni come variazioni fra le due soglie e giudicare della entit di tali variazioni. Per via
della .ce ; anche la conoscenza sensoriale pu esser detta un giudicare e ,a . ce| sttse | fra due
qualit contrarie
30
.|
Gli stessi elementi e qualit formano gli oggetti (at ca ) e gli organi (at ctsa ) del sentire. Quando
pertanto un certo at ce |, p. es. una certa temperatura, affetta il suo corrispondente at ctse |, come quando
un oggetto caldo affetta il senso del tatto, accade questo che il caldo (e .e |) delloggetto opera sopra
lorgano producendovi una a et act;, per la quale la temperatura dellorgano sale (o scende) gradualmente
verso quella delloggetto. Questa a et act; fisica la condizione sine qua non della percezione: appena essa
completa, il senso passa allatto del sentire: e at c te| . |.,.t esso percepisce loggetto come caldo (o
freddo) e questo latto proprio della facolt e dellanima
31
.
Per Aristotele questa non una nozione sporadica, ma radicata nei princpi stessi per cui si opposto tanto al
materialismo dei Naturali, come allidealismo di Platone. Facolt ed organo formano ununit come lanima ed
il corpo: come questi formano una unica natura e sostanza, cos lorgano e la facolt formano un unico principio
operativo e dnno un unico atto che lapprensione delloggetto.
Lorgano, per la sua materialit, rende possibile il contatto con la realt esteriore
32
e ne riceve gli influssi.
Questa recezione dello stimolo nellorgano, per misteriosa che sia, implica sempre un certo scuotimento che
appunto una alterazione quando la entit dello stimolo al di sopra della proporzione qualitativa attuale
dellorgano. La recezione ed alte|razione, che gi nello stesso organo non pi completamente fisica
altrimenti lorgano si corromperebbe, crescerebbe, diminuirebbe... viene avvertita e come trascritta dalla
facolt ed questa che detta la forma delloggetto, presente nellanima conoscente e che costituisce
loriginalit della vita conoscitiva.
Nellatto del sentire salgono di un gradino nella scala ontologica tanto loggetto come il soggetto, ed esso
segna, dopo gli oscuri tentativi della vita organica, un grado decisivo di quella espansione ed ascesa dellessere
che sta alla base del naturalismo aristotelico.
Questo ascendere formale dellanima avviene per tappe e raggiunge il suo pi alto grado di purezza e
pienezza nellintelletto, ma tocca al senso fare i primi passi. Per la connessione reale che ha, secondo Aristotele,
lanima con il corpo ed il senso con lintelletto, si pu, e si deve dire, che nellAristotelismo lanima va soggetta
ad uno sviluppo reale nel tempo, onde c il problema della cultura e dellarte e resta fondata laffermazione,
che parrebbe tanto orgogliosa se non fosse vera, poter lanima diventare in qualche modo tutte le cose
33
. Con
quella netta distinzione fra i due modi di patire e di alterarsi, torna Aristotele a collocare lanima conoscente
nella sfera dei valori soprannaturali, ove laveva collocata il suo maestro Platone e a considerarla come questi il
e :e; a | .t ea |
34
. La differenza sempre profonda, che separa i due pensatori, da ricercarsi nellaver
Aristotele considerata lanima conoscente come atto e forma del corpo, e nellaverla lasciata (non dico
abbassata), nella condizione di essere un elemento della natura, che arriva al suo termine naturale per la
messa in atto di virtualit e strumenti, atti alla conquista degli oggetti.
Chi ha tentato per primo di seguire una via media, possiamo dirlo al Wittmann, fra la gnoseologia
grossolana dei Naturalisti e quella idealista di Platone, stato proprio Aristotele. Come osserva giustamente il
Ross, la differenza fra la con|cezione aristotelica e quella dei predecessori mai appare cos evidente come
quando il Filosofo descrive la sensazione quale un potere insito di discriminazione a partire dal quale si possono
raggiungere le pi alte attuazioni secondo uno sviluppo che avanza in modo continuo
35
. Ed Aristotele stesso si
incaricato di tracciare una mirabile descrizione di questa ascesa dellanima nellultimo capo dei Posteriori
Analitici e nellIntroduzione alla Metafisica
36
, ove il Wittmann avrebbe trovato, ci pare, tutta la sostanza del suo
funzionalismo genetico secondo una forma assai pi conveniente ed umana di quello che si abbia nellarido
schematismo kantiano.
sintomatico lapprezzamento che Hegel fa di questa teoria del Filosofo. Il sentire per lui (Arist.), egli
dice, soltanto una possibilit (noi diremmo reattivit), ma questa possibilit a un tempo anche attivit, e non
pu dunque esser concepita come pura passivit [i due momenti del sentire]. Lazione dallesterno, come
passivit, il primo; ma dopo interviene lattivit a far proprio questo contenuto passivo. Questo il punto di
vista veramente esatto circa la sensazione, in qualsiasi maniera si svolga poi tutto il resto, sia secondo
lidealismo soggettivo, sia altrimenti. Infatti perfettamente indifferente che noi ci troviamo determinati
soggettivamente od oggettivamente: in entrambi i casi contenuto il momento della passivit. Con questo
momento della passivit (egli) non si trova certamente in condizioni dinferiorit rispetto allidealismo; la
sensazione per un certo lato sempre passiva... La reazione del senziente consiste adunque in questo ricevere
attivamente in s il sentito: questa appunto lattivit nella passivit, quella spontaneit che nella sensazione
supera la recettivit. Il senziente in quanto fatto simile a se stesso, mentre sembra esser posto ad un influsso
(esterno), pone la medesimezza (die Dasselbigkeit)
37
.
Lultima espressione di Hegel un vero in cauda ve|nenum mostra che egli ha compreso e si assimilato
soltanto un aspetto, il secondo, della posizione aristotelica, trascurando il principio della .ce ;: esso urtava
troppo apertamente con il suo razionalismo.
In verit bisogna riconoscere che il principio non scevro di difficolt che vanno considerate pi da vicino.
* * *
b) Il progresso dellassimilazione conoscitiva
Infatti, malgrado la spiccata originalit che tocca riconoscere alla teoria aristotelica del sentire, qualcuno
potrebbe obbiettare che il principio della .ce ; adottato da Aristotele, riporta in pieno e giustifica, sia pure per
una via impensata, laccusa mossa dal Wittmann di unidentit dottrinale fra il principio dellIsomorfismo, che
caratterizza la moderna Gestalttheorie e la concezione aristotelica del sentire. Checch sia di qualche analogia
esteriore, credo personalmente che per quanti hanno uninformazione sufficiente delle due teorie, od hanno
seguito almeno le precedenti osservazioni, il dubbio ora avanzato non ha alcuna ragione di sussistere: ma non
sar inutile laggiungere qualche ulteriore osservazione. Loccasione ci offerta dallo stesso Ross nellesame
che fa della teoria aristotelica. Secondo questo infaticabile cultore degli stud aristotelici non si pu dire con
certezza se Aristotele sia davvero riuscito a raggiungere una concezione del sentire come di una attivit
puramente mentale, che non abbia niente in comune con i processi del mondo fisico: egli resta ancora sotto
linflusso del materialismo primitivo
38
. Il Ross conosce troppo bene il pensiero del Filosofo per non riconoscere
la distinzione netta che questi ha fatta fra limmutazione che causata nellorgano corporeo dallo stimolo e la
conseguente mutazione che ha luogo nella facolt e| per essa nellanima che si muove a conoscenza,
lapprensione cio discriminata di una qualit formale senza la materia. Invero solo in quanto il ricevere la
forma senza la materia significa il puro possesso oggettivo della forma, che lespressione aristotelica pu
costituire una descrizione esatta dellattuarsi sensoriale dellanima. Il Ross per trova che non unespressione
troppo evidente il dire che lorgano qualificato dalla forma delloggetto, onde la frase e.stse | eu .t eeu; a
suo parere copre unambiguit radicale: di qui linestricabile confusione fra fisiologia e psicologia nella
descrizione che Aristotele fa della percezione
39
.
In realt i dubb delleminente esegeta sono meno drammatici di quanto egli pensa. Essi sembrano procedere
dal preconcetto platonico-cartesiano che il conoscere in tutte le sue forme non possa essere che unattivit pura
dello spirito, alla quale sia interdetta qualsiasi partecipazione del corpo: ma questo un principio puramente
sistematico e punto giustificato, ed precisamente contro di esso che insorse Aristotele. Chi si rende conto che
loriginalit della sua enorme fatica speculativa, in opposizione a Platone, si trova nella ispirazione naturalista,
ben comprende come egli si sia vivamente preoccupato di concepire la distribuzione degli enti nel cosmo
secondo tutti i gradi di un ordine gerarchico ascendente: cos il sentire, bench resti confinato nella corporeit,
rappresenta il primo gradino e il modo infimo di attuarsi di quella formalit e perfezione la conoscenza che
raggiunger la realizzazione perfetta nellattivit del N0\L supremo di cui si discorre nel libro A della
Metafisica. Ed Aristotele non si elevato al concetto di sensazione quale attivit puramente mentale, come
vorrebbe il Ross, perch nella sua concezione dei gradi di essere la sensazione non pu essere tale: il sentire
certamente un attuarsi pi nobile di qualsiasi attuazione fisica, e si pu dire che tocca e adombra in qualche
modo limmaterialit, ma non raggiunge| ancora la spiritualit positiva. Il concetto proprio del sentire che
Aristotele si fatto come attivit che alla soglia della vita spirituale, senza riuscire a varcarla, certamente
molto difficile, e si pu convenire che il Filosofo lo abbia espresso come ha potuto, e che non abbia diradato
tutte le ombre del profondo mistero di unattivit in cui confluiscono due mondi opposti: la materia e lo spirito.
Come avviene, infatti ci si pu chiedere, che i corpi materiali, oltre lalterazione fisica evidente che
producono sullorgano di senso, riescano a causare unimmutazione occulta sulla facolt e ad amplificare
lanima stessa? Laffermare soltanto che le cose avvengono a questo modo, perch lanalisi fenomenale lo
attesta, pu risolvere la questione sotto laspetto dellan est, mai sotto quello del quid est e del quomodo est.
Non si pu negare che limpostare la questione a questo modo tocchi il cuore del problema e ne riveli le
esigenze reali, soprattutto quando ci si voglia fermare al solo testo aristotelico.
La difficolt pi rilevante, a questo punto, consiste nel concepire la natura dellalterazione che si ha nel
primo momento del sentire, ed qui che Hegel, e con lui la filosofia moderna, non ha pi seguito Aristotele.
Invero o la natura dello stimolo sensoriale, che come sappiamo una :ats :ete ; resta intatta tale e quale
anche nel secondo tempo quando attua la facolt e lanima, ed allora si ricade nel materialismo dei Naturali che
il Filosofo voleva evitare. Oppure, nel secondo momento, si viene a generare una qualit di ordine superiore a
quella fisica dello stimolo, ricevuta dallorgano; ma allora non si sa in quale rapporto stia la seconda con la
prima e loggettivit della conoscenza perduta.
A voler scrutare il problema, senza pregiudiz, bisognerebbe dire che lattuazione sensoriale propria
dellanima e sorge in modo autoctono dalle profondit della medesima, come voleva Hegel.
Il fatto che la sensazione dipenda dagli stimoli esteriori non nuocerebbe a questa autonomia, ma toccherebbe
soltanto le condizioni del suo sviluppo esteriore: dottrina questa implicita nella teoria platonica dellanamnesi e
che stata portata| nel clima moderno da Leibniz, Herbart e Lotze.
Il punto di partenza del Filosofo invece la constatazione che noi passiamo dal non sapere al sapere, dal non
sentire al sentire; e che il sentire avviene sempre e solo quando un dato stimolo esterno arriva agli organi in
certe particolari condizioni; che se lo stimolo viene a mancare o si muta, viene a mancare e si muta anche la
sensazione; e che quando manca un organo, o viene alterata la funzione, viene a mancare e ad essere
notevolmente alterato tutto un settore dalla nostra conoscenza. Pertanto latteggiamento di Aristotele pare ancor
oggi il pi fondato perch improntato ad una saggia valutazione dei dati di esperienza interna ed esterna.
Da questo complesso di fatti Aristotele fu portato a concludere che il conoscere nostro, ed il sentire
specialmente, nel suo aspetto oggettivo causato anzitutto dalla realt esterna e dalla buona funzione degli
organi, e non una creazione pura od una autorivelazione di ordine inferiore che lanima fa a se stessa. Una
simile constatazione, per uno spirito cos aderente alla realt qual egli era, costituiva una certezza che non
poteva essere scossa da alcuna delle difficolt circa il modo secondo il quale si svolge il processo conoscitivo
nel suo intimo: attorno alle quali difficolt, del resto, nessuno si pi affaticato di Aristotele stesso
40
.|

* * *

c) Immaterialit ed intenzionalit
In realt, per, il problema potrebbe essere presentato da un punto di vista pi concreto ed aderente alla
realt, come hanno cercato di fare gli Scolastici invocati dal Wittmann. Cos Alberto Magno osserva che
irreale il rinchiudersi nellopposizione materia e spirito, e negare qualsiasi possibilit di contatto e connessione
fra i due mondi. Si deve tener presente che i sensibili non agiscono (direttamente) sullanima, ma essi agiscono
anzitutto sugli organi del corpo, e questo non offre difficolt alcuna. Ma gli organi sono animati, ed per questo
che le impressioni delle cose sensibili possono arrivare fino allanima
41
.|
Non si pu negare anche qui che la risposta sia pertinente, specialmente quando la si connetta con il
principio della .ce ;; ma forse anche questa soluzione, cos com, lascia la impressione di essere pi formale
che reale. Sta bene che i sensibili, in quanto sono degli stimoli corporei, possano agire sugli organi di senso,
parimenti corporei, e che gli organi, cos mossi, facciano arrivare limpressione fino allanima; ma come che
degli stimoli di natura corporea, riescono, restando tali, a muovere la facolt e lanima allattuarsi formale che
il conoscere, emergenza pura sopra i processi materiali? Ecco la questione la quale, quand cos posta pare
tuttaltro che oziosa.
S. Tommaso rigett espressamente il ricorso ad un senso agente
42
e cerc per suo conto una soluzione che
fosse coerente con il sistema delle cause naturali, portando cos il problema gnoseologico nel campo metafisico
della subordinazione degli esseri. Suppone perci il Santo Dottore che i corpi naturali siano dotati di una doppia
causalit: una causalit materiale che ad essi conviene come corpi in modo proprio, ed la capacit di alterarsi a
vicenda nei processi di generazione o corruzione; ed una causalit di altro genere che si potrebbe chiamare
pretermateriale, per cui moltiplicano e fanno arrivare agli organi di senso delle eccitazioni cosiffatte, da poter
impressionare in modo non materiale la facolt e lanima appren|dente. Questa causalit, a differenza della
prima, compete ai corpi, non in quanto corpi, ma in quanto soggiaciono alle influenze dei corpi celesti e delle
sostanze separate ed hanno quindi questa causalit come partecipazione e non come proprio possesso. Secondo
il Dottore Angelico lazione degli elementi dipende dai corpi celesti, e i corpi celesti operano in virt delle
sostanze separate da cui sono mossi. I corpi terrestri ricevono dai corpi celesti una doppia comunicazione di
causalit, una causalit derivante dal moto locale di traslazione e che cesserebbe col cessare del medesimo, ed
una intenzionale derivante dalla perfezione della loro natura come tale e che continuerebbe ad esercitarsi anche
se la prima cessasse. Elementa ergo agunt, afferma categoricamente S. Tommaso, in virtute corporum
caelestium, et corpora caelestia agunt in virtute substantiarum separatarum; unde cessante actione substantiae
separatae, oportet quod cesset actio corporis caelestis, et ea cessante, oportet quod cesset actio corporis
elementaris. Sed sciendum quod corpus habet duplicem actionem; unam quidem secundum proprietatem
corporis, ut scilicet agat per motum [...]; aliam autem actionem habet secundum quod attingit ad ordinem
substantiarum separatarum, et participat aliquid de modo ipsarum, sicut naturae inferiores consueverunt aliquid
participare de proprietate naturae superioris, ut apparet in quibusdam animalibus, quae participant aliquam
similitudinem prudentiae, quae propria est hominum. Haec autem est actio corporis, quae non est ad
transmutationem materiae, sed ad quamdam diffusionem similitudinis spiritualis intentionis quae recipitur de re
in sensu vel intellectu, et hoc modo sol illuminat arem, et color speciem suam multiplicat in medio. Uterque
autem modus actionis in istis inferioribus causatur ex corporibus caelestibus. Nam et ignis suo calore transmutat
materiam ex virtute corporis caelestis; et corpora visibilia multiplicant suas species in medio virtute luminis
cuius fons est in caelesti corpore. Unde si actio utraque corporis caelestis cessaret, nulla actio in istis
inferioribus remaneret. Sed cessante motu caeli, cessabit prima actio sed non secunda; et ideo cessante motu
caeli, erit quidem actio in istis inferioribus illu|minationis et immutationis medii a sensibilibus; non autem erit
actio per quam transmutatur materia, quam sequitur generatio et corruptio
43
. Altra dunque la causalit
materiale, altra quella intenzionale che ha luogo nella conoscenza.
Essa una qualit speciale che non compete al corpo, in quanto corpo e si trova anche nel mezzo ambiente
(medium) a traverso il quale si trasmette lo stimolo, in modo per anchesso transitorio fluens e destinato a
produrre nel conoscente, ad assimilazione compiuta, una intentio quiescens, una qualit cio la quale dice un
riferimento trascendentale, che la specie conoscitiva, e per essa la facolt e lanima possiedono, alloggetto fatto
presente nella specie.
Il Brentano, il quale, come si detto, ha ripreso con vigore questa dottrina dellAristotelismo classico, ha
potuto mostrare quanto ingiustamente e senza cognizione di causa il pensiero moderno pretenda daver superato
il pensiero aristotelico. Solo la inesistenza intenzionale caratterizza i fenomeni psichici in quanto sono quei
tali fenomeni i quali contengono un oggetto in se stessi. Chi si rifiuta di accettare tale nozione, deve ridursi
con Democrito, R. Bacone, Campanella, ed ai nostri giorni B. Russell a confessare lidentit di natura fra i
fenomeni fisici e le attuazioni conoscitive.
Ma per avere uninformazione adeguata del problema, bisogna aggiungere che non ci si deve accontentare
dellintenzionalit terminale, quella del conoscente in atto, come fece il Brentano che ruzzol e fece ruzzolare
altri nel soggetti|vismo; ma bisogna anche considerarla nel medium e nei corpi stessi.
A questo modo si potrebbe dire che nel soggetto attuato la intenzionalit ha ununica direzione, quella di
riverbero dal soggetto verso loggetto; nel medium una intenzionalit doppia: verso loggetto da cui viene e
verso il soggetto a cui va; nelloggetto infine una sola direzione: quella diretta verso il soggetto a traverso il
mezzo ambiente fino ai sensi che danno inizio allassimilazione propriamente conoscitiva.
quanto si pu dire in sede fenomenologica intorno al pi oscuro mistero del problema della conoscenza
umana, ai confini della materia e dello spirito.
Una concezione di questo genere non pretende certamente di far avanzare laspetto sperimentale del
problema, ma chi quello psicologo oggi, il quale, dopo aver assistito alla proteiforme variet dei sistemi
psicologici che si sono avvicendati dalla met del secolo passato a questa parte, difenda sinceramente la
sufficienza del metodo sperimentale? Il Wittmann ha rilevato in modo efficace, nellintroduzione citata, che la
crisi attuale della moderna psicologia soprattutto una crisi speculativa. Onde ci pare che lardita concezione
tomista, ora esposta, sfrondata che sia di quelle superficialit derivanti dalle particolari condizioni di cultura del
tempo in cui sorse, sia ancora degna di qualche considerazione, anche se la stessa tradizione tomista non si
finora preoccupata troppo di valorizzarla. Il pensiero tomista autentico certamente limpido, coerente, organico,
ma non semplicista, e tanto meno amante delle sovrastrutture; vi si trova, al contrario, di continuo soffuso un
profondo senso del mistero che pongono alla nostra debole intelligenza i fatti anche pi ordinari dellesperienza,
quali lesistenza, la causalit, la conoscenza... Per questo il ricorso ai princpi metafisici supremi non un
salvataggio in extremis, come parrebbe a prima vista, ma lultima risoluzione intelligibile obbligatoria che si
possa fare dei problemi, anche se il senso intimo dei problemi sembra si ostini a fuggire davanti a noi.|
4. LA SPECIE COME PRINCIPIO DIMMANENZA
Si pu convenire che tutto questo Tomismo, non Scolastica oppure Aristotelismo. Sembra infatti che
Aristotele si sia fermato ad una descrizione puramente fenomenologica del conoscere, quale pu aversi da un
accurato esame dei dati di esperienza. Alla fine della sua trattazione analitica sui singoli sensi, riassumendo in
breve la teoria generale del sentire, egli osserva che si deve ben comprendere essere la sensibilit la capacit di
ricevere la forma senza la materia
44
. Aristotele illustra questo principio, che, come si visto, una sua
conquista personale, con un esempio significativo, quello della cera che riceve in s limpronta, cio la forma
dellanello, senza la sua materia: la cera riceve il sigillo aureo o bronzeo, ma come sigillo soltanto, e non come
oro o bronzo. Similmente anche il senso subisce lazione e si assimila ci che ha colore, suono..., non secondo il
contenuto fisico degli oggetti che portano quelle qualit, ma secondo il solo aspetto formale, secondo il quale
ciascuna di quelle qualit ha un proprio rapporto trascendentale con il senso. Cos il senso e lanima si attuano
nella formalit pura delloggetto, senza mescolarsi alla corruttibile e contingente materialit. Il principio della
.ce ; prende il suo significato teoretico qui, nel mostrare come dal mondo della corporeit possa arrivare
allanima la forma senza la materia; e quando Aristotele afferma energicamente che, se si vuol ritenere essere il
sentire un patire ed un alterarsi, si tratta di un patire ed un alterarsi di natura speciale e irriducibile a quello
fisico, era nel suo pieno diritto. Del patire,| come si detto, il conoscer creato (ed il sentire) non ritengono,
secondo la profonda avvertenza di Alessandro di Afrodisia, se non il carattere generico di passaggio dalla
potenza allatto: anzi sembra che nellattuarsi conoscitivo creato si abbia lesempio pi tipico del passaggio
dalla potenza allatto ove il contenuto metafisico delle nozioni di atto e potenza raggiunge una particolare
purezza concettuale.
Nel divenire naturale della generazione e corruzione, prima che i processi di disgregazione prodotti dalle
alterazioni qualitative siano avanzati, la potenzialit del soggetto verso la nuova forma ancora mascherata ed
ha una portata pi logico-metafisica che reale; finch la sostanza gode del tranquillo equilibrio dei suoi
elementi, lindigenza della nuova forma non pu ancora delinearsi. E quando i processi disgregativi riescono ad
avere il sopravvento su quelli conservativi, non che a stento, e dopo una resistenza pi o meno lunga, ma
sempre reale, che lagente estrinseco, ottenuta la vittoria, causa il regresso della forma precedente e provoca il
comparire della nuova forma. Nellassimilazione conoscitiva, al contrario, niente di queste contrariet, riluttanze
e rinuncie: il conoscente si attua nella forma conosciuta senza alcuna rinuncia di quanto gi possiede, n le
attuazioni precedenti costituiscono una concorrenza e un impedimento allascesa dellanima, ch anzi pi questa
si fatta doviziosa, pi cresce passi la frase nella freschezza originale e nativa e nella capacit di
assimilazione. Onde vero che il conoscere nelle creature lattuarsi puro di una potenza pura, e non un
passaggio di valore contrario indifferente, com quello di ogni generazione e alterazione corporea che pu
avvenire in tutte le direzioni e sempre in modo reversibile. Lanima, che la forma particolare presupposta
allattuazione conoscitiva, non deve rinunciare a se stessa quando passa al conoscere, ma piuttosto vi trova la
salvezza ed ogni prosperit per la possessione delloggetto. Questa possessione delloggetto resa possibile, dal
punto di vista della struttura soggettiva dellanima, per il determinarsi e il sorgere, che il sensibile produce nella
facolt e nellanima, di una particolare modificazione qualita|tiva, detta specie conoscitiva
45
. La specie
appunto quella particolare affezione, che ragione intrinseca onde lanima si trovi in tale e tale attitudine verso
loggetto
46
. La funzione della specie nella facolt nellanima adunque squisitamente metafisica e
trascendentale, ed incomprensibile che il Wittmann abbia voluto con tanta insistenza avvicinarla, anzi
identificarla con il principio delle forme fisiche della Gestalttheorie. Invece di essere lequivalente di quel
principio grossolano e materialista che il principio dellIsomorfismo, essa il suo antagonista irriducibile. La
specie, anche quella che si ha nella sensazione, rappresenta certamente la risonanza provocata dalloggetto
sulla facolt e sullanima, ma essa una risonanza nellanima e nella facolt, ed una vera ignoratio
elenchi il confonderla con i processi nervosi che avvengono negli organi periferici e nei centri cerebrali. Anche
se si dovesse ammettere, e non necessario ammetterlo per chi ritiene la posizione tomista sopra accennata
circa la causalit intenzionale partecipata ai corpi dagli esseri superiori, che sono questi processi fisiologici i
determinanti unici del conoscere, resta sempre vero che essi rappresentano la fase preparatoria e remota, che
non ancora lassimilazione oggettiva che avviene nella facolt e nellanima per via della specie. la
specie intenzionale che nel suo ordine, cio in quello soggettivo, costituisce uno status in quo del processo
assimilativo, mentre il ciclo dei processi nervosi continua normalmente il suo decorso lungo le vie afferenti ed
efferenti dei neuroni interessati dalleccitazione (periferica). Per questo si dice nellAristotelismo che alla
species come tale compete un modo di essere particolare, lessere intenzionale: la specie che
ontologicamente una qualit accidentale dellanima, gnoseologicamente quello che loggetto a cui si
rife|risce e che riferisce, perch da esso specificata e ne ripete la struttura oggettiva nella facolt e nellanima.
Questo corpo di dottrine, nonostante le ardue difficolt che pu presentare ad una penetrazione analitica,
contiene un nucleo centrale di evidenza indiscutibile e che appartiene al numero di quelle intuizioni, le quali una
volta che siano state intraviste da qualche potente ingegno, si collocano al di sopra delle vicissitudini dei tempi e
dei sistemi e non possono perire. Ed strano, e quanto mai incomprensibile, che il Wittmann abbia potuto
commettere la ingiustizia di quelle accuse a danno dellAristotelismo, e peggio ancora del Tomismo, quando in
Germania questa dottrina stata divulgata da intere generazioni di Scolastici e Tomisti, come da reputate scuole
di Aristotelici
47
, ai quali si associano nellammirazione gli stessi idealisti e perfino Hegel.
5. LIMMANENZA ARISTOTELICA SECONDO HEGEL
Riporto sullintenzionalit aristotelica le dichiarazioni di Hegel perch profonde, al solito, ed istruttive:
serviranno di riassunto allarduo problema.
Circa la sensazione Aristotele (De Anima, II, 12) Hegel dice adopera un paragone famoso, che, inteso in
un modo del tutto erroneo, ha dato spesso luogo ad equivoci. Egli dice: La sensazione la recezione delle
forme sensibili senza la materia, cos la cera accoglie in s soltanto il segno del sigillo doro, e non gi loro
stesso, ma soltanto la forma di esso. Infatti la forma loggetto in quanto universalit; e nei riguardi teoretici
noi ci comportiamo non come un che dindividuale e di sensibile, ma precisamente come un che di universale.
Altrimenti stanno le cose quando ci conduciamo praticamente, nel qual caso lazione presuppone appunto il
reciproco contatto di ci che materiale: perci anche, come Aristotele ricorda, le piante non sentono. Invece
nella recezione della forma, il materiale scompare; infatti essa non una| relazione positiva con questultimo,
che non pi cosa da offrire resistenza. Se adunque si vogliono chiamare in generale impressioni sensibili le
sensazioni, ci si arresta alla grossolanit del paragone; e da esse poi passando allanima, ci si ripara dietro
rappresentazioni, che in parte sono indeterminate, in parte non sono concetti. Si afferma allora che tutte le
sensazioni sono impresse nellanima soltanto dalle cose esteriori, allo stesso modo che la materia del sigillo
agisce sulla materia della cera; e poi si pretende che questa sia filosofia aristotelica!... Cos accade del resto alla
maggior parte dei filosofi: quando essi adducono un esempio, ognuno lo capisce e prende il contenuto del
paragone in tutta la sua estensione, come se tutto quello ch contenuto in questo rapporto sensibile potesse
valere anche per lo spirituale. Non dobbiamo adunque attenerci rigorosamente a questo modo di rappresentarci
le cose, ch soltanto unimmagine nella quale il paragone devessere considerato solo nel senso che il passivo
della sensazione nella passivit soltanto per quel che concerne la pura forma; che soltanto questa forma
accolta nel soggetto senziente ed nellanima, senza tuttavia trovarsi in essa nel rapporto in cui si trova la forma
con la cera, n come in chimica una cosa compenetra laltra materialmente. Sicch viene trascurata proprio la
circostanza principale che costituisce la differenza tra questa immagine e il comportarsi dellanima. Di fatto la
cera non assume la forma: questimpressione resta figura e conformazione esterna in essa, senza essere una
forma della sua essenza, ch, in questo caso, essa cesserebbe di essere cera. Non si riflette infatti che in tal
modo viene a mancare nellimagine appunto la recezione della forma nellessenza. Invece lanima assimila
questa forma con la propria sostanza per lappunto perch essa in s in certo modo tutto il sentito (...). Il
suddetto paragone adunque non significa altro, se non che soltanto la forma perviene allanima; non si riferisce
dunque al fatto che la forma e resta esteriore alla cera, n vuol significare che lanima, come cera, non abbia
forma in se stessa. Lanima non affatto cera passiva, n riceve le sue determinazioni dallesterno. Aristotele ha
voluto dire piuttosto... che lo spi|rito respinge da s la materia e si premunisce contro di essa, entrando in
relazione soltanto con la forma. Senza dubbio nella sensazione lanima passiva, ma il suo ricevere non come
quello della cera, anzi a un tempo lattivit dellanima: infatti dopo aver patito il senziente supera questa
passivit e se ne libera. Cos lanima trasforma la forma del corpo esterno nella sua propria, ed identica con
questa qualit astratta soltanto perch essa stessa questa forma universale
48
.
Hegel ha voluto seguire con scrupolosa attenzione la teoria aristotelica, a cui riconosce a differenza dei
moderni che trovano egualmente facile criticare Hegel ed Aristotele il merito daver gettato profondi sprazzi
di luce sulla natura della coscienza. Il filosofo dellIdea non s lasciato sfuggire la radicazione metafisica
che ha la gnoseologia aristotelica. Poich actio est in passo, il soggetto senziente in atto il sensibile in atto, ed
il sentire (ed il conoscere in generale) non si attua se non nella vitalit elevante ed unificante di una coscienza.
Vi un corpo che risuona, espone Hegel, ed un soggetto che ode: secondo lesistenza son due cose diverse, ma
ludire per s internamente ununica attivit dentrambe. Parimenti, allorch io ho la sensazione del rosso, del
duro, ecc., rossa, dura ecc., la mia sensazione medesima: cio io trovo me stesso determinato in questa data
maniera, sebbene la riflessione avverta che fuori c una cosa rossa, dura e che essa ed il mio dato sono due cose
distinte; essi sono per anche una sola cosa, rossi sono il mio occhio e la cosa. Ci che importa appunto questa
differenza e questa identit: e questo dimostra Aristotele nella maniera pi vigorosa e questo tien fermo. La
riflessione della coscienza la posteriore distinzione tra soggettivo ed oggettivo: sentire appunto il
superamento di questa separazione, quella forma didentit che astrae da soggettivit e oggettivit. Il semplice,
lanima nel senso proprio e lio, nel sentire lunit nella differenza
49
.
Laccentuazione fatta dal Hegel dellinteriorit a scapito| del riferimento allesteriorit (intenzionalit)
certamente un effetto dei suoi preconcetti; la nostra citazione ha avuto soltanto lo scopo di segnalare
lentusiasmo hegeliano per il grande Greco e forse lindicare qualche punto ove le due mentalit si possono
incontrare: lidentit intenzionale di conoscente e conosciuto.
Riprendiamo brevemente il principio dellunit che fanno, nellatto del sentire, il sensibile ed il senziente,
toccato da Hegel con molto acume ma con palese tendenziosit. Il Filosofo nel III libro del De Anima riassume
nei termini seguenti i princpi maestri della sua teoria sulla sensibilit.
1) Il vedente stesso (quando vede) in un certo senso colorato; poich ciascun sensorio (at c te|)
recettivo del sensibile (at ceu) senza la materia: perci anche quando i sensibili si allontanano (hanno cessato
di esser presenti), le sensazioni e le imagini persistono nei sensor.
2) Ora latto del sensibile e quello del senso sono un solo e medesimo atto, bench il loro essere
(naturale) non sia lo stesso: voglio dire, per esempio, che il suono in atto e ludito in atto sono unidentica cosa.
Si pu infatti avere ludito e non intendere, e ci che dotato di sonorit non risuona sempre. Ma quando ci
che in potenza di udire passa allatto e ci che in potenza di risuonare risuona, si producono allora, nel
medesimo tempo, e ludito in atto e il suono in atto, dei quali si potrebbe dire che luno laudizione, laltro la
sonazione.
3) E se invero, il movimento, lazione e la passione, sono in ci che fatto oggetto dellagire (. | a
:eteu. |a ), necessario che il suono e ludito in atto si trovino in ci che era (tale) in potenza. Perch latto di
ci che attivo e motivo si trova nel paziente: per questo non necessario che il motore si muova. Pertanto
latto del (corpo) sonoro o suono (rispetto alloggetto) o sonazione (rispetto allorecchio), e latto di ci che
pu udire o (semplice) udito o audizione (in atto); poich in due modi (si dice) ludito ed in due modi pure il
suono. Lo stesso si deve dire per le altre sensazioni e per gli altri sensibili. Come infatti lazione e la passione
sono nel pa|ziente e non nellagente, cos tanto latto sensibile come latto del sensitivo sono nello stesso
sensitivo... Poich, adunque, latto del sensibile e quello del sensitivo sono un solo atto, necessario che ludito
ed il suono cos intesi vengano meno e sussistano insieme e lo stesso dicasi del sapore e del gusto e delle altre
sensazioni; ma questo non necessario se (senso e sensibile) sono detti essere in potenza. Ma gli antichi
naturalisti non dicevano bene intorno a questo punto, opinando che il bianco ed il nero non esistessero senza la
vista, n il sapore senza il gusto. Ci che essi dicevano esatto sotto un aspetto, inesatto sotto un altro: poich
tanto la sensazione come il sensibile si dicono in due sensi, o secondo che sono in potenza o secondo che sono
in atto, per questi ultimi vale ci che essi hanno detto, non vale per gli altri. Ma quei filosofi parlavano
indistintamente di cose di cui non si doveva parlare indistintamente (De Anima, III, 2, 426 a, 1-26).
Rileviamo il principio fondamentale, su cui s fermato Hegel. In A. lessere reale proprio del sensibile e del
senziente, e cio il sensibile in potenza ed il senziente in potenza, sono diversi: ma il sensibile in atto ed il
senziente in atto formano un unico e medesimo atto. Qui Aristotele, come anche nella Metafisica (IV, 5, 1010 b,
32) fa supporre chiaramente che il sensibile pienamente in atto (solo) nella facolt apprensiva di cui oggetto,
mentre nella primitiva esposizione della teoria (Cat. 7 b, 36, 8 a, 12) egli riteneva che il sensibile antecede la
sensazione e non vien distrutto con la distruzione di questa. Lultima teoria certamente pi metafisica ed anche
gnoseologicamente pi matura: essa mostra fino a qual punto, nellultima fase del suo pensiero, il Filosofo si sia
consapevolmente accostato al realismo naturalistico di Democrito.
La natura il regno della soggettivit, della individualit, della limitazione; la conoscenza invece quello
della oggettivit e della universalit. Non si deve perci pensare che risulti nellanima come una copia, un
calco delloggetto esterno, come crede lempirismo; ma da pensare che lanima stessa la quale, attuata in
un primo tempo dallazione delloggetto, attua poi se stessa e tende gradatamente, a seconda del|le possibilit
soggettive ed oggettive di cui dispone, a convertire linfinit sua di potenzialit in infinit di attualit.
Aristotele, a differenza tanto dellIdealismo platonico come del Fisicismo democriteo, non si cos fissato nel
rivendicare la specificit del fatto conoscitivo, che non ritenga parimenti necessaria linserzione del medesimo
nellordine pi generale delle attuazioni della natura, come lo indica il procedere serrato di questa sua
discussione. Nella quale egli ricorre, in modo imprevisto, alla teoria generale della causalit che concepisce
lattuarsi, non come uno spostamento locale, una trasmissione rigida di atti e forme che avvenga dallesterno,
ma come il passare allatto di una potenza, cio del fondo ontologico del soggetto sotto lazione dellagente.
Lagente esteriore si fa presente al paziente con la sua azione, e lazione propriamente attuazione non in
quanto ancora nellagente, ma in quanto ormai operante nel paziente. Operante che cosa? il passaggio della
potenza allatto nel paziente stesso. Azione e passione stanno quindi ad indicare una identica realt, quella
dellatto e della perfezione, che azione considerata rispetto al principio che lha prodotta e passione rispetto al
principio che la riceve. Il termine di questo processo e movimento lattuazione del paziente nellatto e
perfezione a cui lo ha mosso lagente.
E poich lagente opera sempre per via del suo atto primo, la forma sostanziale, la causalit va allora
concepita come espansione, moltiplicazione ontologica, ed il regno della conoscenza una festa continua di
questo sviluppo estensivo ed intensivo delle forme. Laccostamento della teoria della conoscenza a quella
metafisica della causalit, bench nellordine logico delle idee avrebbe dovuto precedere, molto accortamente fu
riservata da Aristotele ad un momento pi propizio, quando ormai lanalisi fenomenologica, iniziata nel Cap. 5
del lib. II, si era sufficientemente consolidata. Per questo la riduzione del conoscere ad un processo di
assimilazione e di attrazione, non deve far perder di vista loriginalit della conoscenza: se nella conoscenza c
azione e passione, questi termini assumono in essa un valore nuovo, quello dindicare che il processo ter|mina
ad una forma-oggetto, ad una forma che atto di una potenza (la facolt), senza essere forma di una materia,
cio ad una forma che, per rispetto alla forma del divenire naturale, qualcosa come un atto puro: essa al
soggetto non porta che perfezione, libera dalla condizionalit e quindi dalle imperfezioni proprie della
soggettivit materiale. La conoscenza sensoriale il primo tentativo di una liberazione della forma dalla
materia. E la grande difficolt per una retta comprensione della teoria aristotelica del sentire sta nel fatto che
essa resta a mezza via fra la spiritualit dellassimilazione intellettuale e la causalit materiale, partecipando in
due momenti realmente distinti sia delluna come dellaltra. La posizione di Aristotele viene quasi ad essere
come una .ce ; anchessa, fra le due posizioni antagoniste. Una teoria adeguata della percezione umana deve,
fin dove possibile, mostrare la natura ed i limiti di questa doppia partecipazione per cui la percezione
sensoriale realizza appunto il fatto di essere una conoscenza vera, pur essendo applicata al concreto contingente.

* * *
Sar opportuno riassumere in brevi punti i risultati di questa complessa indagine intorno alla nozione
aristotelica di assimilazione conoscitiva.
1) Il sentire, in quanto una forma di conoscenza, non la semplice attrazione fisica del simile sul
simile (Democrito) o del simile sul dissimile (Anassagora), ma, come ogni assimilazione vitale, la recezione di
ci che allinizio era dissimile e che poi stato fatto simile.
2) Lassimilazione vitale conoscitiva avviene per lentrare in atto, in due momenti successivi,
dellazione delloggetto e delloperazione della facolt e dellanima.
3) Il primo momento quello della causalit delloggetto (dello stimolo) sullorgano animato dalla
facolt; lorgano per il particolare temperamento, dato dalla propria struttura fisica, naturalmente disposto a
ricevere un certo| genere di stimoli e a rilevarne le differenze: principio della .ce ;.
4) Per via di questo principio, nel secondo momento dellassimilazione, la facolt e lanima giudicano
della struttura delloggetto stimolante e ritengono in s, come qualit rappresentativa (intenzionale), la forma o
specie delloggetto qual data appunto da questapprezzamento percettivo.
5) Per conseguenza la facolt e lanima si attuano nella forma delloggetto come ci che in potenza si
attua nel proprio atto: non per come la materia nella forma, ma piuttosto come atti in atti e forme in forme,
come atti e forme perfettibili in atti e forme perfettive.
6) Pare che lazione delloggetto sul senso non si esaurisca nellenergia fisica che lo stimolo porta
allorgano, ma presumibile che lo stimolo sia il veicolo che porta, assieme ed entro lenergia fisica, una
qualche qualit ordinata propriamente alla assimilazione conoscitiva.
7) La qualit sensoriale ha la sua propria attuazione nel senso attuato dal sensibile, non nel senso o nel
sensibile considerati separatamente ed antecedentemente allatto del sentire. Il senso in atto ed il sensibile in
atto sono una sola ed identica cosa; altrettanto si dica dellintelligibile e dellintelletto nellatto dellintellezione.
questa nozione aristotelica di conoscenza, anche secondo Hegel, una delle conquiste pi imperiture del
pensiero. Essa doveva formare il punto di partenza della nostra ricerca gnoseologica circa i problemi moderni
della percezione.|



CAPITOLO SECONDO

LORGANIZZAZIONE PRIMARIA
SOMMARIO. Lintegrazione percettiva nella Neoscolastica: tendenze associazioniste (Peillaube, La Vaissire, Maher, Mercier, De
Broglie), Neoscolastica e Gestalttheorie (Lindworsky-Grnder, Gemelli-Michotte-Moore). La percezione immediata dei sensibili
comuni: controversia degli Aristotelici moderni, analisi del testo aristotelico, controversia averroista-albertista-tomista. Il senso
comune e lorganizzazione primaria dei dati sensoriali: la teoria aristotelica della coscienza sensibile. Riassunto e nota critica a J. I.
Beare.
1. LINTEGRAZIONE PERCETTIVA NELLA NEOSCOLASTICA
a) Le tendenze associazioniste
stata una caratteristica della ripresa del pensiero tradizionale di tenere un occhio vigile sopra i progressi
dellindagine sperimentale nellintento dinserire le nuove conoscenze sulla struttura del reale entro il sistema
dei princpi speculativi. Opera ardua per la intemporalit dei princpi stessi e la caducit frequente dei risultati o
conclusioni della scienza: ma daltronde esigenza urgente per una filosofia, quale laristotelica, che pretende di
adeguarsi al reale sulla base di una osservazione oggettiva.
La complessa teoria aristotelica della sensazione ha mostrato il generoso sforzo fatto dal Filosofo per
superare le posizioni antagoniste di Democrito e di Anassagora. Eppure cia|scuna di esse aveva aperto, o pareva
aprisse, uno spiraglio di luce sul misterioso mondo del conoscere! La posizione democritea, che spiegava tutto
in funzione dei fattori esteriori di figura, movimento e posizione..., era riuscita ad una spiegazione del mondo
internamente coerente, anticipando nei concetti le posizioni della fisica moderna. La concezione di Anassagora,
che affermava la priorit causale delle qualit reali nella conoscenza sopra quelle formali, tendeva a frenare il
meccanicismo democriteo che sacrificava una vasta zona della esperienza, vale a dire tutto il mondo delle
qualit sensibili.
Aristotele, al suo tempo, ha voluto conservare i vantaggi di ambedue le soluzioni con la propria teoria
dellassimilazione intenzionale. Ed oggi da molte parti si auspica un ritorno alla sua soluzione intermedia, la
quale qui, come altrove, costituisce, nella temperata eleganza delle linee e la saldezza dei princpi, uno dei frutti
pi maturi della prodigiosa anima greca.
Ma questedificio ancora abitabile? Si pu esso reggere in piedi dopo tante tempeste e rivoluzioni che
hanno fatto rovinare altri edifici, nella citt del pensiero, non meno venerabili ed imponenti di quello del
Filosofo? Queste preoccupazioni non sono oziose di fronte ai complessi problemi suscitati dalla Gestalttheorie.
Una soluzione adeguata non pu essere prospettata che dopo una ripresa a fondo degli stessi problemi da un
punto di vista strettamente gnoseologico, secondo il quale la stessa nozione di assimilazione intenzionale ha da
articolarsi secondo i gradi della sintesi percettiva.
curioso il constatare che il problema della Gestalt sia stato quasi completamente ignorato, almeno fino a
poco tempo fa, da cultori della psicologia aristotelica: eppure si tratta di un problema che con larticolo di Cr.
von Ehrenfels (1890) od almeno con quello del Wertheimer (1912) pu vantare una vera continuit di ricerche,
che ha preteso di dare, alla fine, una spiegazione totale di tutta la conoscenza.
Il fatto, forse, si pu spiegare prima per un certo carattere di indecisione dei primi tentativi sistematici della
teoria e poi per il carattere violento e rivoluzionario assunto nellindi|rizzo definitivo della Scuola di Berlino: il
P. Barbado, non molti anni fa, osservava, al proposito, che le dottrine si trovano ancora in un periodo di
fermentazione tumultuosa e (che) non giunta lora di fare una sintesi, n di rilevarne il profitto reale che
possono conferire alla psicologia, n come mutino il concetto di questa scienza
1
. Sta di fatto per che la teoria
aveva raggiunto presto, particolarmente per opera del penetrante ingegno del Wertheimer, tutti i suoi princpi
essenziali.
Comunque, non da fare un torto alla Neoscolastica di non aver preso visione del progresso degli stud
psicologici. Se c un lieve rimprovero da fare sarebbe al pi quello di avere essa, ai suoi iniz, aderito troppo
velocemente alle correnti psicologiche associazioniste che allora tenevano il campo e di averne tentata, con
soverchio ottimismo, unassimilazione ai princpi dellAristote-lismo. Di qui il disagio e limbarazzo che
provano attualmente alcuni Neosco-lastici, anche Tomisti, di fronte alla posizione nuova dei problemi.
Il P. Peillaube, del resto eccellente psicologo e filosofo, descriveva la percezione: Un complexus dtats
psychologiques, de sensations, dimages, de souvenirs, de jugements et de raisonnements propos dune
impression actuelle; une fusion des objets reprsents par la sensation avec les objets reprsents par les images
associes
2
. A questa definizione il P. De la Vaissire, faceva seguire nella 6 ed. del suo noto manuale un
candido commento nel quale si citano lo James e perfino il Titchener: La perception au sens strict a donc deux
caractres; subjectivement elle est compose dun ensemble de sensation et dimages; objectivement elle groupe
en un seul les objets reprsents par ces actes de connaissance. La perception stricte ne comprend donc pas
toutes les images voques par une sensation, mai seulement celles dont les objets reprsen|ts sont synthtiss
avec lobjet de la sensation. Ma perception de mon bureau, dit James, est toute entire faite dattributs
actuellement sentis et dattributs autrefois sentis, maintenant reproduits et composs avec les autres dans lunit
dun mme objet . Comme le dit encore Titchener: Cest une loi de la psychologie que, lorsque les qualits
sensibles se combinent pour former ce quon appelle une perception, le rsultat de leur combination nest pas
une somme ou un rapicetage, mais un systme et un dessin . Cette union dattributs reproduits conclude il
De la Vaissire in perfetta intonazione ai due autori citati en un mme objet se fait en vertu dhabitudes, des
synthses anciennes que ressuscitent les tendances du moment; la perception revt ainsi lobjet des qualits que
lexprience passe a constat lui tre habituellement unies ou dattributs que certaines tendances actuelles
inclinent unir lobjet (LA VAISSIRE, J., n. 37, 152).
Pi pittoresca e significativa la descrizione che fa del processo percet-tivo un altro egregio scolastico, M.
Maher: Mentre passeggio per la campagna, dimprovviso sento un suono familiare ed esclamo: Sento il mio
grosso cane bianco che abbaia nella strada, alla mia destra, alla distanza di 80 yards. Ma mi basta una lieve
riflessione per convincermi che il senso delludito contribuisce solo in piccola parte a quellatto di percezione.
Intorno alla distanza, grandezza e colore dellagente che ha causato il rumore, il mio orecchio da solo nulla pu
riferire. Esso mi presenta solo una sensazione uditiva di una particolare qualit e di una intensit pi o meno
grande: i restanti elementi della conoscenza sono riproduzione di esperienze passate. Si dica lo stesso per altri
casi; le inferenze inconscie, le deboli associazioni fornite dagli altri sensi, collegandosi al testimonio diretto di
un senso particolare dnno la illusione, dopo un certo tempo, dellimmediatezza delle rivelazioni delloggetto.
Queste cognizioni inferenziali e indirette possono esser dette percezioni acquisite del senso in questione
[ludito]. compito dello psicologo di analizzarle nei loro elementi primitivi per accertarsi quali sono i dati
ultimi forniti da ciascun senso e per tracciare le tappe principali del processo| che conduce a questo risultato
3
.
Lortodossia associazionista di queste descrizioni mi pare non ammetta dubb: eppure il P. Maher nel capitolo
precedente aveva approvato e adottato la teoria di W. Hamilton della percezione immediata, cio presentativa,
contro quella rappresentativa del Berkeley e del fenomenismo inglese!
4


Merita di essere ricordata a parte, sia pur con lievi cenni, lopera indipendente di un filosofo cristiano del
secolo XIX, labate DE BROGLIE, sia perch anche a tuttoggi non priva di interesse, sia perch come non
raramente succede ai ricercatori solitar stata troppo presto dimenticata. Nella grande opera in due grossi
tomi: Le Positivisme et la Science exprimentale (1871), volendo fare argine al fenomenismo di H. Taine, il De
B. si chiedeva: C accordo od opposizione fra il fenomenismo e la scienza sperimentale? in altre parole:
possiamo noi dire di percepire veramente le sostanze e le cause?.
Il De B. si fa premura di distinguere anzitutto fra percezione interna e percezione esterna ritenendole
soggette, ciascuna, a leggi proprie.
Quanto alla percezione esterna, che verte sul concreto materiale, egli ritiene fondata la persuasione del senso
comune di una conoscenza immediata dei corpi, poich ci impossibile di far qualsiasi osservazione fisica,
senza appunto vedere o toccare una realt; aggiunge subito per che tale persuasione suscettibile di ulteriori
precisazioni, onde ci si possa render conto della formazione graduale del nostro conoscere. Dellanalisi, spesso
prolissa che il De B. fa della percezione, rilevo solo i punti pi salienti.
1) Le sostanze sono direttamente osservabili. La percezione, tanto interna come esterna, le raggiunge
senza lintermediario di alcun ragionamento: non vero che noi percepiamo solamente dei fenomeni per tirarne,
con ragionamenti, le|sistenza della sostanza. La realt che noi osserviamo delle sostanze in quanto sono
rivestite della loro qualit e sono soggette ai fenomeni; per questo la sostanza concreta il dato immediato
dellosservazione; le qualit ed i fenomeni sono invece il risultato di una decomposizione ulteriore attorno a
questo dato immediato, fatta dallastrazione. Les substances nous sont connues directement par lexprience, il
ny a point de synthse faire, leur unit est antrieure leur division abstraite (I, 171). Le bon sens affirme
sans hsitation que nous connaissons les personnes et les choses, que le concret prcde labstrait, que labstrait
a t tir du concret. Jamais on ne fera croire au bon sens quil a form lide du moi avec des sensations, ni que
les corps sont des composs des formes abstraites et des mouvements idaux (I, 185). Nous percevons donc
les corps, et les corps sont des substances. Les qualits qui distinguent les corps, leur forme, leur tendue, leur
impntrabilit, sont sans doute aussi lobjet de notre perception, mais cette perception est simultane cette du
corps lui-mme; cest le corps tendu, le corps rond ou carr, le corps impntrable que nous voyons et que nous
touchons. Ce nest quensuite que labstraction dgage ces ides distinctes dans la premire notion du corps, qui
nous a t fournie par la perception (I, 166). La consquence de cette doctrine, cest que la notion de
substance est la notion exprimentale par excellence. Cest que la substance se trouve contenue dans la premire
donne de lexprience. Cest quelle est le premier de tous les faits, le premier de tous les objets dobservation
(I, 200).
2) Nei riguardi della percezione esterna il De B. avanza prudentemente una riserva molto importante. Il
mondo esterno risulta di una complessit di esseri, dotati di propriet assai diverse di cui le une si presentano ai
nostri sensi quasi spontaneamente; altre, invece, restano nascoste nel profondo ed esigono accurate
investigazioni scientifiche. Le sostanze materiali, perci, non tutte possono essere oggetto di percezione
immediata. Tuttavia questa limitazione non esclude il fatto ordinario della percezione delle sostanze, ci che
avviene soprattutto quando vista e tatto i due sensi oggettivi per eccellen|za operano integrandosi a vicenda:
in queste condizioni, libri, tavole, sedie e animali, possono ben esser detti oggetti immediati della nostra
percezione. Ma non questa una ripetizione dellimmediatismo di Th. Reid? Per niente, risponde il De B.;
secondo il Reid la percezione era unoperazione misteriosa che avviene direttamente e senza intermediario: era
un fatto puramente parallelo a quello della sensazione. La percezione va invece detta una interpretazione, una
traduzione di certi segni sensibili che noi sentiamo nei nostri organi, e questo sempre ritenendo che il corpo
esteriore loggetto diretto dellosservazione. Linterpretazione di cui si parla, suppone che le sensazioni non
abbiano valore di oggetti, ma soltanto di segni dei medesimi. Si hanno perci nella percezione tre momenti:
a) la percezione dei segni sensibili, ovvero la recezione spesso incosciente dellimpressione organica (spesso
non conoscenza); b) linterpretazione dei segni sensibili o percezione detta dei corpi, ci che costituisce il
vedere e il toccare; c) la decomposizione della nozione ottenuta dai sensi, la distinzione della qualit e dei
fenomeni, cio la descrizione delloggetto visto e toccato. superfluo il notare che i tre momenti si possono
susseguire con estrema rapidit (I, 167-169).
3) Limmediatezza psichica della sostanza si badi bene non in contrasto con una conoscenza pi
completa ed esplicita, dovuta principalmente allastrazione; n tale immediatezza si oppone ad un processo di
costruzione delloggetto, che il De B. ascrive allassociazione delle idee, da lui indicata con il termine, preso
dallHelmholtz, di induzione incosciente. Tale induzione consiste nel connettere un segno ad un oggetto il
quale, nelle esperienze precedenti, ad esso stato unito in tal modo che, allapparire del segno, noi crediamo
alla presenza delloggetto. Quando labitudine ha congiunto un fantasma visuale alla forma in rilievo di un
oggetto conosciuto, questo fantasma si presenter sempre con lo stesso rilievo, indicando lo stesso oggetto.
Avendo labitudine dimostrato come dalle sensazioni di accomodamento e dal disaccordo (disparit) dei
fantasmi visuali dei due occhi sorga la| percezione di un certo rilievo e di una certa distanza, tutte le volte che
vediamo apparire un fantasma visuale accompagnato dallinsieme di queste particolarit, lo vediamo con tale
rilievo ed a quella distanza. Linduzione incosciente il mezzo principale per leducazione dei sensi e va
accuratamente distinta da quella scientifica. Mentre questa tende alla formulazione di leggi astratte, quella
invece tende a dare un senso determinato ai segni concreti e individuali: non si cerca in essa perch tali
fenomeni sono prodotti, ma quale cosa tali segni significano; non lantecedente nellordine della realt a cui
essa ci porta, ma il conseguente nellordine della assimilazione conoscitiva.
Unultima precisazione. I segni sono secondo il De B. in s tanto oscuri che non ci possibile stabilire
paragone alcuno fra le sensazioni muscolari impercettibili e le forme tangibili che percepiamo. Lunione fra il
senso e la cosa significata lessenziale di questa teoria non si opera allo scoperto, ma nel fondo stesso
del nostro essere; si stabilisce cio un rapporto diretto fra la parte sensibile e la parte intellettiva. in questa
connessione, che hanno le sensazioni con le nozioni intellettive, che consiste il percepire, nellassociazione,
cio, fra un segno (la sensazione), ed una nozione derivante dallintelligenza. Bisogna ammettere che la natura
fornisca alcuni elementi inderivabili, gli organi di senso e la loro ordinazione naturale ai propr oggetti; e poi
lesistenza di istinti, insiti agli organi, onde questi possano passare allatto in un dato modo, cosicch certe
nozioni vengono unite spontaneamente a certi segni. Infine, per spiegare il passaggio dal soggettivo
alloggettivo, la natura deve fornire alcune nozioni primitive, le quali siano la traduzione immediata dei segni
pi semplici e ci servano di chiave per loggettivazione dellesperienza ulteriore e di fondamento per le
costruzioni percettuali pi complesse.
Se il De B. vivesse ancora, si pu esser certi che con quel suo senso penetrante dei problemi psicologici,
sapplicherebbe ad una ripresa pi integrale della posizione aristotelica e lascierebbe cadere anche gli ultimi
presupposti della feno|menologia associazionista che perseverano nel kantismo empirico helmholtziano.
b) Neoscolastica e Gestalttheorie
Della psicologia dellHelmholtz e del Wundt, a cui si arrest la maggior parte dei Neoscolastici e lo stesso
grande Mercier, oggi non restano che i notevoli contributi di misurazioni psicofisiologiche: tutto il resto
caduto. La concezione psicologica, che restava nel fondo essenzialmente associazionista con qualche nervatura
kantiana, ha dovuto cedere il posto alla nuova psicologia totalitaria.
Come ogni movimento reazionario, che sorga da forze giovani, la teoria della Gestalt ha iniziato la sua ascesa
con il programma di buttare a mare tutte le concezioni precedenti. Pretesa certamente esagerata e della quale
oggi possibile, come si visto, dare un apprezzamento pi oggettivo onde opportuno che una buona volta si
rompano gli indugi. Questi difatti sono stati ormai rotti, non dai filosofi di professione, ma dagli psicologi
sperimentali, i quali, per lindole stessa della loro attivit scientifica, dovevano incontrare inevitabilmente il
nuovo problema, e pronunciarsi al riguardo. Solo da lamentare che anche questa volta i pareri non abbiano
raggiunto lauspicata comune intesa. Per alcuni, infatti, il problema della Gestalt senzaltro liquidato come uno
pseudo-problema; altri persistono a mantenere un prudente riserbo, e solo pochi pensano che il problema reale,
e che non tutto, nella teoria dei Gestaltisti, va rigettato, ma c in essa qualcosa che pu benissimo accordarsi ed
essere incorporata con la psicologia aristotelico-tomista.
Ad esempio della prima categoria si possono citare i due valenti gesuiti GRNDER e LINDWORSKY. Il primo
si sbriga del problema con non minore brevit che sicurezza: Dr. Koehler seems to think that when we observe
the behavior of other men or of animals or of chimpanzees in particular, insigth is not a matter of
interpretation but of direct experience. If such be the meaning of Dr. Koehlers statements, they must| be met
with a simple denial
5
. Anche il Lindworsky non ha un tono pi conciliativo, ed, a suo parere, questo nuovo
indirizzo al tutto superfluo, poich le moderne indagini sullattivit psichica, in particolare quelle sullattivit
volontaria e sui processi conoscitivi superiori (Willens-Denkspsychologie), non hanno bisogno per niente dei
nuovi princpi della Gestalttheorie: Die Struktur-Gestalt-und Ganzheits-psychologen beachteten, dass es
seelische Gebilde gibt, die nur als Ganze aufgefasst werden knnen, nicht aber als eine blosse
Zusammensetzung aus Teilen. Es sind Gebilde, die Eigenschaften besitzen, die dem Ganze anhaften, sog.
Komplexqualitten. Aber es htte ganz und gar nicht dieser oppositionellen Richtungsbildungen bedrft, die
sorgsam fortschreitende experimentelle Forschung stiess ohnedies auf solche Dinge
6
.
Di fronte a questi severi atteggiamenti sta il fatto curioso che la prima indicazione e il punto di partenza della
Gestalttheorie, venuto proprio da una scuola aristotelica, quella di Franz Brentano, ed ormai luogo comune
nelle trattazioni moderne di Biologia e Psicologia il vedere nella nozione biologica di Ganzheit e in quella
psicologica di Gestalt un contenuto aristotelico, e come un indizio del ritorno che fa la scienza pi moderna,
dopo tanta aberrazione di meccanicismo e associazionismo sensista, verso le concezioni fondamentali, di Chi
meritamente ritenuto il padre dellindagine sperimentale in Occidente nelle scienze della Vita
7
.

Pare, pertanto, pi fedele allo spirito della tradizione latteggiamento favorevole che altri sperimentalisti
hanno preso rispetto alla Gestalttheorie, come il benedettino P. Thomas| Verner Moore della Catholic University
of America di Washington, P. Gemelli dellUniversit Cattolica di Milano, e J. Hector
8
, un discepolo di G.
Dwelshauvers, allIstituto Cattolico di Parigi: e Michotte, dellUniversit Cattolica di Lovanio, che,
cronologicamente, fu il primo assieme al Gemelli ad interessarsi della questione. In altre parole, la nuova teoria
ha interessato in modo positivo, suscitando fruttuose ricerche, i massimi centri di cultura cattolica, non
strettamente ecclesiastici, e ci non poco. Non si creda per che questi Autori abbiano accettato in fascio tutti
i princpi e i postulati puramente sistematici della Gestalttheorie; ch, anzi, hanno fatto seguire alla propria
adesione alcune riserve di carattere fondamentale. Opportunamente essi hanno messo in rilievo due aspetti che
vanno nettamente separati nella nuova psicologia, laccettazione del fatto della Gestalt, e ladesione alla
Gestalttheorie, quando questa sia intesa secondo gli sviluppi sistematici della scuola di Berlino: si pu
benissimo ritenere il primo, senza essere obbligati al secondo, qualora esso risulti arbitrario e infondato. In
particolare essi deplorano, come ingiustificata a carico dei Berlinesi, la svalutazione assoluta dei dati sensoriali
primar: la percezione pu ben restare il fatto ordinario e pi importante della vita psichica, ma da questo non
segue che la sensazione elementare sia al tutto priva di valore conoscitivo, e non possa esser considerata la
prima forma e il punto di partenza del conoscere.
Parimenti rigettano il principio delle physischen Gestalten, non solo perch gratuito, ma anche perch
implica una concezione sensualista, anzi materialista, della psiche.
Per labbandono dellaspetto sistematico della teoria, il principio delle forme fisiche, quei neoscolastici
hanno dovuto pensare a qualche altro principio che fosse ragione della specificit ed unit della Gestalt:
anchessi, come lo Janet, lo hanno trovato, non in basso, in combinazioni fisico-fisiologiche, ma in alto, nelle
funzioni superiori dellintelligenza. Ci che nel processo percettivo pi importante, non la Gestalt,| come
struttura ed organizzazione di elementi sensoriali, ma un fattore nuovo, il significato che la Gestalt viene ad
avere per il soggetto, e per il quale soltanto essa pu emergere rispetto al fondo. Il P. Gemelli, con i lavori
personali e con quelli della sua scuola, ha approfondito in modo particolare questo aspetto del problema ed ha
potuto avere dei risultati che sembrano di valore decisivo
9
.
Lapparizione distinta di una forma nel campo dellattenzione era per i soggetti come la conclusione
naturale di un processo pi o meno complesso, a seconda della natura della Forma stessa, ma nel quale possiamo
osservare alcune fasi ben definite, e soprattutto due momenti essenziali: uno preliminare, lorganizzazione dei
dati sensoriali, ed uno terminale, quello che il Michotte ha chiamato opportunamente la prise de
signification
10
.
In questa ripresa a fondo del problema della percezione, i Neoscolastici non hanno voluto fermarsi sulle
asserzioni generali, ma hanno trovato che questo (loro) modo di concepire la percezione ha dei punti di
somiglianza veramente sorprendenti con la psicologia aristotelico-tomista della percezione: spetta al P. Moore
il merito daver tentato, per primo, questo avvicinamento, e al P. Gemelli quello della riprova sperimentale.
Secondo il P. Moore la Gestalttheorie, quale ci presentata nellatteggiamento configurazionalista della
Scuola di Berlino, non trova una corrispondenza esatta nella filosofia greca; ma la chiara realizzazione della
necessit di arrivare ad una sintesi sensoriale fu raggiunta per la prima volta da Aristotele, che nella sua teoria
riusc a fondere i fattori di valore positivo, che saranno separatamente riconosciuti poi da Hume, Meinong,
Khler, per la netta distinzione e, ad un tempo, continuazione e collaborazione da lui posta fra conoscenza
sensitiva| ed intellettiva. Per Aristotele i sensi speciali (esterni) percepiscono delle qualit specifiche che sono il
loro oggetto proprio, i sensibili propr; ma vi sono altri contenuti percettivi i quali non diversificano alcun senso
particolare, ma possono esser percepiti in due o pi modi, e questi hanno un certo qual centro comune che
stato detto da Aristotele set| at cct;, termine che gli Scolastici hanno tradotto con sensus communis
11
. Il
sensus communis avrebbe per oggetto (proprio) quelle qualit comuni, dette set|a at ca , sensibilia
communia, indicate dal Filosofo in numero di cinque: movimento, quiete, grandezza, figura, numero. Anche S.
Tommaso insegna che il sensus communis un certo potere nel quale termina la attivit di tutti i sensi, e cos la
forma, la grandezza e gli altri sensibili comuni non sono percepiti mediante un senso particolare, bens mediante
il senso comune
12
.
Lorganizzazione dei dati sensoriali, che i Berlinesi hanno studiati sotto il termine Gestalt, nella psicologia
aristotelico-tomista va riferita al senso comune: il senso comune che conduce a termine il primo momento del
processo percettivo, la Gestaltung. La funzione del senso comune quella per la quale operata la sintesi
sensoriale: esso raccoglie, fonda, organizza i dati forniti dal mondo esterno. Ma| tutto questo, come si gi
detto, non basta; occorre inoltre interpretare questi dati, ed su questo punto che la spiegazione della scuola di
Berlino viene a mancare. Linterpretare, il comprendere stato riconosciuto da Aristotele come differente dalla
funzione del senso e dalla sintesi sensoriale del senso comune: esso spetta allintelletto, il quale non si serve
propriamente dei dati forniti dai sensi esterni, bens della sintesi sensoriale, formata e fornita dal senso
comune
13
. In altre parole, le organizzazioni sensoriali che precedono e condizionano i processi intellettivi sono
i phantasmata del senso comune.
Per comodit prospetto brevemente il problema a questo modo: dato che il momento terminale della
percezione attribuito ai processi intellettuali, non avulsi dallesperienza, ma preparati da essa, ci si domanda:
in cosa consiste e come avviene la preparazione, cio lorganizzazione dei dati sensoriali desperienza attuale e
passata? Questa organizzazione sensoriale si riduce alla percezione dei sensibili comuni? veramente il
senso comune la facolt dei sensibili comuni? Compete, poi, al senso comune lelaborazione, la
preparazione del phantasma che ordinariamente condiziona lintendere?
Assieme a questi Autori, sono nella ferma convinzione dellattualit dei princpi aristotelici per una
discussione sostanziale dei problemi suscitati dalla Gestalttheorie. Quando i Peripatetici dice il Ferri
discutevano questioni come queste: se un senso o un altro percepisca tutti i sensibili comuni o solo una parte, e
se essi sensibili si percepiscano per specie propria, evidentemente essi penetravano nei seni pi riposti
dellAnalitica della cognizione e ricercavano con pi o meno esplicita coscienza quali siano le condizioni
dellesperienza immediata e intuitiva e quali quelle della mediata e intellettiva, quali gli elementi che la prima
contiene propriamente in s e quali quelli che non pu dare e che contiene soltanto sotto| una forma diversa,
trasformabile e trasformata realmente nella seconda
14
. Senonch, studiando il contenuto della psicologia
aristotelica direttamente sui testi e lo sviluppo che va dai Commentatori greci fino agli Arabi ed ai Medievali,
mi sono trovato di fronte ad ardue discussioni proprio nei riguardi del problema ora accennato, delle quali ho
pensato di dare, in modo sommario per ora, qualche informazione. Dar prima uno schizzo elementare della
posizione aristotelica originale e poi dello sviluppo polemico con particolare riguardo alla posizione tomista.
2. LA PERCEZIONE IMMEDIATA DEI SENSIBILI COMUNI
Ammesso per ora che i sensibili comuni siano le Gestalten della nuova psicologia, si pu senzaltro
affermare che tali sensibili sono loggetto proprio del primo senso interno, il senso comune; ed per questo che
essi sono detti comuni, in opposizione agli oggetti propr dei sensi esterni?
Cos hanno interpretato il pensiero di Aristotele i pi cospicui rappresentanti dellesegesi moderna: si vedano
il vecchio Philippson, che probabilmente ha dato il tono agli altri, e poi Zeller, Saisset, Beare, Baeumker, T. G.
Ross, H. Cassirer, Hamelin, Rodier, De Corte, D. W. Ross, Hicks, dal quale ultimo sembra che dipenda
direttamente il P. Moore che ha introdotto fra i Neoscolastici quella interpretazione
15
.|
Che tale sia anche lopinione di S. Tommaso lo ha affermato anche qualche Neoscolastico
16
; la maggior parte
resta di altro parere ed ha dalla sua unaffermazione esplicita dellAngelico Maestro, che respinge
categoricamente lopinione che gli si voluta attribuire: Dicunt igitur quidam quod huiusmodi sensibilia
communia non sunt sensibilia per accidens, propter duas rationes. Primo quia huiusmodi sensibilia communia
sunt propria sensui communi, sicut sensibilia propria sunt propria singulis sensibus. Secundo etc... Utraque
autem responsio incompetens est. Prima quidem, quia falsum est, quod ista sensibilia communia sint propria
obiecta sensus communis. Sensus enim communis est quaedam potentia, ad quam terminantur immutationes
omnium sensuum ut infra patebit. Unde impossibile est quod sensus communis habeat aliquod proprium
obiectum, quod non sit obiectum sensus proprii
17
. La svista di quegli Autori stata causata dallessersi fondati
su dun opuscolo De Potentiis Animae, riportato nelle edizioni delle opere di S. Tommaso, ma che senza
dubbio va ritenuto spurio
18
.|
Stanno con S. Tommaso, contro linterpretazione precedente, fra i moderni il Trendelenburg, Brentano,
Chaignet, Neuhuser (che polemizza contro il Baeumker), Waddington: essi ritengono che Aristotele non ha
fatto i sensibili comuni loggetto proprio del senso comune, ma che essi restano nellambito dei sensi
esterni come tali, almeno di alcuni di essi se non di tutti
19
.
Anche i grandi scolastici del Rinascimento mostrano di conoscere lopinione in questione; nessuno per
lattribuisce a S. Tommaso, ma fanno degli altri nomi, come quello di un certo Apollinaris
20
ed anche quello di
Alberto Magno; qualcuno lattribuisce anche ad Averro. Ma deve trattarsi di una opinione certamente anteriore
a tutti questi autori, poich ricordata dallo stesso Avicenna, che subito la confuta
21
. Potr essere quindi o di
qualche autore arabo anteriore o, pi pro|babilmente, di qualche commentatore greco del De Anima. Daltra
parte si pu notare che S. Agostino nel De libero Arbitrio presenta i sensibili comuni non diversamente da S.
Tommaso, attribuendone lapprensione ai sensi esterni
22
.
Lopinione che fa dei sensibili comuni loggetto proprio del senso comune si trova in forma esplicita in
Alberto Magno, il quale, al proposito, non si richiama che al solo Aristotele, ed forse in un ambiente albertino
che stato composto il De Potentiis Animae che ha abbagliato quei Neoscolastici. E sembra che si tratti di
uninterpretazione personale di Alberto, poich nel Commentario al De Anima, lib. II, c. 6, ove, come negli altri
Commentari, rest fedele al testo e alla tradizione, la sua esegesi non differisce da quella di S. Tommaso, e di
cui si dir fra poco; nella Summa de Creaturis, invece, ove d il proprio pensiero, assume un linguaggio del
tutto nuovo e in netto contrasto con il suo primo Commentario: Tres sunt actus sensus communis, sed non
eodem modo ei conveniunt. Apprenhensio enim sensati communis est actus suus per se, et per illum diffinitur.
Apprehensio autem sensati proprii convenit ei per posterius, scilicet in quantum sensatum proprium est in
sensato communi ut in subiecto: Sed apprehensio actuum convenit ei per accidens, in quantum unumquodque
propriorum reducitur in ipsum
23
. Lordine delle funzioni del| senso comune addirittura capovolto, rispetto alla
interpretazione tradizionale: in quanto il senso comune ha per oggetto i sensibili comuni, che pu avere anche
i sensibili propr, discriminarli tra di loro. Sensata communia sunt instrumenta per quae sensus communis
convenientiam et differentiam ponit inter sensata propria. Alberto aveva fondato la sua posizione nella
questione precedente con ben cinque argomenti, che possono esser ridotti a due fondamentali:
a) I sensibili comuni sono sensibili per s: esigono quindi un senso per se; ma nessuno dei sensi
esterni apprende per se primo i sensibili comuni; questi pertanto saranno percepiti, per se primo da un altro
senso, cio dal senso comune.
b) Se oggetti che corrispondono a qualit diverse esigono sensi diversi e speciali, come colore, suono,
sapore...; a fortiori si esiger un senso speciale quando loggetto differisce non solo specificamente ma
genericamente. Ora, mentre tutti i sensibili propr restano nel genere comune delle qualit, i comuni si trovano
invece in quello della quantit; quindi...
Alberto, contrariamene alla sua abitudine, non fa alcun nome, ma pare da una sua frase che voglia
appoggiarsi direttamente sul testo aristotelico: probatur (maior) per hoc quod dicit Philosophus, quod sensata
communia per se sunt sensus communis
24
. Veramente la frase cui si allude non riportata| con tutta fedelt: il
Filosofo ne presenta una contraria nello stesso contesto: a | e. set|a | e . ,e.| at cct| set| |, eu saa
cu.se ; (425 a, 27); ma si deve riconoscere che stata questespressione il lapis offensionis specialmente
degli esegeti moderni, che necessario collocare al suo giusto posto se si vuol uscire dalle espressioni
generiche. Attacchiamo subito il problema direttamente sul testo aristotelico, senza pretendere di far opera
rifinita, ma cercando solo di rintracciare quello che sembrato litinerario naturale da seguire.
Per arduo che possa il problema apparire allindagine storica, si pu subito dichiarare che lesegesi tomista in
questa parte fondata sulla logica stessa dei princpi generali della teoria aristotelica ed ha dalla sua la migliore
tradizione dai Greci agli Arabi, al M. Evo, al Rinascimento fino ai nostri giorni. Lo sbandamento averroista
stato un episodio isolato di cui sono state esagerate le proporzioni.
Ritengo che il punto di partenza obbligato e il fondamento di tutta la discussione, sia da vedere nella dottrina
del c. 6 del libro II del De Anima, ove Aristotele determina per la prima volta ed in modo tecnico, quanti e di
quale natura siano gli oggetti di sensi in generale, i sensibili (a at ca ). Vi sono dei sensibili per se e dei
sensibili per accidens, ed i sensibili per se possono essere di due categorie, per s propr e per s comuni;
in tutto si hanno quindi tre classi di sensibili, due per se ed una per accidens: . ,.at e. e at ce |
t,a ;, a| eu e . | sa` au a |a.| at ca |.cat, e e. . | saa cu.se ;
25
.|
Il sensibile sa` au e loggetto del senso come tale; e poich sappiamo dal capo precedente (c. 5) che il
sentire una certa qual specie di alterazione e che consiste in un moveri et pati e che lagente di questo
movimento e di questa alterazione e passione qualcosa di estrinseco, il sensibile per se quanto viene
dallestrinseco ad agire e ad immutare realmente lorgano di senso
26
. Aristotele saffretta a dare due caratteri
differenziali del sensibile per s proprio rispetto al sensibile per s comune.
a) il sensibile proprio appreso da un solo senso e non pu esser oggetto di un altro senso speciale.
b) a riguardo del sensibile proprio, il suo senso non si pu ingannare; cos p. e. il colore pu essere
appreso solo dalla vista, e la vista non singanna rispetto al colore come tale, ma soltanto rispetto a particolari
condizioni del medesimo, se sia qua o l...: a . | eu | etau a . ,.at t eta . sa ceu
27
. I sensibili comuni sono
cos chiamati perch sono oggetto di tutti i sensi, set|a :aca | e Aristotele ne indica ben cinque classi: set|a
e. st |ct;, .ta, a te ;, c, a, . ,.e; a ,a etau a eu e.ta ; . ct | t eta, a a set|a :a cat;
28
.
Allopposto si dice sensibile saa cu.se ; quanto pu trovarsi congiunto nellatto della sensazione
(meglio percezione) attuale, ma che non esercita nessuna causalit reale sul senso come tale, od almeno sul
senso del quale la sensazione attuale propria: ete sat eu e. | :a c,.t eteu e| u :e eu at ceu
29
, come
quando dico di vedere il figlio di Diares, vedendo un certo bianco, in quanto di fatto a quel colore congiunto il
figlio di Diares.
Il capo finisce con unosservazione metafisica importante, dalla quale si arguisce che sotto laspetto
metafisico, pi che sperimentale e fenomenologico, che Aristotele muove le sue| determinazioni: delle due classi
di sensibili per s, una soltanto va detta principalmente sensibile, il sensibile proprio, ed per rispetto a
questa che ciascuna facolt sensitiva stata generata, a | e. sa` au a at ca | a t eta sut a; . ct |
at ca , sat :e ; a eu cta :.|us.| . sa c; at c c.a;
30
.
Fin qui tutto appare chiaro: i sensibili comuni sono dei sensibili per s, comuni a tutti (o a pi) sensi, e non
v alcuna indicazione intorno al senso comune, di cui sarebbero loggetto proprio.
Ma il problema si complica nel cap. 1 del lib. III, ove largomento ripreso da un punto di vista sistematico.
Aristotele vuol dimostrare che non vi sono altri sensi (esterni) allinfuori dei cinque sensi, di cui ha trattato nella
II Parte del libro II (cc. 7-12); per questo pone la questione se possa darsi ancora un sesto senso (esterno
sintende)
31
. Questo sesto senso potrebbe avere per soggetto o i sensibili propr, oppure i sensibili comuni, ma il
Filosofo nega recisamente ambedue le supposizioni; conclude che non pu ammettersi un sesto senso, perch
non v un oggetto particolare per esso, e dedica a ciascuna supposizione unaccurata discussione
32
.
Vediamo come Aristotele sviluppa la seconda, quando nega che occorra un senso speciale per la percezione
dei sensibili comuni. La sua posizione in continuit diretta con quella abbozzata nel c. 6 del libro II: i sensibili
comuni sono percepiti per s da ciascun senso e (NON) per accidens; se fossero percepiti per s come oggetto
proprio di un (sesto) senso speciale, sarebbero dei sensibili per accidens, rispetto agli altri sensi, e non
potrebbero esser pi detti sensibili per s comuni. La soluzione piena di logica, e di buon senso. solo per
accidens che la vista percepisce lamaro della bile che allocchio gialla, come per accidens che vede il figlio
di Cleone, vedendo quelloggetto bianco: lamaro della bile e il figlio di Cleone| come tali non hanno alcun
influsso reale sullorgano della vista. I sensibili comuni invece sono dei sensibili per s: ecco il principio
fondamentale. Per questo, tutti agiscono realmente sui var sensi (su tutti, o su alcuni). Come? Con uno stimolo
proprio e specifico? No, ma con uno stimolo comune, cio per mezzo del movimento: a a | eu e. a |
set|a | ete | ` .t |at at c te | t t ete|, a| . sa c at c c.t at ca|e .a [eu | saa cu.se ;, ete|
st| c.a;, c, ae;, .,. eu;, a teu , . |e ; au a ,a :a |a st| c.t at ca|e .a, ete| e . ,.e; st| c.t
a c. sat c, a, s.
33
.
Ed anche opportuno, osserva profondamente Aristotele,| che vi siano pi sensi capaci di percepire i
sensibili comuni, poich altrimenti il nostro campo conoscitivo si ridurrebbe quasi ad un hortus conclusus:
come potremmo distinguere il colore dalla grandezza, se il colore si trovasse sempre e solo con la grandezza?
Ma poich la grandezza percepita da altri sensi oltre che dalla vista, ci che non succede invece per il colore,
noi arriviamo a distinguere il colore dalla grandezza, i sensibili propr dai comuni, e ad avere di questi ultimi
una percezione sempre pi adeguata (Cfr.: De Anima, 425 b, 4 e 428 b, 21-25).
Dallesposizione schematica di questo che il pi importante contesto che il Filosofo abbia dedicato alla
nostra questione, credo si debba concludere essere i sensibili comuni dei sensibili per s e non per accidens,
ed essere loggetto di tutti (o di pi) sensi esterni, come tali, e non di un sesto senso. Si pu convenire che
lindicazione aristotelica a stimolo comune dei sensibili comuni nel movimento sia un po concisa e
sbrigativa: S. Tommaso parla in genere di immutatio; Egidio Romano ritiene luno e laltro: per motum et
immutationem. Ma ci sufficiente per arguire come la loro forte mentalit metafisica e la preoccupazione che
avevano di salvare lesperienza, li conducesse direttamente alla soluzione dei problemi, anche se limperfezione
delle indagini sperimentali impediva che la teoria trovasse in tutti i suoi particolari lespressione definitiva. Si
pu dire adunque che anche i sensibili comuni, come i sensibili propr vanno alla fine a terminare nel senso
comune, che il centro nel quale confluiscono i sensi esterni, ed per questo che si chiama comune, e non
perch ha per oggetto proprio i sensibili comuni. Questo un punto cardinale nelloggettivismo aristotelico
34
.|
A questo momento sorge una nuova questione che non senza importanza per lapprofondimento del
problema: ogni conoscenza avviene per lassimilazione onde si ha la presenza ovvero limmanenza del
conosciuto nel conoscente. Ora, che il sensibile proprio sia immediatamente presente e possa esser assimilato
dal senso proprio, chiaro, poich nellessenza del senso particolare di essere adattato ad un sensibile
proprio particolare (Cfr.: De Anima, II, 6, 418 a, 25); ma non si comprende come il sensibile comune, appunto
per il suo carattere vagante, possa attuare il senso particolare. La questione ha tormentato non poco gli
Aristotelici medievali sia arabi come latini. La soluzione che ne ha dato S. Tommaso mi pare sobria e fedele allo
spirito dellAristotelismo: come nellambito dellessere, anche in quello della conoscenza (sensitiva), possiamo
distinguere la forma, come tale, e il modo di (essere di) questa forma. Possiamo perci distinguere la forma
propria, secondo la quale i sensibili agiscono sugli organi, e il modo secondo il quale la forma dei sensibili
agisce in concreto; la prima immutazione spetta al sensibile proprio, la seconda al sensibile comune
35
. Non si
pensi per a due im|mutazioni estrinseche luna dallaltra: esse invece sono intrinsecamente subordinate, saldate
insieme, coagenti e luna porta laltra, e non producono alla fine che ununica species impressa. Egidio
Romano
36
ha pensato invece che ai due sensibili corrispondano nella facolt due specie impresse distinte, e
apporta una ragione molto interessante, presa dai Perspectivi e questa divenne una questione di prammatica
per i Commen-tatori del De Anima nei secoli XIV e XVI. Malgrado per qualche incertezza di Autori di terza o
quarta categoria, la posizione tomista divenne la pi comune, e fu accettata anche da Sigeri nelle sue ultime
opere
37
.
Ritroviamo per ci la medesima conclusione, che resta notevolmente rafforzata da un punto di vista anche
sistematico; cos intima lunione fra sensibile proprio e sensibile comune, che di ambedue non si d che una
sola specie (impressa) la quale presenta due aspetti, uno reale-formale, ed uno reale-modale; il primo dovuto
allazione del sensibile proprio, il secondo a quella del sensibile comune. Come si pu ancora dubitare che
nellaristotelismo, soprattutto tomista, i sensibili comuni non siano oggetto per se primo dei sensi esterni?
Su questo punto la tradizione aristotelica si mostra concorde
38
: fa unica eccezione evidente loriginale
posizione di| Alberto Magno, che sembra abbia avuto origine da un equivoco, di cui si dir nel seguente
paragrafo, ma che era gi stato messo in chiaro dai Commentatori greci.
Alcuni hanno voluto portare contro linterpretazione, da noi adottata, lautorit di Averro, e qualche
averroista, lo Zimara p. e., ha pensato che S. Tommaso nel testo soprariferito: Dicunt igitur quidam, quod
huiusmodi communia sensibilia, non sunt sensibilia per accidens propter duas rationes. Primo quidem, quia
huiusmodi sensibilia sunt propria sensui communi... (Super l. II De Anima, lect. 15, n. 389), alludesse ad
Averro
39
. Si pu aggiungere anche che Sigeri medesimo, che pare abbia presente il Commento tomistico al De
Anima, nelle Quaestiones de Anima nel testo indicato poco fa, fa espressamente il nome del Commentatore:
Dicunt quod sensibilia communia sunt sensibilia per se, sicut dicit Aristoteles, et dat Commentator huius duas
causas, una est quamvis enim sensibilia sentiantur a pluribus sensibus, sunt tamen propria sensus communis.
Item secundo, quia sunt inseparabilia a sensibilibus per se.... Il testo quadra in tutto con quello| tomista,
anche nella critica Sed neutrum istorum veritatem habet..., e S. Tommaso aveva detto, con maggior finezza
Utraque autem responsio INCOMPETENS EST (ibid., n. 390).
In verit Averro afferma una volta che i sensibili comuni sono oggetto del senso comune, ma si tratta di
unaffermazione che va posta nel suo contesto, e posso dire che corrisponde ad una identica frase di Aristotele
che esamineremo fra poco, quella che ha tratto in inganno Alberto Magno e che abbiamo gi riferita. Nel seguito
del suo Commento, Averro insiste, come Aristotele, nellaffermare che i sensibili comuni sono oggetto per s
ed essenziale dei singoli sensi esterni
40
, ed ha fatto bene lo Zimara a scagionare il Commentatore da quella
accusa: soltanto trovo poco fondato il suo sospetto che San Tommaso in quei quidam pensasse ad Averro.
forse pi probabile che lAngelico pensasse a dei contemporanei, o senzaltro ad Alberto; e se anche pensava ad
Averro, nel quale si potevano leggere quelle due ragioni, non doveva essere del tutto sicuro sullatteggiamento
definitivo del filosofo arabo, se ha creduto bene di tacerne il nome. In questa parte Averro non ha detto n di
pi n di meno di Aristotele. Cerchiamo ora di serrare il problema pi da vicino, e spero che si potr soddisfare
anche questa celebre difficolt testuale.
3. IL SENSO COMUNE E LORGANIZZAZIONE PRIMARIA DEI DATI SENSORIALI
Aristotele una sola volta in tutto il De Anima, usa il termine set| at cct; nella frase, gi ricordata: a |
e. set|a | e . ,e.| at cct| set| |
41
: da essa nato linci|dente averroista, ed su di essa che Alberto
Magno ha appoggiato la sua interpretazione, la quale, come si visto, viene a contrastare non solo con numerosi
testi, al tutto chiari, ma anche con le esigenze pi elementari della gnoseologia aristotelica. Ma allora quale
potrebbe essere il senso immediato, inteso dal Filosofo, in questa frase? Credo che si possano ridurre a tre le
classi delle interpretazioni possibili e che di fatto furono proposte:
I) set| at cct;, in quel contesto non indica una facolt (comune), ma un atto comune a pi sensi:
Communium sensibilium, spiega S. Tommaso, habemus sensum communem, non secundum accidens, id est
communia sensibilia communiter sentiuntur a diversis sensibus per se, et non secundum accidens
42
. Il termine
set| at cct; nel caso non ha quindi un senso tecnico.
II) s. a. usato in senso tecnico e significa una certa facolt comune. Ma ci pu essere un doppio
senso: uno rigoroso e proprio, ed allora indica il sensus communis cio il primo senso interno; oppure pu
avere un significato generico e vago, in quanto indica la sensibilit in generale, o la sensibilit indifferenziata,
secundum quod sensus dicono con Averro gli Averroisti. La percezione dei sensibili comuni propria del
senso comune, preso nel secondo senso, non nel primo: cos pare, se prestiamo fede al Thyenensis, che abbia
pensato Averro
43
.
III) s. a. n qui, n altrove ha il significato teorico, che ha poi avuto nellaristotelismo posteriore il
termine sensus communis, poich invano si cerca nellopera aristotelica una trattazione organica dei sensi
interni. Cos, pi o meno pensano, a cominciare dal Dembowski, molti esegeti moderni, e pare che abbiano delle
buone ragioni
44
. Nel De Anima Aristotele parla solo del senso comune e della fantasia; in un| opuscolo a parte
parla della memoria e della reminiscenza: ma si tratta solo di varie funzioni di un unico potere fondamentale, il
senso interiore.
Quale delle tre interpretazioni corrisponde di fatto al pensiero del Filosofo? Bisogna riconoscere che oggi
non facile dare una risposta definitiva, se tanta disparit di pareri sempre esistita ed esiste tuttora fra i
commentatori, e potrebbe darsi che avessimo perduto, su questo punto, i mezzi per metterci in contatto diretto
con il pensiero personale del Filosofo
45
. Alessandro di Afrodisia presenta il primo grande Commento allopera
aristotelica nel III secolo dopo Cristo, cio a sei secoli di distanza dallet dello Stagirita, ed improprio quindi,
dal punto di vista storico, parlare di una tradizione aristotelica. Daltra parte il WOLFSON ha mostrato in uno
studio fondamentale, che la psicologia scolastica (e tomistica) dei sensi interni il risultato di un lento lavoro
di assimilazione, fatto prima dalla filosofia araba e giudaica, la quale, se cerca di mantenersi fedele allo spirito
dellaristotelismo, non rifiuta importanti elementi, dovuti ad altre correnti, ed in particolare a Galeno e agli
Stoici
46
.
Tutto questo bene saperlo, ma non infirma in alcun modo la conclusione a cui siamo giunti nel paragrafo
precedente: essere i sensibili comuni dei sensibili per se dei sensi esterni. Il problema che si vuol prospettare
un altro: come concepisce Aristotele la natura e la funzione della set| at cct; che sar poi detta dagli
scolastici arabi e latini sensus communis? Largomento irto di difficolt dogni genere, e mi limiter a
rintracciarne la trama essenziale.
Il Filosofo pone il problema con ogni ampiezza nei primi due capi del lib. III del De Anima. Nel primo, come
si visto,| si conchiude che non esiste un sesto senso n per i sensibili per se, n per i sensibili comuni; nel
secondo, invece, si pone un problema nuovo, in continuazione diretta con il primo. Poich noi non solo vediamo
il verde e la figura, ma sentiamo anche di sentire, con lo stesso o con un altro senso, che sentiamo di sentire e
vediamo il verde? Se si desse un nuovo (sesto) senso, osserva Aristotele, per sentire latto di vedere il colore,
latto di questo nuovo senso da chi percepito? Per non aprire allora il processo allinfinito, bisogna stare al
primo, cio alla vista secondo il Dembowski
47
: . t e` .t sat . . a .t ; e (.a; at cct;, .t ; a :.te|
.t ct| au t; . cat au ;. a c` . :t ; :a ; eu e :et. e|
48
.
Ciascun senso quindi sente il suo atto? Questo pare il senso immediato del testo, ma la maggior parte degli
interpreti trova questa risposta del Filosofo molto vaga. La risposta definitiva alla questione andrebbe
rintracciata nel De Somno et Vigilia, un opuscolo posteriore al De Anima, nel quale latto di coscienza
attribuito ad una speciale set| eu |at; che, oltre ad avere la funzione unificante di coscienza, giudica anche
della diversit fra i vari oggetti dei sensi (esterni). Se cos fosse, ci sarebbe, almeno su questo punto un reale
accordo fra la nozione tomistica di sensus communis e quella aristotelica di set| eu |at;. Il testo per
invocato del De Somno ci pare meno esplicito, sotto questo aspetto, di quanto forse si creda
49
. Chec|ch sia di
tutto questo, quello che importa per noi e che non deve incontrare gran difficolt si che il problema della
at cct; set| rispetto ai sensibili comuni, non ha a che fare direttamente con il problema della set| eu |at;
che percepisce gli atti del sentire e ne distingue i vari oggetti. La versione latina di sensus communis in
ambedue i casi pu coprire un equivoco palese, che ha avuto lespressione tipica nella posizione di Alberto
Magno. Di tale equivoco si erano ben accorti i commentatori greci, come Giovanni Filopono e Temistio, detto
da Averro Abbreviator Alexandri, e con probabilit quindi anche lo stesso Alessandro di Afrodisia. La
questione prospettata con ogni chiarezza da Simplicio, nel commento alla| frase 425 a, 27, che ha dato origine
alla controversia: set| | e. . ,.t | a | set|a | at cct| eu , a ; . | cu|a,a, a | :.te |a| saa |
cu|at .ct| . |.,eu ca|, a ` a ; sat . sa c a | :.te |a| :aeu ca| saa | :e ; a a; au a |
set|a|ta|. eu ,a eu a et |at, a ; sat set|a|.t |. ete sat e t ete| . sa c , sat t |a au a
,|at ,euct|. . .e| eu | e :e| set| . ,.at at cct; . | . :t a | :.te |a| cu|ee st |euca e au e
sat ,usa .t |at sat a|e |... | sat saeu .| set| | at cct| . | t et a| cu|ee a a a :.t a
:t |euca|. Aa; e. set| a | set|a | a |t:ts . ,.at, a ; . sa c; :e ; a t et a sat e set|e |
. ,eu c;, a c:. set| u :a ,.t| a |a :et; . ,e.| e et :eu| ete t . sa ca . . s.t |a; e. set| a | easu a|
| :.|a ea sa.,eeu .| a ; e eu :a |a| saa | cu|a,a, |
50
.
La posizione tomistica si trova sulla linea di quella di Simplicio. Essa prende la dichiarazione del De Somno,
. ct| e. t; set| eu |at;, a seeu-eu ca :a cat;, sat e t e a sat st |.t e sat eu |aat st |.t| e t
. .a, in senso formale e rigoroso; per questo nellultima frase a ,us.a a | .u-sa |, eu . ,.u c.t eu .
e (.t eu ` a |et |, a a t|t set|a a | at ct a| :a |a|, vede nel set|e | e te| una facolt nuova
distinta da ciascun senso esterno e da tutti presi insieme. Per lAngelico il senso comune non la sensibilit
generale indifferenziata come vogliono gli esegeti moderni
51
, ma indica una facolt realmente distinta dai sensi
esterni e ad essi superiore per dignit. Se ci fermiamo allesegesi tomista viene da pensare che quasi per
ragioni opposte che vengono chiamate set| at cct; la percezione dei sensibili comuni, e gli atti di coscienza
e di giudizio sensoriale del senso comune. La prima, infatti, a volerne scrutare la ragione ultima, si fonda sulla
corporeit e quindi sullestensione che propria dei sensibili, come degli organi destinati a riceverli, e da questo
punto di vista si pu accettare lespressione di quegli Scolastici che la considerano come laspetto generico del
sentire; ed ha un valore gnoseologico inferiore rispetto alla sensazione propria
52
. La seconda, quella del senso
comune, invece, ha un valore superiore rispetto alluna e allaltra: in essa si afferma lunit del soggetto
senziente, per la quale reso possibile il raffronto sia fra gli oggetti dei vari sensi, sia anche fra gli oggetti di
uno stesso senso. Il senso comune pu fare tutto questo, perch es|sendo la radice fontale dalla quale sono
emanate le virt dei singoli sensi, tutte le contiene in s unite, e tutti i singoli sensi sono in essa, in un certo
modo, compresenti e vi ritornano di fatto ogni volta che passano allatto del conoscere, portando ad essa i propr
tributi, come gli schiavi al proprio re, secondo limmaginosa espressione di Avicenna.
Per questa compresenza dei singoli sensi nel senso comune, e per la confluenza in esso di tutti i dati attuali
dei loro atti, il senso comune acquista unimportanza fondamentale nella funzione percettiva. Ci appare
anzitutto dal fatto che, tanto i singoli sensi, come i singoli loro atti non possono esistere indipendentemente
dallunione che hanno con il senso comune senza del quale non sono che delle astrazioni.
Inoltre, e per questo, il senso comune raccoglie, unifica, o per essere pi esatti, nel senso comune vengono ad
essere raccolti e unificati i dati attuali particolari di ciascun senso rispetto ad un particolare oggetto: lunit
delloggetto, frammentata dalle apprensioni particolari dei singoli sensi, si ricostituisce per lunit fondamentale
della sensibilit nel senso comune. Si badi per che il senso comune non struttura loggetto in senso
gestaltista: loggetto gi strutturato nella prima apprensione, fatta dai sensi esterni, in quanto ogni sensibile
proprio inseparabile ed accompagnato sempre da qualche sensibile comune
53
. Lorganizzazione primaria
data fin dallinizio; ma si tratta di unorganizzazione di minimo contenuto oggettivo ed ancora confusa. Nel
senso comune, per la| con-presenza al soggetto di tutti i dati attuali dei sensi, rispetto allo stesso oggetto,
questoggetto acquista anzitutto un valore proprio, definito come oggetto reale, e poi pu avere una certa
integrazione e correzione, anche rispetto ai sensibili comuni, per la quale la Gestalt, presente fin dallinizio, si fa
pi nitida e pregnante.
Nei sensi esterni e nel senso comune si opera cos un vero processo di Gestaltung, nel quale possiamo
distinguere due momenti essenziali:
a) lapprensione da parte dei sensi esterni di qualit specifiche, gi strutturate, in qualche modo.
b) lunificazione oggettiva che queste ricevono nel senso comune. Intorno alle fasi di questa unificazione
si dir pi avanti.
Sembra, quindi, che anche nella psicologia aristotelico-tomista si possa parlare di Forme e Strutture nel
senso voluto dalla Scuola di Berlino, solo che la genesi di queste Forme spiegata dalle due scuole in un
modo assai diverso. Nellaristotelismo tomista le Forme e le Strutture sono date (almeno in confuso)
immediatamente, prima ai singoli sensi esterni e poi al senso comune: tutta la loro ragione di essere sta nel
modo di essere e di presentarsi delloggetto. Il senso comune come locchio ciclopico dellanima senziente,
vlto a tutti i sensi ed ai loro atti ed oggetti: per questo loperazione del senso comune non termina a nuovi
oggetti od a nuove Forme, che non siano gli stessi oggetti e le stesse Forme dei sensi esterni. Quando il
senso comune giudica degli oggetti dei sensi, unificando o diversificando, non lo fa per arrivare a Forme
nuove, ma solo per afferrare con un solo sguardo una Forma attuale, che i sensi particolari vedono hic et
nunc da var lati. Le Forme| presenti nel senso comune hanno un valore soltanto attuale perch la sua
operazione non si esercita che sui dati sensoriali attualmente presenti.
Un altro problema si potrebbe prospettare.
Quanto al numero dei sensibili comuni Aristotele nel De Anima II, c. 6 ne presenta cinque: ma pare non si
tratti di un numero sacro, poich altrove ne nomina degli altri, come il numero e lunit (De Anima, III, 1, 425 a,
16); il tempo (De Memoria, 1, 450 a, 9); lo scabro e il liscio, lacuto e lottuso (De Sensu, 4, 442 b, 5).
Questo aspetto della psicologia aristotelica della percezione ha avuto un ampio sviluppo nei Trattati di
Prospettiva che fiorirono nei tempi migliori della cultura araba; di essi merita di essere ricordata lOttica di
Alhazen, utilizzata dagli scolastici della Rinascenza, e che alla fine del sec. XIII fu commentata da un amico di
G. di Moerbeke, il tedesco-polacco Witelo, che il Baeumker con il suo poderoso lavoro ci ha fatto conoscere
54
.
Alhazen enumera ben 22 propriet percettive fondamentali per la sola vista: lux, color, remotio, situs,
corporeitas, figura, magnitudo, continuum, discretio et separatio, numerus, motus, quies, asperitas, brevitas,
diaphaneitas, spissitudo, umbra, obscuritas, pulchritudo, turpitudo, consimilitudo et diversitas in omnibus
intentionibus particularibus, et in omnibus formis compositis et omnibus intentionibus particularibus
55
. Witelo
nel suo Commento precisa spesso ingegnosamente la teoria dellottico arabo, ma basti questindicazione per
conget|turare quale ricco sviluppo ebbe nel Medioevo la fenomenologia della percezione.


APPENDICE
A conferma della esegesi tradizionale riporto gli argomenti del difensore pi informato dellinterpretazione
moderna, il BEARE.
Il B. conosce molto bene, e le riporta, le dichiarazioni esplicite di Aristotele che attribuiscono lapprensione
dei sensibili comuni ai diversi sensi esterni, ma le trova in stridente contrasto con la litigiosa espressione 425 a,
15 mancante delleu . A suo parere tutta questa sezione della psicologia aristotelica si mostra inconsistente; egli
si propone di modificarla in due punti:
a) I sensibili comuni non vanno detti comuni a tutti i sensi ma ad alcuni solamente, particolarmente alla
vista ed al tatto.
b) I sensibili comuni non sono percepiti dai singoli sensi, ma dal senso comune, il quale li percepisce
direttamente, mentre i sensi esterni li percepiscono al pi indirettamente. Ed perch sono appresi dal senso
comune, e non perch sono percepibili da tutti o da pi sensi, che essi sono detti sensibili comuni.
difficile, credo, accumulare tanti malintesi in una sola volta come fa il B. in questa sua pretesa di
correggere Aristotele. Anzitutto, per il primo punto, anche se si dovesse dire| come del resto lo dice anche il
Filosofo (De Sensu, 337a, 8 e segg.) che tali sensibili sono percepibili tutti solo dalla vista e dal tatto, questa
limitazione non toglie che siano ancora dei sensibili per s e non per accidens e che siano sempre dei
sensibili comuni.
Cade cos e di conseguenza anche la seconda correzione del B. che viene distrutta dagli stessi argomenti che
egli porta per la sua tesi. Cos il primo: I sensibili comuni sono percepibili per via del moto; ma il moto
percepito dal senso comune; a fortiori... gli altri sensibili comuni saranno percepiti dal senso comune.
Evidentemente qui la minore gratuita e tutto largomento circolare, poich il B. deve mostrare anzitutto che
il moto, che un sensibile comune, sia oggetto del senso comune: ci che appunto sotto discussione.
Il secondo argomento dice: Non si d secondo Aristotele un organo speciale per i sensibili comuni; ergo...
non possono esser loggetto proprio di alcun senso particolare; essi devono esser percepiti solamente (only) dal
senso comune.
Anche questargomento saggira in un circolo. La maggiore di Aristo-tele: vero che i sensibili comuni
non hanno un organo speciale (De Anima, III, 1, 425 a, 14), ma limpostazione intera dellarg. viziata. Esso si
fonda sulla supposizione gratuita e falsa in termini di psicologia aristotelica che ogni organo di senso non
percepisce che un oggetto, quello proprio e specificativo, in modo che si potrebbe avere la apprensione di
qualit corporali senza lapprensione degli attributi generali della corporeit, senza dei quali tuttavia quelle
qualit n si possono dare n possibile che arrivino ad impressionare gli organi.
Terzo argomento: i sensibili comuni lo ammette anche il B. sono delle propriet essenziali delloggetto
sensibile ut sic, qualit necessarie che interessano loggettivit e luniversalit della scienza. Ora, se per essi ci
fosse un senso speciale, dovrebbero dirsi dei sensibili per accidens ed avrebbero con i sensibili propr una
connessione di pura contingenza, cosicch lorganizzazione dellesperienza sarebbe impossibile.|
Non riesco davvero a rendermi conto come il B. abbia visto in tale ragionamento una prova per la sua
posizione, tanto pi che egli, per coerenza logica, ha dovuto contro i testi espliciti di Aristotele assimilare i
sensibili comuni a quelli per accidens. Il B. si fonda sul fatto che i sensibili comuni, come i sensibili per
accidens e a differenza dei sensibili propr, sono per il senso oggetto facilmente di errore. A ci si pu
osservare che altra la radice di possibili errori da parte dei sensibili comuni e da parte dei sensibili per
accidens, bench si possa ammettere, come vedremo, che gli uni e gli altri passano, ad un certo momento della
elaborazione, sotto il dominio di facolt superiori. Ci per non esige che la prima origine e la ragione propria
della loro apprensione debbano esser attribuite alle funzioni del senso interno come tale. E la ragione
fondamentale dellautentica posi-zione aristotelica quella che solo il sensibile per se veramente sensibile:
quello per accidens non lo in senso stretto; e che il sensibile per se esercita una vera causalit fisica (ed
intenzionale) sullorgano. Ora il sensibile comune annoverato dal Filosofo come un sensibile per se (De
Anima, II, 6, 418 a, 17) e quindi esercita a differenza del sensibile per accidens una causalit reale
sullorgano
56
.
Lo studio della tradizione poi non lascia alcun dubbio sopra le conclusioni che lesegesi filologico-critica dei
testi, pianamente esercitata, riesce a mettere in evidenza.|



CAPITOLO TERZO

I PROBLEMI DELLORGANIZZAZIONE PRIMARIA
LA FANTASIA E LA PERCEZIONE DEL CONTINUO
SOMMARIO. Presentazioni fenomenali e funzioni psichiche (Stumpf): teoria degli attributi, teoria delle relazioni, la percezione del
continuo e le sensazioni inavvertite. Organizzazione percettiva e movimento: movimenti virtuali e fantasia percettiva (M. Palagyi),
movimento e circolo strutturale (V. von Weizscker). Unit percettive e movimento: Gestalt e Konfi-guration (Lindworsky), Gestalt e
fenomeni di accrescimento (Selz), assimilazione e omogeneit percettiva (Musatti). La teoria aristotelica del continuo percettivo: la
percezione del continuo, fusione simultanea e successiva, teoria aristotelica della fantasia. Riassunto.
1. PRESENTAZIONI FENOMENALI E FUNZIONI PSICHICHE (STUMPF)
Un problema tormentato della psicologia moderna, che chiam a raccolta per quasi un secolo schiere di
ricercatori e pensatori quello della percezione spaziale: lo spazio innato o acquisito?
Fra le posizioni estreme del Nativismo kantiano e dellEmpirismo inglese, si fece strada la corrente moderata
che, tagliando il male per met, riteneva innate ed immediate la lunghezza e laltezza ed acquisita la sola terza
dimensione che spesso veniva identificata con la localizzazione
1
. Oggi tanto| ardore di battaglie stupisce poich
si ritiene che lo spazio, nella sua portata integrale, e non pu non essere che dato. Il progresso percettivo
procede verso la distinzione, la quale pu condizionare processi parziali di costruzione: cos stato soppresso
un problema assurdo. questo un passo verso lAristotelismo o verso il Kantismo?
La posizione aristotelica ammette che le qualit formali, ovvero i sensibili comuni, vengono al soggetto
come dei dati; in questo essa si oppone tanto allAssociazionismo empirista, come alla Gestalttheorie, come
anche allintellettualismo dei Lotziani e della scuola di Graz. Nella posizione aristotelica per, le qualit
percettuali non tutte sono date, e fra quelle date non tutte lo sono allo stesso modo. Inoltre anche per le
qualit che sono immediatamente date, si riconosce che vanno soggette a raffinamenti ed organizzazioni
ulteriori, in dipendenza dellesperienza, e dellentrare in atto di facolt superiori (progressione fenomenale).
Simpone subito unosservazione importante: bisogna accuratamente distinguere, fra i contenuti percettuali,
quelli che hanno unorigine extra-intellettuale e possono poi rientrare nellambito intellettuale, e quelli che
nascono anche la prima volta nella sfera intellettuale o della coscienza come tale.
Locke distingueva fra idee di sensazione ed idee di riflessione per indicare che non tutti i nostri contenuti
rappresentativi hanno, almeno immediatamente, uneguale origine esteriore. Perci la distinzione aristotelica
delle qualit percettuali in sensibili per s e sensibili per accidens mantiene ancor oggi tutta la sua attualit:
le due classi differiscono tanto per lorigine, come per il contenuto.
La progredita conoscenza dei contenuti percettuali pone alcuni problemi che sembrano reali e rispetto ai
quali deve provarsi ogni interpretazione teoretica della percezione. Li propongo, i principali soltanto, secondo
un ordine progressivo.

1) Lanatomia degli organi di senso insegna che le terminazioni nervose periferiche sono distribuite in
modo discontinuo. Sta di fatto per che noi percepiamo gli oggetti con|tinui: come possono stimoli
discontinui e parziali originare una percezione del continuo?
2) Le qualit percettive formali sono sempre delle strutture ed implicano quindi un minimum almeno di
organizzazione. Lorganizzazione suppone un sistema di rapporti di parti con parti e di parti al tutto: allora,
lorganizzazione implicata nella percezione del continuo, oppure saggiunge ad esso? Se saggiunge ad esso,
donde viene la prima volta, e poi com riferita alloggetto di percezione immediata?
3) Oltre le qualit percettive formali vi sono le qualit percettive reali, i sensibili per accidens. Dato
che ancora si parla dei sensibili sia pure per accidens ci si pu chiedere se siano detti tali rispetto ai
sensibili propr od ai sensibili comuni, ovvero per rispetto ad ambedue. Problema ancor pi importante quello
di sapere, anche per questi sensibili per accidens, come sorgano prima e poi come si articolino o si
aggiungano ai sensibili per se per formare con essi loggetto adeguato di una percezione allo stato perfetto,
come quando dico: vedo Cleone, il figlio di Diares.
La gnoseologia moderna ha avvertito in diverse forme questi problemi e non sempre li ha risolti nellordine
ora indicato.
La esposizione che faccio seguire non vuol essere uno spreco di erudizione: sotto questo aspetto, anzi, mi
sono limitato appena allessenziale. Piuttosto essa tende a mostrare come alcuni autorevoli cultori della
psicologia moderna siano giunti, al di fuori di ogni preconcetto sistematico, ad una concezione che suggerisce, a
nostro parere, unautentica interpretazione aristotelica. Leccezionale importanza di questa coincidenza mi ha
suggerito di moderare il desiderio darrivare alla fine, poich ho pensato che solo unesposizione accurata e
diretta degli indirizzi presi in esame possa avvalorare le conclusioni che ho creduto di prospettare in materia
cos grave.

Laccostamento pi suggestivo dei nuovi problemi con lAristotelismo , a mio parere, quello tentato da Carl
STUMPF. Limportanza dellinterpretazione dello Stumpf in questa di|scussione cresce di valore perch,
discepolo prediletto del Brentano, egli pot conoscere direttamente il pensiero aristotelico; psicologo di gran
talento e titolare di Psicologia a Berlino, ebbe, come fu detto, quali discepoli ed assistenti i capi del movimento
Gestaltista (Wertheimer, Khler, Koffka, Gelb). La sua opera si svolse fra limperare del positivismo, lo
sviluppo del razionalismo del Meinong, del fenomenologismo di Husserl e lirrompere impetuoso della
Gestalttheorie: ciononostante in tutta la sua lunga vita egli mantenne una sobria e ferma unit di pensiero che ha
avuto la sua sistemazione definitiva nella postuma Erkenntnislehre (2 volumi, 1939-1940)
2
.
Lo St. riconosce sinceramente alla Scuola della Gestalt la esattezza dellanalisi fenomenale da essa fatta
contro lastrattismo della scuola di Graz. Le Gestalten sono immediatamente date, non costruite: noi vediamo la
curvatura di una linea, noi sentiamo una melodia...; le cosiddette sensazioni sono un prodotto di
frammentazione posteriore (Zergliederung) di complessi dati originariamente. La fusione percettiva di un
accordo (Verschmelzung) non un atto di sintesi attiva o produzione, ma lapprensione diretta di una relazione
strettamente immanente ai suoni ed in generale ai dati sensoriali simultanei. La qualit di forma, che lo St.
chiama Form, va perci distinta dagli aggregati che hanno un ordine meramente esteriore: una relazione
concreta appresa immediatamente come tale, contro la posizione del Meinong.
Lo St. inclinava probabilmente a ritenere che la percezione della forma coincidesse con lapprensione della
relazione; nellultima sua opera, il suo pensiero ha raggiunto unespressione pi continua, scegliendo
accortamente una via di mezzo| fra lAssociazionismo e il Gestaltismo. La sensazione non un processo che pu
stare a s, per poi riunirsi nella formazione di sintesi oggettive: impossibile che da un mosaico di frammenti si
possa arrivare alla percezione di oggetti, perci intrinseca ad ogni sensazione unorganizzazione. Ma ogni
organizzazione oppone un contenuto o delle parti che si organizzano e un principio che sia vincolo di
organizzazione: i contenuti sensoriali sono gli elementi di quel tutto organizzato che loggetto, la relazione
il vincolo di struttura. Contro il Meinong egli ripete che tale relazione non qualcosa di astratto, ma che emerge
dai dati sensoriali medesimi: data in e con i dati (in und mit). Ci che rende pi esplicita lultima forma del
suo pensiero un maggior accostamento alla filosofia aristotelica. In opposizione alla scuola di Graz, egli
dichiara esplicitamente che c ununificazione immediata dei dati sensoriali e che essa possibile per via
dellunit di coscienza: dottrina aristotelica questa, rimessa in onore dal Lotze e dal Brentano. E le cosiddette
qualit di forma altro non sono che i set|a at ca di Aristotele
3
. questa sostanzialmente la soluzione che
intendo di riprendere ed integrare in questo lavoro
4
.
Lo St. presenta la propria ricostruzione critica in due momenti; la teoria degli attributi che gli caratteristica
e che dice di prendere esplicitamente da Aristotele, e la teoria della percezione delle relazioni che egli ha in
comune con la Denkpsychologie.
a) Aristotelismo e problemi moderni in C. Stumpf
Lo St. partito dalla distinzione di Erscheinungen e psychische Funk-tionen alla quale attribuisce una
essenziale| importanza. Erscheinungen, termine difficile a tradurre scegliamo presentazioni fenomenali
comprende i contenuti immediati tanto di sensazione come di memoria; ad esse appartengono anche le relazioni
elementari, le quali non sono introdotte da noi, ma percepite come date assieme ai contenuti sensoriali.
Esse appartengono al materiale delle funzioni intellettuali, ma non sono funzioni, n prodotti delle medesime.
Le funzioni psichiche sono atti, situazioni, esperienze di vita vissuta (Akte, Zustnde, Erlebnisse),
comprendono losservare il contenuto delle Erscheinungen, lapprenderle unificate in complessi, il formar le
idee ed il giudicare i movimenti sentimentali, le tendenze ed il volere.
Lapprensione del reale condizionata dalla compenetrazione intima, nellatto conoscitivo, fra funzione
psichica e la Erscheinung. Le Erschei-nungen sono reali come contenuti, in quanto si riferiscono alle
funzioni; le funzioni sono reali in quanto si manifestano nelle Erscheinungen. Le funzioni e le presentazioni
fenomenali si oggettivano le une per le altre in quanto sono immediatamente date nellatto comprensivo del
percepire
5
.
Precisiamo. Si dice immediatamente dato ci che simpone nel suo presentarsi come un fatto. Ora un
fatto che le qualit differenziali dei sensi non si presentano mai da sole, ma si dnno sempre assieme ad altre
qualit che le integrano e che perci si dicono attributi delle sensazioni (Die Attribute der Empfindungen): non
si d colore senza un certo grado di chiarezza, n suono senza qualche grado di intensit, senza un timbro, ed in
generale ogni contenuto sensoriale non dato se non con una certa estensione. Lestensione spaziale non
meno un attributo delle sensazioni visuali di quanto lo siano le qualit cromatiche: non si pu rappresentare un
colore senza un minimo di estensione, come hanno ammesso Locke, Berkeley e Kant: su questo saccordano
tutti gli psicologi contemporanei| (D. I. 1 Absch. 5, pag. 22 e segg.; cfr. 13, pag. 155).
La connessione fra colore ed estensione non frutto di abitudine o dassociazione, ma intrinseca alle
qualit sensoriali ottiche, cosicch una certa estensione, pi o meno rudimentaria, appartiene come propriet
immanente (als immanente Eigenschaft) a tutti i contenuti sensoriali e rappresentativi. In questo senso Aristotele
annover Spazio e Tempo tra i set|a at ca cio fra quei contenuti che sono percepiti generalmente da tutti i
sensi.
Per via di questa propriet, le sensazioni, di solito, non si presentano mai isolate, ma riunite in complessi, che
lo St. chiama complessi di sensazione (Empfindungskomplex); essi costituiscono i primi dati, sono come il
materiale grezzo (das Rohmaterial), sul quale si esercitano le intuizioni elementari (die elementare
Anschauungen), intendendo per intuizione elementare lapprensione di contenuti assoluti, cio non ancora
espressamente relazionati.
Questo materiale grezzo, che gli gnoseologi e psicologi da Hume a Kant, agli idealisti di ogni colore, ed
anche la ultima fenomenologia husserliana, hanno disdegnato, ha una funzione primaria nello sviluppo del
conoscere. Esso sta a quello che le varie scienze organizzano, per finalit gnoseologiche particolari, come i
blocchi ancora informi che escono da una cava stanno alle lastre ben levigate di cui larchitetto riveste le sue
costruzioni.
da questo materiale grezzo, che in seguito ad ulteriori processi di astrazione, idealizzazione e
costruzione sorgono le intuizioni elaborate (die bearbeitete Anschauungen), proprie della scienza e delle arti.
Tale , p. es., lo spazio vuoto ed uniforme della geometria euclidea e della fisica classica, che una capacit
tridimensionale in cui la materia si pu espandere allinfinito, intuizione questa che non coincide con alcuna
percezione reale. Le linee rette, gli angoli retti, il circolo... quali sono definiti da Euclide, sono astrazioni del
pensiero: non arbitrarie per! anchesse sono generate dal seno materno dellintuizione elementare. Lo stesso
dicasi per le qualit formali del campo acustico: suoni, timbri, altezze, sono dei dati e noi li percepiamo
secondo simultaneit o continuit, e solo per linter|vento del pensiero possono essere considerate a parte
6
. Lo
St. molto acutamente estende la nozione di complesso sensoriale anche allesperienza interna: un momento
attuale della nostra vita un complesso greggio in cui sono presenti, fuse e interferenti, situazioni di pensiero, di
emotivit, di volere.
Ci che immediatamente dato, tanto nellesperienza esterna, come in quella interna, sono sempre e solo dei
tutti non analizzati (unanalysierte Ganzen) di qualit sensoriali, una situazione psichica globale. La priorit,
affermata in Aristotele, del tutto sulle parti ha unapplicazione piena anche in Fenomenologia.
b) La teoria degli attributi
Percepire per lo St. un accorgersi di qualcosa (ein bemerken von etwas): in un suono od accordo noi
possiamo avvertire le singole note componenti, oppure le possiamo apprendere come un tutto in s fuso.
Distingue perci lo St. da questo punto di vista, una percezione esterna ed una percezione interna. La
percezione esterna consiste nellavvertire le presentazioni sensoriali (Erscheinungen), quella interna
nellavvertire le funzioni psichiche (die psychische Funktionen). Colori, suoni, sapori, sono percepiti
sensorialmente; ma pensare, come muoversi, volere, lo sono solo per sentimento di s (Selbstbesinnung).
Questesperienza delle attivit e sensazioni intime dellanima pu essere attribuita solo ad un particolare senso
interno. Rifacendosi alla nozione di complesso sensoriale, toccato un momento fa, lo St. chiama| nozione
primitiva (Inbegriff) la rappresentazione che abbraccia tutto il complesso e nozione (Begriff) semplicemente
quella che riguarda un contenuto particolare.
A questa distinzione segue unaltra di non minore importanza, quella fra percezione di contenuti assoluti e
percezione di relazioni. parimenti un fatto che il complesso sensoriale pu passare dallo stato di materiale
grezzo a quello di materiale elaborato, ed questo processo che porta alla maturazione dellatto di percezione.
Ebbene, il movente di questo sviluppo va cercato nella circostanza che il soggetto, per cause diverse la pi
immediata la direzione dellattenzione viene ad avvertire delle relazioni intrinseche al materiale di
sensazione. lapprensione di una relazione fra le parti di un tutto o di molteplici relazioni in un complesso ci
che costituisce propriamente la percezione al suo stadio di conoscenza distinta, utile cio ai fini della vita e della
scienza. Questo complesso di relazioni del materiale ci che costituisce la Gestalt: tali sono le figure, le
melodie ed in genere le Gestaltqualitten di v. Ehrenfels.
Lapprensione di una Gestalt sorge perci sul fondamento delle presentazioni sensoriali, interne ed esterne,
che formano il sostrato di tutta la macchina psichica; come la Gestalt si pone, a sua volta, sostrato per i processi
di pensiero. Ciononostante va detto contro la scuola di Graz, che lapprensione di una Gestalt, di solito, non
meno immediata di quella dei contenuti assoluti.
Vi sono alcune categorie di relazioni che sono percepite immediatamente, come i contenuti a cui
appartengono, e la Gestalt il tutto relazionale immediato (ein unmittelbar Verhltnisganz). Tali relazioni,
perch immanenti ai dati, non derivano ad essi in quanto sono isolati com il caso, invece, degli attributi ma
in quanto tali contenuti si trovano insieme ed anche se sono fra loro differenti per qualche carattere. Cosicch la
percezione delle relazioni, se non da qualificare come lapprensione di un contenuto isolato (un suono), non
neppure una Nachwahrnehmung, una percezione postuma ai dati, come voleva lAssociazionismo; diciamola,
per togliere ogni sospetto di posterit fenomenale rispetto ai contenuti, Mitwahrnehmung| con-percezione. Si
vuol dire che le Gestalten sono percepite assieme e nei (in und mit) contenuti assoluti.
A questo modo il dire che le Gestalten sono dei prodotti dellunit sintetica della coscienza, come
volevano Lotze e la scuola di Graz, unespressione dal punto di vista fenomenale priva di senso. La percezione
di un tutto relazionale, come di sei palle bianche da bigliardo, pu esser detta in senso proprio uno sguardo
intuitivo, un Blick, una Einsicht, che non hanno senso se non riferiti allesterno, ove quindi si devono trovare i
rispettivi oggetti
7
.
In realt la nostra attuazione conoscitiva conosce gradi var: contenuti sensoriali, percezioni di relazioni,
concetti, giudiz. In concreto, in ogni atto di conoscenza valida luno compresente allaltro e non si sa come
potrebbero costituire una conoscenza oggettiva, se loggettivit fosse propriet di uno di essi soltanto.
Possiamo concludere pertanto che le relazioni percettuali possono essere apprese immediatamente, assieme
ai contenuti assoluti, una volta che siano soddisfatte alcune condizioni soggettive ed oggettive. Come non ogni
stimolo uditivo qualsiasi da noi vissuto come una vibrazione sonora, ma lintensit del suono deve raggiungere
un certo limite, cos per la percezione delle relazioni si esige una certa disposizione dellorgano sensoriale ed
una sufficiente direzione dellattenzione. Ci posto, le relazioni sono percettibili come gli stessi contenuti con i
quali esse sono date ed in cui sono implicate (eingebettet). Non la coscienza che fonda le relazioni fra i nostri
contenuti di percezione, ma esse sono date alla coscienza, la quale non ha che da prenderne atto. In tutto questo
non si vuol dire che tutte le relazioni presenti in un contenuto siano immediatamente percettibili: lesercizio e
leducazione possono molto giovare, tanto che gli specialisti in qualche scienza od arte afferrano subito,
nel|lambito della propria specialit, un numero di relazioni maggiore dei profani e con maggiore precisione.
Si pone qui il problema dello sviluppo della percezione che prepara la discussione del secondo punto,
annunziato di sopra.
Chiediamoci intanto per concludere: La percezione delle relazioni di ordine intellettuale o sensoriale?
Delluno e dellaltro, risponde giustamente lo Stumpf, e dobbiamo dare al senso ci che del senso (man muss
der Sinne geben, was der Sinn ist).
Insistiamo su questo risultato. Certamente le relazioni come luguaglianza, lineguaglianza, la pluralit e
lunit, la somiglianza e la dissomiglianza, propriamente non si sentono n si vedono, ma esse sono percepite in
ci che veduto ed udito: si tratta di un percepire assieme (mitwahrnehmen) come il percepire lopposizione
di due campi colorati, il percepire lestensione in ed assieme al colore e simile altre qualit. Ci che detto un
paragonare attivo una percezione di relazioni sul fondamento di una presentazione unica o ripetuta di
contenuti sensoriali relativi, in quanto lattenzione si rivolge ad essi secondo questa o quella direzione fino a che
la relazione appare chiara ed evidente
8
.
In questa posizione si ha che la Gestalt ha ex parte objecti per fondamento e sostegno (Trger) un
complesso| membrato. La Gestalt quindi appresa come unit, come un tutto, in cui per vi sono dei membri,
delle parti da distinguere, come per ogni relazione rispetto al suo fondamento. Se un complesso contiene due
membri soltanto, coincidono la percezione della Gestalt e la percezione delle relazioni.
Il Khler ha subordinato la percezione delle relazioni alla percezione della Gestalt, ma esattamente il
contrario che vero. Con ci si vuol dire che le due funzioni (intellettive) del distinguere e dellapprendere
sintetico sono ambedue presupposte, come per la percezione di relazione, cos per la funzione di Gestalt.
Lammetter questo, non implica senzaltro il cadere nellerrore di coloro che definiscono la Gestalt come il
prodotto dellattivit sintetica (Vorstellungsproduktion). Quello che importante di notare si che senza
distinzione di parti entro un complesso, non si pu parlare di Gestalt in senso rigoroso.
Allora: Empirismo o Razionalismo?
Attenzione al logicismo! osserva lo St.: altro il contenuto in s di un oggetto, altro il contenuto del
medesimo qual dato alla mia coscienza. Un quadrilatero per il matematico una figura chiusa da quattro lati
che sincontrano ad angoli retti; per il musicologo un accordo in Do M. un complesso sonoro che consta di due
terze luna maggiore, laltra minore. Tali rapporti, bench reali, sono tuttavia soltanto del pensiero riflesso e
punto necessar alla percezione. Anche chi non matematico distingue chiaramente un quadrilatero da altre
figure, e chi non musicologo distingue un accordo maggiore da uno minore; in pi, sono capaci di riconoscerli
anche se trasportati, e questo restando alloscuro di quelle definizioni (D, I, 13, e, pag. 240).
Ci che sintende, quando si attribuisce p. es. ad una immagine visuale una determinata Gestalt, non che
unapprensione complessa di relazioni (lo Inbegriff), nella quale conservata la condizione di trasportabilit.
Questa rete di relazioni, suscettibile di essere trasportata, qualcosa che certamente appartiene al pensiero, ed
questo propriamente, e non la pura impressione configurata, che lessenza della Gestalt.
Si ritorna alla posizione del Meinong? Per niente. Lo St.| distingue accuratamente varie categorie di
Gestalten: riteniamo per il nostro proposito la distinzione di Gn fondate e di Gn non fondate. Certamente tutte le
Gn devono avere un fondamento nei contenuti assoluti del complesso sensoriale: ci essenziale alla Gestalt.
La distinzione per fra Gn fondate e Gn non fondate ritiene un suo valore in quanto tale distinzione si riferisce
al divenire delle Gn. Si danno cio delle Gn che sono gi delineate nellEmpfindungskom-plex della
presentazione sensoriale; mentre altre, invece, sorgono soltanto per lintervento di fattori soggettivi. Si pu
parlare perci di forme date e di forme fatte, eccitate e libere, naturali ed artistiche, oggettive e soggettive. In
tutti i modi da ritenere che le Gn non fondate, libere, artistiche, sono precedute da quelle fondate e naturali,
cosicch la coscienza in condizione di operare lanalisi e la sintesi dei membri formali: nessuno potr mai
trovare un gatto in uno schizzo, se non ha mai visto un gatto in natura od in effige
9
.
La chiarificazione della natura delle Gn non fondate ha portato in primo piano il problema del contributo
dellesperienza passata considerato come primario ed esclusivo nella Associazione, secondaria e trascurabile
nella Gestalttheorie ; lo St. ne riprende la discussione trattando dellarduo pro-blema circa la percezione del
continuo.
c) La teoria delle relazioni
Lo St. divide le Gestalten spaziali (ed acustiche) in simultanee e successive; le successive in continue e
discrete. Una teoria adeguata al processo percettivo deve rendere ragione non soltanto della possibilit in
generale dellapprensione di una Gestalt, come tende a fare la teoria delle relazioni, ma deve anche rilevare la
ragione o laspetto che differenzia fenomenal|mente le varie categorie di Gestalten. Si pu riconoscere che i
risultati pi notevoli di questa ricerca analitica restano ancora quelli provocati dalla Scuola della Gestalt, che ci
sono sommariamente noti. Ai Gestaltisti che trovano lanalisi fenomenale solidale con i propr princpi
sistematici, stata contrapposta, in larga scala anche dalla Scuola del Gemelli, una vasta ed accurata
controprova sperimentale che ha permesso per i princpi caratteristici una contestazione appropriata.
Il problema che simpone a questo punto un altro, logicamente anteriore alla percezione della Gestalt,
quello gi accennato della percezione del continuo (D, I, 16, pag. 274 e segg.).
Pu il continuo esser percepito come tale? La domanda potr meravigliare per il fatto che la percezione del
continuo da noi vissuta nel modo pi evidente e spontaneo, ed anche lo St., come si detto parlando degli
attributi, aveva considerato lestensione come un attributo inseparabile dei contenuti di sensazione e
dellEmpfindungskomplex.
C per una difficolt. Il continuo in s una unit mentale e non un semplice aggregato; vi si possono
quindi distinguere delle parti che si delimitano luna con laltra per punti, linee, superfic. Fra le parti
percettibili vi sono delle relazioni percettibili, il cui contenuto globale, lo Inbegriff, pu esser detta la Gestalt
del continuo: fin qui le cose sono chiare.
La difficolt sorge, per lo St., quando si tiene presente che il continuo essenzialmente divisibile allinfinito
in parti sempre pi piccole: cosicch, dati due punti, data sempre la possibilit di segnare fra i due un terzo
punto. Sta il fatto per che noi percepiamo solo il continuo in relazione ai limiti che in esso sono tracciati. Ma
perch noi percepiamo il reale, non anche il possibile?
Possiamo dire, secondo lo St., che le apparizioni sensoriali sono cos fatte, che nella loro natura non vi
alcuna necessit di porre un termine al processo di partizione di punti, anche se la qualit dei nostri organi di
senso, incluso lorgano centrale, pone in realt tali limiti. La percezione di continuit , a questo modo, una
conoscenza che noi abbiamo per via di certi| determinati contenuti di percezione, ma essa stessa non un
contenuto di percezione... Essa non neppure una conseguenza (Folgerung) che noi tiriamo dalla qualit di
tali contenuti di percezione, almeno non una conseguenza induttiva. Noi non concludiamo con maggiore o
minore probabilit dai casi nei quali noi abbiamo tracciati i punti intermed, od abbiamo diviso in parti le
sezioni dello spazio, fin dove ci possibile che vada. Noi non concludiamo neppure in modo deduttivo: quali
potrebbero essere le premesse di tale conclusione?
La conoscenza dello spazio esteso-continuo immediata, assiomatica e costituisce un assioma regionale.
Noi chiamiamo le presentazioni sensoriali continue se e in quanto le pensiamo soggette a questassioma. E
quando diciamo che la continuit percepibile sensorialmente, si vuol dire soltanto che noi abbiamo
fondamento per ritenere tali propriet come (esistenti) a priori nella loro natura.
Fino a qual punto i continui percepiti possono esser detti Gestalten? Si deve far precedere una
moltitudine di percezioni delle singole parti e delle loro relazioni?
Di un tale processo non abbiamo alcun indizio nella nostra esperienza. Tanto per le Gestalten continue,
come per le discrete, le comparazioni fra le parti sono molto rapide. Una sinusoide subito percepita come
dividentesi in due met, di cui luna corre sopra, laltra sotto una linea mediana secondo ampiezze uniformi; pi
semplice il caso del circolo nel quale le inclinazioni della curvatura costante si fanno cos (immediatamente)
osservabili alla percezione, che noi anche ci rendiamo presto conto di tale inclinazione. Qualcuno potr dire che
il triangolo figura-fondamento rispetto al circolo e che conosciuto per comparazione di tre lati e di tre angoli:
aumentando il numero dei lati si passerebbe inavvertitamente alla forma del cerchio (D, I, 2, pag. 17).
Checch sia di tutto questo, bisogna riconoscere che nelle divisioni spaziali c un termine percettuale
definito, bench non vi sia limite alcuno in matematica. Si comprende perci quanto sia arduo ed inaccessibile,
per continui cos semplici, il conoscere le parti percepite e le relazioni fra esse perce|pite, fin quando si vuol
parlare in generale di percezione di Gestalt.
La discussione, sottile quanto si voglia, ha portato lo St. ad una precisazione importante. Stante la possibilit
di una divisione indefinita del continuo, se si dnno perci delle differenze di sensazione inavvertita
(unmerkliche Empfindungsunterschiede) si possono dare anche delle sensazioni inavvertite. Di qui la
distinzione fra presentazione sensoriale (Erscheinung) e funzione psichica (psychische Funktion). Chi non
volesse ammetterla, deve concedere che il continuo non ha percettualmente un fondamento adeguato e che non
si d alcuna continuit in tutto il campo della percezione sensoriale, ci che porterebbe difilato alla categoria a
priori nel senso del Kant, oppure a ritenere la continuit come pura ipotesi, indispensabile solo per il lavoro
scientifico. Fra queste due ipotesi simpone con maggior aderenza ai fatti ed ai princpi la soluzione intermedia
gi adottata quella di ritenere la continuit, come le altre Gestalten, un ens rationis cum fundamento in re.
Quanto si detto dei continui permanenti vale in genere anche per i continui successivi, quali il movimento
(locale), la melodia, il cambiamento.
La introduzione delle sensazioni inavvertite ha ricondotto lo St. alla ripresa pi esplicita dei princpi
aristotelici.
d) Percezione del continuo e sensazioni inavvertite
Si danno quindi delle relazioni presenti in genere e specie nellesperienza, ma che possono nei singoli casi
restare non percepite. Come le parti di un tutto sensoriale possono, secondo le circostanze, essere percepite con
gradi diversi di chiarezza ed evidenza ed alcune possono restare del tutto inavvertite, cos per le relazioni fra le
parti. In un campo visuale, molto vario un paesaggio, in un concerto orchestrale ed anche in una sola
melodia, si d una quantit naturale di relazioni di cui la nostra coscienza di solito rileva alcune soltanto. Le
relazioni, che presentemente non sono avvertite, si trovano presenti nel complesso sensoriale, in modo
puramente fisico, e noi una volta| prestiamo attenzione, p. e., ai rapporti cromatici, unaltra a quelli di
brillantezza, unaltra ancora quelli spaziali. Similmente, restando in un identico campo di suoni, una volta
possiamo attendere al ritmo, unaltra alla melodia; quando attendiamo al ritmo e ci sfugge la melodia, non
possiamo dire che i suoni della melodia non abbiano ancora una differenza di altezza (D, I, 18, 1, pag. 324 e
segg.).
Conclude lo St. che solo le relazioni di questi frammenti della coscienza, precedentemente inavvertiti,
possono essere apprezzate, le quali per mezzo di uno sforzo conveniente e dellesercizio dellattenzione possono
poi essere realmente osservate, poich lincosciente in senso assoluto non un principio di spiegazione
psicologica.
Altro un contenuto incosciente, altro uno inavvertito.
Incosciente, in senso stretto, si dice di situazioni o attivit che sfuggono a tutte le funzioni note di
immaginare, pensare, volere; che seguono delle leggi proprie, ma che non sono accompagnate neppure da un
minimum di coscienza, cosicch non possono esser ricondotte nellambito di questa, n quando si compiono n
in seguito (D, I, 19, 2, pag. 339).
Inavvertito, contro incosciente, indica le funzioni per le quali la coscienza attuale concomitante pressoch
nulla, la quale pu tuttavia esser in seguito applicata a tali funzioni per via dellattenzione, secondo un dato
aspetto funzionale da percepire. Che tali parti e contenuti inavvertiti siano realmente presenti nella coscienza, lo
prova il fatto che ce ne accorgiamo subito appena vengono a cessare; il mugnaio che dorme si sveglia di
soprassalto appena il molino si ferma: ora, se non si dessero queste sensazioni inavvertite, non potrebbe essere
svegliato... Perci le sensazioni inavvertite restano in qualche modo compresenti a quelle avvertite nella
coscienza: questa coscienza concomitante dallo St. identificata con la set| at cct; di Aristotele.
Oltre le forme continue simultanee, per le quali stata avanzata lipotesi delle sensazioni inavvertite, si
danno anche le forme continue successive; mutazioni, movimenti, melodie... Sono esse dei contenuti
caratteristici di percezione, per| i quali il carattere di Gestalt dato dallo stesso succedersi, dal fluire delle parti.
Per questi contenuti il problema della percezione del continuo si aggrava, in quanto che essi implicano una
nuova dimensione percettuale, il tempo in concreto, cio la successione continua. Come possono gli stati di una
processione esser detti parti e fondare lapprensione di una relazione e perci di una Gestalt? In ogni istante
singolo non pu esser dato che un certo particolare contenuto, secondo una particolare condizione oggettiva:
come va, invece, che percepiamo una forma continua in divenire, mentre parte di essa gi passata e parte ha
ancora da venire?
Ci si pu chiedere, per, se davvero quando data una parte di un continuo successivo, p. es. alcune note di
una melodia, questa parte, rispetto al complesso attualmente sentito ed a quello imminente, possa esser detta
senzaltro passata. Potr esserlo dal punto di vista fisico della successione dello stimolo, non lo certamente da
quello psicologico. Il cambiamento dello stimolo fisico ed il succedersi di una nuova situazione psichica, non
implica a priori la scomparsa completa della situazione interiore creata in precedenza, la quale pu permanere
nella coscienza e portare il suo contributo alla percezione di una forma diveniente, cio strutturantesi nel fluire
temporale degli stimoli e delle risposte psichiche.
Lo St. indica propriet di accumulazione psichica immediata con il termine di memoria primaria, da
distinguersi dalla memoria secondaria o del ricordare usuale. La memoria primaria rende possibile il persistere,
con un certo grado di presenzialit, di ci che dovrebbe fisicamente considerarsi gi passato. Questa
presenzialit fa s che le parti disgiunte nel tempo assumano fenomenicamente una stessa forma continua di
movimento (D, I, 15, b, pag. 233; 16, 6, pag. 283).
La memoria primaria pu esser detta, sul piano fenomenologico, la condizione trascendentale per la
percezione delle forme successive, come lo erano le sensazioni differenziali, inavvertite, per le percezioni dei
continui simultanei.
Qualcosa di simile potrebbe esser detto della forma dinamica per eccellenza, il Tempo, in quanto esso
psicologica|mente inteso esprime lapprezzamento soggettivo (tempo soggettivo) della durata di un
movimento. Il tempo soggettivo, in quanto condizione prerequisita allapprensione delle altre forme
successive, sorge unicamente e propriamente dallautomatico spostamento temporale che hanno le impressioni e
le rappresentazioni nella memoria primaria. I contenuti di questa memoria primaria (Gedchtnisbilder) vanno
ben distinti da quelli della memoria secondaria (Erinnerungsbilder): quelli appartengono alla conoscenza
immediata e funzionano nel presente che divora il passato e anticipa il futuro; questi funzionano secondo un
inerte riferimento al passato e possono anche deviare dallapprensione adeguata di ci che attualmente
presente (D, I, 16, 7 a, pag. 292).
E fermiamoci qui.
La nostra esposizione, fortemente sintetica, voleva mettere in vista i tre princpi fondamentali nei quali lo
stesso St. concentra la propria teoria (D, I, 15, 2, pag. 254).

1) Possibilit di percezione di relazioni.
2) Possibilit di contenuti di coscienza inavvertiti.
3) Distinzione di presentazioni sensoriali (Erscheinungen) e funzioni psichiche (psychische Funktionen)
come dati di coscienza eterogenei dai quali dipende anche la possibilit dei contenuti di coscienza inavvertiti.
2. ORGANIZZAZIONE PERCETTIVA E MOVIMENTO
a) Movimenti virtuali e fantasia percettiva (Palagyi)
Avevamo iniziato con un problema di psicologia fisiologica: come mai, malgrado la discontinuit nella
distribuzione degli elementi nervosi negli organi di senso, noi percepiamo sempre dei contenuti continui ed
organizzati?
Lessenza della risposta dello St. data dalla teoria delle relazioni. La spiegazione associazionista era fallita,
e cos pure quella razionalista, perch avevano fatto entrare le relazioni, nel| processo percettivo, dallestrinseco,
per via dellabitudine acquisita o per lattivit dellintelletto: il progresso dello St., innegabile, consiste nellaver
fatto le relazioni immanenti ai contenuti percettuali. LEmpfindungskomplex contiene le relazioni, sia che queste
vengano avvertite, sia che restino inavvertite; avvertite che siano, lEmpfin-dungskomplex diventa per la
coscienza un Verhltnisganz, cio una Gestalt. Il percepire raggiunge perci il suo sviluppo completo in due
stad: a) il distinguere le relazioni percettuali e b) il riunirle sinotticamente in ununit (Zusammenfassung),
onde sia possibile la intuizione unitaria della Gestalt (Zusammenschauen) (C. STUMPF, D, I, 15, 1 c, pag. 235).
Non c dubbio che i due stad, che possono essere anche indicati con i termini di selezione ed
organizzazione, formino il nerbo del processo percettivo; parimenti non v dubbio che quella dello St.
spiegazione psicologica pura senzalcun inquinamento di materialismo o didealismo. Ma proprio questo, che
il gran pregio della teoria, porta alcune ansiet che non paiono infondate.
Anzitutto, possibile costruire una teoria psicologica pura, cio senzalcun ricorso in generale, remoto o
prossimo, alla fisiologia? In una concezione adeguata della natura umana ed in un Aristotelismo coerente non
mi pare; e per una ragione quanto semplice, altrettanto fondamentale, quella della connessione intrinseca fra
organo e facolt, che un riflesso della unione sostanziale fra anima e corpo.
Come il corpo la potenza, cio la capacit e lo strumento dellanima, cos lorgano la capacit e lo
strumento della facolt: per il corpo, lanima, e per lorgano, la facolt, si mettono in contatto con il mondo
esterno. Le modificazioni che il corpo e lorgano ricevono dallesterno, in quanto sono ricevute in una materia
vivente, sono modificazioni ed attuazioni di ordine fisiologico. Qualunque sia il rapporto, in concreto, fra il
fisico e lo psichico, non v dubbio che il processo fisiologico, che conseguente al primo ed antecedente
(come concomitante) del secondo, funga veramente da intermediario fra i due.
Questa funzione intermediaria dellorgano ci potr sfug|gire nella sua intima essenza, ma come tale
innegabile: altrimenti non si sa perch gli organi di senso siano costruiti in un dato modo, secondo una
proporzione evidente allapprensione di dati oggetti, e non in un altro (principio della .ce ;).
Pi pertinente, per lo sviluppo del vago principio aristotelico, pare unoriginale dottrina dovuta a M.
PALAGYI, a cui non era stata data importanza e sulla quale ha richiamato la attenzione L. Klages, suo discepolo;
essa stata prospettata con lucidit dal P. Gemelli in relazione anche a nuovi fatti
10
.
a) Il P. parte dal principio che, come i nervi motor non sono riducibili a nervi sensoriali, cos pure i
contenuti rappresentativi di movimento (Bewegungserlebnisse) non sono riducibili ai contenuti rappresentativi
di sensazione esterna (Eindruckerlebnisse). Il sensualismo, che si fonda su questa identificazione, cade con essa.
b) Si deve ammettere pertanto che come si danno fantasmi di co-lore, cos vi sono anche i fantasmi
di movimento e non soltanto le impressioni di movimento. Il P. pone molta cura nel determinare la natura di tali
fantasmi (pag. 3 e segg.).
c) Il fantasma di movimento (das Bewegungsphantasma) non un movimento reale e deve pure essere
distinto dallimpulso al movimento. Tale fantasma va concepito come una interiorit pura ovvero una
virtualit di movimento, per la quale una situazione psichica pu essere caratterizzata rispetto ad una
estrinsecazione di movimento. qui la radice anche della nostra attivit percettiva.
Se qualcuno pronuncia con senso la parola triangolo, si pu osservare con una certa attenzione che egli ha
tracciato nella propria fantasia spontaneamente e con grande prestezza una figura concreta di triangolo e lo
stesso si dica per gli oggetti concreti di tutto il linguaggio umano. Noi accompagniamo la parola ed il contesto
concettuale con illustrazioni, le quali sono prodotte per via di movimenti virtuali, a volte vivaci, a volte sbiaditi.
Certamente nessun pensatore prudente scambier| il contesto concettuale con le illustrazioni che vaggiunge la
sua fantasia pi o meno eccitata. Il senso della parola triangolo o di qualsiasi altra parola qualcosa di
generale: la parola si applica per indicare tutti gli esemplari di un genere, mentre la illustrazione che per via
della nostra imaginazione (Einbildung) aggiunta alla parola triangolo, od a qualsiasi altra parola, sempre
qualcosa di singolare, di concreto. In breve il movimento immaginato, come il movimento reale, produce sempre
e solo una figura, mentre la parola si applica a qualsiasi singolare che appartiene alla stessa specie.
Un cieco nato, che fosse anche paralitico dalla nascita non avrebbe alcun modo di percepire il mondo
esterno; privo della facolt di movimento, gli mancherebbe la possibilit di mettersi in rapporto con il mondo
esterno. Codesta funzione conoscitiva del movimento si ha non soltanto nella percezione degli oggetti in moto,
ma anche di oggetti in quiete; qui che entrano in funzione i movimenti virtuali e i fantasmi di movimento,
ora descritti e che il P. riduce, nella loro intima natura, a processi vitali, aventi perci un sostrato nervoso che
corrisponde ai movimenti meccanici.
d) Proprio cos: senza fantasia non si d alcuna presa di conoscenza della realt che ci attornia, nessuna
visione di colori e forme (Gestalten), nessuna audizione di suoni e di melodie, nessun accorgersi delle cose
corporee con il tastare e lafferrare. Brevemente: nessuna percezione sensoriale e nessuna attivit spirituale di
qualsiasi ordine, sia inferiore come superiore
11
.
Noi traduciamo il movimento in rappresentazione e la rappresentazione in movimento (75).
La capacit di compiere movimenti nellimmaginazione (movimenti virtuali), rappresenta il fondamento di
tutta la| vitalit della fantasia. Per essi noi percepiamo le superfic dei corpi e li localizziamo nello spazio.
Quando noi diciamo di veder un corpo in un dato posto dello spazio, ci significa che noi componiamo
nellimmaginazione un movimento verso quel posto nel quale si eleva il corpo. Sono degli avvisi virtuali per i
quali noi fissiamo i luoghi delle cose ed il loro apparire nello spazio; e per mezzo dei movimenti virtuali lungo
le superfic ed i contorni dei corpi, noi apprendiamo la loro estensione, posizione e figura (Gestalt). questo il
principio fondamentale di una teoria della percezione: senza la fantasia, ovvero senza il movimento virtuale, non
si pu dare alcuna percezione di cose ordinate nello spazio, aventi una posizione ed una figura
12
.
La psicologia moderna ha voluto tutto spiegare con le sensazioni, senzaccorgersi dellimportanza del
movimento, cosicch ha dovuto ricorrere a teorie complicate, come quella dei segni locali per nascondere la
propria ignoranza. Parimenti, contro Kant, osserva il P. che fittizia lopposizione di a priori e di a posteriori:
basti il riflettere che la nostra percezione del mondo reale non dipende solo da sensazione ma anche da
immagine, ed in particolare il movimento reale e le rotazioni spaziali possibile percepirli solo per via
dellimmaginazione (86).
Concludiamo con il riconoscere che il fantasma di movimento che rende possibile una intuizione dello
spazio; con essa unintuizione della figura; con essa poi unintuizione del mondo esterno in generale. per
questi movimenti virtuali che avviene la fusione delle varie sensazioni in un tutto
13
.|
Esempio: io copro con la mia mano lapertura circolare di un bicchiere e non solo ne percepisco la forma
circolare grazie alle sensazioni varie che lorlo del bicchiere determina, ma codeste sensazioni risvegliano in me
un fantasma di movimento, che mi permette di fondere i var dati sensoriali in un tutto dalla forma circolare
dellapertura del bicchiere.
Infine come la fantasia diretta del movimento prende parte attivamente (teilnimmt) ad ogni percezione,
cos la fantasia inversa di movimento si allontana dalla percezione e matura quei fantasmi che si ritengono
nella vita giornaliera, come pura fantasia (volo di fantasia).
Questo il ncciolo dellingegnosa teoria del Palagyi, che ha trovato, fra laltro, delle buone conferme nelle
moderne indagini di psicologia animale. La teoria del P. considera la funzione percettiva del movimento
dallinterno, funzione che noi attribuiamo in proprio allo schema, come si dir; il movimento per pu avere
una funzione antecedente a questa ed esserne la causa.
b) Movimento e circolo formale (v. Weizscker)
Una recentissima introduzione del movimento, come elemento genetico essenziale della percezione, stata
fatta da Viktor von WEIZSCKER, un neurologo e psichiatra, che si rif alle esperienze di P. Cristian ed ai
princpi di Prinz Auersperg
14
.
a) Il W. rigetta anzitutto come insufficiente la teoria classica dei riflessi (Flourens): assurdo pensare
che un processo vitale, a cui intrinseca la spontaneit, abbia tutta la sua ragione dallesterno. Lo stimolo rende
possibile di fatto cio stimola la reazione vitale, ma non ne spiega la forma, n il passaggio da una forma ad
unaltra di innervazione, quale si ha nella condotta della vita reale. Nelle condotte vale sempre il principio
del conseguimento di un risultato eguale per vie diverse.|
La percezione nel suo svolgersi completo dipende da condizioni fisiche, fisiologiche, psicologiche: tutte e tre
le classi non operano luna indipendentemente dalle altre; se per le condizioni fisiche e fisiologiche sono
necessarie, della percezione non danno la vera ragione che deve esser psicologica. Con questo il W. rigetta il
principio dellIsomorfismo quale stato inteso dal Khler e dal Gelb.
b) La spiegazione positiva del W. da lui espressa con il termine di circolo strutturale e lopera sua
ultima porta appunto il titolo Der Gestaltkreis (1940). Da un punto di vista pi generale, rispetto al problema
della vita come tale, il W. parla del principio di coerenza secondo il quale si sviluppa e si integra latto
biologico (8).
Invero nella vita si danno determinate direzioni di esplicazione, ma la funzione vitale si esplica sempre in
modo che i corpi, cio i loro organi, restano sempre in contatto con determinati pezzi dellambiente (Umwelt),
fino a che un ostacolo soverchiante non riesca a separarli.
Per es., per la vista: un uomo osserva una farfalla che appare nel suo campo visuale. Si pu ritenere che
limagine di essa scorra su una piccola parte della retina. Da ci segue un movimento dello sguardo: secondo la
direzione di volo dellanimale come secondo le caratteristiche del volo si hanno movimenti del capo, del tronco,
dellandatura. Leffetto di queste varie situazioni della muscolatura sempre lo stesso: render possibile
unimagine, quanto pi si pu continua, dellinsetto nella zona centrale della retina. Fin quando si mantiene
questa coerenza, sar possibile la percezione del movimento. La coerenza si mantiene soltanto sotto la
condizione di tale successione di movimenti, cosicch tutto il processo vedere + muovere un solo atto.
c) Lesecuzione dallatto di percezione mostra perci lincrociarsi del processo motorio con ci che
rende possibile lapparire degli oggetti. Lappa-rire degli oggetti reso possibile per una spartizione di oggetti
coerenti e di oggetti che il W. chiama sacrificati (geopfert). Questo sacrificio si oppone allanalisi,
almeno nella forma di un movimento non| inizialmente breve. Fin quando la farfalla cinteressa, noi trascuriamo
e sacrifichiamo gli altri movimenti.
La questione decisiva nella percezione adunque: in relazione a quali corpi io mi percepisco ordinato
presentemente? Altro lo spazio fisico-matematico, capacit indefinita e vuota di corpi, altro lo spazio
biologico che quello dei corpi che mi circondano e che pu variare distante in istante: altra perci
lintegrazione matematica dello spazio, altra quella biologica.
d) Lintegrazione biologica non un sistema ma un ordinamento di condotte biologiche in un presente:
sta qui la contraddizione (apparente) dellintegrazione biologica di un presente che continua, mentre
lintegrazione matematica si compie senza contraddizioni. La integrazione biologica invece, che una
presentificazione (Vergegenwrtigung) si compie solo per una contraddizione.
Lintegrazione biologica data da ci che il W. chiama il prender sul serio (das Ernstnehmen) i movimenti
della percezione: noi percepiamo quello che reso possibile dai movimenti richiesti dalla nostra condotta. La
condotta daltra parte non dipende tutta dal soggetto, n tutta dalloggetto, ma da ci che stato detto lincrocio
di ambedue.
Diciamo pertanto che il movimento (animale, sintende) reso possibile dalla percezione e la percezione dal
movimento: movimento e percezione stanno in relazione di apertura luno per laltro, secondo una prestazione
vicendevole. Questo incontro di movimento e percezione non va confuso con la collaborazione fra motilit e
sensibilit, comune alla vecchia psicologia (Bain), ove i rapporti erano considerati in termini di sostanza
materiale soltanto, omettendo il concorso del soggetto e la solidariet di soggetto ed oggetto.
e) Il circolo strutturale quello adunque che si stabilisce fra stimolo e reazione; fra movimento e
percezione, fra organismo e ambiente, fra io e tu, fra io e non io: ciascuno di questi termini non si pone che per
laltro in una serie di scamb indefiniti. Il W. schematizza graficamente i rapporti fra organismo (o) e ambiente
(u = Umwelt) (118):|














Le due serie dei processi oggettivi e soggettivi sono intimamente dati luno per laltro, secondo il grafico
seguente (132):


Fenomeno vitale Processo nervoso


Sentire e muovere Eccitazione


Processo di sensazione Movimento


lIo Ambiente


In altre parole, non c un mondo per s stante od un soggetto per s stante; ma un oggetto per un oggetto ed
un soggetto per un oggetto: non ci sono forme da una parte e soggetti dallaltra, n forme da una parte e
spazio e tempo dallaltra, ma sempre e ciascuno di questi termini dato rispetto allaltro come il suo
partner, come due gemelli nati ad un parto (Relativismo), come due giuocatori di scacchi.
Per questo il W. chiama il principio della coerenza Parallelismo coincidenziale (in opposizione al
parallelismo, meccanicista e gestaltista), complementarismo, od anche, con lAuersperg, principio di
equivalenza.
f) In questa concezione adunque la percezione non deve essere compresa: 1) come una specie di
immagine fabbricata, ma essa stessa come unattivit in divenire; e 2) essa non un prodotto finale soggettivo,
ma lincontro diveniente fra lio e lambiente (91).
Devono cadere cos le concezioni esclusiviste che dnno tutto o alla posteriori meccanicismo o alla
priori idealismo (12). In particolare le concezioni teoriche che| fanno capo a Kant, partono dalla supposizione
che noi abbiamo una percezione dello spazio matematico puro, e poich tale percezione non possibile a
posteriori, essa devesser postulata come funzione trascendentale a priori della sensibilit. Quando un oggetto di
percezione si presenta in un determinato punto di questo spazio, esso dovrebbe esser determinato spazialmente
in modo assoluto: viene dal medesimo luogo unimpressione ottica ed una acustica, cos dovrebbe esser data eo
ipso la loro appartenenza allo stesso oggetto. Ma tale concezione, osserva energicamente il W., non si concilia
con lincrociarsi di movimento e percezione in un unico atto (latto biologico). La trascrizione degli oggetti
nellidentico spazio rappresentativo una condotta particolare che non precede quella del movimento e della
percezione ma che pu seguire, anche se non deve seguire sempre. Un ordinamento simile dei var organi,
conchiude il W., si ha secondo la nostra concezione non perch essi sono ordinati secondo i valori locali in un
identico spazio (matematico), ma per il fatto che esso spazio rappresenta una unit in divenire di oggetto ad
oggetto, di atto ad atto, la cui conclusione finale, in generale, non data in un tutto prestabilito, ma lasciata di
volta in volta a determinati punti visuali.
La cooperazione degli organi o delle loro parti non dipende dal fatto che a queste parti convengono specifici
valori spaziali o segni locali (Lotze): non esiste una energia sensoriale specifica per la spazialit. Anche la
connessione fra le impressioni sensoriali non dipende dal loro ordinarsi in una rappresentazione spaziale
universale ed assoluta: la localizzazione spaziale e temporale relativa agli oggetti concreti.
Spazio e tempo, cio lordinamento spaziale e temporale nella percezione, dipendono dagli ordinamenti
oggettivi degli oggetti, cosicch spazio e tempo vanno detti essere nelle cose stesse (41, 100).
La correlazione fra oggetto ed ambiente, affermata dal W., nella costruzione percettiva, ha trovato una
conferma sperimentale nelle ricerche del P. Gemelli sopra lorientazione lontana dei piloti di aviazione.
Lorientazione nello spazio dipende strettamente dalla percezione che il pilota ha sulla posi|zione del proprio
corpo: la rappresentazione dello schema del proprio corpo che guida la costruzione percettiva dello spazio
nel quale il pilota si trova e nel quale si deve orientare. Cio, laeroplano fa un tuttuno con il proprio corpo ed
entra in questo schema rappresentativo di esso, del quale il pilota si serve nella costruzione della
rappresentazione dello spazio stesso, cio lo spazio personale, quasi che il corpo fosse allungato ed esteso nel
senso delle dimensioni delle ali, della coda e della carlinga. Si ha perci una reciproca interdipendenza tra la
rappresentazione dello spazio esterno e la rappresentazione dello spazio personale
15
.
Noi abbiamo la rappresentazione dello spazio in cui ci muoviamo; abbiamo uno schema rappresentativo del
nostro corpo, ossia la rappresentazione di uno spazio che occupato da noi, e cio uno spazio nostro, uno spazio
proprio del soggetto. Questa rappresentazione dello spazio nostro costruita mediante i dati sensoriali, visivi,
tattili, cinestesici e costituisce come lo sfondo dal quale si staccano come parti i movimenti delle membra
del nostro corpo. Spazio esterno e spazio del nostro corpo non sono dunque due realt separate nettamente,
ma due realt in rapporto, reciprocamente dinamico e continuamente mutevole.
Questo rapporto realizzato mediante la nostra motricit, grazie alla quale noi, per dir cos, usciamo da noi
per entrare nel mondo esterno, ovvero per la quale il mondo esterno entra in noi, nella sfera dello schema
rappresentativo del nostro corpo.
Dunque la motricit non separata dalla capacit percettiva: non pura attivit motrice, ma anchessa
ha una funzione conoscitiva in quanto offre i dati per la costruzione conoscitiva del mondo esterno
16
. Il Gemelli
ha ritrovato, per via puramente sperimentale, la stessa formula del Weizscker.
C per una essenziale differenza nel contenuto ultimo| che danno i due Autori allidentica formula. Il W.
bench rigetti lisoformismo stretto, si rifugia alla fine, anche lui, in una forma di parallelismo; soprattutto il W.
non fa distinzione notevole fra contenuti di forma e contenuti di valore, non distingue fra forma e
significato degli oggetti. questa la deficienza pi grave nella spiegazione psicologica della Gestalttheorie che
il W. dichiara di accettare senza restrizione, cosicch si ha limpressione che questi egregi psicologi, che hanno
tanto bene meritato nella lotta contro lempirismo materialista, alla fine corrano anchessi il pericolo di cadere
in unaltra sua forma, pi subdola e raffinata.
Riteniamo pertanto che le spiegazioni addotte circa la solidariet fra movimento e percezione rappresentino
un contributo positivo alla interpretazione dellorganizzazione percettiva primaria, ma lorganizzazione primaria
, cos come i contenuti che organizza, di carattere neutro; non pu essere perci lultima ragione della
struttura delloggetto. Il significato, come principio di strutturazione, ha valore pi fondamentale, come si
osserva chiaramente nelle agnosie o dissoluzioni psichiche quando il soggetto, che pur conserva la sensibilit
intatta, non percepisce alcun oggetto perch ne ha perso il significato. I fattori del significato sono dominanti
sopra quelli sensoriali immediati e tutto il capitolo della costanza percettiva ne prova lampante.
Preveniamo intanto le confusioni pi ingombranti. I sensibili propr, quanto alla causalit che esercitano
sullorgano e sul senso, sono i sensibili sa` .e, | ed solo per loro mezzo che anche i sensibili comuni si
fanno presenti ai sensi; quanto per al contenuto rappresentativo, i sensibili propr sono qualit neutre e
irrazionali, prive di significato e non ulteriormente analizzabili.
I sensibili comuni, tutto allopposto. Bench la loro causalit sullorgano non sia che di secondo ordine, in
quanto una modificazione di quella primaria dei sensibili propr, essi per costituiscono, ciascuno, un nucleo
rappresentativo definito, senza del quale le stesse qualit sensoriali non si potrebbero dare. Tali qualit, appunto
perch sensoriali, non si| possono dare se non aderenti allestensione ed in essa delimitate entro dimensioni e
configurazioni determinate. Parimenti lorgano recettivo dotato di estensione e di una propria struttura: questa
corrispondenza immediata fra la struttura esteriore dellorgano e la sua funzione gnoseologica fu giudicata
sufficiente dal Filosofo per spiegare lapprensione dei sensibili comuni. I sensibili propr sono percepiti per la
.ce ;. I comuni, e le qualit dellestensione, sono percepiti ex parte objecti, in quanto saccompagnano ai
sensibili propr; ex parte subjecti in quanto anche lorgano esteso ed atto a riceverli secondo le propriet
dellestensione. Allinciso del Filosofo che i sensibili comuni erano percepiti per via del movimento, la
tradizione aristotelica almeno quella tomista non diede gran peso ed identific questo movimento con
limmutazione fatta dal sensibile sul senso.
Il principio della .ce ; importa che ogni sensazione ovvero apprensione di qualit elementare, sia una
discriminazione fra le condizioni dello stimolo e lo stato attuale dellorgano. Poich per avere la sensazioni
necessaria una diversit di grado fra le condizioni dello stimolo e quella dellorgano, si pu ammettere che
lapprensione differenziale a cui termina il processo psichico, sia preceduta nellorgano da un processo
fisiologico corrispondente, ignoto nella sua natura ad Aristotele, non meno che a noi.
Ma di un analogo processo fisiologico per lapprensione dei sensibili comuni, nella teoria aristotelica non v
una immediata esigenza. Quegli Scolastici per i quali, come Egidio Romano, a differenza di S. Tommaso,
pongono che i sensibili comuni formano nel senso unimpressione e specie distinta da quella dei sensibili propr,
lasciano aperta la via per lammissione di un tale processo, qualunque esso sia. Senonch in questa posizione si
dovrebbero ammettere due serie diverse di processi fisiologici: luna per i sensibili propr, laltra per quelli
comuni, ci che complica notevolmente le cose. Questi Scolastici erano partiti dai fatti messi in luce dai
Perspectivi, trattatisti di ottica (Alhazen, nel caso); S. Tommaso non mostra, almeno per quanto a me consta, di
utilizzare nella| nostra questione i progressi realizzati dai Perspectivi nello studio delle percezioni visuali,
probabilmente perch non li conosceva.
Si pu riconoscere pertanto con sincerit che lignoranza in cui erano Aristotele e gli Aristotelici, ed in cui
siamo ancor noi, circa i processi fisiologici che avvengono negli organi di senso, nelle vie nervose e nei centri
lasciano ancora avvolta nel mistero lintima natura della percezione sensoriale, considerata a parte ante, cio
nella sua prima (passiva) fase. Del mirabile prodigio di fecondit della natura qual la percezione, possiamo
osservare il frutto ed un po almeno in alcuni casi anche il fiore, le foglie ed il gambo: la radice per resta
sempre sotterra e a noi non dato di poterla svellere per appagare la nostra curiosit.
3. UNIT PERCETTIVE E MOVIMENTO
a) Gestalt e Konfiguration (Lindworsky)
Uno dei fondamenti della teoria delle relazioni, avanzata dallo Stumpf, stata limpossibilit di superare
altrimenti la difficolt creata dalla fisiologia da una parte, e dalla divisibilit indefinita del continuo dallaltra.
Di queste due difficolt Aristotele e gli Aristotelici conoscevano a perfezione la seconda; ignoravano
completamente la prima; per questo la percezione del continuo non poneva ad essi un problema speciale, come
lo pone oggi a noi.
Lo St., rifiutando intenzionalmente qualsiasi ricorso a fattori fisiologici, sia pur ignoti nella loro natura, ha
portato in campo lipotesi delle sensazioni inavvertite che rendono possibile la percezione delle relazioni
dalla quale sorge la percezione del continuo. Tutto questo si pu ben accettare, fin quando si tratta della
elaborazione della percezione per cui si arriva agli oggetti che sono, ciascuno in s, strutturati e distinti rispetto
ai circostanti; ma prima di questa presenza esplicita del continuo nel Verhltnisganze, da spiegare la sua
presenza implicita ammessa tale presenza, come ci pare lammetta anche lo St. con la teoria degli attributi e
dellimmanenza| delle relazioni nellEmpfindungskomplex. Altrimenti lo spazio va concepito secondo
lEstetica trascendentale (Kant).
Alcuni psicologi, e fra essi lo stesso St., sono portati a spiegare la percezione primitiva del continuo e delle
altre qualit formali come un fenomeno di fusione (Verschmelzung): come la fusione di due o pi qualit
cromatiche porta il sorgere di una terza qualit cromatica originale, cos la distribuzione ordinata dei punti dello
stimolo, porta, per un processo analogo, alla percezione della continuit fra i contenuti delloggetto.
A mio modesto avviso, tale spiegazione non va pi in l di unanalogia ed al pi esprime un fatto; non d la
spiegazione del medesimo. La soluzione pi sobria ancora forse quella indicata trentanni fa dal Gelb, per
modesta e vaga che essa sia: lo spazio matematico non lo spazio fisico e tanto meno quello psicologico, onde
la divisibilit, indefinita quanto si voglia del primo, perch frutto di sole esigenze dottrinali, lascia intatta la
continuit del secondo e del terzo
17
. Largomento della discontinuit degli elementi fisiologici non deve essere
esagerato, poich si pu supporre, e vi sono buone ragioni per farlo, che lorgano considerato come un tutto,
e non i singoli elementi, il campo proprio ed adeguato dello influsso degli stimoli. Continuit fisica negli oggetti
e negli stimoli, continuit, in quanto la solidariet funzionale di elementi, nellorgano, possono ancora esser
ritenuti, in mancanza di conoscenze pi appropriate del meccanismo fisiologico, condizioni sufficienti per
lapprensione primitiva del continuo.
Il P. Lindworsky che distingue fra Konfiguration e Gestalt, come lo St. fra Empfindungskomplex e Gestalt,
trova del tutto superfluo un ricorso a processi fisiologici in questa materia. A suo parere la Konfiguration dei
contenuti sensoriali si potrebbe trovare egualmente nella nostra coscienza, come ora si trova:|
a) anche se lorgano ricevesse gli stimoli emananti dalloggetto fisico secondo una distribuzione
puramente atomistica,
b) anche se le eccitazioni, che accadono nel cervello, fossero com-pletamente isolate,
c) anche se fossero distribuite in completo disordine, cosicch non sia pi possibile parlare di una
proiezione corticale dellimmagine retinica;
d) finalmente, anche se tali eccitazioni atomistiche, isolate e senzordine, non si trovassero in alcuna
connessione dinamica, e quindi non si potesse pi parlare in alcun modo di modelli di processi psicofisici.
Anche nella supposizione che tutte e quattro le condizioni fossero realizzate, noi non percepiremmo ancora un
mosaico. Un mosaico realmente presuppone un modello ed una localizzazione delle parti. Ma questultima
specialmente, secondo la distinzione fra Konfiguration e Gestalt, non pu presentarsi alla coscienza al primo
istante
18
.
Come, allora, sorge la Konfiguration? Prendendo per esempio la vista, rispondiamo: per mezzo dellapparato
diottrico. I bastoncelli ed i coni possono trovarsi disposti atomisticamente, e si pu ammettere che le eccitazioni
restino strettamente isolate ed arrivino al cervello confuse e disordinate. Ora se immaginiamo un diaframma
posto davanti allocchio, il quale esponga sempre un solo elemento retinico allo stimolo fisico, e se noi
muoviamo adagio questo diaframma indietro ed avanti, si ha che una delle parti delloggetto, una dopo laltra, si
presentano nella nostra coscienza in un modo corrispondente alla disposizione oggettiva delle parti medesime.
Abbiamo noi cos una rappresentazione simultanea? S, risponde il L., perch se tutti gli elementi retinici
sono eccitati simultaneamente, noi prendiamo coscienza di tutte le parti delloggetto rappresentato, cosicch
lintero spazio riempito, senza crepe.|
Se, in luogo di modelli nel senso di una somiglianza geometrica (vecchia psicologia), si vuol ricorrere a
modelli dinamici, abbiamo, invece di una spiegazione, una nuova ipotesi non meno gratuita, quella che la
percezione di una foglia di quercia corrisponda nel cervello ad un processo psicofisico x.
Qui il L. gioca un po dironia: la sua critica ben assestata contro una teoria, come quella della Gestalt,
nella quale i processi fisiologici costituiscono la spiegazione definitiva dei contenuti; non credo per una teoria,
come ci pare debba essere laristotelica, nella quale il ricorso ai processi fisiologici non pu esser del tutto
bandito. Ci che, del resto, riconosciuto dallo stesso L.: a suo parere, bench i processi psicofisici strutturali
non formino la condizione necessaria proposizione che per noi gratuita come quella antagonista della
Gestalttheorie pure essi restano possibili. Qual contributo essi possono dare?
Prima di ogni esperienza, risponde il L., essi possono rafforzare le eccitazioni che vengono dagli stimoli
periferici, come per un processo di risonanza. Possono ancora, secondo lo stesso principio, causare certe
eccitazioni interne, per le quali non si d stimolo esteriore. Quanto alle funzioni trasversali nel senso del
Wertheimer, esse rimangono possibili, ma non sono essenziali al processo.
Dopo lesperienza, si pu pensare che vengano a formarsi, nella coscienza, dei valori spaziali, come anche
sulla retina (ritorniamo ai segni locali del Lotze?). In questo caso uno spostamento del processo psicofisico
per via di risonanza, attrazione o altri fattori, pu condizionare anche uno spostamento della Konfiguration. Per
tali ragioni, per es., una circonferenza chiara di una figura esagonale irregolare pu apparire come un circolo e
molte altre illusioni ottico-geometriche possono essere spiegate in questa maniera. Alla fine il L., bench non
faccia avanzare il problema, fa ai processi fisiologici un posto forse non inferiore a quanto non si avesse nella
teoria della Gestalt.|

* * *
b) Gestalt e fenomeni di accrescimento (Selz)
Non meno interessante la teoria del continuo percettivo avanzata dal SELZ, altro egregio psicologo e teorico
della Denkpsychologie
19
.
Ha protestato egli ripetutamente che i Gestaltisti siano passati alle costruzioni teoriche prima daver condotto
a termine lanalisi fenomenologica dei fatti e daverli ordinati secondo criter sistematici rigorosi.
Questa mancata sistemazione dei fenomeni spaziali dipende, a suo parere, dallinflusso di un errore
fondamentale che fa capo allattributo cartesiano dellestensione. Di poi, tanto i Nativisti come gli Empiristi,
hanno considerato lestensione come un fenomeno fondamentale, non ulteriormente analizzabile e descrivibile,
ed il S. combatte lopinione che lestensione possa esser detta un attributo delle sensazioni. Piuttosto la
estensione spaziale soltanto un sottocaso (Unterfall) del fenomeno del continuo che pu sorgere (auftreten)
anche per continuit di altezze di suono, di forme, di colori, come anche per continuit di luogo ovvero di
qualit locali. Ciascuno di tali continui porta in s il carattere di estensione, onde il problema, come qualit
inestese possano costituire il continuo, resta sempre lo stesso.
Bisogna persuadersi adunque che il fenomeno del continuo non ancora ultimo, quasi il fenomeno-limite
della sistematica fenomenologica come hanno affermato i matematici intuizionisti; esso rientra, secondo il Selz,
sotto la categoria pi vasta dei fenomeni di serie. Il fenomeno del continuo il fenomeno di una serie i cui
elementi si seguono senza interruzione (Aus-fall), senza scissure (zusammenhngend). Infine, in quanto un
fenomeno seriale, il continuo di qua|lunque specie esso sia: sonoro, cromatico, spaziale o temporale rientra
nella classe dei fenomeni di accrescimento (Steigerungsphnomene) che il S. spiega come segue.
Tutte le cosiddette serie permanenti di qualit sono semplici serie di accrescimento, quando la costanza del
tono di qualit, e del grado di forza, di qualit cio lintensit si accresce o diminuisce.
Il S. distingue ancora le serie antagoniste di accrescimento quelle cio di contenuti che si escludono, come
freddo e caldo, le quali tengono ad un limite comune dindifferenza e le serie intermedie, come per i var
colori della scala cromatica.
I fenomeni di accrescimento che accadono nei continui sono ricondotti a fenomeni di variazione nel grado
di qualit, ed a loro volta le variazioni graduali sono ricondotte alla relazione fra le parti (Anteilverhltnis) di
processi fisiologici antagonisti o non antagonisti della sostanza nervosa. Il S. spiega questi fenomeni di
accrescimento, mettendoli in relazione con una variazione continua od improvvisa, secondo i casi, della
relazione di parti di questi processi nella sostanza visiva, affermando a questo modo una stretta connessione fra i
correlati fisiologici delle qualit ed i fenomeni di accrescimento. Date le qualit e la loro gradazione rispetto
allintensit ed alla frequenza dei processi di eccitazione fisiologica, si avr che laccrescimento di frequenza
continuo o discreto, positivo o negativo, cio laccrescimento dintensit nello stesso luogo od in luoghi vicini
del campo somatico, rappresenter il correlato fisiologico dei fenomeni di accrescimento. I fenomeni di
accrescimento possono perci rappresentare il sostrato di un giudizio indiretto di comparazione, poich gli stessi
fenomeni di relazione di grandezza e grado sono dei fenomeni di accrescimento che possono accadere in un
continuo percettivo organizzato. Questa teoria introdotta dal Selz in tutti gli aspetti della percezione.
Con la soppressione della frammentazione a traverso il ristabilimento della continuit di colori e di direzione
p. e. in un circolo uniformemente colorato le relazioni di accre|scimento passano in fenomeni di
accrescimento continuo, ed il loro caso limite, la relazione di somiglianza, passa in fenomeno di costanza.
Lo stesso accorgersi di una differenza quantitativa un fenomeno di accrescimento che condizionato da
un processo comparativo per via di anticipazione centrale.
La soglia differenziale la soglia dello stimolo che si richiede per determinati fenomeni di accrescimento e
la legge di Weber stabilisce, nellambito della sua validit, il rapporto di dipendenza fra laccrescimento dello
stimolo e laccrescimento del fenomeno.
Il significato per fondamentale dei fenomeni di accrescimento nei riguardi della teoria della Gestalt sta nel
fatto che il criterio della trasponibilit di v. Ehrenfels, che sempre stata circondata da un nimbo di mistero,
non altro che una propriet generale dei fenomeni di accrescimento, la quale rimane costante in una serie di
qualit graduate secondo la legge di costruzione di tale serie
20
. Cos si ripetono in una scala cromatica e sonora,
nonostante la diversit reale delle qualit, i medesimi fenomeni di accrescimento dato che i rapporti della
successione sono conservati costanti. Invero un continuo si dice omogeneo quando in tutto lambito delle qualit
graduate sono possibili gli stessi fenomeni di accrescimento. Come c un continuo (omogeneo) di suoni o di
forza, cos c anche un continuo (omogeneo) locale e temporale: di qui la possibilit di trasportabilit delle
forme spaziali. Dallomogeneit del sistema di qualit locali, rispetto ai fenomeni di accrescimento che in esso
si originano, risulta la possibilit di serie qualitative omologamente costruite.
Lanalisi del continuo cromatico e sonoro, come ci d la chiave per tutti i fenomeni di accrescimento
nellambito dei colori e dei suoni, cos lanalisi del continuo locale e temporale offre la chiave per la sistematica
fenomenologica di tutti| i fenomeni di serie di accrescimento che accadono in esso, a cui appartengono anche le
forme spaziali e temporali.
Con questi princip il S. scende allanalisi particolare delle classi principali di contenuti fenomenali spaziali
e fenomenali spaziali e temporali (32-40). Riteniamo la legge sulla variazione dei continui: Tutti i fenomeni di
accrescimento variano:
1) secondo gli indiz di aumento o diminuzione che offre la serie;
2) secondo la grandezza dellestensione o la distanza, per i fenomeni di accrescimento non permanenti;
3) secondo la direzione della serie stessa. Le direzioni variano secondo i toni di qualit nella forma e nel
numero, secondo che si tratta di serie spaziali, temporali o di movimento.
A questo punto il Selz incontra, con la sua forte mentalit speculativa, il problema dellorigine a priori della
forma della sensibilit. Lidentit infatti, sopra dimostrata, dello spazio naturale con il sistema (seriale) delle
qualit locali, fa comprendere il significato originario degli assiomi geometrici. Essi sono leggi strutturali dello
spazio naturale quale sistema dei luoghi. Essi non si deducono luno dallaltro, ma dalla struttura seriale
specifica del sistema di qualit locali. Cos si risolve il problema kantiano, se gli assiomi della geometria
euclidea siano acquisiti per origine nozionale, o per una particolare intuizione a priori. Il sistema delle qualit
locali cos, come il sistema dei colori, un sistema nozionale nel senso di una costruzione di pensiero che
richiesta dai fenomeni della vicinanza spaziale ottica. Ma questo sistema ideale presenta soltanto le leggi
strutturali della nostra intuizione empirica, del suo sistema di qualit: il contenuto nozionale e reale delle
medesime non pu esser fornito, evidentemente, che a posteriori dalloggetto di esperienza (40).
La faticosa teoria del Selz non forse immune, come quelle dello Stumpf e del Lindworsky, da un soverchio
intellettualismo che nel suo caso accentrato verso il pensiero matematico.|
Questi fenomeni seriali di accrescimento possono ben darsi oggettivamente, ma quale preciso significato
hanno essi nel problema psicologico della percezione del continuo e della forma? Non facile dirlo.
Comunque, la posizione del Selz quella che, a nostro parere, ha il merito di aver avvicinato il problema dei
rapporti fra la qualit oggettiva, i processi fisiologici e le serie fenomenali; come anche di aver insistito sulla
necessit di spiegare la percezione delle forme con princpi puramente fenomenali. In ispecie, la teoria generale
del continuo, bench lasci ancora nel mistero lorigine sua primitiva, offre una spiegazione plausibile del
presentarsi in concreto del continuo percettivo alla coscienza, della sua struttura e di quella sua enigmatica,
quanto fondamentale, propriet che la trasponibilit.

* * *
c) Assimilazione ed omogeneit percettiva (Musatti)
1) Il principio di omogeneit
Lassociazionismo ha sopravvalutato i fattori empirici, il gestaltismo quelli naturali: di fatto dalle rispettive
critiche risultato che gli uni e gli altri intervengono secondo una certa misura, anche quando si sia rinunziato
al principio sistematico dellempirismo.
possibile, pertanto, si chiede il Musatti ponendosi fondamentalmente nel punto di vista della teoria della
forma, render conto degli uni e degli altri fattori della strutturalit del mondo percettivo, raccogliendoli sotto
un concetto unico ed una legge unitaria?
21

Il primo problema quello di chiedersi se possibile ricondurre ad un unico principio generale le diverse
leggi natu|rali fissate dalla teoria della forma. Osserva giustamente il M. che, qualora si prescinda da qualsiasi
ipotesi fisiologica, o se si vuole lasciare ad essa il puro carattere di ipotetico modello di rappresentazione dei
processi fisiologici, corrispondenti ai fenomeni psichici della percezione, le leggi della forma rimangono, come
tali, del tutto staccate luna dallaltra ed esprimono mere constatazioni di fatto.
possibile, allora, restando sempre nel campo della pura fenomenologia della percezione, ridurre ad
ununit quelle leggi molteplici?
22

Lo stesso Wertheimer si era reso conto di determinati rapporti, esistenti fra i diversi fattori da lui esaminati:
cos aveva osservato che il fattore della somiglianza pu essere considerato come un caso speciale del fattore
delle forme buone; parimenti il fattore della continuit di direzione non da lui distinto dalla medesima legge
delle forme buone. Ma cosa caratterizza propriamente una forma buona rispetto ad una cattiva? Il
Wertheimer parla di omogeneit, di simmetria, dintrinseco equilibrio della figura od anche di figura le cui parti
sono costruite secondo un identico principio di cui luna costituisce la continuazione dellaltra.
Ora tutte queste espressioni si possono ricondurre, secondo il M., alla prima, cio alla omogeneit delle parti,
della forma: la simmetria omogeneit nella disposizione spaziale rispetto a quello che il centro e lasse di
simmetria; lespressione intrinseco equilibrio vaga, ma sta ad indicare una omogeneit delle parti nel peso e
risalto di determinati loro aspetti qualitativi; dire poi che i var elementi di una curva sono costruiti secondo una
stessa legge matematica, equivale a dire che c fra questi elementi una omogeneit nel grado di curvatura,
ecc., cio una omogeneit di determinati aspetti qualitativi che sono traducibili matematicamente, ma che si
possono anche considerare, come qui vanno considerati, esclusivamente in quanto aspetti qualitativi.
Ma se la omogeneit di parti, intesa nei var sensi ve|duti, quella che costituisce lessenza della forma
buona, si comprende come la legge delle forme buone e la legge della somiglianza, possano esser considerate
come dei casi particolari di un principio unico. Il M. analizza anche la legge di chiusura ed i fenomeni di
movimento solidale che resiste alle deformazioni, e li riconduce similmente al principio di omogeneit che viene
enunziato nei termini seguenti.
I raggruppamenti formati che si costituiscono nel complessivo campo percettivo si realizzano in modo che
gli elementi parziali, i quali vengono a costituire una forma determinata, presentano per loro una determinata
specie di omogeneit e risultano eterogenei con gli elementi che rimangono esclusi e distinti da quella
determinata forma (D, pagine 163-164).
Il principio prende il suo significato dal fatto di esperienza che ogni forma tende a migliorare: basta
ricordare le immagini consecutive, il comportamento percettivo nella emianopsia, una gran parte dei fenomeni
che illustrano particolarmente i movimenti stereocinetici
23
.
Leffetto della tendenza generale alla omogeneit percettiva ci che il M. chiama eguagliamento. Poich le
forme si costituiscono nel campo percettivo in base al principio generale della omogeneit; e poich, per il fatto
stesso di essere unificati in una forma, i var elementi della forma stessa tendono ad ulteriormente modificarsi
secondo il principio stesso della omogeneit, si pu dire che le forme tendono a solidificarsi, a rendersi sempre
pi stabili e differenziate nel campo percettivo, attraverso queste modificazioni dei loro elementi parziali nel
senso di una sempre maggiore realizzazione di omogeneit (D, 113 e segg.; 161).
Tale tendenza alla omogeneit tanto reale che di fatto si pu opporre e sostituire alle condizioni obiettive,
cosicch si ha spesso che laspetto delle forme e dei loro elementi risulta da un compromesso, o dal costituirsi di
un equilibrio fra lazione delle condizioni obiettive come tali, e la generica| tendenza degli elementi unificati in
una forma di fatti omogenei.

2) Lassimilazione percettiva
Lo studio e linterpretazione dei fenomeni stereocinetici, fatti dal M., suppongono che lesperienza passata
circa i var aspetti dei solidi apparenti influisce sullesperienza attuale (illusoria) in tal modo da far s che
loggetto deformantesi si arricchisca di un carattere di corporeit ingiustificato in base alle condizioni oggettive
della esperienza attuale, ma corrispondente alla corporeit vissuta in condizioni percettive analoghe di forme ed
oggetti effettivamente solidi. Per tal modo erano fatti concorrere alla realizzazione dei fenomeni stereocinetici
fattori empirici, fondati dunque sullesperienza passata. Della realt di questi fattori empirici poco o nulla era
stato detto nelle teorie dello Stumpf, di Lindworsky, e di Selz.
I formisti, insistendo particolarmente sugli esperimenti del Gottschaldt, hanno negato uninfluenza di
valore formativo allesperienza passata. In realt il problema, dal punto di vista strettamente sperimentale,
insolubile, poich non si potr mai usare per lesperimento un soggetto che sia ad un tempo privo di qualsiasi
esperienza di corpi rigidi in movimento, ed insieme cos sviluppato da essere in grado di descrivere la propria
esperienza. Ma i formisti hanno confuso, sotto la comune categoria dei fattori empirici di esperienza passata,
due classi di fattori non solo diversi ma anche contrar, cio i processi propriamente associativi riproduttivi e
quelli selettivi integrativi. I secondi sono intrinseci al percepire attuale, i primi invece sono quelli estrinseci.
Secondo il M., mentre i processi associativi suppongono lelemento percettivo, si collocano accanto ad esso,
possono aggiungersi senza limiti e senza ordine, cosicch possono danneggiare lo stesso rendimento percettivo
delloggetto e sono poi localizzati nel passato. I fattori assimilativi fanno invece tuttuno con i dati attuali, sono
come questi vissuti immediatamente, e pi spesso| localizzati solo nel presente; si animano prima e
indipendentemente da fattori propriamente di ricordo, i quali possono anche rimanere del tutto assenti (D, 178 e
segg.; 184).
Il Musatti, approfondendo lindagine, arriv al concetto di trasformazione percettiva. Lazione dei processi
assimilativi pu esercitarsi tanto nel senso di determinare, nel complesso del mondo percettivo, il costituirsi di
determinate forme o strutture a preferenza di altre; quanto nel senso di modificare percettivamente laspetto di
determinate strutture; si pensi ai giochi di cercare la figura nascosta, alla percezione frequente nei bambini
di figure sui muri macchiati di umidit o nella disposizione delle nubi temporalesche.
Allo stesso modo che la tendenza alla omogeneit si esplica non soltanto determinando il modo di costituirsi
di forme particolari, in luogo di altre, nel complessivo campo percettivo, ma anche determinando lulteriore
omogeneit fra gli elementi unificati in una forma, cos lazione dei processi assimilativi si esplica:
1) determinando il costituirsi di particolari forme corrispondentemente alla nostra esperienza passata di
oggetti distinti;
2) determinando, nelle forme stesse, una trasformazione nel senso di corrispondenze ulteriori con gli
elementi della nostra esperienza passata (D, 195).
Per via di questa trasformazione si pensi a ci che accade trovando una figura nascosta, allimprovviso
apparire delle profondit nella visione della luna con il telescopio i dati, soggettivamente presenti, prendono
dimprovviso una nuova unificazione formale. Questa trasformazione non pu esser dovuta, come vuole la
Gestalttheorie, ai soli fattori naturali della forma; essa comprensibile solo in base alla nostra esperienza di tale
e tale oggetto particolare, p. es. il cane (per la figura nascosta), e degli aspetti dei corpi illuminati, delle ombre
che essi presentano, cio dei rapporti spaziali fra la fonte luminosa, gli oggetti che intercettano la luce e le
ombre proiettate da tali oggetti (per losservazione della luna). Per chi fosse del tutto alloscuro della realt
degli oggetti e delle| condizioni normali che essi presentano, quelle trasformazioni sarebbero impossibili.
Rientrano chiaramente in questa spiegazione i molteplici e ricchi fenomeni della costanza percettiva, per i
quali con buona pace dei Gestaltisti i soli fattori naturali della forma non paiono sufficienti.
Adunque, assieme ai fattori naturali collaborano alla strutturazione delloggetto nella percezione attuale
anche i fattori assimilativi. Le due serie di fattori importante il notarlo non operano come due influssi, per
s distinti, ma secondo una influenza unitaria di fatto inseparabile, tanto vero che loggetto nei suoi contenuti
costitutivi vissuto in un modo cos semplice ed immediato che sfugge, nella maggior parte dei casi, a qualsiasi
analisi (D. 209; 212 e seg.).
Il Musatti fa un ultimo passo.

3) Organizzazione e significato
Lesame spassionato dei contenuti di esperienza attuale porta quindi a riconoscere che fattori naturali e
fattori empirici formano nellatto un unico principio reale.
A questo punto il Musatti fa ricorso ad una nuova nozione, quella di organizzazione psichica: essa dovrebbe
insieme sostituire il principio dellIso-morfismo e render ragione del contributo essenziale che stato
riconosciuto ai fattori empirici, in quanto sono fattori di assimilazione.
In questo egli parte dalla constatazione di fatto che le trasformazioni assimilative non richiedono, in via
assoluta, la sussistenza nel nostro passato di una esperienza, esattamente in tutto conforme alle condizioni
attuali della percezione. Noi, p. es., non riconosciamo soltanto la caricatura di persone conosciute, ma
riconosciamo da poche linee la caricatura di un uomo, anche se il profilo riguarda una persona a noi ignota. Se
una caricatura mai veduta, di un volto per noi ignoto, percettivamente vissuta come un volto significativo, il
processo per cui nelle poche linee obbiettivamente costituenti la caricatura si determina quellarricchimento,
quella trasforma|zione percettiva, per cui appunto diciamo che la caricatura stessa un disegno significativo,
non pu determinarsi che sulla base dellesperienza passata. Non per della esperienza di quello stesso disegno,
che per noi dunque nuovo, e del volto che esso rappresenta e che per noi ignoto, ma del sistema organizzato
delle nostre esperienze dei volti umani e delle loro impressioni in genere. In certo modo quel disegno si colloca
in quel sistema, trova il suo posto in esso (D, 214).
plausibile quindi, conchiude il M., ammettere che sussista una organizzazione delle nostre singole
esperienze passate (cos una organizzazione delle nostre esperienze passate, delle variazioni che gli aspetti delle
cose subiscono col mutare della loro posizione, ed una organizzazione delle nostre esperienze passate degli
atteggiamenti e delle espressioni dei volti umani ecc.), e che sia attraverso tali organizzazioni degli elementi
della nostra esperienza presente, e non direttamente sulla base di singole esperienze particolari, che i processi
assimilativi stessi si determinano. lorganizzazione che si stabilisce nei contenuti dellesperienza passata che
domina ed ragione del percepire attuale (D, 188).
Perch tutto questo?
Il Musatti assegna come ultima ragione il finalismo insito allatto stesso del percepire, in quanto che solo a
questo modo la percezione tende a dare una conoscenza della realt esterna (funzione biologica dei fattori di
omogeneit ed assimilazione). La trasformazione che si opera nel campo percettivo per effetto di una tale
tendenza si svolge, in quanto tendenza alla omogeneit, nel senso di una riduzione cos della variet
qualitativa, come della variet quantitativa degli elementi della percezione. Le esperienze tachistoscopiche di
lettere senza senso e di parole con senso (cfr. Vol. I, Sez. II C. IV, 4) sono una prova chiara che il costituirsi di
unit formali complesse ha una funzione economica; tale costituirsi, in quanto aumenta il campo della realt
fisica percettivamente efficiente, dato che la funzione biologica della percezione quella di realizzare il contatto
con la realt esterna, estende una tale funzione (D, 24, pag. 164 e segg.).|
Il M., precisando maggiormente, vede nello sviluppo dei processi assimilativi una dinamica interiore e con
termine molto espressivo lavvicina ai processi di risoluzione di un compito mentale. Osserviamo un disegno in
prospettiva: in esso i lati oggettivamente orizzontali di una superficie rettangolare (p. es. una finestra), sono
riprodotti come convergenti, non paralleli, e tutta la finestra non vista nel piano del disegno, ma come situata
obliquamente in profondit. evidente in questo caso lazione dei fattori assimilativi, i quali portano alla
formazione di uno schema di organizzazione che, a sua volta, capace di animarsi e realizzarsi come un tutto di
esperienza attuale.
La nozione di schema percettivo non nuova, ma limpostazione fatta dal M. originale e segna uno dei
progressi pi notevoli realizzati dalla sua teoria.
Si pu dire, egli conclude, che lo schema secondo il quale questi processi assimilativi si determinano
equivale a quello di un processo di risoluzione di compito mentale. Laspetto infatti delloggetto percepito, cos
come risulta per lazione di questi processi assimilativi, corrisponde alla soluzione di un problema i cui termini
sono contenuti nelloggetto stesso della percezione attuale: il problema che consisterebbe nel determinare quale
forma e quale posizione debbano avere determinati corpi ed oggetti situati nello spazio verticale, una immagine
corrispondente al disegno che abbiamo di fronte a noi; e cio il problema inverso di quello risolto dal
disegnatore nelleffettuare il suo disegno secondo le leggi della prospettiva. Si pu dire che nella immediatezza
di quel disegno noi diamo direttamente e immediatamente una soluzione a quel problema (D, 186).
Noi non possiamo neppure immaginare quale sarebbe percettivamente laspetto del mondo se non esistesse la
strutturalit percettiva, ma possiamo ragionevolmente supporre che la realt esterna ci apparirebbe in una
indefinita molteplicit di aspetti ed in continua variazione, senza la possibilit di afferrare nulla di fisso e di
stabile in una tale caotica realt. Perci non solo quello che abbiamo detto contatto con la| realt esterna
attuale e passata si realizzerebbe rispetto ad una minor parte di quel mondo esterno, ma quello stesso contatto
sarebbe altres del tutto inadeguato ad assicurare un qualsiasi adattamento dei soggetti alla realt, e con ci, la
percezione verrebbe meno alla sua stessa funzione (D, 242, 245).
perci legittimo considerare la strutturalit percettiva, intesa nellampio senso veduto, come un carattere
intrinsecamente connesso alla natura stessa della percezione ed ammettere che anche nel processo ontogenetico
e filogenetico della funzione percettiva, quel carattere non insorga ad un dato momento, ma sussista sempre per
quella funzione, sia pur modificandosi lungo il suo processo di sviluppo, come ci accertano le osservazioni di
psicologia infantile e animale.

* * *

Il Musatti ha insistito con forza perch la sua posizione e quella del suo maestro, il Benussi, non venga
accumunata a quella della Scuola di Graz, come molti continuano a fare
24
. Per quanto riguarda la posizione
personale del Musatti stesso, credo che la esposizione ora fattane trovi abbastanza fondata la sua protesta. In
questultima forma, la sua una teoria originale, fortemente pensata e costruita e di notevole valore esplicativo.
C qualche punto, per, che mi lascia molto incerto. Il M., come i Gestaltisti, non parla che di forme, le
quali assorbono ogni categoria di oggetti. Ma stato dimostrato che la percezione di un oggetto, se presuppone
la percezione di una forma, la supera per la qualit e la densit del contenuto; mentre il contenuto delle forme
ontologicamente neutro, quello degli oggetti invece lindice della posizione che essi occupano nel mondo
della realt ed implica dei complessi apprezzamenti di valore. Tale significato ha tanta importanza nel
processo percettivo che, come stato notato pi| volte, domina e subordina a s lapparire della stessa forma,
dando cos la prima giustificazione del principio del finalismo percettivo che lo stesso M. ha energicamente
affermato.
Il nerbo poi della teoria del Musatti dato dal principio di omogeneit che si attua nei processi di
assimilazione per i quali si arriva allo schema di organizzazione. Tutto ben detto: ma in concreto il M. nulla dice
intorno al come sorge questo schema e se tutti gli schemi schemi formali, schemi oggettivi abbiano uno
stesso divenire. La sua teoria, che essenzialmente genetica, viene cos a mancare di una vera spiegazione
genetica, a cui si erano almeno parzialmente avvicinati gli Autori i quali, come lo Stumpf, hanno fatto ricorso
alle teorie aristoteliche dei sensibili comuni, del senso comune e della memoria primaria.
Come sorge lapprensione della forma, cio dei sensibili comuni? ecco il problema centrale e spesso
esclusivo per i Gestaltisti, ed anche per molti non Gestaltisti e magari critici della Gestalttheorie.
Ma non meno importante laltro problema: come si arriva alla percezione degli oggetti reali nella loro
concretezza, cio dei sensibili per accidens? questo il problema della organizzazione secondaria, come
conferma anche la parapsicologia.
La psicologia aristotelica offre i princpi generali per una spiegazione funzionale di ambedue le
organizzazioni che essa, almeno nella elaborazione pi matura (larabo-tomista), nettamente distingue.
Chiudiamo il capitolo con lindicazione dei princpi che reggono lorganizzazione sensoriale primaria.
4. LA TEORIA ARISTOTELICA DEL CONTINUO PERCETTIVO
a) Contenuto e campo attuale di coscienza
Torniamo allanalisi funzionale-sistematica.
I problemi della organizzazione primaria, come anche li hanno prospettati lo Stumpf, il Selz e il Lindworsky,
si con|centrano nella percezione del continuo, verso la quale confluiscono e da cui si dipartono la integrazione
omogenea, la percezione delle relazioni, la percezione delle forme definite e organizzate.
La percezione del continuo. Il problema trattato espressamente da Aristotele nel De Sensu et Sensato, ove
si chiede se le qualit sensibili siano divisibili allinfinito, soprattutto in ordine alla percezione
25
.
La risposta recisamente negativa. impossibile che le qualit sensibili siano divisibili allinfinito, perch
tali qualit, appunto perch :atsat sono fatte per operare sui sensi e muoverli alla sensazione, come il colore
ha da muovere la vista. Se tali qualit fossero divisibili allinfinito, anche il senso e latto di sentire dovrebbero
pur esser divisibili allinfinito, cosicch il senso dovrebbe sentire anche le pi piccole grandezze. Anzi dovrebbe
sentire persino i punti, che sono il termine del continuo di lunghezza.
Ma ci impossibile anzitutto da parte del senso. Il senso una facolt soggetta a grandezza, in quanto
latto di un organo corporeo, e perci non pu essere influenzato se non da ci che ha una certa grandezza,
poich vi devessere adattamento fra lo stimolo e la facolt corrispondente. Lazione dello stimolo sopra
lorgano soggiace a definite condizioni di distanza, minima e massima, al di qua e al di l della quale non si d
sensazione. E gli indivisibili non possono p. es. esser visibili, perch tali oggetti stanno fra la visibilit e la
invisibilit: dovrebbero essere visibili in quanto sono al termine della visibilit, invisibili in quanto sono anche
al termine della invisibilit. Lindivisibile sarebbe in parte visto ed in parte non visto, ci che, per un
indivisibile, assurdo.
A questo argomento dialettico, segue un altro pi appropriato, bench ancora deduttivo. Quando si ha che
qualit sensibili non sono pi suscettibili di divisione, resta da supporre si dia un corpo minimo che trascende
ogni divisione di qualit sensibili e che perci non ha pi alcuna qualit| sensibile, n colore, n gravit, n
qualsiasi altra, e tale corpo non sar pi sensibile. Essendo, nellipotesi avversaria che collima con quella
sopra riportata dello Stumpf tali piccoli corpi parti del corpo intero che sensibile, si avrebbe di conseguenza
che un corpo sensibile consta di entit non sensibili, ci che un assurdo. N si dica, osserva acutamente il
Filosofo, che tali corpi minimi, bench non possano esser conosciuti dal senso, possono esserlo dallintelletto,
poich nessuno degli oggetti situati allesterno, fuori dellanima, pu esser espresso dallintelletto se non in
dipendenza del senso e dellatto del sentire. Pertanto se tali corpi minimi non sono oggetti di sensazione, non lo
sono neppure di intellezione
26
.
Fin qui la discussione teorica da cui possiamo cavare, per una valutazione della teoria delle relazioni di
Stumpf, Lindworsky e Selz, che le relazioni implicate od attribuite ai contenuti di percezione, intanto possono
esser oggetto di apprensione intellettuale, in quanto prima lo sono della apprensione sensoriale.
Segue la discussione psicologica. il continuo divisibile allinfinito? e se lo , anche percettibile in questa
divisione allinfinito? Alla prima domanda la risposta diversa secondo che si tratta di una divisione in parti
uguali, p. es. la misura di un palmo, oppure in parti proporzionali, p. es., la met, e che la parte da dividere sia
una quantit finita. Nel primo caso la divisione finita e si esaurisce quanto prima, nel secondo la divisione pu
procedere allinfinito.
Nel secondo caso perch il primo non pone alcun problema bisogna ben distinguere la divisibilit
matematica e quella reale, ed il modo di essere matematico ed il modo di essere reale delle parti in cui il
continuo divisibile.
In vero la quantit dei corpi reali sempre una quantit qualificata, e le qualit sono modi di essere e
forme le quali in s non sono infinite, ma si succedono in modo discontinuo come i colori nella gamma
cromatica, i suoni in quella acustica, i sapori in quella gustativa ecc. Di fatto queste qua|lit si trovano in un
continuo indiviso, anchesse in atto indivise come il continuo e, come esso, divisibili solo in potenza. Fin
quando il continuo resta indiviso, esse parti, indivise in atto divisibili in potenza, agiscono sullorgano di senso
come uno stimolo unico: quelle parti minime come un decimillesimo, appunto perch nel continuo indiviso sono
in potenza, non hanno alcun influsso, considerate individualmente, e come tali restano ignorate al senso. Le
sensazioni inavvertite dello Stumpf non hanno perci una realt psicologica. E S. Tommaso, approfondendo
largomento di Aristotele, abbatt anche la teoria di una percezione del continuo in dipendenza della percezione
di relazioni fra le parti infime potenziali del continuo, come aveva prospettato lo stesso Stumpf: sia pur in forma
mitigata, sempre anche questa una sopraffazione del matematismo in psicologia.
Patet ergo ex praemissis, osserva lAngelico, falsum esse quod quidam Mathematici dicunt, quod nihil
simul totum videtur, sed visus percurrit per partes visibiles ac si videret sic continuum, sicut et moveri
27
.
Decipiuntur autem in hoc quod partes continui non sunt visibiles actu, sed solum in potentia. Unde visus utitur
toto visibili ut quodammodo uno indivisibili in suo genere, nisi forte utatur partibus non divisis ut divisis, sicut
cum singillatim inspicit unamquamque. Sed tamen nec in hoc procedit visus usque ad quascumque minimas
partes, quia sic sentire divideretur in infinitum quod supra dimissum est pro inconvenienti
28
.
Altro il continuo matematico, altro quello fisico: il primo riferisce la sola quantit e prescinde dalle qualit
reali a cui pur si trova in natura obbligato; il secondo riferisce la quantit tridimensionale di un corpo reale, che
il sostegno e il soggetto immediato delle qualit reali. Ora per ogni specie corporea si esige un certo minimum
di quantit perch sia| salva la natura; e non si pu spingere di fatto la divisione allinfinito, ma ci si deve
fermare ad un certo limite, sia esso latomo o la molecola, oltre il quale lindividuo fisico e con esso la specie
non possono pi sussistere e la sostanza si trasforma. Quello che si dice della forma sostanziale, vale a
fortiori per le forme accidentali che fondano gli stimoli sensoriali; tali qualit sono diffuse secondo la quantit
del corpo, cosicch riducendo la quantit del corpo si riduce la consistenza di queste virt naturali che per via di
tale debilitazione provocano appunto la mutazione in altra sostanza.
Per via della mutazione sostanziale sopravveniente, le particelle entrano a far parte di un nuovo tutto
sostanziale, cosicch perdono in esso la primitiva qualificazione: in questo stato esse non sono pi percettibili
secondo la qualit precedente che hanno perduta, neanche in potenza, ma restano percettibili in potenza solo
come parti della nuova sostanza
29
. I minimi quantitativi agiscono sempre e solo nel complesso e nel Tutto a
cui appartengono.
Aristotele chiude la discussione del problema con una considerazione di schietta intonazione realista, ispirata
al principio della .ce ;, che regge la sua gnoseologia sensoriale, il quale prelude chiaramente alle nozioni
moderne di soglia sensoriale. Ogni senso, osserva il Filosofo e svilupper poi S. Tommaso, una particolare
facolt che ha una propria virt operativa, dotata di un grado determinato dintensit: se lo stimolo intenso, il
senso impiega una energia minima: ma se lo stimolo assai ridotto, il senso per apprenderlo deve mettere in atto
tutta la sua energia. Ma essendo lenergia sensoriale finita in intensit, si arriver ad un punto tale che lenergia
sensoriale sar insufficiente a creare le condizioni per lapprensione. Questi oggetti minimi, bench fisicamente
possano esser detti reali e sensibili, psicologicamente non lo sono, non propriamente da parte loro, ma dalla
parte del soggetto che ha una energia sensoriale limi|tata
30
. Riporto il commento tomista che nulla ha perduto
della sua attualit per una teoria psicofisica della conoscenza sensoriale.
Ad cuius evidentiam sciendum est, quod quanto virtus sensitiva est excellentior, tanto minorem
immutationem organi a sensibili percipit. Manifestum est autem quod quanto minus est sensibile, tanto maiorem
immutationem facit organi; et ideo indiget excellentiori virtute sensus ad hoc quod sentiatur in actu. Manifestum
est autem quod potentia sensitiva non crescit in infinitum, sicut nec aliae virtutes naturales. Unde etiam si
corpora sensibilia in infinitum dividerentur, tamen non semper inveniretur superabundantia sensus in excellentia
virtutis secundum ipsam superabundantiam sensibilis in parvitate, nec etiam hoc esset superabundanti parvitate
sensibilis separata remanente; quia superabundans parvitas sensibilis est in potentia ut sentiatur a certiori et
perfectiori sensu: qui, si non adsit, non poterit actu sentiri, sed tamen erit sensibile quantum est in se; jam enim
et quod separatum est, habet potentiam activam ad immutandum sensum, et quando sensus adveniet sentietur in
actu. Sic igitur patet esse verum quod supra dixit (initio cap.) nullam magnitudinem esse invisibilem, scilicet
quantum est in se, quamvis sit invisibilis propter defectum visus
31
.
Resta saldo nella psicofisiologia aristotelica che i sensibili per s propr sono gli stimoli immediati e primar
per lorgano di senso contro la riduzione di Democrito di tutti gli stimoli al movimento locale.
I sensibili propr per sono delle qualit concrete della materia e dipendenti dalla quantit, tanto per lessere
quanto per lagire. E si deve allora concludere che i continui fisici sensibili anzitutto non sono realmente
divisibili allinfinito, perch c una quantit definita per salvare la specie; ma che lo sono meno ancora
gnoseologicamente, in quanto che lo stimolo, per immutare lorgano, deve avere una certa inten|sit di energia,
la quale a sua volta resa possibile soltanto con la conservazione di una certa quantit. La tecnica moderna, con
linvenzione dei mezzi dingrandimento, ha rimediato in parte allinconveniente degli oggetti infrasensibili. La
discussione teorica ritiene per intatto il suo valore perch di fatto linconveniente non stato eliminato, ma
sussiste tuttora, solo che stato spostato ad altri oggetti.

* * *

b) La fusione percettiva
Nella soluzione dei tre Autori citati (Stumpf, Selz, Lindworsky) ha una importanza decisiva il problema della
fusione dei dati sensoriali, per la quale si opererebbe lintegrazione percettiva. Il problema in s semplice e
stringente quanto mai. Un oggetto di percezione attuale presenta varie qualit ed aspetti percettuali: di queste
qualit ciascuna produce unapprensione singola, o tutte insieme concorrono in una unica apprensione nel
soggetto? Problema della fusione simultanea.
Un oggetto cresce in chiarezza percettiva con il ripetersi delle esperienze: i contenuti delle esperienze
passate, com allora che sotto certi aspetti integrano lesperienza attuale e sotto altri si integrano in essa?
Problema della fusione successiva, che lo Stumpf risolse con la memoria primaria.
1) La fusione simultanea. Aristotele ha trattato espressamente della fusione simultanea, . | a au a
sat a e a ,e |a nellultimo capitolo del De Sensu et Sensato
32
. La sua| riflessione quanto mai lineare.
Anzitutto da ritenere che gli oggetti (e stimoli) semplici sono maggiormente sensibili degli oggetti e stimoli
coalescenti di molte qualit: un sapore, un colore, una voce isolata... si avvertono meglio da soli: quando essi si
trovano assieme ad altre qualit, finiscono per offuscarsi luna con laltra.
Il principio della discussione sempre metafisico, non disgiunto per dallosservazione fenomenologica.
Ogni atto apprensivo non pu in uno stesso istante esser indirizzato che ad un solo oggetto: ogni senso perci
non pu attuarsi, di volta in volta, che in un solo oggetto ed in una sola forma e non v alcuna potenza che
possa ricevere simultaneamente diverse forme. Ne segue che se qualche senso, come la vista e ludito, debba
avvertire pi oggetti, lo pu soltanto in quanto abbia raggiunto una certa unit: tale unit resa possibile per la
mescolanza o fusione che i contenuti operano fra loro.
Possono darsi due casi: le qualit simultanee possono appartenere a diversi sensi, oppure ad un medesimo
senso: nel primo caso, data leterogeneit formale delle qualit, non si pu parlare di fusione percettiva da parte
di un senso, poich ogni senso non ha presa che per un genere definito di qualit. La fusione invece pu
avvenire fra le qualit di uno stesso genere, supposto che ciascuna abbia una intensit sufficiente da essere
avvertita: in questo caso si ha la formazione di una qualit percettiva nuova, ed Aristotele porta come esempio la
sinfonia, cio laccordo musicale (447 b, 3): nella psicologia moderna il fenomeno riconosciuto pressoch
generale, a partire dalla qualit di forma di von Ehrenfels. Tale qualit di forma va distinta
psicologicamente dalle forme che sorgono dalla successione delle varie qualit o presentazioni elementari,
laccordo dalla melodia? Aristotele distingue, perch le forme successive rientrano fra i sensibili comuni, le
qualit di forme simulta|nee invece restano sempre nellambito del senso proprio. Il senso proprio, per via della
sua .ce ; pu apprendere tutte le qualit del proprio genere; le apprende, come si visto, giudicando a suo
modo della condizione dello stimolo
33
. Due stimoli simultanei, genericamente simili, possono costituire un
unico stimolo di combinazione ed il senso pu giudicare di questa loro condizione con un apprezzamento
ovvero percezione unica. LAristotelismo tomista molto geloso dellunit dellatto e delloggetto.
Ex hoc autem sensus secundum actum, idest operatio sensitiva, habet unitatem secundum numerum quia est
unius sensibilis: specie autem est unus sensus secundum actum, sive una operatio sensitiva ex eo quod est
secundum potentiam unam; sicut omnes visiones quorumcumque visibilium sunt eiusdem speciei propter
unitatem potentiae, sed visio huius rei differt numero a visione alterius rei. Necesse est ergo si est unus sensus
secundum actum, quod unum dicat, idest judicet; ergo oportet quod si sunt multa, quod commisceantur in unum,
et si non fuerint mixta necesse est quod sint duo sensus secundum actum, idest duae operationes sensitivae
34
.
C quindi anzitutto la fusione omogenea: che rientra nelloggetto dei singoli sensi; il singolo senso apprende
insieme le qualit contrarie per lapprensione discriminativa fra i contrar ad esso connaturale.
C anche una fusione eterogenea? Il termine pare contraddittorio, ma lesperienza ordinaria e lindagine
moderna pongono anche questo problema. La fusione fra i dati dei var sensi supera lambito dei singoli sensi
esterni e non possibile che presso il senso interno che abbia compresenti nella propria unit funzionale gli atti
e gli oggetti dei var sensi esterni. Il termine fusione simultanea ha cos un significato| diverso quando si tratta
di qualit omogenee o di qualit eterogenee. Nel primo caso la fusione pu esser produttiva di una nuova
qualit formale; nel secondo caso non si verifica alcuna fusione in senso stretto, quanto invece una
intercomunicazione che rende possibili due processi di grande importanza per lo sviluppo della percezione:
lestensione degli attributi di un campo sensoriale ai contenuti di altro campo e lunificazione iniziale degli
attributi molteplici di un oggetto
35
.
Ambedue i processi sono stati ancora poco studiati. Il primo di uso continuo nellarte moderna e
nellestetica, e pare ormai che le lingue moderne non possano pi fare a meno delle analogie eterosensoriali. Per
una coscienza sviluppata il trasporto dei termini propr in un campo sensoriale ai fenomeni di un altro rende
lespressione pi densa e pregnante e supplisce, in parte almeno, allinadeguatezza del linguaggio corrente per
esprimere le finezze percettive degli specializzati
36
. Il secondo processo un fatto ancor pi fondamentale, ma
non meno misterioso. Quanto al processo di unificazione ci pare si debbano distinguere due momenti, luno
dellunificazione attuale e transeunte, laltro dellunificazione permanente. Il primo si ha per la confluenza che
nellatto singolo hanno gli atti e gli oggetti dei var sensi alla radice ed al centro della sensibilit esteriore che
il senso comune. Il secondo momento prolunga questa unificazione contingente, operando una
discriminazione selettiva fra i contenuti propr degli oggetti e quelli variabili per formare una rappresentazione
sintetica, perci una fusione eterogenea, degli oggetti di valore costante.
A tale unificazione non pu bastare il senso comune,| che legato al presente. Il senso comune principio
soggettivo di unit, non oggettivo, e la dottrina sopra riportata ora va estesa ed approfondita. Il senso
comune pu ricevere qualit non solo specificamente ma anche genericamente diverse, perch ha un grado
dimmaterialit superiore al senso esterno: per questo non solo giudica meglio delle qualit omogenee, ma pu
giudicare anche delle qualit eterogenee. La funzione del senso comune sempre indispensabile in ogni atto di
unificazione percettiva, come preparazione: ma non pu dare lorganizzazione definitiva. A ci si richiede un
senso interno che abbia presa nel passato e possa utilizzare secondo una direzione definita i dati oggettuali
che lesperienza nel suo sviluppo viene imponendo. Questi dati possono appartenere a due categorie: i dati
formali, i dati reali. Il numero seguente dir brevemente della funzione integrativa dei primi, i capitoli sulla
cogitativa si occuperanno dei secondi. Nessuna gnoseologia realista, come quella aristotelico-tomista, fa tanta
parte allattivit soggettiva per la costruzione percettuale degli oggetti.
2) La fusione successiva dei dati formali deve rientrare nella dottrina dei sensibili comuni. Dalla
nostra discussione, intorno alla dottrina aristotelica del De Anima, risultato che i sensibili comuni sono dei
sensibili per se e che restano nellambito del senso esterno; onde, bench come tutti gli altri contenuti sensoriali
siano oggetto anche del senso comune, non sono detti comuni per questo, ma perch non differenziano alcun
senso e possono essere percepiti in comune da pi sensi e non da uno in particolare.
Sta il fatto per che la percezione dei sensibili comuni soggetta, diciamo cos, ad educazione e
perfezionamento: tale educazione non riferibile pi ai sensi esterni, ma esige lelaborazione dei sensi
interni. Il senso comune pu offrire di volta in volta i contenuti di questa elaborazione, ma non pu elaborarla,
perch il senso comune riceve e non conserva; lelaborazione sar fatta pertanto da quel senso interno che
conserva i dati formali. Aristotele ha toccato il sottile, quanto importante problema, nel De Memoria et Remi-
niscentia. Vi si dice, a complemento della dottrina del De Anima,| che dalla funzione del senso comune
conseguono nella facolt retentiva, che la fantasia, delle immutazioni secondarie, le quali per un
meccanismo di cui conosciamo soltanto gli effetti, non linteriore sviluppo riescono alla integrazione e fino ad
un certo punto anche alla strutturazione dei contenuti formali
37
. La elaborazione da parte della fantasia pu
continuarsi tanto allesterno, quanto allinterno. La sua continuazione allesterno consiste nel fatto che il senso
comune, per lintegrazione operata dalla fantasia, pu apprendere i contenuti formali ormai distinti ed
interiormente organizzati; la continuazione allinterno fa capo alle funzioni della cogitativa. Del resto lo stesso
Filosofo, come si dir, aveva distinto una doppia funzione della fantasia: luna ancora sensoriale che sincentra
sui sensibili comuni, laltra razionale vlta allapprensione dei valori reali
38
.|
In questa teoria ha quindi una funzione di prima importanza il tempo, bench essa resti lontana dal
formalismo kantiano. Il tempo per Aristotele non esprime qui altro che la condizione reale della maturazione
e crescenza della esperienza, in quanto il durare, delloggetto come del soggetto, rendendo possibile il
ripetersi dellesperienza, attua il riferimento temporale ai var risultati, lintegrazione selettiva dei dati
utilizzabili e labbandono di quelli che non lo sono. Il tempo reale altro non infatti che il durare degli oggetti e
dei soggetti, in quanto sono campi di successione di stati; nel durare dei viventi e soprattutto dei conoscenti la
successione degli stati porta alla esplicazione o costruzione di forme biologiche e percettive. Esplicazione e
costruzione che non si possono spiegare, con il Meccanicismo, come totalmente dallesterno per impressione,
n totalmente dallinterno come volle dire Kant. Esse sorgono per lo sviluppo vitale con il quale il soggetto
passa allassimilazione delloggetto. Il tempo e lo spazio kantiani sono presupposti teorici della scienza:
astrazioni quindi che non possono essere il primo dato della coscienza; essi presuppongono lo spazio ed il tempo
psicologico, come ogni contenuto intellettuale presuppone quello sperimentale da cui sorto e su cui fonda la
propria oggettivit.
In un lucido commento lAngelico condensa i princpi fondamentali che reggono lorganizzazione sensoriale
primaria. La trattazione simpernia intorno alla solidariet che lega nello sviluppo percettivo lestensione o
grandezza corporea, il movimento ed il tempo; ci che costituisce un progresso rispetto alla teoria abbozzata nel
De Anima.
Necesse est quod eadem parte animae cognoscatur magnitudo et motus, qua etiam cognoscitur tempus.
Haec enim tria se sequuntur tam in divisione, quam in eo quod est esse infinitum et finitum ut probatur in VI
Physicorum.
Magnitudo autem cognoscitur sensu: est enim unum de sensibilibus communibus. Similiter autem et motus,
praecipue localis, cognoscitur in quantum cognoscitur distantia magnitudinis. Tempus autem cognoscitur, in
quan-tum cognoscitur prius et posterius in motu: unde et etiam sensu percipi possunt.| DUPLICITER autem
aliquid sensu percipitur. Uno quidem modo per ipsam immutationem sensus a sensibili et sic cognoscuntur tam
sensibilia propria quam etiam communia, a sensibus propriis et a sensu communi. Alio modo cognoscitur aliquid
quodam secundario motu, qui relinquitur ex prima immutatione sensus a sensibili. Qui quidem motus remanet
etiam quandoque post absentiam sensibilium et pertinet ad phantasiam, ut habitum est in libro de Anima.
Phantasia autem, secundum quod apparet per istam immutationem secundariam, est passio sensus communis;
sequitur enim totam immutationem sensus, quae incipit a sensibilibus propriis, et terminatur ad sensum
communem. Unde manifestum est quod praedicta tria, scilicet magnitudo, motus et tempus, secundum quod sunt
in phantasmate, comprehenduntur et cognoscuntur per sensum communem
39
.
Dal testo si pu arguire che latto del conoscere nelloggetto presente le qualit formali appartiene al senso
comune, il quale usufruisce a ci dei contributi della fantasia. Viene da pensare allora che il fantasma in actu
exercito della organizzazione primaria dato dalla organizzazione attuale degli stimoli e dai contenuti elaborati
nella fantasia. Non sono perci da distinguere due fantasmi, uno del senso comune, laltro della fantasia. Il
principio verr applicato analogamente per il secondo stadio della elaborazione percettiva nei riguardi della
cogitativa e della memoria, che stanno fra loro esattamente come il senso comune e la fantasia.

* * *

c) Teoria aristotelica della fantasia
Aristotele non fa mai della psicologia pura, ma la sua ricerca intorno alla facolt apprensiva sempre una
gnoseologia, una ricerca cio intorno ai mezzi di conoscere la realt. Le teorie dei Naturalisti, le quali
spiegavano la conoscenza per la intersecazione delle emanazioni a traverso i pori e non| distinguevano fra il
senso e lintelletto, non potevano spiegare perch nella realt alcune nostre conoscenze risultino vere, altre
false. Il principio che il simile si conosce per il simile, esclude ogni processo di assimilazione conoscitiva: il
conoscere sarebbe sempre una copia fotografica della realt e non v alcun posto per lerrore. Cos tutto si
riduce ad apparire, tanto il sentire quanto lintendere. Aristotele invece distingue lapparire, cio la fantasia,
tanto dal sentire quanto dallintendere, e lo pone come un processo intermedio fra i due
40
.
La fantasia od imaginazione, come si raccoglie dallintricato capitolo del De Anima, non un puro sentire. Il
sentire o in potenza o in atto, per esempio o vista o visione. Ora pu prodursi qualche rappresentazione
imaginativa di cui non partecipi n luna n laltra, come quelle che hanno luogo durante il sonno, ed anche
quando abbiamo gli occhi chiusi, ci rappresentiamo delle imagini. Inoltre la sensazione sempre a nostra
disposizione, non cos limmaginazione. Daltra parte, se limmaginazione fosse la medesima cosa con la
sensibilit in atto, tutti gli animali ne sarebbero forniti, mentre invece pare che alcuni ne siano privi, p. es. i
vermi. In particolare le sensazioni sono sempre vere, mentre i prodotti della fantasia sono per la maggior parte
falsi. Infine nessuno di noi dice, quando la nostra attivit sensoriale sapplica con esattezza ai sensibili, che noi
immaginiamo che questa cosa un uomo, ma noi invece ci esprimiamo a questo modo quando non lo sentiamo
chiaramente. Cos Aristotele con un ricorso fortemente sintetico alla psicologia, sia della vita umana come di
quella animale, distacca la fantasia dai processi di sensazione attuale. Il criterio gnoseologico accennato qui,
assieme agli altri, diventa principale nelle considerazioni seguenti.
La fantasia non appartiene neppure alle operazioni che sono sempre vere, come la scienza e lintellezione,
poich la fantasia pu anche errare, queste invece sono sempre nel vero.
Resta da vedere se la fantasia sia lo stesso che lopinione| u :e (t;, eea (428 a, 19) o persuasione circa la
verit, giacch questa pu essere o vera o falsa. Aristotele sta per la negativa, perch lopinione genera la
convinzione: ora, mentre molti animali hanno la fantasia, nessuno ha la convinzione, perch la convinzione
suppone la persuasione e la persuasione suppone la ragione; ma nessun animale possiede la ragione.
Platone riteneva che la fantasia fosse una mescolanza (cu:es ) di sensazione e di opinione, ma Aristotele
osserva prontamente che vi sono delle sensazioni false intorno a cui abbiamo una opinione vera. Per esempio, il
sole appare della grandezza di un piede e siamo persuasi che pi grande della terra: altra cosa perci
lapparire, altra la persuasione di realt, e la fantasia non pu essere una mescolanza di senso e di persuasione di
realt (428 a, 25-428 b, 9).
Aristotele con un procedimento storico-critico, apparentemente tortuoso ma teoricamente completo, ha
raggiunto la posizione naturale della fantasia, quale processo intermedio fra la sensazione, a cui segue, e
lintendere con le operazioni ad esso connesse (lopinione e la coerenza) che essa condiziona. La fantasia
pu essere senza di queste, ma queste dipendono da essa ed essa dipende dalla sensazione. Come? A questo
punto sincontrano e sintegrano la descrizione del De Anima con quella del De Memoria sopra ricordata. Il
Filosofo, dovendo fare della fantasia il ponte fra la sensazione e la opinione che appartiene allintendere,
obbligato di connetterla ad ambedue. Questo problema, essenziale per ogni gnoseologia che voglia tener conto
del contributo della esperienza, risolto da Aristotele con rigorosa fedelt al principio della continuit della
natura. Il movimento naturale di Aristotele, in quanto costruttivo di forme, sempre dal basso in alto,
perch un processo di sviluppo secondo epigenesi. Anche Kant, che tante volte viene a sfiorare la posizione
aristotelica dei problemi, parla di epigenesi, ma la sua teoria empirista della esperienza immediata gli impone
uno sviluppo, ovvero esercizio di funzioni ed applicazione di forme che resta estrinseco al dato. Parr strano, ma
un fatto che tanto la scienza come la filosofia moderna hanno perduto il concetto classico di natura.|
Per Aristotele la fantasia sorge dalle sensazioni. Le impressioni sensoriali, gli at c aa, quando si
producono non spariscono immediatamente al primo cessare dello stimolo. Le sensazioni lasciano sempre in noi
delle tracce (e|at ) per le quali esse persistono entro di noi. Queste tracce vengono a raccogliersi insieme e
ad unificarsi in modo da render possibile una riproduzione di contenuto totalitario, rispetto alle tracce lasciate
dalle singole sensazioni. La fantasia risulta cos di due momenti: la persistenza immediata delle sensazioni e la
riproduzione globale di un oggetto.
Il primo momento quello di cui si diceva che non pu essere senza la sensazione; il secondo quello senza
del quale non vi pu essere lopinione od altra operazione dellintendere. Il primo momento che costitutivo
della fantasia, dato da un movimento che la sensazione provoca allinterno del soggetto e la fantasia un
movimento secondario prodotto dal movimento primario della sensazione. La sensazione infatti, in quanto
una cosa messa in moto dai sensibili, pu metter in movimento qualche altra cosa e la fantasia questaltra cosa
messa in movimento dalla sensazione in atto: essa infatti il movimento prodotto dalla sensazione in atto
41
.
Appunto perch un movimento prodotto dalla sensazione in atto, la fantasia un movimento necessariamente
simile alla sensazione in atto. In quanto poi la fantasia un movimento persistente anche nellassenza delle
sensazioni, essa costituisce la base della costruzione degli oggetti di percezione e ci conferma essere la fantasia
una funzione del senso comune, come detto nel De Memoria. Ma di quale natura siano questi movimenti
secondar della fantasia, e come essi sintegrino nella costruzione degli oggetti, Aristotele qui non lo dice. Dai
Parva Natu|ralia veniamo a sapere che le st| c.t; in questione si conservano in uno stato di latenza e che si
propagano dagli organi periferici fino allorgano centrale della percezione.
Movimento per Aristotele non soltanto lo spostamento locale, ma ogni variazione qualitativa nei corpi,
negli organi di senso e le stesse modificazioni dellanima: percezioni, fantasie pure, atti di memoria e di
pensiero, movimenti affettivi. Il fantasma un movimento in quanto, nella psico-fisiologia aristotelica, il
movimento che lo stimolo provoca nellorgano riproduce il movimento che esisteva nel mondo esterno, ed il
fantasma la tendenza lasciata nellanima a ripetere interiormente tale movimento. Per questo la fantasia un
movimento secondario rispetto a quello della sensazione immediata, che primario; ed una modificazione o
passione del senso interno (comune). Il De Memoria, come si visto, attribuisce la percezione del continuo,
nei suoi tre generi fondamentali di grandezza spaziale, movimento (locale) e tempo, al fantasma del senso
comune (450 a, 10-12). Aristotele ebbe quindi unidea precisa della necessit di una contrazione psichica
allinterno dellanima per la percezione del continuo, che differisce dalle concezioni moderne della memoria
primaria, forse soltanto per il largo posto che il Filosofo fa alla fisiologia. Quanto allessenza del problema,
diciamo perci col Ross, egli vide giusto ed in armonia alla sua concezione delluomo: It is for modern
physiology to discover a better
42
.
La verit e la falsit della fantasia dipendono dal fatto che il movimento secondario si trasmette allorgano
centrale senza mescolanze con altri movimenti, e che tanto lorgano come le vie dallorgano ai centri (per
Aristotele, al cuore) non siano disturbate da eccitazioni troppo intense o da alterazioni patologiche. In queste
condizioni anche la fantasia pu esser tanto vera come la sensazione. Quando invece il movimento della fantasia
va soggetto ad alterazioni ed elaborazioni, il| grado di verit dipendente dalla natura dellalterazione e della
elaborazione.
La fantasia cos, mentre vera rispetto ai sensibili propr che non ammettono elaborazione, va facilmente
soggetta ad errore per quelli, come i comuni e per accidens, che suppongono sempre unelaborazione. La
teoria aristotelica non precisa di pi queste asserzioni, davvero troppo generali. Essa certamente afferma che
oltre la fantasia, che ritiene il movimento secondario della sensazione, c anche la fantasia che riproduce i
fantasmi e che c una elaborazione dei fantasmi. Di pi afferma che la fantasia nelluomo pu operare, non
soltanto in dipendenza della sensazione al basso, ma anche in dipendenza delle facolt razionali in alto. Afferma
infine che la fantasia presiede allesercizio dellazione e del movimento esteriore degli animali. Osservazioni
tutte che rivelano una rara perspicacia di osservazione: solo che dalle frasi secche e sparse di Aristotele assai
difficile, se non impossibile, raccogliere una dottrina unitaria, la quale possa dar ragione come mai tante e cos
svariate funzioni possano esser attribuite ad ununica facolt. Per questo, come vedremo fra poco, la tradizione
aristotelica ha dovuto superare la lettera dei testi per rendere ragione della dottrina
43
.
Ci non toglie che la teoria aristotelica, anche cos com, non abbia segnato un notevole progresso, che pu
esser riassunto nei punti seguenti:
1) Lattuazione che lanima riceve dalle sensazioni non si esaurisce nella presenzialit delle medesime
per via dellazione attuale degli stimoli, ma si continua anche quando essi non operano pi.
2) Resta da supporre che la sensazione si continua nellanima come una traccia lasciatavi dallo
stimolo: tale| traccia libera in qualche modo lanima conoscitiva dalla tirannia del tempo e dello spazio
(contrazione del continuo); insieme per la rende molto soggetta ad errore. Le illusioni sensoriali sono dovute
appunto e soprattutto alla fantasia.
3) La fantasia ha una parte notevole nella percezione dei sensibili comuni e dei sensibili per accidens;
nelluomo essa condiziona tanto lesercizio del pensiero concreto (la opinione e la persuasione), quanto il
sorgere e lesercizio del pensiero astratto.
4) Il |a |aca un idolum che lanima ha presente anche nellassenza delle sensazioni. Come
limmutazione richiesta dalla sensazione ha portato allammissione nellAristotelismo di una specie impressa,
sia nel senso come nellintelligenza, quale principio della attuazione conoscitiva; cos lidolo fantastico ha
suggerito la specie espressa, sia nel senso quanto nellintelletto, quale termine immanente della assimilazione
vitale. compito di una metafisica analitica della conoscenza indagare la natura e le funzioni, come le
correlazioni di mutua dipendenza che hanno queste diverse specie nella unit della coscienza umana. Se ne
parler nella sezione sintetica.
Per ora basti il segnalare che la specie conoscitiva, se alle volte come nella fantasia libera pu
allontanarsi dalla conoscenza oggettiva della realt, di per s ordinata alla conoscenza della medesima. A ci
si richiede da una parte che essa si tenga in contatto con la sensazione attuale, dallaltra che soggiaccia a
processi continui di rimaneggiamento e di integrazione sotto la guida di una facolt superiore. La concezione
aristotelica della fantasia essenzialmente dinamica tanto a parte ante, come a parte post: il problema che ora
si impone quello di scrutare, fin dove possibile, le modalit di questo dinamismo.

* * *

La discussione intorno allorganizzazione primaria non stata inutile: essa ha contribuito almeno a mettere a
punto la posizione del problema ed a prospettare una trattazione| fenomenologica e teorica dei fatti di autentica
ispirazione realista.
Il realismo in questa materia pu dire molte cose: la corrispondenza, anzitutto, fra i contenuti fenomenali e i
contenuti reali, la dipendenza fra i contenuti fenomenali e gli stati corporei (i processi nervosi) condizionanti
lattivit percettiva, la subordinazione dei dati fenomenali primar quelli finora considerati da contenuti e
processi superiori.
Alla domanda che pone lindagine moderna: come possibile la strutturazione primaria dei dati
sensoriali, il realismo classico aristotelico non pu sbrigarsi con un giudizio salomonico, prendendo le parti del
genetismo associazionista o dellinnatismo assoluto.
a) Dalla critica allAssociazionismo e dalla teoria aristotelica dei sensibili comuni, ripresa da alcuni
Neoscolastici e valorizzata egregiamente dallo Stumpf, si deve ammettere che un certo grado, per quanto
minimo, di struttura, insito al darsi, come tale, delle qualit sensoriali (teoria delle Erscheinungen).
b) Ma, daltronde, dalla critica serrata, sia teorica come sperimentale, che stata fatta alla
Gestalttheorie, va ammesso che la struttura immediata dei dati sensoriali ancora embrionale e che necessita di
sviluppo per esser utile ai fini della conoscenza e della vita (teoria delle Funktionen)
44
.
c) Il problema dello sviluppo della percezione si presenta oltremodo complesso. C da chiedersi,
anzitutto, fin dove lo sviluppo dellorganizzazione fenomenale saccompagna con le condizioni fisico-
fisiologiche: su questo punto la teoria di O. Selz sui fenomeni seriali di accrescimento ci pare possa essere
presa in considerazione.
Poi, psicologicamente considerato, lo sviluppo percettivo| si presenta come un progresso dallindistinto al
distinto che implica un doppio aspetto: la differenziazione, a partire appunto dallindistinto, di contenuti
distinti e per s stanti; e lintegrazione dei medesimi nelle caratteristiche per le quali possibile la
differenziazione dal nucleo primario e la loro sussistenza fenomenale.
d) I due momenti od aspetti sono complementari e si attuano perci in modo simultaneo, non per piani
successivi, cosicch quanto acquisito nelluno, passa di necessit anche nellaltro sotto una luce nuova.
La differenziazione-integrazione dei contenuti di organizzazione primaria presenta, dal punto di vista degli
oggetti, tre gravi problemi. Infatti la differenziazione e integrazione dei contenuti formali i sensibili comuni
pu avvenire secondo tre direzioni:
1) verso il basso, rispetto ai sensibili propr in generale;
2) nella propria sfera, rispetto agli altri sensibili comuni per ciascuno di essi in particolare;
3) verso lalto, rispetto alle funzioni superiori del pensiero, di cui i sensibili comuni, a differenza dei
propr, costituiscono, in una coscienza sviluppata, un campo di oggetti che pu raggiungere la pi alta
elaborazione noetica (scienze matematiche ed attivit artistica, tecnica...).
Di questi punti solo i primi due sono stati finora toccati. Per quanto riguarda la sistemazione teorica dei fatti,
il meglio che finora abbiamo lintroduzione, sollecitata sistematicamente dallo Stumpf, delle teorie
aristoteliche dei sensibili comuni, del senso comune e della memoria primaria, o fantasia.
Lo St. si fermato purtroppo qui, lasciando del tutto allo scoperto il terzo punto, che pure essenziale e che
nellunit funzionale della psiche interessa e penetra gli altri due.
e) merito particolare della Neoscolastica daver prospettato il terzo punto (Michotte, Gemelli, Moore)
e da questo momento former loggetto esclusivo della indagine, data la importanza decisiva che essa ha,
almeno per noi, per il superamento dellidealismo e, prima della sua radice, il criticismo kantiano. Questo punto
linflusso del significato degli og|getti sul loro presentarsi fenomenale stato sentito con acutezza e sincerit
anche dal MUSATTI. Risultato adunque prezioso, ma che a nostro parere non pu essere utilizzato che entro una
teoria dei gradi di percezione che nel Musatti manca, od appena sfiorata.|

CAPITOLO QUARTO

LORGANIZZAZIONE SENSORIALE SECONDARIA
SOMMARIO. Contenuti di forma e contenuti di valore: forma e intentio nella psicologia aristotelico-tomista, duplice grado di
elaborazione psichica. La organizzazione dei contenuti di valore: teoria aristotelica e arabo-averroista. La teoria tomista: le
funzioni della cogitativa, la sua fondazione metafisica, psicologia moderna e cogitativa (Salzi, Pradines). Gnoseologia tomista e
gnoseologia scolastica.
1. CONTENUTI DI FORMA E CONTENUTI DI VALORE
a) Forma e Intentio nella percezione
Unaffermazione di sopra riportata del De Memoria
1
, fa del fantasma una funzione (passio) del senso
comune; la precedente teoria della fantasia del libro III del De Anima (c. 3) non contrasta, ma piuttosto prepara
quella del De Memoria.
I testi aristotelici, e lo stesso commento tomista, lasciano per qui aperto un problema di essenziale
importanza. detto che la fantasia concorre a integrare lapprensione tanto dei sensibili per s, propr e comuni,
quanto dei sensibili per accidens. Va essa detta una funzione del senso comune propriamente in quanto
apprende i sensibili per s, in particolare i sensibili comuni, oppure in quanto li apprende entrambi, tanto quelli
per se, quanto quelli per accidens? La risposta decisiva per una soluzione del secondo problema che sopra
stato prospettato.|
Il testo del De Memoria rivendica in proprio alla fantasia lintegrazione che porta alla percezione distinta
da parte del senso comune e dei sensi esterni dei sensibili comuni, ed il commento tomista ha mostrato come
le varie espressioni aristoteliche, che hanno tanto inquietato lAristotelismo arabo e scolastico, possono esser
ridotte ad una teoria unitaria. Lappren-sione dei sensibili comuni sinizia dai sensi esterni, ma non si compie in
modo adeguato se non per lelaborazione combinata del senso comune e della fantasia.
Resta ora lapprensione dei sensibili per accidens, i quali formano loggetto adeguato della percezione
umana: sono essi oggetto della sensibilit o dellintelligenza? In altre parole: il senso comune e la fantasia
esauriscono tutte le forme di organizzazione della sensibilit interiore?
Thomas Werner MOORE, che fu tra i primi Neoscolastici ad avvicinare la psicologia aristotelico-tomista
della percezione a quella contemporanea, ritiene che secondo lattuale stato delle ricerche sperimentali si pu
considerare tutta lattivit di organizzazione dellesperienza interna sotto la denominazione generica di senso
sintetico o senso comune e non vede ancora la necessit di distinguere una doppia organizzazione sensoriale
2
. Il
punto troppo importante perch non meriti una considerazione particolare: sono persuaso che non solo la
dottrina aristotelico-tomista, o meglio arabo-tomista, quanto mai esplicita, ma che la stessa psicologia
contemporanea impone la distinzione da noi adottata. Per la dottrina tomista, baster fermarci allesegesi
letterale di S. Th. I, q. 78, a. 4; per la parte sperimentale mi atterr ai dati raccolti dallo stesso P. Moore
particolarmente nel campo della parapsicologia, in cui egli eccellente| maestro. Un po di tecnicit questa volta
indispensabile per il progresso dei problemi.

S. Theologica, I, q. 78, a. 4: Utrum interiores sensus convenienter distinguantur.
La parte positiva dellart. sinizia con lenumerazione dei cinque sensi interni fatta da Avicenna (Sed contra),
la quale nel corpo della risposta abbandonata in favore della divisione quaternaria di Averro: senso comune,
immaginazione, estimativa-cogitativa, memoria.
Il corpo della risposta consta di tre parti, che trattano rispettivamente de
1) i sensi interni formali,
2) i sensi interni intenzionali,
3) la differenza fra la sensibilit animale e quella umana.
1) I sensi interni formali
a) Lart. si apre con il principio metodico che lanimale deve esser capace di quelle operazioni che
rendono possibile la sua vita. E poich le potenze si distinguono e si specificano dai propr oggetti formali,
bisogner postulare una potenza speciale per tutte quelle operazioni che non possono esser ricondotte ad un
principio unico.
Respondeo dicendum quod cum natura non deficiat in necessariis, oportet esse tot actiones animae
sensitivae, quod sufficiant ad vitam animalis perfecti. Ea quaecumque harum actionum non possunt reduci in
unum principium requirunt diversas potentias: cum potentia animae nihil aliud sit quam proximum principium
operationis animae.
b) Affinch gli animali perfetti, quelli dotati di moto processivo, si possano convenientemente regolare
nella vita e trovino nel mondo esterno i mezzi per conservarla, necessario che non solo ricevano le forme delle
cose mentre queste sono fisicamente presenti, ma anche le ritengano nellassenza delle medesime. Cos
lanimale non legato al presente, ma pu| muoversi a cercare anche ci che distante ed assente. Ma poich,
secondo il detto di Avicenna, nella corporeit il ricevere ed il ritenere sono qualit di diversa natura, similmente
anche nella sensibilit animale, che si esercita per organi corporali, il ricevere ed il ritenere esigono due organi e
quindi due facolt distinte. Sono i due sensi formali, senso comune e fantasia.
Est autem considerandum quod ad vitam animalis perfecti requiritur quod non solum apprehendat rem ad
praesentiam sensibilis, sed etiam in eius absentia; alioquin cum animalis motus et actio sequantur ad
apprehensionem, non moveretur animal ad apprehendendum aliquid absens. Cuius contrarium apparet maxime
in animalibus perfectis, quae moventur motu processivo; moventur enim ad aliquid absens apprehensum.
Oportet ergo quod animal per animam sensitivam non solum recipiat species sensibilium, cum praesentialiter
immutatur ab eis, sed etiam eas retineat et conservet. Retinere autem et recipere reducuntur in corporalibus ad
diversa principia; nam humida bene recipiunt et male retinent; e contrario autem est de siccis. Unde cum
potentia sensitiva sit actus organi corporalis, oportet esse aliam potentiam quae recipiat species sensibilium, et
quae conservet.
2) I sensi interni intenzionali
a) Ma non basta che lanimale si regoli rispetto a quanto lo diletta e lo rattrista secondo il contenuto
puramente sensibile degli oggetti: necessario che apprenda inoltre alcuni valori concreti detti intentiones
che interessano la conservazione della vita come tale e che non possono esser rilevati dalle caratteristiche
esteriori degli oggetti.
Rursus considerandum est quod si animal moveretur solum propter delectabile et contristabile secundum
sensum, non esset necessarium ponere in animali nisi apprehensionem formarum quas percipit sensus, in quibus
delectatur aut horret. Sed necessarium est animali ut quaerat aliqua vel fugiat non solum quia sunt convenientia
vel non convenientia ad sentien|dum sed etiam propter aliquas alias commoditates aut utilitates, sive nocumenta;
sicut ovis videns lupum venientem fugit, non propter indecentiam coloris, vel figurae, sed quasi inimicum
naturae; et similiter avis colligit paleam, non quia delectet sensum, sed quia est utilis ad nidificandum.
Necessarium est ergo animali quod percipiat huiusmodi intentiones quas non percipit sensus exterior; et huius
perceptionis oportet esse aliquod aliud principium; cum perceptio formarum sensibilium sit ex immutatione
sensibilis, non autem perceptio intentionum praedictarum.
b) Segue la classificazione completa dei sensi quaternaria, in quanto che tanto per le formae come per
le intentiones occorre una facolt che riceve ed una che conserva.
Sic igitur ad receptionem formarum sensibilium ordinatur sensus pro-prius et communis... Ad harum autem
formarum retentionem aut conservationem ordinatur phantasia sive imaginatio, quae idem sunt [contro
Avicenna]; est enim phantasia sive imaginatio quasi thesaurus quidam formarum per sensum acceptarum.
Ad apprehendendum autem intentiones quae per sensum non accipiuntur, ordinatur vis aestimativa, ad
conservandum autem eas vis memorativa, quae est thesaurus quidam huiusmodi intentionum.
Di questa teoria, oggi quasi dimenticata, della memoria, lAngelico d due ragioni: il fatto che il ricordare
sappoggia di solito alle propriet di nocivit e utilit degli oggetti, e la ragione che il riferimento al tempo
passato, proprio della mente, un contenuto che non pu esser dato dalle impressioni attuali. La localizzazione
temporale sempre una collocazione di oggetti in un ambiente reale, fra altri oggetti ed in rapporto
allesperienza che degli uni e degli altri ha fatto il soggetto per i propr fini pratici. Suggerimenti quanto brevi,
altrettanto preziosi per una fenomenologia analitica.
3) Differenza fra la sensibilit animale e quella umana
La differenza non tocca i sensi formali: gli organi| di senso delluomo hanno una struttura in tutto simile a
quella degli animali (superiori) e non v ragione alcuna di supporre una diversit di funzione. Questo invece
il caso dei sensi intenzionali: mentre lanimale irrazionale non pu arrivare da s ex novo alle apprensioni che
hanno da regolare le condotte fondamentali, luomo invece lo pu, raccogliendo, per mezzo del confronto fra i
contenuti degli oggetti, i valori che di fatto ha offerti lesperienza passata.
Considerandum est autem quod quantum ad formas sensibiles non est differentia inter hominem et alia
animalia: similiter enim immutantur a sensibilibus exterioribus, sed quantum ad intentiones praedictas
differentia est. Nam alia animalia percipiunt huiusmodi intentiones solum naturali quodam instinctu, homo
autem per quamdam collationem. Et ideo quae in aliis animalibus dicitur aestimativa naturalis, in homine
dicitur cogitativa, quae per collationem quandam huiusmodi intentiones adinvenit. Unde etiam dicitur ratio
particularis... Est etiam collativa intentionum individualium, sicut ratio intellectiva est collativa intentionum
universalium. Ex parte autem memorativae non solum (homo) habet memoriam, sicut caetera animalia, in subita
recordatione praeteritorum, sed etiam reminiscentiam, quasi syllogistice inquirendo praeteritorum memoriam
secundum individuales intentiones (confuta la classificazione di Avicenna e conclude accettando la
classificazione di Averro di cui si cita la Parafrasi al De Sensu et Sensato). Et sic non est necesse ponere nisi
quattuor vires interiores sensitivae partis, scilicet sensum communem, imaginationem, aestimativam et
memorativam.
Nelle obiezioni lAngelico resiste alla riduzione del senso comune alla sensibilit indifferenziata (ad 1, ad 2),
come alla riduzione degli altri sensi interni al senso comune (ad 3) e indica i fondamenti metafisici della teoria
della cogitativa (ad 4, ad 5), anticipando le obiezioni degli Aristotelici moderni, come la stessa riduzione del P.
Moore.
Il punto cruciale la TEORIA DELLA COGITATIVA: tanto circa il suo contenuto come circa il suo esercizio,
dato che listinto animale resta sempre avvolto nella profondit delle| singole nature e chiuso nei confini della
pura sensibilit. Rimandando al capitolo seguente lo studio del funzionamento, sar opportuno si metta in chiaro
loggetto proprio della cogitativa. In tutte le sue opere S. Tommaso tiene fermo alla distinzione fra i contenuti
sensoriali di FORMA e INTENTIO; su di essa si basa la nostra distinzione delle due organizzazioni, primaria e
secondaria.
Diciamo che forma il contenuto ontologicamente neutro degli oggetti, quale dato dalle qualit esteriori
(i sensibili per s); intentio un con-tenuto di valore reale che si fonda sulla natura delloggetto ed
interessa la natura del soggetto: per sempre un contenuto concreto, legato cio agli oggetti e soggetti
particolari e per questo pu esser detto in certo modo ancora sensibile. Le intentiones insensatae, di cui
parla S. Tommaso, co-incidono esattamente con i sensibili per accidens.
Lintroduzione della intentio in gnoseologia e la distinzione fra forma e intentio sono dovute alla
filosofia araba e derivarono nel To-mismo da Avicenna ed Averro.
Differentia, dice Avicenna, inter apprehendere formas et apprehendere intentionem haec est, quod forma est
illa quam apprehendit sensus interior et sensus exterior simul. Sed sensus exterior primum apprehendit eam et
postea reddit sensui interiori. Sicut enim ovis apprehendit formam lupi scil. figuram eius et affectiones et
colores. Sed sensus exterior ovis primo apprehendit eam et deinde sensus interior. Intentio autem est id, quod
apprehendit anima de sensibili, quamvis non prius apprehendat illud sensus exterior, sicut ovis apprehendit
intentionem quam habet de lupo: que est quare debeat eum timere et fugere, quamvis sensus hoc non
apprehendat ullo modo. Quod autem apprehendit vires occulte absque sensu vocatur in hoc loco proprie nomine
intentionis
3
.
La intentio si precisa ancor pi in Averro: la nozio|ne araba di intenzionalit ha un significato
gnoseologico ben pi preciso e realista di quello che stato ripristinato dal Brentano. Il passaggio da forma a
intentio il passaggio dal contenuto fenomenale, non dico fenomenista, al contenuto reale degli oggetti;
mentre nella nozione brentaniana lintenzionalit attribuita in genere a tutte le modalit della conoscenza
senza distinzione e perfino alle tendenze affettive.
La intentio elaborata dalla cogitativa ed conservata dalla memorativa; la forma dalle cose
comunicata ai sensi esterni, indi passa nel senso comune e nella fantasia per modo che si hanno cinque ordini di
forme, come cinque gradini per i quali lanima ha da salire allintelligibile. Et ideo dice il Commentator
manifesti sunt quinque ordines, quarum primus est corporalis magni corticis. Secundus est esse istius formae in
sensu communi et est primus ordinum spiritualium. Tertius est eius in virtute imaginativa et est magis
spiritualis. Quartus est in virtute distinctiva (= cogitativa). Quintus autem est esse eius in virtute memorativa et
est magis spiritualis
4
.
La intentio in generale significa il modo di essere che hanno gli oggetti in quanto sono conosciuti, e sotto
questo aspetto anche la forma appartiene allordine intenzionale: si dice anzi intenzionale anche il modo di
essere che ha il sensibile nel mezzo-ambiente, com stato detto. La intentio in senso gnoseologico rigoroso
sta per il significato concreto che hanno gli oggetti per lanimale e per luomo, ed allora si riferisce strettamente
ai soli contenuti della cogitativa o distinctiva (ed estimativa) e della memoria, cio del quarto e quinto ordine.
Alla cogitativa appartiene pertanto un proprio oggetto, che va distinto tanto da quello dei sensi inferiori,
come da quello dellintelletto. Eviden-temente il contenuto originale che| ha lintentio per rispetto alla
forma, suppone una nuova organizzazione che lelaborazione interiore impone ai dati formali.
Lorganizzazione di cui si parla non consiste nellordinamento spazio-temporale soltanto, ma nella collocazione
di un fatto, di un oggetto, di una persona nellambiente proprio che ad essi compete di altri fatti, oggetti,
persone..., dalla quale collocazione essi traggono linteresse pratico che hic et nunc hanno per il soggetto il
quale fa questo esame comparativo o collatio. questa la organizzazione secondaria.

* * *

b) Duplice grado di sintesi psichica
Gli Arabi e S. Tommaso arrivarono alla distinzione dei due strati di organizzazione sensoriale a partire dai
fatti di esperienza ordinaria della vita animale ed umana. Tale distinzione, a mio avviso, riceve una luminosa
conferma dalla patologia moderna, che mostra come di fatto gli strati percettivi si possano realizzare a gradi
differenti, separatamente luno dallaltro. Lincapacit dellapprensione degli oggetti ha ricevuto dal Freud il
termine di agnosia; lo studio dellagnosia condotto nei var campi della sensibilit, soprattutto in quella visiva,
tattile ed auditiva, ha dato dei risultati sul significato dei quali non vi pu esser dubbio. Li riassumo
dallesposizione accurata e compiacente che ne fa il P. Moore
5
: ad essi, come si visto, la Gestalttheorie ha
chiesto la conferma dei suoi princpi.

I) Sono stati osservati dei pazienti i quali non avvertono che una massa indifferenziata di stimoli
luminosi e sono incapaci di rilevare alcuna struttura.
Un paziente studiato da Stein e Brger-Prinz mostrava di percepire soltanto masse colorate senza
distinguervi forma o| struttura alcuna; egli riusciva a distinguere varie gradazioni di chiarezza, ma se fissava lo
sguardo per alcuni secondi anche i colori scomparivano uno alla volta e degli oggetti restavano solo alcune
macchie grigie. Anche il ferito di guerra studiato da Goldstein e Gelb, distingueva i colori senza riuscire a
rilevare le forme degli oggetti. Le osservazioni fatte dal Dufour sopra un giovane cieco, nato in un villaggio del
monte Bianco, operato di cateratta congenita, diedero risultati analoghi. La prima volta che fu esposto alla luce,
tutto ci che il paziente pot dire fu di veder bianco e difatti mostr di non distinguere alcuna forma definita e
neppure alcun movimento reale degli oggetti. Solo successivamente, aiutandosi soprattutto con il tatto, egli pot
fissare le forme, le dimensioni e gli altri caratteri esteriori degli oggetti.
Lincapacit dellapprensione di contenuti formali importa sempre nei soggetti limpossibilit di
riconoscere le cose presentate come oggetti particolari definiti. Il P. Moore, con termine felice, parla in questi
casi di una incapacit di sintesi primaria. Il tatto, non meno della vista, pu andar soggetto alla perdita della
capacit di distinguere le forme degli oggetti, di localizzare gli oggetti, di distinguere la successiva stimolazione
di due punti della pelle. I pazienti mostrano labolizione di due funzioni molto importanti per la percezione
tattile: il senso di vibrazione, che a sua volta una qualit complessa, e la capacit di discriminare e localizzare
due punti, la quale, pure, suppone una certa sintesi sensoriale. I pazienti che hanno perduto queste due funzioni,
non rilevano pi le forme degli oggetti. Un epilettico studiato dal Gans, ad un tratto presentava, senza tuttavia
perdere la coscienza, una incapacit totale di distinguere due punti sul palmo della mano. Un altro paziente del
Gans era capace di localizzare gli stimoli tattili, dolorifici e di temperatura solo nella parte sinistra della faccia.
Di pi il paziente era incapace con la mano destra di percepire come successivi i due stimoli, anche con
lintervallo di un solo secondo. Non riusciva a rilevare figure scolpite in legno e lo stesso dicasi degli oggetti pi
comuni (262-264).
Questi dati portano a ritenere:|
a) che il dato proprio e specifico dei singoli sensi sono delle qualit formalmente indifferenziate, una
macchia di colore, una impressione tattile, termica, dolorifica, sia pure estesa, ma non figurata.
b) I caratteri figurali e di movimento suppongono una certa sintesi primitiva che condizione
indispensabile per lapprensione del significato degli oggetti.

II) Accanto ed a seguito della sintesi primaria si ha, secondo il P. Moore, ancora la sintesi secondaria
che riguarda la percezione degli oggetti come tali, per la quale non bastano le sintesi primarie delle qualit
senso-riali, ma si richiede una supersintesi di tutti questi elementi in un oggetto unico (267 n.).
La patologia ha riscontrato spesso lincapacit dellapprensione degli oggetti, bench i pazienti non
presentino alcun disturbo nella percezione delle qualit sensoriali e delle sintesi primarie: questo disturbo che
detto propriamente agnosia, ovvero incapacit di conoscenza degli oggetti.
Un soggetto, studiato da Rose e Egger, poteva descrivere con esattezza le qualit tattili e fare varie sintesi
primarie degli oggetti che gli venivano posti nella mano sinistra; un pezzo di zucchero era detto ruvido e
quadrato, una chiave fredda, metallica, lunga con qualcosa alla fine. Quando gli oggetti erano invece
posti nella destra, erano anche riconosciuti e nominati.
Lambito visivo permette di fare delle distinzioni pi accurate (252-253). Infatti si pu avere che il paziente
di fronte ad un oggetto e ad un quadro riesca ad orientarsi e a distinguere le varie parti e figure parziali, ma non
ancora ad afferrare loggetto come un tutto. Il paziente, studiato dal Lissauer, percepiva normalmente le qualit
cromatiche, poteva dividere una linea in due come un soggetto normale; normale, anzi buona, era la percezione
della profondit: tutto insomma quanto riguardava lesercizio della facolt visiva pareva normale; purtuttavia il
paziente era incapace di riconoscere con la vista molti oggetti fra i pi ordinar. Lincapacit di riconoscere| gli
oggetti portava alle volte a giudiz errati sulle qualit cromatiche.
La patologia conferma cos in modo perentorio, contro la Gestalttheorie, la distinzione fra forma e
significato: la prima data dalla configurazione, la seconda esige linterpretazione.
Il caso descritto dal Wolpert mostra come la funzione stessa dellinterpretazione si possa presentare sotto
forme varie ed a livelli differenti. Un sofferente di myodegeneratio cordis, affetto inoltre da nefrite cronica e
soggetto ad attacchi epilettici, conservava intatta non solo la percezione dei colori e delle qualit formali, ma
riconosceva anche gli oggetti allo sguardo, tanto se erano reali come dipinti, purch si trattasse di oggetti singoli
od isolati. Quando invece gli venivano presentati degli oggetti complessi, od un quadro che rappresentava una
scena un po movimentata, il paziente che pur rilevava esattamente i singoli oggetti, non si raccapezzava pi
se era richiesto di descrivere lo spettacolo nel suo insieme. Anche quando un oggetto ben noto veniva
scomposto nelle sue parti, il paziente non riusciva da s a ricostruirne la struttura e si smarriva. Questo secondo
grado di anomalia dinterpretazione non affetta la apprensione delloggetto come tale (I grado), ma la sintesi
(superiore) di una serie di quadri che formano una descrizione connessa di una situazione presente.
Un terzo grado, ancor pi leggero, stato descritto da W. Van Woerkem. Il paziente poteva riconoscere
subito gli oggetti ordinar, interpretare i quadri e riconoscere le melodie; poteva anche classificare gli oggetti a
seconda del colore, forma e grandezza. Il paziente si trovava invece assai imbarazzato di fronte a due quadri che
rappresentavano due momenti successivi di unidentica situazione: p. es. il quadro N. 1 mostra due ragazzi che
imbrattano linterno di un ombrello con colore bianco fresco; il quadro N. 2 mostra un uomo che apre
lombrello e simbratta di bianco i vestiti, mentre in parte i due ragazzi se la ridono di gusto. Il paziente
interpreta esattamente ciascun quadro, ma il liquido bianco della prima figura non visto in connessione con
limbrattamento della seconda; i due ragazzi della seconda ridono alle spalle delluomo cos con|ciato, ma il
paziente pensa che lo facciano per il suo strano contegno o perch stato inzaccherato da un auto, e non riesce a
rendersi conto che si tratta di una burla tesa dai ragazzi stessi.
Anche il cieco nato, operato dal Dr. Dufour tard assai ad acquistare la conoscenza degli oggetti; in ogni
caso, sia in questo soggetto come in molti altri, fu osservato che linterpretazione, ovvero lapprensione del
significato degli oggetti veniva soltanto dopo che i soggetti avevano acquistato, con esperienze varie e ripetute,
una certa familiarit con gli oggetti. Lultimo stadio era quello della imposizione di nomi appropriati.
Conclusione che collima esattamente con gli stad percettivi del P. Gemelli.
Il P. Moore riassume questi dati affermando che i contenuti percettivi possono presentarsi in tre livelli di
organizzazione:
a) Una organizzazione rudimentaria: i primi dati percettivi non si limitano alle qualit sensoriali, p. es.,
colore, ma contengono anche una percezione rudimentale di grandezza e figura.
b) Lorganizzazione primaria definita: cio il quadro sintetico delle qualit sensoriali, comprese quelle
figurali, in quanto risultano modificate dalla esperienza passata.
c) Lorganizzazione secondaria: cio la interpretazione del quadro sintetico rispetto alle categorie
intellettuali della esperienza passata.
Il P. Moore trova con ragione che questa classificazione fenomenale coincide sostanzialmente con la triplice
divisione aristotelica dei sensibili: propr, comuni e per accidens. Nel che anchio convengo ben volentieri
purch si ammetta, ed anche il P. Moore lo ammette nella ultima opera, che i sensibili comuni sono soggetti a
due apprensioni: luna confusa iniziale, laltra distinta terminale (317).
Pare allora che tutta questa posizione del problema fatta dallillustre studioso sia proprio una continua ed
evidente conferma della teoria arabo-tomista, e lo stesso P. Moore si piegato a distinguere una sintesi
sensoriale primaria ed una sintesi sensoriale secondaria, lapprensione dei contenuti figurali| e lapprensione del
significato, ovvero linterpretazione della figura come un oggetto
6
.
Il P. Moore definisce la percezione: un processo che consiste essenzialmente nella assimilazione di una
presentazione sensoriale alle categorie intellettuali dellesperienza passata, e finalmente risulta di una
conoscenza sensoriale che capacita il soggetto a riprodurre e descrivere nei particolari loggetto che stato
percepito (328).
La definizione potr corrispondere alla realt, ma poco chiara. Lassimi-lazione della esperienza passata si
realizza di fatto nelle due sintesi sensoriali, le quali sono distinte appunto perch riflettono contenuti
irriducibili: suppongono quindi due funzioni apprensive distinte. Il P. Moore si limita a parlare della funzione
del synthetic sense che il senso comune aristotelico. Ci che presentato alla mente per la interpretazione
deve essere dato come una unit (in s) distinta, differente dalle altre cose nel campo della coscienza.
Devessere visto nelle sue parti e le parti prese insieme come un tutto. Devessere visto spesso accanto agli altri
oggetti nella esperienza presente e passata che offre un complesso spaziale e temporale. Un aspetto ha da
dominare il fuoco della coscienza mentre gli altri sono come il suo sfondo. Lintero complesso per devessere
presente allIo per la interpretazione. (...). La capacit di mettere insieme gli aspetti dellesperienza in un tutto
unitario e nello stesso tempo di tener distinti gli elementi di questa molteplicit spaziale e temporale, una
funzione sensoriale in quanto la ricostruzione di una impressione sensoriale totale. perci una funzione
sintetica: questa capacit propriamente detta senso sintetico (243).
Anche questa descrizione, dal punto di vista funzionale, non convincente, proprio in base a quanto
sappiamo dalla natura delle agnosie, e va contro la distinzione fatta anche dal P. Moore delle due sintesi
sensoriali.|
La sintesi di cui egli parla nella descrizione ora riportata certamente sensoriale ed necessaria per la
comprensione intellettuale; ma non pu essere attribuita alla funzione del senso comune della psicologia
aristotelica od almeno di quella arabo-tomista. Lunificazione propria del senso comune limitata ai contenuti
formali dei sensi esterni: mentre qui si tratta di unificare tutto quanto lesperienza passata ha raccolto di positivo
attorno alloggetto, affine di avere una concezione unitaria concreta del medesimo, ove restino distinti i
contenuti formali da quelli reali. Ora proprio questa la funzione della cogitativa
7
.
Il P. Moore attribuisce quanto v di sintetico, nella preparazione allintendere, al senso comune;
lapprensione invece ed interpretazione del contenuto reale opera dellintellectus agens: a questo modo mi
pare che si eleva troppo il senso comune e si abbassa troppo lintelletto. Senso comune ed intelletto agente
stanno agli estremi che sono la sensibilit pura e lintelligenza; fra gli estremi, che devono esser messi in
continuit, occorre un intermediario: la cogitativa, che un senso in diretta dipendenza della intelligenza, ed il
pi nobile fra i sensi, tale intermediario. Il Gemelli e la sua Scuola, come prima il Michotte, distinguono nei
contenuti di percezione forma e significato: il momento pi importante dato non dalla forma, ma piuttosto
dallincorporazione del significato che la mente opera, per suo conto, nei complessi sensoriali. E va bene. Ma
come pu la mente incorporare un contenuto intelligibile nei complessi sensoriali? Non soltanto perch sono
Gestalten, ma perch gi mostrano in s realizzato in concreto quel significato che la mente ha appreso in
astratto: cos nelloggettivazione non c passaggio equivoco fra gene|ri diversi, ma continuit e mutua
solidariet fra modi di uno stesso genere di contenuti. La funzione del senso comune abbisogna perci di
essere integrata con quella della cogitativa.
2. LA ORGANIZZAZIONE DEI CONTENUTI DI VALORE
a) La teoria aristotelica della cogitativa
Il senso comune il termine delle operazioni dei sensi esterni, nel quale si vengono a trovare le prime
organizzazioni sensoriali, relativamente molto semplici: superfic qualificate, figure, particolari condizioni di
moto, di quiete... dei corpi. Ma la vita psichica non pu finir qui: se il soggetto non avesse che il senso comune,
nel suo interno, la sua vita sarebbe in completa bala del mondo esteriore, e non avrebbe alcuna presa sul
passato e sul futuro; non potrebbe trarre alcuna valutazione pratica degli oggetti nei riguardi dei suoi bisogni.
Cos non : sappiamo, per esperienza, che il senso comune non che la porta che introduce nella vita interiore, e
lintermediario (e .au ) fra il mondo esterno e linterno del soggetto. Agli atti di coscienza del senso
comune, ai suoi giudiz discriminativi sui dati attuali dellesperienza, succedono nellanima altri atti:
rappresentazioni semplici o combinate di oggetti passati, ricordi di situazioni gi vissute, giudiz di valore
pratico... Ad organizzazioni elementari degli oggetti succedono organizzazioni pi complicate che si riferiscono
non solo alle conoscenze attuali, ma anche a quelle passate, ed da queste organizzazioni secondarie, pi che
dalle primarie, che regolata la vita del soggetto. Una volta sperimentato un oggetto e un contenuto di un
dato valore, ne resta nel soggetto come una traccia, per la quale pu esser evocata la rappresentazione
delloggetto, e per la quale anche alla ri-presentazione reale delloggetto, questo pu esser visto dal soggetto in
quella luce e in quel rapporto primitivo. Grazie a questo processo il soggetto pu, al primo presentarsi delle
organizzazioni primarie, apprezzare gli oggetti secondo quei rapporti che meglio confanno alle sue necessit.|
Questi particolari atteggiamenti, per quanto riguarda luomo, si deve dire che sono acquisiti, e lo sappiamo,
almeno per alcuni, quanto ci costi lacquistarli; n vanno attribuiti immediatamente allintelligenza: queste
nuove organizzazioni avvengono quindi nella sfera della sensibilit, non in quella esteriore o del senso comune,
ma in quella interiore della immaginazione, della memoria e della cogitativa. Ad un certo momento dello
sviluppo spirituale interviene certamente anche la intelligenza, ma questo intervento non casuale o
capriccioso, bens in dipendenza e preparato da appropriate organizzazioni sensoriali. Le cose avvengono come
se lintelligenza non facesse che trascrivere in s, in modo intelligibile, quanto la esperienza presenta in modo
sensibile; e come se lo stimolo per questa trascrizione intelligibile venisse proprio dalle organizzazioni
sensoriali, arrivate che siano allo stato di maturit.
Il problema ormai chiaro: la prise de signification del Michotte, che detto lelemento formale e
terminale della percezione al suo stato perfetto, suppone non solo lorganizzazione primaria che si compie nel
senso comune, ma anche una ulteriore organizzazione, dovuta allattivit propria dei sensi interni. Lattivit
gnoseologica nel suo reale sviluppo non un circolo chiuso, ma per essa il soggetto procede gradualmente verso
una presa di possesso sempre pi adeguata delloggetto. I sensi esterni, prima, offrono al senso comune quella
che potrebbe dirsi loggettivit fondamentale; il senso comune prende possesso quasi, e integra
questoggettivit, restituendo alloggetto la sua ricchezza attuale che i sensi particolari avevano frammentata; i
sensi interni permettono al soggetto una presa di possesso delloggetto, non soltanto secondo il suo contenuto
attuale apparente, ma secondo il suo valore reale oggettivo, certificato nellesperienza passata. Sono i sensi
interni, adunque, quelli che condizionano immediatamente latto dellintendere, e che preparano la materia sulla
quale questatto si esercita (phantasma): Intellectus accipit immediate non a sensibus exterioribus, sed
interioribus
8
.|
Si pu dire allora senzaltro che lorganizzazione sensoriale secondaria, cio la preparazione del
phantasma da sottomettere allintelletto (agente) preparato dai sensi interni. Questo risultato importante,
ma il nostro problema va maggiormente precisato; e possiamo senzaltro porre due questioni.
a) I sensi interni sono almeno tre, o quattro, se si include il senso comune. Ora, operano essi subordinati
luno allaltro? Quale di essi ha lonore di trovarsi in immediato contatto con lintelligenza? A quale di essi,
quindi, sar attribuita la specificit e loriginalit delle organizzazioni sensoriali secondarie?
b) Inoltre, i sensi, anche quelli interni pi alti, restano in un gradino ontologico inferiore allintelligenza:
come possono allora condizionare immediatamente loperazione di questa? I due problemi mi paiono tuttaltro
che oziosi, ed nella loro soluzione soltanto che sar soddisfatta quella che potrebbe dirsi lesigenza
aristotelico-tomista della Gestalttheorie. Atte-nendomi strettamente a S. Tommaso dir brevemente in quale
direzione vada trovata la soluzione che si cerca. Essa pu essere compendiata nelle due proposizioni seguenti:
ad a) Il phantasma (lorganizzazione sensoriale secondaria) preparato dai sensi interni sotto la
direzione della cogitativa.
ad b) La cogitativa pu organizzare lesperienza in vista dellintendere in quanto si trova in contatto
dellintelletto e partecipa in qualche modo del medesimo.
Ma la posizione tomista non pu essere valutata in quella che , a nostro parere, la sua consistenza teoretica e
la sua attualit per un approfondimento dei problemi gnoseologici, se essa non viene situata, sia pur con accenni
schematici, nel suo clima aristotelico. Averro, il quale nella discussione per lorganizzazione primaria, aveva
contribuito almeno in superficie litterae e per alcuni affrettati seguaci a deviazioni pericolose dai princpi
del Filosofo, ha riparato con larghezza principesca nella teoria della cogitativa da lui elaborata in forma
pressoch perfetta, e S. Tommaso non far che riprendere, con qualche lieve ritocco, la teoria averroista.|
In Aristotele, invece, questo problema, e quello pi generale della elaborazione dei dati sensoriali o della
sensibilit interiore, posto in termini non sempre chiari e convincenti. Il Filosofo, come sappiamo, aveva data
una triplice divisione dei sensibili: delle prime due classi (sensibili propr e comuni) si occupa la sensibilit
esterna; la terza classe (sensibili per accidens) sarebbe allora loggetto dellattivit di elaborazione della
sensibilit interna?
Anzitutto, come concepisce A. la sensibilit interna? Senza entrare in una trattazione analitica di questo
arduo tema, possiamo osservare, per il nostro scopo, che la tradizione aristotelica araba e latina medievale
presenta una complessa architettura della elaborazione sensoriale, secondo una rigorosa gerarchia di facolt,
organizzate progressivamente luna con laltra, a partire dal senso comune, che ne linizio e la porta, fino
allapice che dato dallintelletto. Gli Esegeti moderni dellaristotelismo, per, e gli Scolastici antitomisti della
decadenza, contestano aspramente il carattere aristotelico di questa dottrina (teoria delle facolt).
Per essi, Aristotele non ha ammesso che un unico senso interno: set| at cct; che risiede, come un proprio
organo, nel set|e | at c te| che la regione circostante il cuore; le cosiddette facolt degli scolastici non
sono che diverse forme di attuarsi di una unica facolt.
Allatto caratteristico del senso comune che apprende, discriminando ed unificando, le qualit esteriori,
succede latto del senso comune, che presentazione interna di queste qualit per il fatto che la sensazione e
la specie sensibile (at ca) terminano ad unimmagine che persevera, anche quando cessata lazione dello
stimolo. Questo apparire fenomenale detto dal Filosofo, gi lo sappiamo: st |ct; ,t,|e. | e di essa si
occupa il III De Anima: attivit intermedia fra il senso comune e lintelletto astraente e contemplante (429 a, 1).
stato mostrato poco fa che, senza la fantasia, la percezione sensoriale sarebbe impossibile: confinata alle
momentanee influenze dello stimolo, non avrebbe garanzia alcuna per lunit e la costanza degli oggetti. la
fantasia infine che rende possibile lespres|sione esteriore degli stati soggettivi per mezzo della voce e del
linguaggio (420 b, 32). Anche il movimento locale, la produzione artistica ed in generale ogni attivit umana
fino al pensiero e alla volont si fondano sulla |a|acta. Per questo Aristotele pone accanto alla |. at cts
anche una |. e,tcts
9
ed una |. eu.uts le quali rendono possibili lesercizio in concreto dellintendere e
del volere (cfr. 433 b, 29-434 a, 10). Queste due ultime fantasie sono proprie delluomo e pongono alla
gnoseologia un problema nuovo.
Siccome non riteniamo soltanto le immagini, ma sappiamo esercitare un riconoscimento degli oggetti
secondo un esplicito riferimento alle condizioni di tempo degli oggetti medesimi, occorre postulare, al di l
della fantasia, unattivit che abbia una presa sul tempo, e questa la memoria (| ) a cui il Filosofo ha
dedicato lopuscolo che da essa sintitola.
La memoria detta anchessa una passione del primo sensitivo, che i Moderni identificano con la set|
eu |at;; sua funzione essenziale lapprensione del tempo, per via della quale possibile raffrontare i contenuti
delle varie presentazioni di uno stesso oggetto e tener conto della convenienza o non convenienza dei
medesimi, in vista sempre delle funzioni superiori intellettive e volitive. Alla memoria segue la reminiscenza
(a |a |ct;) che un ricercare attivo, di solito sotto la direzione dellintelletto, di un contenuto rappresentativo
gi acquisito e presente in modo confuso nella coscienza, ma non ancora riconosciuto. Il riconoscimento ha per
ordinar punti di appoggio i fenomeni di associazione delle Idee, di cui Aristotele ha date in questopuscolo le
tre celebri leggi (351 a, 34-451 b, 35).
Nella trattazione sistematica del Filosofo non v adunque un trattato od un accenno del tutto esplicito circa
una pre|tesa facolt od attivit di elaborazione sensoriale da chiamarsi cogitativa. Non mancano tuttavia
numerosi accenni, sparsi qua e l, che possono esser messi in relazione con la funzione che la Scolastica araba e
latina attribuir alla cogitativa.
Il termine, indicato poco fa, di |a|acta e,tcts e |. eu.uts , suppone il fatto che la sensibilit
interiore pu da una parte dipendere dalle funzioni di pensiero e dallaltra essere essa stessa la condizione
indispensabile per lesercizio in concreto di queste attivit. Il WOLFSON ha trovato che queste espressioni hanno
servito di fondamento per la teoria della cogitativa in Avicenna
10
.
Pi frequente il termine eta|etse |, eta |eta da cui venuto lo stesso termine cogitativa. Gli Esegeti
moderni ritengono che la eta |eta indica nella terminologia aristotelica una facolt od attivit di ordine
intellettuale, non sensoriale, cio lattivit discorsiva, in contrasto con quella intuitiva del |eu ;. Mentre lattivit
del |eu ; la pura intuizione od appercezione intellettuale, quasi un contatto con gli oggetti che hanno raggiunto
una unit essenziale, la eta |eta invece la funzione che unisce o divide questi elementi unitar in una sintesi
predicativa
11
. Secondo il Calogero la eta |eta coincide senzaltro con lattivit del giudizio, come risulta
esplicitamente dallattribuzione che ad essa vien fatta della facolt dellasserire e del negare: e poich tale
sintesi-diaresi nella eta |eta come nelle cose, evidente come questultima, alterando, almeno in un certo
senso, soggettivamente il reale, rappresenti una forma di| conoscenza inferiore a quella dellintelletto che ad
esso si adegua invece perfettamente.
Secondo questo significato, che il pi frequente ma non lunico, si comprende come la eta |eta possa tanto
degradarsi ed avvicinarsi alla eea platonica: eta |eta indica allora il processo che porta allapprezzamento
pratico delle cose ed sinonimo di conoscenza del contingente particolare, in opposizione alla . :tc che
la conoscenza del necessario universale. Frutto della eea e della eta |eta la :t ct;, la convinzione cio sulla
realt di qualcosa: tale convinzione propria delluomo e non pu competere agli animali, perch una
persuasione che poggia su argomenti di fatto e presuppone quindi una qualche forma di argomentare. La tesi
averroistica derivata direttamente da questi accenni, avendo come intermediaria la sviluppata dottrina galenica
del eta|etse |.
Il LANDAUER preferisce vedere lorigine della cogitativa, anche latina, negli accenni aristotelici alla
u :e (t;. Secondo lHicks ed il Neuhuser la u :. sarebbe latto terminale della eta |eta e quanto alloggetto
coinciderebbe quindi con essa. Non mancano testi nei quali la u :. non diversamente dalla eta |eta, pare non si
distingua nettamente dal pensiero
12
; a volte ha anche un senso pi ampio e sta per qualsiasi atto conoscitivo che
sia accompagnato da convinzione; forse in questo senso di conoscenza con convinzione che attribuita
anche agli animali.
Nella descrizione che il Filosofo fa della . :a,a, di cui ci occuperemo nel capo seguente, la u :. ha
evidentemente il significato di convinzione ancora soggettiva, di ordine quindi pre|intellettuale, che leffetto
delle esperienze ripetute di singolari simili, distanziati nel tempo.
G. R. T. Ross sta per un senso anche pi ristretto di u :. quanto essa la pi povera facolt intellettuale e
rimanda, oltre che al De Anima III, 3, anche a Post Anal. I, 33, 88 b, 37
13
.
Queste suggestioni hanno un interesse storico e dottrinale che non deve sfuggire: esse, se dicono che il
Filosofo si fermato ad una concezione ancora rudimentaria, mostrano per che tutti i princpi degli ulteriori
sviluppi risalgono, per testimonianza stessa dei continuatori, ancora a lui. I princpi maestri di questa dottrina
sono i seguenti:
1) Se la e. anche, come vuole il Neuhuser, una facolt sensitiva, essa la pi nobile delle facolt
sensitive.
2) La e. ha questa nobilt in quanto una facolt umana e soggiace allinflusso dellintelletto.
3) Questa nobilt della cogitativa si traduce nel valore degli oggetti appresi e nella sua funzione
isagogica allintelligenza.

* * *

b) La teoria averroista
I Commentatori greci pare non siano stati pi espliciti del Filosofo intorno alla natura ed alle funzioni del
eta|etse |
14
, ed presso gli Arabi che dobbiamo cercare lo svilup|po notevole che ha subto la dottrina
aristotelica dei sensi interni. I tentativi della scolastica araba in questa materia non mancano di oscillazioni e
contrasti tanto rispetto al numero dei sensi interni, quanto rispetto alle loro funzioni
15
; mi limiter ad un breve
accenno alla teoria averroistica della cogitativa, perch quella a cui si ispirato esplicitamente il Dottore
Angelico
16
.
Averro riduce i sensi interni a quattro: senso comune, fantasia, cogitativa, memoria, e polemizza contro
Avicenna che distingueva limaginazione dalla fantasia. Il Commentatore intende per cogitativa una facolt
sensitiva originale che appartiene alluomo in vista della sua razionalit e polemizza anche con Galeno che
esauriva tutta la razionalit umana nel eta|etse | al di fuori di ogni subordinazione al |eu ;: la posizione di
Galeno sarebbe distruttiva della stessa razionalit propria della specie umana e della sua partecipazione alla vita
del |eu ; che Aristotele afferma e che anche Averro vuol salvare. La teoria averroista della cogitativa tende a
questo: mostrare come luomo singolare sia veramente uomo e possa intendere gli oggetti che lo interessano,
malgrado si debba ammettere per tutti gli uomini un solo intelletto spirituale, noeticamente e fisicamente
separato dai soggetti singoli concreti. Poich tale separazione reale permette una connessione operativa che
avviene quando il soggetto si dispone ad intendere luniversale, la disposizione opera della cogitativa che
prepara i fantasmi a ricevere lilluminazione dellintelletto separato. Una volta che i fantasmi siano debitamente
preparati, il soggetto singolo ottiene quella che Averro chiama la continuazione con lintelletto separato, per
la quale data la conoscenza delluniversale. Questa, in brevi termini, la celebre soluzione data dal grande
Arabo alla pi ardua difficolt che il testo Aristotelico ha offerto a tutta la tradizione.
Le funzioni della cogitativa sono descritte da Averro con sicurezza e precisione.|
1) Anzitutto: per la cogitativa lanima afferra il significato delle cose e pu distinguere il significato
concreto dalla figura delle cose, onde qualche volta essa indicata anche con il termine di virtus distinctiva.
Virtus cogitativa apud Aristotelem est virtus distinctiva individualis, scilicet quae non distinguit nisi
individualiter, non universaliter. Declaratum est enim illic quod virtus cogitativa non est nisi virtus quae
distinguit intentionem rei sensibilis a suo idolo imaginato; et ista virtus est illa, cuius proportio ad has duas
intentiones, scilicet ad idolum rei et ad intentionem sui idoli est sicut proportio sensus communis ad intentiones
quinque sensuum; virtus enim cogitativa est de genere existentium in corpore. Et hoc aperte dixit Aristoteles in
illo libro (= il De Memoria)...
17
. Polemizza qui con Galeno che ha fatto materiale lintelletto che per Aristotele
in potentia ad omnia secondo il c. 5 del libro III del De Anima, che Averro invece chiama intelletto
possibile ed spirituale e separato.
La cogitativa invece lo intellectus passivus corruptibilis di cui si parla alla fine del medesimo capitolo
18
.
Averro ha ormai la teoria completa. Lintelletto separato ed unico (i. possibile) si unisce in noi per via di un
intelletto passivo, la cogitativa, che un senso spiritualizzato: questo intelletto passivo che moltiplicato negli
individui concreti e che permette lillustrazione dei fantasmi individuali da parte dellintelletto unico separato:
Intellectus iste (possibilis) non copulatur nobis nisi mediante esse intellectus materialis et corruptibilis in
nobis, et cum iste intellectus fuerit corruptus in nobis neque memorabimur
19
.
2) Lazione della cogitativa lultima preparazione allintendere che propria dellintelletto
materiale. Et intendebat hic per intellectum passibilem formas imaginationis secundum quod in eas agit virtus
cogitativa propria homini. Ista n. virtus est aliqua ratio et actio eius nihil est aliud quam pone|re intentionem
formae imaginationis cum suo individuo apud rememorationem et distinguere eam ab eo apud formationem (la
fantasia). Et manifestum est quod intellectus qui dicitur materialis, recipit intentiones imaginatas post hanc
distinctionem. Iste igitur intellectus passibilis necessarius est in formatione. Recte igitur dicit (Arist.) et non
rememorabimur quia iste est non passibilis; et intellectus passibilis est corruptibilis et sine hoc nihil intelligit;
i. e. sine virtute imaginativa et cogitativa nihil intelligit intellectus qui dicitur materialis (i. possibile). Hae enim
virtutes sunt quasi res quae praeparant materiam artifici ad recipiendum actionem artificii
20
.
E prima ancora aveva detto pi brevemente: Virtus cogitativa est de genere virtutum sensibilium.
Imaginativa autem et cogitativa, et rememorativa non sunt nisi in loco virtutis sensibilis, et ideo non indigetur
eis nisi in absentia sensibilis, et omnes iuvant se ad repraesentandam imaginem rei sensibilis, ut aspiciat eam
virtus rationalis abstracta, et extrahat intentionem universalem et postea recipiat eam, idest comprehendat
eam
21
.
3) La cogitativa, per via di questo suo affaccendarsi intorno ai singolari, apprende in concreto per prima
contenuti ontologici propr dei predicamenti che lintelletto, poi, apprende fatti universali.
Non intendebat
22
quod sensus comprehendit essentias rerum, sicut quidam existimaverunt: hoc enim est
alterius potentiae quae dicitur intellectus; sed intendebat quod sensus cum hoc quod comprehendunt sua
sensibilia propria, comprehendunt intentiones individuales diversas in generibus et speciebus; comprehendunt
igitur intentionem huius hominis individualis| et huius equi individualis et universaliter intentionem
uniuscuiusque decem praedicamentorum individualium et hoc videtur esse proprium sensibus hominis
23
.
4) Sempre per questo suo contatto con la sostanza e la realt concreta, la cogitativa la facolt che
permette lazione pratica.
Dicit (Arist.) et imaginatio existit in aliis animalibus, cogitatio autem in rationabilibus. Eligere enim facere
hoc imaginatum et non hoc, est de actione cogitationis non de actione imaginationis. Iudicans enim quod hoc
imaginatum est magis amabile quam hoc, debet esse eadem virtus de necessitate, quae numerat imaginationes et
in quibusdam iudicat magis delectabilius. Et hoc intendebat cum dicit et numerat ipsum unum de necessitate
et est secundum quod reputo, et necesse est quod ista virtus numeret illas imagines donec comprehendat ex eis
magis amatum: sicut unum numerat numeros inaequales donec comprehendat ex eis magis maiorem. Similiter
cogitatio numerat imagines et comparat inter eas, donec possit pati ab imaginatione alicuius earum. Et hoc est
causa quare animal rationale habet existimationem: existimatio enim est consensus qui provenit a cogitatione
24
.
5) La cogitativa richiede per operare gran quiete interiore ed per essa che luomo in sogno presagisce il
futuro: A. costretto a dire che la intentio della cogitativa in un certo modo spirituale.
Virtus cogitativa viget apud quietem aliorum sensuum et ideo comprehendit homo in somno futura, non in
vigilia: et ista virtus cogitativa iuvat praesentans illud quod habet de imagine illius rei, et colat ipsam
imaginativam, ut sit praesens in virtute imaginativa. Intentio enim quae comprehenditur per cogitativam est
spiritualis, et hoc non accidit alicui animalium,| nisi homini, quia non habent intellectum et tantum
comprehendunt descriptiones et cortices rerum
25
.
6) In un testo precedente, intricato ma denso di dottrina, A. arriva ad attribuire, nelluomo soltanto per,
queste funzioni della cogitativa al senso comune: con ci egli vuol dire forse che la cogitativa a sua volta dirige
il senso comune e si serve del medesimo per lapprensione dei propr oggetti. Il testo ha grande importanza
perch distingue lapprensione dei sensibili comuni da quella dei sensibili per accidens e dai sensibili propr, ed
insieme contiene la litigiosa frase che i sensibili comuni sono oggetto del senso comune.
... Coloratum illud esse Socrates est per accidens secundum quod est coloratum. Sed potest aliquis dicere
quod similiter accidit ei figura et numerus et motus et quies: quomodo igitur fuerunt numerata ista in eis, quae
sunt sensibilia essentialiter (sensibili comuni = sensibili per se)? quomodo si fuerunt numerata quia sunt
communia, similiter etiam intentiones individuorum sunt communes omnibus sensibus. Et possumus dicere in
hoc duos sermones: quorum unus est quod ista communicatio magis videtur esse necessaria in esse propriorum
sensibilium, v. g. quantitas: color enim non denudatur ab ea, et similiter calor et frigus quae appropriantur tactui
(...). Et etiam sensibilia communia ut declarabitur, sunt propria sensui communi, quemadmodum ista sunt
propria unicuique sensuum: et comprehensio intentionis individualis, licet sit actio sensus communis, et ideo
pluries indigetur in comprehensione intentionis individui uti pluribus uno sensu, ut utuntur medici in sciendo
vitam eius, qui existimatur habere repletionem venarum, pluribus uno sensu. Tamen videtur quod ista actio est
sensus communis non secundum quod est sensus communis, sed secundum quod est sensus alicuius animalis, v.
g. animalis intelligentis. Iste igitur est alius modus modorum secundum accidens, secundum quod accidit
sensibus comprehendere differentias individuorum secundum quod sunt individua: et praecipue diffe|rentiae
substantiales, videtur enim quod comprehensio intentionum individualium substantiarum, de quibus intellectus
considerat, est propria sensibus hominis. Et debes scire quod comprehensio intentionis individui est sensuum, et
comprehensio intentionis universalis est intellectus: et universalitas et individualitas comprehenduntur per
intellectum, scil. definitio universalis et individui
26
.
Questa dottrina permette la distinzione fra forma ed intentio che ritengo essenziale per orientarsi nel
problema della percezione e che mi pare corrisponda sostanzialmente alla distinzione di organizzazione
primaria ed organizzazione secondaria. La forma infatti riguarda i caratteri esteriori delloggetto; la
intentio riguarda il suo valore e contenuto concreto come si gi detto allinizio.
Secondo lelaborazione di Averro, pertanto, la cogitativa
a) una facolt sensitiva la quale ha una doppia funzione: luna metafisica, laltra gnoseologica. per la
cogitativa che si differenziano gli individui umani; ed per essa che i singoli uomini possono passare
allintellezione delluniversale.
b) Il passaggio allintellezione delluniversale reso possibile dalla cogitativa, in quanto questa facolt,
esercitando una discriminazione attiva sui contenuti dellesperienza passata, pu formarsi una nozione concreta
del contenuto reale degli oggetti la intentio nella quale da ricercarsi il nucleo originario di ogni nozione
metafisica universale
27
.
Adunque mentre per lanimale la intentio data naturalmente con la aestimativa, nelluomo essa
suppone un complesso lavoro interiore: nel cantiere della coscienza umana, le armature di ordine sensoriale,
sulle quali si eleveranno le strutture intelligibili, sono costruite dalla cogitativa.|
3. LA TEORIA TOMISTA
a) Le funzioni della cogitativa
La concezione averroista della sensibilit interiore passata nella psicologia tomista in tutto il suo
significato formale, con lesclusione, sintende, dellipotesi assurda dellintelletto separato. la cogitativa
che porta alle organizzazioni sensoriali secondarie, servendosi dei dati attuali del senso comune, e di quelli
dellesperienza passata conservati nellimmaginazione e riconosciuti dalla memoria. La cogitativa, come
indica lo stesso termine, ha il compito di vagliare (co-agitare) i contenuti molteplici dellesperienza ed
apprezzarli in concreto: per questo pu arrivare alla formazione di nuove sintesi sensoriali di valore superiore
che sono i phantasmata. S. Tommaso certamente non si diffonde in minute descrizioni fenomenologiche;
nella sua opera per si possono trovare le indicazioni sufficienti per una teoria completa di questa facolt, a
torto troppo spesso dimenticata anche nelle trattazioni tomiste. I testi, connessi che siano con la teoria
averroista, fanno giustizia dellaffrettata osservazione del Keeler che No effort is made (nellopera di S.
Tommaso) to determine the reliability of the internal sense, sensus communis, imagination, memory, and the
aestimative or cogitative..., e che The most interesting of the internal senses, but also the most elusive, is the
cogitative
28
.
Mi limito ad indicazioni schematiche e solo nellambito del problema della percezione.
1) la cogitativa, che per il suo atto della collatio fra gli oggetti individuali, elabora, con il concorso
dellimmaginazione e della memoria il phantasma: Huius cogitativae virtutis est distinguere intentiones
individuales, et comparare eas ad invicem: sicut intellectus, qui est separatus et immixtus, comparat et distinguit
inter intentiones universales; et quia per hanc virtutem simul cum imaginativa et memorativa praepa|rantur
phantasmata ut recipiant actionem intellectus agentis, a quo fiunt intelligibilia actu;... ideo praedicta virtus
vocatur nomine intellectus et rationis, de qua medici dicunt quod habet sedem in media cellula capitis; et
secundum dispositionem huius virtutis differt homo unus ab alio in ingenio et in aliis quae pertinent ad
intelligendum, et per usum huius et exercitium acquirit homo habitum scientiae
29
.
2) Per la cogitativa sono percepiti la sostanza singolare e i sensibili per accidens che fino ad ora
abbiamo lasciato nelloscurit, onde essa ha un posto centrale in una discussione analitica del problema della
percezione. A parlare propriamente solo un contenuto intelligibile pu esser detto sensibile per accidens: i
contenuti sensibili particolari possono essere detti sensibili per accidens rispetto agli altri sensi, solo secundum
quid, non simpliciter, perch in verit sono dei sensibili per se. Quod ergo sensu proprio non
cognoscitur, si sit aliquid universale, apprehenditur intellectu; non tamen omne quod ab intellectu apprehendi
potest in re sensibili, potest dici sensibile per accidens, sed statim quod ad occursum rei sensatae apprehenditur
intellectu. Sicut statim cum video hominem loquentem, vel movere seipsum, apprehendo per intellectum vitam
eius, unde possum dicere quod video eum vivere. Si vero apprehendatur in singulari, utputa cum video
coloratum, PERCIPIO hunc hominem vel hoc animal, huiusmodi quidem apprehensio in homine fit per vim
cogitativam, quae| dicitur etiam ratio particularis, eo quod est collativa intentionum individualium, sicut ratio
universalis est collativa rationum universalium
30
.
3) Per la cogitativa lintelletto, nella riflessione, pu informarsi non solo dellan est, ma anche del
quid est del singolare: Anima coniuncta corpori per intellectum cognoscit singulare, non quidem directe, sed
per quamdam reflexionem; in quantum scilicet ex hoc quod apprehendit suum intelligibile, revertitur ad
considerandum suum actum, et speciem intelligibilem quae est principium suae operationis: et eius speciei
originem; et sic venit in considerationem phantasmatum, et singularium quorum sunt phantasmata. Sed haec
reflexio compleri non potest nisi per adiunctionem virtutis cogitativae et imaginativae
31
.
4) Ne segue che solo mediante la cogitativa che lintelletto dispone delle cose in concreto ed esercita il
sillogismo prudenziale. Alio modo continuatur (mens singularibus) secundum quod motus qui est ab anima ad
res, incipit a mente et procedit in partem sensitivam, prout mens regit inferiores vires; et sic singularibus se
immiscet mediante ratione particulari, quae est potentia quaedam individualis, quae alio nomine dicitur
cogitativa et habet determinatum organum in corpore, scilicet mediam cellulam capitis. Universalem vero
sententiam quam mens habet de operabilibus, non est possibile applicari ad particularem actum nisi per aliquam
potentiam mediam apprehendentem singularem, ut sic fiat quidam syllogismus, cuius maior sit universalis, quae
est sententia mentis;| minor autem singularis quae est applicatio particularis rationis; conclusio vero electio
singularis operis (De Veritate, q. X, a. 5). Dispositio sapientis de singularibus non fit per mentem nisi
mediante vi cogitativa, cuius est intentiones singulares cognoscere (ibid. ad 2).
Nel giudizio prudenziale la maggiore universale data dallintelletto, la minore particolare dalla cogitativa:
Intellectus sive ratio cognoscit in universali finem ad quem ordinat actum concupiscibilis et actum irascibilis
imperando eos. Hanc autem cognitionem universalem mediante vi cogitativa ad singularia applicat (De
Veritate, ibid. ad 4).
E in certo qual modo la cogitativa pu esser detta il senso della prudenza: Sicut Philosophus dicit,
prudentia non consistit in sensu exteriori, quo cognoscimus sensibilia propria, sed in sensu interiori, qui
perficitur per memoriam, et per experimentum ad prompte iudicandum de particularibus expertis; non tamen ita
quod prudentia sit in sensu interiori sicut in subiecto principali; sed principaliter quidem est in ratione, per
quamdam autem applicationem pertingit ad huiusmodi sensum
32
.
Queste indicazioni essenziali mi paiono decisive per conchiudere che nella psicologia tomistica per la
funzione della cogitativa che operata la sintesi sensoriale; essa raccoglie, fonda e organizza i dati
dellesperienza attuale e passata e pu giudicare di tutti i sensibili ed in particolare di quelli per accidens, per i
quali non sono sufficienti del tutto i sensi esterni e neppure il senso comune (De Veritate, q. I, art. 11). In poche
parole la funzione della cogitativa segna lapice della conoscenza infrarazionale nelluomo; essa fornisce
allintelletto gli schemi, diciamo cos, pi aggiornati sulle condizioni di fatto della realt (phantasmata), dai
quali lintelletto astrae luniversale e per i quali esso si pu congiungere nella riflessione con la realt con|creta
alla quale si riferiscono gli schemi, ed oggettivare in essa il contenuto delluniversale
33
.

* * *

Che lAngelico Maestro non abbia mai oscillato su questo corpo di dottrine lo mostra un articolo del
Commento alle Sentenze che trascrivo nella parte che interessa il nostro problema. Esso costituisce una sintesi
sostanziale della dottrina tomista sulla sensibilit secondo il suo triplice oggetto: sensibile proprio, comune e
sensibile per accidens.
Sensu corporali aliquid sentitur dupliciter: uno modo per se, alio modo per accidens.
a) Per se quidem sentitur illud quod per se passionem sensui corporali inferre potest. Per se autem
aliquid passionem sensui corporali inferre potest aut sensui in quantum est sensus, aut huic sensui in quantum
est hic sensus. Quod autem hoc secundo modo per se infert passionem sensui, dicitur sensibile proprium; sicut
color respectu visus et sonus respectu auditus.
b) Quia autem sensus in quantum est sensus utitur organo corporali, non potest in eo aliquid recipi nisi
corporaliter, cum omne quod recipitur in aliquo sit per modum recipientis; et ideo omnia sensibilia inferunt
passionem sensui in quantum est sensus, secundum quod habent magnitudinem; et ideo| magnitudo et numerus
et huiusmodi, dicuntur sensibilia communia per se tantum.
c) Per accidens autem sentitur illud quod non infert passionem sensui neque in quantum est sensus,
neque in quantum est hic sensus; sed coniungitur his quae per se sensui inferunt passionem: sicut Socrates, et
filius Diaris, et amicus et alia huiusmodi: quae per se cognoscuntur in universali intellectu; in particulari autem
in virtute cogitativa in homine, aestimativa autem in aliis animalibus. Huiusmodi autem tunc sensus exterior
dicitur sentire quamvis per accidens, quando ex eo quod per se sentitur, vis apprehensiva cuius est illud
cognitum per se cognoscere, statim, sine dubitatione et discursu apprehendit: sicut videmus aliquem vivere ex
hoc quod loquitur. Quando autem aliter se habet, non dicitur illud sensus videre, etiam per accidens
34
.
La dottrina della cogitativa sorretta nel Tomismo anche da una robusta struttura metafisica, a cui bisogna
pur accennare se si vuol far fronte alle oscurit e difficolt che questa dottrina pu presentare.

* * *

b) Fondazione metafisica della cogitativa tomistica
Qualcuno potrebbe osservare che per il fatto che si introduce una particolare facolt alla quale si d il nome
problematico di cogitativa, e ad essa si attribuiscono le mirabili operazioni di cui ora si detto, non si per ci
solo risolto il problema fondamentale: come pu la sensibilit continuarsi con lintelligenza, e lintelligenza a
sua volta ritornare sulla sensibilit? Non questa una illecita violazione di confini? Era questa la seconda
questione proposta di sopra.
Lobiezione suppone che lattivit conoscitiva (e la vita in genere dellanima) si venga attuando per lentrare
in azione, luno appresso allaltro, di princpi o facolt cos distinte, da| esser quasi separati individualmente,
come gli operai di un cantiere (atomismo psichico): ma non cos. S. Tommaso ha una idea pi profonda, e
diciamo pi umana, dellattivit interiore e dei suoi princpi: tutto retto e poggia e deriva, in radice, dallunica
anima, alla quale infine tutto fa ritorno. Dallanima anzitutto derivano le facolt del soggetto, come gli accidenti
propr dalla sostanza, e questo avviene non per una causalit reale, che ponga leffetto al tutto fuori della causa,
ma per unemanazione, per aliquam naturalem resultationem; sicut ex uno naturaliter aliud resultat, ut ex luce
color
35
.
Per questo lanima, nel divenire metafisico dellessere conoscente, non pone le facolt cos fuori di s, che
insieme non le tenga unite e a s avvinte, elargendo a tutte lessere sia reale, come formale (determinazione
generica delle facolt): onde luomo uomo in tutto il suo essere, e la sua sensibilit perci non qualunque,
ma umana. Si comprende allora come la sensibilit riceva nelluomo una speciale nobilt e possa condizionare
anche le operazioni superiori dellintendere: Quia anima ordinatur ad sua obiecta per potentias, sequitur quod
etiam potentia sensitiva sit in homine propter intellectivam, et sic de aliis
36
.
Affinch la dottrina risulti completa si deve notare ancora che quanto si dice dellanima rispetto alle potenze
in generale, vale anche per le potenze in particolare luna rispetto allaltra: c fra di esse una coesione naturale
e come uninterpenetrazione che S. Tommaso esprime in un modo molto realista. Non tutte le potenze,
evidentemente, hanno un grado di dignit eguale: alcune sono pi nobili, altre meno questo lordo naturae
che hanno le potenze fra di loro. Ora, secondo lAngelico, la emanazione delle potenze dellanima avviene in
modo ordinato: le prime ad emanare da essa, immediatamente, sono lintelletto e la volont, quindi i sensi e
lappetito sensibile... Queste altre facolt per non emanano direttamente dallanima, ma ciascuna dalla facolt
superiore corrispondente
37
. I sensi quindi emanano| dallintelletto, ed i sensi inferiori, da quelli superiori: i sensi
esterni dal senso comune; questo dallimmaginazione, e cos via, pressa poco, secondo lo schema seguente:
ORDO NATURAE (essendi et emanationis).
Intellectus Cogitativa Memoria Imaginatio
Sensus communis Sensus exteriores.
Ne segue che ogni facolt insieme presente allanima e alle altre facolt, ed in particolare a quella da cui
emana: Sicut potentia animae ab essentia fluit, non per transmutationem, sed per naturalem quamdam
resultationem, et est simul cum anima: ita est etiam de una potentia respectu alterius
38
. Mi pare che in queste
potenti espressioni ci sia quanto basti per soddisfare alle esigenze degli augustinisti circa lunit e la
compenetrazione degli elementi della vita interiore.
Allordo essendi et naturae fra le facolt corrisponde, in senso inverso, lordo operandi (generationis et
temporis). Poich nel divenire fisico limperfetto precede il perfetto, e linferiore il superiore
39
, le prime ad
operare saranno, quindi, le potenze vegetative che preparano il corpo e gli organi di senso; indi passeranno
allatto i sensi esterni, dai quali sar attuato il senso comune: questi, a sua volta, informer limaginazione, e
cos via, secondo lo schema seguente:
ORDO OPERATIONIS
Sensus exteriores Sensus communis Imaginatio
I. Memoria Cogitativa Intellectus.
Queste considerazioni ci offrono lultima ragione di quanto sopra si affermava da un punto di vista
puramente analitico: esser la cogitativa la potenza che elabora in modo definitivo i| dati desperienza per
presentarli allintelletto, e questo pu avvenire non solo perch in generale la sensibilit umana ha una
particolare affinit con lintelligenza, ma perch la cogitativa emana immediatamente dallintelletto e ad esso
sta unita in alto, mentre in basso si congiunge con le altre potenze inferiori: Illa potentia quae a philosophis
dicitur cogitativa, est in confinio sentitivae et intellectivae partis, ubi pars sensitiva intellectivam attingit. Habet
enim aliquid a parte sensitiva, scilicet quod consideret formas particulares; et habet aliquid ab intellectiva,
scilicet quod conferat: unde et in solis hominibus est. Et quia pars sensitiva notior est quam intellectiva, ideo
sicut determinatio intellectivae partis a sensu denominatur, ut dictum est, ita collatio omnis intellectus a
cogitatione nominatur
40
. Si viene cos a stabilire un flusso e riflusso dei dati della cogitativa nellintelletto, e di
quelli dellintelletto nella cogitativa: per questo il primo pu comprendere i dati desperienza, e la seconda
organizzarli affinch siano compresi.
Da un punto di vista ancor pi elevato si potrebbe osservare che lAngelico Maestro, per esprimere la
ragione suprema della coesione che hanno le facolt luna con laltra, ed in particolare quella che il senso in
genere e la cogitativa in specie hanno con lintelletto, usa con compiacenza di un termine famoso nella storia
del pensiero, quello di partecipazione. Videmus enim quod sensus est propter intellectum, et non e converso.
Sensus enim est quaedam deficiens participatio intellectus; unde secundum naturalem originem quodammodo
est ab intellectu, sicut imperfectum a perfecto
41
. Haec pars animae (= intellectus passivus, cogitativa) dicitur
intellectus, sicut et dicitur rationalis, in quantum aliqualiter participat rationem, oboediendo rationi et sequendo
motum eius (In III De Anima, lect. 10, n. 745). Vis sensitiva in sui supremo participat aliquod de vi
intellectiva in homine, in quo sensus intellectui coniungitur
42
. Per questa partecipazione la cogitativa pu esser|
detta sa` .e, | la facolt percettiva degli oggetti concreti: Nam cogitativa apprehendit individuum ut
existens sub natura communi: quod contingit ei in quantum unitur intellectivae in eodem subiecto: unde
cognoscit hunc hominem prout est hic homo, et hoc lignum prout est hoc lignum
43
.
Alcune riflessioni elementari mostreranno come questa dottrina sia connessa allessenza stessa del realismo
tomista e come questo stesso realismo non sia per nulla una esigenza a priori, ma si costruisca in una continua e
spontanea adesione al reale con un impiego minimo di formule e di princpi.
Luomo detto animale ragionevole. La specie homo inclusa sotto il genere animal. Lanimalit, come tale,
predicata ex aequo di ogni specie inclusa sotto questo genere comune, per modo che il cavallo ed il bue non
sono pi animali della formica e lo stesso uomo, bench fornito di ragione, non meno animale degli altri
animali che son detti irragionevoli. Ci tanto pi vero per la sensibilit che la formalit costitutiva di
questo genere comune. Tutto questo chiaro fin quando restiamo nel campo logico delle formalit in astratto:
ma quando passiamo a considerare il modo reale di essere e di attuarsi di queste formalit comuni, il problema
cambia di aspetto. Invero il genere non esiste come tale, ma soltanto realizzato nelle sue specie, e solo la specie
esprime una forma o modo tale di essere in natura, e le specie fra loro sono diverse. Lanimalit e la sensibilit
perci sono realizzate differentemente nella realt secondo il grado di perfezione che compete alle varie forme
animali, cosicch, mentre la formalit astratta del genere pu esser detta identica nelle varie specie, il suo modo
di essere in natura va detto differente
44
.|
Lanimalit e la sensibilit in questo o quellanimale, nella formica, nel cavallo, nelluomo rivelano nel loro
attuarsi, accanto ad innegabili somiglianze, anche delle innegabili e profonde dissomiglianze: lanalogia
metafisica che porta fin qui i suoi tentacoli.
Ora questa differenza reale della sensibilit nellessere, e di conseguenza nelloperare, di cui ora ci
occupiamo, particolarmente evidente in quella facolt apprensiva che responsabile della direzione della vita
in concreto, alla cui conservazione ed espansione tutti gli altri atti e facolt hanno da contribuire. questa
facolt che d praticamente ad ogni animale la legge della sua natura.
Nelluomo, per la sua partecipazione alla vita spirituale, questa facolt direttiva lintelligenza, non una
facolt sensibile; negli animali irrazionali invece una facolt sensibile che nella psicologia aristotelica detta
aestimativa, perch esercita latto di apprezzare in concreto lutilit e la nocivit degli oggetti del mondo
esteriore.
Pertanto, come negli animali bruti tutte le facolt (sensitive) sono specificate soggettivamente dallordine che
devono avere nelloperare alla facolt-principe, la propria aestimativa; cos da ammettere che le facolt
sensitive nelluomo ricevono linfluenza dellintelletto a cui devono naturalmente servire. Per via di questa
coesione naturale, la natura sensibile delluomo (e la sua animalit) si trova come impregnata di razionalit e
non lasciata del tutto al suo livello
45
.|
Cos si ha che le apprensioni della sensibilit umana possono raggiungere risultati che sono intrinsecamente
superiori, sia per il contenuto come per il valore, a quelli propr della sensibilit animale e toccare quasi la
regione dellintelligenza. la nozione di partecipazione, quale un attingere, che costituisce loriginalit della
gnoseologia tomista rispetto a quella aristotelica ed in parte anche rispetto a quella averroista, perch nel
tomismo tutto saldamente connesso, come la metafisica cos anche la gnoseologia
46
.
Non dobbiamo per confondere lordine naturale delle essenze: anche locchio umano, in quanto lorgano
di quella facolt sensibile che la vista, non vede che colori, superfici e figure perch queste sono le sole
modificazioni che essa pu ricevere dagli oggetti esterni. Tuttavia noi diciamo: io vedo questa o quella cosa, ed
intendiamo dindicare una sostanza reale od un attributo essenziale delle cose. giustificata questa nostra
condotta? Od invece dobbiamo accontentarci, come Cratilo
47
, di segnare con il dito il flusso delle cose che
passano?
Tutta la nostra vita e la pi intima persuasione sono contro questo nichilismo fenomenista. Lasciando ad un
prossimo capitolo una discussione pi approfondita sul modo, fermiamoci per ora allasserzione del fatto e
allindicazione della ragione ultima della sua possibilit: la partecipazione gnoseologica.
Questa partecipazione, se affetta tutta la sensibilit umana, si rivela in modo pi vistoso nella cogitativa;
onde assai pi notevole il divario fra la cogitativa umana e laestimativa animale, di quanto non lo siano le
altre facolt sensoriali. Tecnicamente si direbbe che luomo e gli animali hanno le stesse formae nel
conoscere, non le stesse intentiones.
Dal punto di vista funzionale la differenza sta nel fatto che lanimale apprende immediatamente le
intentiones che| confanno alla sua vita: luomo invece deve acquistarle con le ripetute esperienze di raffronto
della cogitativa, come si dir pi avanti
48
.
Leccellenza che ottiene la sensibilit nelluomo si manifesta nella gran parte che hanno nella vita umana
larte, il linguaggio, leducazione dei sensi, laddestramento tecnico della mano. Proprietas autem
comprehensionis istorum sensuum, dice pittorescamente Averro, in animalibus non est eadem; homo enim
comprehendit differentias rerum et intentiones earum proprias, quae sunt in re sensata, quasi medullam de
fructu; in animali autem bruto comprehendunt ea quae sunt extra, quae sunt quasi cortices fructuum. Et signum
eius est, quod bruta non moventur a sensibilibus sicut homo movetur. Homo enim movetur apud cantum, quod
non faciunt bruta; et similiter movetur homo a tincturis, et figuris motu, quo non moventur bruta; et similiter de
modis saporis et odoris (...). Et similiter est de virtute tactus: manus enim hominis proprium habet hoc, quod non
habet aliquod (...). Et auditus in homine est via ad disciplinam. Disciplina enim non fit nisi per loquelam, qua
non redditur nisi per auditum, sed intelligere quid verba significant non est auditus sed intellectus et quilibet
sensus istorum in homine est via ad prima intellecta existentia in illo genere
49
. in questa dottrina che vanno
cercati i princpi di una concezione umanista della cultura e della vita.

* * *

c) Psicologia moderna e cogitativa
Lesperienza soggiace allordine e progredisce verso lordine: se lintelletto il principio dellordine, da
supporre che| lintelletto immanente in qualche modo allesperienza. Tutta la difficolt consiste nello
spiegare in quale modo. Nel Tomismo tale immanenza spiegata, nellordine della natura e della costituzione
dellessere, come una specificazione trascendentale che hanno dallintelletto tutte le potenze conoscitive e
quelle che da esse immediatamente dipendono; nellordine dinamico delloperazione, come una subordinazione
che il senso ha verso lintelletto, quanto pi si trova per loggetto e per la funzione ad esso vicino. Quando si
dice che nelluomo il senso partecipa allintelletto si esprimono con un solo termine ambedue i momenti di tale
dipendenza.
Ho limpressione che la psicologia postgestaltista si venuta avvicinando a questa concezione, obliata quasi
negli stessi ambienti pi interessati, in forme spesso esplicite ed insistenti, a partire dalla sola fenomenologia ed
analisi nozionale dei problemi. Cos P. SALZI, dopo aver dimostrato limpossibilit in cui si trova la psicologia
fisiologica di far alcuna luce sui processi conoscitivi, ha richiamato lattenzione sul fatto che disturbi percettivi
ritenuti di origine fisiologica, come la miopia, il nistagmo, la cheratite, possono essere guariti o almeno
notevolmente ridotti con un semplice trattamento psicologico. Lesercizio della percezione non suppone una
pura ripetizione di atti, come credeva lassociazionismo, ma implica una rettificazione, spesso assai
accurata, dei dati. La percezione finale una conclusione di un processo di miglioramento che presenta tutte le
caratteristiche del ragionamento i cui punti salienti sono la fissazione di un certo contenuto, levocazione
conscia, nel blocco dei contenuti prepercettivi, del contenuto che interessa, la elaborazione sintetica dei
contenuti parziali ed infine lapparizione del contenuto globale unificato. Una ragazza, affetta da forte miopia
fin dallet di dieci anni, a quattordici non riusciva pi a distinguere alla distanza di m. 0,60 una riga di lettere
normalmente leggibili alla distanza di m. 9. Il trattamento di cura consisteva nellinvitare la ragazza a deporre
gli occhiali ed a sforzarsi di rappresentarsi, pi al vivo che poteva, le lettere che venivano esposte sullo
schermo; dopo appena 48 ore essa poteva leggere alla distanza di m. 1,20 i caratteri prima leggibili a| m. 0,60
era passata cio da 1/15 a 2/15 della visione normale ; dopo alcune alterne vicende, dovute alla negligenza del
soggetto nel ripetere gli esercizi prescritti, si pot constatare che la ragazza si era del tutto sbarazzata degli
occhiali ed aveva acquistato una vista pressoch normale. Negli esperimenti si not che una lettera, p. e. il G,
veniva distinta dal C, quando il soggetto si adattava a verificare con lo scorrere dello sguardo tutte le estremit
della lettera, rilevando la estremit destra inferiore che manca invece nel C.
La genesi sensoriale sorge quindi da un ragionamento e lordine sensoriale dipende dallimmagine che
porta lattenzione a fissarsi su tale stimolo e su taluna delle sue parti: vale a dire che ad unattivit di
ragionamento che fanno capo la genesi ed il progresso del tessuto delle sensazioni. Il S. arriva ad avvicinare in
un processo identico la fisica scientifica ed il processo di percezione: in ambedue i casi la qualit della
conoscenza ha per origine il pensiero e la medesima forma di questo pensiero. Capable de critiquer ses propres
erreurs et de se soulever au-dessus delles par sa spontanit, cest le raisonnement qui labore et la fondation et
les tapes dun difice unique. Ce quil pose hors de soi, il ne la trouv quen soi: la vue dun fragment lointain
de lhorizon ou dun grain color, comme la reprsentation des nbuleuses ou des atomes
50
. Se lintelligenza
interviene per cogliere le somi-glianze fra i contenuti sensoriali, perch non ha da intervenire per coglierne
anche le diversit?
Lo scoglio, come il nucleo, per una soluzione adeguata del problema della percezione nellambito della
filosofia moderna, va sempre rintracciato nel dualismo ed estrinsecismo di pensiero ed esperienza, inaugurato da
Cartesio e sistemato nelleterogeneit di noumeno e fenomeno in Kant. lavvertimento anche di M. PRADINES,
la posizione del quale ha non pochi punti di contatto con quella del Salzi: si diviso lo spirito che ununit.
Comment lesprit pourrait-il se servir de ces matriaux, sil tait incapable de les pntrer? Comment
lintelligence pour|rait-elle collaborer avec le sens, si le sens ntait de quelque manire intelligence?
51
.
Occorre dunque ricondurre la sensibilit allintelligenza, anche se questa impresa pu sembrare a prima vista
terribile. Per portare a termine tale impresa, continua il P., bisogna riprendere il progetto, se non proprio
litinerario, di Leibniz, di ritrovare la ragione al fondo della sensibilit. Allora la sensibilit passiva, quando
diventa capace di afferrare lattivit che la sostiene, si eleva sopra le cose e si fa ragione
52
.
Io non posso dare unesposizione analitica di queste e di altre teorie affini che saffermano di giorno in
giorno sempre pi insistenti. Ne stato fatto un cenno per rafforzare una convinzione personale, a cui ho
qualche attaccamento, quella che il pensiero moderno non va preso allingrosso e rigettato in blocco in ogni suo
tentativo, poich non va escluso che la verit, che in s unica, possa esser raggiunta con metodi e processi
gnoseologici disparati: sono persuaso che le teorie del Salzi e di M. Pradines ammettono una trascrizione quasi
immediata nella teoria tomista della cogitativa, che detta ragione particolare poich argomenta in concreto
sugli aspetti concreti. Mi preme insieme dinsistere, ed insister di pi nel capitolo sul pensiero vissuto, nel
principio metodologico che il pensiero moderno non potr mai essere rettificato, o comunque messo a fruttuoso
contatto con laristotelismo, fin quando ci si accontenta di una certa filosofia tradizionale che evita a
proposito tutte le cosiddette complicazioni profonde e sistematiche. Le costruzioni speculative, se sono
veramente tali, dimostrano la propria sufficienza nelle determinazioni specifiche dei problemi, non in quelle
generiche: la teoria tomista della cogitativa d la determinazione specifica del problema gnoseologico preso
nelle sue parti, come nel suo insieme.|
4. ORIGINALIT DELLA GNOSEOLOGIA TOMISTICA
Stando cos le cose, pare fondata la conclusione che una teoria della cogitativa il fulcro della gnoseologia
tomista: lo dir meglio il seguito di questa ricerca. Sorprende perci non poco il fatto che la cogitativa
pressoch ignorata dai Neoscolastici, e forse questa non lultima ragione perch, dopo essersi tanto arrabattati
attorno al problema gnoseologico, non ne abbiano spesso cavato frutti corrispondenti a tanto sperpero di
energie, ed ancor oggi tale problema sia ancora in alto mare
53
.
Ci si accontent di parlare di senso comune, fantasia e memoria, quando non si ritorna con gli Aristotelici
moderni alla concezione di un unico senso interno, dotato di varie funzioni. Questa corrente semplificatrice
alleccesso ha preso lindirizzo dal Suarez
54
, il quale anche per questo resta sotto linflusso di Scoto e del
Nominalismo: dal punto di vista metafisico questattitudine antitomista di Suarez e Scoto si fonda
sullimpugnazione da essi fatta alla dottrina tomista della specificazione delle facolt dai loro oggetti formali.
Ma di questo basti il solo accenno.
Consideriamo per un istante la difficolt del Suarez alla teoria tomista della cogitativa:
Cogitativam multi putant esse potentiam sensitivam propriam hominis valentem ratiocinari circa
particularia et componere atque dividere: hoc tamen excedit limites virtutis sensitivae, ut supra dixi. Cogitativa
ergo nihil aliud significat, quam ipsammet potentiam sensitivam interiorem, discernentem inter conveniens et
inconveniens, prout speciali quodam modo in ho|mine existit... quia non ex solo instinctu naturae, sed etiam ex
nobiliori cognitione et experientia, ac saepe etiam a ratione dirigitur
55
.
Non diversamente di quanto usa fare in metafisica, anche in gnoseologia il Suarez maneggia con disinvoltura
il rasoio di Occam: la funzione della cogitativa detta assurda insieme e superflua. Ma che tale posizione
dellAn-gelico non sia assurda lo mostra la sua poderosa teoria sulla partecipazione che forma il substrato
intimo del suo realismo, come si detto: la mancanza, tanto in Scoto come in Suarez, di una metafisica della
partecipazione, stata finora poco considerata da quanti sinteressano allo studio dei sistemi scolastici nei loro
rapporti con il Tomismo.
Circa, poi, la indicata superfluit della cogitativa, il Suarez rivela quanto si sia distaccato dalla autentica
tradizione aristotelica, che ha trovato in Averro lo scrutatore geniale di queste delicate funzioni della psiche.
Notiamo che la soppressione della cogitativa rende impossibile la preparazione dei fantasmi necessar
allintendere, sia per il contenuto, come per la continuazione che devono avere con lintelletto nel processo di
oggettivazione.
Per il contenuto. Tutti i fantasmi sarebbero dello stesso contenuto; non riferirebbero cio che i dati dei sensi
esterni, i sensibili propr e sensibili comuni, le superfic qualificate dei moderni: nessuna distinzione fra
formae e intentiones.
a) In tali fantasmi sarebbero presenti solo i dati neutri spazio-temporali, senzalcun apprezzamento di
valore concreto e senza la strutturazione interiore delle intentiones decem praedicamentorum onde si ha la
rappresentazione di una sostanza individuale, il figlio di Diares o lamico mio.
b) Tali contenuti ontologici di valore, dal momento che vengono negati al senso, devono esser riservati
in proprio allo intelletto: cos pensa espressamente il Suarez e con lui quasi tutti i moderni
56
. Lintelletto li
troverebbe con lastrazione?| Solo che nella posizione del Suarez lintelletto, che si trova di fronte ai fantasmi
delle sole superfic qualificate, non li pu trovare perch non ci sono. Esso allora deve creare senzaltro i
propr oggetti: aperto cos lo hyatus fra sensibilit e intelligenza, ed piccante che questa, che malattia
cronica del pensiero moderno, abbia delle radici scolastiche tanto palesi.
Quanto alloggettivazione. Se i contenuti universali dellintelletto umano devono avere una corrispondenza
nella realt concreta per esser detti oggettivi, si deve supporre possibile una verifica od oggettivazione dei
contenuti universali nei dati di esperienza. Tale verifica ha per intermediario il fantasma. Ma se il fantasma, che
riferisce di per s soltanto i dati spazio-temporali, lasciato intrinsecamente eterogeneo ai contenuti intelligibili,
non si sa pi in base a quali fondamenti un concetto universale sia da oggettivare in questo e non in quel
fantasma. Lunica via legittima, per la giustificazione fenomenologica delloggettivit, che lintelletto possa
percorrere in senso inverso, dallalto verso il basso, la medesima via che la sensibilit per la sua spinta naturale
ha percorso dal basso verso| lalto: una tale ordinazione noetica della sensibilit incomprensibile allinfuori
della teoria tomista della cogitativa.
Restano, come espedienti pratici per uscire dimpaccio, la associazione delle idee diciamo imagini e la
funzione del linguaggio, per cui si dovrebbe appiccicare, dal di fuori, ad una immagine un concetto e viceversa:
espedienti pratici e nominalismo piatto che meritano di essere francamente denunciati.
La semplificazione suareziana, accettata ingenuamente anche da qualche tomista
57
, che ha una prima radice
metafisica nel rifiuto di una teoria della partecipazione, ne ha una pi prossima nellambigua nozione di atto e
potenza e pi propriamente di materia e forma. Il Suarez, contro S. Tommaso, daccordo con Scoto e, per lui,
con la tradizione agostiniana che resta nei secoli lavversaria implacabile del Tomismo, ritiene che la potenza
dotata, come tale, di un certo atto tanto nellordine formale, come in quello entitativo. Con questo principio
connessa laffermazione che la materia, non essendo pi la potenza pura tomista, non pi ostacolo assoluto
alla nostra conoscenza, onde pu esser conosciuta nel suo contenuto concreto; e lindividuo che dato dalla
composizione di una forma nella materia, per il fatto che la materia conoscibile, pu esser conosciuto in s,
immediatamente dallo stesso intelletto. A che pro allora lambiccarsi il cervello in teorie astruse quando il tutto
pu essere evidente in modo assai pi semplice?
Il valore speculativo che S. Tommaso attribuisce alla cogitativa non poggia sulla dottrina astratta chessa
una tale e tale facolt, realmente distinta tanto dallintelligenza come dagli altri sensi,... ma sui princpi, per i
quali postulata la sua| particolare funzione. Se la si pone anche come facolt a s, non per unespediente di
pigrizia frequente nei teorici delle facolt dell800 francese contro i quali insorto il Taine ma per la
ragione che una volta riconosciuta la specificit di una funzione, bisogna far corrispondere ad essa un principio
prossimo proporzionato, poich una fonte dar sempre acqua di una medesima qualit.|


CAPITOLO QUINTO

FUNZIONI DELLORGANIZZAZIONE SECONDARIA: LO SCHEMATISMO
SOMMARIO. Lorganizzazione dellesperienza: lo schematismo a priori (Kant). Lo schematismo a posteriori: lo schematismo
analitico (R. DAllonnes, Burloud); schematismo genetico (Piaget, Janet). Teoria aristotelica di una genesi degli schemi: la teoria
della epagogh, la teoria tomista e gaetanista, schematismo kantiano e schematismo tomista.
1. LORGANIZZAZIONE DELLESPERIENZA: LO SCHEMATISMO A PRIORI (KANT)
Lesplorazione progressiva del problema percettivo ci ha portati, da diversi punti di vista, a ritenere
essenziale la distinzione fra organizzazione primaria ed organizzazione secondaria nella percezione sensoriale.
risultato pure che tale distinzione non suggerita dalla sola diversit dei contenuti, ma anche dal predominio
fenomenologico che pu avere la secondaria sulla primaria, in quanto che la prima ordinata per natura a
subordinarsi alla secondaria (costanza percettiva e funzione strutturante del significato). Nel divenire fisico del
processo lorganizzazione primaria che va riconosciuta immediata (i sensibili comuni come sensibili per se).
Segue la funzione di discriminazione e unificazione del senso comune. Per il fatto che qualsiasi contenuto
sensoriale non meno dato al senso comune di quanto lo sia al proprio senso, e per il fatto, che ne deriva, che
i contenuti di tutti i sensi sono com|presenti e compercepiti dallidentico senso comune, aperta la possibilit
che in esso tali contenuti si possano integrare, amplificare e correggere.
Mentre nel primo momento i sensibili comuni sono le qualit percettive in quanto date da oggetti estesi ad
un organo parimenti esteso, nel secondo momento che sinizia con il senso comune si ha la stabilizzazione dei
contenuti fenomenali per via soprattutto di una particolare apprensione di valore che li possa differenziare,
facendoli passare da contenuti neutri in contenuti con significato ed avviandoli cos alla trattazione razionale
della scienza.
Questa integrazione, che caratterizza il secondo momento dellelaborazione percettuale, si pu iniziare
spontaneamente per il solo succedersi delle esperienze. Tale strutturazione spontanea ha dei limiti molto stretti
ed in questa fase che possono avere una funzione notevole i processi fisiologici intorno ai quali per ben poco
si pu dire di fondato; alla strutturazione costruttiva degli oggetti devono prender parte funzioni di ordine
superiore, bench non siano da dirsi propriamente intellettive.
Questo secondo momento, toccato parzialmente nelle teorie della memoria primaria dello Stumpf, della
fantasia di Palagyi, trova una posizione teoretica adeguata nella teoria, adombrata da Aristotele e sviluppata
dalla tradizione averroista e tomista, intorno alla cogitativa.
Dopo il cenno dottrinale che ne abbiamo dato, restano ora da prospettare i problemi e le direzioni principali
che tale teoria pu aprire per un realismo moderato.
La critica alla Gestalttheorie aveva mostrato che lesperienza passata non resta (sempre) estranea, ma ha un
valore strutturante e che essa esercita questa funzione per via del significato. Riteniamo pure come acquisito,
nella psicologia pi moderna e nella filosofia aristotelica, che il significato concreto precede lastratto, cosicch
la funzione della cogitativa precede e condiziona quella intellettiva. Resta ora da vedere quali siano le
condizioni per lo svolgersi di tale funzione.
La cogitativa, che detta ragione particolare, ricava il| significato concreto degli oggetti per un processo di
valutazione che abbraccia insieme le condizioni attuali e le condizioni passate delloggetto. Ma lesperienza, nel
succedersi dei suoi atti, o pare che dovrebbe essere multiforme e puntiforme e non permette quella
valutazione, perch questa suppone lidentit fenomenale delloggetto nel presente e nel passato, che
lesperienza puntuale impotente da sola ad assicurare.
Si deve quindi riconoscere che i contenuti rappresentativi per il fatto che procedono dallindistinto al
distinto attorno ad un nucleo permanente delloggetto non rimangono in s chiusi ed isolati, ma si integrano in
un contenuto che tutti li riguarda e li riassume sinteticamente e che si riproduce come tale ad ogni nuova
esperienza. Lintegrazione che qui interviene ben diversa da quella che pu esser data dallassociazione delle
idee; nella percezione il contributo dellesperienza passata tende alla realizzazione fenomenale del significato
come un tutto qualificato e immediatamente dato: lassociazione uno dei fattori secondar della percezione,
non quello primario che lincorporazione del significato.
Io vedo che una persona un mio amico, senzalcun ricorso esplicito alla memoria, bench certamente io
possa dire di vedere una tal figura in quanto uomo e pi ancora in quanto un amico solo in base
allesperienza passata. Nel rendimento attuale della percezione non sono semplicemente ritenuti i caratteri
comuni degli oggetti sperimentati, e lasciati da parte i propr; piuttosto si trovano solidificati quelli costitutivi
e perduti quelli accessor.
Chiamo leffetto di questa solidificazione discriminativa schema per-cettivo
1
. Diciamo allora, sia pur in
via provvisoria, che latto di percezione di una coscienza matura consiste nellanimazione dello schema
percettivo e nella realizzazione dei suoi contenuti come contenuto di esperienza attuale. Le attuazioni
percettive, come ogni manifestazione vitale,| bench siano sempre originali, non si costruiscono mai ex novo
o ex nihilo, ricominciando sempre da capo; ogni atto di percezione va piuttosto considerato in relazione alla
crescenza e alla maturit psichica raggiunta dal soggetto. Lentit di tale crescenza data dal grado di
epurazione dello schema percettivo: la epurazione non pu essere portata a termine che dalla cogitativa, la
quale viene cos a collocarsi, anche fenomenologicamente, al centro della vita interiore.
La dottrina della cogitativa offre poi lopportunit per un confronto pi serrato fra Aristotelismo e Kantismo
e le teorie moderne sorte dal Kantismo di un pensiero vissuto che sta a fondamento del pensiero logico. Il
Dilthey e lo Stumpf, come si detto nellIntroduzione al I Volume, hanno visto il fallimento del Kantismo
nellincapacit in cui esso si trova di incorporare la forma ed il significato alla materia o contenuti
desperienza sensibile. La discussione quindi essenziale.

* * *

stato merito di Kant laver introdotto i termini ed il problema dello schematismo in una teoria della
conoscenza: la sua penetrante impostazione anche la migliore introduzione per lapprofondimento del
problema, come per rilevare insieme i disag della soluzione trascendentale.
Si ammette essenziale il notarlo che Kant accetta integralmente la nozione humiana dellesperienza
sensoriale: alla sensibilit dato un caos od una polvere di elementi sensibili, indistinta ed informe nel
contenuto, una pura materia. La forma o struttura dei dati informi opera della spon|taneit del soggetto.
Questa formazione ha due tappe, una nel campo sensoriale dellintuizione, laltra nel campo della ragione con
la sintesi categoriale. La prima strutturazione avviene per mezzo dellintuizione formativa (Anschauung) di due
forme sensibili, lo Spazio ed il Tempo: dalla Empfindung o affezione causata dallesterno, si passa alla
Warhnehmung o percezione (in senso leibniziano) della sensazione, che il collegamento delle sensazioni
con la coscienza; poi con un atto di sintesi dellapprensione si costruisce la rappresentazione formale
(Erscheinung). In questa, lesperienza ha ormai una certa organizzazione in quanto che in essa la molteplicit
dei contenuti di sensazione formalmente determinata secondo i rapporti possibili di spazio e di tempo. Si tratta
per di unesperienza ancora ideale o fenomenale per via della apriorit che Kant attribuisce alle due forme
dellintuizione.
Perch si possa parlare di esperienza veramente oggettiva, e cio perch la molteplicit dei fenomeni ordinati
nello Spazio e nel Tempo possa essere una molteplicit di oggetti della natura, necessario che la
molteplicit dellesperienza sia sussunta nella sintesi categoriale, puramente intellettiva e di per s
assolutamente a priori. questa unificazione, operata dalla categoria nei dati dellintuizione, che rende
possibile il concepire i rapporti necessar nella realt fisica (possibilit della fisica in generale).
Mentre la funzione delle forme della sensibilit quella di unificare in sintesi uniforme il disperso ed il
caotico, la funzione delle categorie della ragione quella di oggettivare, secondo rapporti necessar, i
contenuti di tali sintesi. Soltanto per mezzo della sintesi categoriale un contenuto dato nella intuizione riceve
una determinazione oggettiva, in quanto viene pensato come un momento necessario nella serie degli altri dati,
determinati a loro volta anchessi riguardo al primo e formanti assieme con esso una unit (determinismo
della fisica classica).
Soltanto in questa sintesi un contenuto di per s soggettivo (dintuizione) diventa per noi un oggetto del
mondo dellesperienza. La sintesi categoriale perci la condizione ne|cessaria, non soltanto della nostra
conoscenza universale del mondo della natura fisica, ma anche della possibilit stessa dellesperienza. Da
questa dottrina Kant cava la nota conseguenza che non possiamo pensare alcun oggetto se non per categorie, e
non possiamo conoscere alcun oggetto pensato se non nelle intuizioni che corrispondono a quei concetti (le
categorie). Le categorie senza intuizione sono vuote e la esperienza da sola cieca, onde la conoscenza
oggettiva valida soltanto nellapplicazione di una categoria ad un contenuto desperienza intuitiva o
sussunzione di questa in quella (B, P. II, lib. I, 26, 151-152).
Siamo giunti al momento cruciale del kantismo. Nel dualismo di empirismo e razionalismo, che Kant ha
riassunto in s dalla filosofia precedente, i concetti puri dellintelletto paragonati alle intuizioni empiriche
(anzi sensibili, in generale) sono affatto eterogenei e non possono trovarsi mai in una qualsiasi intuizione. Or
com possibile la sussunzione di queste sotto di quelli, e quindi lapplicazione delle categorie ai fenomeni?
(B, 159).
La posizione del problema ha un valore universale e simpone per ogni gnoseologia che non voglia legarsi
mani e piedi al monismo.
qui che Kant, con profondo intuito, escogit lo schema quale terzo termine che devessere omogeneo da
un lato con la categoria, e dallaltro col fenomeno, onde sia possibile lapplicazione di quella a questo. Tale
rappresentazione intermedia devessere pura (senza niente di empirico) e tuttavia, da un lato, intellettuale,
dallaltro sensibile. Tale lo schema trascendentale
2
.
Kant precisa la natura dello schema considerandolo come una determinazione della forma del senso interno,
il tempo, che perci la condizione formale per lunificazione di tutte| le rappresentazioni. Ora una
determinazione trascendentale di tempo omogenea alla categoria (che ne costituisce la unit) in quanto
generale, e poggia sopra una regola a priori. Ma, dallaltro lato omogenea al fenomeno, in quanto il tempo
contenuto in ciascuna rappresentazione empirica del molteplice. QUINDI unapplicazione delle categorie ai
fenomeni sar possibile mediante la determinazione trascendentale del tempo, la quale, come schema dei
concetti dellintelletto, media la sussunzione dei fenomeni alla categoria (B, 160).
Gli schemi, per questa via, vengono agganciati esplicitamente alla priori mentale, in quanto nel
manicheismo gnoseologico di Kant ogni ordine dellesperienza ha la sua fondazione nella funzione sintetica
della ragione. Gli schemi non sono perci che una risonanza dallalto in basso dei concetti puri a priori
nella sensibilit. I concetti puri a priori, oltre alla funzione dellintelletto nella categoria, debbono pure
contenere a priori condizioni formali della sensibilit (specialmente del senso interno), che costituiscono la
condizione generale secondo la quale la categoria pu esser applicata ad un oggetto qualunque. Lo schema di
un concetto questa condizione formale e pura della sensibilit, alla quale si restringe il concetto dellintelletto
nel suo uso, e schematismo dellintelletto puro il modo di comportarsi dellintelletto con questi schemi. Lo
schema non perci una immagine, ma piuttosto la rappresentazione di un metodo per rappresentare una
molteplicit, secondo un certo concetto, in una immagine: schema di un concetto la rappresentazione di
procedimento generale onde la inaugurazione porge a esso concetto la sua immagine (B, 161)
3
.
Mentre limmagine un prodotto della facolt empirica| della imaginazione produttiva, lo schema dei
concetti sensibili un prodotto e, per cos dire, un monogramma della imaginazione pura a priori, per il quale e
a seconda del quale le immagini cominciano ad essere possibili. Il rapporto dellimmagine allo schema
analogo e subordinato a quello che ha lo schema al concetto: lo schema per assai pi vicino al concetto, nel
contenuto e nella funzione, che non allimmagine che esso schema rende possibile.
Lo schema, quindi, di un concetto puro intellettuale qualche cosa che non si pu punto ridurre a immagine;
esso altro non che la sintesi pura, conforme ad una regola dellunit (secondo concetti in generale), quale
espressa dalla categoria ed un prodotto trascendentale dellimmaginazione, riguardante la determinazione del
senso interno in generale, secondo le condizioni della sua forma (il tempo) in rapporto con tutte le
rappresentazioni, in quanto queste devono raccogliersi a priori in un concetto conformemente alla unit
dellappercezione (B, 162).
Lo schematismo dellintelletto per le categorie la sola vera condizione che d ad esse una relazione con
oggetti, e quindi con significato (B, 165); perci le categorie senza schemi sono soltanto funzioni
dellintelletto per i concetti, ma non rappresentano per s nessun oggetto.
Kant esemplifica: il numero lo schema puro della quantit; lo schema della sostanza la permanenza del
reale nel tempo: sostrato che perci rimane, mentre tutto il resto muta; lo schema della causa il reale a cui, una
volta che esso sia posto, segue sempre qualche altra cosa: esso consiste adunque nella successione del
molteplice, in quanto sottoposta ad una regola (B, 163).
Cosicch alla fine, lo schema propriamente solo il fenomeno e il concetto sensibile di un oggetto in
accordo con la categoria (B, 165). Onde si ha che gli schemi da un lato realizzano le categorie, cio le
riferiscono alla realt empirica; dallaltra invece le restringono a questa stessa realt, cio alla sfera dei
fenomeni.
Queste, in unesposizione un po pedante, forse, ma non| inutile, le linee maestre dello schematismo
trascendentale che ha tormentato non poco gli esegeti del Kantismo.

* * *

Qualunque possa essere la consistenza intrinseca, va riconosciuto che lardua dottrina dello schematismo il
massimo sforzo fatto da Kant per raggiungere il realismo; alcuni, anzi, vedono in questa dottrina il fulcro del
superamento fatto da Kant sopra lo scetticismo di chi laveva svegliato dal sonno dogmatico (Hume).
La teoria kantiana sulla fantasia pura ha un significato gnoseologico, pi che psicologico. Laccent, dice
giustamente il CASSIRER, nest pas mis sur le problme de la gense psychologique, mais sur celui de la
signification objective (411). Anche nella teoria di Hume, la fantasia occupa una posizione centrale. su di
essa che riposa la nostra credenza alla regolarit della natura, alla connessione fra causa ed effetto, alla durata
delle cose oltre la loro percezione attuale: il fatto di questa credenza Hume non lha mai negato, solo che non
riuscito per alcuna via a giustificarlo. Di qui il suo scetticismo che considera la immaginazione come la sorgente
di tutti gli errori e le illusioni, per cui la stessa nostra vita non che un tessuto pi o meno coerente di illusioni.
a questo punto, secondo il Cassirer, che interviene la soluzione kantiana. Essa vuol liberare dallo
scetticismo di Hume non solo lintelletto, ma anche limmaginazione: vuol mostrare che limmaginazione non
esclusivamente distruttrice o deprimente, ma anche costruttrice, che essa limmaginazione produttrice e
regolante
4
. A questo tende la teoria degli sche|mi, poich essa mostra che limmaginazione, lungi dal falsificare
le immagini degli oggetti, , al contrario, indispensabile per porre la determinazione oggettiva come tale. In
Hume la immaginazione era abbandonata a se stessa e non poteva fondare la verit; per Kant, invece, la verit
non consiste nella sola percezione immaginativa, ma nel sistema, nel contesto dellesperienza in quanto
soggetto a leggi universali.
Lapologia del Cassirer ha messo in chiaro loriginalit della posizione kantiana e la necessit dello
schematismo per una teoria adeguata della conoscenza, ma non dissipa i gravi dubb che pesano su tale
posizione.
Ed il dubbio pi grave quello che lo schema kantiano, il quale deve mediare fra i contenuti della sensibilit
e quelli dellintelletto, di tale natura che non potr esercitare mediazione alcuna, e ci per la semplice ragione
che lo schema kantiano non possiede i caratteri del mediatore. Ogni mediatore, in qualsiasi ordine, in tanto pu
esercitare la sua funzione in quanto pu comunicare con le parti. Nella mediazione morale tale possibilit di
comunicazione fondata sul fatto che il mediatore riesce accetto ad ambedue le parti; nella mediazione
metafisica e gnoseologica la possibilit di comunicazione data dalla somiglianza che ha il mediatore, sia con
luna come con laltra delle parti.
Lo schema percettivo che ha da collegare i dati della sensibilit con le leggi dellintelligenza, deve realizzare
in s in qualche modo i caratteri della sensibilit e dellintelligenza. Lo schema kantiano viene meno a questa
esigenza, per il fatto che esso trascendentale, cio indipendente dallesperienza; esso, non meno della
categoria, un frutto della spontaneit della ragione; ai dati di esperienza, che restano sempre caotici, esso,
come la categoria, saggiunge dallesterno. Per il fatto che in Kant lo schema ha una sola origine, quella
dallalto in basso, si deve concedere anche ad esso, come alla categoria, una funzione sintetizzante autonoma
che annulla ogni possibilit di mediazione; e non solo lintelletto non arriva neppure per lo schema a toccare la
realt, ma non si sa neppure se logicamente si possa dire che viene a toccare il fenomeno, intenden|do per
fenomeno un contenuto che dato in qualche modo e non puramente costruito dal soggetto
5
.
Lo schema kantiano non pu aprire lo sguardo mentale sul concreto, n oggettivare le categorie: il Kantismo
deve morire di autofagia e gli Idealisti hanno avuto ragione, dal punto di vista della coerenza dei princpi, a
spingere oltre il principio della priori. Quando il Lachize-Rey osserva che lesercizio dellattivit percettiva
obbedisce ad una traiettoria e che bisogna distinguere una traiettoria realizzante da una traiettoria
realizzata la prima, immanente al movimento organizzativo e struttura informante dellatto percettivo, la
seconda, risultante dalla prima e che la traiettoria realizzante lo schema kantiano, si pu anche convenire
6
.
Resta sempre, per, la questione cruciale del come si origini quel movimento dorganizzazione intrinseca che
proprio dello schema, e quale sia il rapporto fra lorganizzazione immanente al processo sintetico del soggetto
con quella che si ritiene competa alloggetto, come tale.
vero, come osserva il Gancikoff, che Kant ha cercato di evitare questa difficolt, realizzando lunit
sintetica della esperienza, nello schema del TEMPO. Se non che lo stesso tempo una forma soggettiva: come
pu la categoria oggettivarsi negli schemi resi possibili da una forma soggettiva? E poi, il tempo non esaurisce
loggettivit, anzi si deve dire che neppure la tocca
7
. I momenti della esperienza rimangono puramente formali e
non sono determinabili dal punto di vista dellessenza stessa delle cose per il fatto che non si distinguono| luno
dallaltro se non secondo lordine (estrinseco) della successione di A a B e B a C. La loro oggettivit dipende
esclusivamente dalla necessit del loro ordine nello schema temporale dellesperienza; ma questa necessit non
che una necessit puramente soggettiva, una necessit contenuta a priori, come la condizione trascendentale
dellattivit sintetizzante della coscienza
8
. Essendo cos determinati solo formalmente, e per dir meglio descritti,
fissati nellordine del tempo, questi oggetti non possono dare nulla per la definizione del carattere intrinseco
della serie stessa. Anche la serie tutta, ossia tutta la possibile molteplicit dei rapporti che la formano, rimane
determinata soltanto formalmente ed esteriormente, cio come molteplicit di rapporti di permanenza (sostanza),
successione (causa); e quando Kant li chiama rapporti di sostanzialit, di causalit, ecc., egli adopera dei termini
che nel suo sistema non hanno pi e non possono pi avere il loro significato reale. In particolare, il tempo,
inteso come forma pura ed ideale della coscienza, rivela la continuit del processo della coscienza, ma non
contiene nulla di positivo, di concreto, nessuna nota di qualche forza reale, di qualche energia determinante;
altrimenti esso non potrebbe essere una forma pura.
Daltra parte non si comprende perch K. sia ricorso solo al tempo e non anche allo spazio per lo
schematismo; che anzi il continuo fenomenale, che tanta parte ha in questa materia, appartiene in modo pi
evidente ed incontestato allo spazio che al tempo, ed anche per questo la sua costruzione, davvero troppo
geometrica per esser vera, riesce inadeguata nei riguardi della stessa analisi fenomenologica. Infine, il tempo
non si riferisce meno al durare dei fenomeni esterni che di quelli interni
9
.|
Comunque nella sua teoria dello schematismo Kant si rassegna a dichiarare che non si pu cogliere la vera
sostanzialit, il contenuto costruttivo essenziale della cosa, che la determini come tale e perci debba permanere
in essa, mentre tutto il resto cambia. Si tratta solo di determinare ci che permane nei cambiamenti successivi
delloggetto e di ritenere questo sostrato permanente come sostanza, che perci non sar mai altro che il sostrato
della rappresentazione empirica del tempo stesso, che permette di fissare ogni altro rapporto col tempo. Cos
anche per la causalit: si tratta sempre per K. di stabilire la necessit di una successione nel tempo, che appunto
in ragione di questa sua necessit determina il carattere causale del rapporto, cosicch la causa reale non si
coglie mai. Anzi per la causa K., a mio parere, fa un passo indietro rispetto a Hume, che aveva distinto de jure
fra causalit e mera successione, mentre K. per via della funzione attribuita al tempo nello schematismo
ricade nellerrore di confonderla e di annullare doppiamente il contenuto reale di questa cos importante
nozione. Carattere esclusivamente intellettuale del tipo fisico-matematico e riduzione a funzioni temporali: ecco
i due segni dellinsufficienza dello schematismo kantiano. Sotto ambedue gli aspetti sempre allintelletto che
tocca la parte del leone. Un leone per che mangia a vuoto!
Dobbiamo perci negare che sia possibile costruire lesperienza concreta in base allo schematismo kantiano,
per il fatto che in alto esso trascendentale, in basso sannega nella vuota e neutra formalit del tempo. In
una teoria dello schematismo, occorre postulare una doppia facolt di sintesi a posteriori, lorganizzazione
primaria e quella secondaria, entro le quali, sotto la direzione, non limposizione, della mente si formi lo schema
al quale competono veramente gli importanti compiti che K. ha avuto il merito di prospettare.|
2. LO SCHEMATISMO A POSTERIORI
a) Schematismo analitico (Revault dAllonnes, Burloud)
Fu lavvertimento kantiano che spinse gli Empiristi alla concezione di uno schematismo a posteriori. Nella
posizione empirista lipotesi pi semplice era di supporre che gli schemi si venissero costruendo da s,
meccanicamente, quasi per un indurimento del contenuto desperienza. Le cosiddette immagini comuni o
generiche del Galton sono forme di schemi empirici ottenuti per la soppressione dei caratteri propr degli
oggetti secondo lanalogia delle fotografie composte. J. St. Mill, rifacendosi al Comte, aveva prospettato
qualcosa di simile. Il Taine a volte, seguendo la logica dei problemi, afferma la necessit dello schematismo, ma
accorgendosi poi che esso insostenibile nel fenomenismo, ritira la prima affermazione per rifugiarsi nella
immagine residuo
10
.
Ha dato una teoria completa dello schematismo (a posteriori) il REVAULT DALLONNES, il quale, alla vista
del disfacimento della psicologia classica compreso il sensismo motorio-affettivo del grande maestro che fu il
Ribot opt per una teoria che collegasse assieme lorganizzazione motoria con quella conoscitiva. In questa
ricerca egli giunse, per vie diverse, a risultati molto affini a quelli della Gestalttheorie
11
.
La base di ogni comportamento o situazione psichica non limmagine comune o la costellazione, ma
sempre uno schema; lo schema a sua volta sorge dalle condizioni sociali e dalle disposizioni individuali native
od acquisite, permanenti o transitorie con le quali ci avviciniamo ad un oggetto o risolviamo una situazione
data.|
Lo schema perci di una situazione complessa quel procedimento che ce ne rende padroni: a volte esso
fornito da meccanismi fisiologici incoscienti, a volte unoperazione cosciente semivolontaria o volontaria.
unoperazione che mette in rilievo, ritiene, rinforza ed alloccasione fa ricordare alcuni elementi utilizzabili,
mentre trascura e ricaccia nellombra tutto il resto che pu ingombrare.
Mentre Kant aveva concepito soltanto uno schematismo discendente dallintelletto verso la sensibilit, senza
per altro mai raggiungerla, il R. dA. osserva che non meno importante il far luogo ad uno schematismo
inverso, di origine fisiologica e sensoriale, che pu salire verso il concetto, e che pu tanto raggiungerlo come
arrestarsi a mezza via. vero, come dice Kant, che il concetto per oggettivarsi ha sempre bisogno di uno
schema; ma lo schema pu stare anche senza il concetto e fermarsi ad uno stadio anteriore. Un idiota, che ha la
corteccia cerebrale deficiente e che non pu arrivare ai concetti generali ed astratti, schematizza le sue
impressioni sotto le forme intuitive concrete: avanti, indietro, durante, dopo, vicino, alto, basso, movimento,
ritmo, ecc.; percepisce i rilievi e le prospettive; discerne molti oggetti ed alcune persone: interpreta praticamente
alcuni gesti, come di minaccia, di benevolenza...: tutto ci un certo anticipare e quindi un subire la influenza di
schemi (B, 163-164, e 258).
Kant, per lerrore metodico di procedere dallalto verso il basso, non s accorto che la dottrina degli schemi
avvia naturalmente ad una teoria genetica delle idee generali, secondo la quale lo schema una flora dalle forme
molteplici, di cui anche se molte possono non rassomigliare al concetto ed altre esserne la caricatura, altre
invece si presentano come quasi concetti o pre-concetti dei quali luno o laltro pu causare senzaltro il
concetto. Il nucleo di una teoria delle forme dinamiche della vita (amore, odio, speranza), come delle sue forme
teoretiche (idea, giudizio, raziocinio, scienza, religione...) dato da una teoria degli schemi, ed da lamentare
assai che la psicologia sia ancora alla b c di questa ricerca. I risultati pi consistenti in materia sono dovuti allo
stesso R.| dA. per la vita gi formata, al Rey e soprattutto al Piaget per la vita infantile.
Il R. dA. concepisce lo schema come una condensazione, unabbreviazione psichica riassuntiva in modo
unitario della esperienza passata e adattata alla recezione della esperienza futura.
Lo schema ha la funzione di operare nel presente e ad esso dovuto leffetto percettivo, cio il particolare
modo di apparire degli oggetti alla coscienza. La caratteristica delle svariate forme di effetti percettivi che
certe componenti, le quali di per s appartengono al passato, sono presentificate in tal modo e fino a tal punto
con tale esagerazione che sono spogliate di ogni apparenza del passato e del non attuale e rese indiscernibili
dal puro attuale dato. Si pensi al rilievo stereoscopico per gli effetti elementari, e ad una caricatura per
gli effetti pi complessi. Lincorporazione dei contenuti di esperienza passata a quelli attuali spesso cos
completa, cos stretta, che si trovano, gli uni e gli altri, sullo stesso piano di attualit fenomenale. Di qui la
difficolt pratica di distinguere nella percezione ci che di fatto attualmente dato da ci che ad essa viene
incorporato, e deve trovarsi qui la ragione del doppio fatto che la nostra percezione si trova di solito
nonostante la frammentariet dei dati adeguata alloggetto, come del fatto contrario che la percezione
illusoria, cio il superamento delloggetto oltre i limiti della realt (B, 186).
Dalla minuziosa analisi del R. dA. riteniamo che si dnno nella percezione effetti normali ed effetti
patologici; rientrano in questi ultimi le illusioni psicopatiche e le allucinazioni di cui si occupa la frenologia.
Pi importanti per il nostro argomento sono gli effetti normali di cui il R. dA. ha tentato di dare una
compiuta classificazione (B, 191 e segg.).
Distingue egli anzitutto gli effetti normali in percezioni adeguate cio veritiere, e percezioni inadeguate
ovvero illusioni normali.
Le percezioni adeguate possono fondarsi principalmente| sul funzionamento dellapparato psicofisico
periferico e centrale, e si hanno allora le percezioni psico-sensoriali: esempio tipico, leffetto stereoscopico.
Oppure le percezioni adeguate suppongono un riferimento esplicito alla vita del soggetto ed al tempo (passato e
futuro): in questo caso lintegrazione e presentificazione eminentemente di natura psichica. Parimenti per le
percezioni inadeguate od illusorie, vi sono illusioni normali psicosensoriali: esempio, il bastone mezzo immerso
nellacqua che appare, al limite dei due mezzi, deviato di direzione queste illusioni restano incorreggibili; vi
sono anche illusioni normali psichiche, come quella di un tempo vuoto che appare pi lungo di un tempo
pieno. Classificazione bimembre che coincide sostanzialmente con la nostra di organizzazione primaria ed
organizzazione secondaria; od almeno esse sono molto affini. Ecco la classificazione degli effetti proposta dal
R. dA. (B, 191):






Questi primi risultati permettono una critica sostanziale alla teoria empirista (St. Mill, Galton) circa la
percezione delle relazioni, in particolare di quella di somiglianza che ne il centro. Secondo St. Mill, la
somiglianza altro non che una identit parziale: si dicono somiglianti due (o pi) oggetti che mostrano alcuni
tratti identici, altri restando diversi. Sta il fatto, invece, che possono esser percepiti come somiglianti anche
oggetti che, esaminati punto per punto, non presentano alcun tratto comune identico: anzi da dubitare assai se
si dia alcun oggetto in natura lasciamo da parte gli oggetti artificiali che soddisfi alla teoria milliana di
realizzare in tutto od in parte una vera identit di carattere. I membri di una famiglia,| plaga, nazione, razza
sassomigliano sempre, poco o tanto, bench ad un esame pi accurato ciascun carattere di ogni individuo
presenti qualche dissomiglianza con il carattere della parte omologa negli altri individui.
Perci, nelle condizioni ordinarie della percezione di somiglianza, non si tratta propriamente
dellapprensione di una identit parziale, non avendo di solito n il tempo, n i mezzi per controllarla: ci si
accontenta di una somiglianza approssimativa e due approssimazioni hanno un interesse percet-tivo maggiore
di una identit parziale reale. Lapprensione percettiva di somiglianza non procede dallesame dettagliato delle
parti, ma abbraccia subito loggetto nel suo insieme e lo riferisce ad un altro oggetto che stato, od , parimenti
appreso nel suo insieme. Ci che costituisce la somiglianza percettiva non tanto la somiglianza bilaterale di
parte a parte, ma piuttosto la somiglianza proporzionale fra il modo di organizzarsi delle parti di un tutto con
quella di un altro tutto (B, 199).
lapprensione di somiglianza proporzionale che sta alla radice del pensiero concreto dellarte e della
tecnica e che spesso il fondamento proprio dei processi di astrazione: si pensi fra laltro allarchitettura
moderna, alla pittura futurista, alla forma musicale dei poemi sinfonici per rendersi conto della parte
preponderante che vengono a prendere gli schemi nelle manifestazioni esteriori della vita contemporanea.
Lapprensione della somiglianza proporzionale, che altri psicologi, p. es. il Piaget, chiamano assimilazione,
pu avvenire in varie direzioni secondo che di fatto il contenuto di un senso che predomina o quello di un
altro: in questi casi di dominanza percettiva, gli attributi di una regione sensoriale sono attribuiti ai contenuti
delle altre, cos si parla di colori caldi e freddi, di suoni bassi ed alti, morbidi, aspri... (B, 204). In questi casi si
ha che lo schema percettivo eterogeneo, per qualche affinit che presenta in modo non sempre cosciente od
analizzabile, si sovrappone secondo il R. dA. io direi penetra i dati attualmente percepiti appartenenti ad
altra regione sensoriale, ne d uno schizzo che una inter|pretazione secondo la quale il complesso sensoriale
attualmente percepito prende un significato pi denso ed unitario ad un tempo. La psicologia classica parlava in
questi casi di sinestesie; in realt, oltre al fatto della sinestesia, corrispondente alla funzione dellaristotelico
senso comune, vi concorrono fattori di ordine superiore se non dintelligenza astratta, almeno dintelligenza
concreta (B, 204).

Finora si detto degli schemi, in rapporto alla percezione sensoriale, ma non meno importante la funzione
degli schemi nel pensiero astratto e sistematico. Oltre gli schemi sensoriali, si danno anche gli schemi razionali.
Sono quelli che stabiliscono il fondamento per le relazioni astratte e generali; essi considerano gli oggetti ed i
soggetti sotto il rapporto di numero, genere, relazione, azione...; cos, perci, includono delle relazioni nelle
relazioni, degli schemi negli schemi e nelluomo spesso saccompagnano ai segni simbolici e al linguaggio. Si
deve per ritenere che ben prima dellapparizione dei segni simbolici della logica verbale, ben prima
dellorganizzarsi della parola in proposizioni, esiste una logica immaginativa, muta o inverbale, certamente assai
limitata ma che gi, in precedenza e senza laiuto del linguaggio, crea ed elabora, almeno fino ad un certo punto,
il numero, il concetto, lidea che non sono ancora lidea concettuale, il giudizio, il discorso inferenziale. Si vuol
dire che, alla base della ideazione verbalizzata, esiste una ideazione per via di effetti psico-sensoriali e
psichici, cio una ideazione inverbale per schematizzazioni immaginative. Si d cio una zona psichica infra-
concettuale nella quale sorgono, si agitano e vivono numeri, ritmi, concetti immaginativi inverbali, giudiz
immaginativi informulati che non sono ancora delle frasi. Anche senza lausilio della parola o di altri segni
propriamente detti, le strutture schematiche inverbali sono da considerarsi veramente razionali, ed anche da sole
possono progredire di molto, bench non tanto come quando saiutano col linguaggio.
Queste strutture razionali immaginative non sono ristrette a delle abbreviazioni intuitive istantanee e
fuggitive, ma si| sviluppano per tappe e concatenazioni successive. Infine, quando interviene il linguaggio e
con esso i contributi del pensiero riflesso si opera una riduzione delle schematizzazioni immaginative, non
tanto per che esse non restino sempre per ogni ideazione la sorgente viva, scoperta o segreta, cosicch si pu
ben dire dal punto di vista fenomenologico puro che lo sviluppo psichico in ogni sua direzione, artistica,
manuale, concettuale..., sempre uno sviluppo di schemi (B, 212, 261)
12
.
Gli schemi compiono di solito una funzione doppia, che apparentemente in contrasto nei suoi due aspetti,
ma che in realt indispensabile alla vita: la mobilit-plasticit e la costanza. Da una parte lo schema ha un
valore costante di realizzazione rappresentativa rispetto alle molteplicit congiunte delle impressioni; dallaltra
lo schema, per la sua indeterminatezza, suscettibile dinterpretazioni ed incorporazioni sempre varie. Gli
schemi poi fra di loro possono sia interferire, come combinarsi, ordinarsi e subordinarsi lun laltro. La forma
esteriore di vita, la classe sociale a cui si appartiene, la pratica professionale hanno i propr schemi, pi o meno
stabili, pi o meno consistenti. Brevemente: lo schema un principio essenziale, anche se non lunico n
sempre il principale, per lattuarsi della coscienza nei suoi oggetti.
Il R. dA. ha fatto uno studio minuzioso, fin troppo, forse, degli schemi propr allidea, al giudizio, al
raziocinio, tracciando tavole e classificazioni molto particolareggiate, che paiono abbastanza attendibili anche
se necessariamente provvisorie. Ha trovato ancora che la dottrina dello schematismo ha avuto conferme evidenti
negli stud recenti di psicologia animale e negli indirizzi pi moderni della pedagogia. A suo parere, la funzione
psichica dello schema assai vicina a quella che la scuola del Wertheimer attribuisce alla Gestalt nel comune
intento di evitare tanto il sensualismo puro come il puro| intelletualismo. Fin dove le due teorie esattamente
coincidono, il R. dA. si rifiuta di dirlo (B, 249). A me pare che la coincidenza non vada pi in l della funzione
strutturale che hanno in comune tanto la Gestalt come lo schema.

A conclusione della sua indagine, il R. dA. presenta due leggi della schematizzazione (B, 25):
1) Ogni capacit si protende al di l del suo campo di applicazione primitivo.
2) Ogni schematizzazione pu, per via dei contributi nuovi dellesperienza, essere rimaneggiata nella
misura permessa dalla plasticit individuale.
Rimane cos chiarito il problema che Kant, Comte e St. Mill avevano lasciato insoluto. Per schematizzazione
non va intesa una semplice degradazione dellideazione logica, e neppure limaginazione sregolata, ma piuttosto
la capacit di effetti regolatori dellattivit psichica intermediaria; mentre limagine, come ha ben visto Kant,
si oppone allidea generale ed astratta, lo schema invece vi conduce. Limmaginazione la fuga, come ha ben
detto Palagyi, dal pensiero puro; lo schema invece, i movimenti virtuali di Palagyi, le organizzazioni del
Musatti..., ne sono lavviamento per gradi che vanno dal concreto allastratto, fino alla sistemazione definitiva
che si fissa nella parola.

* * *

Pi chiaramente del Revault dAllonnes, bench meno diffuso nellanalisi, ha visto nello schematismo
percettivo una critica alla Gestalttheorie il BURLOUD, che concepisce lo schema a modo della Preperception
della psicologia inglese (Ward, Stout, Mc Dougall)
13
. Il B. non solo rigetta il principio dellisomorfismo, ma pur
riconoscendone i meriti sperimentali non segue la Gestalttheorie neppure nellinterpretazione psicologica, a cui
sostituisce la propria psicologia delle| tendenze a sfondo dinamico come quelle di cui diremo fra poco.
proprio vero che la forma inseparabile dalla materia, come vogliono i Gestaltisti?
Bisogna distinguere. Per una prima categoria di forme, le pi semplici, tale inseparabilit un fatto. Vi sono
per altri contenuti percettivi immediati pi complessi e questi suppongono una elaborazione mentale: in essi
forma e materia possono ben esser distinti. Tali contenuti suppongono lesercizio di forze superiori a quelle
operanti nellapprensione delle forme semplici e non possono avere il loro punto dappoggio nel decorrere dei
processi nervosi, ma nel comportamento delle immagini. Le forme semplici sono perci assolutamente
immediate, le forme complesse lo sono fenomenologicamente: psicologicamente e geneticamente esse risultano
da un particolare esercizio dellattivit mentale per cui la forma unita al contenuto sensibile. Questo
particolare processo la percezione, ed il B. riconosce apertamente laffinit della propria teoria con quella di
Benussi (162).
Il principio della vita psichica sempre una tendenza, il suo termine una rappresentazione formata; fra luna
e laltra funge da intermediario la prepercezione: i Gestaltisti hanno avuto il torto di negare lo sviluppo
psichico.
Questa saggia critica stata fatta in modo decisivo dai teorici degli schemi genetici.
b) Schematismo genetico (Piaget-Janet)
1) Il momento descrittivo, in una teoria del conoscere umano, deve continuarsi in un momento
causale che ricerchi le condizioni e le forme dello sviluppo a cui va soggetta unintelligenza, come la nostra,
che legata al tempo ed alla contingenza. Perci qualsiasi teoria dello schematismo rimarrebbe praticamente
sterile, senza un tentativo di ricostruzione delle forme reali del suo divenire. A questo compito tendono la
psicologia comparata e la psicologia infantile: men|tre la prima, per larduit e vastit della materia, si trova
tuttavia in pieno fermento, la seconda, non meno ardua, arrivata a dei risultati pi concordi e soddisfacenti. Ha
interpretato il comportamento infantile con lo schematismo anche Jean PIAGET, che ha potuto operare con la
nozione di schema genetico un confronto molto pertinente con le gnoseologie moderne.
Rigetta il P. tanto la teoria dei riflessi condizionati (Pavlov) come la Gestalttheorie: quella, perch tutta
impregnata di associazionismo, questa, perch ha trascurato lo sviluppo dellintelligenza. Lo sviluppo psichico
si organizza in virt di schemi percettivi attivi, diciamoli schemi di assimilazione, dando allassimilazione
infantile una portata non dissimile a quella che il Musatti ha riscontrato nella coscienza matura.
In realt lo schema di assimilazione che opera la strutturazione percettiva ed solo lanalisi sperimentale
del processo di assimilazione, esercitata ai primi stad, che ci pu informare del segreto dinamismo
dellintelligenza. Ci che pi importa in una teoria dellintelligenza la ricerca intorno al sorgere ed al
costituirsi degli schemi che costituiscono larmatura del conoscere.
Secondo il P. il processo fondamentale dellintelligenza lassimilazione. Gli schemi conoscitivi, in un
primo tempo, sono effetto dellassimilazione naturale dellintelligenza spontanea; in un secondo tempo
diventano essi stessi, nel processo di sviluppo, princpi di assimilazione ulteriori: gli schemi quindi, per il P.,
come per il R. dAllonnes, stanno al centro dellattivit conoscitiva.
In una teoria genetica, gli schemi hanno una storia. Ci un fatto desperienza e questo fatto costituisce
una difficolt insormontabile per la teoria della forma che non vuol far posto allattivit assimilativa. Tale
teoria consiste essenzialmente in una serie complessa di generalizzazioni e sistemazioni correlative ed ordinate
nel tempo. La teoria della forma non d ragione di queste assimilazioni e generalizzazioni. Dissociata
dallattivit assimilatrice, la struttura percettiva cessa di essere concepita come un giudizio di azione e manca
cos| del dinamismo generalizzatore, proprio degli schemi di assimilazione.
Parimenti la teoria della forma non riesce a spiegare lassimilazione percettiva, i processi di controllo,
correzione, integrazione, accomodazione, che sono essenziali allesercizio dellintelligenza concreta. A ci
provvedono bene, invece, gli schemi di assimilazione, i quali, in quanto restano di continuo soggetti
allaccomodazione, possono dar ragione del passaggio da una forma ad unaltra e dalle forme rozze ed
imperfette a quelle pi elaborate. La chiave di una teoria dellintelligenza concreta e della percezione quindi
una teoria dellassimilazione. Lassimilazione riproduzione (di contenuti) e generalizzazione ad un tempo,
riproduzione in quanto conservazione, e generalizzazione in quanto incorporazione di elementi esclusivi: su
questo che lassimilazione necessariamente la sorgente degli schemi totali o dei tutti organizzati, dal semplice
riflesso fino al pensiero propriamente razionale. Sans assimilation gnralisatrice et sans pouvoir de contrle,
les Gestalt (sic!) conduisent un primat de la perception sur lintelligence, cest--dire un nouvel
empirisme. En opposant trop violemment lintelligence tout ce qui est apprentissage, association ou habitude,
la thorie de la forme risquerait de supprimer lintelligence elle-mme en labsorbant en des structures
perceptives toutes faites ou toutes prpares davance
14
.
Fra le due ipotesi antagoniste, il sintetismo assoluto (Associazionismo) e lassoluto totalitarismo
(Gestaltismo), c posto per una teoria intermedia, quella degli schemi dinamici di assimilazione o
dellintelligenza sensorio-motrice. Un schme nest autre chose, en effet, quun mouvement densemble qui se
reproduit. La totalit rsulte donc de la reproduction assimilative, et ne lui prexiste pas, comme le voudrait la
Gestalttheorie. Dautre part cette reproduction, ne rsulte pas dune association, comme le voudrait la
mtarflexologie: elle rsulte de ce processus, qui dfinit prcisment lassimilation, grce au|quel toute raction
vivante se conserve et sincorpore les lments propres cette conservation (C, 182).
Lidea che ispira la teoria genetica del P. quella di una stretta solidariet fra le varie manifestazioni vitali:
lintelligenza verbale astratta e lintelligenza sensorio-motrice concreta, la coscienza e lazione; solidariet che
si realizza secondo una continuit e interdipendenza di funzioni. Lintelligence verbale ou rflchie repose sur
une intelligence pratique ou sensori-motrice qui sappuie elle-mme sur les habitudes et associations acquises
pour les recombiner. Celles-ci supposent, dautre part, le systme des rflexes, dont la connexion avec la
structure anatomique et morphologique de lorganisme est vidente. Il existe donc une certaine continuit entre
lintelligence et les processus purement biologiques de morphognse et dadaptation au milieu (B, 9).
questo ci che il P. chiama il problema biologico della intelligenza: lintelligenza, come organizzazione
vitale, si rivela essere unadattazione, un caso particolare dellorganizzazione biologica di forma superiore.
Come lorganismo non saprebbe adattarsi alle variazioni ambientali se non fosse gi organizzato, cos
lintelligenza non potrebbe apprendere alcun dato esteriore senza certe funzioni di coerenza (il cui termine
ultimo il principio di contraddizione), di messa in relazione, ecc., che sono comuni ad ogni organizzazione
intellettuale. Anche per il P. adunque, contro il razionalismo kantiano, gli schemi propriamente si sviluppano dal
basso in alto: i contenuti intellettuali sono veramente la ragione propria dello sviluppo psichico in quanto ne
sono il termine naturale, e non perch li precedano nel tempo o li assorbano a sviluppo compiuto. Si vraiment,
en effet, il existe un noyau fonctionnel de lorganisation intellectuelle qui procde de lorganisation biologique
dans ce quelle a de plus gnral, il est vident que cet invariant orientera lensemble des structures successives
que la raison va laborer dans son contact avec le rel: il jouera ainsi le rle que les philosophes ont attribu
la priori, cest--dire quil imposera aux structures certaines conditions ncessaires et irrductibles dexistence.
Seulement on a eu parfois le tort| de regarder la priori comme consistant en structures toutes faites et donnes
ds le dbut du dveloppement, tandis que si linvariant fonctionnel de la pense est loeuvre ds les stades les
plus primitives, ce nest que peu peu quil simpose la conscience, grce llaboration de structures
toujours plus adaptes au fonctionnement lui-mme (A, 11).
Ci pare che non si poteva descrivere in modo pi esplicito la funzione isagogica che ha la cogitativa tomista
nei riguardi dellintelligenza. Il seguire la ricostruzione del P. sostituir, almeno nei tratti essenziali, la
descrizione fenomenologica che lAristotelismo classico non fu in grado di dare.
Guardata dallesterno, lassimilazione conoscitiva si rivela essere unadattazione; considerata dallinterno e
nei suoi risultati, lassimilazione ha propr oggetti e proprie leggi: gli oggetti e le leggi del pensiero considerati
ad uno stadio precedente di maturazione. La nozione di assimilazione-adattazione, applicata allintelligenza
umana, vuol segnalare il fatto che tali oggetti e tali leggi non preesistono, ma sono il risultato dello sviluppo
stesso, dopo averlo permeato, a parte ante, delle proprie esigenze. Lo sviluppo della mente studiato in
concreto, come quello delluovo fecondato, non sta per un preformismo (razionalismo) o per un epigenismo
assoluto (empirismo); ma per un epigenismo moderato che un realismo moderato. Le cose avvengono come se
lattivit biologica si continuasse in quella sensoriale, la sensoriale in quella assimilativa e quella assimilativa
nella intelligenza secondo una reale interdipendenza.
Lorganizzazione, anche nel campo fenomenale, quando arriva, un processo assai complicato di emergenza
di una struttura, emergenza che, a sua volta, il risultato dellequilibrio funzionale raggiunto fra assimilazione e
adattazione. Allinizio lintelligenza si trova occupata, grazie alle adattazioni ereditarie dellorganismo, in una
rete di relazioni fra questo e lambiente. Essa non appare dunque ancora come una capacit di riflessione
indipendente dalla situazione particolare che occupa lorganismo nelluniverso, ma legata anzitutto a degli a
priori biologici; non ha niente di un assoluto indipendente| di natura, ma una relazione, come le altre, fra
lorganismo e le cose. Ora se lintelligenza prolunga cos unadattazione organica che le esteriore, il progresso
dellintelligenza consiste senza dubbio in una presa di coscienza sempre pi penetrante dellattivit
organizzatrice che inerente alla vita stessa, in modo che gli stad primitivi dello sviluppo psicologico
costituiscono solamente le prese di coscienza pi superficiali di questo lavoro di organizzazione. A priori le
strutture morfologico-riflesse osservabili nel corpo vivente, e lassimilazione biologica che il punto di partenza
delle forme elementari dellassimilazione psichica, non sarebbero altra cosa che labbozzo pi esteriore e pi
materiale delladattazione di cui le forme superiori dellattivit intellettuale esprimerebbero sempre meglio la
natura celata nel profondo. Si pu dunque concepire che lattivit intellettuale, partendo da un rapporto di
interdipendenza fra lorganismo e lambiente, o di indifferenziazione fra il soggetto e loggetto, avanza
simultaneamente alla conquista delle cose e alla riflessione su di se stessa, essendo questi due processi di
direzione inversa, ma correlativi. Da questo punto di vista lorganizzazione fisiologica e anatomica si presenta a
poco a poco alla coscienza come esteriore ad essa, e al contrario lattivit intelligente si presenta come lessenza
stessa della nostra esistenza di soggetti. Di qui il rovesciamento che si opera nelle nostre prospettive man mano
che si procede nello sviluppo mentale e che spiega perch la ragione, sia pur prolungando i meccanismi
biologici pi centrali, finisce poi per sorpassarli, ad un tempo, tanto in esteriorit come in interiorit fatte
complementari.
Il P. ha riassunto linterpretazione propria circa lo sviluppo della psiche infantile nei sei stad dello sviluppo
di cui si fatto cenno nella I Parte (Sez. III, c. VI, 3).
Certamente questa classificazione resta sempre artificiale, rispetto al concreto dinamismo della vita; ci che
del resto riconosciuto dallo stesso P., il quale ha voluto con essa indicare solo le tappe pi notevoli dello
sviluppo, le quali inoltre non sono da intendere come succedentisi in progressione lineare, ma piuttosto luna
entro ed a beneficio dellaltra in modo che| il bambino arrivi ad un dominio sempre pi appropriato di s e del
mondo. Non essendo possibile, n richiesto dallindole della nostra ricerca, il seguire stadio per stadio il lavoro
del Piaget, baster che ne segnaliamo alcuni punti salienti.
La prima constatazione che in ogni stadio lassimilazione progressiva. Ci rivelato:
1) dal bisogno prepotente che ha il bambino di ripetere gli atti riflessi e quelli acquisiti di fresco
(assimilazione funzionale);
2) da una specie di ricognizione del tutto pratica che permette al bambino di adattarsi agli oggetti
differenti con i quali la sua tenera mente obbligata ad entrare in contatto (assimilazione ricognitiva e
generalizzatrice) (A, 39, 45, 126). En dautres termes, cette rcognition lmentaire consiste, au sens le plus
strict du mot, en une assimilation de lensembles des donnes prsentes une organisation dfinie ayant dj
fonctionn et ne donnant lieu une discrimination actuelle que grce son fonctionnement pass (A, 44). La
ripetizione anchessa assimilazione, in quanto non pura rinnovazione di uno stesso atto, ma una
ripetizione cumulativa che tesoreggia dei risultati pratici gi ottenuti e si continua nella generalizzazione
dellattivit con lestensione a nuovi oggetti e rende infine possibile la ricognizione motrice, cio pratica, degli
oggetti stessi.
il processo complementare di ripetizione-ricognizione che porta alla formazione dello schema, dal quale
la condotta del bambino acquista precisione e sicurezza come anche lopportunit di tentare il conseguimento
di risultati nuovi. Ogni schema nuovo, poi, sorge per una differenziazione e complicazione di schemi anteriori di
struttura pi semplici, non da associazioni casuali ed isolate.
Il sorgere di un bisogno nuovo pone il bambino nella necessit di passare ad unaccomodazione degli schemi
precedenti, la quale non pu seguire che ad un processo assai laborioso di organizzazione, o meglio di
riorganizzazione interiore, che sempre una assimilazione prima funzionale e poi psichica, a cui segue la
fissazione dello schema nuovo.|
La complicazione degli schemi elementari in schemi superiori comprensivi caratterizzata da ci che il P.
chiama la intenzionalit od apprensione di rapporto del mezzo al fine; essa porta, quando ci sia necessario per
raggiungere loggetto prefisso, al servirsi di qualche intermediario o al rimuovere un ostacolo: si ricordino le
esperienze di dtour del Khler. Lintentionalit se dfinit ainsi par la conscience du dsir, ou de la direction
de lacte, cette conscience tant elle-mme fonction du nombre dactions intermdiaires ncessites par lacte
principal (A, 153).
Lintenzionalit cos intesa, va quindi considerata, rispetto ai processi spontanei, una forma di adattamento di
grado superiore per la coscienza esplicita che implica la differenza e subordinazione dei valori (fini e mezzi):
questo il passo decisivo per la conquista degli oggetti. Con lentrare in funzione dellintenzionalit, gli schemi
non funzionano pi in modo rigido, inscindibile, ma acquistano plasticit e mobilit, possono esser trasportati
dal proprio corpo allesterno e viceversa. Ne consegue la possibilit di scomporre e ricomporre gli stessi schemi
a seconda della variet delle situazioni reali, dissociandoli come mezzi oppure come fini. Gli stessi schemi
possono perci andar soggetti a processi di accomodamento ed organizzazione, e sono questi processi, che senza
costituire ancora atti espliciti dintelligenza, lannunziano per chiaramente e ne costituiscono il fondamento.
AllAssociazionismo si deve dire che ci che regola lesperienza attuale non lesperienza passata,
semplicemente ripetuta, ma uno schema della medesima, una struttura: in questo ha ragione la Gestalttheorie.
Ma alla Gestalttheorie bisogna dire che gli schemi non hanno una struttura propria indipendente dallattivit
assimilatrice che li ha fatti sorgere. Le schme dassimilation nest pas, en effet, une entit isolable de
lactivit assimilatrice et accomodatrice. Il ne se constitue quen fonctionnant et il ne fonctionne que dans
lexprience; lessentiel est donc, non pas le schme en tant que structure, mais lactivit structurante qui donne
naissance aux schmes (A, 350).|
Il secondo passo decisivo nella conoscenza della realt quello della separazione od isolamento conscio di io
e non io, di soggetto ed oggetto, che il Piaget ha studiato ex professo nel II volume dedicato a La construction
du rel chez lenfant (1937), quando gli schemi subiranno un rimaneggiamento definitivo per la
rappresentazione adeguata degli oggetti. Per ora fermiamoci ai princpi generali, riconoscendo nella
assimilazione-accomodazione degli schemi, quale concepita dal Piaget, una concezione che nonostante le
evidenti intemperanze empiriste coincide con la natura e le funzioni della cogitativa tomista, in una forma pi
palese delle altre concezioni finora indicate.

* * *

1) Ha elaborato una teoria genetica degli schemi percettivi, molto affine a quella del Piaget, il decano
degli psicologi francesi Pierre JANET, in due opere le quali studiano, come quelle due indicate dal Piaget, lo
sviluppo della intelligenza preverbale
15
. Mi limito a riferire alcune idee fondamentali ad integrazione e conferma
della teoria del pedagogo svizzero.
Anche lo J. ritiene, ed in modo ancor pi esplicito del P., che prima del pensiero era lazione, e prima
dellazione in atto le tendenze allazione. La vita psichica sinizia con lesercizio dei riflessi, i quali,
nonostante la povert del contenuto e la semplicit della funzione, sono ormai delle strutture, delle forme di
agire ben definite. I riflessi, inoltre, non vero che operino come pezzi rigidi, montati una volta per sempre;
ma presto si adattano, si complicano in forme di condotta totalitarie che possono abbracciare parecchi riflessi.
Allinizio il piccino non fa che poppare appena a contatto con il seno della madre. In seguito latto del poppare
diventa pi complesso: appena le labbra toccano il seno, egli far dei mo|vimenti con la testa; alla semplice vista
della madre muover le braccine...: lo schema percettivo globale pu cos esser messo in azione da uno solo
degli stimoli che fanno parte dellatto totale. Il poppare da semplice riflesso diventato una condotta
schematica. Le condotte schematiche, diventate spontanee, aprono nuove possibilit al soggetto ed in certi casi
permettono anche una certa regolazione di fronte ad una situazione nuova (A, 48 e segg.).
Il processo che va dalleccitazione dello schema globale, a partire da uno stimolo, fino alla consumazione
dellatto detto dal J. fase di erezione a cui appartengono gli stati sospensivi. Dal punto di vista genetico,
gli oggetti percettuali altro non sono che le cose del mondo esterno, in quanto sono capaci di determinare nel
soggetto una condotta caratteristica: questa condotta, considerata nel suo aspetto soggettivo, che va detta
schema percettivo. Lo schema percettivo di un oggetto, p. es. un frutto, una donna (madre, balia)..., pu esser
fatto passare allazione da stimoli diversi: la condotta caratteristica rispetto al frutto pu esser svegliata dal
contatto, dal colore, dallodore del frutto...; la condotta rispetto alla donna pu esser risvegliata dalla vista del
corpo, dal viso, dal rumore dei passi, dal suono della voce... La condotta schematica della percezione stata
costruita precisamente dallaggruppamento in un sol atto di reazioni a diverse stimolazioni che sono state
combinate in una sola azione. Una parte, da cui secondo lo J. non si pu prescindere nella organizzazione
preintellettuale, viene dallorganizzazione sociale, cio da quella forma di condotta esteriore a cui la vita va
soggetta dallinizio alla fine (B, 29, 82, 100).
Il primo influsso della condotta sociale si realizza nella forma di condotta che limitazione, la quale, anche
se non porta ad atti nuovi, d agli atti percettivi uno stimolo nuovo; la vista di atti del socio. Essa eccita le
tendenze che erano nella fase di latenza e le fa salire al limite dellazione. Lazione sociale pi importante la
collaborazione. In essa i var individui non fanno pi ciascuno lidentico atto, lidentico movimento come nella
imitazione: tutti invece sembrano avere una| condotta particolare e differente, in modo per che linsieme di
queste condotte particolari porta ad un risultato unico e vantaggioso per tutti. Per questatto i singoli sono
portati a partecipare ad un atto, oggetto, situazione che li interessa in comune e li trascende in particolare, per
cui si esige necessariamente che gli schemi percettivi da assoluti e chiusi, diventino relativi ed aperti onde
offrire una maggior possibilit di azione ed amplificare parallelamente lambito della conoscenza (A, 72-73).
Il contributo originale della teoria dello J. sta in questa collocazione sociale degli schemi percettivi, i quali
per il fatto che sono un prodotto dellazione, non possono non risentire linfluenza dellambiente nel quale si
svolge e soltanto pu svolgersi.
Meno complessa di quella del Piaget, la teoria dello J. contiene non meno chiaramente una descrizione
fenomenologica appropriata della funzione della cogitativa, in quanto essa consiste nellapprensione di oggetti e
contenuti concreti per via di una collatio che un raffrontare attivo di immagini, schemi, idee, ricordi di
situazioni passate con le presenti. E questo potr bastare per unintroduzione fenomenologica alla dottrina della
cogitativa.


3. TEORIA ARISTOTELICA DI UNA GENESI DEGLI SCHEMI
a) La teoria della . :a,a, aristotelica
La psicologia moderna era partita dallAssociazionismo, ma i problemi si trovano oggi a questo punto: come
lAssociazionismo ha dovuto, dopo varie oscillazioni, cedere il posto alla Gestalttheorie, cos oggi la
Gestalttheorie deve cedere il posto ad una concezione genetica dello Schematismo. Quale? Non facile dirlo:
mi pare che quelle fin qui indicate, pi che opporsi, sono fatte per integrarsi: per questo le ho esposte in forma
ascendente.
Pertanto non limmagine isolata il fondamento del com|portamento percettivo, ma lo schema a cui le
immagini nello sviluppo della vita possono condurre, e limmagine pu restare al pi un sostegno dello schema.
Non neanche la struttura rigida, propria della Gestalt, il contenuto che noi osserviamo nel nostro
conoscere in atto. Il contenuto del conoscere plastico e sintetico ad un tempo: esso , per dirla con il Cassirer,
un gruppo di trasformazione che si mostra di fatto, nella percezione, essere un principio dinvarianza
16
. Si
vuol dire che la percezione non un processo di passiva imitazione, od unimmagine speculare, ma piuttosto
un processo di oggettivazione; ed il carattere di oggettivazione-assimilazione si esprime nella formazione di una
invarianza. Da ci si stabilisce una prima opposizione fra lapparenza e la realt: a partire dallilluminazione
apparente si sviluppa e si costituisce il vero colore delloggetto; a partire dalla grandezza apparente
dellimmagine retinica, la vera grandezza delloggetto. Per via dello schema o gruppo di trasformazione lo
sguardo, nella percezione, non si ferma al singolare nella sua presenzialit fenomenale, ma lo sorpassa per
collocarlo in un certo contesto. Secondo il contesto al quale lo subordina, questo dato particolare prende anche
un aspetto differente (386-387). Noi consideriamo il particolare non nella sua semplice esistenza, non in
questa realt nuda che subordinerebbe al dato di ogni eccitante particolare una sensazione particolare, ma noi
lo consideriamo secondo la possibilit di trasformazione che esso porta in s. Il colore percepito, come
fenomeno, non corrisponde a questo colore ridotto della immagine retinica; esso dipende dalla prospettiva
luminosa e cambia con essa, come la nostra visione dello spazio dipende dalla prospettiva spaziale. Si
potrebbe dire che in questa prospettiva ogni percezione particolare riceve un indice determinato e con ci una
nuova dimensione. La percezione si sviluppa, a questo modo, verso il pi e verso il meglio. Per la funzione
strutturale degli schemi, lindistinto si fa distinto, il disperso si unifica, il fenomeno tende verso lidea.|
Il fatto poi, segnalato dalle teorie genetiche dello schematismo, che cio lo schema sorge, non da una visione
unilaterale della realt, ma dallesercizio stesso della vita, mentre stacca la conoscenza dalla tirannia del
presente, ne garantisce il contenuto di oggettivit.
La reazione, che i teorici dello schematismo hanno inteso di fare alla Gestalttheorie, sappunta nel sostenere
che la struttura ovvero lo schema ha una storia: esso impone alla vita non altro che le forme che la vita stessa
venuta costruendo. Soggetto ed oggetto cos collaborano nella schematizzazione come se lopera delluno
abbia per sfondo e come punto di riferimento quella dellaltro. Ma questa interazione di soggetto ed oggetto
rischia di disperdersi in un dialettismo psicologico, se non si fa appello a qualche attivit superiore, che sia
principio di direzione in quel processo e ragione dellunit del suo risultato: il Piaget, e soprattutto P. Janet
17
, in
America il Baldwin, fra noi il Musatti e il Benussi, in Inghilterra lo Spearman, nonostante le loro diffidenze per
lintellettualismo, hanno affermato coraggiosamente che lintelligenza questo principio: unintelligenza non
dialettica discendente, ma dialettica ascendente, quella che tutela i primi stad della conoscenza.
Orbene, di tale intelligenza ascendente e schematizzante Aristotele fin dal suo tempo aveva intuito il valore,
laveva descritta con una lussuosa feno-menologia, ponendola espressamente quale Introduzione alla
Metafisica. quanto ci tocca ora mettere in luce.

* * *

Il Filosofo ha dato al processo in questione il termine di . :a,a, cio induzione. da tener poi subito
presente che| si tratta di una induzione di natura particolare: la chiameremo induzione psicologica, per
distinguerla dagli altri significati correnti del termine. La descrizione di questo processo fatta ex professo in
due pericopi
18
che sembrano, secondo la critica recente intorno alle condizioni del testo aristotelico, appartenere
ad una data di composizione molto vicina e rappresentano perci unattitudine di pensiero ben definito.
Lesposizione aristotelica sviluppata con sobria eleganza di frasi e dimmagini e pu ben essere considerata
una di quelle felici digressioni nelle quali il grande greco, lasciando da parte il secco metodo aporematico, d
libero sfogo al suo genio costruttivo.
Poich i due contesti non presentano divergenze notevoli n particolari difficolt esegetiche, baster rilevare
le linee maestre della teoria aristotelica e la sua continuit in quella tomista. Collegata alla teoria della
cogitativa, la teoria dell. :a,a, a mio avviso, pu adeguarsi ai risultati pi moderni della fenomenologia e
costituire una base per la giustificazione del realismo che non potrebbe essere pi attuale.
impossibile valutare il significato della . :a,a, ovvero della nascita dellintelligibile, senza darsi ragione
dello sfondo realistico che proprio della posizione del Filosofo nei confronti del suo Maestro. Mentre Platone
si era confinato nellestrinsecismo trascendentale degli .t e ,atca e si allontan dalla pregnanza della realt
concreta, abbassandone la conoscenza al livello infrarazionale della eea, Aristotele al contrario riabilitava il
concetto democriteo della natura, come realt vera, ed accettava la conoscenza sensibile come conoscenza vera,
quale intermediario e supporto per la conoscenza razionale. Ammesso questo, sarebbe per in errore chi
credesse che lAristo-telismo non sia che un ritorno sic et simpliciter al naturalismo dei Presocra-tici: la
posizione aristotelica resta essenzialmente un intellettualismo che d alla scienza, come fine ed oggetto,
luniversale e il necessario. Su questo pun|to il Liceo e lAccademia vanno daccordo: la controversia si pone
quando tocca di determinare quale in s la natura delluniversale e come esso si manifesti alla mente. In questo
la divergenza non potrebbe essere pi stridente, ed Aristotele stesso si incaricato pi volte di dirlo. Egli deride
le idee come espressioni vuote e favole poetiche e deplora con asprezza labuso del termine . .t; al
quale i Platonici hanno attribuito quasi un valore magico per la fondazione della realt e della scienza
19
.
Secondo Aristotele luniversale non pu esistere in s, come tale, ma esso segue ad una operazione della
mente che lo astrae dagli oggetti sensibili, presenti nellesperienza. Di qui veniva che la conoscenza sensibile
non puro stimolo per la conoscenza, ma costituisce uno status in quo delloggettivazione stessa, in quanto
solo per suo mezzo che loggetto pu venire alla nostra mente che inizialmente ne priva. I due termini
a|at .ct; e . .t; caratterizzano con esattezza lopposizione delle due teorie, a cagione del concetto
profondamente diverso che ciascuna ha della realt sensibile.
Ora curioso, ed a prima vista anche un po preoccupante, che tutto questo aspetto polemico attorno al quale
si matur lultima fase del pensiero aristotelico, sembri assente nei testi che prenderemo in esame: in essi manca
unallusione esplicita allopposizione fra astrazione e partecipazione, ed il Filosofo si limita a descrivere
lorigine delluniversale da un punto di vista strettamente fenomenologico che non ha niente di comune, in
apparenza, con la complessa teoria del De Anima. C, anche in queste due pericopi, una insinuazione
antiplatonica; essa per serve pi come punto di partenza che come oggetto di discussione reale. Anzi, come
vedremo, la stessa replica aristotelica altro non , secondo la critica moderna, che una rielaborazione di dottrine
platoniche ben note.
Alla fine del II libro dei Secondi Analitici (c. 19), Aristotele propone, non senza sorpresa del lettore, un
problema essenzialmente psicologico: come arriviamo noi alla conoscen|za dei princpi universali? sono essi
conosciuti per dimostrazione? la conoscenza, che ne abbiamo, in qualche modo acquisita oppure innata?
20
.
La posizione del problema farebbe attendere una forte recriminazione antiplatonica. In realt la discussione
molto serena e moderata: la conoscenza dei primi princpi non pu esser detta in noi innata per il fatto che
nessuno ha coscienza duna precedente esistenza di questabito mentale ed assurdo il supporre che, mentre
siamo coscienti della presenza di qualsiasi oggetto quando lo conosciamo, non siamo invece coscienti della
presenza di questi princpi, i quali per di pi, essendo la causa di ogni conoscenza susseguente, la precedono e di
essa sono pi luminosi. Si deve ritenere pertanto che i princpi primi non sono innati ma acquisiti e che essi una
volta, nello sviluppo della coscienza individuale, arrivano non habenti.
Questa franca conclusione mette per il Filosofo in una seria perplessit. Non ha egli fondato tutta la sua
teoria della scienza, proprio in questo capo degli Analitici, sul principio che ogni scienza e dottrina si origina da
una conoscenza precedente?
21
Non restano che due vie duscita: o ammettere che tali princpi derivano da altri
princpi ed aprire cos il processo .t ; a :.te|, o fare la supposizione che la conoscenza dei primi princpi
derivata bens da un conoscere precedente, ma di altro ordine.
evidente che Aristotele ha optato per la seconda soluzione lunica che abbia un senso per il fatto che
egli ha posto a base della scienza lesigenza dello a |a ,s c |at in ogni riduzione concettuale: egli dichiara
espressamente che i principia prima vengono alla mente la prima volta dai sensi. E poich la conoscenza
sensibile, che arriva alla mente, ha la sua origine dalla realt esterna, si ha che il movimento della mente pu
terminare alla realt in s.|
Il Filosofo inizia senzaltro la descrizione del processo di ascesa del sensibile verso lintelligibile, delineando
a larghi tratti le gradazioni della conoscenza animale. In questa descrizione non solo la (u, umana che vista
ascendere verso lintelligibile, ma la stessa sensibilit in generale nel suo valore di conoscenza: come se i
numerosi e svariati tentativi che la natura fa negli animali inferiori raggiungano alla fine il loro termine
nellattuazione della sensibilit umana.
Gli animali che stanno ai primi gradini della scala zoologica gli animali immobili si limitano a ricevere e
reagire hic et nunc alle impressioni singolari del momento; essi non le possono ritenere se non quando sono
veementi e cio per poco soltanto, n possono farne uso per la condotta futura; le funzioni di integrazione si
limitano al senso comune e ad un rudimento di fantasia. Gli animali pi perfetti quelli dotati di movimento
possono ritenere facilmente le impressioni passate; per conseguenza il conoscere non pi coartato alla
impressione presente, ma riassume il passato in modo da disporre opportunamente per il futuro, come se questi
animali fossero in qualche modo razionali.
Nelluomo il processo di ascesa della sensibilit va pi avanti, insiste con compiacenza Aristotele. Come le
sensazioni ripetute portano alla formazione della memoria, cos molte memorie, che siano spesso ripetute,
portano ad una nuova forma di conoscenza detta . :.tta (experimentum): questa . -:.tta che nelluomo
il principio dellarte e della scienza.
Vi sono pertanto tre fasi o tappe nellitinerario che conduce al pensiero la sensazione, la memoria,
lexperimentum: molte sensazioni fanno una me-moria; molte memorie ripetute, un experimentum: molti
experimenta, completiamo, dnno un pensiero e un principio
22
.|
Si ha allora che il pensiero in atto non sempre preceduto da un altro pensiero in atto, ma alle volte da un
altro pensiero in processo, cio da un divenire reale, da una presa di possesso graduale che la mente fa
delloggetto sotto limpulso della conoscenza sensibile. da ritenere che le molteplici e fluttuanti impressioni
che battono dallinterno al subjectum sentiens, che anche intelligens, non lo lasciano in uno stato continuo
dindifferenza, ma alcune di esse, a poco a poco, finiscono per imprimersi nella mente o per restarvi. Allorch
questimprimersi di un contenuto desperienza si ripete pi volte per uno stesso oggetto, la mente comincia a
guardare questoggetto in una nuova luce oggettiva, differente da quella delle qualit formali esteriori,
ritenendone p. es. gli aspetti di utilit per un dato scopo, di soddisfazione di un bisogno, di fuga da un pericolo.
Per questa via la tumultuosa molteplicit dellesperienza viene placata, e per mezzo della fissazione fatta dalla
memoria e dallintegrazione operata dallexperimentum, si viene a delineare nella mente e nellanima come
una unit (. | a :act| . |), come un abito (.t;), un contenuto indifferente che in s indivisibile e che resta
indifferente rispetto alla molteplicit delle sensazioni esterne. questa unit disposizionale generale nella
mente che coincide, a nostro parere, con lo schema percettivo: questabito linizio del sapere ed il
principio per la nascita delluniversale. Cio gli abiti conoscitivi delle arti o delle scienze vengono alla mente
per via di altri abiti precedenti, operanti prima non nellambito della ragione, ma del senso: giunti a maturit tali
abiti sensitivi gli schemi percettivi fanno pressione sulla mente e provocano la contemplazione intellettuale.
Come avvenga il passaggio al limite dai contenuti sensibili allintelligibile chiarito in un importante inciso
della Metafisica. Vi si dice che larte nasce quando da molte riflessioni su lesperienza si forma ununica
persuasione generale intorno ai casi simili: riconoscere che Callia o Socrate sono stati guariti da febbre ardente
dallelleboro questione di esperienza, ma giudicare che in tutti i casi simili di febbre ardente si deve ricorrere
allelleboro | questione di arte
23
. Il testo afferma dunque che il momento critico del passaggio consiste
nellarrivare alla persuasione (u :e (t;) dalla osservazione ripetuta di casi simili: la persuasione
leffetto proprio della cogitativa, come si visto, e la collatio dei casi simili, il suo processo. La cogitativa
condiziona lintelligibile nel suo divenire, non meno che nellessere.
Per rendere la teoria pi persuasiva, Aristotele ricorreva negli Analitici ad una potente analogia, presa dalla
vita militare, che doveva essere molto familiare ai suoi uditori. Quando durante una battaglia le linee di
resistenza sono rotte e tutte le disposizioni strategiche sconquassate, pu accadere fra le fila dei fuggitivi che
alcuno si fermi: subito gli si mette daccanto un secondo, saggiunge un terzo e cos molti altri, ed alla fine
apprestata una nuova linea di battaglia. Lo stesso accade per luniversale: esso folgora nellanima per il
costituirsi allintorno dellanima di una linea di resistenza fatta dalle ripetute memorie e dai molti experimenta
che la mente ritocca e fortifica incessantemente per opporla come una barriera allimpetuosit sfrenata
dellesperienza. Luniversale per Aristotele presente nellesperienza fin dallinizio, e lo stesso senso prende
con esso contatto in modo concreto: quindi da molti casi individuali si comincia a delineare nellanima
luniversale e lindivisibile come tale animale (prima) e (poi) fino ad animale in generale (100 a, 10 e segg.).
Aristotele, soddisfatto dellardita analogia, conclude la magnifica esposizione con il principio iniziale: ^ e|
e t t | a :a a . :a,a, ,|at ,.t| a |a,sat e| sat ,a at cct; eu a e sae eu . :et.t
24
.
* * *
Questo capitolo (Post. Anal., P, 19) che ha richiamato anche recentemente linteresse dei critici del testo
aristotelico,| pare abbia una storia alquanto curiosa. Dalla ricostruzione di W. Jaeger sappiamo che il libro A
della Meta-fisica appartiene alla cosiddetta Ur-Metaphysik (A P e l), composta quando Aristotele non aveva
ancora rotto tutti i vincoli con lAccademia, e, bench criticasse la separazione delle Idee, continuava a
chiamare i Platonici amici delle Idee e li indicava col pronome noi, includendo se stesso
25
.
La composizione della pericope parallela dei Posteriori Analitici datata un po prima del I libro della
Metafisica, almeno per quanto riguarda una sua prima redazione.
Di pi, oggi noi sappiamo che realmente esistito un Aristotele schiettamente platonico, quello dei primi
scritti di cui la moderna filologia ha messo in evidenza non pochi significativi frammenti. Fra questi pare bene
che vada in-clusa la prima teoria aristotelica . :a,a, di cui abbiamo date le linee generali.
Il carattere fenomenologico della descrizione, cos dissimile dalla teoria comunemente nota del Filosofo,
indusse il Card. Mercier ad assimilarla allEmpirismo di J. St. Mill
26
; in realt si tratta secondo i critici di una
teoria di stretta derivazione platonica. I termini stessi ne fanno fede: Aristotele indica ancora luniversale come
. | :aa a :ea (Post. Anal., P, 19, 100 a, 6-7), termine caratteristico dellintelligibile platonico. Similmente
tutto il processo dellacquisizione delluniversale ed il sorgere dei principia prima per via della memoria e
dello experimentum apertamente platonico: il Siebeck lo riscontr in Rep. VII, 511 P, 534 A e Men. 98 A:|
recentemente Fried. Solmsen, discepolo di W. Jaeger, indicava anche Phaed. 249 P
27
.
Suggestioni queste di acuto interesse che la filologia potr sempre meglio precisare per la scoperta
dellAristotele storico, ma sfortunatamente non hanno avuto uninfluenza apprezzabile sullinterpretazione
tradizionale, perch lAristotele della Scolastica, ed in buona parte anche della Patristica, era quello
antiplatonico dei libri VII-VIII e X (1-7) della Metafisica. E linterpretazione tradizionale, inclusa quella
tomistica, non vide, come vedono i critici moderni, il processo della . :a,a, come contrario a quello della
a|at .ct; del III libro De Anima, ma lo considera equivalente o meglio come la fase preparatoria del medesimo.
Nel Tomismo, le due teorie della induzione e della astrazione descrivono lo stesso processo lacquisizione
progressiva dellintelligibile ma da due punti di vista differenti: linduzione fenomenologicamente quasi
raccontando, la astrazione metafisicamente in funzione di una definita concezione della realt.
Nella sintesi tomista la concezione resta unitaria e non v indizio della scissione teorica che si possa
riscontrare nei testi aristotelici
28
.|
* * *
b) La . :a,a, tomista-gaetanista
S. Tommaso per la conoscenza che ebbe veramente eccezionale, fra tutti i Medievali, del testo aristotelico e
per aver commentato tanto i Posteriori Analitici quanto la Metafisica, saccorse subito dellimportanza attribuita
da Aristotele allo experimentum, quale itinerario umano verso lintelligibile e per parte sua laccett senza
riserve.
Se lassimilazione tomista non ha portato elementi sostanzialmente nuovi in questa dottrina, essa non
perci priva di interesse sia storico come dottrinale. Storicamente si pu dire che il Santo nelle sue prime opere
ondeggiava fra una forma dinnatismo congiunto allo experimentum. I princpi primi sono detti anche innati, e
lexperimentum sarebbe necessario non per generarli, ma piuttosto per determinare il valore reale, cosicch il
giovane maestro italiano sera venuto a trovare in una posizione molto affine a quella del primo Aristotele
29
.
Ben presto tanto la terminologia prima principia innata, come quella riserva, scompaiono, e la teoria prende
un significato compatto: le idee universali ed i primi princpi, cio le prime strutture ed i primi schemi
intellettuali midollo di ogni conoscenza sorgono sul fondamento di analoghe strutture preparate nella
sensibilit interna dalle ripetute memorie e dagli experimenta, che possono essere con diritto avvicinati agli
schemi percettivi dei moderni.
Lo schematismo tomista per, a differenza di quello dei moderni, dispone di un solido fondamento
speculativo del qua|le lo stesso Aristotele non sera tanto preoccupato: si tratta della dottrina della Cogitativa
che ormai conosciamo. Nel commento allintroduzione alla Metafisica, il S. Dottore attribuisce esplicitamente
alla cogitativa la funzione che porta alluniversale. Del resto il ricorso del Filosofo nella Metafisica alla
. :a,a, era di per s significativo. Supra memoriam autem in hominibus proximum est experimentum, quod
quaedam animalia non participant nisi parum. Experimentum enim est ex collatione plurium singularium in
memoria receptorum. Huiusmodi enim collatio est homini propria et pertinet ad vim cogitativam, quae ratio
particularis dicitur: quae est collativa intentionum individualium sicut ratio universalis intentionum
universalium
30
.
Al punto in cui siamo, torna invece quanto mai interessante uno sviluppo ardito che ha dato il celebre tomista
Card. Gaetano nel suo commento ai Posteriori Analitici: mi piace considerarlo come un complemento di
attualit e di notevole valore per una ripresa del realismo aristotelico-tomista nei tempi moderni.
Aristotele nelle due pericopi citate ha trattato insieme dellorigine delluniversale e dei princpi; sembrerebbe
da tutto il contesto, come ha notato il Ross, che le prime nozioni conosciute per linduzione fossero i concetti
supremi, cio le categorie, che sfuggono ad ogni derivazione analitica, come poi stato affermato
esplicitamente nella teoria averroista-tomista della cogitativa
31
. Quanto allorigine dei primi princpi, che a
giudicare dalle frasi iniziali doveva formare loggetto principale della discussione, sarebbe stata perduta un po
di vista, a meno che non si ammetta che questi princpi hanno origine per un processo identico a quello delle
prime nozioni.
Ma a questo punto sorge un problema: i primi princpi sono dei giudizi che hanno per termini le prime
idee; di| qui la logica supposizione che le prime idee debbano precedere i primi giudiz. Daltra parte, ogni
giudizio, in quanto importa unaffermazione assoluta di verit, non dato dalla semplice compresenza di due
termini, ma vi saggiunge lapprensione della convenienza o non convenienza dei rispettivi contenuti dei termini
stessi. Mentre nella prima apprensione i termini sono presenti nel loro contenuto assoluto, il giudizio si
costituisce per la conoscenza e laffermazione (o negazione) dei rapporti in cui stanno. Ora, com che la mente
arriva a fare questo passo in avanti nella conoscenza dei primi rapporti fra gli oggetti?
Lipotesi pi semplice sarebbe di supporre che in noi, una volta che siamo in possesso, per lo
experimentum, dei contenuti dei termini, lintelletto li pu da solo penetrare, analizzare, confrontare e cos
passare da solo alla conoscenza ed alla predicazione delle relazioni nel giudizio. questa lopinione difesa da
Scoto
32
e pi esplicitamente da un certo scotista Antonio Andrea, secondo il quale lo experimentum sarebbe
richiesto soltanto per la conoscenza incomplexa dei termini, non per quella complexa che si ha nella
formazione dei princpi. Nel suo Commento al prologo della Meta-fisica A. Andrea dedica una questione
speciale al significato da dare allo experimentum aristotelico:

QUAEST. I - Quaeritur utrum ex experimentis generetur ars, alla quale risponde con due sostanziali
conclusioni:
a) Prima conclusio. Ad habendam notitiam incomplexam de principiis quae est de terminis simplicibus,
necessaria est cognitio sensitiva, seu experimentalis: hoc patet, etc.
b) Secunda conclusio. Ad habendam de principiis notitiam complexam non est necessaria simpliciter
cognitio sensitiva seu experimentalis: bene tamen est utilis et coadiuvans ut complexioni principii citius
assentiatur.
Prob. I. Pars. Nam ipse intellectus, conceptis modo prae|exposito (scil. experimento) terminis simplicibus,
potest virtute propria ipsos componere vel dividere ita quod conceptus tales complexi si sint principiorum
primorum cognoscuntur esse veri lumine naturali intellectus, quia principia cognoscimus in quantum terminos
cognoscimus, et ideo cognitio sensitiva vel experimentalis non est simpliciter necessaria pro tali complexa
cognitione de principiis habenda
33
.
Leggendo la dimostrazione che A. Andrea fa del suo assunto, il pensiero correva prontamente a molte
esposizioni tradizionali, credute tomiste, intorno alla origine e natura dei primi princpi, nelle quali questo
seguace dello Scoto ed anche i pi ortodossi Wolffiani avrebbero trovato, riprodotta fedelmente, non solo la
dottrina, ma anche la propria terminologia.
Contro la liquida spiegazione dello Scotista, reag giustamente nel nome dellAristotelismo e del Tomismo, il
grande Gaetano. Riferita con esattezza la posizione dellavversario, egli dichiara prontamente e con franchezza:
Sed (ut mihi videtur) opinans praedictus a veritate declinavit, dum dixit quod ad complexam cognitionem
principiorum non est necessaria experimentalis cognitio. Hoc contra Aristotelem et rationem videtur
34
.
a) Contra Aristotelem: in quanto per il Filosofo lo experimentum essenzialmente una conoscenza
complessa, almeno per il fatto che suppone la conoscenza di molti singolari, paragonati fra loro; ci risulta dagli
esempi portati dal Filosofo, il quale inoltre afferma esplicitamente che i primi princpi noi li conosciamo per
uninduzione che parte dai sensi.
b) Contra rationem: poich nei primi passaggi che fa lintelletto dalla potenza allatto, non vi pu essere
alcun motivo determinante allinfuori dei sensi; soltanto lunione reale dei termini, osservata e conosciuta per lo
experimentum, pu| muovere lintelletto alle unioni concettuali dei primi giudiz. In verit se non vi fosse alcuna
cognitio experimentalis della connessione fra i termini dei primi princpi a determinare lintelletto alla unione o
separazione dei loro contenuti, non si saprebbe osserva il Gaetano perch lintelletto, cominciando da certi
termini debba formare una determinata composizione (o separazione) di tali termini, e non invece qualsiasi altra.
Di pi, non mai possibile unione alcuna fra gli estremi se non per via di qualche intermediario, e soltanto la
cognitio experimentalis complexionis terminorum pu fungere da intermediario (psicologico) fra gli estremi
che sono la unit e connessione reale che hanno le cose extra animam e lunione concettuale operata
dallintelletto nei primi giudiz.
Il Gaetano, con fine intuito psicologico e metafisico, fonda la necessit dello experimentum per la
formazione dei principia prima sulla passivit essenziale dellintelletto umano, il quale, specialmente allinizio
del suo sviluppo, non pu ricevere attuazione alcuna che in una stretta dipendenza dalla sensibilit.
A queste osservazioni, di carattere sistematico e generico, il celebre Com-mentatore aggiunge una
ricostruzione personale dellintero processo; per afferrarne la profondit necessario leggerla nelloriginale:
Sed ut clarius pateat supradictorum et materiae hujus intellectus, notandus est modus quo Aristoteles hoc in
loco putat ex sensus cognitione generari cognitionem principiorum: hoc enim plurimum proderit. Cum vidisset
Aristoteles quod intellectus non movetur nisi ab intelligibili in actu, et res intelligibiles (prout sunt in
particularibus sensibilibus) esse intelligibiles in potentia valde remota eo quod plurimum materialitatis habeant,
posuit ipsas res intelligibiles deferri primo ad sensus, ut in eis positae sine materia magis appropinquent ad hoc
quod fiant intelligibiles in actu. Deinde quoniam in sensibus exterioribus et communi positae multas habent
conditiones materiales, posuit eas poni in cogitativa, ad hoc quod proximae fiant intelligibilitati, et quoniam
simplex cogitativae operatio non sufficit universaliter ad hoc quod res per eam cognita sit| tantae spiritualitatis,
ut possit actione intellectus agentis fieri actu intelligibilis, posuit frequentem conversionem et operationem
cogitativae circa eandem rem, disponere rem illam ut cogitatam, ad hoc ut proxima sit intelligibilitati in actu, et
habilis sit ut eam transferat intellectus agens in ordinem intelligibilium in actu.
Habent autem vim taliter disponendi hujusmodi actus frequentati pro quanto habent vim collectivam, et
adunativam particularium in unum quasi universale, quod est objectum experimentalis habitus, qui ex frequentia
talium actuum generatur. Cum n. terminus ultimus istius processus sit cognitio vere universalis, consentaneum
est ut id, quod ultimum medium et simillimum termino est, sit quasi universale (quod universale confusum
possumus appellare). Sic autem re disposita et reducta ad tantam spiritualitatem, operatione intellectus agentis
fit vere universalis et intelligibilis in actu et movet consequenter intellectum possibilem ad sui cognitionem
(ibid. fol. 111 rb).
Allobiezione che A. Andrea prende dal testo aristotelico: principia cognoscimus in quantum terminos
cognoscimus, il Gaetano risponde che lintenzione di Aristotele di escludere nella conoscenza dei primi
princpi un termine medio nel senso che essi non sono conosciuti per argomentazione.
La funzione dello experimentum di essere un intermediario psicologico, non logico, e ci non
interferisce con il carattere dimmediatezza che compete ai primi princpi nellordine logico.
Allaltra osservazione del medesimo A. Andrea, e che sulle labbra anche di qualche tomista moderno,
essere lintellectus agens e non i sensi la facolt di preparare la conoscenza dei princpi, il Gaetano risponde
che tutto questo pacifico; rimane per il fatto che lo intellectus agens non pu esercitare la sua influenza
nella sfera sensitiva se questa non stata preparata con lo experimentum.
Ad rationem in oppositionem... dicitur quod principia sunt evidentia ex propriis terminis, sic jam
compositis, vel (et idem est) si taliter componantur eorum termini ab intellectu,| sed taliter componi nequeunt
absque experimento determinativo intellectus ad hoc (fol. 111 va).
Ed il Gaetano rafforza la sua ragione con un raffronto fra labito dei primi princpi e le altre disposizioni
operative dellanima: Notandum est quod habitus primorum principiorum neque est pure naturalis neque pure
acquisitus, sed partim ab intra et partim ab extra, ut dicitur in II Ethic. Virtutum semina a natura sunt in anima
nostra: ipsae autem virtutes in actu ex actibus nostris sunt, sed inter virtutem qua bene intellectus noster se habet
circa principia et alias tantum interest, quod cum omnes virtutum habitus ideo aliqualiter a natura sint, quia in
nobis a natura congenitum est tam principium passivum quam activum earum, caeterae virtutes a principiis
naturalibus non oriuntur immediate et proxime, sed mediis virtutibus superioribus: principiorum autem habitus
ipsa naturalia principia tamquam proximas causas sibi vindicat. Quia igitur cognitio principiorum a lumine
intellectus agentis proxime emanat, et sensuum cognitio non nisi ut determinativa passivi principii, i. (e.)
intellectus, ad talem cognitionem concurrit, ideo Aristoteles dixit, quod habitus principiorum neque ab aliis
habitibus fiunt sicut caeterae virtutes neque ita a natura quod determinati omnino sint, sed in potentia proxima
tam passiva quam activa ad perfectionis terminum reducendi servitio sensuum experientiam determinativam
ministrantium, ut sic non solum inchoative sed radicaliter sint a natura, completive autem ab extra (fol. 111
vb).
La dottrina della . :a,a, rinnovata dal Gaetano, fu abbracciata da eminenti rappresentanti della tradizione
aristotelica, come Javelli, Fonseca, Silvestro Mauro; essa accettata da quasi tutti gli Aristotelici moderni, non
scolastici, come Barthlemy St. Hilaire, Zeller, Trendelenburg, Brentano, Teichmueller, Siebeck, H. Maier,
Czaja, H. Cassirer, W. D. Ross, Waitz, Prantl, Kampe, W. Hamilton per citare soltanto gli Autori che ho
potuto verificare.
da lamentare invece che i Neoscolastici vi abbiano prestato scarsa attenzione: i pochi che la ricordano non
ne hanno intravista sempre la importanza per una teoria realista del| conoscere
35
, e quelli stessi che la ricordano
non si sono preoccupati di metterla in relazione con la teoria tomista della cogitativa e con quella della . :a,a,
aristotelica.
La maggior parte dei neoscolastici restano tranquilli sulla persuasione che tutto sia spiegato quando si dice
che lapprensione dei primi princpi appartiene al cosiddetto intellectus principiorum, che una acquisita
disposizione e facilit a formularli ossia a conoscerli da parte della potenza intellettiva, appena che essa
determinata, ossia attuata dalla specie intelligibile astratta dei fantasmi... stato osservato che il rapporto,
enunciato dai primi princpi, conosciuto immediatamente in forza della sola (corsivo mio) conoscenza
intellettiva astrattiva dei due termini, e non gi in forza anche di un altro elemento conosciuto, desunto dalla
conoscenza sperimentale sensitiva, simile a quello intellettivo, che c tra i due termini astratti del principio.
Questa dunque sarebbe, secondo un egregio tomista, lopinione del Gaetano nella sua verit e integrit
36
:
invece pare che sia proprio lopinione di A. Andrea, e che Gaetano rigetta espressamente come contra
rationem. Egli dice: Quoniam oportet ponere aliquod motivum et determinativum intellectus ad talem
complexionem faciendam. Termini autem accepti, licet si componerentur haberent ex se evidentiam, non
sufficiunt tamen ad movendum et determinandum intellectum ad hanc compositionem faciendam potius quam
aliam. Experimur namque continuo in nobis quod habemus diu multorum terminorum conceptus absque notitia
principiorum complexorum, quae ex istorum terminorum complexione constat. Fateor enim me cognovisse quid
aequale, quid demere et quid remanet, nescivisse tamen hoc principium: si ab aequalibus aequalia demas, quae
remanent sunt aequalia, et similis ratio est in aliis. Oportet ergo ultra conceptus terminorum incomplexorum
ponere aliquod determinativum seu motivum intellectus ad talem compositionem faciendam. Tale autem
motivum opertet esse sensum, quoniam ante cognitionem| principiorum Aristoteles nullum motivum intellectus
novit nisi sensum. ERGO necessario cognitio complexa principiorum praeexigit sensitivam experimentalem
(ibid., fol. 111 rb).
Legregio tomista cita per la esegesi diciamola scotista il testo di Gaetano: Ex iis autem quae diximus
nullus arbitretur meae opinionis esse quod omnem compositionem intellectus oporteat praecedere
compositionem experimentalem (similem illi, etc.); hoc enim non teneo, neque sequitur ex dictis; sermo enim
noster versatus est circa generationem illius compositionis intellectus quae non fit ex praeexistenti habitu, et non
circa omnem (ibid., fol. 111 vb).
Il testo pare abbia in realt un significato molto piano: non tutti i giudiz che lintelletto pu fare hanno
bisogno, per passare alla unione (o separazione) dei termini, di uno experimentum... simile illi, cio della stessa
natura di quello richiesto per i primi princpi. Nella citazione stato omesso il similem illi... ch
dimportanza essenziale, in quanto pone appunto la distinzione fra il processo che origina i princpi primi
inderivabili, da quello dei princpi secondar, derivabili analiticamente (p. es. logica, fisico-matematica, calcolo
astratto) dai primi.
La riserva del Gaetano non fa che confermare linterpretazione sopra proposta e sulla quale insisto per la
convinzione che ho ferma del valore di attualit di una dottrina tanto antica e tradizionale
37
. Essa pone
lAristotelismo in condizione di| assimilare ed interpretare, nella forma pi soddisfacente, i risultati positivi
della scuola della Gestalt, integrati che siano come si cercato di fare con le psicologie recentissime dello
schematismo sia descrittivo (Revault dAllonnes), come genetico (Piaget, P. Janet). Per il fatto poi che la
cogitativa, deputata allo experimentum, la facolt direttiva della vita interiore e quella che apprende i valori
reali concreti, lo schematismo aristotelico-tomista supera decisamente la doppia difficolt in cui si arenato lo
schematismo kantiano: di far piovere gli schemi nella sensibilit dalla spontaneit del Verstand e di limitarne il
contenuto alle sole qualit formali, anzi al solo ordinamento nel tempo. Hanno fatto perci molto bene lo
Stumpf e soprattutto il Piaget, contro E. Cassirer (409-410), ad affermare che una teoria adeguata dello
schematismo, quale esso conosciuto dalla moderna fenomenologia, si risolve in una critica ed in un ripudio
deciso della teoria kantiana (PIAGET J., A, 23, 273 e segg.), che purtroppo passa ancora come lunica teoria
dello schematismo anche in ambienti antikantiani, nei quali schema e schematismo sono sinonimi di categorie e
di a priori
38
.|

* * *
c) Schematismo kantiano e schematismo tomistico
Nella psicologia moderna, come ha espresso felicemente dopo Kant lo stesso E. Cassirer, gli schemi sono dei
monogrammi, perch essi sono la espressione di una funzione primitiva unificatrice (CASSIRER E., 410, 414).
Le immagini che riceviamo dalle cose, le impressioni, nelle quali il sensualismo credeva di poter dissolvere la
percezione, non mostrano una tale unit. Ciascuna di esse si limita a rappresentare una particolarit; esse sono e
restano, nel loro contenuto, differenti e separate. Ma lanalisi moderna della percezione ci conduce ad un fattore
che fa scomparire questa particolarit e questa differenza. La percezione realizza, di fronte alla moltitudine delle
immagini particolari, una potente concentrazione. Essa argina questo torrente e lo fa scorrere in vie fisse. La
percezione non consiste nella semplice molteplicit delle impressioni, ma nei poligrammi della sensibilit e
non si spiega per una funzione puramente riproduttrice, per gli engrammi della memoria. Il concetto di
invariante, di schema oggettivante e realizzante, la psicologia moderna della percezione lo ha presentato sotto
una nuova luce. Se non ci fosse questa invarianza e costanza, proprio nei contenuti sensoriali sui quali si fonda
lintendere, noi saremmo abbandonati a tutte le fluttuazioni delle circostanze esteriori: la distinzione fra le cose
e le qualit nel torrente del divenire sarebbe impossibile. Non potremmo mai bagnarci due volte nello stesso
fiume. Un pezzo di gesso sarebbe di colore pi scuro in un giorno nuvoloso, di un pezzo di gesso esposto al
sole, e durante una giornata esso prenderebbe tutti i colori possibili fra il bianco ed il nero.
Cos la psicologia contemporanea, quando la si raffronta con le sue origini sensualistiche, ha compiuto un
vero rovesciamento di prospettiva.
Solo che il rovesciamento, se si riducesse ad un passaggio dallempirismo allapriorismo kantiano,
rinnoverebbe gli stessi inconvenienti per i quali dovette sorgere nella seconda| met del sec. XIX la psicologia
sperimentale, e la cultura dovrebbe fare tabula rasa di un intero secolo di eccezionale attivit nello studio
dello spirito umano. C un soffio di sublimit e di grandezza nellopera di Kant, la rivendicazione dei valori
necessar compromessi dallo scetticismo: lo scetticismo li compromise con lassunzione della mobilit
caleidoscopica che lio presenterebbe al nostro occhio interiore. Kant avrebbe dovuto discutere questo punto di
partenza, ed invece si rifugi nel das Ich denke trascendentale. La psicologia contemporanea dello
schematismo pu confutare il fenomenismo humiano sul terreno dellanalisi dellIo individuale. Ed in quanto
lo schematismo moderno suppone lelaborazione dei contenuti di esperienza, in seno alle coscienze individuali,
che a me pare possibile la sua inserzione nella psicologia aristotelica secondo litinerario che stato ora
delineato e che sar approfondito in forma concreta nei prossimi capitoli.
Il LOTZE che, per via dellinflusso esercitato su Brentano e sui Brentanisti, ebbe non poco merito per la
psicologia sintetica, era certamente sotto linflusso del pensiero aristotelico quando nel III libro della sua
Metafisica descriveva il sorgere dei contenuti percettivi, tanto evidente la coincidenza dei termini e delle idee.
Anzitutto quando noi pensiamo, applicando lattivit del pensiero relazionale a molti casi che siano stati
ripetuti allo stesso modo, sorgono alla medesima maniera le rappresentazioni generali di grandezza e di qualit.
Intorno allorigine delle idee universali in generale viene talvolta di pensare, che esse si originano
dallunificazione di molti esempi singolari in quanto che le parti simili degli oggetti si sommano, le contrarie si
escludono, le dissimili si oscurano a vicenda. Ma questa forma necessaria di origine dovrebbe presupporre che
le rappresentazioni singolari vanno perdute, in quanto si eguagliano per la produzione (Erzeugung)
delluniversale: altrimenti esse permangono luna contro laltra, e luniversale non prodotto da esse; potrebbe
nondimeno ancora, in quanto universale che estende ad esse il suo valore, ben esser non sperimentato quando
esse siano svanite ed abbiano lasciato solo questo loro prodotto. Questo gruppo di attivit non produce una|
rappresentazione della stessa natura, come quella che gli effetti immediati delle impressioni esterne mostrano di
un contenuto intuitivo costante: il termine verbale apparentemente semplice di una nozione soltanto
lespressione di una regola, secondo la quale noi stessi ci sforziamo di collegare fra di loro gli aspetti relazionali
pensati in generale
39
.
Limportante da notare che gli schemi, quali intermediar fra i contenuti desperienza e quelli razionali,
hanno una intima relazione con ambedue questi poli della vita umana. Tenendo fermo per che lo schema
percettivo, bench possa essere quanto mai complesso, resta sempre nellorigine (cogi-tativa) e nel contenuto
(intentiones individuales) legato alla esperienza, si deve ritenere che esso resta legato, per diritto di nascita,
allesperienza, e tanto lesperienza come le categorie razionali, debbono mostrare sul piano fenomenologico la
propria consistenza. questo uno dei risultati a cui tende con maggiori speranze questa mia ricerca.
Come stato osservato per gli assiomi logici, dice al proposito lo STUMPF, levidenza degli schemi pi
generali, nei quali noi costruiamo tali conoscenze, non connessa in genere a (queste) forme vuote, che in s
non hanno alcun senso, ma piuttosto sopra esempi particolari. Soprattutto il materiale concreto-intuitivo nel
quale e dal quale luniversale riluce (...). Se si vuol chiamare conoscenza intuitiva ogni conoscenza immediata
di esperienza, lo si pu fare; da tener per presente che non il puro disporsi rigido porta dal materiale di
intuizione alla conoscenza, ma che si hanno con ci molte operazioni di ordine spirituale
40
.
Queste riflessioni portano alla constatazione che gli as|siomi di valore oggettivo i principia prima di S.
Tommaso e i a :a a di Aristotele si riferiscono esclusivamente ad oggetti dintuizione. Essi stanno in
rapporto, in parte con le intuizioni elementari ancor rozze, in parte con quelle ormai elaborate concettualmente
(gli schemi). Comunque da ritenere per certo che mai conoscenze a priori, mediate o immediate, possono
riferirsi alle cose, a complessi di note, siano queste reali o siano puramente rappresentate, e oggettivarsi in esse.
E basti per ora circa la natura e la funzione gnoseologica dello schematismo. Tocca ad una fenomenologia
analitica studiare lo sviluppo dei problemi particolari
41
.
A complemento si aggiunga unaltra osservazione: nella teoria kantiana la funzione privilegiata del tempo
nello schematismo un privilegio arbitrario, richiesto da un puro bisogno di simmetria sistematica. La
dimensione temporale e cos quella spaziale, nei loro contenuti formali specifici, sono soggette allo sviluppo
percettivo, non diversamente da tutti i contenuti di valore categoriale.
Certamente per lesercizio e la strutturazione del pensiero si esige una qualche minima organizzazione:
questorganizzazione sensoriale ha assolutamente una precedenza di ordine temporale? Cos pens
lEmpirismo e cos pens pure Kant. Ma questa concezione solidale con il mito della polvere delle
sensazioni.
Poich non si dnno mai sensazioni prive di ogni organizzazione, lesercizio in forme elementari sintende
del| pensiero pu essere parallelo, o quasi, a quello del sentire, cosicch lo sviluppo psichico non avviene in
linea retta come si suppone nellEmpirismo e nel Kantismo, ma un movimento a spirale secondo una
penetrazione combinata e progressiva delloggetto da tutti i lati.
Pi ancora si pu dire, e lo provano i fatti della costanza percettiva e linflusso del significato sui contenuti
di percezione, che lorganizzazione dei dati spaziali e temporali influenzata dai fattori intellettuali in grado
non minore degli altri contenuti. Da un lato Kant ha fatto gli schemi troppo separati dai contenuti sensoriali
riducendoli a funzioni a priori dallaltro ha messo un divario troppo grande fra le due forme della sensibilit
nelle quali si realizzano gli schemi e le dodici categorie: il tutto imbrogliato nella inestricabile matassa di una
necessit di applicare una forma (intelligibile o sensibile) alla materia caotica, e della impossibilit di farlo, una
volta che forma e materia sono poste allinizio essere al di fuori ed eterogenee (sachfremde, direbbe il
Wertheimer) luna allaltra.
Il ricorso fatto da Kant allo schematismo un opportuno suggerimento alle teorie realiste per integrare la
propria posizione, ma alla sua non pu portare alcun giovamento. Questo risultato della fenomenologia
contemporanea basterebbe da solo a farla oggetto di una maggior attenzione da parte di quanti saccingono a
dare alla propria convinzione di realismo una base che resti salda anche ai nostri giorni, comera il programma
primitivo della Scuola di Brentano.|



SEZIONE SECONDA
LA PERCEZIONE DEL CONCRETO




CAPITOLO SESTO

LA PERCEZIONE DEL CONCRETO MATERIALE
SOMMARIO. Astrazione e concretezza in Aristotele (il problema della metafisica) La percezione intellettiva dei singolari: laporia
aristotelica, limmediatezza dellastratto, lapprensione indiretta del concreto, riflessione gnoseologica ed immediatezza psicologica.
Percezione intellettiva, astrazione ed intuizione, linscindibilit di astratto e concreto, astrazione ed intuizione nel Tomismo.
1. ASTRAZIONE E CONCRETEZZA IN ARISTOTELE
Il pensiero contemporaneo, come si veduto, sente viva la preoccupazione di tener solidali il concreto e
lastratto, il pensiero vissuto e quello logico: in questo i moderni tornano, loro malgrado, ad Aristotele al quale
compete lonore e la responsabilit di aver avviato, per il primo, il pensiero in quella direzione. La metafisica
aristotelica trae qui la sua origine ed il suo intimo significato; e poich spesso lignoranza pi elementare del
suo contenuto speculativo porta molti a malmenarla senza scrupoli ed altri ad impoverirla in schemi di arido
formalismo, non sar inutile il premettere alcune indicazioni sostanziali che valgano a porre nella sua giusta
luce la funzione gnoseologica che ha nellAristotelismo la percezione del concreto.
La fisionomia del Realismo aristotelico oggi assai pi nota di quello che potesse essere nel secolo XIII, ma
ci pare che se la moderna filologia ha scoperto un Aristotele che era sconosciuto a S. Tommaso, questo non
sia a danno, ma| al contrario rafforzi la consistenza della posizione tomista. Si sa che le moderne ricerche
intorno al cosiddetto Aristotele perduto, che sono state riunite in felice sintesi prima da W. Jaeger e poi dal
nostro Bignone
1
, hanno portato alla conclusione che il pensiero aristotelico, quando sia visto nella sua genesi
storica, tuttaltro che un sistema, uscito fuori dun tratto dalla testa del suo autore e pacificamente elaborato e
composto; esso invece laborioso quanto altri mai, formatosi a traverso crisi profonde e neppure forse
conchiuse, dai tempi in cui il giovane Aristotele partecip con ardore al pensiero del Maestro (alla cui scuola
appartenne per un ventennio), a quello in cui, morto Platone (347), ed aperta una prima scuola ad Asso,
cominci a staccarsene criticando soprattutto la dottrina delle Idee e delle Idee-numeri, cio lindirizzo
matematizzante a cui gli altri scolari volevano dare una prevalenza assoluta; e da questo secondo tempo al terzo
ed ultimo della maturit, quando, ritornato in Atene (335), vi fond la celebre scuola al Liceo, che govern e
diresse quasi fino alla morte
2
. Testimoni della attivit dei primi due periodi sono rimasti alcuni frammenti di
Opere, che furono le uniche ad essere pubblicate dallo stesso Filosofo e che la moderna filologia ha potuto
individuare con sicurezza. A giudicare da questi frammenti, Aristotele manifestava in quelle prime opere
(Dialoghi per la maggior parte) il suo convinto assenso ai dogmi fondamentali del Platonismo, e cos si sono
potute spiegare non poche incongruenze che presentava lAristotele esoterico pubblicato ai tempi di Silla da
Andronico di Rodi, che lAristotele comunemente conosciuto. Queste incongruenze sono dovute a frammenti
o libri, che risalgono al periodo platonico e che leditore inconsideratamente mescol alle opere inedite del terzo
periodo.| Questo ultimo caratterizzato dalla rinunzia definitiva alla trascendenza per la concretezza; Aristotele,
preso dalla passione dellindagine positiva, si fissato nel programma democriteo di spiegare la natura con la
natura, ed ha raggiunto un nuovo concetto di sostanza che ha esposto teoricamente con rara efficacia, non
rinunciando neppure ad una certa violenza di frasi, nei libri VII-VIII della Metafisica che costituiscono la sua
metafisica definitiva.
La posizione aristotelica riuscirebbe, per, del tutto infondata se si limitasse ad un atteggiamento negativo,
puro e semplice, rispetto al Platonismo: se non vuol ridursi ad essere un ritorno anacronistico al piatto
naturalismo empedocleo e democriteo, essa ha da conservare il nucleo centrale della posizione platonica e
mostrare poi perch essa abbia fallito nellinterpretazione della realt. Del resto non solo la logica del progresso
speculativo, ma gli stessi ultimi sviluppi tentati da Platone, probabilmente sotto la pressione della montante
critica aristotelica, permettono di considerare lopera del Discepolo in continuit con quella del Maestro, nello
spirito se non nella lettera.
Il dominio del principio socratico aveva portato Platone a concentrare ogni valore di conoscenza e di realt
nelluniversale che espresso dalla definizione: lessenza intelligibile, com lunica conoscenza necessaria,
cos anche lunica conoscenza vera e cos anche lunica realt vera. Da ci seguiva a) la distinzione nella
realt di un elemento universale intelligibile e di uno particolare di ordine sensibile, contrapposti come realt ed
irrealt, perfezione e privazione; b) la trascendenza reale delluniversale rispetto al singolare ed al sensibile; la
svalutazione della conoscenza sensibile rispetto a quella intelligibile.
Aristotele, portandosi decisamente alla considerazione dellente in quanto ente, trov nelle realt
complementari lessenza e le sue determinazioni concrete, la conoscenza dellintelligibile e quella delle
caratteristiche sensibili perch la forma non separata, ma immanente alla materia. Certamente la scienza
sempre delluniversale; la realt vera,| per, quella cio che da noi si constata, il singolare come ousia
concreta: ad esso spetta anzitutto il carattere di realt ed in quanto riconosciuto immanente in esso che anche
luniversale pu esser detto reale. Per Platone intelligibilit e realt dovevano in s coincidere non solo in
astratto, ma anche sul piano del pensiero umano. Aristotele invece reagisce, nellinteresse non solo del pensiero
spontaneo, ma per la consistenza stessa di quello scientifico, invertendo esattamente la proporzione: il singolare
precede e fonda, nella realt, luniversale. Rispetto al mondo che ci si para dinanzi, la realt vera non da
cercare al di fuori di esso, ma dentro di esso, nelle sostanze singolari come le pietre, le piante, gli uomini...
che ciascuno incontra nella vita quotidiana.
Questo energico status in quo del problema metafisico poneva degli ardui compiti allanalisi speculativa che
Aristotele ha affrontati con decisione. Affermata la priorit reale del singolare sulluniversale e la immanenza di
questo in quello, il singolare non era pi estraneo ma necessario allessenza intelligibile per il suo essere. Ma
com possibile la plurificazione delle sostanze? Affermarla reale non aver risolto il problema che essa
involge e dalla soluzione del quale dipende la giustificazione logica anche dellaffermazione imposta
dallesperienza che Platone pur conosceva. Platone, nel cozzo delle due esigenze, non riusc a superare lantitesi
ed opt a favore esclusivo di una delle parti, annullando proprio quella dialettica, di cui egli per primo intravide
le risorse per la fondazione intelligibile del reale.
Il Filosofo va diritto alla soluzione. Se di fatto il reale plurificato; e lessenza dal canto suo, come Platone
ha dimostrato, non plurificabile ma resta unica ed indivisibile; la plurificazione, in cui si attua la realt, non
dovuta alla forma e allessenza come tali, ma ad un principio da esse diverso e che insieme pu restare con le
medesime in quel rapporto che permette tale plurificazione. Principio, del resto, intravvisto dallo stesso Platone
nel e | e nella ,a a degli ultimi Dialoghi. Ma in lui tale funzione rest, a quanto pare, pi nellordine logico
che ontologico, non essendo egli arrivato| a concepire la possibilit che un principio estraneo alla forma potesse
avere una funzione ontologica complementare con essa, quale principio costitutivo della singolarit e
molteplicit. Il Platonismo non riusc a rendersi conto del valore che doveva assumere, per la conoscenza della
essenza stessa, il riferimento allessere concreto attuale, e la essenza platonica, perch era solo forma, rest
chiusa ed estranea allessere: Aristotele, ben prima del Varisco, aveva osservato che luniversale, come
universale, posto sul piano della realt, un assurdo.
Lassurdit svanisce quando, tenendo fermo al carattere di realt immediata che compete al singolare ed al
significato positivo che assume la singolarit, rispetto alla universalit, si ritiene che il principio, che fa la forma
singolare, non pu essere estraneo alla costituzione della sostanza, ma va detto ad essa intrinseco non meno
della forma stessa. Dato che la specie degli esseri naturali non esiste realmente che negli individui, il riferimento
al principio di plurificazione non meno necessario di quello formale di unificazione per la comprensione della
struttura del concreto. I Naturalisti e Democrito riducevano senza residui la realt alla materia (atomi) ed alle
sue determinazioni esteriori (moto, numero, figura, posizione...); Platone si era fissato tutto nella forma,
chiudendosi in un concetto del reale non meno arbitrario ed unilaterale. La posizione aristotelica, in quanto si
oppone ad ambedue, considera appunto la materia quale fondamento reale della forma e la forma immanente
nella materia; ritiene inoltre, e per conseguenza, che la essenza consta della sintesi unitaria di materia e forma
ed a questa sintesi che si riferiscono gli elementi della definizione. Possono esser dette allora sostanze tanto
la materia, come la forma, come il sinolo di ambedue, come anche luniversale espresso dalla definizione. Non
per allo stesso modo e con lo stesso diritto, ch luniversale, come tale, non reale se non in quanto
considerato realizzato, cio esistente nel singolare, e tanto la materia come la forma non esistono che nel sinolo,
essendo inconcepibile per ciascuna un qualsiasi grado di realt al di| fuori del mutuo darsi delluna allaltra nella
costituzione del concreto che solo veramente esiste.
Aristotele persuaso daver dato al problema della realt quella soluzione la quale, se pretende dessere
umana, deve soddisfare, non sacrificare, le esigenze del pensiero spontaneo, mostrando come in noi lo sviluppo
del pensiero ha in qualche modo da restare sempre intrinseco a se stesso. Poich, egli dice, tutti concordano in
questo, che alcune di quelle sensibili sono sostanze, noi dobbiamo cominciare la ricerca in questo campo: che
sempre utile passare per gradi a ci ch pi conoscibile. La cultura infatti si acquista cos: attraverso le cose
che sono meno conoscibili per natura si procede verso quelle che sono per natura pi conoscibili. E la fatica
proprio in questo: come nel campo delle azioni si deve far in modo che, partendo dal bene dellindividuo, il
bene generale divenga il bene dellindividuo stesso; cos, qui, dalle cose che a ciascuno sono pi facili a
conoscere, si deve andare a quelle che, conoscibili per natura, divengano tali per lui stesso. Pure conviene
prender le mosse da quelle deboli conoscenze, le quali tuttavia costituiscono ci che egli conosce; e sforzarsi,
passando come si detto attraverso di esse, di fargli conoscere ci ch conoscibile assolutamente
3
.
Raramente, come in questa pericope, stato mai espressa con accenti di schietta ed umana sincerit, la nostra
posizione rispetto alla conoscenza della realt. Essa, per Aristotele, giunto al termine ormai della sua prodigiosa
attivit scientifica e speculativa, non che il premio di unaspra disciplina teoretica, che ha da trasformare, non
sopprimere e neppure fermarsi in esse, le acquisizioni a cui si volge la mente nel suo esercizio spontaneo, in
altre di contenuto pi preciso e di maggiore sufficienza intrinseca. Possiamo ormai riconoscere, con lo Jaeger e
con tutta la tradizione aristotelica, che il motivo che caratterizza la metafisica definitiva del Filosofo, in
opposizione alle vedute sempre pi ristrette dei Platonici, costituito dal fatto che in essa il soprassensibile non
og|getto di contemplazione immediata ma di mediazione logica, e che quindi non punto di partenza, ma
punto di arrivo
4
. Il riconoscimento di realt, immediatamente data al sa`. sace| rispetto al sae eu, ha
cambiato lintero orientamento della vita umana, il cui compito ha da svolgersi in una ricerca del trascendente
perseguita senza posa, non fuggendo, ma penetrando i segreti fondamenti della realt che batte ai nostri sensi.
LAristotelismo intanto ha potuto dare una dimostrazione apodittica del vero trascendente, in quanto ha saputo
sceverarlo prima, e poi vederlo logicamente implicato a sostegno della realt desperienza, riconosciuta
insufficiente per una sua fondazione integrale.

La rivalutazione della materia nellordine metafisico doveva avere leffetto in genere della rivalutazione
dellesperienza in quello gnoseologico; parimenti la mediazione ontologica del concreto, rispetto
allaffermazione del trascendente, ha il suo riscontro in una mediazione analoga esercitata dai contenuti
sensibili, immediatamente dati, rispetto a quelli intelligibili. Se, nella sostanza sensibile, la forma immanente
alla materia, essa ritiene intrinseco nella sua definizione tale riferimento; le sostanze sensibili sono come il
camuso, forme di una certa materia; come camuso diciamo un naso, come di una materia che ha una certa
curva. Cos naso, occhio, fisionomia, carne, ossa, animale insomma; ovvero foglia, radice, scorza, piante
insomma e tutte le cose naturali non prescindono dal movimento e non sono mai senza materia; con ci
chiarito il modo in cui il fisico deve ricercare e definire lessenza delle cose
5
.
Questa impostazione, ormai definitiva, del problema dellessere porta a ritenere che le specie naturali hanno
lessere soltanto nella materia individuale e che non sono date altro che nelle concrete determinazioni
dellindividuo. Da ci biso|gna pure arguire che la conoscenza valida ed oggettiva della realt deve poter
abbracciare insieme tanto le determinazioni intelligibili, come quelle sensibili; la dialettica che Platone aveva
esercitato dal di fuori dellessere e solo per le forme, ricondotta da Aristotele allinterno dellessere, sia fra i
due princpi che la costituiscono come fra i due aspetti secondo i quali essa a noi si rivela nelle due sfere del
conoscere.
Si pone perci, per Aristotele e per noi, il problema della portata della conoscenza sensibile, degli accidenti,
rispetto a quella intelligibile, dellessenza. In Platone laccidente era il puro fenomeno della essenza e la
conoscenza sensibile un apparire puro, privo di ogni contenuto, sia pur remoto, di verit, risolvendosi, al pi, ad
eccitare lazione di Eros allesercizio della anamnesi per cui lanima poteva congiungersi allintelligibile
separato. Anche per Aristotele (e come poteva non esserlo?) la definizione abbraccia soltanto la essenza e
questa a sua volta non consta che degli elementi intelligibili. C identit di vedute allora, nel campo formale,
fra i due filosofi? S e no, come gi si visto: anche per il Filosofo, come per il suo Maestro, la scienza non si
costruisce che rispetto alluniversale e non si volge che alle essenze, come tali; lessenza naturale per, per
Aristotele, a differenza di Platone, non la sola forma, ma sinolo di materia e forma. Gli accidenti, oggetto
dellesperienza, che non trovavano alcun attacco nella essenza platonica, perch considerati, come la materia,
non essere, lo trovano invece in quella aristotelica in quanto la materia principio di individualit e di
contingenza. La conoscenza, che si vuol prendere della medesima rispetto al suo essere reale, sempre e
soltanto individuale.
Da questo punto di vista gli accidenti vengono intimamente incorporati alla sostanza, come suoi modi di
essere o prodotti che hanno nella sostanza una condizione del loro esistere, la loro causa totale o parziale.
Considerati nella loro realizzazione, gli accidenti da un lato partecipano dellessere della sostanza; e, dallaltro,
in essi che la sostanza si attua allesterno e si pu quindi anche far conoscere. Si fa qui il secondo passo nella
riduzione del problema platonico: non| solo la realt del sovrasensibile ha, per noi, da esser mediata da quella
sensibile: ma, in questa stessa, gli aspetti esteriori ed accidentali hanno una funzione isagogica necessaria per
arrivare a quelli pi interni ed essenziali. In quanto gli accidenti sono aspetti dellindividuo e questo solo
lente reale, anche gli accidenti devono esser ricondotti allessere; lo sono in quanto vengono concepiti in un
rapporto di inerenza alla sostanza. Difatti Aristotele, nella forma pi matura del suo pensiero, attribuisce
espressamente agli accidenti una propria essenza, distinta da quella della sostanza, non separata, per, o
indipendente da essa
6
. Ci che viene concepito come costitutivo della realt accidentale perci unessenzialit
intelligibile, che ha come interno principio della propria intelligibilit una ulteriore essenzialit per se stessa
intelligibile: nellordine dellessere reale la sostanza la realt primaria autosufficiente; laccidente, quella
secondaria e dipendente. Ma siccome, come si visto, litinerario del nostro pensiero segue un ordine inverso a
quello che hanno gli esseri nella natura e conosciamo prima gli esseri sensibili degli immateriali per s
sussistenti e causa dei sensibili ed anzi questi non ci sarebbero noti, se prima non avessimo conoscenza di
quelli; cos ci sono prima noti gli accidenti della sostanza e di questa non possiamo avere o formarci alcuna idea
indipendentemente da quelli.
La concezione che Aristotele si fatta del concreto si approfondisce sempre pi, e con essa cresce
proporzionalmente di importanza il problema della percezione. La essenza non consta di sola forma, ma anche
di materia per la quale la essenza pu esser detta immanente al reale; e la essenza intelligibile, immanente al
reale, non neppure da concepirsi come costituita dalla semplice natura comune delle cose cio come un
universale, bens come contenente in s, alla maniera di determinazioni positive, ci che la realt presenta di pi
particolare e individuato. Ne segue che non solo la forma non pu essere concepita reale senza la materia, ma
neppure| lessenza non ha realt alcuna che da e per le attuazioni accidentali che pu ricevere nella realt
7
.
In conclusione: lessenza anche reale non tutta, ma solo parte della realt che compete allente reale
sussistente in natura. La dualit di materia e forma nellordine essenziale ha per riscontro nellordine reale la
dualit di sostanza e di accidenti. Materia e forma intanto costituiscono la sostanza del concreto in quanto sono
anchesse singolari ed individuali. Gli accidenti reali, daltronde, sono gli indiz, non diciamo i costitutivi,
pi manifesti di quella singolarit pi profonda; ma non sarebbero tali se non avessero una proporzione reale
con i princpi sostanziali. Gli accidenti possono rivelare quindi alla mente non soltanto latto o fatto esistenziale
della sostanza ma anche quello essenziale, essendo i due aspetti essenziale ed esistenziale gnoseologicamente
inscindibili. Gli accidenti, che sono loggetto della sensibilit, vanno riconosciuti quindi in via di diritto nella
concezione del sinolo aristotelico gli indiz della sostanza e come litinerario obbligato per qualsiasi
comprensione intelligibile della medesima. Sensibilit ed intelletto, in quanto luna facolt apprensiva
dellaccidente e laltra della sostanza, non solo non sono coscienze di oggetti al tutto diversi od estranei, ma
mutualmente simplicano nellatto della conoscenza adeguata del reale.
Il circolo non devessere per completamente saldato, ch altrimenti tutto il processo sarebbe vano ed
Aristotele non era certo cos grosso da non accorgersene. Ammette egli, nella trattazione sistematica del De
Anima, che lelaborazione sensoriale prerequisita bens allapprensione della essenza, ma tale funzione non va
pi in l. Lapprensione dellintelligibile segna un passaggio al limite nei riguardi della conoscenza sensoriale,
qualunque essa sia: suppone essa perci lintervento attivo di un principio adeguato alla condizione
dimmaterialit ed intelligibilit delloggetto. Questa produzione dellintelligibile detta con maggior
accuratezza da Aristotele| astrazione dellintelligibile dal sensibile e delluniversale dal singolare. Non
potendo occuparci della robusta struttura metafisica che ha questa dottrina nellAristotelismo, baster che
concentriamo brevemente lattenzione su alcune considerazioni finali, che riassumono insieme le indagini
precedenti e pongono nei veri termini il problema della percezione intellettiva nel quadro della gnoseologia
aristotelica. Possiamo schematizzare:
a) Lintelletto umano raggiunge lintelligibile per un processo di astrazione dal sensibile: ha quindi
per oggetto proprio ed adeguato lessenza astratta delle cose sensibili.
b) Il processo di astrazione non capriccioso, ma reso possibile ex parte objecti dalla preparazione
che la cogitativa opera sui contenuti molteplici e disparati desperienza onde lintelletto possa dirigere il suo
raggio unificante allapprensione dellessenza indivisibile.
c) Il senso apprende per s i contenuti esteriori concreti; lintelletto apprende lessenza in astratto.
Ciascuna facolt, quindi, considerata isolatamente, non pu dare che una conoscenza inadeguata della realt
attuale, che non data da sole determinazioni accidentali ma anche ed anzitutto dalle essenziali; ma che
daltronde non data neppure da determinazioni universali, bens da quelle individuali. La conoscenza adeguata
della realt esige perci una sinossi di ambedue gli aspetti oggettivi della realt, sinossi operata sintende da
una facolt unica ed unificante.
Non possibile realizzare, in qualche modo, tale conoscenza integrale di concreto ed astratto?
2. LA PERCEZIONE INTELLETTIVA DEI SINGOLARI
a) Laporia aristotelica
Opposta tanto allattitudine moderna, che ha finito per rifugiarsi in una mediazione assoluta del reale data dal
pen|siero, quanto a quella pi comune fra gli Scolastici, che ammetteva unassimilazione intellettuale pi o
meno diretta del singolare come tale, la posizione tomistica esige, per esser esattamente compresa, molta cautela
ed una certa finezza di analisi, anche per poter esattamente valutare il linguaggio vario dei testi ed alcune
oscillazioni che su qualche punto si sono verificate allinterno della stessa Scuola Tomistica.

* * *

Si pu dire anzitutto che lAngelico Dottore si trova daccordo con il Filosofo nellattribuire in proprio al
senso la conoscenza del singolare concreto e allintelletto quella delluniversale astratto: Sed contra est quod
dicit Philosophus
8
, quod universale secundum rationem est notum, singulare autem secundum sensum (I, q. 86,
a. 1). Il problema, per, se anche lintelletto possa avere qualche commercio con il reale contingente e vario
dellesperienza, problema che, almeno ad un certo momento, fu presente allo stesso Aristotele. Nel libro III del
De Anima, allinizio del trattato sullintelletto, il Filosofo si preoccupa, dopo aver indicato con brevi tratti la sua
teoria intorno ai rapporti fra il concreto e lastratto, come lanima si congiunga ai medesimi: se con facolt
diverse, o se possibile che una stessa facolt, lintelletto, possa congiungersi ad ambedue. Infatti, altra cosa
la grandezza (in concreto) e lessenza della grandezza, come lacqua e lessenza dellacqua, la carne e lessenza
della carne (e cos si dica di un gran numero di cose ma non di tutte, poich per alcune lastratto ed il concreto
sono la stessa cosa); allora lanima apprende lessenza della carne e la carne con facolt diverse, oppure con la
stessa facolt ma in un modo diverso. Poich la carne in concreto non senza materia ma come| il camuso
cio una forma realizzata in una determinata materia. Pertanto per la facolt sensitiva che lanima percepisce il
caldo e il freddo, come quelle altre qualit reali che prese in tale e tale proporzione costituiscono la carne. Ma
o per unaltra facolt, o (per la stessa) nella medesima situazione della linea spezzata, in quanto pu essere
raddrizzata, che lanima apprende la carne e lessenza della carne. Ed anche per quanto concerne i concetti
astratti (cio matematici), anche la linea retta come il camuso: essa infatti si trova nel continuo; per quanto
riguarda lessenza allora altro la linea retta, altro lessenza della linea retta. Supponiamo che questessenza sia
la diade. Adunque, lanima le percepisce con una facolt diversa, oppure con la stessa facolt ma diversamente
disposta. Ed in generale si deve dire che come le cose si trovano rispetto alla materia, cos si trova lintelligenza
a loro riguardo
9
. La densa argomentazione pu essere riassunta nei seguenti punti:
a) Tanto nelle realt fisiche, come in quelle matematiche, bisogna far distinzione fra queste realt in
concreto e la loro essenza.
b) Il senso ha per compito proprio di afferrare queste essenze nella loro esistenza concreta; lintelletto
invece le apprende nella separazione della materia.
c) Pertanto, o per facolt diverse che lanima apprende il concreto e lastratto, oppure, se ci avviene
con la stessa facolt (lintelletto), bisogna supporre che essa si trovi diversamente disposta nei due casi ed
ammettere che lintelletto conosca il concreto ripiegandosi e congiungendosi al senso. Apparentemente il
Filosofo non ha risolto questalternativa, ma la maggior parte dei Commentatori ritiene che egli inclinasse
positivamente per il secondo membro
10
. Comunque| ci possa essere, la posizione tomista , al confronto, assai
pi esplicita.
Anchessa parte dal principio che lintelletto umano non ha presa diretta che sopra lastratto: questa, pi che
un punto di partenza, la stessa radice speculativa di tutto il problema in questione. noto infatti che la
metafisica aristotelica poggia tutta sulla nozione di atto e potenza, di materia e forma. Latto e la forma
costituiscono lessere stesso e portano in s tutti i suoi valori; la potenza e la materia invece non sono che la
recettivit dellessere e delle sue attuazioni, recettivit che suppone unindigenza radicale e che poi fonda,
nellessere a cui si unisce, ogni imperfezione ed opacit che allessere possa venire. alla materia, in quanto il
principio della soggettivit ed imperfezione nellordine ontologico, che bisogna quindi ricorrere per spiegare la
moltiplicazione che riceve lastratto nei concreti e la degradazione e frammentazione delle perfezioni che in essi
viene a subire. Dicendo che la materia il principio radicale dellindividuazione dellastratto, si esprime con un
sol termine la funzione metafisica propria della potenza rispetto allatto e della materia in particolare rispetto
alla forma. questa dottrina dellindividuazione della forma per via della materia come da ultima radice, e dalla
materia signata quantitate come da radice prossima, che comanda dallinterno lo sviluppo della posizione
tomista circa la conoscenza umana del concreto e che ragione della prima negazione| categorica di
unassimilazione diretta da parte dellintelletto rispetto al concreto stesso. Il concreto allora potrebbe essere
direttamente conosciuto, quando la potenza conoscitiva apprendesse direttamente in s la ragione propria della
singolarit del concreto e come essa si sviluppi allinterno del concreto; ma poich la materia, che potenza
pura, non esercita al di fuori alcuna irradiazione intelligibile, una tale conoscenza della materia, in s, non
possibile altro che a priori, in un mezzo conoscitivo che sia ontologicamente anteriore ed in s indipendente
dalla realizzazione fisica del concreto stesso. Una conoscenza di questa natura propria di Dio creatore,
secondo S. Tommaso, e pu esser partecipata in modo finito anche agli spiriti, puri da qualsiasi materia
11
.
Luomo invece, appunto per via della materia che fa parte della sua essenza, non pu attuare il suo intelletto se
non a posteriori per una rigorosa dipendenza dal concreto gi realizzato. E siccome il principio di ogni
attualit del concreto e quindi anche della sua diffusione intelligibile, la forma, cos allintelletto umano non
pu arrivare che la similitudine della forma, onde la conoscenza umana detta essere per astrazione dalla
materia e dalle note individuanti:
Quaelibet actio sequitur conditionem formae agentis, quae est principium actionis, sicut calefactio
mensuratur secundum modum caloris. Similitudo autem cogniti, qua informatur potentia cognoscitiva, est
principium cognitionis secundum actum sicut calor calefactionis; et ideo oportet ut quaelibet cognitio sit per
modum formae quae est in cognoscente. Unde cum similitudo rei quae est in intellectu nostro accipiatur ut
separata a materia et ab omnibus materialibus conditionibus, quae sunt individuationis principia; relinquitur
quod intellec|tus noster, per se loquendo, singularia non cognoscat, sed universalia tantum
12
.
Il senso invece, poich una facolt legata ad organi materiali, ha un contatto diretto con le qualit concrete
degli oggetti desperienza ed comprensibile che la sua conoscenza possa ulteriormente svilupparsi fino a
raggiungere una certa comprensione globale dellindividuo secondo le condizioni reali di contingenza nelle
quali esso si trova in un dato istante. In ultima radice, anche per Aristotele e S. Tommaso, non la singolarit
come tale, che impedisce al concreto di essere direttamente intelligibile, ma il fatto soltanto che lindividualit
in esso in funzione della materia che impervia allintelletto umano
13
. Il Robin ha voluto recentemente porre
in dubbio se nellintimo del pensiero aristotelico non si debba piuttosto ammettere che lindividualit verrebbe
ad essere direttamente intelligibile
14
. Gli Aristotelici per di tutti i tempi continuano a ritenere che una
interpretazione di questo genere va, come poche altre, contro lessenza stessa dellinnovazione del Filosofo
contro il suo Maestro. Comunque il solo fatto che la tesi del Robin costantemente sorretta dalla sottile finalit
di trovare lAristotelismo in pieno fallimento, poich alla fine| anchesso ricadrebbe, malgrado tanti apparenti
sforzi, nel Platonismo, accumulando in s e per di pi le deficienze del sistema che voleva criticare e quelle
proprie che gli venivano dal fallito tentativo di reazione, ragione sufficiente per ritenere ancora ben fondata
lesegesi tomista che quella dei maggiori aristotelici.
b) Apprensione indiretta del concreto
Pi avveduti, almeno dal punto di vista delle esigenze dei princpi, sono stati gli Antitomisti antichi
15
e
recenti, i quali, accettando il linguaggio chiaro dei testi del Filosofo e del suo discepolo, hanno preferito trovare
errata la nozione aristotelico-tomista di materia prima come potenza pura cio priva di qualsiasi attualit. A
parer loro, un filosofo cristiano, che ammette la creazione da parte di Dio di tutti gli esseri (la materia
compresa), non pu accontentarsi della nozione che della materia poteva avere un pagano che era rimasto
alloscuro di questinizio assoluto di tutte le cose. Pense par Dieu, osserva il P. Romeyer, et cre par lui, la
matire premire des tres sensibles est intelligible Dieu. Elle a donc un minimum de dtermination positive et
propre, minimum trop faible pour quelle puisse subsister part, et autrement que comme sujet dune
dtermination suprieure et dominatrice, la forme substantielle
16
. Secondo questa esegesi per|ci il pensiero
definitivo di S. Tommaso, pi che dalle tesi cosmologiche e psicologiche, ancora impregnate del dualismo della
cultura classica, va giudicato dalle tre tesi centrali intorno alla creazione, alla analogia, ecc., che costituiscono le
idee specifiche e definitive del sistema, mentre le prime non sono che il genere prossimo
17
. Siamo alla solita
esegesi della conciliazione. Ma chi pi e meglio di S. Tommaso poteva rendersi conto della portata reale dei
princpi che abbracciava? a meno che non si voglia suggerire che il S. Dottore, a cominciare dalle sue posizioni
essenziali, ha proceduto a caso, facendo di ogni erba un fascio e contraddicendosi intorno ad uno stesso
problema, in una stessa opera ed anzi in un medesimo articolo! Ci pare quindi che sia pi opportuno risolvere i
problemi uno per volta e che il Tomismo nella trama dei suoi princpi essenziali o venga accettato com, o sia
rigettato in blocco; ed troppo comodo, ma per poco serio, dal punto di vista tanto speculativo come storico,
lasciarsi vincere in questa parte da suggestioni di ordine estrinseco. Facendo credito pertanto alla consistenza
speculativa della posizione del S. Dottore intorno alla struttura dellindividuo materiale, cerchiamo di mettere in
vista come, malgrado la recisa negazione di una conoscenza intellettuale del singolare, egli arrivi a difendere
ancora una qualche apprensione che lintelletto pu avere dellessere concreto.
In verit nei testi tomisti quella negazione categorica immediatamente temperata dallaffermazione che
lintelletto non| al tutto escluso dalla conoscenza del concreto, ma pu avere del medesimo una conoscenza
indiretta per via di una certa riflessione. Leggiamo la prima parte dellarticolo della Somma Teologica, che
per la dottrina complessiva il testo pi completo:
Singulare in rebus materialibus intellectus noster directe et primo cognoscere non potest. Cuius ratio est
quia principium singularitatis in rebus materialibus est materia individualis. Intellectus autem noster, sicut supra
dictum est (q. LXXXV, 1), intelligit abstrahendo speciem intelligibilem ab huiusmodi materia. Quod autem a
materia individuali abstrahitur est universale. Unde intellectus noster directe non est cognoscitivus nisi
universalium. INDIRECTE AUTEM ET PER QUAMDAM REFLEXIONEM potest cognoscere singulare...
18
.
Si sa che la capacit di riflettere, in quanto importa un redire complete supra seipsum, la caratteristica
delle nature spirituali, le quali, poich sono libere completamente dalla materia e dallestensione, permettono
alle po-tenze (che siano sempre anchesse immateriali) di trovarsi in s riunite, secondo una perfetta
autopresenza, e di poter quindi ripiegarsi sopra di s e dei propri atti, ci che non pu avvenire nelle potenze
legate ad organi materiali. Lanima umana e lintelletto sono immateriali e possono quindi operare su di s e sui
propri atti una riflessione completa. Si deve per osservare che la riflessione a cui fa ricorso S. Tommaso per
spiegare la conoscenza che lintelletto pu avere dei singolari, non pu essere la sola riflessione ora accennata,
per la semplice ragione che lintelletto, riflettendo su di s al termine delloperazione astrattiva delluniversale,
non vi potr trovare che questuniversale soltanto. La riflessione a cui fa ricorso lAngelico va intesa in un senso
meno rigoroso e che si verifica soltanto nelluomo, dotato ad un tempo di sensibilit e dintelligenza. Ora| per il
fatto che lintelligenza, come potenza immateriale e pi nobile, tiene il principio di tutta la vita cosciente, essa
pu ritornare non solo su di s, ma su tutto il processo complessivo che porta naturalmente allintendere e
quindi anche su gli atti ed oggetti della sensibilit. S. Tommaso indica la natura di questa riflessione con termini
molto espressivi: essa come una conversio, una reversio, una continuatio dellintelletto con il senso, e
perfino una applicatio
19
.
Nelle varie opere essa descritta secondo uno schema abbastanza uniforme
20
: Anima ergo cum corpore
coniuncta non cognoscit nisi per formas a rebus acceptas: et ideo per potentiam illam cognoscitivam in qua
formae a rebus omnino immaterialiter recipiuntur, directe singularia non cognoscit, sed solummodo per
potentias organis affixas: sed indirecte et per quamdam reflexionem ETIAM per intellectum, qui organo non
utitur, cognoscit singularia: prout scilicet ex obiecto proprio redit ad cognoscendum suum actum, ex quo actu
redit in speciem quae est intelligendi principium; et ex ea procedit ad considerandum phantasma, a quo species
huiusmodi est abstracta: et sic per phantasma singulare cognoscit
21
.
Altrove e pi di frequente la descrizione pi concisa, ed invece di presentare il processo di riflessione in tre
tappe (atto-specie-fantasma) si dice genericamente che la conoscenza del singolare avviene per la riflessione
dellintelletto sopra il fantasma
22
. Tutta questa elaborazione, a cui lAngelico ricor|re, sembra alla fine di una
struttura molto semplice: come nelluomo lessenza non data dalla sola sua forma immateriale, ma vi ha parte
anche la materia, cos, e di riverbero, anche il suo conoscere si deve attuare per due facolt distinte ed insieme
complementari che sono il senso, apprensivo del concreto e del contingente, e lintelletto, apprensivo
delluniversale astratto e necessario. Ma poich lintelletto immateriale, pu riflettere anche sulloggetto del
senso ed avere a suo modo anche una conoscenza dello stesso concreto.
c) Riflessione psicologica e immediatezza gnoseologica
Ma il problema va serrato un po pi da vicino. Veramente, se si vuole stare rigorosamente alle esigenze
formali delle nozioni, non solo lintelletto non ha una presa diretta sopra gli individui singolari, ma non si
comprende neppure come la possa avere il senso. Il senso si limita allapprensione delle qualit esteriori, e non
pu raggiungere la sostanza individua nella sua concretezza, onde il problema sta per arenarsi in un cerchio
chiuso. Ma il Tomismo, con buona pace del P. Santeler, Aristotelismo e non Platonismo. Per esso ci che ha
valore primario lordine reale, nel quale il problema cambia completamente aspetto. Il genere infatti un
astratto e come tale non sussiste, ma si realizza soltanto nelle specie, poich queste sole esprimono dei modi
reali di essere in natura. E siccome lessere in natura intrinsecamente vario, lanimalit e la sensibilit si
trovano differentemente realizzate a seconda del grado di essere e delle perfezioni della specie che le portano.
Questa differenza fra le varie animalit e sensibilit sul piano reale differenza anzitutto ontologica e
conseguentemente anche funzionale appare in piena evidenza in quella facolt che responsabile della vita
dellanimale e alla quale quindi spetta di dirigere tutte le altre nel terreno incerto ed insidioso dellesperienza.
Questa facolt, che nellanimale irrazionale detta aestimativa, nelluomo, per la vicinanza che essa ha con
lintelletto, assurge a speciale nobilt ed detta, come sappiamo, nella psicologia averroista-tomista|
Cogitativa. suo compito, com stato detto sopra, di affermare un po alla volta e per mezzo di ragionamenti
particolari, i contenuti caratteristici della concretezza materiale, e primo fra tutti quello della sostanza individua
e concreta.
Diciamo allora: se lintelletto umano, come tale, non apprensivo dei singolari, non lo neppure il senso, in
quanto senso; lo per la parte pi nobile della sensibilit umana, la Cogitativa, la quale per lunione e
partecipazione che ha alla ragione, pu apprendere il singolare tanto secondo lintentio singularitatis, quanto
secondo la intentio substantialitatis, e questo formalmente in quanto sensibilit umana, e non in quanto pura
sensibilit. Luomo quindi apprende i singolari nella loro concretezza reale con la Cogitativa, e non con
lintelletto, che propriamente facolt universalizzatrice dei contenuti concreti scoperti dalla Cogitativa
(Intentiones individuales decem praedicamentorum secondo lefficace espressione di Averro). Ma poich la
Cogitativa, come (anzi pi di) tutta la sensibilit in atto, resta presente allintelletto, questo nella riflessione pu
rendersi conto del contenuto del fantasma della Cogitativa, e argomentando dai segni individuali ivi presenti,
racimolare per conto suo qualche informazione circa lesistenza e la natura del singolare concreto: della
Socrateitas esistente hic et nunc.
esattamente questa la posizione di S. Tommaso? Cos ha pensato il principe dei suoi commentatori, il
Gaetano, il quale ha sostenuto esser opinione dellAngelico Maestro che il nostro intelletto conosce i singolari
arguitive e non per concetto proprio, ma in conceptu alieno, nellidea universale. Lintelletto riferirebbe i
segni individuali trovati nel fantasma allidea universale in modo simile (bench inverso) di quanto, a partire
dalle creature, arriva a formarsi una qualche conoscenza della natura divina che in esse si riflette. Conoscenza
arguitiva, in alio, rigorosamente mediata
23
.|
Ma il Gaetano, che fra Neoscolastici continua a trovare sinceri seguaci
24
, ai suoi tempi rimasto solo
25
.
Che intende il Gaetano per la sostanza singola, la Socrateitas? Se intende la determinazione ultima
individuale della sostanza, dallinterno dei suoi princpi costitutivi, essa non certamente n pu essere oggetto
di percezione sensitiva, perch in radice un contenuto intelligibile; e neppure di apprensione intelligibile
perch nelluomo questa termina per s alluniversale e non al singolare.
Il Gaetano si ferma allindividuum vagum, mentre la esperienza ci dice che noi percepiamo Socrate,
vediamo lamico che ci sorride..., che sono contenuti intelligibili ben determinati. Si deve ammettere allora che
oltre la conoscenza adeguata dellindividuo, che hanno Dio e, da Lui, gli Angeli, la| quale parte dallinterno
verso lesterno, si d anche una conoscenza inadeguata certamente, ma sempre immediata e propria che va
dallesterno verso linterno. Conseguenza ovvia questa, oltre che fatto desperienza, se vero ed il Gaetano da
buon aristotelico non lo pu negare che le propriet sensibili sono le manifestazioni esteriori di quelle
sostanziali interiori. La conoscenza indiretta, che pu avere la mente di singolari concreti, consiste appunto
nellapprendere la sostanza nelle sue propriet, le quali, per il fatto che la caratterizzano, possono ben fondare
una conoscenza sufficiente del singolare secondo un contenuto proprio, e non in conceptu alieno come
conosciamo Dio
26
.
Al pi, se si dovesse ammettere qualche argomentazione in questa parte, essa si ridurrebbe ad una qualche
forma di induzione, e tale probabilmente la maniera della prima fissazione dei contenuti ontologici in
concreto; mai di argomentazione sillogistica come per la esistenza di Dio. Se la fondazione critica della
conoscenza esige un contatto diretto con il concreto, questo non pu esser dato che dalla percezione intellettiva
del singolare. Tale percezione viene fissata la prima volta in modo induttivo, e poi si esercita immediatamente
sul suo oggetto come ogni abito mentale. Altrimenti, se anche il singolare ci che per noi prima di ogni
altra cosa , fosse gnoseologicamente mediato, dove si va a finire?
Altri Tomisti contemporanei del Gaetano, pur accettando senza riserve la profonda teorica della cogitativa
tomista, ne avanzarono invece di molto gravi riguardo alla conseguenza che il Gaetano aveva derivata, quella di
aver finito con negare allintelletto qualsiasi conoscenza immediata del singolare:| una soluzione di questo
genere appariva troppo radicale e punto suffragata dai testi tomisti.
Quello che i testi tomisti negano allintelletto lapprensione diretta soltanto, ed affermano categoricamente
unapprensione indiretta ... etiam per intellectum (IV Sent., Dist. 50, q. I, a. 3): evidentemente apprensione
indiretta non equivalente di arguitiva. Ed una cognizione indiretta pu essere, psicologicamente, ancora
una conoscenza immediata. Riporto, in parte, un testo gi noto, ma troppo importante per il problema; chiarita la
nozione di sensibile per accidens, lAngelico conclude: Huiusmodi (sensibile per accidens) autem tunc sensus
exterior dicitur sentire, quamvis per accidens, quando ex eo quod per se sentitur, vis apprehensiva cuius est illud
cognitum per se cognoscere, STATIM SINE DUBITATIONE ET DISCURSU apprehendit... (In IV Sent., Dist. 49, q. II,
a. 2). Come spiegano i Gaetanisti questo testo? S. Tommaso, quando tratta di questa conoscenza, parla sempre
di riflessione sopra i fantasmi, di conversione alla fantasia e allimaginazione, di aiuto che le facolt
sensitive, e specialmente la cogitativa, prestano allintelletto in questaffare; mai dice che sia la sola sensibilit
ad apprendere il singolare, n asserisce che si tratti di una conoscenza arguitiva e meno ancora che noi
conosciamo i singolari allo stesso modo con cui conosciamo lessenza divina
27
.
En comparant ce texte (I, q. LXXXVI, a. 1), osserva il P. Wbert, aux passages similaires lon voit quil
sagit non| dune infrence (cognitio arguitiva), mais dune opration originale quon nomme rflexion ... A
la vrit, cette connaissance est imparfaite (per quamdam cognitionem); et devra tre complte par des
infrences. Mais lon ne peut passer sous silence ce regard dvi sans supprimer une opration spciale,
dcrite avec prcision
28
. Il fatto che S. Tommaso usa lanalogia dello specchio significativo: il primo
movimento dellanima per loggetto, rappresentato dallimmagine, ma assieme e per questo, vista anche
limmagine come immagine, in modo proprio e distinto anche se indiretto. Sicut per similitudinem quae est in
visu a speculo accepta, directe fertur in cognitionem rei speculatae; sed per quamdam reversionem fertur per
eamdem in ipsam similitudinem quae est in speculo (De Veritate, q. II, a. 6).
Inoltre, incalzano questi Tomisti, se lintelletto, come tale, non avesse una sua apprensione del singolare, la
vita diventerebbe impossibile, poich verrebbe soppressa ogni possibilit di passare allazione la quale versa
solo sul concreto. Lintelletto pratico e lintelletto speculativo per S. Tommaso sono ununica ed identica
facolt; ma lintelletto pratico non potrebbe in alcun modo disporre dei singolari, se lintelletto speculativo non
li conoscesse veramente. Tanto la cogitativa, quanto lintelletto conoscono il singolare, ma non allo stesso
modo: lintelletto, a differenza della cogitativa, lo apprende altiori modo
29
, cio in modo immateriale in
quanto non si ferma alle note individuali della sostanza concreta, ma ne afferra la portata ontologica in quanto
vede indicata da e in| esse la realizzazione concreta dellastratto. Bench adunque lo sguardo dellintelligenza
vada direttamente alluniversale, esso pu ritenere ancora in qualche modo nel suo campo visivo, direi come in
visione periferica, anche il singolare, che annunziato dai sensi interni, analogamente a quanto avviene nel
Senso Comune, il quale, oltre la funzione propria di giudicare (e appunto per essa), avverte e tiene compresenti
gli atti e gli oggetti di tutti i sensi interni. Come il senso comune, pare di dover dire, in quanto facolt
discriminativa degli oggetti dei sensi esterni, deve aver presenti a s gli oggetti e gli atti dei var sensi; e come la
cogitativa, in quanto facolt apprensiva per discriminazione (collatio) dei contenuti di valore reale dei
sensibili, deve aver presenti tanto i contenuti di esperienza attuale, come di esperienza passata; cos lintelletto,
in quanto facolt discriminativa del particolare e delluniversale, deve poter tenere a s presenti tanto
luniversale, che il suo oggetto proprio e il termine ad quem dellastrazione, quanto il fantasma della
cogitativa che il termine a quo.
Lanalogia dellintelletto al senso comune portata dallo stesso S. Dottore nel commento al testo aristotelico
con cui si inizia questa ricerca, ed assai difficile non vedervi un argomento decisivo in favore dellesegesi tra-
dizionale, che il Gaetano ha voluto abbandonare. (Sed) opportet quod alia potentia discernat esse carni, idest
quod quid est carnis. Sed hoc contingit dupliciter: uno modo sic quod ipsa caro vel quidditas carnis
cognoscantur potentiis omnino ad invicem diversis: puta quod potentia intellectiva cognoscitur quidditas carnis,
potentia sensitiva cognoscitur caro: et hoc contingit quando anima per se cognoscit singulare et per se cognoscit
naturam speciei. Alio modo contingit, quod cognoscitur caro et quod quid est carnis: non quod sit alia et alia
potentia: sed quia una et eadem potentia, alio et alio modo, cognoscit carnem et quod quid est eius: et illud
oportet esse cum anima comparat universale ad singulare. Sicut enim supra dictum est quia non possemus
sentire differentiam dulcis et albi, nisi esset una potentia sensitiva communis quae cognosceret utrum|que, ita
etiam non possemus cognoscere comparationem universalis ad particulare, nisi esset una potentia quae
cognosceret utrumque. Intellectus igitur utrumque cognoscit, sed alio et alio modo. Cognoscit enim naturam
speciei, sive quod quid est, directe extendendo seipsum; ipsum autem singulare, inquantum redit super
phantasmata, a quibus species intelligibiles abstrahuntur
30
.
quindi per la funzione di facolt principale, e quindi di coscienza universale di tutta la vita dellindividuo,
che lintelletto deve conoscere il singolare: se fosse solo la cogitativa a conoscerlo, lintelletto e la cogitativa
sarebbero come due uomini separati, e sarebbe perduta lunit di coscienza. Solo lammissione di una
conoscenza del singolare, anche da parte dellintelletto, pu spiegare come noi ragioniamo anche sui singolari,
imponiamo i nomi propri alle cose, formiamo la proposizione Socrates est homo, e inseriamo la minore
particolare nel sillogismo prudenziale
31
. N si dica che per tutto questo basta lapprensione della cogitativa: essa
resta intrinsecamente una facolt della sensibilit e la sua funzione essenzialmente isagogica alla vita
dellintelletto, tanto sotto laspetto pratico, quanto sotto quello speculativo e non pu mai assurgere a principio
sufficiente nella nostra vita cosciente. Il Gaetano con la sua teoria della conoscenza arguitiva, in conceptu
alieno, e nientemeno quemadmodum cognoscitur deitas, andato davvero troppo avanti, ed i Tomisti, che si
sono sentiti gelosi della tradizione, hanno fatto bene a ribatterlo anche per salvare il Tomismo dallagnosticismo
radicale a cui quella teoria condurrebbe, qualora fosse condotta alle sue legittime conseguenze. In particolare il
Gaetano ha dato poco o nessun risalto in questa questione alla teoria to|mista della conversio ad phantasmata,
la quale sta al centro di tutta la gnoseologia tomista in quanto fornisce il punto di sutura fra il concreto e
lastratto nel loro esser dati alla identica coscienza umana.
3. PERCEZIONE INTELLETTIVA, ASTRAZIONE ED INTUIZIONE ASTRATTIVA
a) Conoscenza del singolare e specie intenzionale
Malgrado il carattere elementare della nostra ricerca, dobbiamo per pochi istanti fermarci su alcune nozioni
di ordine sistematico: la divagazione avr il vantaggio di chiudere in un saldo anello la soluzione definitiva del
problema con la nozione aristotelica del concreto, quale stata indicata allinizio del capitolo.
Lammissione di una conoscenza propria e distinta dellintelletto circa il singolare, se risolve un arduo
problema, ne pone un altro non meno delicato per unesegesi tomista che si preoccupi della piena coerenza dei
princpi interessati nella questione. Ammesso che lintelletto conosca veramente, e quindi per una certa
assimilazione, il singolare, si deve anche ammettere che questo suo atto abbia un termine mentale, poich nella
gnoseologia tomista non si d alcuna assimilazione intellettuale senza la produzione di un verbum che sia per
lanima lespressione interiore delloggetto conosciuto
32
. Ma possibile avere un verbum per il singolare
materiale? Per un tomista la questione tuttaltro che evidente. Il verbum ci che c di pi immateriale e
perfetto nella nostra vita, e ben si comprende come esso possa formarsi al termine della conoscenza astrattiva,
poich questa preparata da unadeguata specie impressa, frutto dellastrazione disindividuante. Si comprende
anche come dalle specie espresse, gi| formate, possa lintelletto nella riflessione perfetta su di s, formarne
delle altre secondo che procede nellapprofondimento del contenuto dei suoi oggetti. Ma come si possa arrivare
alla formazione di un verbum al termine di quella particolare riflessione che porta alla conoscenza del
singolare, nella quale concorrono i fattori pi disparati, quali sono i fantasmi concreti e le idee universali, non
facile vedere. Questo impaccio, che non esiste nella posizione del Gaetano, si pone in pieno per gli altri Tomisti.
Ma essi, per grave che possa essere la difficolt, non hanno ceduto e lhanno risolta in un modo certamente
ingegnoso. Ammettono essi che lintelletto arrivi alla formazione di un verbum proprio anche del singolare
ma si tratta di un verbum formato in un modo speciale e che insieme ha una funzione rappresentativa al tutto
particolare. Esso sarebbe formato dallintelletto in dipendenza del fantasma, di guisa che il contenuto universale
della specie intelligibile, in quanto viene determinato dal contenuto individuale del fantasma, si pu scindere,
diciamo cos, in altrettanti verba di secondo ordine che corrispondono ai singolari nei quali visto essere
realizzato.
Francesco Silvestri di Ferrara pone espressamente la questione: Utrum in cognitione ista per reflexionem
formet in seipso intellectus proprium conceptum singularis. Avendo osservato contro il Gaetano che S.
Tommaso parla di una conoscenza distinta e non confusa, passa a mostrare la necessit di ammettere un
concetto proprio, bench non strettamente quidditativo del singolare: Quia ad hoc ut aliquid intelligatur,
necesse est ut praesens fiat intellectui obiective: ad hoc autem ponit S. Thomas necessarium esse conceptum, et
ideo si debet intelligi singulare in sua singularitate, oportet ut formetur de ipso conceptus aliquis proprius, aut
scilicet omnino distinctus ab alio conceptu, aut qui virtualiter ipsum proprium contineat, expresse scilicet
singulare, in sua singularitate repraesentans.
Secondo S. Tommaso ripugna un concetto dellindividuo che sia causato dalla stessa cosa, essendo la prima
intellezione per astrazione delle condizioni materiali: Non autem repu|gnat intellectui similitudinem habere
singularis, quae sit conceptus ab ipso intellectu formatus, dum cognoscendo speciem intelligibilem, ex ipsa
cognita, format in se conceptum phantasmatis et singularis a quibus ipsa species est aliquo modo causata. Nec
oportet ut abstrahat ab hic et nunc intellectus quantum ad ea quae cognoscit reflexe, licet in se immaterialis sit;
quia ille conceptus immaterialis existens, et non determinatus ab hic et nunc in essendo, materiales conditiones
immaterialiter repraesentat, sicut et species intellectus angelici
33
.
Questo concetto, precisa Bannez, poich non astrae ma si riferisce allhic et nunc e alle condizioni
individuali del momento in cui avviene la riflessione, resta intrinsecamente inadeguato: essendo il singolare, per
via della materia, in bala della contingenza, il concetto che ho presentemente di un singolare non mi pu
informare con certezza delle condizioni che il medesimo avr nellistante successivo, onde esige, per cos dire,
di essere continuamente aggiornato in riferimento alla esperienza attuale
34
.
Altri tomisti hanno preferito tenersi sulle generali, e pare che lo stesso S. Tommaso abbia mantenuto, a
riguardo di queste ultime esplicitazioni della dottrina, un prudente riserbo. Cos trattando della conoscenza che
pu avere lanima separata, il Santo nega che essa nelle condizioni naturali in cui si trova possa conoscere i
singolari materiali: essa non porta con s che specie universali. Ma se quaggi arrivasse alla formazione di
concetti propr dei singolari, non li porterebbe con s nellaltra vita? LAngelico nega recisamente che lanima
separata abbia questi concetti dei singolari ed afferma che essa non pu conoscere i singolari che per specie
infuse come gli Angeli
35
: questa dottrina non depone certamente in favore| di un verbum proprio per i
singolari materiali. Daltra parte per S. Tommaso non ritiene che queste specie infuse siano sufficienti, per
lanima, come lo sono per lAngelo, onde possa conoscere i singolari, ma esse non dnno allanima che una
cognizione confusa che in qualche modo deve essere determinata. Come?
La soluzione dellAngelico pu essere molto istruttiva: (Ita) substantiae separatae per species, quae sunt
quaedam participatae similitudines illius divi-nae essentiae, possunt singularia cognoscere. In hoc tamen est
differentia inter angelos et animas separatas, quia angeli per huiusmodi species habent perfectam et propriam
cognitionem de rebus; animae vero separatae confusam. Unde angeli propter efficaciam sui intellectus, per
huiusmodi species non solum naturas rerum in speciali cognoscere possunt, sed etiam singularia sub speciebus
contenta; animae vero separatae non possunt cognoscere per huiusmodi species nisi solum singularia illa ad
quae quodammodo determinantur vel per praecedentem cognitionem, vel per aliquam affectionem, vel per natu-
ralem habitudinem, vel per divinam ordinationem
36
.
Cosa intende qui il S. Dottore con la praecedens cognitio e la aliqua affectio che determinano nellanima
e chiarificano il contenuto delle specie infuse, in modo che queste rappresentino direttamente i singolari? Per
riservate che siano le espressioni riportate, esse almeno lasciano supporre che lanima porti con s nellaltra vita
qualcosa che sia ragione di trovarsi, rispetto ai singolari con cui ebbe commercio quag|gi, nella condizione di
conoscerli in modo distinto anche quando non pu valersi in alcun modo del concorso naturale della sensibilit.
E pu ben essere che questo qualcosa sia alcunch di molto simile a un verbum: o perch anche non dire che
il verbum delluniversale ritiene sempre, anche nello stato di separazione, come una signatio rispetto ai
fantasmi dai quali sorto, analoga a quella che ritiene lanima separata rispetto al suo corpo?
A questo punto non sar inutile forse che riprendiamo alcune riflessioni di ordine elementare: ci servir per
ricondurre il problema nella via maestra. Si diceva allinizio che per Aristotele, e pi chiaramente ancora per S.
Tommaso, lintelletto umano pu nella riflessione avere un certo contatto con il reale concreto ed oggettivare in
esso i suoi contenuti universali. C per uno scoglio. Luniversale metafisico ( di esso che si parla) non per
definizione qualcosa di assoluto, come un separato mentale, luno fra i molti, il necessario sopra i
contingenti, il partecipato al di l dei partecipanti?
b) Limmanenza dellastratto nel concreto
Lo scoglio non che apparente, qualora si scruti nellintimo tanto la natura delloggetto, come quella del
soggetto. Poich le essenze materiali, che non sono forme soltanto, ma constano di materia e forma, se
nellastrazione intellettuale fossero conosciute soltanto secondo la forma, con precisione e separazione
assoluta dalla loro materia, non potrebbero essere conosciute nella loro completezza. Bisogna quindi ammettere
che anche nellastrazione, pur allontanandosi dal singolare e dalla materia, lintelletto ritenga ancora qualche
contatto con luno e con laltra, onde possa avere presente assieme alla forma comune anche la materia
comune, per cui si ha lessenza completa. Questo contatto con il concreto non si spiega che per un riferimento
che lintelletto conserva, durante lintellezione, alla sensibilit. E si comprende che questo riferimento alla
sensibilit devessere rigoroso, poich nellistante in cui volesse lintelletto abbandonare completamente i sensi,
i| suoi contenuti si vuoterebbero di qualsiasi oggettivit. Questa particolare relazione che deve avere lintelletto
con il senso, stata fortemente espressa, prima dallo stesso Aristo-tele
37
e poi con maggior chiarezza da S.
Tommaso, nella dottrina della conversio ad phantasmata, questa dottrina che, ora possiamo dirlo, d
lultima radice della posizione tomista circa la conoscenza umana dei singolari materiali. lo stesso S. Dottore
che nellarticolo della Somma (I, q. 86, a. 1) si richiama espressamente alla conversio.
Quia sicut supra dictum est, etiam postquam species intelligibiles abstraxerit (intellectus noster), non potest
secundum eas actu intelligere, nisi convertendo se ad phantasmata, in quibus species intelligibiles intelligit, ut
dicitur
38
. Sic igitur ipsum universale per speciem intelligibilem directe intelligit, indirecte autem singularia,
quorum sunt phantasmata. Et hoc modo format hanc propositionem: Socrates est homo.
La dipendenza dellintelletto dal senso era stata loggetto della questione 84 ove si conduce una critica a
fondo di tutte le possibili forme di platonismo (Augustinismo, Avicennismo...), per arrivare allart. 7, che, dopo
tanta polemica, vuol offrire il nucleo centrale della gnoseologia aristotelica. Posto decisamente il problema:
Utrum intellectus possit actu intelligere per species intelligibiles quas penes se habet, non convertendo se ad
phantasmata, la risposta negativa fondata con due gruppi di prove, luno cavato dai fatti, laltro dai princpi.
Si sa che alla lesione di qualche organo sensoriale, soprattutto centrale, segue la soppressione o il cattivo
funzionamento delle cognizioni corrispondenti: Unde manifestum est quod ad hoc quod intellectus actu
intelligat, non solum accipiendo scientiam de novo, sed etiam utendo scientia iam acquisita, requiritur actus
imaginationis et caeterarum virtutum. Inoltre la coscienza personale di ciascuno attesta che quando aliquis
conatur aliquid intelligere, format sibi aliqua phantasmata per| modum exemplorum, in quibus quasi inspiciat
quod intelligere studet; e questo lo facciamo anche con gli altri quando ci sforziamo di far loro comprendere
qualcosa. La ragione di tutto questo unica: lilemorfismo a cui soggiaciono tanto il soggetto conoscente
(luomo), quanto loggetto conosciuto (le essenze materiali). Riferisco il testo, perch credo abbia una
importanza decisiva nel Realismo tomista.
Huius autem ratio est quia potentia cognoscitiva proportionatur cognoscibili. Unde intellectus angeli qui est
totaliter a corpore separatus obiectum proprium est substantia intelligibilis a corpore separata; et per huiusmodi
intelligibile materialia cognoscit. Intellectus autem humani, qui est coniunctus corpori, proprium obiectum est
quidditas, sive natura in materia corporali existens; et per huiusmodi naturas visibilium rerum, etiam in
invisibilium rerum aliqualem cognitionem ascendimus. De ratione autem huius naturae est quod in aliquo
individuo existat, quod non est absque materia corporali; sicut de ratione naturae lapidis est quod sit in hoc
lapide; et de ratione naturae equi est quod sit in hoc equo, et sic de aliis. Unde natura lapidis vel cuiuscumque
materialis rei, cognosci non potest COMPLETE ET VERE, nisi secundum quod cognoscitur ut in particulari
existens. Particulare autem apprehendimus per sensum et imaginationem: et ideo necesse est ad hoc quod
intellectus actu intelligat suum obiectum proprium, quod convertat se ad phantasmata, ut speculetur naturam
universalem in particulari existentem.
Senza addentrarci nei fondamenti metafisici propri che ha questa dottrina schiettamente tomista
39
, baster per
mettere in| chiaro il nostro problema il constatare che secondo il testo ora citato lintelletto non si pu separare
dal senso, quando passa agli atti dellintendere: ci che nel pensiero di S. Tom-maso equivale a riconoscere che
lintelletto non pu passare alla conoscenza di alcun oggetto universale, se non alla condizione che
simultaneamente sia presente alla coscienza il fantasma di un oggetto singolare corrispondente. Si deve
conchiudere allora che la riflessione di cui ordinariamente si parla nei testi tomisti quando si tratta della
conoscenza intellettiva dei singolari, non va ritenuta una riflessione di natura speciale, ma quella che
accompagna ordinariamente (in actu exercito) ogni atto di intendere e che si ha quindi in qualsiasi astrazione
delluniversale metafisico. questa la conoscenza del singolare che lintelletto si forma la prima volta nel
movimento che va a rebus ad animam, e che da distinguere, come nota espressamente S. Tommaso stesso
40
,
da quello che lintelletto pu avere nel movimento propriamente riflessivo (in actu signato) che va ab anima ad
res. Si deve avvertire per che luniversale metafisico, ovvero lessenza in generale, implica solo la forma| in
communi e la materia in communi
41
; per questo il singolare, presentato dal fantasma, basta che sia presente e
conosciuto dallintelletto in qualche modo, quanto necessario per sorreggere lintelletto nellastrazione
dellessenza in communi. In questa conoscenza luniversale che conosciuto direttamente e il singolare
avvertito solo quale termine a quo dellastrazione stessa, come egregiamente Giovanni di S. Tommaso ha
interpretato il pensiero dellAngelico. Distinta lastrazione negativa dalla positiva (la metafisica), cos legregio
tomista descrive la seconda:
Abstractio positiva (est illa) quae separat naturam a conditionibus non pure omittendo et relinquendo
individua, seu differentias individuales, sed cognoscendo id quod relinquit et id quod assumit et consequenter
cognoscendo distinctionem inter unum et aliud
42
.
La questione pertanto agitata fra i Tomisti se lintelletto| nella conoscenza dei singolari debba formare un
verbum proprio dei medesimi, potr riguar-dare solo quella esplicita che si ha nella riflessione in actu
signato, non quella implicita che richiesta per la conoscenza delluniversale. Poich in questa il singolare
conosciuto, come ancora egregiamente si esprime Giovanni di S. Tommaso in obliquo e come connotato,
cio propter aliud. Per tale conoscenza non si esige un verbum speciale. Respondetur non requiri speciem
repraesentantem ipsum phantasma vel phantasiam seorsum ab obiecto, nec quod cognoscatur in actu signato,
quid sit phantasma vel phantasia, sed sufficit dari speciem repraesentantem obiectum ut abstractum a
phantasmate, et consequenter connotantem illud in obliquo... Unde ratione talis connotationis convertitur
intellectus ad phantasmata in quibus singularia ipsa repraesentantur. Quae reflexio sufficit ad cognoscendum
singulare, ut mox dicemus, licet aliquando etiam perfectiori reflexione utatur, scilicet revertendo super actum
suum et ex actu ad phantasma; non tamen semper id requiritur, ut mox dicemus
43
.
A questo modo si spiega perch nella conoscenza diretta ordinaria che abbiamo degli universali non
avvertiamo sempre in modo distinto i fantasmi e la fantasia in atto, mentre ci accorgiamo sempre della
conversio ad obiecta phantasmatum, scilicet ad singularia secundum conditiones repraesentatas in
phantasmate.
Grazie a queste precisazioni di Giovanni di S. Tommaso, pare che vengano superate le oscillazioni dei vecchi
tomisti
44
e di quelli che si sono opposti al Gaetano con lammissione di una conoscenza propria e distinta dei
singolari da parte dellintelletto, il quale pu adunque conoscere i singolari due volte, prima in modo implicito,
poi in modo esplicito, ed nella conoscenza esplicita, che (caso mai) arriva alla formazione di un verbum
proprio del singolare. E si comprende come| lintelletto possa avere una conoscenza esplicita del singolare nella
riflessione in actu signato, perch gi nella conoscenza stessa diretta delluniversale, per via della riflessione
in actu exercito che laccompagna, il singolare aveva passato la soglia dellintelligenza ed era entrato nel suo
dominio.
c) Astrazione e intuizione
La dottrina tomista che ammette secundum vera philosophiae principia quae consideravit Aristoteles
45

ununione sostanziale naturale fra anima e corpo, ha portato allammissione di una collaborazione parimenti
naturale fra senso e intelletto: per questa via che stata ammessa una conoscenza dei singolari anche da parte
dellintelletto. Fra il senso e lintelletto, e fra il fantasma e lidea, si realizza naturalmente una collaborazione e
subordinazione mutua: luniversale illumina della sua luce e trascina, per quanto pu, nellorbita
dellintelligibile, il singolare; questo, con la sua concretezza, fornisce alla mente il fondo ontologico di quello. E
come il singolare sarebbe abbandonato irrimediabilmente ad una contingenza del tutto irrazionale se non fosse
sostenuto dalluniversale, altrettanto luniversale sarebbe assurdo, come ha notato il Varisco, ontologicamente
vuoto, come nella Wesens-schau dei Fenomenologi, se non restasse in qualche modo attaccato al singolare.
In una posizione che difenda il completo isolamento dellintelletto dal senso, non si sa perch la metafisica
debba avere pi consistenza delle tumultuose fantasie di un frenetico. Sia luniversale umano, come il fantasma,
restano intrinsecamente inadeguati rispetto alla conoscenza oggettiva e valida; ma per via della conversio
dellintelletto sul senso, necessaria in ogni processo dintellezione, quellinadeguatezza tolta entro i limiti nei
quali pu esser tolta per unintelligenza finita e per di pi costretta a svilupparsi fra le barriere dello spazio e del
tempo. Lincontro pertanto dellintelletto con il senso e delluniversale con il fantasma quanto mai benefico,
anzi| lunica via di salvezza. Per questo riesce assai improprio il presentare lastrazione tomista come una
fuga dal concreto: in realt luniversale tomista piantato per diritto nativo nella realt; e non meno inesatto
lintendere la conversio ad phantasmata, come unumiliazione, una costrizione, un urto che la mente deve
rassegnarsi a subire
46
. Al contrario, il ripiegarsi dellintelletto sul senso un incontro, un abbraccio spontaneo
per la realizzazione dellatto conoscitivo integrale, cio oggettivo e valido: non v altra via in un Aristotelismo
coerente.
Il pensiero logico nel Tomismo riconosciuto oggettivo perch riflette quello metafisico: ma la metafisica
tomista realista, perch lintelletto sale ai suoi oggetti per continuazione naturale con il senso. solo per
la conversio ad phantasmata che lintelletto, trovandosi unito al senso, viene a partecipare dello sguardo
intuitivo del medesimo; onde c anche una certa intuizione intellettuale, la quale, per indiretta che sia,
sufficiente per un riferimento sicuro che sia uno status in quo nelloggettivazione. Dobbiamo ancora a
Giovanni di S. Tommaso unesposizione fortemente sintetica e felice, e proprio in rapporto al nostro problema,
di questo delicato aspetto del Tomismo. Quod vero dicitur intellectus intuitive videre obiectum, dicimus quod
id habet dependenter a sensu et in quantum continuatur cum illo. Clausis autem sensibus, quantumcumque res
sint praesentes, intellectus non potest intuitive cognoscere, quia non possunt illae species de tali praesentia
certificare nisi mediantibus sensibus
47
.|
Si pu chiamare questintuizione, che lintelletto umano realizza, in dipendenza del senso, intuizione
derivata od anche intuizione astrattiva
48
o intuizione implicita
49
: i tre termini si equivalgono poich
unintuizione che implicata nel processo di astrazione e che non si d se non in dipendenza del medesimo.
Tale intuizione fondata su ci che S. Tommaso chiama continuatio dellintelletto con il fantasma (De
Ver., q. X, a. 5), ed essendo il fantasma lattuazione dello schema percettivo, fatta dalla cogitativa sotto la
direzione dellintelligenza, si pu comprendere come lintelletto possa avere un contatto immediato, bench
indiretto, con la sostanza prima. A questa intuizione di contenuto concreto, saccompagna nellintelletto
unintuizione parimenti imperfetta, fondata anzi in essa (teoria della . :a,a, ), dei primi contenuti intelligibili.
E come la prima intuizione importa un contatto immediato dello spirito con il materiale, cos la seconda realizza
una forma di contatto il termine aristotelico del razionale, proprio della natura umana, con lintellettuale
che proprio della natura angelica. La nostra vita si ha da sviluppare nella collaborazione e complementarit di
queste due forme dintuizione
50
.|
Non resta perci insoddisfatta lacuta esigenza che sente il pensiero moderno per lintuizione: invece di
stroncarla, come fece Kant, il tomismo la disciplina e ne limita lambito. Le vie moderne invece, poich tendono
alla soppressione dialettica del senso nellintelletto o dellintelletto nel senso, finiscono nel privare la
conoscenza o del contatto con la realt, o della distinzione fra vero e fatto, fra empiricit ed universalit: in
ambedue i casi il conoscere ridotto ad un dialogo sterile che lanima fa con se stessa. Tanto il Varisco, come il
Carlini e lOrestano ebbero viva coscienza del vicolo cieco che il pensiero moderno si voluto creare ed hanno
visto bene che lunica via duscita nellimmissione di un dualismo dinamico di senso e dintelletto: dinamismo
che in essi, per, non raggiunge un sufficiente equilibrio. La posizione tomista mi pare sfugga a questa angustia,
che sempre una eredit kantiana.|


CAPITOLO SETTIMO

LA PERCEZIONE DELLO SPIRITUALE
SOMMARIO. Immediatezza e centralit gnoseologica dellIo (Maine de Biran). La percezione del concreto spirituale
nellaristotelismo tomista (la percezione interna ed il carattere positivo della conoscenza dello spirituale). La dialettica dellatto
percettivo: il principio di complementarit ed il principio di emergenza, emergenza spinoziana (Ll. Morgan) ed emergenza tomista.
1. IMMEDIATEZZA E CENTRALIT GNOSEOLOGICA DELLIO (Maine de Biran)
La storiografia filosofica moderna, in particolare quella idealista, ha opposto irriducibilmente il pensiero
greco-medievale a quello moderno, e lopposizione caratterizzata dalla centralit che nel primo ha loggetto,
nel secondo il soggetto. Sarebbe merito esclusivo del pensiero moderno la riabilitazione gnoseologica dellio
dallabbandono, anzi asservimento alloggetto in cui era lasciato nel pensiero classico. La filosofia moderna che
sinizia col Cogito vissuto e personale cartesiano, proceder gradualmente, ma decisamente, verso la liberazione
completa del soggetto dalloggetto, che si risolta nelle ultime forme dellattualismo in una inversione radicale
di polarit nella direzione del pensiero.
La mia ricerca non pu occuparsi di questi sviluppi sistematici che restano essenzialmente ipotetici: essi
stanno o cadono con lo stare od il cadere dei princpi che li comandano. I princpi in questione sono la scissione
razionalista operata da| Cartesio fra esperienza e pensiero, e il tentativo kantiano di operare la loro unificazione
con lo Ich denke trascendentale nella sintesi categoriale. Il mio lavoro si pone in un momento precedente ad
ambedue questi princpi per contestarne lindispensabilit e la fondatezza, non a parte post, ma a parte ante
secondo un metodo regressivo.
La rivalutazione dellIo ha raggiunto limponenza di un sistema in Fichte per la triade dei trascendentali
tedeschi, ed in Maine de Biran per gli epigoni dellintuizionismo introspettivo in cui era sfociata la scuola degli
Ideologisti. Maine de Biran consacr alla sua idea tutto un programma di vita e di ricerca ed in lui rivive, dopo
laridit dellidealismo e la mediocrit delle prospettive empiriste, il caldo sentimento della vita vissuta, come
un ritorno che la filosofia moderna faceva verso il tipo agostiniano del pensare.
Il valore che va riconosciuto a questo romanticismo speculativo di aver esso tentato una conciliazione, pi
ancora un superamento fra lantitesi tradizionale in cui si erano chiusi rispettivamente lempirismo e il
razionalismo, fra il fatto e la regola. Le pessime conseguenze che erano derivate al pensiero dallisolamento
unilaterale, in cui fatto e regola erano stati finora lasciati, mostravano che lisolamento era un errore e lerrore
principale. Fatto e regola sono quindi inscindibili. Va bene: ma come stanno insieme? si continuano? sono
simultanei? oppure luno ha una precedenza sullaltro?
Per Maine de Biran il fatto ha la precedenza sulla regola, precedenza gnoseologica sintende; fra i fatti, ve
n uno, il fatto primitivo, che pu esser detto il primo gnoseologico: da esso traggono la propria consistenza
tutti gli altri fatti e si originano, per un parto prodigioso, le idee maestre di ogni esercizio del pensiero. Teoria
della percezione, gnoseologia e introduzione alla metafisica nel filosofo di Bergerac fanno una cosa sola. Per
questo pu egli ben considerarsi come un precursore dei problemi moderni, bench la sua anima, spiritualmente
malata, gli abbia cos ristretto gli orizzonti del lavoro, da diminuire in seguito a se stesso la persuasione che
laveva sorretto allinizio della sua ricerca.|
(Il fatto primitivo). M. de Biran ha cercato di riprenderlo dalle radici; per questo comincia col contestare il
concetto atomista di percezione, quale si trova in Hume. La sensazione semplice del dato di un senso
particolare, come la vista (esempio delle palle da bigliardo), non pu essere un fatto primitivo, e la sensazione
semplice del profumo della rosa nella statua di Condillac uninvenzione dei filosofi e non pu essere
considerata come percezione, poich sono assenti i dati integrativi degli altri sensi e il contributo del soggetto.
Il fatto primitivo nella nostra conoscenza non punto una sensazione isolata, ma un complesso psichico,
che non ha luogo che in quanto limpressione sensibile concorre con la attualit dellIo, di un Io, sintende, non
astratto e inafferrabile come quello dei trascendentali tedeschi, ma concreto e personale, quello nostro.
Fatto, in questo senso, : Tout ce quun tre pensant et sentant aperoit ou sent actuellement en lui ou hors
de lui par quelque sens externe ou interne
1
. Questo fatto non quindi, n pu essere, disperso e impersonale;
ma trovato sempre assieme al sentimento della nostra esistenza individuale, con il quale coesiste e convive e
dal quale si distingue come oggetto da soggetto. Ogni fatto, in questo senso, ha un carattere essenzialmente
relativo, implica cio il rapporto di un soggetto che percepisce e di un oggetto percepito, oggetto che non di
necessit riferito sempre allesterno, ma che pu essere anche un fatto interno del soggetto medesimo, pur
restando sempre oggettivo, cio reale e non illusorio.
Trovato questo fatto, avremo trovato il punto solido per una derivazione di tutto un sistema valido di
categorie e per la fondazione critica della metafisica e con essa della scienza in generale: per M. de Biran il fatto
cercato dato dallappercezione immediata dello sforzo volontario.
Essa un fatto, perch rapporto reale fra due termini distinti ed insieme uniti. Invero la forza che effettua, o
tende ad effettuare, i movimenti del corpo si distingue necessaria|mente dal termine inerte che resiste, anche
obbedendo, e non si pu confondere con essa in quanto opera, se non separandola insieme e concependola fuori
desercizio (di qui laffermazione biraniana dellesistenza e spiritualit dellanima).
un fatto primitivo, poich la relazione che lo costituisce non suscettibile danalisi ulteriore, ma data
come base.
infine il fatto primitivo del senso intimo, poich in esso il soggetto vede se stesso, come Io, nellazione
che lo costituisce. Esso quindi legato inscindibilmente alla coscienza della persona e Cartesio vide bene che
nella coscienza della persona propria il fondamento dogni certezza: soltanto che il Cogito ergo sum ancora
troppo astratto e vi bisogna sostituire la esperienza pi concreta e immediata del Volo ergo sum
2
.
Il carattere essenziale del fatto primitivo consiste in ci che n luno, n laltro dei termini del rapporto
fondamentale si costituisce in dipendenza dal di fuori. Cos la conoscenza dellio pu esser separata fin nel suo
principio da quella delluniverso esteriore.
Altro carattere, non meno importante, che, identificato con lo sforzo-causa, lio ha lappercezione interna
della sua esistenza, appena pu distinguere questa causa, ch lui, dalleffetto e dalla contrazione riferita al
termine organico che non pi lui e che egli muove al di fuori.
Infine dal fatto o sentimento primitivo dello sforzo che si deduce ulteriormente lidea astratta di forza, e da
essa quella di persona e di sostanza
3
.
Il pensiero biraniano, nel suo indirizzo fondamentale, ha una fisionomia quanto mai netta che si compendia
in affermazioni piene di vigore e di chiarezza:
a) Priorit del fare sul pensare;
b) Priorit della conoscenza del soggetto su quella delloggetto;|
c) Priorit gnoseologica e genetica della causa sulle altre categorie.
Il tentativo biraniano stato ripreso di recente da G. Nogu, il quale ha voluto integrare lanalisi dello sforzo
da un punto di vista del tutto radicale. Anche secondo il N., Maine de Biran non riuscito a mostrare come
questo fatto primitivo sia la sorgente delle forme intelligibili e questo perch ha egli male descritto il fatto
primitivo considerandolo come un equilibrio dello sforzo e della resistenza e quindi chiuso su di s. Egli ha
svlto lo sforzo volontario dalla sua radice che il bisogno il quale, nello stesso tempo, la forma originaria
della nostra relazione al mondo ed il fatto veramente primitivo. soltanto a partire da questo stato di
bisogno, da questa presenza vuota, che si pu afferrare la realt vera dello sforzo volontario, del movimento
secondo la sua dualit essenziale, non di forza e di resistenza come Biran pensava, ma di appoggio e slancio, e
che si pu scoprire in esso lorigine delle forme di spazio e di tempo e delle qualit sensibili. Quando si
esamina un po da vicino la costituzione delle qualit sensibili osserva il Nogu non si pu sfuggire
allipotesi, che del resto tutti i fatti del linguaggio confermano, che queste qualit sensibili non sussistono punto
per se stesse, come i dati di una contemplazione ideale: esse qualificano delle cose la cui essenza profonda
devessere di soddisfare ad un bisogno del nostro essere. La conoscenza sensibile implica lazione del soggetto a
titolo delemento necessario...; essa la rappresentazione di questa in un linguaggio comune al soggetto e
alloggetto
4
.
Comunque, la scoperta biraniana delluomo interiore non va abbandonata: essa ha alimentato la corrente pi
notevole dello spiritualismo francese contemporaneo e costituisce un richiamo che pu essere ascoltato con
frutto. Lio biraniano non n lio cartesiano, rinchiuso nel suo pensare, n, ancor me|no, lio kantiano, o peggio
fichtiano, che si sviluppa essenzialmente come principio e ragione della sintesi o del processo conoscitivo:
invece lio vivente individuale che fa assistere al sorgere delle regole del pensiero.
M. de Biran era convinto di essere riuscito a superare, in senso realista, il punto morto in cui giaceva la
filosofia dopo le risoluzioni estreme del fenomenismo e dellidealismo; bench il Journal intime degli ultimi
anni presenti il suo spirito insoddisfatto e seriamente preoccupato circa la consistenza dei passi, che al tempo
degli entusiasmi polemici, aveva fatti con tanta convinzione. Molti critici si sono persino chiesti se realmente
M. de Biran abbia raggiunto qualche punto saldo per una posizione decisamente realista, e di questo hanno
creduto di dover dubitare, per motivi, a nostro parere, ben fondati, tanto dal punto di vista dellanalisi
psicologica, quanto da quello dellimpostazione teoretica.
Particolarmente apparsa fittizia quella priorit, in cui egli tanto insiste, del soggetto sulloggetto, della
causa sulla sostanza: essa appare anzi assurda e non meno unilaterale delle direzioni a cui si vuol sostituire,
come ha mostrato allevidenza F. Orestano. M. de Biran, isolandosi tanto dal pensiero classico, quanto da quello
moderno, ha permesso di constatare che uninterpretazione speculativa adeguata della realt supera le risorse
della vita e della limitata visione di un uomo. Se per cadeva la centralit gnoseo-logica dellio, lappello
biraniano della intrinsecit che ha il soggetto allo sviluppo della conoscenza delloggetto, cio la
coessenzialit, come labbiamo chiamata, del pensiero vissuto con quello riflesso simpone ad ogni realismo.
Sono persuaso che la teoria tomista della cogitativa la soddisfi come nessunaltra.
Inoltre nella teoria biraniana del fatto primitivo, lio ha una percezione immediata della sua esistenza, come
principio spirituale: lessere e le categorie nascono cos nel grembo del soggetto, che poi le estrinseca, le
integra, le differenzia negli oggetti del mondo esterno.
Losservazione, che M. de Biran svolge con rara finezza di analisi e trascinante convinzione, pone dei gravi
problemi.| Essa fa supporre che lesperienza del mondo esterno in tutte le sue forme, non abbia alcuna
immediatezza o contenuto ontologico proprio: affermazione di particolare gravit, poich essa abbandona di
fatto al fenomenismo, che pur si voleva evitare, tutto il mondo della realt esterna che costituisce, almeno nel
linguaggio ordinario, la realt oggettiva sa` .e, |. Il concepire come gnoseologicamente mediata la
conoscenza del mondo esterno, parso ad alcuno essere lanima di verit del pensiero moderno, che pu avere
un esplicito riscontro anche nella gnoseologia tomista. Nel capitolo precedente stato mostrato con argomenti
solidi, come nel tomismo autentico lintelletto pu avere una percezione immediata, bench indiretta, dei
concreti materiali. Il realismo tomista realismo critico, in ben altro senso da quello di realismo mediato,
poich il tomismo una filosofia integrale senza spasimi romantici o gibbosit.
Infine M. de Biran ha fatto appello allesperienza dello spirituale, immediatamente dato nella concretezza
del fatto primitivo. C veramente posto nel Tomismo per una esperienza dello spirituale? E se c, come ne
siamo persuasi, in quale rapporto essa sta con la percezione del concreto materiale? Non pochi tomisti hanno
rifuggito dal prendere in serio esame il problema: eppure i testi tomisti e lintera ispirazione del sistema non
solo sono quanto mai espliciti sullargomento, ma costituiscono nel loro complesso un esempio insigne della
originalit speculativa del Tomismo, rispetto ai sistemi ai quali si ispirato. per questo che sono persuaso
trovarsi nel Tomismo una soluzione veramente adeguata al problema della percezione del concreto.
2. LA PERCEZIONE DEL CONCRETO SPIRITUALE NELLARISTOTELISMO TOMISTA
La posizione tomista circa la percezione dello spirituale si svolge per la tensione di due princpi antagonisti,
aristotelico luno, agostiniano laltro.|
Il Filosofo non si occupa direttamente di una conoscenza intuitiva dellanima, ma accenna laconicamente alla
sola conoscenza che lintelletto pu avere di s; alla fine della pericope che tratta della conoscenza dei singolari
materiali, egli pone espressamente la questione come lintelletto conosca se stesso, che risolta con lasserzione
che lintelletto conosce se stesso come (conosce) le cose intelligibili
5
. Nella Metafisica detto pi
espressamente che lintelletto arriva alla conoscenza di s in quanto partecipa dellintelligibile
6
: ci fa arguire
che il primo oggetto dellintelletto non la propria essenza, ma gli intelligibili nei quali e per i quali essa si
attua. Per enigmatica che possa sembrare tale soluzione, essa afferma rigorosamente la dipendenza gnoseologica
dellintelletto dagli intelligibili, che certamente una risonanza platonica e sar sistemata dal Neoplatonismo
nella subordinazione, non pi solo gnoseologica ma anche ontologica, degli intelletti agli intelligibili.
Il principio agostiniano non contrasta quello aristotelico, ma considera il problema in un momento anteriore
e pi intimo di quanto forse abbia fatto il Filosofo: di pi, pare quasi questa volta che mentre Aristotele
platonizza, S. Agostino aristotelizzi. Invero proprio nel luogo ora citato Aristotele afferma che nei conoscenti
che sono senza materia, il pensante ed il pensato, sono identici, poich c identit tra la conoscenza teoretica e
ci che suscettibile di essere conosciuto in questa maniera
7
.
Il Filosofo adunque sembra affermi implicitamente che, mentre le cose materiali non sono immediatamente
intelligibili, ma per essere apprese hanno bisogno della mediazione della specie intenzionale lintelletto,
essendo spirituale, non va soggetto a questa mediazione.
S. Agostino va al cuore del problema: lanima, essendo spirituale, non pu conoscere se stessa che per se
stessa. La| mente, come raccoglie le notizie delle cose corporali per i sensi del corpo, cos quelle delle
incorporali per se stessa. Quindi lanima conosce se stessa per se stessa, poich incorporea
8
.

* * *

Poniamo subito la questione nei suoi termini. Anche per lanima, come per tutte le cose, va distinta la
conoscenza della sua esistenza (an sit) da quella della sua essenza (quid sit). Luna allinizio, laltra alla fine
del processo dindagine; luna considera la presenza in concreto dellanima nel conoscere, laltra il suo
contenuto ontologico in universale, come essenza, e le sue propriet.
In una coscienza evoluta possiamo distinguere la presenza dellanima, delle facolt, degli abiti, degli atti,
degli oggetti; si sa che nellordine ontologico le facolt emanano dallanima, gli abiti si formano per la
ripetizione degli atti, e gli oggetti specificano gli atti, gli abiti e le facolt. Lordine della conoscenza coincide
con quello ontologico, cosicch si debba intendere il detto anima seipsam per seipsam novit nel suo senso
immediato?
Per S. Tommaso ci non necessario, in quanto il per seipsam pu essere inteso in due modi:
a) pu indicare che ci che si conosce dellanima proprio la sua essenza e non anzitutto i soli
accidenti;
b) e pu anche indicare, non pi loggetto, ma il modo del conoscere, cosicch lanima sia conosciuta in
se stessa senza la mediazione di altro processo od oggetto che la riveli a se stessa.
LAngelico Dottore ammette che lanima conosce seme|tipsam per seipsam nel primo senso, lo nega
esplicitamente nel secondo. La conoscenza che lanima pu avere di se stessa condizionata, tanto per la
presenzialit esistenziale, quanto per la comprensione essenziale; il condizionamento per di cui si tratta
caratteristico e sui generis.
Infatti S. Tommaso non ha difficolt ad ammettere che lanima ontologicamente sempre presente a se
stessa, mentre le altre cose non si fanno ad essa presenti che in modo intenzionale per le specie e gli abiti
conoscitivi. Da ci seguono due conseguenze di grande importanza e cio:
a) che lanima, possedendo se stessa, pu sempre uscire allatto di cognizione di s quando vuole;
b) che lanima, per arrivare alla conoscenza di s, non ha da ricorrere, come per la conoscenza delle altre
cose, al processo dellastrazione dellessenza dai fantasmi. Sono queste due conseguenze che dnno alla
posizione tomista il giusto equilibrio fra lintuizionismo semplicista e lastrattismo, fra la conoscenza immediata
e quella derivata.
Ogni conoscenza che possiamo avere dellanima , per S. Tommaso, condizionata, anche se non ogni
conoscenza della medesima da ritenersi rigorosamente mediata: esattamente, la conoscenza della sua esistenza
condizionata ma diretta e immediata e non mediata; la conoscenza della sua essenza deve essere mediata,
avuta cio per argomentazione deduttiva. Questo, perch lanima umana lultima forma nellordine
intelligibile, la quale esaurisce tutta la sua attualit nellinformare il proprio corpo, onde rimane pura potenza
nellordine intelligibile, bench, a differenza delle forme materiali, sia in atto e non in potenza nellordine
intelligibile.
Con queste premesse la posizione tomista si snoda luminosa in due parti: la conoscenza dellesistenza e la
conoscenza dellessenza; ciascuna parte contiene due momenti dei quali due, gli estremi esterni, sono
agostiniani, e due, gli estremi interni, sono aristotelici. Et sic omnia consonant!
Schematizziamo
9
:|
A) La conoscenza esistenziale in concreto. Pu essere abituale ed attuale: la prima non propriamente
conoscenza ma solo il fondamento della medesima; la seconda propriamente conoscenza, anzi percezione, cio
apprensione sperimentale che lanima ha di s.
(PROLOGO). Cognitio quam quis habet de anima quantum ad id quod est sibi proprium, est cognitio de
anima secundum quod habet esse in tali individuo unde per hanc cognitionem cognoscitur an est anima, sicut
cum aliquis percipit se habere animam... Quantum ad hanc primam cognitionem distinguendum est, quia
cognoscere aliquid est habitu et actu.
a) (Conoscenza abituale). (Sed) quantum ad cognitionem habitualem, sic dico quod anima per
essentiam suam se videt, id est ex hoc ipso quod essentia sua est sibi praesens, est potens exire in actum
cognitionis suipsius: sicut aliquis ex hoc ipso quod habet alicuius scientiae habitum, ex ipsa praesentia habitus
est potens percipere illa quae subsunt illi habitui. Ad hoc autem quod percipiat anima se esse, et quid in seipsa
agatur attendat, non requiritur aliquis habitus: sed ad hoc sufficit sola praesentia animae, quae menti est
praesens: ex ea enim actus progrediuntur, in quibus actualiter ipsa percipitur
10
.
Le ultime parole racchiudono lintera soluzione: s, lanima semetipsam per seipsam novit in quanto che
dal suo seno che si originano gli atti del conoscere nei quali essa attua ad un tempo gli oggetti e se stessa.
Questo pu forse essere aristotelico, ma indubbiamente ed anzitutto agostiniano.|
b) (Conoscenza attuale). Quantum igitur ad cognitionem actualem, qua aliquis considerat se in actu
animam habere sic dico quod anima cognoscitur per actus suos. In hoc enim aliquis percipit se animam habere,
et vivere et esse, quod percipit se sentire et intelligere et alia huiusmodi opera vitae exercere; unde dicit
Philosophus in IX Ethic.: sentimus autem quoniam sentimus; et intelligimus quoniam intelligimus; et quia hoc
sentimus, intelligimus quoniam sumus
11
. Nullus autem percipit se intelligere nisi ex hoc quod aliquid intelligit:
quia prius est intelligere aliquid, quam intelligere se intelligere; et pervenit anima ad actualiter percipiendum se
esse, per illud quod intelligit, vel sentit. Che lanima avverta il suo esistere per actus suos poich prius est
intelligere aliquid, quam intelligere se intelligere non interessa S. Agostino, che tutto intento nel trovare in
qual modo lanima umana pu essere unimmagine della Trinit. Per S. Tommaso, invece, che ritiene, con
Aristotele, lanima essere forma sostanziale del corpo, la precisione addotta non una mera sfumatura di
terminologia, ma ha un valore sperimentale e teorico di primo ordine.
Rileviamo, intanto, in questa prima tappa che, secondo S. Tommaso, della esistenza dellanima:
a) noi abbiamo conoscenza solo ed in quanto esercitiamo luno o laltro degli atti coscienti della nostra
vita;
b) in questa conoscenza lanima presente nella sua concretezza (anima percipit se esse); si tratta
perci di una vera percezione o forse pi esattamente di una conpercezione; percezione degli atti, con-
percezione dei princpi in atto e perci dellanima.
B) La conoscenza essenziale (in astratto). La conoscenza della essenza di qualcosa pu essere iniziale
confusa, e terminale distinta: la prima riguarda lapprensione primordiale di unessenza, la seconda interessa la
trattazione tecnica secondo proposizioni (giudiz) scientificamente organizzate in modo da produrre la certezza
oggettiva intorno ad una data na|tura. Il prologo di questa parte dellarticolo termina con una osservazione
schiettamente aristotelica che paragona lanima, ultima forma nellordine intelligibile, alla materia prima che
lultimo principio di realt nellordine ontologico. Cosicch, come la materia non esiste e non si fa conoscere
che per le forme reali che riceve, cos lanima non si fa conoscere che per le forme intenzionali, cio le specie
intelligibili, per le quali si attua nei suoi oggetti. La trattazione procede con parallelismo rigoroso e smagliante,
ed il S. Dottore non prova alcuno sforzo nel fluire organico delle sue riflessioni.
(PROLOGO). Si loquimur de cognitione animae cum mens humana speciali aut generali cognitione definitur
sic iterum distinguendum est. Ad cognitionem enim duo concurrere oportet: scilicet apprehensionem et iudicium
de re apprehensa; et ideo cognitio qua natura animae cognoscitur, potest considerari et quantum ad
apprehensionem et quantum ad judicium.
a) (Quantum ad apprehensionem). Si igitur consideretur quantum ad apprehensionem, sic dico, quod
natura animae cognoscitur a nobis per species quas a sensibus abstrahimus. Anima enim nostra in genere
intellectualium tenet ultimum locum sicut materia prima in genere sensibilium, ut patet per Commentatorem in
III De Anima. Sicut enim materia prima est in potentia ad omnes formas sensibiles, ita intellectus noster
possibilis ad omnes formas intelligibiles; unde in ordine intelligibilium est sicut potentia pura, ut materia in
ordine sensibilium; et ideo sicut materia non est sensibilis nisi per formam supervenientem, ita intellectus
possibilis non est intelligibilis nisi per speciem superinductam. Unde mens nostra non potest seipsam intelligere
ita quod seipsam immediate apprehendat; sed ex hoc quod apprehendit alia, devenit in suam cognitionem; sicut
est talium formarum receptiva; quod patet intuendo modum quo philosophi naturam animae investigaverunt.
Qui si delinea litinerario per la conoscenza dellanima accennato nella secca espressione aristotelica che
lanima conosce se stessa scientificamente secondo unidea che sta al termi|ne di una sottile e diligente
ricerca, ricerca assai difficile, come avviene per la conoscenza scientifica delle altre essenze.
Le tappe di questitinerario sono le seguenti:
a) percezione immediata della spiritualit della specie intelligibile e dellatto dellintendere;
b) conclusione per argomentazione della spiritualit del principio prossimo, lintelletto, e del principio
remoto, lanima.
1) Ex hoc enim quod anima humana universales rerum naturas cognoscit, percipit quod species qua
intelligimus est immaterialis; alias esset individuata, et sic non duceret in cognitionem universalis.
2) Ex hoc autem quod species intelligibilis est immaterialis, intellexerunt quod intellectus est res
quaedam independens a materia; et ex hoc ad alias proprietates intellectivae potentiae cognoscendas
processerunt; et hoc est quod Philosophus dicit in III De Anima quod intellectus est intelligibilis, sicut alia
intelligibilia: quod exponens Commentator dicit quod intellectus intelligit per intentionem in eo, sicut alia
intelligibilia
12
: quae quidem intentio nihil aliud est quam species intelligibilis. Sed haec intentio est in intellectu
ut intelligibilis actu: in aliis autem rebus non, sed ut intelligibilis in potentia.
Questo momento, il secondo interno, dispirazione quasi esclusivamente aristotelica, come il precedente;
nellultimo, quello terminale, ritorna in pieno lispirazione agostiniana, temperata per da una venatura, che non
va trascurata, di Aristotelismo.
b) (Quantum ad judicium). Come ci riesce certissima lesistenza dellanima e del suo agire, per
esperienza immediata, cos invece assai arduo determinare lintima essenza: per| questo si esige una ricerca
diligente e sottile
13
. Se la natura dellanima fosse davvero immediatamente nota, perch i Filosofi si sono divisi
in tante opinioni, mentre pur saccordano sulla sua esistenza?
La nozione scientifica esauriente dellanima si costruisce per un sottile e delicato lavoro di argomentazioni,
come si detto, nel quale hanno una funzione primaria di sostegno i princpi primi per s noti. I primi princpi
sono la partecipazione che noi abbiamo alla prima ed inviolabile verit, da cui ogni conoscenza ha di esser vera.
Si vero consideratur cognitio quam de natura animae habemus quantum ad judicium quo sentimus ita esse,
ut deductione praedicta apprehendimus; sic notitia animae habetur in quantum intuemur inviolabilem veritatem,
ex qua perfecte quantum possumus definimus, non qualis sit uniuscuiusque hominis mens, sed qualis esse
sempiternis rationibus debeat, ut Augustinus dicit lib. IX de Trinitate: hanc autem inviolabilem veritatem in sui
similitudine quae est menti nostrae impressa, in quantum aliqua naturaliter cognoscimus ut per se nota (= prima
principia) ad quae omnia alia examinamus, secundum ea de omnibus judicantes.

* * *

Nella conclusione generale dellart. S. Tommaso pu, con legittima soddisfazione, ricordare che i due punti
di vista, quello agostiniano e quello aristotelico, questa volta non sono antitetici, ma complementari. Sic igitur
patet quod mens nostra cognoscit seipsam quodammodo per essentiam suam, ut Augustinus dicit, quodam vero
modo per intentionem, sive per| speciem, ut Philosophus et Commentator dicit: quodam vero modo intuendo
inviolabilem veritatem, ut Augustinus dicit.
Riassumendo: tanto la conoscenza dellan est, quanto quella del quid est, che lanima pu avere da s,
condizionata: la conoscenza dellan est, dagli ATTI di conoscere gli oggetti (esteriori); quella del quid est dalla
conoscenza della SPECIE intelligibile, in cui quegli oggetti si fanno intelligibili.
In questo processo abbiamo le seguenti conoscenze:
A) a) Conoscenza sperimentale immediata e diretta, secondaria per, non primaria, del fatto di essere degli
atti.
b) Conoscenza sperimentale immediata, ma condizionata (dagli atti) del fatto di essere dei princpi,
lintelletto (e la volont...), gli abiti e lanima.
c) Conoscenza sperimentale immediata (condizionata?) della spiritualit della specie intelligibile e degli
atti.
B) a) Conoscenza deduttiva e mediata della natura ontologica propria dellintelletto (e volont).
b) Conoscenza deduttiva e mediata della natura e struttura ontologica dellanima.
c) Particolare dipendenza da Dio nella formazione della teoria scientifica dellanima e quindi della
realt spirituale.

* * *

Osserviamo subito che i tre modi elencati in A) vanno detti, bench in grado e forma diversi, delle percezioni
senzaltro, nel senso che questo termine ha di cognitio experimentalis della realt nella sua esistenza concreta
attuale.

1) La percezione, allora, che lanima ha di se stessa attraverso i suoi atti costituisce una fonte di
contenuti originali, i contenuti della vita spirituale. La distinzione dello Stumpf fra Erscheinungen e
Funktionen che sugger al Dilthey la celebre divisione delle scienze in Naturwissenschaf-ten e
Geisteswissenschaften era stata tracciata da S. Tommaso con mano sicura ed esplicita consapevolezza della
sua importanza.
Il lockiano nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu non vale nel Tomismo se non per gli oggetti
che fanno conoscenza di s a traverso specie ricavate dai fantasmi,| come sono le essenze delle cose materiali.
La conoscenza della realt spirituale ha un punto di partenza proprio e nuovo, bench avvenga in continuit ed
anche in dipendenza dellaltra conoscenza, poich si dnno delle percezioni autentiche della realt spirituale
14
.
Fermiamoci un istante su queste forme di percezione. La prima, dopo quanto si detto, non dovrebbe
presentare speciali difficolt. S. Agostino, anticipando di dodici secoli Cartesio, aveva affermato contro gli
Accademici: Intelligo me intelligere, come una certezza inconcussa contro ogni dubbio radicale. Questa
coscienza immediata e personale, intimamente vissuta quindi, rivendicata da S. Tommaso come argomento
fondamentale contro la nullificazione averroista dellanima e dellintelletto individuale. Lo hic homo intelligit
per il Dottore Angelico un fatto cos evidente che non ammette discussione, ma costituisce un punto di
riferimento obbligato per ogni teoria della personalit. Esso stato da lui manovrato con tanta perizia, che
riuscito a piegare alla concezione ortodossa lo stesso capo del movimento averroista a Parigi, Sigeri di
Brabante
15
, e ritiene ancor oggi tutta la sua forza contro gli svariati tentativi di una riduzione dialettica dei molti
allUno, a cui tende, secondo le interpretazioni pi accreditate, il principio della rivoluzione copernicana, il das
Ich denke dellappercezione trascendentale kantiana. Il cosiddetto soggetto o spirito o attivit
trascendentale non ha alcuna corrispondenza nei dati della percezione immediata; il soggetto o spirito o
attivit presente immediatamente a ciascuno, il soggetto o spirito o attivit pro|pr. S. Tommaso, con
il suo impareggiabile equilibrio, classifica i panteisti di ogni tendenza con termini severi: Quidam enim,
frivolis rationibus ducti, posuerunt Deum esse de substantia cuiuslibet rei
16
. in nome della dignit della
persona umana e dei suoi valori che S. Tommaso si rifiutato di aderire alla teoria averroistica dellintelletto
separato che, a suo modo, era una teoria del soggetto trascendentale, la quale differisce da quelle moderne
spinoziane o postkantiane per una certa larvata consistenza metafisica che essa aveva e che queste non hanno.
Se il Tomismo non avesse fatto altro, basterebbe questo solo per indicarlo come il salvatore dello spirito fattivo
e realista, proprio della mentalit greco-latina.
2) Loggetto proprio e immediato dellintelletto umano la essenza delle cose materiali, ed in quanto
sono implicati in questa apprensione, che sono percepiti non solo gli atti, ma anche gli abiti, le facolt e la stessa
anima: per tutti vale il principio generale nessuna cosa si pu conoscere se non in quanto in atto. Gli atti, e
per essi le facolt e gli abiti, costituiscono loggetto secondario, ma sempre fin quando si resta nel campo
esistenziale immediato della percezione intellettiva
17
.
Se non che per una percezione esplicita dellesistenza degli abiti si richiede in precedenza una nozione
distinta degli abiti medesimi, al contrario di quanto avviene per la percezione dellanima: molti infatti sanno di
avere lanima ma non ne conoscono la natura. La ragione che porta S. Tommaso non meno profonda che di
evidenza psicologica.
Invero non percepiamo sia la presenza degli abiti, come quella dellanima, se non percependo gli atti di cui
tanto lanima come gli abiti sono i princpi. Solo che labito principio di un tale atto per la sua essenza, onde
se si conosce labito in quanto principio di un tale atto se ne conosce lessenza; come se so che la castit la
virt che raffrena la mente dai pensieri di cose veneree, conosco lessenza della castit. La|nima invece non
principio degli atti per la sua essenza, ma per le sue facolt, onde la percezione degli atti dellanima porta con s
la percezione di un principio di tali atti, come il moto ed il senso: ma da questo non si sa ancora qual la natura
dellanima. Hae duae cognitiones (an sit, quid sit) circa habitus alio modo ordinantur quam circa animam.
Cognitio enim qua quis novit se habere aliquem habitum, praesupponit notitiam qua cognoscit quid est habitus
ille: non enim scirem me habere caritatem, nisi sciam quid est caritas. Sed ex parte animae non est sic. Multi
enim sciunt se habere animam qui nesciunt quid est anima. Cuius diversitatis haec est ratio, quia tam habitus
quam animam non percipimus in nobis inesse, nisi percipiendo actus quorum anima et habitus sunt principia.
Habitus autem per essentiam suam est principium talis actus; unde si cognoscitur habitus prout est principium
talis actus cognoscitur de eo quid est; ut si sciam quod castitas est per quam quis cohibet se ab illicitis
cogitationibus in venereis existentibus, scio de castitate quid est. Sed anima non est principium actuum per suam
essentiam sed per vires suas; unde perceptis actibus animae, percipitur inesse principium talium actuum utpote
motus et sensus; non tamen ex hoc natura animae scitur (De Veritate, q. X, a. 9).
Nellambito della percezione intelligibile dello spirituale rientrano anche gli atti e gli abiti della volont. S.
Agostino aveva detto: Intelligo me velle ed il Filosofo aveva affermato che lappetito razionale resta
immanente alla ragione
18
. Ma ogni cosa che resta immanente in modo intelligibile in un intelligente necessario
che da esso sia anche conosciuta. E quanto allatto di volont lAngelico ammette una percezione della sua
presenza ed una cognizione della natura dellatto e della natura del principio che labito o la potenza. Maine
de Biran aveva visto nella percezione dello sforzo volontario il fatto primitivo: in realt la percezione delle
situazioni affettive , secondo S. Tommaso, meno immediata di quella degli atti di conoscenza, per la ragione
evidente che la facolt cono|scitiva realizza la pi perfetta immanenza poich principio tanto dellatto, come
della conoscenza dellatto; la volont invece solo principio dellatto, non della sua conoscenza
19
.
Nel tomismo adunque la percezione dello spirituale, bench sia condizionata dalla percezione del concreto
materiale, ha un posto non meno vasto nellestensione, che intimo per la sua funzione noetica, come si dir fra
poco
20
. Notiamo intanto che questa dottrina non ha niente di violento: essa non costituisce per nulla una
soluzione di compromesso, ma sgorga ad un tempo dallosservazione pi spontanea della vita vissuta, e dalla
teoria metafisica della emanazione nelluomo di tutte le facolt, la volont compresa, dalla facolt che prima
in dignit, lintelletto. Procedendo dallintelletto tutte le facolt ed i loro atti, non cos si dipartono che non
restino sempre ad esso presenti, onde li pu tutti conoscere. lintelletto inteso come suprema unit di
coscienza, che d la chiave della gnoseologia tomista, ununit di coscienza, per, predicamentale, cio
individuale, non trascendentale e spersonalizzata
21
.
3) Abbiamo noi una conoscenza positiva dello spirituale? Ci pare che S. Tommaso lo affermi quando
ammette una percezione propria della spiritualit della specie intelligibile: questa percezione, in quanto
costituisce una conoscenza propria dello spirituale, che il punto di partenza della concezione che ci facciamo
del soprassensibile, di Dio e delle sostanze separate. Cum enim de substantiis separatis hoc quod sint|
intellectuales quaedam substantiae cognoscamus, vel per demonstrationem vel per fidem, neutro modo hanc
cognitionem accipere possemus, nisi hoc ipsum quod est esse intellectuale anima nostra ex seipsa cognosceret.
Unde et scientia de intellectu animae oportet uti ut principio ad omnia quae de substantiis separatis
cognoscimus
22
.
Se dovessimo ridurci a predicare di Dio e degli Angeli soltanto i caratteri trascendentali dellessere, la nostra
conoscenza sarebbe incommensurabilmente impropria e forse lunica posizione logica sarebbe lagnosticismo
teologico di Mos Maimonide. Con la conoscenza invece positiva che abbiamo dello spirituale, il problema
teologico si apre anche per la mente umana.
Il Tomismo assimila qui il midollo del pensiero agostiniano. vero che loggetto proprio ed adeguato del
nostro intelletto sono le essenze delle cose materiali: questo un punto cardinale nella gnoseologia tomista. Sta
il fatto per che di queste essenze, quanto alla loro intima costituzione, noi sappiamo ben poco; il tutto si riduce
alla conoscenza pi o meno approssimativa di alcune propriet, trovate nellesperienza sensibile. La conoscenza
delle cose allora adeguata quando lintelletto viene a colpire, nel complesso delle sue propriet, quellaspetto o
contenuto profondo da cui sono comprese derivare ed a cui si subordinano tutte le propriet e le manifestazioni
reali dellessere. Ebbene una tale conoscenza, che per le cose materiali ci negata o ci concessa in rari casi ed
in modo| massimamente incerto e confuso, ci invece data per la conoscenza della nostra anima. Dellanima
conosciamo sperimentalmente loperazione propria e pi profonda, lintendere, che rivela perfettamente la sua
natura e dalla quale possiamo arguire in modo apodittico le sue propriet fondamentali: la libert del volere, la
spiritualit, limmortalit... Anima humana intelligit seipsam per suum intelligere, quod est actus proprius eius,
perfecte demonstrans virtutem eius et naturam
23
.
La percezione dello spirituale costituisce il secondo campo di riferimento della nostra conoscenza della
realt. Il punto di partenza per la nostra conoscenza positiva dello spirituale la percezione della spiritualit
della specie intelligibile: percezione modesta, ma innegabile e sufficiente. S. Tommaso non si diffonde intorno
alle modalit di questa percezione. Possiamo dire che di solito una percezione secondaria, cio
concomitante, data nellapprensione o nella percezione di qualche essenza materiale. E mi pare che si possa dire
che solo in questa concomitanza che per noi la spiritualit pu esser data percettivamente, non solo per
lesercizio dellatto ma anche per la sua qualit. La nostra conoscenza della spiritualit, bench sia propria,
sempre relativa, diminuita, comparativa. La nostra conoscenza positiva dello spirituale si fonda sulla eccedenza
che mostra la specie intelligibile rispetto al fantasma da cui sorge e su cui si fonda. Il fantasma rappresenta solo
oggetti particolari, la specie fa invece conoscere luniversale: Ex hoc enim quod anima humana universales
rerum naturas cognoscit, percipit quod species, qua intelligimus, est immaterialis: alias esset individuata, et sic
non duceret in cognitionem universalis
24
. Rilievo sottile, ma non trascurabile.|
La percezione della spiritualit dellintendere e della specie intelligibile si determina per
lincommensurabilit osservabile ed osservata dallintelletto nel processo stesso di astrazione. Il processo di
astrazione , per S. Tommaso, un fatto sperimentale, che si pu descrivere fenomenologicamente. Et quod hoc
sit verum, egli dice dellesistenza dellintelletto agente, experimento apparet: unus enim homo particularis, ut
Socrates vel Plato, facit cum vult intelligibilia in actu, apprehendendo scilicet universale a particularibus, dum
secernit id quod est commune omnibus individuis, ab his quae sunt propria singulis. Sic igitur actio intellectus
agentis, quae est abstrahere universale, est actio huius hominis, sicut et considerare vel iudicare de natura
communi, quod est actio intellectus possibilis
25
.
Anche nella controversia della percezione dello spirituale, lAngelico ha dato un esempio insigne del suo
metodo, il quale, a traverso un ripensamento personale dei problemi ed uno studio immediato delle fonti, si
porta ad una soluzione nella quale siano conservati i valori positivi delle posizioni contrastanti ed eliminate le
limitazioni sistematiche.
Cos, anche questa volta, la sua posizione riesce la pi oggettiva, perch la meno sistematica ed ingiusto
persistere nei luoghi comuni che il Tomismo sia estraneo al contatto col concreto, e resti sordo agli inviti
dellesperienza intima, della interiorit spirituale. Al contrario il Tomismo si preoccupato di rendere sicure e
di valorizzare scientificamente le basi sperimentali della conoscenza soprassensibile e della vita morale. Gli
stessi Francescani, come R. Marston, che hanno presente la soluzione tomista, in fin dei conti laccettano nella|
sostanza
26
. Se essa fosse ben nota almeno agli scolastici ed agli stessi tomisti, non dico alla filosofia moderna, il
cosiddetto problema critico avrebbe avuto una ben altra impostazione e soluzione da quella a cui spesso
siamo abituati. Nella posizione tomista il movimento primo e spontaneo del soggetto quello di procurarsi una
conoscenza del mondo, cosicch lo spirito arriva ad una concezione della realt e dellesistenza sensibile prima
ancora di conoscere la natura propria dellanima spirituale
27
.|
3. LA DIALETTICA DELLATTO PERCETTIVO
A) Il principio della complementarit. Linserzione tomista della conoscenza del concreto, sia
materiale come spirituale, entro la conoscenza universale delle essenze materiali, ci pare un buon criterio per
colpire loriginalit della psicologia tomista rispetto ai monismi gnoseologici ed ai dualismi di tipo cartesiano e
kantiano.
Si visto che la conoscenza umana ascende per tappe e si organizza secondo piani di contenuti: sintesi
sensoriali primarie e secondarie, conoscenza delle essenze materiali in astratto e in concreto, conoscenza dello
spirituale in concreto ed in astratto.
La indagine fenomenologica, fin qui condotta, porterebbe a molteplici considerazioni al riguardo: fissiamone
alcune.
La prima la constatazione di una dualit non dualismo intrinseca ad ogni funzione e forma di
conoscenza umana: dualit di sensibili propr e comuni nella conoscenza sensoriale primaria: dualit di
rappresentazioni sintetiche primarie (fantasmi di fantasia) e rappresentazioni sintetiche secondarie (fantasmi di
cogitativa) nella conoscenza sensoriale secondaria: dualit di contenuti universali e particolari nella conoscenza
intellettiva: dualit di contenuti materiali e spirituali nella coscienza di un atto completo di conoscenza attuale.
Ciascuna di queste dualit di contenuto pu esser presentata quale risultato di una corrispondente dualit
funzionale: efficacia impressiva dei sensibili propr, efficacia organizzativa dei sensibili comuni: assolutezza dei
sensibili per se, intenzionalit dei sensibili per accidens: attivit formativa della cogitativa (fantasmi-schemi)
attivit universalizzatrice dellintelletto, universalizzazione attiva da parte dellintelletto agente, assimilazione
recettiva da parte dellintelletto possibile...|
Questi ed altri dualismi, che si potrebbero ancora indicare, esprimono la compresenza che compenetrazione
e collaborazione fra coppie di oggetti, princpi e funzioni che stanno fra loro secondo unopposizione di
contrariet dialettica. merito della fenomenologia laver rilevato i fattori e le fasi di questa dialettica e sar
compito della gnoseologia il dare a questa dialettica uninterpretazione che soddisfi adeguatamente le esigenze
di un realismo riflessivo.
Lessenza del problema gnoseologico, visto in questa forma regressiva, consiste nella determinazione esatta
del valore noetico che compete a quella compresenza di contenuti contrar; e la conclusione pi importante sar
quella di decidere se tale contrariet costituisce appena un momento iniziale nella posizione dei problemi, che
va tosto superata nella progressione dialettica dellanalisi; oppure se essa insita al conoscere umano come tale,
in modo che tanto rispetto alla funzione, quanto rispetto ai contenuti, esso non si pone, non si sviluppa e non si
giustifica che per suo mezzo.
Nel Tomismo la risposta non pu lasciar dubb: il dualismo, di cui si parla, non puramente iniziale o
metodologico, ma piuttosto essenziale alloggettivit della conoscenza umana qua humana. Cio, la dialettica,
tanto oggettiva come funzionale, non si esaurisce nel sacrificio o assorbimento di uno dei termini da parte
dellaltro, ma pertinente alla stessa costituzione delloggetto e alla sua fondazione: i monismi gnoseologici che
operano quellassorbimento unilaterale (fenomenismo, idealismo) annullano la stessa dialettica e con ci
rendono impossibile quella intenzionalit per cui loggetto posto al soggetto e questo si attua in quello
28
.|
Al riguardo bastino per ora alcune riflessioni elementari sui risultati dellanalisi fenomenologica.
a) Sensibili propr e sensibili comuni. La psicologia fisiologica considerava immediati i propr, derivati,
cio acquisiti per associazione, i comuni: la Gestalttheorie invert esattamente la proporzione. In realt sia gli
uni come gli altri sensibili sono, nel proprio ambito, immediati e tanto gli uni come gli altri possono essere, nel
rendimento dellatto integrale della percezione, mediati cio dipendenti e fondati. Invero per il fatto che la
percezione di figura, movimento... allo stadio pi esplicito dipende dalla esperienza passata, non segue che
anche il primo nucleo di tali contenuti sia assolutamente in funzione di fattori associativi e non piuttosto dato
immediatamente nel primo darsi della esperienza. Parimenti per il fatto che le sintesi formali di figura e
movimento... possono influire e determinare lapparire delle qualit sensoriali (colori, suoni, pesi...), non ne
segue la fenomenalit assoluta di queste qualit, quasi fossero un puro sottoprodotto delle prime, prive di un|
fondamento qualitativo proprio in natura.
In realt, abbiamo visto che la figura non data se non per lefficacia impressiva delle qualit cromatiche
sulla rtina; daltra parte i colori non possono avere alcuna efficacia impressiva se non aderiscono ad un
continuo, cos da essi qualificato: non si dnno colori non figurati, o figure non colorate. Una fenomenologia
analitica potrebbe approfondire il significato psicologico e gnoseologico di questo fatto sia entro lambito delle
qualit sensoriali di uno stesso senso (p. e. i rapporti che legano fra loro i colori, i suoni, le qualit tattili), come
quelle dei diversi sensi ai sensibili comuni: fra gli stessi sensibili comuni Aristotele aveva assegnata al
movimento una funzione genetica rispetto agli altri.
Intorno a questi profondi problemi la psicologia antica ha potuto dir poco di definitivo; la psicologia
moderna ne ha considerati alcuni con imponenza di indagini sperimentali (p. e. classificazioni dei colori, teoria
della consonanza e dissonanza, teoria della forma, teoria del comportamento...), ma i suoi risultati positivi sono
ben poca cosa rispetto a quanto ancora resta a decifrare, anche nel caso della percezione dal contenuto pi
povero.
b) Sensibili per se e sensibili per accidens. Mi parso di fondamentale importanza per il realismo
tomista il distinguere i sensibili per accidens tanto dai sensibili per se come dagli intelligibili puri per se.
I sensibili per se costituiscono loggetto adeguato dei sensi formali (esterni e interni: senso comune e
fantasia); i sensibili per accidens sono invece gli intelligibili materiali, le intentiones insensatae o valori
concreti, appresi per lattivit discriminante della cogitativa in quanto questa riesce ad interpretare i dati attuali
in funzione dei risultati dellesperienza passata.
A questo modo i sensibili per accidens sono come bifronti: da una parte sono vlti ai sensibili per se, in
cui si fondano; dallaltra si riferiscono agli intelligibili per se, che invece fondano. Il tutto si risolve in una
mediazione che essi esercitano fra il sensibile e lintelligibile come ponte di connessione naturale fra i due
mondi oggettivi della cono|scenza umana. Tale mediazione si esercita praticamente nella funzione di
coordinazione, integrazione e correzione dei sensibili per accidens rispetto ai sensibili per se tanto propr,
quanto comuni, cosicch sono i sensibili per accidens che risolvono percettivamente la tensione dialettica fra i
sensibili a cui saccennava poco fa e che indicata dalla psicologia contemporanea con il termine di principio
della costanza percettiva.
Cos il sensibile per accidens, in senso stretto, in quanto sensibile, non n un dato colore, n una figura,
n un movimento, ma il valore concreto che pu assumere per la vita reale del soggetto luno e laltro sensibile,
secondo la particolare forma di sintesi percettiva di ambedue. La sintesi percettiva operata per suo mezzo
secondo la forma praticamente pi utile al conseguimento dei fini pratici della vita individuale.
c) Sensibili per accidens e intelligibili per se. Quali mediatori fra il senso e lintelletto, i sensibili
per accidens mentre da una parte, con funzione discensiva, risolvono la tensione dialettica per la percezione
dei contenuti sensoriali; dallaltra, con funzione ascensiva, permettono loggettivazione dellastratto nel
concreto e delluniversale nel particolare.
Fra sensibile per accidens ed intelligibile per se, fra concreto ed astratto, si genera una tensione
dialettica sia oggettiva come funzionale, di natura affatto nuova, bench non manchi danalogia con la tensione
dialettica propriamente sensoriale. Infatti mentre i sensibili propr ed i sensibili comuni sono, quanto al
contenuto, disparati ed eterogenei e la loro mutua compresenza costituisce un dato di fatto che non ha una
giustificazione gnoseologica immediata; sensibili per accidens e intelligibili per s invece si implicano, nella
conoscenza umana, gli uni gli altri talmente che gli uni non sono adeguatamente comprensibili senza la presenza
degli altri.
, infine, per questa compresenza del concreto allastratto e dellastratto al concreto che la mente percepisce
ed apprende nella propria caratteristica il corporale, rappresentato dalla specie intelligibile ed oggettivato nei
sensibili per accidens dati dai fantasmi della cogitativa, e lo spirituale, percepito nella| specie ed oggettivato
negli atti e nelle funzioni superiori del soggetto conoscente.
Lultima e, sotto certi aspetti, la pi importante funzione dialettica quella per la quale la nostra mente,
fondandosi sulla conoscenza delle sue funzioni superiori e della sua natura spirituale, procede ad una
determinazione propria della natura divina e angelica. Ma poich tale conoscenza frutto di argomentazione, e
non oggetto di percezione immediata, resta fuori della fenomenologia pura.
Allora, pur restando ciascuno di questi ordini oggettivi (contenuti sensoriali formali, contenuti di valore o
sensibili per accidens, contenuti intelligibili) delimitato da ambiti di propria oggettivit, unastrazione voler
considerare il contenuto di un ordine indipendentemente da quelli che ad esso corrispondono negli altri ordini.
Nellatto della conoscenza vera, cio adeguata alla realt, sono presenti, in collaborazione e subordinazione, i
contenuti di tutti gli ordini: questo il principio della complementarit
29
.
Per esso, nel Tomismo, si spiega la mutua implicazione fra sensi esterni e senso comune, fra senso comune e
cogitativa, fra cogitativa ed intelletto.
Quanto tutto questo possa contribuire ad una posizione e giustificazione radicale del realismo, sar precisato
in seguito.

B) Il principio dellemergenza. La derivazione del principio di complementarit esige alcuni
schiarimenti.
Invero, se tutto si riducesse alla complementarit accennata, non si saprebbe donde loggetto adeguato del
conoscere possa trarre i princpi di organizzazione e di consistenza. La complementarit altro non dice che
implicazione mutua; ci che si risolve in una reciprocit circolare e scompare ogni punto| di appoggio per una
risoluzione oggettiva di valore assoluto.
Le cose in realt vanno altrimenti e lanalisi fenomenologica che abbiamo condotta urge per ulteriori
precisazioni. Di esse la pi essenziale consiste nel ritenere che la complementarit non esprime che un momento
del processo dialettico, svolgentesi in avanti, del conoscere, di cui il secondo dato dalla emergenza di un
contenuto originale, cio qualitativamente nuovo, rispetto a quelli fondanti.
Ci era stato espressamente riconosciuto dalla prima scuola della Forma, la quale per ebbe il torto di
cercarne una spiegazione nel dualismo razionalista.
Lemergenza consiste nel fatto che ad un certo momento della maturazione psichica si opera nellanima
come un passaggio al limite, un superamento di confini per cui la coscienza si attua in contenuti e forme
superiori di vita. La emergenza si sviluppa di grado in grado e si estende a tutto lambito della vita cosciente.
Essa in ogni caso ha per termine a quo la funzione e loggetto immediatamente inferiore; per termine ad
quem, la funzione ed il contenuto che si dice appunto emergente; per principio generatore prossimo, la
dialettica interiore agli oggetti e alle funzioni; e per principio generatore remoto il grado di perfezione
ontologica dellanima secondo il quale essa trascendentalmente ordinata a perfezionarsi allinfinito, pur
restando soggetta ad uno sviluppo nel tempo.
Alcune chiarificazioni elementari.
a) Lorganizzazione primaria. La percezione sensoriale ha per fondamento i processi fisico-intenzionali
dello stimolo. Ma gi considerata da sola, la sensazione consiste in unassimilazione vitale perfettiva, cio
formale pura, delle qualit reali, la quale va ben distinta da qualsiasi reazione fisico-chimica contingente. Una
prima emergenza infra-conoscitiva sopra lo stimolo fisico, si ha nei processi fisiologici da esso originati:
lordine stesso delle progressioni naturali esige di considerare lassimilazione sensoriale quale unemergenza
nuova, come ne abbiamo certezza immediata di coscienza. Il principio dello Isomorfismo, in cui si aren la Gth.
altro non significa che la| accettazione del principio della complementarit al di fuori del principio di
emergenza: posizione che nega al fine la spontaneit costruttiva della vita.
b) Lorganizzazione secondaria. I processi fisico-fisiologici hanno, almeno ad un certo momento, un
doppio decorso: luno naturale o fisico-fisiologico di reazione, laltro intenzionale, cio conoscitivo da parte
dellanima e della facolt nellorgano. La seconda emergenza quella che si opera allinterno dei contenuti
sensibili come tali. Il termine a quo dato dai sensibili per s, propr e comuni; il termine ad quem, la
segregazione dei contenuti desperienza in oggetti particolari di valore, utili ai fini della vita; il principio
generatore prossimo, la discriminazione attiva, o collatio, esercitata dalla cogitativa. Il termine ad quem di
questa emergenza doppio o meglio presenta due momenti: luno consiste nella strutturazione definitiva dei
sensibili comuni quale si ha per la formazione degli schemi, che attribuisco alla cogitativa; laltro nella
qualificazione degli oggetti in rapporto ai valori concreti che essi offrono per lo sviluppo della vita del soggetto.
I due momenti traducono le due funzioni che competono alla cogitativa, quale facolt di coordinazione
suprema dei contenuti puramente sensoriali, e di preparazione ultima allastrazione ed oggettivazione dei
contenuti intelligibili.
E tutti e due i momenti indicano, almeno per luomo, una reale emergenza che la cogitativa ottiene per la
vicinanza o partecipazione che ha alla facolt intellettiva. Anche per questo loggetto della cogitativa detto
sensibile per accidens.
c) Lunit intelligibile. Come i sensi esterni restano insufficienti per lapprensione adeguata dei propr
oggetti ed abbisognano della funzione sintetica e discriminativa del senso comune; come il senso comune,
limitato ai contenuti attuali, abbisogna della funzione sintetica e discriminativa della cogitativa per valorizzare e
fissare i risultati utili della esperienza passata: analogamente, la cogitativa non pu fissare i contenuti di valore
se non in quanto soggiace gi o sincammina alla posizione di una regola o criterio assoluto. La terza
emer|genza quella della nascita dellintelligibile per s, ovvero delluniversale, dal sensibile per accidens.
Lemergenza dellintelligibile consiste anzitutto, nel Tomismo, in unapprensione assoluta di valore
(universalit metafisica) e non propriamente in una strutturazione od apprensione di contenuti nuovi.
I contenuti formali intelligibili sono quelli stessi dei sensibili per accidens (intentiones decem
praedicamentorum), ma appresi ad un livello superiore di validit: mentre la cogitativa li apprende nellambito
degli interessi concreti della vita vissuta individuale, lintelletto li apprende nellambito dellessenza e
dellessere, cio delluniversale e del trascendentale, quali valori assoluti.
Di queste varie forme di emergenza, ed in particolare dellultima di esse, in cui si compie la faticosa scalata
che lanima deve fare ai valori propr della sua specie, noi abbiamo secondo S. Tommaso una coscienza
esplicita e netta: et hoc experimento cognoscimus. Tale coscienza rende il nostro possesso saldo e
indiscutibile, ci fornisce i mezzi per difenderlo se occorresse e ci stabilisce nella legittima soddisfazione di
godere, sia pur imperfettamente, dei valori soprammondani; ci porge infine la possibilit di argomentare con
sicura dialettica lesistenza di realt trascendenti e divine verso le quali si pu muovere la nostra vita spirituale.
4. LUNIT DI COSCIENZA ED I PROBLEMI DELLA DIALETTICA
Lo sviluppo dialettico della conoscenza umana pertanto un fatto ed una realt fenomenologica, non un
frutto di una deduzione od analisi trascendentale. Tale sviluppo allora implica una durata, cio una continuit
nella dimensione temporale, in quanto che non si ha passaggio al limite, ovvero lemergenza, fin quando non si
compiuto lo sviluppo richiesto dallo stadio precedente. V perci, od almeno si pu distinguere, una
dimensione temporale propria ad ogni grado di emergenza, e v una dimensione temporale che abbraccia tutto
il processo| dalle prime intuizioni sensoriali fino alle creazioni intellettuali pi ardite ed alle percezioni pi
dense. Abbiamo visto che lo sviluppo, di cui si parla, avviene per processi combinati di complementarit e di
emergenza, non per pura giustapposizione di contenuti, come pretende lAsso-ciazionismo, n per pura
creazione delloggetto come esige lIdealismo.
Tale sviluppo suppone, tanto per uno stesso grado come per il processo globale, che la successiva
chiarificazione ed integrazione dei contenuti oggettivi sia presente nel suo procedere ad una stessa coscienza.
Lunit soggettiva di coscienza perci la condizione fondamentale dello sviluppo dialettico del conoscere:
senza lunit di coscienza non sarebbe possibile la complementarit e, prima ancora, lorganizzazione dei
contenuti sensibili a traverso lesperienza. Tanto meno sarebbe possibile lemergenza dei contenuti originali dai
contenuti precedenti: sia la complementarit, come lemergenza, in tanto sono possibili in quanto i contenuti,
per diversi che siano nel valore o nel grado, tutti si fanno presenti ad un unico soggetto. Il soggetto in questione
altro non pu essere la fenomenologia non ne conosce altri che lio individuale (Hic homo). Non si nega
per che in uno stadio pi maturo della riflessione filosofica si possa passare allaffermazione di una coscienza
trascendentale: qui si avverte soltanto che tale affermazione non deve sopprimere dialetticamente le coscienze
individuali o privarle di ogni consistenza, ma piuttosto per un riferimento allesercizio delle stesse coscienze
individuali che si opera il passaggio al trascendente
30
.
Quanto al dinamismo della coscienza individuale verrebbe da pensarlo analogo, anzi parallelo a quello dei
contenuti: avremo allora una (unit di) coscienza sensoriale primaria, una (unit di) coscienza sensoriale
secondaria, una coscienza intel|lettiva. Ciascuna di queste coscienze preparerebbe e poi resterebbe allatto della
emergenza come sottofunzione della forma di coscienza superiore. La pluralit delle funzioni di coscienza non
tornerebbe a danno della unit fondamentale, in quanto che in ogni forma superiore si stabilisce una unit
superiore che comprensiva dallalto delle forme inferiori. La coscienza intellettiva, a questo modo,
esprimerebbe lunit suprema di coscienza per la quale si costituisce e si attua la persona nel conseguimento dei
valori intelligibili e morali. Qui la dialettica del conoscere raggiunge la sua espansione pi densa e profonda.
per lunit di coscienza intellettiva, come abbiamo visto, che si opera tanto la percezione del concreto materiale,
come quella del concreto spirituale e si genera quellirrequieta tensione fra valori terreni e valori spirituali per
cui si pone e si ha da risolvere il problema centrale della persona, quello morale.
Ma la nostra ricerca si limita ad una fenomenologia elementare; dobbiamo ora indicare i problemi
essenziali nei quali raccoglieremo i risultati a cui ci pu aver condotti la nostra analisi della esperienza
immediata.

* * *

Il fatto, che lultimo fondamento della fenomenologia del conoscere, quello che opponeva S. Tommaso
al monismo psicologico averroista: hic homo intelligit, cio lunit di coscienza predicamentale. Noi lo
opponiamo come un fatto, che non ammette risoluzione dialettica, a tutti i monismi gnoseologici nei quali Hume
e Kant hanno spinto la filosofia moderna. Esso non pu ammettere risoluzione dialettica perch si presenta da s
come la con-dizione ultima per lesercizio della stessa dialettica e, per definizione, nel suo campo la condizione
prima e non dipende dal condizionato, ma viceversa.
Ci ammesso, bisogna accettare anche come criterio metodologico indiscutibile che il modo di apparire
immediato dei contenuti non pu essere dialetticamente mediato, ma va accettato con quelle caratteristiche di
qualit e di contenuto che alla| coscienza sono date. Si vuol dire che la coscienza, una volta che sia accettata
come luogo proprio del conoscere e come criterio immediato nel suo ambito del valore dei contenuti, non
va in parte accettata ed in parte respinta, ma accettata o respinta in blocco per tutta la sfera dellim-mediato
fenomenologico. Ora questimmediato non riguarda solo lesserci dellatto e del soggetto, ma anche lesserci
delloggetto: non solo il cogito, ergo sum che vero, ma a cui certamente molto superiore lo hic homo
intelligit ma anche lo aliquid est, se questo affermato dalla coscienza. Ora si visto che non solo la
coscienza in tanto fa presente s a se stessa, in quanto passa allatto, ma anche che la coscienza in tanto passa
allatto, in quanto latto realizza lapprensione di un oggetto.
Allora se la coscienza il criterio supremo per una fenomenologia fondamentale del conoscere, e se questa
fenomenologia una propedeutica indispensabile alla posizione di qualsiasi problema speculativo, come credo
si possa convenire con la filosofia contemporanea, si devono accettare i responsi di coscienza sia quanto al
contenuto degli oggetti, sia quanto al modo di apparire ed alle condizioni dellapparire che essa pu rilevare
degli oggetti stessi. Una menomazione dellambito della coscienza sarebbe il ripudio del principio stesso della
coscienza, poich non si sa, una volta ammessa la priorit assoluta dei suoi dati immediati, perch in alcuni di
essi il suo referto sia da seguire ed in altri non lo sia. Se pertanto il principio della coscienza pare troppo
gravoso od elastico, lo si abbandoni e si torni al principio della evidenza immediata, proprio della metafisica
classica. Noi per pensiamo che il principio della coscienza ammetta un senso ed un uso non solo legittimo, ma
integrativo di quello oggettivo dellevidenza, cosicch proprio nellambito dellAristotelismo tomista che la
fenomenologia potrebbe organizzarsi in tutto il complesso delle sue esigenze e dei suoi ardui problemi.
Lunit di coscienza, soggiacente alle fasi di uno stesso stadio e a tutti gli stad presi insieme, permette la
posizione del problema dellorigine, sviluppo e costituzione fenomenale| degli oggetti: problema psicologico.
Certamente le funzioni che portano alla emergenza dei contenuti non si fanno note che per lapparire dei
contenuti stessi, non prima; onde, anche per la coscienza, le funzioni non sono penetrabili in forma intuitiva
analitica. Ci non toglie per che la coscienza, avendo compresenti le varie fasi e gradi di oggettivit dei
contenuti, come le situazioni psichiche che determinano i momenti critici di passaggio o di emergenza, possa
raccogliere con sicurezza i termini essenziali per la posizione e risoluzione del problema.
Nellunit di coscienza la funzione superiore tiene compresenti i contenuti di quella inferiore, ed in ciascuna
coppia dialettica ogni contrario si pone necessariamente alla coscienza assieme al suo contrario, la medesima
coscienza si pu render conto delle caratteristiche per cui tali contenuti ad un tempo si pongono in essa come
valori di realt ed insieme si oppongono secondo una gradazione od anche opposizione che resta interna alla
realt, come tale: problema critico o del grado di valore dei contenuti.
Infine, poich assurdo pensare ad un valore reale che assuma loggetto per la coscienza e ad una gradazione
di valori che sia data, senza che insieme vengano date alla coscienza le condizioni ovvero i caratteri di
riconoscimento di tale valore e della gradazione di valori, si pone lultimo e supremo problema del pensiero
umano, in quanto pensiero, quello della costituzione intrinseca delloggetto in s: problema metafisico.
Il problema psicologico studia le funzioni ed i gradi della assimilazione delloggetto da parte del soggetto;
quello critico, le condizioni per la determinazione dei valori di realt degli oggetti; quello metafisico, la struttura
dellessere in quanto essere.
Se questi problemi avranno una risposta, lavr pure quello della possibilit della metafisica in generale.
* * *
NOTA. Il termine di emergenza mi parso molto adatto per indicare il superamento che avviene nel
passaggio| da un piano oggettivo ad un altro. Il concetto di emergenza pi o meno diffuso dappertutto nella
filosofia moderna. Si trova perfino nella Logica di John Stuart Mill sotto la discussione circa le leggi
eteropatiche della causazione (Bk. III, ch. VI, 2). La teoria del Wundt circa la schpferische Synthese, in
quanto tende a stabilire il fatto che in tutte le combinazioni psichiche il prodotto non la pura somma degli
elementi separati, ma rappresenta una creazione nuova, alla fine una teoria della emergenza.
Il termine fu applicato la prima volta in senso tecnico da G. H. Lewes nel suo Problems of Life and Mind
(Vol. II, Prob. V, ch. III) in opposizione a risultante, ed egli lo rifer ai fatti della chimica e della fisiologia,
nelle quali scienze la combinazione degli elementi o parti determina il sorgere di alcune qualit nuove cio
emergenti, mentre altre sono pure risultanti (p. e. il peso di un composto chimico) della somma degli elementi
o parti.
Certamente la emergenza non meno evidente in biologia e psicologia come ha richiamato la teoria del
Wundt e con maggior successo il Bergson con la teoria della volution cratrice e del suo lan vital. Hanno
sviluppato in forma pi analitica il principio della emergenza S. Alexander e soprattutto L. Morgan nel saggio di
conferenze Emergent Evolution a cui debbo la conoscenza dellapplicazione del termine
31
.
Debbo per avvertire che la nozione di emergenza che stata suggerita nelle pagine precedenti ha in comune
ben poco pi del termine, con le teorie ora accennate, bench tutti questi| Autori abbiano di mira lo stesso
problema fondamentale che occupa questa nostra ricerca.
Non si sa infatti come J. St. Mill possa fondare la realt della emergenza dal punto di vista di un
fenomenismo legato allassociazione. Wundt ha fatto un passo in avanti, ma il suo ricorso ai sentimenti, quale
principio fondante della sintesi, ha affondato il problema nelle oscurit dellirrazionale. Quanto poi la teoria
bergsoniana sia lontana da quella qui prospettata, risulta evidente, almeno per molti tomisti, dallirrazionalismo
sistematico che pervade la critica bergsoniana allintelligenza.
La posizione di S. Alexander e pi ancora quella di L. Morgan meriterebbero un esame pi attento, che
avrebbe il vantaggio di mettere in chiaro una concezione robusta ed in s coerente, ma ci svierebbe di troppo
lattenzione che dobbiamo conservare sullargomento in esame e basti il solo accenno. La concezione del
Morgan sospende lo sviluppo della energia alla causalit divina detta generalmente the Activity, da concepirsi
come del tutto immanente al complesso del mondo di cui costituisce lapice di sviluppo, analogamente al Dio di
Spinoza, al cui pensiero il Morgan dice espressamente dispirarsi
32
.
La emergenza tomista si fonda invece, se non erro, sulla nozione di partecipazione, la quale in sede
metafisica suppone la trascendenza reale del partecipato rispetto al partecipante e la sua immanenza causale
sotto forma dinflusso per laspetto dinamico e sotto forma di similitudine per quello statico. Nellordine
predicamentale poi essa fa vedere gli esseri ordinati in progressione scalare, di cui ogni gradino inferiore ritiene
in s adombrato qualcosa della perfezione del gradino immediatamente superiore, secondo la metafisica
dionisiaca che S. Tommaso ha incorporata allAristotelismo.
questo, sotto laspetto dottrinale, il punto critico pi acuto della ricerca ma che io devo appena sfiorare
perch stret|tamente metafisico e per averne trattato altrove
33
. Qui baster che mi limiti a due osservazioni
elementari.
Per S. Tommaso c una emergenza od eccedenza come egli preferisce esprimersi tanto nellessere
come nel conoscere. Nellordine dellessere essa presenta la progressione di perfezione, che si osserva nei gradi
ontologici, come un superamento che la forma tenta di operare dalle coartazioni della materia, come un balzo
in avanti. Nellordine del conoscere essa si esprime nella subordinazione delle facolt inferiori a quelle
superiori: nelluomo, due sono i casi pi tipici di partecipazione, cio la cogitativa e lintelletto dei primi
princpi. Questo la partecipazione naturale del lume divino in noi; quella, una partecipazione dellintelletto
nella sensibilit. Dal punto di vista strettamente teoretico, come la partecipazione intelligibile il principio
metafisico supremo che fonda la critica del conoscere, cos la partecipazione sensibile, quella della cogitativa
allintelletto, costituisce il principio supremo per una sobria teoria intellettualistica della percezione
34
. E tale
quella che stata fin qui abbozzata in continuit cos almeno ho cercato con lo spirito e la lettera del
tomismo.
Un testo dellAngelico illustrer meglio i var gradi della emergenza nellordine reale. Considerandum est
quod quanto aliqua forma est perfectior, tanto magis supergreditur materiam corporalem; quod patet inducenti
in diversis formarum ordinibus. 1) Forma enim elementi non habet aliquam operationem excedentem qualitates
activas et passivas, quae sunt dispositiones materiae corporalis. 2) Forma autem corporis mineralis habet
aliquam operationem excedentem qualitates activas et passivas, quae consequitur speciem ex influentia corporis
coelestis; ut quod magnes attrahit ferrum, et quod sapphyrus curat apostema. 3) Ulterius autem anima
vegetabilis habet operationem cui quidem deserviunt qualitates activae et passivae organicae: sed tamen supra
posse huiusmodi qualitatum, ipsa effectum proprium sortitur nutriendo (et) augendo usque ad| determinatum
terminum, alia huiusmodi complendo. 4) Anima autem sensitiva ulterius habet operationem, ad quam nullo
modo se extendunt qualitates activae et passivae, nisi quatenus exiguntur ad compositionem organi per quod
talis operatio exercetur: ut videre, audire, appetere et huiusmodi. 5) Perfectissima autem formarum, i. e. anima
humana, quae est finis omnium formarum naturalium, habet operationem omnino excedentem materiam, quae
non fit per organum corporale, scil. intelligere. Et quia esse rei proportionatur eius operationi [...], cum
unumquodque operetur secundum quod est ens, oportet quod esse animae humanae superexcedat materiam
corporalem, et non sit totaliter comprehensum ab ipsa, sed tamen aliquo modo attingatur ab ea. In quantum
igitur supergreditur esse materiae corporalis, potens per se subsistere et operari, anima humana est substantia
spiritualis; in quantum vero attingitur a materia et esse suum communicat illi, est corporis forma. Attingitur
autem a materia corporali ea ratione, quod semper supremum infimi attingit infimum supremi, ut patet per
Dionysium, VII cap. De Divinis Nominibus
35
.
Nella teoria tomista i gradi della emergenza conoscitiva sono una continuazione di quelli dellessere, ora
indicati, se vero che il conoscere costituisce e suppone una forma superiore di essere.
Lapprensione sensoriale gi una emergenza sopra le funzioni fisiologiche dellorgano di senso. La sintesi
del senso comune e la contrazione spazio-temporale della memoria primaria o fantasia segna un secondo
grado, nel quale viene fissata la struttura primaria del mondo percettivo. La cogitativa che assieme alla memoria
organizza gli oggetti concreti secondo il valore reale immediato il terzo grado
36
. Ultima e fondamentale
emergenza costitutiva della nostra specie, lintelli|genza razionale, allesercizio della quale subordinato
quello dei gradi e facolt inferiori. Lintelligenza, che il fine di tutta la natura, sta in un certo senso al
principio della medesima come ragione immanente dello sviluppo in avanti, od emergenza, che la natura
presenta. Nella natura inferiore la presenza dellintelligenza di ordine esemplare in quanto essa realizza il
piano divino di manifestazione dellessere (finalit, V via).
Nelluomo si d inoltre la partecipazione reale dellintelligenza, la quale, in un primo istante, specifica la
stessa natura delle facolt inferiori secondo un rapporto trascendentale a suo riguardo: in un secondo istante,
quello dialettico, lintelligenza in quanto coscienza suprema pu collegare, perch le tiene presenti nei loro
atti ed oggetti, le altre facolt; ed in quanto apprende la verit per s, pu influire entro certi limiti nelle
organizzazioni stesse inferiori, drizzandole per una migliore realizzazione dei suoi fini, che sono quelli della
persona. Lultima ragione a cui sospesa la validit di ogni soluzione gnoseologica non pu essere dunque che
metafisica: quella tomista della emergenza-partecipazione pu reggere il confronto di qualsiasi altra.|


SEZIONE TERZA
I PROBLEMI DELLA FENOMENOLOGIA



CAPITOLO OTTAVO

IL PROBLEMA PSICOLOGICO
SOMMARIO. Contenuti e funzioni. Gradi e forme della progressione fenomenale: problemi kantiani e problemi aristotelici, tappe
della sintesi percettiva, funzione sintetizzante dei contenuti di valore. Latto di percezione come costruzione fenomenale (Piaget).
Costruzione percettiva e immediatezza di contenuti. Analisi esistenziale e struttura del pensiero. Riassunto e conclusioni.
1. CONTENUTI E FUNZIONI
Il funzionamento percettivo di una coscienza adulta si presenta quasi come lentrare in azione di un
delicatissimo, ma ben montato meccanismo, per la semplice pressione di una leva o di un bottone; meno
vagamente, latto di percezione erompe nella sua spontaneit come per un collegamento che il confluire dei
contenuti percettivi opera fra lanima e la realt. La coscienza adulta ha qualche analogia con una centrale
telefonica, per la quale i dati di esperienza esteriori sono i numeri la cui combinazione complessiva forma il
collegamento dinamico di contatto.
Ci che pi importa in una centrale telefonica che tutte le connessioni funzionino attualmente: basta che
una sola sia bloccata e la comunicazione non ha luogo. Qui invece il funzionamento della coscienza assai pi
agile e dispone di molte vie virtuali per portarsi al contatto della realt.
Pi ancora: la comunicazione per telefono ha luogo solo| quando il meccanismo stato montato fino
allultimo pezzo e la prima come lultima telefonata hanno le stesse esigenze di tecnica. La percezione invece
avviene a stad molteplici e diversi: vale a dire che il suo meccanismo non dato una volta per sempre, non
montato tutto dun colpo, ma si costruisce gradualmente.
Il telefono, nel suo aspetto meccanico, ha certamente subto uno sviluppo stupendo: basti pensare ai nostri
telefoni urbani automatici rispetto a quelli a manovella di non molti anni fa; ma il mio telefono automatico con
luso non si sviluppa: piuttosto tende a guastarsi. Il meccanismo invece della percezione ha sempre uno sviluppo
per ogni coscienza che si apre ed in questo sviluppo che si pongono le connessioni che possono sempre
crescere in complessit di strutture e variet di contenuto. I telefoni automatici poi vengono costruiti in serie: i
meccanismi percettivi sono assolutamente tutti costruiti fuori serie, checch possa dirsi circa il
comportamento percettivo dei gemelli monocoriali. Questa costruzione per non avviene a caso: stanno a suo
fondamento gli organi, le strutture fisiologiche, i bisogni e le tendenze comuni a tutta la specie. La costruzione,
di cui si parla, si effettua nellapplicazione degli organi, nella soddisfazione dei bisogni inerenti allesercizio
stesso della vita.
La fenomenologia della percezione tende a rilevare, partendo dai contenuti e dalle funzioni della coscienza
adulta, i piani di oggetti e di funzioni e le graduali forme di organizzazione che hanno portato al funzionamento
attuale.
Evidentemente non si pretende di offrire una narrazione cronologica della teoria della coscienza: tutto quello
che di certo possiamo dire che tale storia c stata o ci sar di fatto per ogni coscienza, che vi sono dei punti di
partenza e che su tale storia si compiono, sia pure per modi svariati, alcune crisi di passaggio che sono
decisive per lesercizio della percezione al suo stadio definitivo. Che la percezione, quale si esercita ora, abbia
una storia, che questa storia abbia certi punti di partenza obbligati e che si sviluppi in certi modi determinati,
una constatazione di fatto che possiamo avere| dal semplice esame di qualsiasi contenuto di esperienza attuale.
Il primo passo della fenomenologia di affermare la realt di questa storia, di indicare i punti di
partenza, di segnalare le tappe principali: quanto si cercato di fare sommariamente fin qui per laspetto
descrittivo nel I volume, per quello funzionale nel presente, ancora in corso.
Ed il primo risultato laffermazione di questa storia come processo di sviluppo: con essa la fenomenologia
diffida loggettivismo assoluto ed il dualismo razionalistico separatista.
Loggettivismo assoluto ritiene che il contenuto noetico dato tale e quale immediatamente nella sua
assolutezza secondo il principio simile simili cognoscitur inteso in senso assoluto. Per i Naturales e
Democrito esso esprimeva il rapporto fra gli elementi degli organi di senso e quelli dei corpi: in Platone veniva
applicato anche allintelligibile poich lanima in tanto conosce, in quanto per via della a |a |ct; ritorna e
riesce a prender coscienza delle idee che in qualche modo giacevano sopite nelle sue profondit.
In ambedue le spiegazioni, materialismo ed idealismo oggettivo, soppressa ogni possibilit di reale
sviluppo: lanima gi, fisicamente o idealmente, ci che conosce. La fenomenologia invece constata che
lanima passa dal non avere allavere i contenuti che conosce.
Il fenomenismo assoluto dei Pirronici, di Hume, degli Attualisti tende invece ad identificare
progressivamente loggetto con il suo divenire soggettivo nella coscienza: ci che veramente , non n il
soggetto, n loggetto, ma latto dellistante, come atto puro irrelativo, che non va al di fuori ma si svolge a
s, entro di s. Loggettivismo come il fenomenismo assoluto rifiutano la vera dialettica e sopprimono la storia,
poich non dialettica e non costituisce storia n il riflesso speculare della realt, n un contraddittorio divenire
che annulla nel momento B il momento A che lha condizionato. Si comprende allora perch gli idealisti siano
molto prodighi nel criticare e nellostacolare la fenomenologia.
Riteniamo pertanto che la percezione, come nellatto solidale di un processo di organizzazione, cos, nella
conside|razione retrospettiva, solidale di un processo di sviluppo. La dialettica percettiva perci doppia;
luna riguarda il costituirsi attuale di una percezione, laltra ricerca le fasi ed i processi di passaggio nel
divenire della coscienza. In realt in ambedue i casi si tratta di un processo fondamentalmente identico che
abbraccia tanto i contenuti, quanto le funzioni: la differenza solo nel diverso grado di organizzazione delle
funzioni e di chiarezza dei contenuti.
Un primo compito della fenomenologia consiste nellindicazione dei contenuti e delle funzioni veramente
fondamentali: poich ogni percezione ed ogni esperienza di una coscienza adulta, non una cosa cos semplice,
come da molti si crede. Una percezione, anche la pi ordinaria come: vedo la penna scorrere sul foglio, a
volerla ben penetrare, esige una teoria completa della conoscenza.
Procediamo schematicamente. Allanalisi regressiva ogni percezione si presenta con particolari caratteri sia
quanto al contenuto, sia quanto allorganizzazione, sia quanto alla persuasione di realt che laccompagna.
a) Quanto al contenuto. Si visto che la percezione di qualche realt esterna implica contenuti
sensoriali e contenuti intelligibili: questo il dualismo fondamentale che interessa il problema della percezione
e tutta la conoscenza umana in generale. Lanalisi regressiva ha approfondito questa constatazione elementare
introducendo alcune nuove, pi accurate, determinazioni: di contenuti sensoriali formali e reali (sensibili per
se, sensibili per accidens) e, fra i sensibili per se, di sensibili propr e di sensibili comuni. Quanto agli
intelligibili, si pu dire che nella percezione essi si presentano sotto due aspetti: prima come contenuti di vita
vissuta e sono gli stessi sensibili per accidens e poi come contenuti intelligibili distinti, ap-presi non
semplicemente in astratto ma concretamente in un riferimento esplicito ad un dato complesso fenomenale
presente.
b) Quanto allorganizzazione. Ogni percezione implica una molteplicit di contenuti dico contenuti,
non elementi ; essa per percezione di oggetti e non semplice| avvertenza sensoriale, in quanto tale
molteplicit raccolta secondo una forma di unit. Unit di contenuti o solo unit di funzioni? Luna e laltra,
come preciseremo meglio contro il sintetismo assoluto.
Intanto si ritenga che lunit di cui si parla, non pu essere unit di costituzione (semplicit), ma unit di
organizzazione. Sono state rilevate come forme nettamente differenziate di organizzazione:
1) Lorganizzazione primaria (sensibili per se).
2) Lorganizzazione secondaria (sensibili per accidens).
3) Lorganizzazione intelligibile.

Ognuna delle prime due organizzazioni condiziona lo stabilirsi della seguente: non facile per determinare
il modo esatto di tale condizionamento. O meglio esso va inteso con molta larghezza: lorganizzazione inferiore
la base di esercizio per quella superiore e ci sia in quanto offre la materia, sia in quanto porta in s alcuni
indiz che regolano lesercizio dellorganizzazione superiore; sia, infine, in quanto essa stessa,
lorganizzazione inferiore, per lo stabilirsi di quella superiore, si consolida maggiormente nella sua unit e si
chiarifica nei contenuti. Da ci si comprende che nel processo percettivo lorganizzazione inferiore ad un certo
momento dello sviluppo psichico provoca il sorgere (la emergenza) e condiziona il costituirsi di quella superiore
dalla quale riceve, come compenso, una fondazione e conservazione pi esplicita dei propr contenuti originali:
questa la conclusione pi importante della fenomenologia regressiva e quanto mai fruttuosa per i problemi
essenziali che apre tanto sul piano della gnoseologia pura come su quello metafisico.
c) La persuasione di realt. Propriamente essa si presenta come un atteggiamento soggettivo che ha i
contenuti per termine od oggetto, e per causa la funzione organizzativa combinata con lapporto degli stimoli
attuali. La determinazione del suo valore costituisce loggetto proprio della critica della conoscenza: cos si
crede e sta bene. Ma poich la realt,| di cui si parla, o si riduce senzaltro, o si trova in rapporto
gnoseologicamente imprescindibile con la realt che oggetto di percezione; e poich la persuasione una
situazione che sorge nel soggetto sul fondo di situazioni psichiche e in relazione al modo di presentarsi degli
oggetti, la fenomenologia, che studia e descrive quelle e questo, deve costituire lintroduzione obbligata tanto
della critica, come della metafisica. Ma facciamo un passo indietro.
La fenomenologia descrive il modo di apparire degli oggetti, ed il modo di operare delle funzioni di
organizzazione.
Finora si potuto in generale rilevare:
a) il dualismo di sensibilit e intelligenza tanto rispetto al contenuto, quanto rispetto alle funzioni.
b) la continuit fra sensibilit ed intelligenza che non mescolanza o confusione, ma interdipendenza di
contenuti e funzioni.
Il dualismo gnoseologico, a cui avvia la fenomenologia, non perci il dualismo razionalista di senso e
intelletto, di esperienza e ragione, ove le due serie di contenuti restano rigidamente parallele e impenetrabili e
non si sa per quale prodigioso espediente sono trovati corrispondere gli uni agli altri (ar-monia prestabilita,
veracit di Dio). Lesperienza invece, che abbiamo spesso di tale corrispondenza, fondata sullo stesso modo di
presentarsi dei contenuti e sul modo di svolgersi delle funzioni, che quello della solidariet, non della
separazione, fra senso e intelletto.
I sistemi che hanno studiato con serio impegno senza cio far naufragare, con risoluzioni dialettiche, uno
dei termini sono lAristotelismo ed il Kantismo.
2. GRADI E FORME DELLA PROGRESSIONE FENOMENALE
a) Problemi kantiani e problemi aristotelici
Considerata dal nostro punto di vista, linnovazione kantia|na presenta notevoli accenni fenomenologici, pi
di quanto Kant stesso forse non intendesse di fare: sono gli accenni e gli spiragli che hanno permesso, fra le
altre, anche linterpretazione realista della Critica della Ragion pura
1
.
Kant accetta e mantiene il dualismo di senso e ragione; di pi, come Aristotele, anchegli ammette una
dipendenza intima, appunto di ordine integrativo, fra i dati sensibili ed i contenuti intelligibili secondo che gli
uni dnno il contenuto, gli altri portano invece la forma della sintesi. Pi ancora, e lo abbiamo notato a suo
luogo, Kant, con fine intuito psicologico, elabor la teoria degli schemi percettivi, quali intermediar fra il dato
sensoriale e la categoria mentale. Dal punto di vista sia dei contenuti, come delle funzioni, la coincidenza pare
completa: presentazione dei dati sensoriali, organizzazione percettiva schematica, sussunzione dei dati sotto la
categoria mentale.
Eppure, nonostante tutto questo, i problemi kantiani della percezione non sono i problemi aristotelici.
Kant, pressato tanto dalla tradizione razionalista come da quella fenomenista, accetta i contenuti sensibili
come puri dati e materia pura: non si preoccupa circa il loro modo di presentarsi; li ritiene senza ordine, senza
forma, una polvere che si solidifica solo per la virt coagulante che si sprigiona dallanima. Tale virt coesiva
ha il suo principio fontale nellIo penso trascendentale; essa si autodetermina nelle funzioni predicative della
tavola categoriale; e la categoria si realizza| nei dati concreti per via dello schema trascendentale.
La funzione sintetica sullesperienza si origina dallo schema e lo schema una forma di autodeterminarsi
della categoria in presenza dei dati. Lo schema kantiano, ultimo frutto della ragione, non pone perci alcun
problema genetico, ma soltanto quello dellapplicazione dello schema al contenuto sensoriale, poich la
categoria troppo distante, nella sua universalit, per riferirsi immediatamente ai dati. Se poi anche lo schema
ha tutta la sua ragion dessere, come principio unificante, dalla rispettiva categoria, non si sa per qual modo e
con quale diritto possa organizzare i dati amorfi desperienza. Allesperienza esso resta estraneo, non meno
della categoria. Cos il dualismo percettivo soltanto fittizio od almeno molto instabile: su questa base, un
modo di risolverlo, anche se Kant si energicamente rifiutato a farlo, stato quello di considerare, come hanno
fatto i post-kantiani, il dato non esser pi dato, ma la forma infima di oggettivazione della spontaneit dellIo
penso nel suo movimento dallinterno allesterno.
Si pu convenire pertanto nel ritenere aver Kant sfiorato il dualismo ed anche il realismo percettivo: ma lo ha
solo sfiorato, senza preoccuparsi di svilupparlo. Lunico problema, che in esso rimane, quello della
derivazione degradante e concentrica, a partire dallIo penso, delle categorie e degli schemi; problema invero
troppo trascendentale perch la fenomenologia possa occuparsene.
La fenomenologia non nega lintelligibile, lo condiziona soltanto in un primo momento, nel suo divenire, al
divenire del sensibile.
Lo sviluppo percettivo avviene nellAristotelismo dal basso in alto, ed il progresso fenomenale non avviene
dal caos alla illuminazione subitanea, ma dal confuso al distinto. Il primo darsi dei contenuti fenomenali non
cos confuso, che non vi appaiano gli indiz per le successive distinzioni; come ciascuna di queste non cos
definita una volta per sempre che non possa ricevere dallesperienza ulteriori determinazioni e correzioni.
Il principio della complementarit certamente con|servato da Kant, ma essa ha un significato ed
unapplicazione puramente esteriori, poich i due fattori costitutivi delloggetto hanno ciascuno unorigine
diversa ed estranea: restano perci impenetrabili lun laltro. La concezione aristotelica, invece, secondo la
quale il conoscere consiste in unassimilazione operata dallanima circa contenuti formali della realt e della
stessa realt secondo gradi var di penetrazione, pu attribuire ad un tempo il contenuto e la sua organizzazione
sia alloggetto, come al soggetto. Essi non si potrebbero trovare nel soggetto se prima non fossero, in qualche
modo, anche nelloggetto. La realt in s e la realt conosciuta coincidono quanto al contenuto, perch quanto
c nella realt conosciuta, c nella realt in s: ci che diverso il modo di essere, essendo nelluna reale,
nellaltra intenzionale cio rappresentativo e mentale.
Tutto questo suppone che la realt pu divenire oggetto dellanima, pu penetrare in essa, ascendendo di
grado in grado fino allintelligenza. La fenomenologia si occupa appunto della problematica circa la graduale
ascesa che loggetto, sotto lazione delle funzioni, fa nellanima a partire dalle prime intuizioni intelligibili e
sensibili.

* * *

b) Tappe della sintesi percettiva
Indichiamo i problemi aristotelici della percezione. Alcuni di essi, per merito dellanalisi concettuale e della
ricerca sperimentale di cui ha bene meritato la Scuola della Gestalt, sono stati sufficientemente esaminati; altri
invece appena accennati. La fenomenologia aristotelica non pretende daver risolto tutti i problemi, ma si limita
ad indicare le linee principali per una interpretazione generale dei medesimi.
Abbiamo riconosciuto tre piani percettuali: i sensibili propr per se, i sensibili comuni, i sensibili per
accidens.
Ora, in ogni strato si pu distinguere un contenuto ed una forma di organizzazione. Lintrinsecit, che stata
riconosciuta, del principio dorganizzazione al contenuto oggettivo, esi|ge di riconoscere che se il contenuto
dato, lo devessere anche il principio dorganizzazione. Daltra parte stato pure riconosciuto che la percezione
si sviluppa in direzione ascensionale sia nellambito di uno stesso strato percettivo, come nel procedere da un
piano oggettivo inferiore ad uno pi superiore. Ne segue che per ogni strato percettivo si pongono due serie di
problemi, luna che riguarda il modo di presentarsi dei dati, laltra che riguarda lulteriore perfezione dei
medesimi per una coscienza sviluppata.
Si tratta cos, in generale, della presentazione fenomenale, e della progressione fenomenale.
a) I sensibili propr. NellAristotelismo la teoria dei sensibili ha unimportanza essenziale e molti
lavversano e la criticano prima di studiarla. Vi si distinguono i sensibili propr o qualit differenziali; ed i
sensibili comuni ovvero modi di presentarsi delle qualit sensoriali, costanti nei var sensi. I sensibili comuni
fungono per Aristotele come da soggetto dei sensibili propr e forse sono stati davvero un po trascurati. Ha
pensato a rivalutarli, contro lempirismo, la Gestalttheorie. I problemi per da risolvere sono ancora molti.
Come sono dati i sensibili per se? questo un primo problema che abbraccia ambedue le classi; ma
poich tali classi hanno propriet diverse, il problema, cos in generale, non pu avere che una risposta
parimenti generale.
Ritenendo allora che lapprensione dei sensibili in qualche modo una cognizione, e che la cognizione
sensibile una assimilazione la quale consta di due momenti di cui luno dato dallinflusso del sensibile
sullorgano del senso, laltro dallassimilazione dei contenuti da parte del soggetto, possiamo dire in generale
che lapprensione dei sensibili per s data per linflusso attuale di dati stimoli, operanti in modo definito,
sopra organi naturalmente disposti a questazione.
La fisica moderna, ancora in cerca della costituzione intima della materia, non pu dire ancora lultima
parola intorno alla natura della energia fisica degli stimoli: al nostro scopo basta ritenere che si tratta di
unazione fisica reale. La fisiologia si trova in posizione analoga a quella della fisica circa| lultima natura delle
strutture e dei processi che avvengono negli organi e nel sistema nervoso particolarmente. Essa per ha messo
bene in vista la corrispondenza che vige sia in generale fra il sistema nervoso e le funzioni di relazione cio
conoscitive, come in particolare fra ciascun organo di senso e lo stimolo corrispondente. Locchio funziona
come una prodigiosa macchina fotografica, lorecchio come una collezione di risuonatori accordati..., e cos via.
La connessione fra il fisico e lo psichico ha quindi un fondamento oggettivo, e non si riduce ad una pura
credenza istintiva.
Ora resta da chiedersi: come sono dati i sensibili propr ed i sensibili comuni secondo il contenuto che
caratterizza ciascuna classe?
La risposta nellAristotelismo lineare, bench assai modesta. I sensibili comuni che riguardano le propriet
pi generali della corporeit corrispondono alla capacit apprensiva pi generale della sensibilit e degli organi
di senso. Ogni organo di senso, in quanto corporeo, esteso: un esteso sensibilizzabile che pu apprendere
lo stimolo anzitutto come un esteso sensibilizzante.
I sensibili propr sono appresi in quanto sempre nel presupposto che gli stimoli siano qualitativamente
differenziati sotto laspetto fisico ciascun organo di senso ha una proporzione o struttura fisiologica (la
.ce ;) che lo rende atto ad assimilare, fra gli altri, una speciale qualit. Risposte si dir, pi formali, che reali:
sia pure, ma sempre un vantaggio fare qualche passo anche se tocca arrestarsi presto. Del resto qui stiamo al
limite fra il fisico, il fisiologico e lo psichico, ove si ha quindi una doppia confluenza di esigenze e le questioni
di limite sono sempre scabrose a definire.
Qualche passo per ancora si pu fare. Infatti stata affermata la complementarit e lemergenza fra le due
coppie di sensibili. Secondo Aristotele i sensibili comuni devono il fatto di esser sentiti in atto alla qualit o
sensibile proprio: i due sensibili non hanno infatti unimpressione distinta. Cos il sensibile proprio non
impressiona lorgano se non quando la quantit di estensione e lintensit di stimolo non abbia un| certo valore,
cos ciascuno dei due sensibili emerge sul fondamento dellaltro.
Ne segue che i sensibili comuni sono dati in quanto sono dati i colori, le qualit tattili, ecc.: sono dati
perci a ciascun senso ed per questo che si dicono comuni.
Ma questo primo esser dato, delle qualit percettive, porta con s unestrema indeterminatezza e c da
dubitare se possa costituire un momento reale della conoscenza. I contenuti percettivi si fanno coscienti, tanto
quelli propr quanto, e soprattutto, quelli comuni, solo in seguito a complicati processi i quali costituiscono
appunto quella che abbiamo detto la progressione fenomenale.
La nostra ricerca ha individuato, con contorni pi o meno netti, alcune tappe che corrispondono alle funzioni
del senso comune, della fantasia e della cogitativa.
Il senso comune esercita una prima discriminazione e sintesi di contenuti e ad esso appartiene in proprio il
consolidamento delle strutture spaziali. Per la funzione del senso comune un oggetto, che diversamente
qualificato per i singoli sensi, pu presentare a ciascuno di essi un medesimo contenuto figurale; perci la figura
pu essere controllata, integrata e corretta e quindi affermarsi percettivamente con una relativa costanza.
proprio quindi del senso comune liniziare la sintesi e lorganizzazione formale. Essa viene operata
primitivamente per un processo tendente alla chiarificazione dei contenuti di ciascun senso: per il bambino la
prima delimitazione delle figure data dai cambiamenti di colore, dalla gradazione delle ombre. Questi caratteri
vengono meglio precisati quando alle caratteristiche visuali si aggiungono p. es. quelle tattili: allora la figura
diviene pi consistente ed anzi non lo pu divenire diversamente. Nel senso comune contenuti visuali e
contenuti tattili sintegrano in un contenuto percettivo unico.
La fantasia, o memoria primaria dello Stumpf, conserva le tracce dellesperienza passata non come materiali
inerti, ma come unit dinamiche, come virtualit di movimento rappresentativo. La discontinuit degli stimoli
fisici, e soprattutto quella fra gli elementi nervosi degli organi, suggerisce qui una| teoria della fantasia come
facolt di apprensione del continuo spaziale e temporale per via di una specie di contrazione fenomenale il cui
fondamento certamente di natura psicofisica, ma che per ora, e forse per sempre, resta avvolto nelloscurit.
Qui occorre ampliare lAristotelismo, ma non credo si debba uscire dai suoi princpi.
Senso comune e fantasia concorrono alla formazione delle costanti fenomenali, le quali allinizio sono come
delle disposizioni vaghe alla percezione del continuo spaziale e temporale, e successivamente si fissano nelle
strutture percettive dinamiche che sono gli schemi percettivi. Al senso comune ed alla fantasia appartiene
propriamente la percezione del continuo, mentre gli schemi sono dovuti alla cogitativa.
Quanto al contenuto percettivo dello spazio la psicologia moderna ha oscillato fra il Nativismo e
lEmpirismo, fra una origine del tutto a priori o del tutto a posteriori del continuo spaziale e temporale: in realt
il problema, come ha notato il PIAGET, stato mal posto e non ha senso (B, 207). La percezione del continuo
diviene e si sviluppa con lo sviluppo della vita. In questo sviluppo, per, noi abbiamo creduto di fissare alcune
tappe indispensabili, poich non si possono risolvere i problemi ardui con formule di transizione. Tali punti
sono:
a) La necessit di attribuire una qualche percezione immediata, confusa quanto si voglia, del continuo
spaziale ai sensi esterni, unitamente al senso comune nelle prime sensazioni simultanee.
b) Una prima funzione integrativa del continuo spaziale unitamente alla prima percezione del continuo
temporale da attribuire alla fantasia. Se il continuo spaziale in ogni sua forma in funzione assoluta della
fantasia, inevitabile lapriorismo psicologico
2
.|
La psicologia contemporanea ritorna allo spazio visivo immediato, anche quanto alla profondit.
La conclusione, che la condanna della psicologia del sec. XIX, potrebbe accomodarsi anche, forse, alla
concezione della Estetica kantiana, ove lo spazio considerato come un contenuto intuitivo. La concezione
kantiana per viziata dallequivoco che limmediatezza e la necessit escludano ogni derivazione e fondazione
empirica e sia necessario ricorrere ad un a priori. Per Kant c quindi prima lo spazio puro come forma della
intuizione spaziale, omogeneo, infinito... il quale, applicato alla Stoff dellesperienza bruta, d la corporeit
fenomenale. Il LASSEN ha opposto alla concezione kantiana il fatto che lo spazio puro non un contenuto
intuitivo, ma unastrazione concettuale: lo spazio percettuale immediato quello della corporeit che data
nella variet delle qualit sensibili. Secondo il Lassen poi la distinzione kantiana di materia e forma non ha
senso per le percezioni visive, ma pu essere applicata alla percezione spaziale degli altri sensi (specialmente
del tatto) in quanto, sempre secondo il L., questi sensi mutuano la percezione spaziale dal tatto: nel caso, le
qualit sensibili proprie fungono da materia, la spazialit, misurata dalla vista, da forma. Il L. ammette uno
spazio visuale anche nei ciechi nati
3
.|
Unosservazione analoga circa la percezione del tempo.
Una cosa percepita durare quando percepita identica nella successione di stati diversi osservabili, sia
nellambiente esterno come interno. Questa certamente la percezione matura del tempo ed appartiene in
proprio alla memoria: ma la memoria non potrebbe avere una percezione distinta se la fantasia non avesse
operato, in modo incosciente, la prima accumulazione percettiva ond possibile lapprensione di una estensione
temporale. Cos la funzione della memoria sta a quella della fantasia, per la percezione del tempo, come quella
della fantasia sta al senso comune per la percezione dello spazio. Le due percezioni hanno un decorso
fenomenale identico
4
.
La percezione dello spazio pone per dei nuovi problemi, assai ardui, come si visto. Il tempo ha ununica
dimensione e poi, in mancanza daltro, ha per fondamento almeno il susseguirsi degli stati di coscienza.
Lo spazio ha invece percettivamente tre dimensioni come attributi fondamentali e poi numerose altre
propriet accessorie come avevano ben notato anche gli ottici antichi: lo spazio inoltre non pu pretendere di
fondarsi su caratteri di coscienza, ma sul solo fatto della continuit e spazialit degli stimoli (e dei corpi da cui
provengono) e degli organi che li ricevono. Ma risaputo che la distribuzione delle terminazioni nervose degli
organi di senso fatta in modo discontinuo e ciascuna terminazione porta la propria impressione ai centri
cerebrali separatamente e perci si pu parlare di un mosaico della| impressione retinica, tattile ecc.
Limpressione del continuo allora una costruzione soggettiva? Non necessario ammetterlo: checch sia della
struttura terminale degli organi di senso, lorgano va preso come un tutto corporeo adattato alla recezione di
stimoli corporei: lapprensione avviene propriamente nei centri cerebrali nei quali vanno a terminare le fibre.
Lo studio del movimento stroboscopico ha portato i Gestaltisti a concepire il movimento come principio
generatore degli altri contenuti percettivi. Lindicazione non pu essere n accettata, n rigettata a priori, ma va
approfondita e soprattutto occorre determinarne il senso esatto. Il movimento, di cui si parla, va inteso come
processo fisiologico per il dinamismo delle correnti trasversali di raccordo? Potrebbe assolutamente anche
essere: solo che tale dinamismo ancora allo stato dipotesi, ed, anche fosse noto, non potr mai una condizione
fisiologica rendere ragione di un fenomeno psicologico, anche il pi semplice.
Il movimento da intendersi come contenuto psicologico? Questipotesi ha dalla sua una maggiore
probabilit, bench, del resto, le due ipotesi non si escludano assolutamente. stato constatato (Musatti) che il
movimento esercita sugli oggetti una funzione sia di unificazione, come di segregazione. Ma stato parimenti
osservato che tale funzione suppone lesperienza passata. Ed allora questipotesi ricade nella nostra che
attribuisce alla cogitativa la segregazione percettiva
5
.|
Con questo non si nega che il problema nella sua intima natura resti per noi misterioso, ma si vuol soltanto
dire che il soggettivismo nulla pu cavare per suo conto da queste difficolt, che sono di ordine piuttosto
scientifico e non gnoseologico.
Psicologicamente solo la percezione dello spazio che percorre tutti i gradi della conoscenza umana: non si
sa infatti cosa possa corrispondere nei sensi esterni e nel senso comune alla percezione del tempo, n la
psicologia o lesperienza ordinaria hanno fatto pensare a schemi temporali. Il tempo percettivo qualcosa di
uniforme: le propriet che pu avere di distensione, di contrazione, di accelerazione dipendono per la maggior
parte da attitudini soggettive e dal modo nel quale gli oggetti si presentano individualmente alla coscienza
6
. Il
cosiddetto tempo usato dalla musica in realt una divisione del movimento dei suoni; altrettanto si dica
delle forme ritmiche di cui usa la poesia od anche larte oratoria, la danza, latletica leggera. Si tratta sempre di
schemi dinamici di movimenti i quali producono, per la capacit di accumulazione immediata della fantasia,
lapprensione del ritmo e con la ripetizione del ritmo quella della durata.
Comunque, se si vuol parlare anche di schemi temporali, essi vanno intesi in altro senso da quelli spaziali.|
La fenomenologia distingue i seguenti momenti nella percezione spaziale: senso esterno, senso comune,
fantasia, cogitativa.
I primi tre momenti riguardano la progressione fenomenale nella percezione del continuo: lultimo riguarda
strettamente la formazione degli schemi. La formazione degli schemi coesistente alla segregazione percettiva
degli oggetti di esperienza. Ogni classe di oggetti, anzi ogni oggetto, nella percezione distinta, ha il proprio
schema. allora la formazione degli schemi la causa della segregazione percettiva, od invece la necessit di
isolare, in gruppi fenomenali costanti, gli oggetti di percezione che porta alla formazione degli schemi?
Dal punto di vista genetico la seconda ipotesi la pi attendibile ed per questo che attribuisco alla
cogitativa anche la strutturazione sensoriale formale dellesperienza (teoria degli schemi) di cui
lAristotelismo, anche quello tomista, sera poco o punto preoccupato. Possiamo quindi trattarne sotto il comune
paragrafo dei sensibili per accidens che sono loggetto proprio della cogitativa.
c) Funzione sintetizzante dei contenuti di valore
Nella sua formula tecnica il sensibile per accidens indica una caratteristica oggettiva, di ordine concreto,
ma non accessibile ai sensi esterni. Non quindi un contenuto sperimentale primario e immediato, ma
secondario e derivato: un contenuto al quale il soggetto arriva in seguito ad una valutazione dei risultati
pratici, riscontrati ripetutamente nella esperienza. Come la realt fisica supposta dotata di proprie qualit e
della capacit dimpressionare variamente la sensibilit animale, cos lanimale od il soggetto senziente, che ha
da svilupparsi per lassimilazione della realt esteriore, supposto dotato originariamente di bisogni e di
tendenze corrispondenti con le quali portato a prender i primi contatti con gli oggetti. Lesito di questi contatti
nellanimale bruto sostanzialmente assicurato, in quanto che la sua psiche determi|nata in forma infallibile
per alcuni oggetti di prima necessit: questo lambito dellIstinto.
Luomo invece appare sfornito di istinti determinati e deve guadagnarsi a proprio rischio e pericolo i primi
contatti con la realt. Lexperimentum aristotelico sopra descritto consiste in buona parte nellacquisizione delle
prime costanti di valore, cio di apprezzamenti circa lutilit, la dannosit... che certe costanti fenomenali
provocano da parte del soggetto.
Si presenta anche qui il problema del contenuto e della forma di organizzazione, quale si aveva per
lorganizzazione primaria (sensibili propr e comuni), ma con una complessit che non ha paragone.
La facolt che presiede alla soddisfazione dei bisogni concreti della vita la cogitativa: non da pensare,
perci, che la cogitativa aspetti ad entrare in opera solo quando i sensi formali, esterni ed interni, abbiano
raggiunto la propria ultima perfezione. Lesercizio della sensibilit esteriore, del senso comune e della fantasia,
precede e condiziona il primo esercizio della cogitativa: ecco tutto. Ma la cogitativa, una volta che siano in
funzione i sensi formali, non tarda ad intervenire per regolare il corso dellesperienza stessa.
da pensare che il criterio dominante del primo esercizio dellesperienza sia linteresse pratico degli oggetti
(Rignano), se si ammette che la conservazione dellindividuo il primo e fondamentale bene biologico. Ora le
qualit sensoriali (le secondarie) hanno un proprio contenuto che ha un proprio valore. Le stesse qualit
sensoriali hanno una diversa gradazione dinteresse pratico: le pi immediate sono quelle che causano per prime
le impressioni di piacere, di benessere, di tedio o disgusto, cio le qualit chimiche relative al gusto, allolfatto,
ed anche quelle meccaniche e termiche del tatto.
Il risultato pratico dei primi contatti obbliga il soggetto a prendere un orientamento definito rispetto agli
oggetti che gli si porgono. a questo momento che emergono anche i caratteri somatici ed acustici, in quanto il
bambino li trova costantemente congiunti a quegli altri vitalmente a lui pi immediati, perch pi interessanti.|
Nellintento di riuscire a realizzare unesperienza gradevole ed utile o di fuggirne unaltra disgustosa o
nociva, il bambino portato a connettere nella sua aspettazione una data esperienza vitale allapprensione di
particolari contenuti ottici ed acustici.
Viene cos da pensare che le costanti fenomenali oggettive si stabiliscono in funzione delle costanti
fenomenali soggettive, cio dei bisogni biologici. Ed il bambino fisser anzitutto nei contenuti fenomenali
oggettivi gli aspetti pi vistosi, i colori prima delle figure, i rumori prima delle parole, la posizione ferma prima
di quella in movimento. Solo in seguito, quando saccorger che per raggiungere i suoi scopi questi primi
caratteri si presentano ambigui e gli cagionano delle sorprese amare, si preoccuper di individuare
maggiormente laspetto percettivo degli oggetti; avendo constatato che lo stesso colore pu esser congiunto ad
impressioni soggettive del tutto contrarie, prender nota anche degli altri caratteri sensoriali, degli altri caratteri
propr come della figura. Si dica altrettanto per il passaggio dalla percezione delloggetto in posizione statica al
seguirlo con locchio nella condizione di movimento.
Insomma il bambino passa progressivamente alla fissazione dei contenuti percettivi e dei suoi oggetti
desperienza secondo che vi spinto dalla pressione delle esigenze biologiche: il modo, la successione e gli
stessi contenuti di questa fissazione, sono, almeno negli iniz, in funzione esclusiva dei bisogni vitali. La
prima segregazione dellesperienza cos una frammentazione imposta dagli interessi, in quanto consiste in una
presa di posizione, tanto attiva come difensiva, rispetto al contenuto utilitario riscontrabile negli oggetti.
In questa dialettica biologica i primi contenuti distinti di coscienza sono le impressioni di piacere o disgusto
inerenti alle qualit sensoriali secondarie, soprattutto quelle chimiche; seguono le qualit ottiche e acustiche: i
sensibili propr precedono i sensibili comuni. Le cose avvengono come se linfante fosse obbligato a prendere
un maggior contatto con il mondo per una necessit di autodifesa personale.
Lorganizzazione di questa difesa esige una certa classi|ficazione fenomenale degli oggetti, nella quale sono
chiamate a collaborare ed a compenetrarsi le costanti fenomenali soggettive ed oggettive. Il tal oggetto
presente nella coscienza infantile come un oggetto ed stato fissato nella sua figura, nella sua condizione di
quiete o di movimento... in quanto ha la capacit di soddisfare un bisogno, o causa un particolare disagio. La
classificazione fenomenale frutto quindi di un tirocinio di cui il soggetto deve trarre il miglior partito
possibile. La cogitativa, nella psicologia tomista, ha la funzione precisa di raccogliere le costanti fenomenali
soggettive e di determinare, in base ad esse, quelle oggettive che sono gli schemi percettivi, se vale il principio
generale che tutti noi, ed il bambino pi di tutti, in tanto ci preoccupiamo di prendere coscienza esplicita degli
oggetti e dei loro molteplici aspetti, in quanto vi siamo spinti da particolari necessit. Perci lesercizio della
cogitativa, ovvero lapprensione dei sensibili per accidens, bench naturalmente consegua allapprensione dei
sensibili per se, di fatto condiziona necessariamente la progressione fenomenale dei contenuti formali. Si
potrebbe dire quasi, riesumando una formula propria alla metafisica della causalit, che i sensibili per se
influiscano, nella strutturazione formale e quindi nella formazione degli schemi, rispetto alla determinazione del
contenuto quoad specificationem : i sensibili per accidens invece influiscono nella fissazione esplicita, da
parte della coscienza, dei contenuti fenomenali stessi quali costanti fenomenali oggettive in relazione cio
dipendenza dalle costanti fenomenali soggettive ovvero biologiche.
Le prime strutturazioni percettive, quelle pi fondamentali, non si formano quindi per interessi formali puri,
estetici o di simmetria geometrica come farebbe pensare la Gestalttheorie, ma piuttosto sotto limpulso delle
prime necessit vitali. Sono queste che forniscono il primo significato degli oggetti: lemergenza delle
strutturazioni formali condizionata, per la maggior parte, dal significato e cos di necessit anche il processo di
selezione e dintegrazione che porta agli schemi. Il lavoro di epurazione percettiva e di fissazione degli
schemi ha per fondamento la collatio od apprensione comparativa| che la psicologia tomista attribuisce alla
cogitativa.
Ancora alcune precisazioni. Lo schema percettivo non un sensibile per se, n un sensibile per accidens
perch non un oggetto di percezione: lo schema una virtualit percettiva che ha da attuarsi nellesperienza.
Geneticamente possiamo allora distinguere nello schema un contenuto fondato ed un contenuto fondante;
fondato il contenuto formale, fondante quello di valore (il sensibile per accidens); fermo restando il rapporto
che lega rispettivamente i sensibili comuni ai sensibili propr.
Gnoseologicamente prima vengono i sensibili percepiti come affezioni pure non dico soggettive con un
riferimento vago alla realt esterna; poi, e per essi, sorgono i sensibili per accidens, lesercizio dei quali porta
allapprensione distinta dei sensibili comuni.
Il dinamismo percettivo che si origina dai sensibili propr, si sviluppa poi, come attorno a due poli di
contenuti complementari, nei sensibili comuni e nei sensibili per accidens. I sensibili comuni, che sono dati in
qualche modo in quanto in qualche modo dato il continuo cromatico, tattile, acustico nella impressione dei
sensibili propr, emergono nella fissazione utilitaria della cogitativa. I sensibili per accidens, conseguenti
allesperienza primaria delle qualit sensoriali, passando alla fissazione dei sensibili comuni, si consolidano
maggiormente in s, in quanto le costanti fenomenali soggettive ricevono un riferimento oggettivo che
appunto la costante fenomenale oggettiva, un sensibile comune o una combinazione di alcuni di essi.
Lo schema percettivo concepito come virtualit fenomenale deve poter abbracciare, cio fondare,
lemergenza nella coscienza di ambedue le costanti, tanto del contenuto formale come del valore pratico. Non
facile per determinare da vicino come ci possa avvenire. Forse le cose potrebbero andare a questo modo: lo
schema nella progressione fenomenale avrebbe una doppia fissazione: luna puramente formale, comprensiva
dei sensibili per se, che sarebbe conservata dalla fantasia; laltra comprensiva tanto dei sensibili per se,
come di| quelli per accidens conservata nella memoria. Da questa spiegazione, che resta rigorosamente
nellambito della teoria tomista sui sensi interni, resta fondata la distinzione, di pratica ordinaria, fra le
riproduzioni fantastiche che non presentano un contatto diretto con la realt e le riproduzioni che occorrono
nelle percezioni.
Riassumendo, si pu dire che il problema fenomenologico della percezione sensoriale comprende nel suo
sviluppo le seguenti funzioni:
a) Unazione fisica (e intenzionale) degli stimoli sugli organi viventi ed una conseguente reazione fisico-
fisiologica di questi.
b) Unapprensione immediata da parte dei sensi esterni e, per essi, del senso comune delle qualit
sensoriali secondarie e primarie.
c) Unintegrazione immediata, per la prima percezione del continuo, da parte del senso comune e della
fantasia.
d) La distinzione dei contenuti fenomenali dai contenuti di valore in dipendenza della vita vissuta.
e) La fissazione degli schemi percettivi sia di fantasia pura come di memoria.
3. LATTO DI PERCEZIONE COME COSTRUZIONE FENOMENALE
La parte essenziale da me attribuita alla cogitativa nella fissazione degli schemi percettivi formali,
teoreticamente non distante da questa affermazione, a prima vista paradossale, del Piaget: La notion despace
ne se comprend quen fonction de la construction des objets (B, 99).
Anche se il concetto di realt da noi rimandato al problema critico e metafisico, giover qui il sentire come
il Piaget descriva in concreto questo parallelismo fra la percezione degli oggetti e quella dello spazio e faccia
questa dipendente da quella
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.|
Il Piaget divide lo sviluppo infantile nei sei stadi, gi ricordati nel I volume.
Nei primi due stadi, quanto allapprensione dello spazio percettivo, corrisponde uno stato iniziale nel quale
lo spazio consiste in gruppi eterogenei e puramente pratici, ove ogni fascio percettivo costituisce uno spazio
proprio: esattamente il contrario della posizione kantiana, secondo la quale il primo contenuto lintuizione
spaziale pura. Nei primi stadi infantili vi sono dei gruppi, nel senso che lattivit del bambino pu ritornare su
se stessa e ricostituire da s questi complessi chiusi che definiscono matematicamente il gruppo. C uno
spazio boccale (Baldwin), visuale, tattile, acustico.
Il bambino per non percepisce ancora nettamente questi gruppi nelle cose e non prende coscienza riflessa
delle operazioni del tutto motrici per le quali egli le elabora: i gruppi restano perci completamente pratici.
Nel terzo stadio i gruppi, per via della maggior determinazione del contenuto delloggetto, si coordinano
fra di loro e si fanno da pratici soggettivi. La coordinazione dei gruppi dipende dagli atti di prensione, per
la quale il bambino arriva a collegare lo spazio visuale allo spazio tattile ed a quello gustativo. Daltra parte,
manipolando le cose, il bambino pu imprimere alle medesime dei movimenti sistematici cos da percepire i
gruppi nellinsieme delluniverso. Si dicono gruppi soggettivi perch gli oggetti a cui si riferiscono non sono
ancora segregati in modo autonomo, ma restano in prevalenza fenomenali e nella prospettiva propria del
bambino.
Nel quarto stadio e nel quinto il progredire della manipolazione degli oggetti e soprattutto la ricerca attiva di
un oggetto nascosto, di un oggetto lontano, portano alloggettivazione esplicita dei gruppi soggettivi ed alla
conseguente elaborazione dei gruppi rappresentativi. Questi permettono un comportamento autonomo del
soggetto rispetto agli oggetti siano essi presenti, distanti, nascosti, assenti.
Allinizio non esiste quindi che una forma di spazio pratico, o pi esattamente tanti spaz pratici quante sono
le attivit diverse del soggetto: a questo modo lo spazio una pro|priet dellazione, che si sviluppa e si
coordina con essa. Al termine dellevoluzione invece lo spazio una propriet delle cose: come lo sfondo di
un universo nel quale avvengono tutti gli spostamenti, comprese le azioni stesse del soggetto che si presenta
come un oggetto fra gli altri oggetti. Il passaggio dallo spazio egocentrico (dei gruppi pratici) allo spazio
rappresentato (dei gruppi rappresentativi) essenziale e solo per esso si comprende la possibilit dello
spostamento che operano gli oggetti nello spazio. Tale passaggio la condizione sine qua non della
rappresentazione ed anche della percezione diretta dei gruppi. Orbene tale passaggio, che abbiamo detto
progressione fenomenale, in tanto possibile in quanto preceduto e condizionato dalla corrispondente
segregazione di oggetti.
Il problema essenziale da risolvere quello del passaggio dallo spazio fisiologico allo spazio percepito ed
allo spazio concepito; cio il passaggio, secondo il Piaget, dalla priori funzionale alla priori strutturale (B,
209-210). Di questo sviluppo sono state indicate tre tappe: lo sviluppo dei gruppi pratici in gruppi
soggettivi, e dei gruppi soggettivi in gruppi oggettivi. Il problema essenziale della costruzione
percettiva quello di comprendere come il bambino, partendo da uno spazio interamente centrato sullattivit
propria, arriva a collocarsi in un ambiente ordinato e a comprendervi se stesso a titolo di elemento fra gli
elementi.
La strutturazione. Durante il primo stadio, le forme di condotta (fusione, visione, etc.) presentano ciascuna
una coordinazione ereditaria dei propr movimenti nello spazio, ma senza coordinazione spaziale fra di loro. Il
primo progresso avviene con lacquisto della reazione circolare primaria che permette al bambino in ciascuna
delle sfere, boccale, visuale, tattile, cenestesica, ecc. di seguire od anche di trovare i quadri percettivi abituali
per mezzo di movimenti aggruppati in sistemi coerenti, sovrapposti ai sistemi riflessi. La percezione dello
spazio si riduce ancora a quella di un certo movimento dei corpi nellambito dei diversi organi di senso ed il
bambino non immagina n gli spostamenti esteriori a questi campi, n i movi|menti del proprio corpo, n
coordina ancora in un ambiente unico i diversi spaz cos abbozzati.
Nel terzo stadio con la reazione circolare secondaria, cio con la coordinazione della visione e della
prensione, la strutturazione dello spazio realizza due notevoli progressi: da una parte la coordinazione in un solo
sistema dei differenti spaz pratici, dallaltra la costituzione di gruppi nel campo stesso della percezione. Infatti,
grazie allintervento della prensione, il bambino diventa capace di spostare gli oggetti nel campo visuale e di far
loro descrivere cos delle traiettorie ritornando periodicamente al punto di partenza.
Ma la coordinazione non supera i limiti del campo di percezione e, in mancanza di rappresentazione, questo
campo non comprende ancora il proprio corpo, come tale, ma solamente lattivit manuale.
Con il quarto stadio, che quello della coordinazione degli schemi secondari fra loro, la strutturazione dello
spazio comincia a superare il campo della percezione immediata, poich il bambino diventa capace di ricercare
gli oggetti scomparsi. Ma, non riuscendo ancora a staccare sufficientemente loggetto dalla propria attivit,
questa strutturazione non si estende che ai gruppi reversibili e non concerne ancora n i movimenti liberi dei
mobili, n il corpo proprio concepito come un oggetto.
Negli stad quinto e sesto infine, grazie alla ricerca attiva diretta ed alla combinazione mentale degli schemi,
la strutturazione si estende allinsieme degli spostamenti che sono stati percepiti successivamente ed infine a
quelli che lintelligenza pu ricostituire deduttivamente anche senza averli percepiti. Si stabiliscono cos le
relazioni di reciprocit fra i mobili dogni genere e fra essi ed il corpo proprio, che appreso sullo stesso piano
degli altri oggetti.
La dissoggettivazione consiste propriamente nel passaggio dai gruppi pratici (biologici) ai gruppi
soggettivi e da questi ai gruppi oggettivi di cui si gi detto e si far menzione anche nel capitolo seguente.
Rileviamo intanto, da questanalisi del P., che c anzitutto una percezione immediata dello spazio, quella
propria| ai movimenti riflessi lo spazio pratico che piuttosto una collezione di spazi particolari (boccale,
visuale, tattile, cenestesico, ecc.): lo spazio pratico diventa spazio soggettivo con il controllo e lesercizio
attivo che il soggetto opera sui suoi movimenti rispetto agli oggetti presenti, grazie soprattutto allesercizio della
prensione che collega spazio tattile e spazio visuale, integrandoli in uno spazio unico. Infine la combinazione
degli schemi rende possibile la ricerca degli oggetti lontani o nascosti, per cui si ha la formazione dello spazio
rappresentato, cio oggettivo, assieme alla segregazione del proprio corpo come un oggetto fra gli oggetti.
Ora la teoria aristotelica, abbozzata nel paragrafo precedente, aveva appunto distinto tre tappe fondamentali
nella strutturazione percettiva: sensi esterni, senso comune e cogitativa, qualora vadano intese come tappe
funzionali che si implicano in progressione, non come attuazioni impervie luna allaltra. La concezione
aristotelica fornisce allanalisi sperimentale del P. un sostrato teoretico non solo compatibile con essa, ma
chiarificatore dei suoi stessi risultati.
Lempirismo, anche a parere del Piaget, non d ragione dei fatti, poich la percezione non mai una lettura
immediata delloggetto. Essa implica una costruzione che ha per suo fondamento non elementi dispersi, ma
lorganizzazione dei singoli gruppi pratici e la capacit dintuizione spaziale propria della struttura
geometrica degli organi e, per ragione ultima della sintesi, lapprensione di relazioni intellettuali (B, 216).
Similmente il vitalismo intende egli il razionalismo ed il preformismo inclusa la Gestaltpsychologie
non tengono conto rispettivamente n del passaggio che si opera dai gruppi pratici a quelli soggettivi e poi
oggettivi, e quindi dello sviluppo reale dal basso in alto, n della costruzione delle relazioni spaziali, la quale
attesta il primato dellintelligenza sulle strutture gi fatte.
N pi comprensiva dei fatti la novissima psicologia di behaviour americana che riduce la coerenza
percettiva ad un insieme di convenzioni pratiche, poich la percezione spa|ziale si organizza sulla base di un
sistema di relazioni che operano per la costituzione di oggetti in s chiusi e stabili.
Allora non resta che una conclusione: il funzionamento dellintelligenza che spiega la costruzione dello
spazio percettivo (B, 210-211).
La costruzione graduale delle relazioni spaziali si spiega solo per il progresso dellintelligenza. Nella misura
in cui la attivit propria regolata dagli schemi globali la coordinazione spaziale non si opera che fra i
movimenti del soggetto e gli oggetti che sono nel suo prolungamento immediato. Nella misura invece in cui gli
schemi diventano abbastanza mobili per combinarsi fra loro in forme multiple, si stabiliscono da una parte le
relazioni spaziali fra gli oggetti, e dallaltra interessano il proprio corpo nel suo insieme.
Queste constatazioni significano adunque, conclude il Piaget, che la vera natura dello spazio non risiede nel
carattere pi o meno esteso delle sensazioni come tali, ma nella intelligenza che collega le sensazioni le une alle
altre. Ma siccome le sensazioni non costituiscono per niente degli elementi per s stanti ed esistono solamente
in funzione delle percezioni globali, si pu anche ammettere lesistenza di percezioni spaziali sui generis.
Solo che tali percezioni non vanno considerate come elementi assolutamente primi ed indipendenti
dallintelligenza: essi sono il risultato dellattivit intellettuale e lo spazio non pu allora esser concepito come
una realt separata dallinsieme del lavoro dello sviluppo spirituale. Geneticamente pertanto lo spazio
lattivit stessa dellintelligenza, in quanto questa coordina i quadri esteriori gli uni agli altri: lo spazio
(percettivo) non esiste che in relazione allintelligenza che gli fornisce una struttura progressiva.
Il Piaget qualifica il suo pensiero come teoria biologica dellintelligenza. Essa vuol mostrare sul terreno
dei fatti e con coerenza di princpi la continuit di sviluppo fra le varie tappe della progressione fenomenale e la
funzione predominante che vi opera lintelligenza dallinizio alla fine. Su ambedue i punti laristotelismo, credo,
pu trovarsi in reale accordo. Solo che nella stessa teoria del P. pare che lintelligenza sia| un po un deus ex
machina, il quale si fatto un po troppo le parti del leone: lintroduzione di un termine non vuol dire la
soluzione dei problemi, soprattutto quando, com il nostro caso, i problemi sono complessi ed il termine non ha
un unico significato.
C infatti, unintelligenza astratta e logica che elabora ed apprende le relazioni del pensiero puro, e c
unintelligenza pratica che si occupa ed apprende le relazioni ed i valori concreti: chiaro che questa soltanto
che interviene a dirigere le costruzioni percettive. Inoltre questa stessa intelligenza pratica in tanto pu
procedere alla costruzione percettiva di cui si detto, in quanto procede dalla manipolazione attiva degli oggetti
ed in quanto apprende i contenuti percettivi iniziali degli oggetti stessi o delle loro parti. Non si sa come queste
due funzioni di natura prettamente sperimentale e concreta possano essere attribuite in proprio allintelligenza.
LAristotelismo, con una maggior comprensione degli strati percettivi, attribuisce la manipolazione attiva la
collatio alla cogitativa, e la apprensione dei contenuti sensoriali e delle sintesi formali al senso comune,
riservando allintelligenza il controllo e la direzione di queste funzioni. Gli schemi percettivi sarebbero
operati dalla cogitativa a partire dai contenuti di senso comune, fantasia e memoria sotto la guida
dellintelligenza che implicita nei primi passi, esplicita in seguito.
Il P. non voleva per dare una teoria dal punto di vista funzionale, ma soltanto da quello del comportamento,
ed allora ci pare che nei punti indicati le due teorie, laristotelica e quella biologica della assimilazione
attiva, non si escludano, ma piuttosto si completino e si giustifichino a vicenda.

* * *

La teoria aristotelica tiene distinte, bench non le separi, le funzioni che presiedono allapprensione dei
dati e quelle che operano lunificazione percettiva.
Lapprensione dei sensibili per se propr e comuni, dovuta quanto al contenuto ai sensi esterni
primieramente: quella dei sensibili per accidens, alla cogitativa; quella degli intelligibili, allintelletto.|
Lunificazione dei contenuti sensoriali primar (i sensibili per se), in quanto procede dalla frammentazione
e confusione iniziale, dovuta, come si pu interpretare dai fatti sistemati dal Piaget, tanto al senso comune (e
fantasia) quanto alla cogitativa e allintelligenza. Affinch la progressione sia naturale e fondata, si pu pensare
allora che ogni tappa della organizzazione si svolge in due momenti di cui luno costituisce e porta in s lunit
che data; laltro, a partire dallunit data, opera ununit di contenuto e valore superiore: chiaro che il
secondo momento per svolgersi deve conservare compresenti i contenuti e lunit del primo.
In questo rapporto stanno esattamente nella nostra teoria lunit percettiva primissima da attribuirsi ai
sensibili per se, quali si trovano nei sensi esterni, rispetto a quella che hanno nel senso comune; similmente
lunit operata dal senso comune rispetto a quella operata dalla cogitativa e quella della cogitativa rispetto a
quella operata dallintelligenza. Il tutto stato da noi espresso con i due princpi di complementarit e di
emergenza. Lunit nuova sorge adunque per emergenza che ha per fondamento una complementarit: che si
vuol dire?
Per il problema gnoseologico, a cui mira la ricerca fenomenologica, ci significa che latto percettivo, ed in
generale latto conoscitivo, non consiste in una costruzione pura, n quanto al sentire, n quanto allintendere;
ma la costruzione tende a render possibile un intuito od apprensione penetrativa di un contenuto e di una forma
strutturale superiore. Ma il fatto che lemergenza dellintuito condizionata dalla costruzione, non accidentale
al contenuto stesso ed alla sua fondazione gnoseologica o metafisica. Poich nellassimilazione conoscitiva la
funzione, che opera la sintesi, passa alle funzioni nuove di contenuto e di forme cos da non sopprimere o
risolvere le funzioni inferiori in quelle superiori; ma le conserva, le ritiene presenti nella loro dialettica propria e
se ne serve a fondamento di quella che sorge per mezzo ed entro i contenuti nuovi.|
4. LUNIFICAZIONE PERCETTIVA E LASTRAZIONE INTELLETTUALE
Loggetto proprio della percezione un aspetto globale, non un aspetto differenziale della realt. Possiamo
dire di vedere colori, figure, di comprendere cos la natura umana in astratto: loggetto della percezione il
concreto nella sua totalit, di modo che non percepisco propriamente n il colore a s, n la figura sola, n la
natura umana come tale, ma luomo Pietro che ha una tale figura, un tal colore e cos via. Lelemento dominante
e coordinante nellesercizio della percezione non sono dunque i contenuti e le funzioni sensoriali, ma i contenuti
e le funzioni intellettuali; il pensiero concreto, che la percezione, dominato dal pensiero astratto.
Il progresso percettivo, in qualunque fase, si sviluppa sostanzialmente in tre momenti: c anzitutto una
presentazione sintetica confusa (contro lassociazionismo); segue una dissociazione analitica dei contenuti che
permette, alla fine, una presa di possesso esplicita dei contenuti nel loro valore autonomo ed in quello
caratteristico che pu venire dalla sintesi. Sintesi, analisi e apprensione analitico-sintetica. Grossolanamente la
sintesi, come apprensione sintetico-immediata, riguarda i sensibili per se e soggiace quindi alla funzione
primaria della sensibilit; lanalisi, in quanto implica una certa riflessione sui dati ed un raffrontare attivo,
costituisce la funzione secondaria della sensibilit, propria della cogitativa: lanalisi-sintesi, o comprensione
integrale della sintesi sensoriale, esorbita dalla capacit di una particolare facolt sensibile ed appartiene
allintelligenza elementare.
Lasserire che la sintesi il modo ordinario di presentarsi degli oggetti e che il progresso della percezione
il progresso della conoscenza della sintesi, equivale a dire che le relazioni, per cui c la sintesi ed il progresso
nella conoscenza delle relazioni, costituiscono lessenza stessa del processo percettivo. I fautori della psicologia
del pensiero (Selz, Lindworsky) e lo stesso Stumpf hanno pensato che il continuo, anche nella sua forma pi
rudimentale, non percettivamente dato che per| una apprensione di relazioni.
Sembra tuttavia che lipotesi non abbia alcuna evidenza sperimentale e che il primo darsi del continuo sia
assoluto e dipendente esclusivamente dalla costituzione fisica (continua) dello stimolo e dalla struttura, come
dal funzionamento degli organi di senso. Le relazioni, che sono presenti nel primo presentarsi dei contenuti
sensoriali, riguardano la strutturazione del continuo, come le differenze nella distribuzione della tonalit di
colore, il complesso della figura, le dimensioni della corporeit, la distanza, ecc.: sono queste relazioni che
costituiscono la materia per lelaborazione del secondo stadio. In esso lanalisi dei contenuti viene condotta in
tutte le direzioni: ciascun senso particolare rileva e distingue la variet dei sensibili suoi propr, riscontrabili
nelloggetto: il senso comune distingue e si ha qui unapprensione di relazione di valore superiore i
contenuti di un senso da quelli di un altro e avverte la costanza dei sensibili comuni presenti nei diversi sensibili
propr; la cogitativa ordina questa molteplicit di apprensioni isolate mediante la costituzione di schemi sintetici
unitari, in quanto essa ha unapprensione delle relazioni che pu ritenere nel presente anche il passato e pu
passare, in conseguenza, dallapprensione esteriore di forma a quella di un oggetto di valore, individuato sotto
ogni aspetto.
La percezione dei sensibili per se, comprese le qualit formali, data in qualche modo fin dallinizio nei
singoli sensi: di fatto per, per essere esplicita, essa esige lassimilazione distintiva del senso comune e quella
comparativa della cogitativa. Cosicch si ha il paradosso che il progresso in chiarezza della percezione coincide
con il crescere delle sintesi funzionali. Levidenza dei contenuti percettivi in rapporto diretto con la
complessit della elaborazione che poi ordinata alla percezione delle relazioni.
Ora importante il notare, in questa percezione delle relazioni, una circostanza: il meccanismo o
lelaborazione che porta alla percezione delle relazioni non oggetto di percezione esso stesso, ma uno
strumento che funziona per lo pi agli iniz soprattutto nellincoscienza; e quando anche| sia cosciente
finisce un po alla volta con il cadere nella subcoscienza. A questo modo nellesercizio successivo
dellesperienza, non appena loggetto si presenta, il soggetto vi distingue subito i contenuti percettivi allo stato
ultimo di elaborazione, senza bisogno di rifare da capo il lavoro; anzi senza neppur ricordare di averlo fatto. La
natura, dopo averci assoggettati al faticoso tirocinio, fatta pi clemente, quasi vuol levare le armature esteriori
che, se in un primo momento erano indispensabili, nel seguito limiterebbero notevolmente lo spazio vitale e
renderebbero quanto mai complesso anche latto di percezione pi ordinario. Alla fine, pertanto, della
percezione delle relazioni, non resta che lapprensione sintetica, luno fra i molti
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, di cui ha parlato Aristotele
nella teoria dello experimentum che ho voluto riprendere.
Facciamo un breve passo indietro per farne uno pi avanti. Nello sviluppo, che abbiamo indicato, si ha che i
contenuti sensoriali nel primo loro darsi sono alcunch di assoluto, ove per insieme dato il fondamento per la
distinzione e lapprensione delle relazioni. Lapprensione delle relazioni in s un atto semplice, e termina a un
contenuto semplice, nonostante la molteplicit o complessit di atti che possono averlo preparato. Questo
contenuto per che semplice rispetto al processo di cui latto percettivo segna il termine sia la vista per i
diversi colori, od il senso comune per i differenti sensibili costituisce a sua volta il contenuto di partenza per
un processo di elaborazione da parte di una facolt superiore, e questelaborazione, per complessa che possa
essere, terminer anchessa ad un contenuto semplice ed indivisibile nel suo ordine.
Cos avviene il passaggio dai contenuti del senso comune a quelli della cogitativa e da questi a quelli
dellintelligenza, teoria del tutto coerente quando si ponga mente al fatto della unit di coscienza, per la quale
data la immanenza dei contenuti superiori in quelli inferiori (conversio ad phantasmata). Il processo di
emergenza dei contenuti conoscitivi pu| esser concepito allora avvenire a questo modo: lelaborazione il
processo intermediario indispensabile per lemergere di qualche contenuto: tale elaborazione consiste nel
mettere in evidenza le relazioni immanenti al contenuto oggettivo come tali. Ogni apprensione fondata da una
corrispondente elaborazione che avviene almeno in un primo momento nellambito di una facolt inferiore
immediatamente subordinata alla superiore. Poich la facolt inferiore opera e presto cade nellincoscienza,
quella superiore inizia il suo movimento dallapprensione semplice del contenuto terminale della precedente e
questo diviene a sua volta il principio e la materia per una nuova processualit.
Ciascun senso elabora i propr contenuti in vista dellapprensione distinguente del senso comune; questo
procede alla discriminazione qualitativa di tutto il campo sensibile e alla integrazione dei sensibili comuni in
vista dellapprensione concreta della cogitativa: questa elabora il contenuto concreto degli oggetti a partire dalle
relazioni che gli oggetti presentano nellambito della vita vissuta. Ed sulla stabilit e distinzione di queste
relazioni che sorge il concetto per cui c lapprensione semplice ed immobile dellessenza. Lunit intelligibile,
bench sia un contenuto originale, resta sempre un contenuto fondato e ci doppiamente: a) sullapprensione
sintetica delle relazioni formali proprie del senso comune e b) sullapprensione delle relazioni reali proprie della
cogitativa; il massimo grado di elaborazione termina al contenuto pi semplice che lessenza intelligibile.
La fenomenologia quindi in grado di prendere in considerazione il postulato della filosofia moderna che
vede nella apprensione delle relazioni lessenza del fatto conoscitivo. La nostra teoria del concetto, invero, fa
una parte essenziale alla apprensione della relazione e vede in essa il processo centrale dello spirito: contesta
invece che ne costituisca tanto il contenuto iniziale, come quello terminale; poich ogni dialettica intanto pu
portare ad un progresso reale in quanto si svolge fra i due estremi di valore assoluto. Il concetto stato
certamente condizionato dallapprensione delle relazioni; questap|prensione quando si tratti dei contenuti
fondamentali che unicamente cinteressano stata operata propriamente dalla cogitativa e lintelletto inizia il
proprio movimento dal semplice e dallimmobile. Le relazioni sono presenti implicitamente, in actu exercito. La
presenza esplicita delle relazioni, in actu signato, propria del giudizio in quanto deve affermare o negare
lessere dei contenuti appresi, ed anche nel raziocinio e nellinduzione riflessa in quanto sono i processi
intermed che devono condizionare lapprensione delle relazioni, di valore derivato, nellordine intelligibile. La
prima apprensione delle relazioni quella della cogitativa condiziona il sorgere del pensiero diretto delle
primae intentiones, la seconda il sorgere del pensiero riflesso, cio logico, delle secundae intentiones.
Il concetto, considerato nella sua natura di strumento per raggiungere lessenza intelligibile, appare legato
essenzialmente alla relazione ed alla percezione delle relazioni. Lapprensione integrale di unessenza non un
affare che si risolva in un istante; non raggiungiamo mai di colpo lessenza intelligibile, ma solamente qualcuna
delle relazioni che esprimono questessenza. Poi bisogna sforzarci, cercare. Lintellezione un progresso
dinamico di cui non si pu mai dire che sia finito: un progresso che va dalluniversale che contiene le sue
parti, potenziali e integrali, in forma implicita, alla considerazione particolare di queste parti per ritornare
alluniversale e definirlo secondo relazioni pi precise. S. Tommaso condensava questa dottrina
nellaffermazione che il nostro pensiero procede secondo divisioni e composizioni concettuali; essa si distingue
dalla moderna in quanto pone allinizio ed al termine del processo unapprensione assoluta, di carattere intuitivo
nella sensibilit, astrattivo nellintelligenza: da questi due gruppi intuitivi iniziali che sinizia la
differenziazione dei campi conoscitivi nei propr oggetti
9
.|

* * *

Per lastrazione allora i contenuti presenti nellesperienza diventano, in seguito alla prima elaborazione della
cogitativa, da sensibili intelligibili e da particolari universali: si passa cio dallapprensione di relazioni e
propriet fenomenali a quella delle relazioni e propriet reali. Se, per S. Tommaso, lastrazione un processo di
cui possiamo avere coscienza come di un fatto ordinario della nostra vita che ne tutta intessuta, egli non si
per diffuso molto a descriverne laspetto fenomenologico: dallo studio dei princpi generali della teoria che si
possono avere le indicazioni sufficienti per una ricerca materiale come la fenomenologia.
Lastrazione pertanto la funzione primaria dellintelligenza per la quale avviene il suo primo risveglio e la
presentazione dei contenuti intelligibili fondamentali. Lastrazione intellettuale ha da far emergere i contenuti e
le relazioni che riguardano la realt, in quanto realt, lessere in quanto essere . Les-perienza sensibile
invece tocca la realt materialmente, in quanto affetta il soggetto secondo luno o laltro contenuto di vita
vissuta, le qualit sensibili; o secondo una sintesi organizzata di molte di esse, i sensibili per accidens della
cogitativa. Ai sensibili per accidens succedono nellintelletto gli intelligibili per se. Come procede la presa|
di possesso degli intelligibili? come si sviluppa lastrazione?
Se lintelligenza la facolt dellessere, il suo sviluppo quello di una presa di possesso sempre pi intima
dellessere stesso. Ora il principio dello sviluppo per crisi principio della emergenza pone due esigenze e
cio: (a) che il contenuto superiore non appare che sul fondamento dei contenuti inferiori, e (b) che il contenuto
inferiore, giunto al sommo della sua evidenza, o pregnanza fenomenale, condiziona di per s il contenuto
intellettuale di minima evidenza e comprensione che lidea iniziale dellessere. Ogni sviluppo, anche quello
intellettuale, ha da procedere per tappe: prima si hanno i risultati pi grezzi ed imperfetti, poi gradualmente
quelli pi perfetti. Nel campo dellessere si ritiene per conoscenza avanzata quella che abbraccia il contenuto
delle varie essenze e che forma loggetto delle scienze specializzate, le quali stabiliscono e coordinano in
sistemi chiusi propriet, leggi e conseguenze circa il concreto, come tale, in quanto abbraccia lessenza con il
corredo delle qualit sensibili in cui si trova realizzata caso per caso in natura. La conoscenza assolutamente
prima non pu esprimersi adunque n in un giudizio scientifico specializzato, n in un giudizio determinato
desperienza.
Lesperienza, che condiziona la prima astrazione intellettuale, contiene le determinazioni individuali: esse
per sono un contenuto vissuto secondo una situazione di coscienza inferiore allintendere. Il fatto a cui arriva
questa situazione di far emergere la pi oscura intuizione intellettuale e perci la pi vaga. Questintuizione
originaria dellessere pu esprimersi nel giudizio che ha per soggetto la determinazione ancora indistinta
dellessere, e per predicato laffermazione indeterminata dellesercizio dellessere: qualcosa . Di fatto nella
sensibilit presente quanto potrebbe bastare per lapprensione tanto dellessenza quanto della singolarit;
locchio intellettuale che debole e che non pu cominciare a vedere che un barlume fioco ed indistinto che la
ragione di essere. Lavvertire che qualcosa nulla dice ancora cosa sia questo qualcosa, se Pietro o
Paolo, se uomo o animale, se| sostanza od accidente; n se esista nella mente od in natura: si prescinde da tutte
le determinazioni di essenza e di esistenza poich a queste indirizzato lo sviluppo della conoscenza e perci
non possono essere date senzaltro, ma vanno acquistate o meglio conquistate. Tale il contenuto intelligibile
proporzionato al primo istante di risveglio della nostra mente. Un tomista abituato allanalisi fenomenologica,
comera Giovanni di S. Tommaso, riassumeva questa essenziale dottrina nei termini seguenti: In hoc concreto
et in hoc toto et in hac specie, quae occurrit [presentata dalla cogitativa] primum quod offertur intellectui
tamquam ratio quae, est illa confusio entis et quasi cognitio quoad an est, non quia attingatur actu suprema illa
universalitas entis, sed quia de ipso obiecto seu natura primum quod attingitur, est ratio maxime indiscreta et
confusa. Et quia tanto aliquid est confusius, quanto pauciores rationes discernuntur... illud erit maxime
confusum, in quo nec ipsi supremi gradus et communiora praedicata v. g. substantia et accidens discernuntur. Et
hoc vocamus ens concretum seu applicatum quidditati sensibili, id est in natura aliqua sensibili inventum
10
.
Ci che , lente ovvero la realt, , per il bambino durante i primi passi del suo spirito, quei sapori, colori,
quelle carezze, quellatteggiamento di persone... che si fanno presenti alla coscienza in quanto lo allietano o lo
rattristano, pi come presenzialit rispetto al sorgere di queste situazioni soggettive che come contenuti
oggettivi. Quanto il Piaget dice dello stadio degli oggetti pratici, del solipsismo e dellegocentrismo delle
prime settimane della vita infantile, non che la trascrizione in sede sperimentale di quanto era gi noto alla
fenomenologia pura.
evidente che qui si tratta di astrazione in quanto il contenuto conosciuto in un modo diverso da quello in
cui esiste fisicamente e da quello anche in cui si trova nella sensibilit; ma per il fatto che il contenuto che essa
fa presente resta nella massima indeterminazione e quanto allessenza e| quanto al modo di esistenza, si pu dire
che , ad un tempo, astrazione ed intuizione. Pare anzi che il momento intuitivo in questa prima conoscenza
preceda quello astrattivo sia perch da essa esula qualsiasi riferimento esplicito, sia perch lessere
indeterminato, appreso dallintelletto, di fatto ancora tutto immerso e limitato nelle condizioni soggettive della
vita vissuta. Aliqua intuitiva cognitio precisa ancora G. di S. Tommaso debet praecedere tam in sensu quam
in intellectu, sed tamen debet esse imperfectissima in discernendo unum ab alio. Nam in ipsa intuitiva
cognitione dantur gradus, et quaedam est imperfectior alia, ut patet cum videmus a longe aliquid, quod nullo
modo discernimus in particulari quid sit, ubi solum datur intuitiva cognitio quoad an est. Sic intellectus in sua
prima cognitione id, quod sibi proponitur, videt quasi a longe in genere intelligibili, licet praesens sit objectum,
et sic illa notitia intuitiva solum de objecto attingit ipsum esse seu quoad an est, quod est esse intuitivam
imperfectam et cum omnimoda confusione respectu quidditatis, et discretionis praedicatorum
11
.
Nella nostra terminologia lintuizione potrebbe esser fatta corrispondere alle due fasi estreme del conoscere:
la presentazione e la contemplazione; e lastrazione, alla fase intermedia della elaborazione; ma forse pi
esatto usare ambedue i termini per indicare tutto il processo ed ogni singolo momento in quanto, nel caso, non si
d intuizione che per lastrazione e lastrazione stessa ordinata allintuizione.
Il progresso della conoscenza umana gi abbozzato in nuce nel contenuto e nellaffermazione di qualcosa
che : ogni ricerca che sintraprenda nellambito della materia e dello spirito si diparte da questo principio,
modesto quanto si vuole, ma gravido del pi alto potenziale in attesa di svolgersi nella conoscenza distinta. E la
distinzione noetica si sviluppa, e non pu svilupparsi che secondo due direzioni fondamentali di penetrazione: la
determinazione di cosa sia il qualcosa che | e del come esista o possa esistere questo qualcosa che . Le
determinazioni di essenza e le determinazioni di esistenza costituiscono rispettivamente il campo della ricerca
metafisica e della ricerca critica e sono un compito di proporzioni pressoch infinite, com infinito lessere che
le riguarda. La possibilit della vita e della scienza fanno supporre che la natura non ci abbandoni al caso
nellimmane fatica, ma si muova tanto nel campo critico, come in quello metafisico, al conseguimento dei
contenuti e delle discriminazioni fondamentali con assoluta certezza.
5. COSTRUZIONE PERCETTIVA ED IMMEDIATEZZA FENOMENALE
a) Il problema dellimmediatezza fenomenale
Altro la sensazione, altro la percezione ed altro il pensiero: altro vedere rosso, altro vedere Pietro, altro
comprendere il teorema di Pitagora. Come io arrivi a veder rosso, un problema di psico-fisiologia intorno al
quale la fenomenologia ha poco da dire (cfr. nel I volume i risultati della scuola della Gestalt intorno alla
regressione fenomenale dei colori, nella critica alla Konstanzannahme). Come io riesca a comprendere che il
quadrato costruito sullipotenusa equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti, lo posso sapere
ricordando il processo, faticoso pi o meno, che mi ha condotto allevidenza del teorema. Evidenza mediata,
puramente intelligibile.
Ma come riesco a vedere Pietro? ecco il problema che ora bisogna restringere nel suo momento essenziale
di processo psichico.
Certamente io non vedo Pietro, lalbero, il cielo... come vedo il rosso: qui c immediatezza assoluta, di
contenuto e di funzioni. Neppure vedo, od apprendo in concreto questi oggetti, come apprendo il teorema di
Pitagora: qui c immediatezza tanto di contenuto come di funzioni, poich io| assisto con lo sguardo interiore al
progredire della mia conoscenza ed alle tappe del ragionamento.
Bisognerebbe allora dire che la percezione non un processo originale del conoscere? Chiarifichiamo il
problema.
Vi sono al riguardo due soluzioni antagoniste: per luna la percezione immediata come la sensazione; anzi
secondo la teoria della Gestalt, essa sola immediata e la sensazione non che la delimitazione, che si pu fare
nella riflessione, di un aspetto del tutto percettivo che immediatamente dato; per laltra la percezione una
conoscenza al tutto mediata, nelloggetto e nelle funzioni. Questa soluzione ha rivestito forme varie di cui le
principali sono state lAssociazionismo e la teoria dellinferenza e si pu dire che luna ha portato sempre, per
sviluppo logico, allaltra, come due momenti di una concezione unica.
La teoria dellinferenza si presenta ispirata da un saggio criterio di prudenza, e pare fondata sopra i risultati
pi certi dellanalisi fenomenale.
La teoria dice, in generale, che noi raggiungiamo immediatamente soltanto i contenuti propr e specificativi
delle varie facolt; i contenuti di percezione, invece, poich constano di dati sensoriali e di dati intellettuali,
vengono appresi arguitive, secondo la espressione del Gaetano, la quale corrisponde a ragionamento od
inferenza di cui parlano i moderni.
Perch la percezione non una conoscenza immediata? Per la ragione, si afferma, che la percezione va
soggetta ad illusioni ed errori; ora, se fosse una conoscenza immediata, non presenterebbe che il dato puro e
semplice, ed il dato quello che , e non va soggetto ad errore od illusione. Il fatto dellerrore indica che la
percezione comporta processi molteplici e var, i quali si possono combinare e convergere ad un risultato
secondo una probabilit pi o meno estesa: per questo si hanno, nella percezione, apprensioni vere e inadeguate,
od anche al tutto false
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.|
E lanalisi fenomenale, con le sue distinzioni di oggetti sensibili ed intelligibili, con le sue classificazioni
delle funzioni inferiori e superiori di conoscenza, porta la conferma dellanalisi scientifica ad una persuasione
che pare di evidenza immediata.
Tutti gli psicologi, diceva lo SPENCER, sono daccordo nel ritenere che la maggior parte degli elementi
contenuti nella conoscenza di un oggetto percepito non sono conosciuti immediatamente dai sensi, ma sono
conosciuti immediatamente per via di un ragionamento istantaneo. Prima che unimpressione visuale possa
diventare la percezione di una cosa, bisogna che vengano aggiunti nel pensiero quegli attributi di trina
dimensione, grandezza, solidit, qualit di superficie, ecc. i quali, quando sono uniti, costituiscono la natura
della cosa come ci conosciuta. Bench essi sembrino esser dati nella impressione visuale, pure si pu
dimostrare che di fatto non lo sono, ma sono raggiunti per inferenza. Questa inferenza un classificare le
apparizioni (attuali) con apparizioni simili conosciute prima ed un ritenere che esse stanno rispetto a certi altri
fenomeni in relazioni parallele alle relazioni conosciute prima
13
.
Lo Spencer parla esplicitamente soltanto di qualit fe|nomenali: la tesi dellinferenza sembra debba riuscire
rafforzata nella nostra posizione che pone al centro dellunit percettiva un contenuto intelligibile. Ed i
contenuti intelligibili non possono certamente essere appresi nei contenuti di percezione che in quanto vi sono
aggiunti dal di fuori, appunto per inferenza, argomentando dal modo di presentarsi attuale dei contenuti
fenomenali con quei casi di esperienza passata, nei quali quei contenuti sono stati trovati connessi ai contenuti
intelligibili.
In questa controversia pare che la posizione del Gaetano resti, sul piano della fenomenologia pura,
sostanzialmente identica a quella dello Spencer e la polemica le riguarda ambedue. Molti Autori, e noi con essi,
sono persuasi che la teoria dellinferenza solidale con lAssociazionismo e, con il cadere di questo, anchessa
deve cadere. E va bene: bisogna per specificare maggiormente gli argomenti perch vi sono var gradi
nellAssociazionismo e perch alla fine la teoria dellinferenza non sembra priva di ogni verosimiglianza. La
questione pi delicata e sottile di quanto non sembri.
Qualcuno ha opposto alla teoria che linferenza esige un certo tempo: ora le nostre percezioni ordinarie della
casa, dellalbero..., avvengono in un istante. Largomento non decide la questione perch anche gli inferentisti
convengono che noi hic et nunc abbiamo la persuasione di unapprensione immediata, ma che tale persuasione
va riveduta sulla base di altri fatti, nei quali evidente il processo dinferenza. Del resto la immediatezza
psicologica pu coesistere con il ragionamento istantaneo ammesso dallo Spencer.
Pi consistente largomento di W. James, secondo il quale la teoria dellinferenza implicata in un
regresso allinfinito. Invero se, come si pretende, la mia percezione attuale altro non che un riconoscere la
connessione fra i contenuti fenomenali e la cosa alla quale questi contenuti fenomenali si erano mostrati
connessi di fatto nella esperienza passata, resta il problema come si venne a conoscere quella connessione nella
esperienza che immediatamente ha preceduto| lattuale, e poi in quella che ha preceduto questa e cos via...
14

Largomento senza dubbio conclusivo e dimostra che le strutture percettive non possono essere il frutto di
una costruzione assoluta, ma che devono appartenere al dato. Come? Non facile dirlo, soprattutto fin
quando si vuol tenere che il dato coincide con le qualit elementari dei sensi esterni. Ma questa nozione
stata messa definitivamente da parte dalla psicologia sintetica contemporanea per merito particolarmente della
teoria della Gestalt. Essa ha dimostrato che le qualit percettive, elencate dallo Spencer, dalle quali risulterebbe
la cosa, sono di fatto immediate e non si pu affermare pi che tutti gli psicologi si trovano daccordo nella
teoria dellinferenza: oggi la posizione esattamente rovesciata.
Allora: inferenza assoluta od immediatezza assoluta? Le discussioni precedenti non lasciano alcun dubbio
sulla via da prendere e taglio corto per stringere il problema allessenziale. Ambedue le posizioni sono irreali:
quanto lo sia la prima, lo ha provato la critica al principio della costanza; quanto lo sia e non lo meno la
seconda lo ha dimostrato la critica unanime alluniversalismo esagerato della Gestalttheorie, in quanto questa
sopprime ogni distinzione fra i piani oggettivi ed i gradi funzionali, senza dei quali restano inspiegabili, non
solo| la possibilit di errore, ma anche le stesse forme di organizzazione.
Bisogna dunque prospettare il problema sotto un aspetto pi comprensivo: io credo che la posizione
aristotelico-tomista, quale mi pare di comprendere, soddisfi alle contrarie esigenze delle due soluzioni
evitandone le difficolt evidenti.
b) Immediatezza di contenuto e mediatezza di funzioni
Fin quando la teoria dellinferenza vuol essere il corollario di un dualismo di apparenza e realt come in
Cartesio, e vuol prolungare la teoria del mosaico, essa preconcetta e contraddetta dai fatti. N vale il ricorrere
a ragionamenti istantanei o ad inferenze incoscienti, poich il processo inferenziale ha soltanto un valore di
mediazione ed una funzione di passaggio che suppongono contenuti e funzioni assolute; essi suppongono
perci che la percezione una funzione derivata, e cos i suoi oggetti, da altre funzioni, che sarebbero le
sensazioni ed i processi di pensiero isolati. Ma stato dimostrato che le sensazioni, se ancora di esse si pu in
qualche modo parlare come giustamente ritengono i critici della Gestalttheorie si dnno di solito solo entro
il fatto globale della percezione. Parimenti non si dnno processi di pensiero assolutamente puro, ma il pensiero
preparato, sorretto e fondato, cio preceduto ed accompagnato dalla percezione. Se vero che la percezione
suppone il pensiero, altrettanto vero il contrario e, nella successione naturale, la percezione precede il pensiero
in linea di fatto e di diritto.
La questione non ha allora una via duscita?
La questione ha da essere bene impostata e la via di uscita si delineer da s.
Anzitutto i difensori della teoria dellinferenza hanno fatto bene ad insistere sul fatto della illusione e
dellerrore nella percezione: solo che essi non hanno saputo cavarne tutto il partito possibile. Il fatto dellerrore
percettivo dimostra anzitutto che la percezione non un fatto puramente sensoriale, n puramente intellettivo: se
non esatto, a tutto rigore, il dire: io vedo Pietro, lalbero, la casa..., non lo neppure il| dire: io comprendo, ed
ho ragionato per comprendere, che il tal colore, o figura colorata... quella tal cosa detta Pietro, lalbero e la
casa. In base ai dati introspettivi non v dubbio che la prima espressione, bench in s non del tutto esatta,
assai pi verosimile della seconda ed passata di fatti nel linguaggio ordinario.
Ammettiamo pertanto che lapprensione degli oggetti concreti la percezione immediata. Come va allora
che si d lerrore? Lerrore suppone anzitutto che siasi fatta una sintesi indebita, e poi che tale sintesi possa
esser modificabile o riferibile a qualche criterio di verit assoluta per cui appunto si distinguono percezioni
adeguate e percezioni inadeguate. Non v dubbio perci che, bench la percezione sia immediata, quanto al
contenuto, non lo pu essere quanto alle funzioni che la realizzano. La distinzione abbisogna di qualche
schiarimento.
Vi sono funzioni immediate e funzioni mediate: funzioni immediate sono quelle che condizionano lapparire
di contenuti di un solo ordine di qualit, come i contenuti di sensazione (qualit sensoriali), di fantasia (tempo e
spazio soprattutto), di pensiero puro: funzioni mediate, quelle che condizionano lapparire nella coscienza di
oggetti complessi.
Sono certamente oggetti complessi quelli di percezione. In essi sono da distinguere qualit sensoriali e
contenuti intelligibili: le une e gli altri formano un tutto immediato in quanto le qualit sensoriali si
riferiscono ad un contenuto intelligibile ed in quanto il contenuto intelligibile appare immanente, cio riferito
a sua volta ed oggettivato, nel complesso delle qualit sensoriali. Bisogna adunque ridurre le distanze fra il
senso e lintelligenza, non per rispetto ai contenuti ch la percezione , nella sua forma completa, un atto
dintelligenza ma sotto laspetto delle funzioni.
a) Una prima riduzione data dalla teoria dei sensibili comuni e della organizzazione primaria, quale
si compie prima per via dei sensi esterni e poi per le propriet sintetiche, soltanto in parte conosciute, del senso
comune e della fantasia o memoria primaria.|
b) Una seconda, e non meno importante, riduzione data dalla formazione e dal funzionamento degli
schemi percettivi e delle costanti desperienza. Come lorganizzazione primaria riflette lordine
dellesperienza che pu esser dato dalla presentazione attuale e superficiale, cos gli schemi correggono in modo
stabile le inadeguatezze che potrebbero venire alla percezione per la frammentariet od insufficienza della
situazione attuale oggettiva. Senza gli schemi saremmo sempre da capo e nessun oggetto, fatto o persona,
potrebbe emergere come un oggetto, distinto, definito ed in s: il mondo apparirebbe sempre in una specie di
visione crepuscolare e come avvolto nella nebbia senza contorni precisi degli oggetti.
Gli schemi percettivi completano la organizzazione primaria e preparano, anzi in parte gi la suppongono,
quella secondaria.
c) La terza riduzione, che sotto laspetto funzionale la pi importante, quella della cogitativa. Questa
riduzione si esercita in due sensi, dallalto in basso, in quanto la cogitativa presiede prima alla formazione
definitiva degli schemi; e poi in quanto attua un dato schema e non un altro, ed applica un contenuto intelligibile
allo schema che stato realizzato. ben questo processo che indicato nella teoria opposta come una
inferenza: ma tale in senso rigoroso non lo .
Non lo quanto alla prima funzione, quella di attuare uno schema alloccasione di una data esperienza. Tale
funzione, pi che inferenza, va detta costruzione ed integrazione e non include alcun passaggio ad altro, ma
piuttosto un apprender meglio quanto stato avvertito gi come presente.
Non lo neppure quanto alla seconda funzione, quella di riferire il concreto alluniversale e viceversa, in cui
consiste propriamente latto completo della percezione.
Le inferenze sono di due specie, la deduzione e linduzione. Eviden-temente, nella costruzione percettiva, per
cui lintelligibile visto immanente al sensibile e lastratto nel concreto, non il caso di parlare di deduzione,
perch astratto e concreto, intelligibile e sensibile, non si trovano su di un piano comune, nel quale soltanto pu
avvenire la deduzione.|
Non resta perci che la possibilit di una inferenza per induzione, e la possibilit non va senzaltro respinta.
Invero stato gi mostrato che linduzione appunto il processo ordinario con il quale la cogitativa prepara la
prima nascita degli universali e dei primi princpi nel progresso che fa lanima dal basso verso lalto: non
improbabile che per uninduzione regressiva applichi luniversale al singolare nellatto della percezione. Io
credo che nella psicologia arabo-tomista tale processo dinferenza esista di fatto nelle prime percezioni ed ai
primi stad, ed anche nella coscienza sviluppata per gli oggetti poco conosciuti o che si presentano in situazioni
fenomenali non familiari: in questi casi la segregazione percettiva arriva come conclusione di un processo di
cui il soggetto conosce le fasi dinizio, di sviluppo e di arrivo e per suo conto le dirige al termine. E cogitativa
viene da cogitare, cio vagliare.
Nei casi invece di percezione di oggetti familiari linferenza, come processo, certamente non si d e guai a
noi se per ogni percezione dovessimo rifare da capo il processo dinduzione che una volta vi ci ha portati.
Nessuno ha coscienza in questi casi di un confronto che facciamo fra i contenuti fenomenali attuali e quelli
delle esperienze passate, come vuole lo Spencer, n fra i contenuti fenomenali passati o presenti e lidea od il
significato oggettivo. Il significato percepito immediatamente come incorporato ai contenuti fenomenali
presenti senzalcun riferimento esplicito di esso a questi, e tanto meno a quelli desperienza passata. Non v
dubbio che n la percezione attuale, n lo stesso significato sarebbero possibili se non fossero stati preceduti
dallesperienza passata; ma il problema appunto di sapere come lesperienza passata concorra
allorganizzazione percettiva. E la spiegazione dellassociazione, come fattore principale, sotto qualunque forma
si presenti, non pu pi reggere.
In un fatto complesso come la percezione centrano senza dubbio processi sensoriali dassociazioni, di
confronto attivo, ed ogni teoria pu trovare un appiglio per verificare i suoi prin|cpi: ma il problema potr esser
risolto solo quando sindichino il principio e la teoria che dnno la ragione perch il contenuto percettivo sia ad
un tempo complesso ed unificato, e si distinguano cos nettamente i processi di memoria (esplicita) da quelli di
percezione.
Si dir allora che resta linferenza, in questi casi, come atto, come fatto. Alcuni, come il Blanshard e come
pare in verit, pensano che la percezione sia una forma di giudizio implicito, non qualunque per, ma come il
giudizio di chi ha acquistato per lunga pratica una capacit di afferrare immediatamente la presenza ed il
contenuto degli oggetti della sua specialit
15
. Egregiamente: difatti laristotelismo chiama la specie conoscitiva
anche abitudine e disposizione al conoscere e tale anche lo schema percettivo. Senonch non si comprende
perch il Blanshard si attacchi ancora alla posizione delle inferenze inconscie: invero un metodo troppo
sbrigativo, come ha notato bene il Dehove, di caricare linconscio, come si faceva una volta con lassociazione,
di qualsiasi cosa
16
.
Certamente il ricorso allinconscio non potr mai esser bandito del tutto: esso tuttavia non pu esercitare in
senso assoluto le funzioni principali, ma deve soltanto rappresentare un complemento o meglio
unabbreviazione di processi che una volta sono stati compiuti in modo conscio e che poi si sono fissati
nellanima come abitudini e disposizioni alloperare. Riducendo linconscio alla disposizione motoria e
percettiva, ed allesercizio spontaneo di essa, il processo percettivo sostanzialmente spiegato e le esigenze
delle contrastanti teorie possono essere soddisfatte.
Latto della percezione resta perci psicologicamente immediato. mediato invece sotto laspetto funzionale
in quanto: a) gli schemi hanno da attuarsi sul fondamento degli stimoli attuali, e b) gli schemi attualizzati hanno
da essere subordinati ad un contenuto intelligibile. Vi sono, in altre parole, in ogni atto completo di percezione,
due momenti funzionali mediati:| la realizzazione degli schemi e la incorporazione del significato negli schemi
cos realizzati.
Se questo processo lo si vuol chiamare giudizio, non c obiezione da fare, purch sintenda per giudizio
un apprezzamento psicologicamente immediato: come i primi princpi formali nellordine speculativo, come i
giudiz pratici nella tecnica e nellarte sono giudiz immediati, lo sono parimenti quelli materiali di percezione
rispetto allesistenza ed allessenza in concreto. Ed il Blanshard stesso si trova su questa linea didee.
Giustamente egli ritiene che il processo di percezione coesistente con quello di astrazione, come si afferma
nella teoria della cogitativa; anchegli afferma che gli universali sono presenti in qualche forma fin dallinizio
della vita psichica, perch i dati di esperienza presentano immediatamente delle relazioni e le relazioni sono
contenuti intelligibili: alle relazioni primitive lesercizio della vita ne aggiunge delle altre ed solo lintelletto
che pu giudicare della possibilit di queste integrazioni.
La teoria della cogitativa salva tutto quanto vi di sensato nellillazionismo moderato del Bl., e definisce e
spiega meglio la coesione fra i var piani percettuali. Il principio poi che i testi tomisti suggeriscono come
fondamento dellimmediatezza percettiva, lunit intellettiva di coscienza, esclude, come si visto contro il
Gaetano, in modo definitivo il ricorso a processi dinferenza, e pi contro il Gaetano che contro il Blanshard. Se
lintelletto, quale facolt conoscitiva suprema, tiene compresenti ai propr contenuti anche i contenuti delle
facolt inferiori, e quindi ed anzitutto quelli della cogitativa, esso pu vedere la immanenza dellastratto nel
concreto ed apprendere immediatamente, cio percepire, Pietro, lalbero, la casa...
La percezione perci un atto complesso s, ma immediato nel quale hanno egualmente una parte principale
la cogitativa e lintelletto. E qui viene opportuna unanalogia a cui si gi accennato. Nella metafisica tomista
dellatto libero si dice comunemente che latto dello imperium la decisione finale circa i mezzi da usare: fac
hoc formalmente del|lintelletto, materialmente della volont. Cio la determinazione ad unum viene
dallintelletto; limpulso a questa determinazione e poi la esecuzione spetta alla volont, la quale si trova in
questo o questaltro modo specificata per la mozione intenzionale oggettivante ricevuta dallintelletto. Ma
daltra parte, lintelletto non avrebbe cos, e non altrimenti, specificata la volont, se essa non lo avesse scosso
dallindifferenza iniziale fermandolo sulla considerazione di un oggetto o di un suo particolare aspetto.
Analogamente, la percezione del concreto di Pietro, dellalbero, della casa... formalmente un atto
dellintelligenza, materialmente un atto della cogitativa: latto dellintelligenza non si esercita che per la
preparazione immediata, fatta dalla cogitativa e sui fondamenti che essa presenta
17
.
La possibilit di errore o dillusione data sia dal fatto che la cogitativa non tiene sempre un dominio
perfetto nella realizzazione degli schemi, per cause tanto estrinseche come intrinseche; sia perch lintelletto
non ha sempre il modo di rendersi conto della conformit reale fra i contenuti intelligibili e quelli fenomenali di
esperienza vissuta. Perci la realizzazione dello schema pu risultare inadeguata e loggettivazione percettiva
errata in quanto si viene a vestire il contenuto ontologico di vesti che non gli appartengono. compito delle
fenomenologie regionali il determinare in particolare le cause intrinseche ed estrinseche che possono portare,
tanto nellambito dellorganizzazione primaria come della secondaria, alle percezioni inadeguate.
Concludiamo. Il dire: mi affaccio alla finestra e vedo la casa, lalbero, il cielo..., pu esprimere una
situazione psi|chica immediata, bench complessa, poich complessit non sinonimo di mediatezza, n
semplicit dimmediatezza: anzi le ricerche moderne tendono a mostrare che proprio il contrario che vero.
La posizione che si vuol difendere poggia su due constatazioni: la coesistenza del pensiero allesperienza
affermata anche dal Blanshard e che si riduce alla teoria della cogitativa e della conversio ad phantasmata; e
la funzione di unit di coscienza universale che compete allintelligenza.
La unit di coscienza d ragione del progresso continuo dellorganizzazione nel tempo, in modo che esso non
procede essenzialmente dal caos allordine, ma piuttosto da forme primitive a forme pi evolute: spiega cio la
intensificazione percettiva quale avviene con il fluire del tempo. La funzione della cogitativa invece spiega
come la determinazione percettiva si produca nellistante in cui il soggetto ha da viverla. La funzione della
coscienza unificante si attua nella cogitativa secondo una contrazione e semplificazione fenomenale da cui
la intensificazione oggettiva rispetto allesperienza passata. La intensificazione si esercita per una funzione di
compromesso anzitutto fra i contenuti fenomenali, e poi fra i contenuti fenomenali ed i contenuti intelligibili, ed
importa una selezione che ad un tempo costruzione non permanente, ma momentanea. E perci si parla di
unificazione funzionale e non oggettiva. La unificazione oggettiva esplicita operata dalla coscienza
intellettiva, quando lintelletto si rende conto della presenza dei contenuti intelligibili nei contenuti fenomenali
(conversio ad phantasmata).
A questo modo latto di percezione ha un dinamismo interiore simile allatto di prudenza: e come la maggior
parte delle volte il virtuoso esercita la prudenza con apprezzamenti immediati, quasi per unaffinit e
connaturalit, cos facciamo noi per la percezione degli oggetti familiari. Tocca alla critica della conoscenza
giudicare della portata oggettiva assoluta degli atti di percezione mostrando fin dove loggetto percepito si
giustifica come essere e quali sono i criter di corrispondenza fra lessere e lapparire. Come tocca alla morale
il determinare fin| dove latto, che il soggetto pone sotto il dettame della coscienza attuale, si trovi in conformit
con lordine oggettivo della legge naturale e divina.
6. ANALISI ESISTENZIALE E STRUTTURA DEL PENSIERO
I residui del razionalismo, che potevano celarsi nella fenomenologia pura di Husserl e in quella sperimentale
delle varie scuole della Gestalt, sono ormai stati superati, nellambito della riflessione filosofica, da parte
dellindirizzo novissimo della filosofia ch lesistenzialismo. Il suo principio ispiratore la elevazione della
libert a prius assoluto della verit dellessere, cos che lesistenza (libert) il modo proprio di essere di
quellesistente singolare ch luomo. Anche qui pertanto il principio di struttura fa a capo ad una totalit
(Ganzheit), ma non pi e non anzitutto nellambito percettivo, ma nella strutturazione della coscienza stessa
rispetto al suo attuarsi nel mondo in cui luomo viene ad essere gettato. Se la fenomenologia di Husserl pu
essere detta fenomenologia dellessenza, il nuovo indirizzo che nacque (con Heidegger, almeno) alla sua
scuola, pu essere detto fenomenologia dellesistenza: il termine sembra assai adatto per caratterizzare la
prima forma del pensiero heideggeriano ch tutto proteso allanalisi di quella ch detta con felice
espressione lautointerpretazione preontologica dellessere umano (die vorontologische Selbstauslegung des
Daseins)
18
.
In questanalisi fondamentale della soggettivit umana Heidegger, ispirandosi a Kierkegaard e recentemente
alla tradizione mistico-letteraria medievale, ha individuato il nucleo caratteristico della soggettivit umana nella
angoscia (Angst) intesa come timore (Furcht) e pi precisamente come pre|occupazione (Sorge), a partire
dalla quale vengono esaminati ed approfonditi i vari atteggiamenti del rapportarsi dellessere umano al mondo
(trascendenza). Si abbandona quindi risolutamente la tradizione matematico-formalistica, alla quale rimane
ancora fedele la Gestalttheorie con le sue variazioni, per cogliere nelluomo stesso loriginalit del proprio
essere. Heidegger, infatti presenta risolutamente la preoccupazione come lessere della realt umana (die
Sorge als Sein des Daseins) in quanto dessa che permette alla realt umana di strutturarsi come un tutto
19
.
Anche per Heidegger rimane fuori discussione che la totalit del tutto strutturale non si ottiene dal punto di
vista dellapparire mediante una costruzione che si serve di elementi: questo abbisogna di un piano di
costruzione. Lessere della realt umana (die Sorge als Sein des Daseins) in quanto turale come totale diventa a
noi accessibile in uno sguardo completo mediante questo tutto riportato ad un fenomeno originario che si trova
nel tutto in modo chesso fonda ontologicamente ogni fenomeno strutturale nella sua possibilit radicale. A
questo modo la dispersione della vita, quale si osserva nella banalit quotidiana (Alltglichkeit), si raccoglie in
un tutto di natura esigenziale che sta al fondo della possibilit fondamentale dellessere umano ch la sua
libert
20
. Le forme della| dispersione e della caduta, quali la chiacchiera, la curiosit e le varie modalit
dellambiguit radicale dellessere umano sono abbandonate come inautenticit.
precisamente langoscia la situazione fondamentale (Grundbefindlich-keit) la quale esprime la possibilit
di essere della realt umana ed il suo essere si manifesta per lappunto come preoccupazione (Sorge); dal suo
seno si muove il pensiero vissuto o preontologico, che dir si voglia. Per afferrare la natura dellangoscia come
atteggiamento esistenziale fondamentale, tocca isolarlo da fenomeni similari quali volont, desiderio,
attaccamento, impulso...: non sono essi a fondare la preoccupazione, ma questo ch il loro fondamento.
Lanalitica dellesistenza che arriva a scoprire il fenomeno della preoccupazione tocca il fondo della
questione circa il senso dellessere in generale. Lo sviluppo di questo principio la presentazione nella sfera
esistenziale di quella fondazione pura del pensiero allo stato nascente; nella corrente averroistico-tomistica esso
costituiva una terza classe di qualit percettive (dopo i sensibili propri e comuni), come si detto, ed il suo
comportamento scaturiva dallessere profondo della natura del soggetto come il punto dincontro e di
scambievole integrazione delle due sfere intellettiva e sensitiva: nella nuova fenomenologia esistenziale esso
esprime il dinamismo dello Erlebnis, spogliato dalle sue esteriorit romantiche e ricondotto alla sua purezza
originaria di Sorge come modo di essere fondamentale di quellesistente ch precisamente luomo.
Questanalisi condotta da Heidegger in tre momenti:
1. La situazione fondamentale dellangoscia considerata come lapertura caratteristica della realt
umana
21
. Lanalisi heideggeriana in questa parte, a differenza di quella kierkegaardiana a cui si ispira, prescinde
da ogni riferimento teologico alla caduta del primo Uomo e considera come caduta lo essere-nel-mondo (In-
der-Welt-sein) la finitezza stessa, per la quale si qualifica la realt umana nella sua effettualit.| Per questo allora
la formula: ci di fronte al quale langoscia si angoscia il mondo come tale che si risolve nella formula: ci
di cui langoscia si angoscia lo essere nel mondo come tale. Si tratta che langoscia isola (Kierkegaard)
ovvero singolarizza (Heidegger) la realt umana nel suo pi proprio essere-nel-mondo, quello che si comprende
essenzialmente progettando le proprie possibilit. Langoscia rivela nellessere umano lessere per il pi proprio
poter essere, cio lessere libero (das Freisein), cio la libert del potere scegliere ed afferrare se stesso, la
libert per... (propensio in...) dove luomo si sente impegnato nel proprio isolamento (solus ipse). questo
pertanto il primo ritorno al fondamento.
2. Lessere della realt umana come preoccupazione
22
. Sappiamo gi che langoscia presenta in una
concretezza originaria elementare lessere libero per il poter-essere pi proprio e con ci per la possibilit di
autenticit e inautenticit (Eigentlichkeit und Uneigentlichkeit). Ma lessere per il poter essere pi proprio nella
sfera ontologica afferma: la realt umana in se stessa nel suo essere gi in-anticipo (vorweg) ed mediante
questo essere gi in-anticipo che la realt umana si pu afferrare come un tutto formale. Ora la preoccupazione
assolve questo compito di fondare lessere della realt umana come lo essere-gi-in-anticipo-nel-mondo nel
senso di essere presso-un-essente che si incontra allinterno del mondo. in questo infatti che si fonda la
possibilit della libert rispetto alle proprie possibilit esistenziali. La preoccupazione sta allora come la totalit
strutturale originaria prima di qualsiasi, cio sempre presente in ogni condotta effettiva ed in ogni
situazione dellesistente
23
: questo non significa affatto un primato della condotta pratica su quella teoretica.
La determinazione soltanto intuitiva di un dato fatto ha il carattere di preoccupazione, non meno di una azione
politica o di un| tranquillo accontentarsi. Teoria e prassi, conchiude Heidegger, sono le possibilit di
essere di un essente, il cui essere devessere determinato come preoccupazione. Volere e desiderare
scaturiscono allora dalla preoccupazione come dalla propria origine, dal proprio orizzonte ontologico, nel
dinamismo dellorientarsi nel proprio essere-nel-mondo, sono la manifestazione attuale della preoccupazione
stessa secondo la totalit sua propria che sta a fondamento. Nel desiderio lesistenza (Dasein) progetta il proprio
essere in possibilit secondo quel ch stato detto lessere-in-anticipo come modo di essere della libert di
essere-nel-mondo.
La conclusione di questanalisi ontico-ontologica della Sorge, come totalit originaria fondante
dellesistenza, accentua ancora una volta quella zona subliminale in cui matura lessere della coscienza nelle sue
direzioni fondamentali conoscitive e pratiche, alla quale rimanda quindi in ultima istanza lattivit teoretica cos
come quella pratica; essa la matrice inesauribile e inesausta di ambedue e forse costituisce la radice della loro
unit inscindibile (questo Heidegger non lo dice, ma lo si comprende meglio in una prospettiva metafisico-
teologica). Heidegger invece dice che lespressione Sorge significa un fenomeno fondamentale ontologico
esistenziale il quale per nella sua struttura non semplice. La totalit elementare della struttura della Sorge non
pu essere riferita ad un elemento primitivo ontico. Alla fine, conchiude, si mostrer che lidea di essere in
genere tanto meno semplice come lessere dellesistenza ed per questo che la Sorge ci riporta alla questione
ontologica fondamentale.
3. Ecco pertanto in quale senso si parla e si deve parlare di una auto-interpretazione preontologica della
realt umana
24
. La esplicitazione (Expli-kation) dellessere della realt umana come Sorge non costringe questa
sotto unidea pensata ma ci mostra in un concetto esistenziale ci ch gi manifestato nella sfera ontico-
esistenziale. Ed Heidegger avverte che non si| tratta di dottrina affatto nuova, ma assai antica e riporta una
ingenua e graziosa composizione poetica che descrive il dinamismo esistenziale della Cura che vien appunto
tradotto con Sorge
25
: essa appare prima come principio cosmico che presiede alla formazione delluomo di
fango e spirito, e poi come principio costitutivo di connessione del suo essere finch dura la vita, in tutta la
sua avventura temporale nel mondo. Qui Heidegger, richiamandosi a Seneca, accenna al doppio significato di
Sorge, in quanto oltre quello negativo di preoccupazione come indaffaramento angoscioso (ngstliche
Bemhung), c anche il significato positivo di sollecitudine (Sorg-falt)
26
e dedizione (Hingabe): quello
delluomo, questo proprio di Dio. Cos la perfectio delluomo, il divenire ci chegli pu essere nel suo
essere libero per le sue pi proprie possibilit (il progetto) una condotta della preoccupazione. Questo
significa che onticamente tutti gli atteggiamenti delluomo sono pieni di preoccupazione e condotti grazie alla
dedizione per qualche cosa: per questo si parla di una universalit trascendentale del fenomeno della
preoccupazione e di tutti gli esistenziali fondamentali.
su questo humus carico dintenzionalit che il pensiero nasce o piuttosto che il reale si staglia per la
coscienza e si presenta come essere che articolandosi nelle forme e dimensioni dellessere, ovvero che si
determinano lessere umano, il mondo, la realt. in questa prospettiva allora che si devono vedere i supremi
problemi della verit dellessere come nella prima origine e nel proprio significato e non nei princpi riflessi
delle filosofie sistematiche nelleterno contrasto di realismo-idealismo. Heidegger ne approfitta per fare una
professione di idealismo in un senso del tutto proprio: dire con lidealismo, egli afferma, che essere e realt
sono soltanto nella coscienza, questo equivale a dire che lessere non pu essere spiegato me|diante lessente. Se
non si vuole brancicare nel vuoto bisogna ammettere che lessere (Sein) non spiegabile mediante lessente
(Seiendes), ma che per ogni essente esso (lessere) il trascendentale; se questo idealismo, conclude
giustamente Heidegger, Aristotele era idealista non meno di Kant. E fermiamoci qui.|


CAPITOLO NONO

IL PROBLEMA CRITICO
SOMMARIO Loggettivit fenomenale: qualit secondarie e qualit primarie; apparenza e realt; nozione aristotelica
dintenzionalit (controversia circa la soggettivit dellidea). Lin-tenzionalit ed il contatto con la realt: specie impressa e specie
espressa. Lintenzionalit e la persuasione di esistenza: assimilazione dellessenza e constatazione dellesistenza. Lintenzionalit
della percezione affettiva. Riassunto.
1. LOGGETTIVIT FENOMENALE
Siccome la percezione un processo sintetico che interessa diversi piani oggettuali, possiamo chiederci qual
il grado di oggettivit che compete ai singoli piani, quale quello della sintesi totale: oggettivit delle funzioni
primarie e oggettivit delle funzioni secondarie.
Per problema critico della percezione sintende la determinazione del valore di realt da attribuire ai
contenuti percettivi, i quali possono essere considerati tanto assolutamente, quanto nellatto sintetico della
percezione; ed in ambedue i momenti si pone il problema delloggettivit: qual il grado di realt dei contenuti
percettivi? quale, quello della sintesi sensoriale?
La posizione del problema sembra radicale, ma in s artificiale, poich si visto che non si dnno contenuti
sensibili privi di ogni organizzazione: tuttavia i due aspetti possono rimanere distinti in quanto il primo pone il
problema| delloggettivit radicale dei contenuti, il secondo quello delloggettivit globale della sintesi operata
dallatto.
a) Loggettivit delle qualit sensoriali
Lo scetticismo, il fenomenismo, il relativismo hanno sempre avuto la viva coscienza di contribuire allo
sviluppo dello spirito critico, richiamando il pensiero volgare ed il dogmatismo filosofico ad alcune riflessioni e
constatazioni che rendono impossibile ogni tentativo di realismo. E per realismo sintende qui la persuasione
che i contenuti di coscienza e di conoscenza rispecchino i contenuti di una realt data.
Il problema a questo punto non pi uno, ma si sviluppa in tanti, quante sono le direzioni del soggettivismo
antico, medievale e moderno, sia prima della scoperta del principio della autonomia, come dopo il suo
superamento. Una fenomenologia elementare non ha da discutere i princpi sistematici, ma basta che consideri il
problema nei suoi due momenti fondamentali, cio il momento del presentarsi dei contenuti, ed il momento
della sintesi
1
.
Aristotele, e con lui la tradizione aristotelica, aveva considerato le qualit sensibili esistenti negli oggetti, tali
e quali come sono percepite, in opposizione a Democrito che le aveva fatte soggettive. La tradizione filosofica e
scientifica moderna, da Galileo fino ai nostri giorni, si schierata senza incertezze dalla parte di Democrito: il
fatto, per banale che possa oggi sembrare, ha avuto un influsso di primo piano per tutto lo sviluppo del pensiero
moderno
2
. La soggettivit delle qualit secondarie secondo gli scienziati una constatazione di fatto, non nel
senso che essa costituisca un fatto fra gli altri fatti, ma nel senso che essa una persuasione suggerita dai
presupposti stessi dellindagine scientifica. Per gli psicologi, daltra| parte, la soggettivit delle qualit primarie
la conseguenza logica del fatto che ogni atto di percezione condizionato da un processo di costruzione.
Soggettivit di qualit secondarie e di qualit primarie: ecco due capisaldi della cultura moderna! Il realismo
classico ha fatto il suo tempo
3
.
Consideriamoli un po davvicino.
A) Le qualit secondarie. Si deve a Galileo, prima ancora di Cartesio e di Locke, unesposizione
dellattitudine moderna con termini pittoreschi e precisi. Nel Saggiatore, occupandosi del calore, se sia una
qualit dei corpi od una pura affezione nostra, egli prende loccasione di trattare il problema in tutta la sua
generalit: solo le qualit primarie sono oggettive e fra esse soprattutto il movimento; le secondarie non sono
altro che nomi attribuiti alle reazioni soggettive che in noi provoca il movimento. La pericope del Saggiatore
un modello di filosofia scientifica: c perfino lanalogia della statua da cui il Condillac svilupper il suo
sensismo. Riporto lintroduzione del celebre luogo.
Restami ora che, conforme alla promessa fatta di sopra a V. S. Illustris-sima, io dica certo il mio pensiero
intorno alla proposizione Il moto causa di calore, mostrando in qual modo mi par chella possa esser vera.
Ma prima mi fa di bisogno fare alcuna considerazione sopra questo che noi chiamiamo caldo, del quale dubito
grandemente che in universale ne venga formato concetto assai lontano dal vero, mentre vien creduto essere un
vero accidente, affezzione e qualit che realmente risegga nella materia dalla quale noi sentiamo riscaldarci.|
Per tanto io dico che ben sento tirarmi dalla necessit, subito che concepisco una materia o sostanza
corporea, a concepire insieme chella terminata e figurata di questa o di quella figura, chella in relazione ad
altre grande o piccola, chella si muove o sta ferma, chella tocca o non tocca un altro corpo, chella una,
poche o molte, n per veruna immaginazione posso separarla da queste condizioni; ma chella debba essere
bianca o rossa, amara o dolce, sonora o muta, di grato o ingrato odore, non sento farmi forza alla mente di
doverla apprendere da cotali condizioni necessariamente accompagnata: anzi, se i sensi non ci fussero scorta,
forse il discorso o limmaginazione per se stessa non varriverebbe gi mai. Per lo che vo io pensando che questi
sapori, odori, colori etc., per la parte del suggetto nel quale ci par riseggano, non sieno altro che puri nomi, ma
tengano solamente lor residenza nel corpo sensitivo, s che rimosso lanimale, sieno levate ed annichilate tutte
queste qualit; tuttavolta per che noi, s come gli abbiamo imposto nomi particolari e differenti da quelli degli
altri primi e reali accidenti, volessimo credere chesse ancora fussero veramente e realmente da quelli diverse.
Io credo che con qualche esempio pi chiaramente spiegher il mio concetto. Io vo movendo una mano ora
sopra una statua di marmo, ora sopra un uomo vivo. Quanto allazione che vien dalla mano, rispetto ad essa
mano la medesima sopra luno e laltro soggetto, ch di quei primi accidenti, cio moto e toccamento, n per
altri nomi vien da noi chiamata: ma il corpo animato, che riceve tali operazioni, sente diverse affezzioni secondo
che in diverse parti vien tocco; e venendo toccato, v. g., sotto le piante dei piedi, sopra le ginocchia o sotto
lascelle, sente, oltre al commun toccamento, unaltra affezzione, alla quale noi abbiamo imposto un nome
particolare chiamandola solletico: la quale affezzione tutta nostra, e non punto della mano; e parmi che
gravemente errerebbe chi volesse dire, la mano, oltre al moto ed al toccamento, avere in s unaltra facolt
diversa da queste, cio il solleticare, s che il solletico fusse un accidente che risiedesse in lei. Un poco di carta
o una penna, leggiermente fregata sopra| qualsivoglia parte del corpo nostro, fa, quanto a s, per tutto la
medesima operazione, ch muoversi e toccare; ma in noi, toccando tra gli occhi, il naso, e sotto le narici, eccita
una titillazione quasi intollerabile, ed in altra parte a pena si fa sentire. Or quella titillazione tutta di noi, e non
della penna, e rimosso il corpo animato e sensitivo, ella non pi altro che un puro nome. Ora, di simile e non
maggiore essistenza credo io che possano essere molte qualit che vengono attribuite ai corpi naturali, come
sapori, odori, colori ed altre
4
.
Lanalisi galileiana inverte il rapporto delloggettivit sensoriale stabilita da Aristotele: i contenuti
immediatamente e per s oggettivi sono il moto, la figura, e non il calore, il suono e le altre qualit differenziali.
Ma una inversione del valore di oggettivit non ancora una soppressione, quale si ebbe nellempirismo
fenomenista inglese: la soggettivit assoluta dellesperienza non pu essere affermata in base a fatti, ma soltanto
in base a princpi. Linnovazione galileiana non era per una semplice inversione. Essa implicava anche una
riduzione delloggettivit, in quanto poneva alla base di tutte le qualit secondarie una realt fisica uniforme, il
moto locale, la quale, di contenuto in s indifferente, otteneva modulazioni e risposte psichiche differenti a
seconda dellorgano che veniva ad eccitare. La constatazione o supposizione verr precisata nel sec. XIX da J.
Mller con la legge della energia specifica, secondo la quale lorgano di senso non sente che se stesso
5
.
Quale linteresse gnoseologico di questi fatti e di queste induzioni? Lasciando alla gnoseologia sistematica il
pronunciarsi in merito, si pu osservare che dal punto di vista feno|menologico tale interesse non va esagerato in
alcun senso. Quando i meccanicisti riducono indifferentemente tutte le qualit sensibili ad una medesima realt
fisica indifferente, il movimento locale, essi vanno troppo avanti. Infatti potrebbe darsi che il movimento stesso,
come stimolo, fosse qualificato secondo le qualit reali dei corpi, cosicch a generi di qualit diverse
corrispondano forme e quindi qualit diverse, prima nei movimenti e poi nei corpi che causano i movimenti. Il
dire pertanto che le qualit sensibili sono puri nomi unimpertinenza, od almeno unaffermazione del tutto
gratuita. Il fisico potr astrarre dalle qualit sensibili, perch non lo interessano; ma non ha diritto alcuno di
negarle
6
.
Ammesso pure che le qualit secondarie non si riflettano in modo speculare nellanima ma ricevano
nellassimilazione una trascrizione soggettiva, tale trascrizione non arbitraria, ma ha la sua ragione ex parte
obiecti, sia per il fatto dellorigine, sia quanto al modo. Ed anche ammessa la soggettivit relativa dei sensibili
propr, il mondo resta sempre affermato sia nella sua realt extrasoggettiva (in un certo senso lo meglio), sia
nella sua struttura qualitativa, sia nella immediatezza gnoseologica. Solo che la corrispondenza non pi
omologa, ma proporzionale: ad un genere di qualit fisiche corrisponde un genere proprio di qualit psichiche,
bench possano darsi qualit fisiche che non abbiano riscontro specifico nella assimilazione sensoriale. Nessuno
pu pretendere come ha ben detto lOrestano che noi dobbiamo sperimentare tutte le qualit corporali:
parliamo anche in questo senso di realismo moderato che si pu accordare bene, tanto con la persuasione
spontanea, quanto con la riflessione. Laffermazione soggettivista molto appariscente: chi pu negare che il
dolore altro non sia che la reazione soggettiva allazione lacerante| od ottundente di un corpo? E se questo
avviene per una serie di qualit sensibili, perch non avviene per tutte?
Ma lillazione al tutto gratuita, almeno in sede fenomenologica: nellambito dei sensibili noi distinguiamo
chiaramente latto e laffezione soggettiva dal contenuto. Lo Stumpf distingueva appunto le Funktionen da parte
del soggetto e le Erscheinungen da parte delloggetto. Il contenuto nel caso un certo dato qualitativo che, in
quanto si presenta come un dato e viene riferito alloggetto, va certamente riconosciuto come oggettivo, in
confronto dellatto e delle affezioni emotive che si rivelano invece come qualificanti il soggetto. La oggettivit
dei dati qualitativi, assicurata in generale, non esclude un ulteriore approfondimento da farsi in dipendenza
della fisica, della fisiologia e della psicologia onde determinare come si faccia la trascrizione soggettiva per i
diversi sensi ed a questo la Fenomenologia pu contribuire molto pi delle deduzioni aprioriste tanto
dellidealismo, come del realismo ingenuo. La soggettivit che a questo modo si volesse attribuire alle qualit
secondarie sarebbe di ben altra natura da quella che si riconosce allatto e alle modificazioni soggettive, come
tali, e non si vede perch non possa esser compatibile con il realismo e con limmediatismo.
La portata realista dellesperienza assicurata fra laltro dallimmediatezza e costanza oggi da tutti ammessa,
come lo era da Locke e Galilei, delle qualit primarie; largomentazione berkeliana di soggettivarle e
dellassociazionismo di farle la fonte di ogni conoscenza appartiene ormai alla storia dei preconcetti aprioristici.
Il principio dellanalisi fenomenologica quello di accettare i dati di coscienza secondo le forme di
contenuto ed il valore di oggettivit che si rivelano nel loro darsi od apparire. Il giudizio che sopprime il
valore di questi apprezzamenti immediatamente vissuti non si sa per quale via potrebbe esser fondato; il
contenuto fondamentale di tali apprezzamenti la persuasione che i contenuti sensibili costituiscono la forma
pi concreta di assimilazione conoscitiva degli oggetti da parte del soggetto. E poich si parla di
assimila|zione e di conoscenza si suppone ad un tempo che il soggetto imponga alloggetto, che assimila, un
nuovo modo di essere e che insieme questa novit dellessere non sopprima, ma necessariamente conservi il
riferimento alloggetto.
Come viene conservato e giustificato tale riferimento? Non facile dirlo: esso pu essere pi evidente in
alcuni sensi, in altri meno.
Comunque, per il fatto che durante le mutazioni e interruzioni fenomenali si mantengono costanti altri
contenuti percettivi, i sensibili comuni; e per il fatto che nelle presentazioni singole le qualit sensoriali non si
presentano isolate, come alla statua, ma a gruppi e questa molteplicit non caotica ma percettivamente
unificata secondo i sensibili comuni, il riferimento gi assicurato e non va cercato in ragionamenti od altre
vie tortuose, perch immanente alloggetto ed allatto della percezione.
Dal punto di vista della fenomenologia questo sufficiente per salvare loggettivit: qualche tomista
contemporaneo pensa perfino che questattitudine lunica oggi criticamente possibile, checch abbiano detto
Aristotele e S. Tommaso
7
.
Comunque sia, dalla discussione possiamo ricavare:
a) La soggettivit assoluta delle qualit secondarie unasserzione gratuita, dipendente dal postulato
meccanicista e fenomenista.
b) La soggettivit relativa delle medesime del tutto compatibile con il realismo e la persuasione
ingenua probabilmente va moderata, in questa parte, nel senso di una corri|spondenza ancora immediata, non
per diretta, ma proporzionale; o, se si vuole, anche diretta ma non speculare
8
.

* * *

B) Le qualit primarie. Secondo Galileo esse formano il fondamento ed il contenuto essenziale
delloggetto; secondo Aristotele sono meno oggettive, od almeno pi facili a trarre in errore, delle qualit
secondarie. Nella psicologia moderna hanno avuto unalterna vicenda: lassociazione filosofica le ha
considerate come contenuti risultanti da costruzione soggettiva (lassociazione), la Gestalttheorie ne ha
rivendicato limmediatezza e la priorit gnoseologica.
Il fenomenismo empirista (Berkeley) pass subito a proclamare la soggettivit assoluta anche delle qualit
primarie per una doppia ragione: perch sono indissolubilmente legate alle qualit secondarie (soggettive) e
perch la loro percezione condizionata da un processo di costruzione soggettiva. Si arriva cos alla
conclusione che la realt che ci data nella percezione la sola modificazione della coscienza, mai qualcosa
fuori di essa. Ma la gravit della conclusione pari alla stranezza degli argomenti e vale la pena che la
consideriamo un po da vicino.
Il Martinetti, p. es., crede che il soggettivismo sia lunica posizione che renda ragione dei fatti illusor ed
allucinator. La inadeguatezza che si riscontra in tali percezioni proverebbe chiaramente questo punto almeno:
che la rappresentazione della realt esteriore non indissolubilmente condizionata dalla presenza della
presunta realt obbiettiva, ma pu in determinate circostanze essere, se non la creazione, il risultato| dellattivit
elaboratrice dello spirito. La moderna psicologia avrebbe ancor maggiormente assodato questo principio. Ogni
contenuto di percezione, sia esso limmagine complessiva della realt o quella di un oggetto qualsiasi,
sempre il risultato della funzione (o fusione) di sensazioni attuali con numerosi elementi rappresentativi:
onde, anche dato che i singoli dati percettivi attuali fossero immagini fedeli dun reale esteriore, la realt
complessiva percepita sarebbe sempre piuttosto una costruzione del mondo secondo determinati dati attuali che
non una somma di sensazioni attuali. Ed in secondo luogo, lunit cos introdotta in un complesso di dati per cui
esso costituisce una realt ed un oggetto anchessa opera dello spirito... N la distanza, n la profondit, n la
forma degli oggetti vengono in noi semplicemente rispecchiate dallesterno: esse sorgono in noi per una specie
di sintesi spirituale da segni che non hanno in s n distanza, n profondit, n forma.
E si conchiude: Posto, come dalle precedenti considerazioni risulta, che anche i fatti normali della
conoscenza sensibile, anche le rappresentazioni, cui si suppone corrispondere una realt esteriore parallela, sono
costruzioni spirituali, combinazioni di elementi coscienti, e questo carattere inseparabile anche dagli ultimi
elementi in cui si pu scomporre la nostra rappresentazione del mondo, la risposta alla questione se la nostra
conoscenza della realt sensibile ci autorizzi a porre levidenza di un mondo esteso cui appartengono i colori, i
suoni e le altre qualit sensibili, non mi sembra dubbia. Noi abbiamo tutto il diritto, a me sembra, di escludere
che le nostre sensazioni e percezioni costituiscano un contatto immediato con la realt esteriore: la realt di
fronte a cui ci troviamo nella nostra coscienza non una realt materiale, straniera allo spirito, ma un complesso
di processi psichici, una realt spirituale condizionata dallunit e dallattivit soggettiva. Rester forse a vedersi
se questa realt spirituale sia una fedele immagine di una realt esteriore, se il colore che io percepisco sia la
ricostruzione psichica del colore che fuori di noi: certamente per il colore che io vedo non il colore in s.
Noi non usciamo, per cos dire, dalla coscienza per contemplare faccia| a faccia lessere transcosciente, per
afferrare in modo diretto una realt esteriore ed eterogenea: il mondo che noi conosciamo e che ci circonda il
mondo della nostra coscienza
9
.
Il Martinetti molto ottimista sulla consistenza delle proprie conseguenze. Ed vano, anzitutto, puntare
tanto sulla soggettivit delle qualit secondarie: si visto, poco fa, fin dove tale soggettivit sia ammissibile e
come la sua ammissione lasci sostanzialmente immutata la posizione realista. La psicologia moderna non ha
portato, in questa parte, alcun argomento in favore del soggettivismo, neanche di quello martinettiano: ne ha
portati invece molti a conferma del realismo.
Quanto allaffermazione che il processo percettivo consiste in una costruzione psichica, e che le qualit
primarie, e per esse gli oggetti di percezione, vengono percepite per via di tale costruzione, tutto dipende dal
termine a quo che si attribuisce a tale costruzione e dai fattori che vi collaborano. Se il Martinetti considera,
come termine a quo della costruzione percettiva, dei contenuti sensoriali inestesi, privi di qualsiasi
delimitazione figurale, di ogni carattere strutturale, le sue conclusioni soggettivistiche ammettono una base, sia
pur discutibile, di verosimiglianza.
Ma tale concetto di esperienza al tutto antiquato e sorpassato: se si vuol far appello alla psicologia moderna
non si pu pi fermarsi al Wundt e ad H. Hffding, maestri geniali quanto si vuole, ma che non riuscirono a
liberarsi dal postulato fenomenista. Se il Martinetti voleva appellarsi alla moderna psicologia doveva
richiamarsi alla psicologia sintetica che conta ormai mezzo secolo di vita, alla Gestalttheorie ed alla teoria
aristotelica dei sensibili comuni che sostanzialmente con quella collima
10
.
La prima afferma il carattere immediato delle propriet figurali; la seconda universalizza il principio della
sintesi, la| terza precisa meglio questa constatazione distinguendo nella progressione fenomenale due momenti,
luno della presentazione, laltro della elaborazione o costruzione. Nella presentazione sono dati oggetti
elementari, non atomi psichici; si hanno quei gruppi pratici di cui parla il Piaget, che per essere ancora chiusi
in se stessi, formano quasi ciascuno un mondo a parte, ma ciascuno gi con un proprio spazio, una propria
figura, una certa distanza. Nella elaborazione sono integrate le parzialit, ben comprensibili, delle prime
presentazioni; ed i var oggetti, per le relazioni che vengono a prendere a vicenda, entrano a far parte di uno
spazio comune che quello del mondo in cui si muove il soggetto.
Il fatto, ammesso pacificamente nella teoria aristotelica, che la percezione progredisce e si costruisce per
processi di elaborazione e costruzione, inteso a questo modo, conduce proprio alla tesi opposta del Martinetti.
Lelaborazione, quale stata indicata, ha proprio il compito di render possibile una percezione sempre pi
adeguata delloggetto. Guai a noi se in ogni percezione ci trovassimo ad aver fenomenalmente presenti i soli
contenuti di sensazione attuale: lesperienza ci apparirebbe senza alcun ordine; oggetti dai colori vaporosi, senza
caratteri figurali netti, senza consistenza, come un mare di nebbia nel quale emergono e si sommergono senza
regola persone e cose. Loggettivit della percezione cresce proprio in rapporto alla complessit della
costruzione, in quanto che solo questa che rende possibile la presentazione globale e intrinsecamente coerente
dei contenuti molteplici di un oggetto. La elaborazione soggettiva non contrasta allora, ma condiziona
loggettivit percettiva. Ed il Piaget, con fine intuito del problema, osservava che nel bambino il primo periodo,
lo stato di maggior dipendenza ovvero di passivit rispetto al mondo esteriore, coincide con i primi stad della
vita percettiva, cio con il soggettivismo e solipsismo pi indifferenziato; il periodo di attivit comparativa e
costruttiva segna invece lapparire ed il costituirsi delloggettivit
11
.|
Dal punto di vista della fenomenologia, loggettivit salvata, anzi assicurata maggiormente nella
costruzione percettiva perch tale costruzione non una creazione assoluta, ma lattuazione delle virtualit
rappresentative dello schema. Lo schema, a sua volta, non come lo intendeva Kant un principio di
organizzazione dellesperienza derivato dalla ragione, ma si formato nellanima in dipendenza dellesperienza.
Lo schema non neppure, come voleva latomismo psichico, un semplice prodotto di sedimentazione
dellesperienza, ma il risultato di un processo di discriminazione qualitativa, operata sui contenuti concreti da
parte duna facolt, certamente ancora sensitiva (la cogitativa), ma che sta sotto il controllo e la direzione della
intelligenza.
Di qui non difficile dar ragione e misurare la portata gnoseologica di quei fatti a cui ricorso il
fenomenismo di tutti i tempi, e che il Martinetti ha ricordato con tranquilla compiacenza: le illusioni, le
allucinazioni ed in generale la ricca messe delle percezioni inadeguate della psicologia normale e patologica.
Si detto che in ogni atto globale di percezione (esterna) confluiscono i dati di esperienze attuali sotto forma
di impressioni, quelli di esperienza passata sotto forma dimmagini e di schemi integrativi, ed i contenuti
intellettivi come princpi di sintesi e di direzione rappresentativa. Si concluso che nonostante la complessit
dei fattori in gioco, latto percettivo, per quanto ci consta, assurge ad una certa unit rappresentativa e
presentativa nella quale avvertiamo un oggetto come attualmente presente, nella totalit dei suoi contenuti
concreti, senza distinguervi esplicitamente quanto di fatto pu appartenere alla azione degli stimoli attuali,
allintegrazione dello schema ed alla correzione ed interpretazione dellintelligenza. per questa compresenza
di contenuti di un oggetto appartenenti a tre sfere distinte che loggetto di percezione ad un tempo di na|tura
presentativa e rappresentativa: di natura rappresentativa per via della integrazione operata dagli schemi, di
natura presentativa per via del riferimento immediato che lintelligenza fa di tutto il contenuto oggettivo
allesperienza attuale. chiaro che questi tre strati, le impressioni sensoriali, gli schemi percettivi, gli
apprezzamenti intellettuali allora operano la funzione percettiva adeguata, quando cos si mettono in
collaborazione da serbare la loro naturale subordinazione. Tale subordinazione significa che il valore di
presenzialit attuale va desunto dalle impressioni sulle quali hanno da fondarsi tanto lattuazione dello
schema, quanto gli apprezzamenti intellettuali
12
.
Nella misura pertanto in cui per qualsiasi ragione, oggettiva o soggettiva, non si pu effettuare tale
subordinazione, si ha una eccedenza indebita nellordine funzionale di una classe di contenuti, la quale causa
che lattuazione rispettiva dei contenuti delle altre prenda una direzione ed una forma che oggettivamente dovr
risultare inadeguata.
Un atto di percezione adeguato esige un complesso di condizioni che dipendono dalla fisico-fisiologia, dallo
stato psichico affettivo, dalle attitudini della mente. Se vengono alterate le condizioni fisico-fisiologiche, si
hanno le illusioni sensoriali pure; lalterazione dello stato psichico intacca la stessa costruzione percettiva:
allora lapparato sensoriale funziona normalmente, ma la costruzione percettiva si sovrappone al medesimo e
solo nella misura in cui questa sovrapposizione pu esser impedita o corretta, si pu anche ridurre leffetto
illusorio.
La Fenomenologia non si limita a dire che la costruzione percettiva a volte coglie nel segno e a volte manca,
ma pu indicare nei casi concreti alcuni criter reali di correzione percettiva. In generale essa constata che per
una coscienza normale la percezione adeguata la norma, la percezione inadeguata leccezione e la rarit: che la
stessa percezione inade|guata spesso suscettibile di rettificazione e di essere ricondotta nel limite normale dei
valori med. Lesistenza delle percezioni inadeguate, come leccezione, accanto a quelle adeguate, come la
regola, invece di pregiudicare la causa del realismo, torna piuttosto a suo vantaggio: essa viene a stabilire la
distinzione fra apparenza e realt, errore e verit, se vero che alcune apparenze o contenuti fenomenali sono
detti corrispondere alla realt ed essere apparenze della realt, altri contenuti fenomenali essere invece, in tutto
od in parte, soltanto apparenza.
Il Martinetti cerca di parare il colpo, ammettendo quale criterio di distinzione fra le due classi di percezione
la maggiore o minore attitudine dei contenuti rappresentativi a riunirsi in ununit: lunit dellesperienza, la
connessione regolare dei fenomeni nellordine, che loro proprio (162). Il criterio molto ambiguo: la
percezione inadeguata, i sogni, le allucinazioni possono realizzare delle unit percettive ben pi dense e
frequenti di quelle adeguate della vita ordinaria; ed in genere tutte le fantasticherie mancano di realt, non di
unit. Se per unit sintende la subordinazione dei contenuti fenomenali ad un principio dominante, di
oggettivit, non vediamo come il Martinetti possa sfuggire alla posizione realista. Lunit che, secondo il
Martinetti, garante ed principio di oggettivit e distingue il sonno dalla veglia, unicamente la unit di
coscienza che in essi si stabilisce. Il principio circolare: lunit di coscienza per abbracciare un apprezzamento
deve risolversi in una coerenza. Coerenza di che cosa e con che cosa? ecco il punto. Del senso con
lintelletto? del soggetto con loggetto? dei contenuti fenomenali con quelli reali? Il fenomenismo sopprime
questi dualismi, la fenomenologia li attesta.
2. APPARENZA E REALT
La fenomenologia distingue fra apparenza e realt; il fenomenismo da Pirrone a Hume, al Martinetti li
identifica senza residuo. Il Martinetti crede di fondar la sua posizione sui dati della psicologia moderna, secondo
la quale non v| alcun divario netto fra sensazione e rappresentazione, cosicch non c soluzione di continuit
fra luna e laltra: quindi non c possibilit di distinguere i contenuti di sensazione e di rappresentazione, come
quelli di realt attuale oggettiva e di realt soggettiva (di esperienza passata). Noi abbiamo, vero, egli
ammette unintuizione immediata del mondo esteriore: ma per mondo esteriore non possiamo intendere altro
che la realt percepita, la rappresentazione stessa sotto laspetto obbiettivo, non un complesso di dati esteriori
alla nostra e ad ogni coscienza. Noi non sappiamo nulla di questi pretesi esseri, noi non abbiamo alcun mezzo di
risalire fino ad essi dalla nostra rappresentazione (131). questo il principio dellimmanenza, per cui lo spirito
non pu vivere che di se stesso ed caratteristico della filosofia moderna. Mi pare che essa vi sia arrivata, quasi
per confluenza, per doppia via: a) dal principio fenomenistico locke-berkeley-humiano, e b) dal principio
kantiano della mediazione necessaria del reale da parte del pensiero, vale a dire dellautonomia o spontaneit
assoluta dellIo penso. Nel seguito della filosofia moderna, in Gentile per es., i due princpi appaiono
strettamente solidali e luno in funzione dellaltro.
Riconosco che la questione esorbita dallambito di una ricerca elementare, qual la mia, poich il principio
in discussione ha un valore sistematico e pu esser criticato solo da un punto di vista assoluto. Ci non esclude
che la fenomenologia abbia qualche parola da dire in merito, tanto sul senso legittimo, come sullambito del
principio.
Cominciando dal Martinetti, possiamo osservare che nella psicologia moderna si afferma non esservi un
criterio assoluto di distinzione fra sensazione e rappresentazione allo stesso modo come nella sistematica si dice
che alle volte non si conosce un criterio assoluto di distinzione fra le specie affini, o immediatamente
ascendenti, cosicch per es. riesce difficile distinguere dal di fuori quando cessi il regno vegetale e cominci
quello animale. Ma si tratta di controversia di confine soltanto, poich la maggioranza dei contenuti dei due
ambiti rimane nettamente differenziata nella propria specificit. Le piante, per la| maggior parte, e gli animali,
per la maggior parte, non si prestano ad esser scambiati fra loro; e bench gli stessi scienziati siano incerti circa
listante sistematico del passaggio dalla vita vegetativa a quella sensibile, nessuno confonde un cane, od anche
una cicala od un pesce con linsalata, con il fieno od un pero che ha nellorto. Parimenti per la distinzione fra
contenuti di sensazione e quelli di pura rappresentazione, solo sui contenuti di confine che pu sorger
lincertezza: per i valori med regna la certezza persuasiva e solidamente provata. Come tale certezza diventi
persuasiva e sia solidamente provata, lo vedremo fra poco.
Ritorniamo al principio dimmanenza:
1) proprio vero che ogni contenuto oggettivo, in tanto dato alla coscienza, in quanto si fa presente
in una rappresentazione soggettiva, cosicch non v un contatto assolutamente immediato del soggetto con
loggetto?
2) Ammesso il principio della rappresentazione, ovvero della specie intenzionale IDEA ne segue
necessariamente, ineluttabilmente, che al soggetto resta preclusa ogni via per mettersi e trovarsi a contatto con
loggetto extramentale?
Per il fenomenalismo e lidealismo le due tesi sono solidali: lo sono anche per lHamilton, per lOttaviano e
per quanti trovano, contro lidealismo, assurdo il principio stesso della mediazione rappresentativa. E
lHamilton non ha mancato di rimproverare alla Scolastica, e particolarmente al Tomismo, di aver preparato,
con la teoria delle specie intenzionali, lavvento del principio idealista. Quindi bando alle immagini e alle idee,
a questo duplicato della realt, e si ammetta un contatto diretto fra soggetto ed oggetto, nel senso pi forte dei
termini.
Nella sua critica C. Ottaviano pensa che tutto lAristotelismo soffre di un dissidio interiore, quello del suo
dualismo. Vi si suppone che la forma dellente oggettivo si unisca alla materia dellintelletto possibile nel
cosiddetto sinolo conoscitivo. Ma come una forma pu attuare insieme due materie? O attua quella
dellintelletto possibile, e allora lente oggettivo si disintegra; o continua ad attuare quella dellente oggettivo,
ed allora nellintelletto si trova solo un sostituto di essa (il fa|moso essere intenzionale degli Scolastici), la
specie, e lidealismo inevitabile. S. Tommaso oscilla tra questi due estremi e li accoglie entrambi...: la specie,
che lintelletto forma al primo contatto con le cose id quo, non id quod cognoscitur. Il guaio , conclude
lO., che essa diventa cos inevitabilmente id quod cognoscitur, se la forma oggettiva resta altro da essa.
proprio dalla dottrina medioevale della species che ha avuto origine il realismo mediato di Cartesio, e di l,
attraverso Malebranche, lidealismo di Berkeley
13
. Pare dunque che tanto i fenomenisti come i loro avversari si
diano la posta per cacciare il pensiero classico nel novero dei sistemi superati, che non hanno pi nulla da dire
dopo lavvento del pensiero moderno.
Francamente non sono persuaso che laccusa, cos com stata formulata, sia consistente tanto dal punto di
vista storico, come da quello speculativo.
A) Non dal punto di vista storico. Su questo mi appello a W. Hamiton, che un avversario della
rappresentazione non meno deciso dellOttaviano, ma assai guardingo negli apprezzamenti: la sua prodigiosa
informazione critica e storica gli fornisce spesso loccasione di tracciare con sufficiente spregiudicatezza le
linee essenziali dei problemi
14
.
A suo parere la prima teoria della specie va cercata nella concezione naturalista di Democrito e di Epicuro,
secondo i quali gli .t eaa, le a :e eat e le a :eca c.t; vanno concepiti essere si gi visto emanazioni
fisiche: specie di pellicole o membrane staccantisi dalla superficie dei corpi e vaganti nellaria fin quando
riescono a penetrare negli organi di senso. Nella versione poetica di Lucrezio:
Esse ea quae rerum simulacra vocamus
Quae, quasi membranae summo de corpore rerum
Dereptae, volitant ultro citroque per auras.
(Lucretius, IV, 34)|
a) Molti moderni attribuiscono una simile opinione ad Aristotele
15
; per nel Filosofo la questione non
chiara e non chiaro anzitutto che cosa egli intenda per .t ee; o u :e;. Quanto si pu dire di certo che secondo
Aristotele lanima ottiene la percezione degli oggetti esterni per via di una impressione sopra gli organi di
senso; ma egli non determina la natura di questa impressione, n spiega come avvenga la connessione fra
laffezione sensibile e lintendere. I Commentatori greci pi in vista, Alessandro, Michele Efesio, G. Filopono
e lH. cita i testi pi significativi convengono nel dare ai termini .t ee; e u :e; un significato metafisico e non
naturalistico.
b) Sarebbero stati invece i medievali a proporre la teoria della specie, ed a costruire tutta una metafisica
di queste entit intermedie fra la natura e lanima. Non tutti per: ch non mancano fra essi molti e tutta una
Scuola, il Nominalismo, che le hanno decisamente negate (sono citati: Ockam, Durando, Biel, Adam,
Boccadiferro, Piccolomini).
c) Tuttavia, conclude lH., la teoria continu a dominare fino allalba del pensiero moderno. Si deve
soprattutto agli argomenti di Hobbes, Gassendi, Berigard e Descartes la confutazione definitiva di questa
dottrina. La teoria fu daltronde ben volentieri abbandonata in quanto la nuova ipotesi di una rappresentazione
soggettiva nella nostra percezione degli oggetti materiali, quale era stata introdotta dallultimo di questi filo|sofi
(= Descartes), forniva una spiegazione pi intelligibile intorno allorigine della nostra conoscenza del mondo
esterno.
LH. con acuta sintesi storica ha distinto tre forme o teorie della specie: fisica (Democrito), oggettivo-
intenzionale (Scolastica o meglio tomismo), soggettiva (Cartesio) ed ha mostrato che luna sorge per
opposizione allaltra, non per continuazione, come pare vogliano il Wittmann e lOttaviano.
Il realismo mediato di Cartesio ha, secondo lH., una origine ben pi profonda e di altra natura da quella
prospettata nel panorama dellOtta-viano
16
. La teoria di Cartesio, egli dice, intorno alla percezione degli oggetti
esterni, va ricondotta al suo dualismo e pu essere riassunta nelle seguenti proposizioni:
1) Lattributo essenziale della materia lestensione: lattributo essenziale della mente, la coscienza.
2) Estensione e coscienza sono qualit non soltanto differenti ma opposte; di conseguenza, le sostanze a
cui appartengono essenzialmente non sono solamente distinte, ma non possono neppure avere comunicazione
alcuna fra di loro.
3) Pertanto anima e corpo si uniscono per la sola volont di Dio, non per affinit naturale; le influenze,
che possono avere, sono fondate dallassistenza di Dio. LH. persuaso che in Cartesio ci sia sostanzialmente
tutta la teoria delle cause occasionali di Malebranche.
4) La mente (o lanima) non si occupa che di ci che immateriale e spirituale. Le modificazioni della
mente non sono per tutte della stessa natura: alcune devono la loro origine alle affezioni del corpo; altre,
bench non ne siano indipendenti, sono considerate tuttavia affezioni della mente; una terza classe, le attuazioni
che si mantengono intellettuali pure nellinizio, nel processo e nel termine.
5) Lanima o la mente abita la glandola pineale, alla quale fanno capo, portate dagli spiriti animali, tutte
le modificazioni a cui va soggetto il corpo e da essa si dipartono gli| impulsi di movimento a tutto il corpo. A
questo momento si pone la idea cartesiana, come segue.
6) Un oggetto esterno attinge un senso, lo muove cio come organo vivente a certi movimenti; questi
vengono propagati al punto centrale del sistema animale nel cervello, dove viene prodotto un certo
movimento ultimo che la causa prossima della percezione. Ma non ne la causa propria, per via
dellopposizione fra materia e spirito. Tale ultima modificazione soltanto la occasione per la quale sotto
linflusso della nostra natura la mente determinata in modo iperfisico a rappresentare a se stessa loggetto
esterno. Questa rappresentazione interna immediata di un oggetto esterno ci che Cartesio dice Idea. Lanima
ha perci coscienza solo della sua Idea, non del processo fisiologico e tanto meno della cosa extramentale.
7) Eppure secondo Cartesio, nonostante che ogni percezione sia mediata, la mente conosce la realt in
s, poich non conviene alla bont di Dio il farci ritenere per vero o per esterno, ecc., quanto non lo . Ma la
persuasione di una percezione immediata delle cose, bench sia spontanea al pensar comune, in s impossibile.
LH. dice di aver studiato a lungo i testi cartesiani per cavarne lo spirito ed io ho voluto riferire le sue
conclusioni sostanziali perch esse segnano una differenza notevole sulla posizione dellOttaviano, in quanto
sganciano la teoria tomista da qualsiasi responsabilit circa il sorgere dellidealismo cartesiano: anzi questo
sorto in opposizione a quello. Del resto non si mai parlato di un tomismo, bens di un nominalismo cartesiano
ed allora le cose stanno nel rapporto inverso da quello prospettato dallOttaviano. Che poi lAristotelismo
tomista non sia un ritorno alle forme fisiche di Democrito, gi stato dimostrato a suo tempo contro il
Wittmann.
Abbiamo cos raggiunto lequilibrio storico della questione: la specie tomista non una forma fisica vagante
(Democrito), n soggettiva (Cartesio), ma una forma oggettiva intenzionale, posseduta dal soggetto in
dipendenza delloggetto. Questa posizione si sorregge ancora? possibile di combinare il prin|cipio della
rappresentazione con la pretesa della oggettivit e di disincagliarla dalla secca soggettivista? Non mi pare che
lOttaviano abbia portato ancora argomenti positivi per lesclusione di tale possibilit.
Si pu ben ammettere che la teoria tomista della specie contenga sviluppi ed applicazioni che non sono
presenti nella teoria aristotelica: lAngelico aveva fra laltro delle preoccupazioni teologiche, come il dogma
della Provvidenza e il dogma Trinitario nei quali le idee hanno una funzione essenziale. Credo nondimeno che
il punto che ora sotto controversia si trovi egualmente in Aristotele ed armonizzi con la teoria generale
dellassimilazione conoscitiva con cui si iniziato questo volume.
LOttaviano obietta che una stessa forma pu essere forma una volta sola, non due volte nello stesso tempo,
delloggetto e del soggetto. Lobiezione vale per la teoria di Democrito, secondo la quale la emanazione della
specie quasi un processo di decrostazione dei corpi; non vale per la teoria aristotelica che concepisce
lassimilazione conoscitiva, anche quella sensoriale, come una unione di ordine immateriale! Concetto difficile,
ma non assurdo e che in ogni modo sfugge alla obiezione, tanto pi in quanto il conoscere per specie non un
processo di composizione, ma piuttosto di unificazione; non di dispersione, ma di concentrazione della realt
nellanima che si attua nella forma della cosa come atto in atto e forma in forma. Quando Aristotele parla di un
intelletto che come materia, come tabula rasa, usa di similitudini che vanno rettamente intese: lintelletto
possibile come materia ed tabula rasa in quanto originariamente privo di ogni forma conoscitiva ed ha da
attuarsi successivamente per lazione dellintelletto che al suo confronto detto agente. Informata dal suo atto,
la materia resta potenza e nulla opera; lintelletto possibile invece informato dalla specie opera la pi alta
operazione vitale, lintellezione in atto e produce la specie espressa. Quando si fa la metafisica della conoscenza
oportet altiorem rerum ordinem ingredi, come ammoniva il Gaetano.
La necessit della specie nellaristotelismo tomista scatu|risce perci dalla nozione stessa di conoscenza e
qui mi si perdoner se riprendo alcune osservazioni gi fatte allinizio di questa parte, ampliandole secondo
lesigenza gnoseologica
17
.
stato messo in chiaro che il conoscere unoperazione per la quale il conoscente diventa la stessa cosa
conosciuta, pur continuando, e la cosa ed esso medesimo, a conservare la propria realt. Ma il conoscente non
pu diventare, nella operazione del conoscere, loggetto stesso conosciuto, se allinterno del conoscente non si
d in precedenza una similitudine delloggetto da assimilare. Non vi sono che due modi secondo i quali il
conoscente pu avere in s la similitudine delloggetto: a) per identit quando la sua entit sufficiente a
rappresentare immediatamente loggetto e ci si pu dire di Dio soltanto rispetto alla conoscenza di s; b)
negli altri casi la presenza delloggetto nel soggetto deve essere per informazione. E linformazione pu essere
doppia: una immediata, come avviene per lessenza divina rispetto allintuizione che hanno i comprensori nella
visione beatifica; laltra mediata, in quanto loggetto si fa presente non con la realt, o con la forma fisica, ma
con una similitudine di s. Questa similitudine la specie intenzionale, forma vicaria, specie impressa, cio
primo principio determinativo del conoscere.
Qui sorge la seconda grossa difficolt dellOttaviano: ammessa la specie, come intermediario gnoseologico
fra loggetto ed il soggetto, la specie stessa diventa loggetto e tanto Cartesio quanto Berkeley erano coerenti nel
sostenere che a rigore non si pu distinguere lo stato del sogno da quello della veglia, poich cos nelluno come
nellaltro lanima ha sempre da fare con sole immagini.
Lobiezione a mio parere, se vale, vale per Berkeley e per Cartesio, non per la teoria tomista, almeno fin
quando non si dimostri, facendo scempio della teoria e dei testi, che le due teorie coincidono. In altre parole,
lobiezione pu valere per le posizioni, come il realismo mediato di Cartesio, le quali am|mettono esser le specie
esclusivamente modificazioni soggettive, duplicati della realt, dalle quali il soggetto deve arguire il mondo
esterno: non per la posizione tomista, nella quale la specie ha una intrinseca ed immediata relazione al suo
soggetto. La specie aristotelica, rispetto a quella oggettivo-oggettiva di Democrito e di Gassendi alla quale a
mio parere sembra ritorni la teoria della sommazione ontologica avanzata dallOttaviano e rispetto a quella
soggettivo-soggettiva di Cartesio e pi di Berkeley, pu esser detta oggettivo-soggettiva. Cio la specie tomista
ha una doppia funzione: una, dinformare come qualit entitativa (ut accidens) lanima; laltra di produrre la
conoscenza cio di mettere lanima in relazione alloggetto. la famosa funzione intenzionale della specie,
ripresa nei tempi moderni nella Scuola del Brentano.
Essa era stata chiaramente delineata dallo stesso Aristotele nel De Memoria, pur cos irto di difficolt.
Conchiude il Filosofo la discussione circa la distinzione fra sensazione (percezione) e memoria, secondo la
quale la percezione detta limitarsi al presente, mentre la memoria si riporta al passato come tale, introducendo
nella specie o fantasma la doppia funzione ora indicata. Al solito, il limpido ingegno greco sattacca agli
esempi della vita vissuta.
Le cose stanno come lanimale tracciato sul quadro che animale ed immagine ed la stessa cosa e la
stessa unica cosa ambedue: lessere pertanto non lo stesso per ambedue, e si pu considerare sia come
animale e sia come immagine. cos che bisogna considerare il fantasma presente in noi: vale a dire, il
fantasma qualche cosa che ha una consistenza in s e che nello stesso tempo si riferisce ad altra cosa. In
quanto perci considerata per se stessa oggetto di contemplazione o fantasma: in quanto considerata per
rapporto ad altro come immagine e ricordo
18
. Di qui quando il suo movimento in atto, allorch lanima lo
percepisce cos com, essa si fa| presente come un oggetto di pensiero od una rappresentazione; ma quando
esso percepito in quanto di altro, allora lanima lo contempla come limmagine nel tracciato e (limmagine
di) Corisco non visto come Corisco (reale)
19
.
Al presentarsi dei contenuti di coscienza i pi vari e molteplici, noi abbiamo limpressione costante non solo
di aver presenti delle immagini od idee, ma delle immagini od idee di cose: che tali immagini od idee non
avrebbero per noi alcun interesse se si riducessero ad essere pure parvenze e pure modificazioni della coscienza
che raddoppia se stessa come soggetto e come oggetto.
Il principio dellintenzionalit coincide perci, nellAristotelismo, con quello delloggettivit, il quale in
linea di massima altro non implica che di prendere come punto di partenza, nella valutazione oggettiva, la
constatazione fenomenologica secondo la quale il primo movimento dello spirito verso la immagine e lidea
anzitutto movimento verso la cosa rappresentata. Imago rei dichiara lAngelico dupliciter potest
considerari. Uno modo in quantum est res quaedam; et cum sit res distincta ab eo cuius est imago, per modum
istum alius erit motus virtutis cognitivae in imaginem et in id cuius est imago. Alio modo consideratur prout est
imago; et sic idem est motus in imaginem et in id cuius est imago; et sic quando aliquid cognoscitur per
similitudinem in effectu suo existentem, potest motus cognitionis transire ad causam IMMEDIATE, sine hoc quod
cogitetur de aliqua alia re
20
.|
Ogni rappresentazione , nella conoscenza, la presentazione di un oggetto, qualunque ne sia il valore:
questoggetto irrompe nella coscienza fin dalle prime volte con uno spiccato carattere di alterit ed estraneit e
per questo si dice che dato, presentato. Lelaborazione soggettiva pu essere complicata quanto si vuole,
ma non sopprime, con il progresso dellesperienza, tale carattere; anzi esso cresce con il procedere delle
determinazioni reali degli oggetti. E nellesercizio dellatto conoscitivo noi distinguiamo chiaramente, in via
normale, quanto va riferito al soggetto come sua funzione e quanto va riferito alloggetto come contenuto di
questo. Cos diciamo che un fiore ha il tal colore e la tal figura: che il tal oggetto, una automobile, ha il tal
movimento in tale direzione, e che noi vediamo questi contenuti; che la sirena d il tal suono di allarme e noi lo
udiamo; che il miele dolce e noi gustiamo la sua dolcezza. La colorazione affettiva, che spesso saccompagna
al conoscere, serve a rilevare ancor meglio laspetto oggettivo che la causa della situazione psichica e laspetto
soggettivo che da esso contenuto deriva
21
.
Nella posizione tomista, checch sia della posizione del Brentano, loggetto appreso in modo diretto ed il
soggetto che appreso in modo obliquo in quanto cio si fa presente nellatto di apprendere loggetto.
Cade cos la grossa difficolt dei sogni, che infine quella del Martinetti, cio della impossibilit di
distinguere le fantasticherie dalla percezione reale. Certamente non c un criterio immediato ed assoluto di
distinzione fra la rappresentazione pura e la percezione, poich non vi pu essere percezione distinta senza il
concorso delle rappresentazioni. La nostra persuasione di trovarci di fronte alla realt esistente una situazione
soggettiva la cui realizzazione dipende da un certo nu|mero di circostanze oggettive e soggettive di cui si
sperimentato il valore espressivo ed indicativo di realt nella esperienza passata. Poich la persuasione
dellesistenza una conoscenza contingente, essa pu venire a mancare e ci accade ogni qualvolta il complesso
delle condizioni oggettive e soggettive, che la fondano di diritto, viene alterato in qualche condizione essenziale
ed il soggetto non in grado di avvertire lalterazione. Sorge cos la persuasione di esistenza senza un
fondamento sufficiente e si scambiano lucciole per lanterne. Ma questo, grazie a Dio, non il caso normale.
La rappresentazione, di cui parlano il Martinetti e lOttaviano, non ci che maggiormente conta nella
conoscenza e nella persuasione di esistenza, come lo dimostra il fatto che essa pu fondare tanto la percezione
adeguata quanto quella inadeguata. Ci che conta il sistema di relazioni, cio la situazione totale di coscienza
che comprende non solo rappresentazioni, ma anche atteggiamenti emotivi ed idee soprattutto.
lincorporazione dellidea che decide della oggettivit: incorporazione che resta, lo ripeto, un fatto contingente
in s, ma che hic et nunc spesso pu fondare una certezza assoluta tanto sul mondo esterno, come su quello
interno, come si dir fra breve
22
.
In questa concezione lobbiezione dellentrare e delluscire, che il soggettivismo fa allintenzionalit,
non ha alcuna presa, perch tali processi di ordine spaziale non hanno luogo. Ci che ha luogo la crescenza
dellanima che si attua in oggetti, i quali per essere oggetti non possono essere immanenti, senza insieme
essere trascendenti.
Contro questa supposizione la fenomenologia non ha nulla a che dire e la metafisica ha solo da concedere la
possibilit di un essere che ad un tempo sia spirituale, finito, e che abbia legato il suo sviluppo allo sviluppo
dellesperienza. Problema che sar difficile quanto si voglia, ma non assurdo come lo| sono quelli
dellassimilazione fisica di Democrito a cui forse ritorna, ripeto, la sommazione dellOttaviano e del
soggetto trascendentale, almeno nellambito della fenomenologia.
3. LINTENZIONALIT ED IL CONTATTO CON LA REALT
Idealismo ed Aristotelismo tomista convengono nellammettere che la presenza della realt nella coscienza
mediata dal pensiero e dalla rappresentazione: la differenza fra le due concezioni sta in questo che per
lidealismo la mediazione costitutiva delloggetto come realt, per lAristotelismo essa si pone come
riferimento alla realt a cui tende e fa tendere la mente onde si parla appunto dintenzionalit.
Precisiamo un po il significato e la portata di questa intenzionalit. Una soluzione del tutto radicale del
problema della conoscenza sarebbe quella di ammettere che la mente si mette immediatamente in contatto con
gli oggetti, i quali si fanno ad essa presenti, cos come sono nella propria realt fisica ed questa realt fisica,
od almeno una parte di essa, la forma, che attua e perfeziona lanima nellatto del conoscere. Questo modo di
concepire latto conoscitivo non molto distante dalla teoria naturalista delle a :e eat e dalla sommazione
ontologica dellOttaviano.
La sua ultima forma il Neo-Realismo anglo-americano: niente idee, ma solo stati mentali nei quali il
soggetto si trova a contatto immediato con loggetto, direttamente con la sua essenza: il conoscere
lapprensione diretta dellessenza, la quale nei casi favorevoli non altro si noti bene che la natura od un
carattere della cosa nella sua entit fisica
23
.
LHamilton lott tutta la sua vita per mostrare che il principio dellidea porta difilato allidealismo e che la
percezione per essere oggettiva ha da essere presentazione e non rappresentazione
24
. Queste reazioni, sorte
per bisogno| di polemica, vanno contro i fatti e non soddisfano alle esigenze generali di principio. Il principio
della specie intenzionale, quale inteso nel tomismo, la via media unica fra lidealismo e il fisicismo.

* * *

La necessit di un intermediario soggettivo delloggetto della conoscenza fondata sul principio che ogni
assimilazione avviene in quanto i dissimili diventano simili. E poich sta di fatto che nel conoscere loggetto
resta inalterato ed il soggetto che si muta, in quanto da non conoscente diventa conoscente, dal non aver
presente loggetto passa ad averlo presente, da ammettere che il soggetto che passa dal non esser simile
allesser simile rispetto alloggetto. Questo passare ad aver presente in s loggetto dopo che non lo si aveva e
mentre loggetto nel suo essere fisico continua a restare quello che era, suppone che il soggetto abbia in s non
loggetto come tale, ma una somiglianza del medesimo ed questa somiglianza che detta specie conoscitiva
od intenzionale. Nella quale perci da distinguersi una doppia funzione di somiglianza, oggettiva e soggettiva;
in quanto porta in s intenzionalmente gli stessi contenuti che costituiscono fisicamente loggetto, la specie
simile alloggetto; in quanto i caratteri delloggetto vengono come trascritti vitalmente ed inseriti nella vita del
soggetto, la specie simile (in natura) al soggetto. Ed qui la soluzione che la fenomenologia prospetta al
problema critico.
Ci di cui si fa questione , infatti, se il conoscere possa mai essere un andare oltre lidea. Ora chiaro che
andare oltre lidea pu sembrare un assurdo poich importerebbe uscire dal conoscere solo in quanto si
consideri lidea come il termine primario ed esclusivo del conoscere, ci a cui il conoscere si riferisce. Se,
invece, landare oltre lidea significa precisamente il riferirsi dellidea alla realt, allora landare oltre lidea la
natura stessa dellidea, come quella per cui si attua il conoscere. La distinzione fra idea e realt non fuori del
conoscere. Ma appunto perch quella distinzione per cui| il conoscere stesso pu essere e sapersi tale, non pu
essere ridotta, quella distinzione, a una distinzione ideale, cio alla differenza fra due idee [come sospettano
lHamilton ed i Neorealisti] senza togliere con la distinzione stessa (che non avrebbe pi alcun contenuto)
anche il conoscere come tale
25
.
Non basta. Lammissione della doppia funzione di somiglianza in tanto pu fondare appieno la mediazione
oggettiva, in quanto si ammette che lassimilazione conoscitiva si sviluppa in due momenti realmente distinti,
anche riguardo alla specie: il momento della presentazione delloggetto in cui lo spirito si trova come
recipiente, come materia che si attua nella forma ed il momento di contemplazione delloggetto, in cui il
soggetto esprime esplicitamente a se stesso il contenuto delloggetto e si attua in esso. I due momenti, poich
appartengono ambedue ormai alla vita dello spirito, hanno da terminare entro il soggetto; perci da ammettere
che essi dnno origine a specie intenzionali distinte, bench intrinsecamente subordinate. Luna di esse il
termine dellinflusso che il soggetto subisce dalloggetto ed detta specie impressa; laltra il termine della
contemplazione, ovvero della penetrazione e presa di possesso che lanima fa del contenuto offerto dalla specie
impressa, ed detta specie espressa.
La fenomenologia non ha da entrare nellardua struttura metafisica di tale teoria, ma ci pare che non possa
consolidare i suoi risultati senza farvi qualche ricorso, sia pur elementare. Sono persuaso che la teoria tomista,
approfondita dallinterno e senza preconcetti, potrebbe presentare veramente la auspicata base comune di
discussione con lidealismo moderno. Ma per ora baster fermarci agli accenni preliminari. Ci si perdoni un po
di tecnicit.
Vi sono pertanto specie sensibili e specie intelligibili.
La distinzione di specie impressa e specie espressa nella vita intellettiva accettata dai tomisti senza
discussione. Luna lintermediario oggettivo per cui possibile mettersi in con|tatto con loggetto; mentre la
seconda lintermediario che anche termine, soggettivo sintende, dellavvenuto contatto. Di qui viene la
conseguenza che la specie impressa si esaurisce tutta in quella presentazione delloggetto, cio nella
intenzionalit; mentre la specie espressa o verbum conserva ad un tempo la funzione intenzionale ed essa stessa
anche objectum quod della contemplazione intellettuale. Perci vien detta intentio intellecta, ed questa
concezione che ha fornito la pi ardita e potente analogia per penetrare in qualche modo il pi alto mistero della
fede cristiana, le processioni trinitarie. Lidealismo poi pu trovare nella teoria tomista, cos intensa, una
soddisfazione adeguata al principio che il termine del conoscere non pu essere che immanente al conoscere
stesso: il principio conservato anche nel tomismo, qualora sintenda il verbum essere un termine secondario
che esige un ulteriore riferimento e fondamento nella realt in s.
Un luminoso testo dellAngelico riassume e coordina in modo mirabile quanto detto a difesa delle specie
e della intenzionalit. Res exterior intellecta a nobis, in intellectu nostro non existit secundum propriam
naturam, sed oportet quod species eius sit in intellectu nostro per quam fit intellectus in actu. Existens autem in
actu per huiusmodi speciem sic per propriam formam intelligit rem ipsam, non autem ita, quod ipsum intelligere
sit actio transiens in rem intellectam, sicut calefactio transit in calefactum, sed manet in intelligente, secundum
quod habet relationem ad rem quae intelligitur, ex eo quod species praedicta, quae est principium intellectualis
operationis ut forma, est similitudo illius. [Si tratta della specie impressa].
Ulterius autem considerandum est, quod intellectus, per speciem rei formatus intelligendo format in seipso
quamdam intentionem rei intellectae quae est ratio ipsius quam significat definitio; et hoc quidem necessarium
est, eo quod intellectus intelligit independenter rem absentem et praesentem, in quo cum intellectu imaginatio
convenit. Sed intellectus hoc amplius habet, quod etiam intelligit rem ut separatam a conditionibus materialibus,
sine quibus in rerum natura non existit; et hoc| non posset esse nisi intellectus sibi intentionem praedictam
formaret. Haec autem intentio intellecta, cum sit quasi terminus intelligibilis operationis, est aliud a specie
intelligibili quae facit intellectum in actu, quod oportet considerari ut intellectualis operationis principium, licet
utrumque sit rei intellectae similitudo [Distinzione fra specie impressa ed espressa]
26
.

* * *
Come da concepire per la specie tale fondamento? Esattamente per un processo di riferimento che si
sviluppa per gradi. Loggetto, presentato nella specie espressa, un contenuto noetico portato allultimo grado
di elaborazione: il riferimento di tale contenuto avr per termine allora i contenuti che lo hanno condizionato nel
suo sorgere e stabilirsi che sono quelli frammentar e saltuar, offerti dalle specie impresse. La specie impressa,
a sua volta, stata condizionata nel suo sorgere dai contenuti di esperienza, onde si pu dire che nel
riferimento ai contenuti desperienza, pi esattamente della cogitativa, che avviene loggettivazione della specie
impressa e con essa dei contenuti intelligibili come tali. Concludiamo allora: vero che lintelletto come tale
segregato dalla realt concreta e contempla luniversale, ma per il fatto che i suoi contenuti e le sue funzioni si
continuano naturalmente con i contenuti e le funzioni di esperienza, non men vero che lintelletto resta in
connessione, ed in qualche modo contempla ed ha presente lo stesso reale concreto, presente nei contenuti
sensoriali.|
facile comprendere allora come lammissione di una percezione intelligibile dei singolari materiali
essenziale per conservare un realismo pienamente coerente ed impedire che il principio della intenzionalit non
trapassi, per logica spontanea, nellaffermazione della interiorit assoluta dellidea come per Husserl.
La realt si fa presente alla sensibilit nella sua concretezza essenziale e nella sua contingenza esistenziale;
ambedue gli aspetti di questa presenzialit sono soggetti a crescita e sviluppo in quanto c tutto un complesso
di funzioni che si inizia dai sensi esterni e si compie nella cogitativa.
Come si attua nel senso questa presenzialit?
Se il senso una forma di conoscenza, la presenzialit di cui si parla non si pu attuare che in modo
intenzionale, cio per via di specie impresse ed espresse ovvero di qualit vitali analoghe a quelle riscontrate
nellintelligenza. Grosso modo si pu dire che le specie espresse sono i cosiddetti fantasmi dei sensi interni, le
rappresentazioni della psicologia moderna; le specie impresse sono le modificazioni oggettivo-soggettive che
ciascun senso particolare subisce, in quanto tale senso, dagli stimoli esteriori: ci per cui si attua in atto primo
rispetto al sensibile per se. Poich il fantasma si collega direttamente alla specie impressa e questa si trova in
contatto diretto, come risonanza psichica immediata, con la realt singolare del mondo fisico, si ha che il ciclo
delloggettivazione, ovvero del riferimento dei contenuti intenzionali alla realt, saldamente assicurato.
infine in quanto percepiamo che latto del sentire determinato nella sua immanenza dal sensibile proprio,
senza del quale latto stesso del sentire non pu esser dato, che avviene loggettivazione. Daltra parte, anche
qui, il sensibile per se, considerato come determinante latto del sentire, riceve lesistenza intenzionale, quella
di sensibile sentito, dallatto del sentire.
Questa teoria, a considerarla da vicino, sembra fondare la immediatezza delloggettivazione in quanto nel
senso esterno si d solo la specie impressa (il medium quo) e non si d invece una propria specie espressa
(medium in quo quod) che sia| termine immanente del sentire: la sensazione non ha alcun termine immanente,
ma ritorna completamente alla realt esteriore. questa la posizione tomista pi corrente e poich interessa
direttamente lanalisi fenomenologica, sar opportuno di dedicare ad essa qualche altra considerazione.
Molti tomisti ritengono che la oggettivit perfetta ed assoluta si realizzi nella sensazione e ricorrono, per
spiegare il rapporto fra il sensibile ed il sentito, al principio: actio est in passo, unum est esse passionis et
actionis, a cui aggiungono quello della somiglianza perfetta che corre fra leffetto e la causa univoca
27
. La
qualit sensibile delloggetto reale, influendo attivamente sul senso, produce in esso una qualit, la species
impressa, perfettamente simile a s; il senso, cos determinato, passa allatto del conoscere, cio del sentire e la
sua conoscenza termina alla qualit reale delloggetto direttamente senzalcun bisogno di species expressa.
la qualit reale stessa che termina immediatamente latto del sentire e la sua esistenza di sensibile sentito non
realmente distinta dalla esistenza di sensibile reale: la sua esistenza di sensibile sentito non aggiunge alla sua
esistenza reale, che veramente la sola ed unica esistenza, che un rapporto di ragione al senso in atto di
sentire
28
.
Secondo questa maniera di vedere, lessere accidentale reale della qualit oggettiva veramente incluso nel
seno delloggetto formale attualmente sentito, anche se il senso non riesce a discernere da solo questo esistere. Il
principio, allora,| idem est esse passionis, deve potersi formulare cos: idem est esse patientis, ut patiens, et
agentis ut agens: altrimenti, dicono questi tomisti, si cade nellidealismo.
A questa teoria fu fatto osservare da un tomista moderno che essa solleva delle grosse difficolt, tanto dal
punto di vista metafisico, quanto per parte della psicologia sperimentale
29
.
A) la metafisica afferma, nel caso della conoscenza, che:
a) lessere dellagente materiale, mentre lessere del paziente cio delleffetto prodotto nel
conoscente spirituale;
b) daltra parte ci che risulta da questazione, come principio determinante la sensazione, la species
impressa, la quale non ha altro essere reale accidentale che quello che riceve dalla facolt in cui essa
prodotta; e nella species impressa lessere reale delle qualit oggettive non pu trovarsi che allo stato
intenzionale di rappresentazione;
c) non si sa infine, e soprattutto, perch la sensazione, se un fatto vitale e quindi una operazione
immanente, non debba avere un termine proprio immanente, che sarebbe appunto una specie espressa. La
determinazione intenzionale che allinizio dellatto del sentire, se deve aver per effetto di dare un termine a
questo atto, questo sar un termine intenzionale immanente.
B) La psicologia moderna sembra suggerire di fatto lammissione di tale termine intenzionale
immanente, quando afferma la soggettivit relativa delle qualit secondarie.
In questa posizione, che da ritenersi almeno molto probabile, le qualit sensibili, formalmente intese,
sarebbero nella realt materiale soltanto virtualmente, come lo sono, nel loro campo, le idee. Secondo questa
maniera di vedere, lesistenza del sensibile sentito differirebbe realmente dalla esistenza del sensibile reale e
sidentificherebbe con lesistenza dellatto del sentire, come lesistenza della idea concepita sidentifica con
lesistenza dellatto del concepire. Lesistenza del sensibile rea|le non si avrebbe allora, nellatto del sentire, che
in una maniera intenzionale.
Linterpretazione fenomenologica della percezione come costruzione fenomenale pare suggerisca unaltra
conferma. Di fatto, nella vita normale, non c sensazione che non sia anche percezione, cio unapprensione
globale di un oggetto come attualmente esistente. La persuasione di esistenza condizionata alla presentazione
della sintesi dei contenuti formali che qualifica loggetto: questa sintesi dovuta allattuazione fenomenale della
virtualit di rappresentazione contenuta nello schema.
Tale attuazione fenomenale operata dalla cogitativa, non a caso, ma in dipendenza dellesperienza attuale e
passata. Lesperienza attuale perci, e non quella passata, devono presentare i propr contenuti gi dotati di
qualche struttura che la struttura primaria che come tale sia presente alla co-scienza in ratione termini,
cio, in qualche modo, come specie espressa di esperienza esterna
30
.|
I tomisti rigidi moderni osservano che altrimenti lanima non avrebbe mai un contatto al tutto diretto con la
realt, onde le sorti del realismo sarebbero seriamente in pericolo.
Si pu rispondere che non un buon sistema introdurre delle eccezioni ai princpi generali ammessi, per
timore di conseguenze la cui portata non di per s evidente. Perch la specie espressa nel senso dovrebbe
portare allidealismo? perch lintenzionalit della sensazione sarebbe meno atta dellintenzionalit dellidea a
mettere lo spirito in contatto con la realt? perch lo spirito dovrebbe essere estraneo alla prima costituzione
delloggetto sensibile?
Laffermazione, poi, che lesistenza del sensibile sentito devessere la medesima del sensibile reale, non solo
suona strana, ma non pu rivendicare alcun fondamento nellambito dellanalisi fenomenologica. Come si pone
di fatto latto di percezione dellesistenza del concreto?
4. LINTENZIONALIT E LA PERSUASIONE DI ESISTENZA
Nellespressione: sto alla finestra e vedo la casa, lalbero, il cielo... si suppone che il soggetto abbia
percezione immediata dellesistenza della casa, dellalbero, del cielo: li percepisca senzaltro come esistenti. I
contenuti fenomenali, invece, che si hanno p. es. nel capogiro od in crisi momentanee di orgasmo psichico, cio
le allucinazioni evidenti, si presentano come apparenti: il soggetto persuaso della non esistenza reale di una
data situazione o di dati contenuti fenomenali. In altre illusioni, nelle allucinazioni dovute a squilibr psicologici
pi profondi, il soggetto si trova del tutto incapace di| fissare ci che veramente esiste ed accetta invece, con
ferma convinzione, come esistente ci che soltanto apparente.
Questi fatti anzitutto suggeriscono, credo, di parlare appunto di una persuasione percettiva di esistenza,
pi che di una percezione tout court della esistenza.
La persuasione di cui si tratta, lammettiamo volentieri, sul piano fenomenologico una situazione
psichica immediata: si vuol dire che essa non una conclusione che si debba avere per via dargomentazione in
ogni atto di percezione. Parliamo di persuasione, in quanto si tratta di una situazione psichica che sorge in
quanto sono dati certi fondamenti
31
.
Pare perci che unintuizione sic et simpliciter della esistenza o dellesistente, come tale, non si dia, n per
noi possa darsi. Il senso, per questo, non cessa di essere una facolt intuitiva rispetto allintelletto, perch i
contenuti sensibili restano singolari allo stesso modo dei contenuti fisici reali a cui si riferiscono, mentre i
contenuti intelligibili, avuti per astrazione, sono universali. Inoltre, resta sempre vero che per riferimento ai
dati sensibili che sorge la persuasione di esistenza delloggetto percepito.
Liberiamo un po il terreno. Il problema fenomenologico circa i fondamenti della persuasione di esistenza si
pone per s e pi propriamente per gli oggetti di esperienza esterna che per lesperienza interna. In questa il
reale e lapparente coincidono in ununica dimensione esistenziale, che quella della coscienza la quale avverte
i propr atti di presenza agli oggetti comunque presentati, e le particolari risonanze di vita vissuta che tali oggetti
nel loro darsi possono suscitare, qualunque ne sia la consistenza oggettiva di realt
32
. Ci si limiter quindi alla
esperienza esterna.|
Contro il Martinetti abbiamo osservato che praticamente c una distinzione reale fra la sensazione e la
rappresentazione: tale distinzione sta a fondamento dellesercizio pi ordinario della nostra vita quotidiana. Si
tratta per di una distinzione che stata acquisita e che va in ogni atto fondata. Infatti latto percettivo stato da
noi spiegato come conseguente ad una costruzione fenomenale. Tale costruzione consiste essenzialmente
nellattuazione della virtualit rappresentativa dello schema percettivo, in dipendenza dei contenuti di
sensazione e sotto la direzione, pi o meno esplicita, dellintelligenza.
La persuasione di esistenza fondata tanto sulla dipendenza dai contenuti di sensazione, quanto sulla
direzione esercitata nella costruzione percettiva dallintelligenza. Poich si tratta di unattribuzione di esistenza
fatta in concreto, tale attribuzione termina in ogni percezione ad un oggetto concreto, cio chiuso e determinato
nelle sue qualit fenomenali. Lo schema ha la funzione di permettere, sulla base dellesperienza attuale, la
costruzione di tale oggetto. Si esige pertanto che lattuazione dello schema sia fatta in dipendenza della
esperienza attuale; poich lo schema pu essere attuato dalla cogitativa con il solo ricorso alla fantasia ed alla
me|moria, ma allora non si parla di percezione del reale, ma dellimmaginario. La persuasione di esistenza si ha
soltanto quando avvertita la presenza di contenuti sensibili attuali.
Le cose avvengono come se i contenuti di esperienza attuale, con quelli realizzati dallo schema, generino una
specie di campo di forze psichiche, che una forma di sviluppo dialettico. I dati sensoriali suscitano lo schema
appropriato e impongono con la loro presenza la direzione secondo cui si ha da attuare lo schema stesso; la
stessa presenza di dati sensoriali, che fungono insieme da stimolo e da freno allattuazione dello schema,
anche il fondamento della persuasione di esistenza. Ma questa stessa persuasione di esistenza a sua volta non
sarebbe mai sorta nellanima, se non ci fosse stata la presentazione fenomenale delloggetto secondo una certa
integrit di contenuti, e secondo un certo riferimento al complesso della esperienza individuale passata che
appresa in solidariet con la presente, ci che dovuto alla funzione totalizzante dello schema.
Nella percezione di esistenza lo schema e i dati sensoriali hanno da raggiungere una specie di equilibrio o
coerenza: da essi che nasce la persuasione di esistenza. Tale persuasione sorge, per quanto riesco a
comprendere, in seno alla operazione per cui si attua lo schema percettivo e perci ritengo che appartenga in
proprio alla cogitativa. La persuasione di esistenza di ordine pratico e, praticamente per molti oggetti, anzi per
la maggioranza di quelli che formano lambito della nostra vita, si tratta di una persuasione di massima certezza.
Certezza pratica non significa probabilit, tuttaltro; significa che si tratta di una persuasione fondata, non su
princip astratti, ma sulla dipendenza che di fatto sperimenta il soggetto, nellatto della percezione, dalla realt
esteriore. La cogitativa, come facolt della vita vissuta, volta direttamente alla soddisfazione concreta dei
bisogni biologici, e si trova perci impegnata a regolarsi, nella sua attivit di strutturazione dellesperienza, in
modo che la costruzione percettiva armonizzi ad un tempo con i dati attuali e resti solidale con lo sviluppo della
vita passata.|
Per il fatto che la cogitativa, quale facolt degli interessi pratici, responsabile della costruzione percettiva e
della persuasione di esistenza che laccompagna, si comprende che in tale persuasione possono avere una parte
notevole i sentimenti e le situazioni emotive del soggetto.
risaputo che i sentimenti, se da una parte sorgono e si appoggiano su contenuti intenzionali precedenti,
possono poi per conto proprio evocare contenuti o gruppi di contenuti particolari rappresentativi in quanto
possono influire sulla tensione psichica ed influenzare perci la costruzione percettiva in un senso piuttosto che
in un altro. I fenomeni di esaltazione o di depressione affettiva, in quanto influiscono (indirettamente) sulla
costruzione fenomenale, possono avere un influsso notevole sui risultati della costruzione stessa, quali la
strutturazione delloggetto e la persuasione di esistenza.
Una forte tensione emotiva fa riconoscere assai meglio e pi presto una cosa od una persona, di una
attitudine passiva e indifferente, tanto da portare a scambiarle con altre cose ed altre persone. Quindi se una
certa dose di sentimento pu favorire la percezione, ed in genere il contatto con la realt, essa per non deve
oltrepassare i valori med; deve cio facilitare la costruzione fenomenale, non dominarla, se non vuol
abbandonarsi a costruzioni affrettate ed unilaterali nelle quali i dati di rappresentazione soverchiano o si
sostituiscono senzaltro a quelli di sensazione.
cos che nascono spesso le illusioni psicologiche, quelle interessanti la costruzione percettiva e perci la
persuasione errata di esistenza. In tanto si d lillusione psicologica, in quanto la percezione condizionata da
una costruzione soggettiva: e la costruzione ha il proprio equilibrio turbato dalle irruzioni sentimentali.
Ma altrettanto vero che come senza costruzione non possibile alcuna percezione oggettiva, cos non
possibile lesercizio di alcuna costruzione percettiva, ed un vero contatto di realt se tutto lessere non vi
partecipa, e lessere non vi partecipa di solito che quando scosso dalle correnti affettive ed impegnato dai
suoi interessi.|
La nostra posizione intorno ad una percezione intellettuale dellesistere perci assai guardinga. Tale
percezione non ci mai data allo stato puro; perch se lessere latto di unessenza, esso non ci dato se non
in quanto ci data una essenza e nel modo secondo il quale essa ci data. E se il parallelismo va condotto sino
al fondo, limmediatezza dellatto di essere ha da coincidere con limmediatezza della essenza: lordine di
presentazione deve essere lidentico per i due princip, anche perch sul piano fenomenale essi non fanno che
una sola cosa.
Pi ancora: se esistenza ed essenza sono inscindibili realmente e fenomenologicamente, si portati a
concludere che lesistenza percettivamente vuota, che non ha cio uno sfondo rappresentativo un fantasma
proprio, distinto da quello della essenza, ma che si esaurisce in un apprezzamento di valore, pi o meno
immediatamente vissuto, che il soggetto si forma dellessenza percepita ed in rapporto al modo di percepirla. A
questo modo lesistenza, che costituisce la caratteristica dei contenuti percettivi, rispetto a quelli rappresentativi
o intellettuali, sembra venga fatta esulare dalla percezione, e riservata ad una forma conseguente del conoscere.
Qualcuno ha pensato di risolvere la difficolt in modo radicale: lesistenza deve avere a s un proprio sfondo
fenomenale ed esso dato dallatto stesso dellintendere, dal quale lintelletto pu astrarre la nozione
dellatto di essere come energia attualizzatrice dei contenuti dellessenza. La specie intelligibile sarebbe infatti
inutile per il conoscere, se non vi fosse nella facolt una certa virt che ne costituisce il fondo e la condizione
prima della sua attivit. questa virt la quale con il suo esercizio conferisce alla nozione la realt intelligibile,
ne fa cio un fatto applicato alloggetto corrispondente, per realizzare la conoscenza delloggetto stesso.
Lintelletto, da solo, sarebbe una facolt impotente ad agire; la specie intelligibile, da sola, sarebbe non meno
impotente, quasi una figurazione senza vita. Ma la facolt unita alla specie forma un unico principio dellatto
dintelligenza. Latto ha cos una doppia origine: la virt conoscitiva e la specie raccolta dalla sen|sazione, di cui
luna fonda loperazione e laltra ne determina il carattere. E qui siamo arrivati al parallelismo: come nelle cose
c unessenza ed un atto di essere che attualizza questa essenza... cos nellanima c una facolt avida di
azione ed una specie intelligibile che, determinandola, la mette in condizione prossima di agire
33
.
Allora, come nella realt lesistenza attualizza lessenza, cos nel pensiero la virt intelligibile attualizza la
nozione che conforme allessenza. Ne segue che, se la nozione intelligibile la rappresentazione dellessenza,
latto della virt intelligibile sar dunque la rappresentazione al tutto naturale dellessere di esistenza: come la
specie intelligibile il principio che ci fa conoscere lessenza, cos latto della virt intelligibile sar il principio
che ce ne fa conoscere lesistenza. La virt intellettuale, per la quale noi affermiamo che una cosa o non ,
precisamente la somiglianza dellatto che fa la cosa esistere, la sua operazione la somiglianza dellesistenza.
La percezione intellettuale dellesistenza la percezione dellattuarsi dellintelligenza nei suoi oggetti a partire
dalle specie che hanno la loro radice nei sensi. Cos lintelligenza percepisce lesistenza delle cose, in quanto,
una volta che determinata da certi dati che essa rileva dai sensi e che le rappresentano lessenza delle cose,
essa mette in atto una virt secondo cui le afferma come in realt esse sono
34
.|
Resta salvo ancora, secondo questi Autori, che tutti gli oggetti del pensiero hanno un fondamento nella
sensibilit. Bisogna per mantenere, contro il sensismo, che lintelligenza ha un valore proprio ed essa ha in s
lorigine di nozioni che non hanno un riscontro diretto nella esperienza sensibile. Lintelligenza ha il suo atto
che mette in evidenza la sua propria virt, latto con il quale essa constata la presenza di queste nozioni avute
dai sensi e le afferma come realt oggettive. questo atto che precisamente la somiglianza di questa cosa che i
sensi non possono raggiungere, cio lesistenza delloggetto, ed, in quanto lintelligenza abbraccia in s
lesistenza, la conosce e diventa il germe di tutte le nozioni che ne derivano.
Stando cos le cose, si pu dire che lesistenza della realt esteriore conosciuta indirettamente, in quanto
conosciuta nellatto stesso del conoscere, il quale a sua volta ne condizionato. In questa conoscenza indiretta
sono da distinguere due gradi o classi fondamentali di oggetti.
La prima classe evidentemente data dalla conoscenza che lo spirito ha di se stesso: bench io non conosca
per intuizione la mia essenza, pure mi conosco immediatamente nei miei atti, non solamente come il soggetto
passivo del loro scorrere, ma come il principio attivo che li pone nella realt. In ogni mio atto di conoscenza, io
mi sento come il principio attivo del medesimo.
La seconda classe quella delle leggi del mondo oggettivo e del pensiero. Io so che formulo intorno agli
oggetti delle leggi e le conosco: eppure io non ho mai visto n le leggi, n una legge, n alcuna nozione astratta.
Tuttavia le nozioni e le leggi hanno un contenuto di realt: esse corrispondono alla struttura dei nostri atti di
pensiero che si esercita sulla realt. Questo secondo ordine di fatti deriva dal primo, non ha senso che riferito ad
esso e porta pi sulla conoscenza delle cose che sulle cose stesse. , dunque, soltanto la prima classe che pu
fondare la percezione e la persuasione di esistenza
35
.
Questa interpretazione resta nel quadro del realismo to|mista? Ne dubito seriamente per le ragioni seguenti
che sostanzialmente sono state ormai toccate in diverse riprese.
Il rapporto fra il senso e lintelligenza nel tomismo non va ridotto essenzialmente alla corrispondenza fra la
essenza e la esistenza, ma fra due modi diversi, bench subordinati, di presentarsi della medesima essenza: luno
concreto, laltro astratto; ed in questo ambito va spiegata la dipendenza delluno dallaltro. Ne segue che
loggetto proprio dellintelligenza lens come realt di unessenza in quanto esiste e non lesistenza in quanto
atto di unessenza: lens nominaliter di S. Tommaso e dei vecchi tomisti, non lens participialiter sumptum
come vuole il Gaetano.
Laver ammesso, nella nostra posizione, che il primo risveglio intellettuale porta sullente, sotto laspetto pi
indeterminato di qualcosa che esiste, non collima con questa interpretazione perch noi conserviamo
inscindibili il soggetto qualcosa e latto lesistere come dati simultaneamente ad ununica facolt; e
non deriviamo, n psicologicamente n metafisicamente, lessenza dallesperienza esterna, e lesistenza
dallinterna.
Nella metafisica tomista il dire in generale che lesistenza abbisogna di uno sfondo fenomenale, pu ancor
passare; laffermare per che ad essa compete uno sfondo fenomenale da prendersi altrove da quello
dellessenza in atto, e che tale sfondo di natura rappresentativa e che la rappresentazione fornita dallatto del
conoscere in quanto fa presente il contenuto della specie, una serie di affermazioni senza senso preciso e non
senza pericolo. Lesistenza latto di unessenza concreta reale ed data in quanto data la concretezza
dellessenza: siccome la concretezza del reale toccata dallintelletto in quanto si congiunge al senso
(cogitativa e senso comune), il senso ha da presentare e non pu essere altrimenti ad un tempo il fondamento
e per lessenza e per lesistenza, bench non del tutto allo stesso modo. Lattribuzione immediata di esistenza
insita anche allesperienza esterna come tale; e, manco a farlo a posta, se la fenomenologia va presa in
considerazione, essa attesta che lattribuzione di esistenza della realt esteriore tanto| pi giustificata, quanto
pi il soggetto considera i dati desperienza esterna e modera linflusso di quelli desperienza interna
36
.
Lesistenza poi non un contenuto che possa essere astratto, cos per conto suo, indipendentemente dallessenza
di cui atto: a questo modo non potrebbe essere attribuito allessenza che per un processo di entificazione
assai pericoloso, perch a un passo se non vi gi arrivato, come a noi pare dallattribuire al soggetto la
costruzione del reale, come tale.
Quello che S. Tommaso ammette, labbiamo gi visto, una presenzialit pi intima di esistenza che hanno
gli atti allanima, e per questo essi possono fornire una base pi resistente per la giustificazione del valore della
conoscenza e delle prime verit contro gli scettici.
Ma questo stesso essere soggettivo, cos indiscutibile, non lunica forma che ha lesistere, anzi esso non si
pu definitivamente piantare nella coscienza se non in opposizione a ci che esiste fuori della coscienza; non
c un dentro anche per lesistenza, che non abbia un riferimento ad un fuori: per questo si parla di
dialettica e di complementarit.
Quanto allargomento preso dallaffermazione di S. Tommaso che vi sono delle conoscenze che non
derivano dai contenuti sensibili, noi sappiamo ormai quale sia il senso ovvio di| tale affermazione. I contenuti in
questione non sono propriamente le prime nozioni trascendentali di realt, di essenza, esistenza e simili, ma
riguardano il contenuto delle forme superiori dellessere, quali il vivere, il sentire, lintendere, il volere, cio le
funzioni proprie dellanima, ad essa immediatamente presenti. Alcune di tali funzioni, lintendere e il volere, se
lanima non le penetrasse nellesperienza della sua vita, non le avrebbe in alcun modo e non potrebbe farsi
alcuna idea propria intorno a Dio e alle sostanze spirituali. In questo campo, che alla fine sempre quello
dellessenza, la conoscenza introspettiva indispensabile e primaria. Laffermazione di esistenza riguarda
invece una conoscenza di fatto ed ogni fatto non determinato che in concreto e nellambito che esso comporta:
per questo lo vediamo legato al funzionamento e agli atteggiamenti della vita vissuta.
5. LINTENZIONALIT DELLA PERCEZIONE AFFETTIVA
Non possibile altro contatto immediato con la realt oltre quello che ab-biamo per via dei sensi e
dellintelletto, in congiunzione con i sensi? Laffet-tivit pu metterci da sola in contatto diretto con la realt
esistente?
37

Che laffettivit abbia un riferimento intenzionale, e che i contenuti affettivi possano nella riflessione esser
conosciuti dallintelletto, il quale pu prender coscienza riflessa di quel riferimento intenzionale e quindi
mettersi in contatto con la realt, fuor di dubbio, ma non di questo che si tratta: tale contatto rientra in ultima
radice nella sfera conoscitiva.
Qui non si tratta pi solo del contatto che essa pu favorire suscitando, isolando o combinando questo o quel
gruppo fenomenale, poich nel caso il contatto operato sempre dalle facolt conoscitive con i propr
intermediar, le specie intenzionali. Ci si chiede se il solo esercizio dellaffettivit, sensibile ed intellettuale, ci
possa mettere in contatto con la realt.|
Lesistenza od anche la natura del reale, che si rivelerebbero a questo contatto, non diverrebbero coscienti
propriamente che per via di un intermediario affettivo, cio sotto la specie (intenzionale) della tendenza e del
sentimento che il reale determina in noi. Alcuni filosofi moderni pensano che sia proprio questa la conoscenza
propriamente metafisica, come quella che ci mette intuitivamente in relazione diretta con il fondo pi reale delle
cose. La Wesensschau sarebbe data da unimmediata Einsfhlung, per una penetrazione ab intra della
realt e particolarmente della psiche altrui
38
.
questa la tesi fondamentale dellirrazionalismo moderno: ad essa si ri-duce lelegante teoria del feeling
humiano, quella dellazione (Fichte, Scho-penhauer) e della volont di potenza (Nietzsche), oppure della
tendenza vaga di cui noi abbiamo il sentimento nellastensione totale da ogni attivit precisa.
Viste alla radice, osserva il P. Roland-Gosselin, tutte queste attraenti teorie contengono latente un
empirismo, il rifiuto di ammettere il primato dellintelligenza e dellidea. La confutazione delle medesime va
portata a questa radice. Ora tutto il nostro studio ha mostrato che lesperienza ha un significato ed un contenuto
in quanto contiene gi o sincammina verso lidea e la determinazione oggettiva della realt (C, 8-9). Ogni
attivit percettiva suppone il primato dellidea sulla pura esperienza, senza lidea nessuna questione ha un senso,
nessun problema pu essere posto e risolto, nessun giudizio enunziato. Certamente la teoria della cogitativa
suppone che lidea si riferisca al reale per lintermediario dellesperienza e quindi anche delle risonanze
affettive: senza lesperienza non possiamo portar alcun giudizio desistenza, senza lesperienza le nostre idee
sono vuote, anzi senza lesperienza non c neppure lidea.
Ma il reale non da noi propriamente conosciuto e posseduto che allorquando, per lintermediario
dellesperienza, si espande nella nostra mente in idee e giudiz, e quando queste| idee e questi giudiz si
connettono secondo un ordine logico. Da questo punto di vista la conoscenza metafisica, cio quella che coglie
nel reale questo fondo che permette di giudicare tutto il resto, la conoscenza intellettuale e la prima idea
metafisica lidea dellessere. Il valore di realt dellazione, sotto tutte le sue forme, il valore dessere del
sentimento, il valore dessere della vita (ed in conseguenza il loro valore morale ed il loro valore assoluto)
devono essere apprezzati in definitiva dallintelligenza al lume dei primi princpi e della prima idea. La vita
sentimentale, nonostante lintima seduzione che pu esercitare e la ricchezza delle sue forme, non pu
rivendicare a s il valore di fondamento, ma va giudicata sul piano dellintelligenza e dellessere. Ci ammesso,
riprendiamo il problema.
Nulla ci vieta anzitutto di riconoscere che lesperienza immediata della nostra vita individuale comprenda
lesperienza immediata dei nostri stati affettivi e che ci costituisca una conoscenza originale. Si tratta quindi
ancora di conoscenza che immediata rispetto allan est, mediata per argomentazione per il quid est quando si
tratta di apprezzare il valore morale di date inclinazioni o affezioni.
Il problema, per, se le impressioni affettive possono farci conoscere altra cosa che se stesse, non se esse
possono essere conosciute.
Unosservazione preliminare. Gli oggetti desperienza presentano gradi diversi di densit ontologica: sono
corpi viventi; e questi, piante o animali; e questi, bestie od uomini. Gli uomini si possono a noi presentare in
var atteggiamenti, fra i quali ci sono anche le situazioni affettive. In noi le situazioni affettive vanno congiunte
ad un orgasmo corporeo che si manifesta allesterno appunto con particolari atteggiamenti, ovvero mezzi di
espressione. Non c dubbio che la nostra vita affettiva sia un mezzo legittimo ed indispensabile per la
percezione delle situazioni affettive degli altri uomini. Mezzo legittimo per via della comunanza di natura, e
magari anche di civilt, di nazione, di ambiente, di vita che importano degli schemi comuni nelle reazioni
sentimentali.|
E pare anche sia un mezzo indispensabile, perch il sentimento vissuto come il pensiero vissuto il Varisco
ne fa sostanzialmente un contenuto unico sono propriamente incomunicabili. Pare per che non si possa
escludere una certa comunicazione delle stesse situazioni affettive quasi come una forma di contagio che
secondo il P. Roland-Gosselin devono dipendere dallelemento fisiologico e fisico congiunto alla emozione
39
.
Vi sono nature, in questa parte, particolarmente impressionabili... i bambini, le folle, soprattutto gli animali
nellesercizio dellistinto
40
.
Tuttavia la conoscenza pi ordinaria si ha per un processo di interpreta-zione dei mezzi di espressione:
fisionomia, gesti, modo di parlare e di diportarsi, ciascuno dei quali si trova legato nella nostra esperienza a
particolari sentimenti. In questo campo chi pi dotato di altri, chi lo meno: vi sono alcuni che al primo
contatto con qualche persona si sentono presi da unimpressione, che irrompe quasi con violenza, di simpatia,
antipatia, benevolenza o durezza che il pi delle volte, senza che il soggetto stesso sappia rendersene conto,
coglie esattamente nel segno. probabile per che in tutto questo ci sia un processo minimo di interpretazione.
Interpretazione che si riduce, in fin dei conti, ad un uso di schemi: schemi, nel caso, di contenuto soggettivo
che vengono oggettivati. Analogamente la percezione degli uomini come uomini, degli animali, dei viventi, dei
corpi pu essere detta certamente risultare dalla attuazione degli schemi oggettivi propr: il senso di realt|
pare non si abbia che per laccostamento degli schemi oggettivi a quelli soggettivi della propria corporeit, vita,
sensibilit, passionalit, intelligenza
41
.
Nel processo di cui si parla, i mezzi espressivi sono per noi i segni e gli indizi delle situazioni interiori; ed
i segni, in quanto se ne conosce il significato, sono dei mezzi validi di conoscenza purch la connessione fra
segno e significato sia sufficientemente assicurata. I segni delle situazioni affettive allora ci mettono in
presenza di una situazione reale quando si tratta di situazioni che noi abbiamo in precedenza gi chiaramente
sperimentate e si sia verificato il rapporto fra tali segni esteriori e tali situazioni.
In questi casi, ancora, la conoscenza affettiva ha la sua propria radice nella conoscenza: solo che a poco a
poco i contenuti conoscitivi passano come inosservati e nella coscienza chiara non avvertita che limpressione
affettiva. Una domanda che ci fatta, unazione che ci si presenta, il trovarci improvvi|samente di fronte ad una
situazione inaspettata, ad una certa persona, provocano in noi, prima ancora che riusciamo a renderci conto dei
contenuti oggettivi della situazione, un sentimento spontaneo di facilit, di possibilit di confidenza o di
impossibilit, di smarrimento, di angustia...: tutto lessere in vibrazione.
Anche in questi casi sembra che il contatto con la realt avvenga per il funzionamento globale e immediato
di schemi di vita vissuta, nei quali i contenuti affettivi prevalgono notevolmente su quelli conoscitivi che
restano nellombra. Quando Hume fonda la percezione della realt sopra il belief o la gentle force, che una
persuasione sentita pi che concepita, descrive un fatto reale della coscienza adulta formata, nella quale
certamente limpressione affettiva esalta spesso intensamente la percezione di realt: questa impressione per
non solo non lunica, n la pi certa, ma non comprensibile senza riferirla a qualche contenuto di conoscenza
pi o meno avvertito in precedenza.
Tuttavia non abbiamo ancora risposto al problema se lesperienza affettiva, come tale, cio
indipendentemente da qualsiasi riferimento a contenuti conoscitivi, ci possa mettere in contatto diretto con la
realt: unimpressione di compiacenza, di amore, di gioia, di desiderio, di tristezza, di repulsione, ecc., di ordine
tanto sensibile come intellettuale qui la distinzione non conta possono da s sole farci conoscere la realt o
qualche aspetto almeno della realt che in noi le provoca?
A prima vista la risposta parrebbe negativa: se si spoglia limpressione affettiva del fondamento di ogni idea
od immagine ed il soggetto si concentra sullimpressione affettiva pura, questa che occupa tutto il campo della
coscienza ed quindi lunica realt avvertita come presente. Lesperienza affettiva pura sembra perci
incompetente a dirci se essa rappresenta qualcosa delloggetto: essa pone in contatto con loggetto solo quando
sia unesperienza integrale, comprendente cio tanto i contenuti affettivi, quanto quelli rappresentativi.
Perci lanalisi fenomenologica sembra orientarsi per una| risposta negativa circa una conoscenza affettiva
propriamente detta.

* * *

Eppure il problema non ancora esaurito. Riprendiamolo dal punto di vista dei princpi e forse potremo
incontrare anche i fatti.
Nellintellettualismo limpressione affettiva prodotta nel soggetto dalloggetto stesso, non
immediatamente, ma per lintermediario dellimmagine o dellidea: la tendenza affettiva risulta perci
oggettivamente fondata (intenzionalit), cosicch si pu parlare di un realismo anche nellamore. Tale realismo
importa secondo S. Tommaso che la forma delloggetto, o pi esattamente una sua somiglianza, divenga la
forma della tendenza affettiva come suo termine immanente. La somiglianza, di cui si parla, una somiglianza
partecipata dallimmagine e dallidea. Tutta la somiglianza che si pu riscontrare nella tendenza affettiva
quindi contenuta anzitutto nellidea: questo principio insormontabile
42
.
Altra per la forma di somiglianza propria della conoscenza, altra quella dellamore: la prima statica,
secondo il movimento che le cose fanno verso lanima per restare in essa; la seconda invece tutta dinamica,
secondo il movimento che lanima fa verso le cose. Nella prima le cose entrano nellanima e vi restano, secondo
il modo di essere dellanima stessa; nella seconda lanima che si muove, che si sente inclinare verso le cose
per unirsi alle medesime secondo il loro essere fisico: lamante si volge agli oggetti, non in astratto ma nella
loro tangibile concretezza.
La tendenza affettiva sinizia cos da una modificazione soggettiva originale, causata dallidea, e che pu
dirsi specie intenzionale amorosa verbum amoris e si termina alloggetto fisico. E come la specie
conoscitiva dice somiglianza e riferimento alla cosa espressa, parimenti per la specie amo|rosa verso la cosa
amata: per questo si parla nellamore di una somiglianza dinamica. Fenomenologicamente essa si rivela con
unimpressione originale, inesprimibile, come una compiacenza, una coaptatio che ha lamante al suo
oggetto. Ora, se lamore si impone per questa somiglianza dinamica complacentia, coaptatio del
soggetto alloggetto reale, noi abbiamo nellamore qualcosa che come una trasposizione, una traduzione della
realt in forma affettiva. Certamente ogni somiglianza con loggetto deve avere il suo fondamento nella idea, e
la somiglianza affettiva non ha valore di oggettivit se non in quanto anchessa cade nellambito della
coscienza: resta per sempre che la somiglianza affettiva la complacentia e la coaptatio pu esprimere
un rapporto oggettivo e lo esprime in un modo originale, sotto una luce nuova che quella appunto della
coscienza affettiva. Si ha cos che limpressione affettiva pu rivelare da s immediatamente la presenza
delloggetto ed a questimpressione appartiene un sentimento di realt originale: per questo se n fatto un
cenno in una fenomenologia elementare della percezione
43
.
Il vantaggio del contatto affettivo con la realt non consiste propriamente nella rivelazione di qualcosa
dignoto che sia impossibile raggiungere per altra via, ma piuttosto nel presentarci ci che gi conosciamo sotto
una colorazione affettiva originale: ci che si aggiunge alla conoscenza intellettuale semplicemente una
maniera pi intima, pi personale di unirsi alloggetto conosciuto, di averlo presente nella coscienza. Beneficio,
come conclude il P. Roland-Gosselin, che torna a profitto dellamore stesso pi che della conoscenza. Il contatto
affettivo delloggetto fissa lo sguardo della coscienza sul nostro amore per esso: noi ci compiaciamo di questo
sguardo ed il nostro amore saccresce in esso
44
.
In una concezione realista dellintelligenza non pare adunque del tutto esclusa una conoscenza affettiva che
sia un con|tatto nuovo con la realt, e si abbia cos una nuova forma di intenzionalit, bench di valore
secondario, che supponga a suo fondamento lintenzionalit conoscitiva.
E quel contenuto proprio dintenzionalit, che compete alla conoscenza affettiva, pu bene, in alcuni casi
almeno, avere perfino una funzione dintegrazione e di correzione rispetto alla conoscenza per immagini e per
idee e ci sul fondamento dun doppio principio: luno del finalismo trascendentale che si ha in ogni facolt
verso loggetto proprio e quindi anche nellappetito rispetto agli oggetti concreti; laltro della conoscenza
integrale, secondo il quale lessere tanto meglio si rivela allanima, quanto pi questa lo assale da tutti i lati e si
piega su di esso con tutti i mezzi di presa di cui dispone.

* * *

La persuasione di esistenza pertanto una risultante psichica che sorge su di uno sfondo assai complesso
di condizioni e da un particolare gioco interiore di funzioni. A mio parere la gnoseologia e la fenomenologia
non hanno approfondito ancora abbastanza questo punto, pur tanto importante.
La percezione del concreto segna cos lapice della conoscenza umana oggettiva. Eppure sembra che, dal
punto di vista fenomenologico, in tutte queste funzioni non si possa parlare propriamente di argomentazione, se
non nel senso assai largo di collatio, che il raffronto immediato fatto dalla cogitativa circa gli indici di
realt per raggiungere quello stato di equilibrio e coerenza di cui si detto di sopra.
Il riferimento esistenziale di tutto il contenuto fenomenale, offerto dalla attuazione del fantasma e nel quale
indicata la natura ontologica che forma il nocciolo ultimo delloggetto di percezione, fatto spontaneamente,
rapidamente cos da apparire senzaltro immediato
45
. Ed in questo senso| che si d una percezione non solo
sensibile, ma anche intelligibile del singolare, in quanto questa abbraccia per quamdam reflexionem anche
quella. La ra-gione psicologica ultima che noi non raggiungiamo alcun risultato utile nella vita, se non per un
tirocinio pi o meno lungo di addestramento: dobbiamo imparare non solo a camminare, a leggere e a scrivere,
ma anche a vedere, a sentire, a discernere gli oggetti. La frequenza degli atti permette di correggere le
inadeguatezze iniziali: la familiarit che ci rende gli oggetti pi facilmente accessibili e pi o meno immediati
secondo la parte che il soggetto ha presa e pu prendere nella storia, modesta quanto si voglia ma per lui
estremamente importante, della propria vita.
Il problema dellinterno e dellesterno, che ha tanto affaticato le gnoseologie neoscolastiche, non
dovrebbe pi sembrare insolubile
46
. Questa forma di operare loggettivazione meno primitiva di quella di
esistente ed apparente, e si effettua come questa, cio in sede sensoriale, per la collatio della cogitativa,
ed in sede intellettiva per la conversione dellintelletto ai fantasmi.
Interno ed esterno non sono, secondo il Lassen, differenze di campi spaziali, ma piuttosto esprimono il
fatto primario della bilateralit di ogni (con-tenuto) reale in genere. Non si d cos nellesperienza immediata un
puro in-terno come nemmeno un puro esterno, ma soltanto una relazione polare di condizionamento e di
tensione (ein polares Bedin|gungs-Spannungsverhltnis) di interno ed esterno, di Io e Mondo
47
.
Come criter fenomenali di esistenza extrasoggettiva il Blanshard assegna: lo scacco di unattesa che non si
verifica, lindipendenza di alcune sensazioni dalla volont, lanalogia o somiglianza fra gruppi fenomenali visti
in mutazione, la mutua conferma di var sensi, la mutua conferma di vari soggetti...
48

Come ci sono degli schemi di percezione della realt, cos ci sono de-gli schemi di percezione della
esteriorit e della interiorit, lo studio dei quali rientra nel compito delle fenomenologie analitiche. La teoria
degli schemi intesi come costanti fenomenali spiega ad un tempo il doppio fatto di coscienza: quello che,
nella vita individuale, la segregazione percettiva avviene per gradi continui quasi senza limiti, e quello che di
fatto nellesercizio della vita ordinaria noi abbiamo coscienza di percepire immediatamente gli oggetti che
incontriamo purch presentino, in tutto od in parte, qualche aspetto che ci sia familiare. La natura, anche qui,
opera come un saggio architetto che, procedendo piano per piano, ha cura di sorreggere ledificio dallesterno
con solida armatura: una volta che ledificio compiuto e tutte le sue parti stanno consistenti in s e
nellinsieme, larmatura esteriore viene tolta e ledificio sta saldo da s. Larmatura esteriore il processo
isagogico della collatio che si esercita da principio con una succes|sione temporale di stad: una volta che
stato determinato il contenuto ontologico e sono stati fissati rispettivamente gli indiz o costanti
fenomenologiche, la presenza di queste di per s sufficiente ad evocare immediatamente nella coscienza la
presenza di quello in un unico atto di apprensione intellettuale.
Cos si spiega perch la percezione alla fine va riconosciuta come una funzione intellettuale, e perch gli
oggetti di percezione siano stati detti dei sensibili per accidens. La conoscenza vera, versi essa sul concreto o
sullastratto, quella riconosciuta conforme al reale. Del quale dobbiamo ora indagare la struttura.|

CAPITOLO DECIMO

IL PROBLEMA METAFISICO
SOMMARIO. La posizione di realt: contenuti sensibili e contenuti intelligibili, struttura fenomenale e struttura reale, apprensione di
essenza ed apprensione di esistenza, lessere nellapparire (teoria del segno). La fenomenologia della sostanza: caratteri fenomenali
della sostanza, la sostanza come continuit e permanenza, come principio di unit nella molteplicit e come essenza, la progressione
genetica della nozione di sostanza (Piaget) ed il suo contenuto. La fenomenologia della causa: la esigenza humiana e sue vicende (il
sentimento dello sforzo); lesperienza della causalit (discussione della sua possibilit); analisi dellesperienza immediata della
causalit ed evoluzione della nozione (Piaget).
1. LA POSIZIONE DI REALT
a) Contenuti sensibili e contenuti intelligibili
Il problema metafisico quello che considera la realt in s, secondo contenuti e rapporti di valore
assoluto: lessere in quanto essere. Il problema psicologico quello del divenire conoscitivo, nei suoi princip
soggettivi ed oggettivi, nelle sue fasi e nei suoi piani. Il problema critico quello del valore di presenza degli
oggetti che vengono assimilati, che quindi il valore di realt. Il problema metafisico ricerca una esplicitazione
analitica, cio assoluta e sistematica, di questa realt che data.
La cosiddetta possibilit della metafisica legata appunto a questo essere dato della realt, e la sua
natura di essere una interpretazione ultima intelligibile del mondo, al modo secondo il quale concepito questo
darsi. Qui si diffe|renziano la metafisica realista e la metafisica idealista a cominciare dalla prima crisi tra
platonismo ed aristotelismo fino alla forma estrema dei monismi moderni. Non cinteressa direttamente lanalisi
sistematica dellopposizione che separa le due concezioni: in sede fenomenologica baster losservare su quali
basi il realismo procede allaffermazione metafisica.
Lopposizione, almeno iniziale, fra realismo e idealismo non verte propriamente sullaffermazione o
negazione di realt, ma sulla determinazione della realt. Si vuol dire che ambedue le filosofie ammettono sia
che la metafisica si d e si deve dare, sia che la metafisica ha per oggetto una realt in s; differiscono nella
posizione della realt, se questa sia da porsi e dissolversi nel pensiero o ne possa esser riconosciuta
indipendente. Lindipendenza espressa egualmente, nel nostro caso, sia che si parta dal rigido dualismo di
fenomeno noumeno (Platone e Kant), sia che si assorba dialetticamente luno nellaltro (fenomenismo e
idealismo). Il problema allora quello della funzione che compete allesperienza per latto di conoscenza, che
infine il problema dellimmanenza e della trascendenza: il noumeno immanente o trascendente al fenomeno?
Ci che va detto assolutamente estraneo a ci che appare, e viceversa?
Il nucleo essenziale della innovazione platonica il riconoscimento mu-tuato in sostanza da Parmenide
della incommensurabilit fra il contenuto del concetto in funzione di cui devesser giudicato, per poter essere
fondato teoreticamente, cio come oggetto di conoscenza, il contenuto empirico della percezione sensibile, e
questo contenuto empirico delloggetto; e perci della inderivabilit di quello da questo
1
. C quindi assoluta
opposizione fra ci che e ci che appare, tra noumeno e fenomeno: luno ci che veramente, laltro ci che
appare; luno oggetto di scienza, laltro di opinione. Il nucleo essenziale dellinnovazione idealista, a partire da
Kant almeno anche se egli protesta di non voler essere idealista la posizione della realt in funzione del
soggetto tra|scendentale, cosicch la realt non un contenuto dato, ma il frutto della sintesi conoscitiva.
Dal punto di vista della fenomenologia tutto il problema si riduce alla funzione che pu avere lesperienza
nella determinazione, cio nella conoscenza, della realt. La conoscenza oggettivamente valida, certamente ha
da superare lesperienza o meglio ha da emergere sopra lesperienza: poich lesperienza da s sola non pu
giustificare alcun valore. Ma appunto perch si tratta di un superare che un emergere, si suppone che
lesperienza stessa non sia estranea al conoscere, ma che sia conoscenza in qualche modo e di qualche cosa che
veramente . Questa consapevolezza del valore della esperienza, non dellesperienza stessa, ma appartiene
allintelletto perch lesperienza si esaurisce nel suo esercizio; lintelletto che, vedendosi condizionato
dallesperienza, comunica, per quanto comunicabile, la propria oggettivit alla stessa esperienza. In altre
parole: per la dipendenza dellintelletto dal senso che tanto il senso quanto lintelletto ricevono, in modo
complementare ed in direzione inversa, il sigillo delloggettivit. Esso importa il ritenere che lesperienza allora
presenta la realt e non un puro apparire, quando il suo contenuto organizzato attorno ad un valore
intelligibile; e che lintelletto allora si pronuncia sulla realt, e non sulla pura legalit, quando il proprio
contenuto ha un riscontro proprio ed adeguato nellesperienza. Il termine di emergenza esprime in modo
felice ambedue questi momenti, che in realt si fondono in uno. Nella terminologia di S. Tommaso il valore di
oggettivit fondato per la conversio ad phantasmata, ovvero continuit funzionale fra senso ed intelletto. A
nostro parere questa dottrina lunica che pu render ragione della solidariet che deve legare fenomeno e
noumeno in una teoria realista del conoscere.
I contenuti desperienza ed i contenuti intelligibili sono incommensurabili, non per eterogenei; hanno lo
stesso contenuto, solo che questo appreso secondo una densit ed un indice diverso di valore, particolare od
universale. Il trascendere perci, che appartiene alluniversale, non un pre|scindere dallesperienza, ma un
ritenerla in s nellatto stesso del conoscere in quanto il contenuto empirico il fondamento, il punto di partenza
e di ritorno, rispetto al quale avviene il flusso ed il riflusso del movimento intenzionale del pensiero
2
. In termini
forse grossolani si pu dire che nelloggettivismo classico il problema della realt si risolve in una presa di
coscienza esplicita del meccanismo ordinario del pensiero, da cui si rileva essere inadeguata tanto la completa
immanenza (Democrito), quanto lassoluta trascendenza (Platone) di esperienza ed intelletto. Bisogna sforzarsi
di comprendere che il riconoscere tanto allesperienza, quanto allintelletto una propria sfera di interessi e di
oggetti, permette, anzi obbliga quando si tratta di pronunciarsi sul valore di realt di ritenere che luno dei
contenuti non possa esser dato senza laltro.
La possibilit della metafisica, a questo momento, legata a tale scambievole subordinazione, ed il suo
sviluppo allo sviluppo della medesima. La teoria dellintelletto agente ovvero dellattivit intellettuale, la teoria
della cogitativa ovvero della partecipazione della sensibilit alla ragione per cui c la preparazione prima e
poi loggettivazione dellintelligibile sono i due punti salienti a cui la fenomenologia attacca le sorti della
metafisica dellessere reale.
Come diceva S. Tommaso, i contenuti percettivi non sono operanti soltanto allinizio della conoscenza
intellettiva, ma ne formano lo sfondo permanente: Phantasma est principium nostrae cognitionis, ut ex quo
incipit intellectus operatio, non sicut transiens, sed sicut permanens, ut quoddam fundamentum intellectualis
operationis; sicut principia demonstrationis oportet manere in omni processu scientiae, cum phantasmata
comparentur ad intellectum ut objecta, in quibus inspicit omne quod inspicit, vel secundum perfectam
repraesentationem vel secundum negationem
3
.|
La conclusione, chiaro, vale solo per una metafisica umana. Non si nega che possa darsi una conoscenza
della realt senza una dipendenza dal fenomeno: anzi la via naturale per una presa di possesso adeguata
dovrebbe raggiungere prima di tutto lessere nel suo nucleo centrale e di l contemplarne lo sviluppo interiore ed
esteriore, senza perderne mai alcun lato, alcun momento. Tale la metafisica degli spiriti puri, non la nostra; ed
i Fenomenologi assoluti che hanno voluto liberare, con la . :e, , la contemplazione intellettuale da ogni
aderenza al concreto, hanno svuotato le forme e le funzioni intelligibili del loro naturale contenuto. Non v
dubbio che loggetto, quando sia in s costituito, qualcosa di assoluto e valido in generale: e per questo in ogni
intellettualismo lintelligibile ha da emergere dallesperienza. Ci per non deve escludere a priori che loggetto
nel suo costituirsi abbia unarmatura esteriore ed esiga, nella sua funzione intenzionale, la mediazione
dellesperienza. Sappiamo, per diretta constatazione, che questa la condizione della conoscenza umana. La
reazione husserliana ha clto nel segno quando ha affermato che loggetto non sidentifica con il processo
che lo condiziona (psicologismo), ma ha rinunciato ai dati stessi della fenomenologia quando ha svincolato
loggetto, come contenuto, da ogni riferimento sperimentale. Un Wesen puro, tutto avulso dallesperienza,
per noi una scrittura indecifrabile.

* * *

b) Struttura fenomenale e struttura reale
Il problema della percezione riceve un valore per una fondazione teoretica del pensiero solo in quanto si
ammette la fusione nellatto percettivo, o compenetrazione che dir si voglia, di dati e di funzioni sperimentali e
intelligibili: per questo non da meravigliarsi che lHusserl abbia infine sconfinato nellidealismo. Il contatto
con la realt avviene nellesercizio della percezione, non nella solitudine di una Wesensschau pura.|
Che sintende per realt? Reale anzitutto e soprattutto ci che , ci che ha latto di essere: poich
reale lente, e lente un termine participiale di senso attivo che indica lesercizio in concreto di una
formalit, quella dellessere, come camminante quella del camminare.
In quanto indica lesercizio di una formalit, lente dice un soggetto ed una forma portata o esercitata
dal soggetto: non pu essere che qualcosa. La fenomenologia, senza portar pregiudizio agli ulteriori
sviluppi, mette in chiaro che il fatto della percezione concerne sempre qualcosa che , riguarda un contenuto
clto nellesercizio dellatto di essere: io vedo gli alberi, la casa, il cielo, non in quanto sono nella mia mente
o nellimmaginazione, ma in quanto esistono di fronte a me. Dobbiamo distinguere quindi, in un oggetto di
percezione, il soggetto o lessenza e latto di essere (esse): la percezione della realt la percezione di una
essenza nellesercizio del suo atto di essere. La fondazione della percezione di realt consiste allora nel
giustificare lapprensione dellente in concreto come sintesi di essenza ed esse.
Il problema della percezione allora quello del rapporto fra lessenza e lesistenza? Non laffermo
senzaltro, poich proprio della metafisica il considerare tale rapporto nella sua portata assoluta. La metafisica
per non potrebbe considerarlo in astratto, se la fenomenologia non lavesse presente in concreto.
La dualit intrinseca alla nozione di ente presente quindi anche allanalisi fenomenologica: altro la
cosa come cosa, altro il fatto di essere della cosa. Questa dualit di soggetto ed atto la prima fra tutte, ed la
ragione perch qualsiasi altra si possa presentare: il minimo che io possa percepire di qualche cosa, che sia
qualcosa in atto e nessun oggetto percepibile se prima non percepito come qualcosa in atto. Ogni
oggetto di percezione pu essere concettualmente anzitutto espresso da due idee, essenza ed esistenza in quanto
un ente in generale; in quanto invece tale ente, pu essere espresso da altre coppie didee, come luomo dalla
coppia di animalit e ragionevolezza. La fondazione delle idee e del rapporto fra le idee, che trascrivono
concettualmente tale ente,| porta alla conoscenza specializzata delle scienze: la fondazione invece delle idee e
del rapporto fra le prime due idee che riguardano lente, in quanto ente ci che costituisce la giustificazione
della teoria o contemplazione dellente, la metafisica.
Ora la coppia di essenza ed esistenza ha un comportamento, non solo nozionale ma anche fenomenale, del
tutto proprio rispetto a qualsiasi altro. Nella graduazione dei contenuti ontologici si ha che la nozione di
sostanza non necessariamente connessa a quella di corporeit o incorporeit; n quella di corpo allaver
lorganizzazione o allesserne privo, e cos via...: ogni contenuto formale pu stare da s e non implica un
riferimento necessario ai contenuti successivi. Non cos per i contenuti dessenza e desistenza.
Anzitutto, fenomenologicamente almeno, luno non pu vantare alcuna priorit sullaltro poich lente in
tanto riconosciuto in quanto dice lesercizio dellatto in (di) un soggetto. Un soggetto senza latto essenza,
non ente, e latto senza il soggetto esse, non ente; lente dato dalla compresenza di essenza ed esse
secondo una funzione propria ed insostituibile che compete alluna e allaltra. Di qui scaturisce la propriet pi
intima del reale: lessenza non ha un senso intelligibile, e neppure una portata percettiva, se non in quanto il
soggetto dellactus essendi, come fondamento e contenuto dellatto: parimenti lesse latto di ci che esiste. Si
vuol dire pertanto che ciascuna di esse implica nella sua nozione necessariamente un rispetto allaltra: lessenza
non pu essere compresa che come ci che esiste od almeno pu esistere, lesse come latto di tale formalit
4
.
Il giudizio di percezione afferma spontaneamente la realizzazione avvenuta di fatto fra lessenza e lesse, che
lunificazione in atto delluna con e per laltra. Ma unificazione non | identit. Anche in concreto, il soggetto
non sarebbe pi soggetto se coincidesse con latto; comunque la fenomenologia attesta lunificazione, non
lidentit; onde vien da supporre che tanto lessenza, quanto lesse conservino intatti, ciascuno nel suo ambito, i
propr valori. Ne segue che la fondazione della percezione di realt si risolve nel doppio problema della
fondazione dei dati di essenza e della fondazione dei dati di esistenza: altro il sapere cos un oggetto, altro
il sapere che esso esiste. Pare quindi che sia inevitabile una scissione, almeno fenomenologica, fra essenza ed
esistenza la quale sarebbe la conferma dei monismi gnoseologici e metafisici.
La conclusione non necessaria. Lo sarebbe se essenza ed esistenza fossero del tutto isolabili, ma questo
stato gi escluso. Il fatto che essenza ed esistenza abbiano un contenuto nozionale irriducibile porta alla
posizione della dualit; il fatto che esse siano luna per laltra impedisce che la dualit diventi dualismo e
isolamento, perch afferma lintegrazione.
Viene perci subito da concludere che si pu benissimo ammettere una duplice direzione nel processo
fenomenologico di fondazione dei contenuti percettivi, luna indagante i criter di essenza, laltra i criter di
esistenza; tale duplicit di direzione si deve ricondurre ad un processo spirituale unitario, perch se gli oggetti, a
cui hanno da terminare i processi, sono luno per laltro, lo devono essere i processi stessi.
Perci la determinazione percettiva di unessenza data per riguardo allesistenza come la predicazione
esistenziale fatta per unessenza. Checch possa essere per il pensiero astratto, nella percezione i giudiz
dessenza vanno accompagnati da quelli di esistenza, e quelli di esistenza hanno un senso in quanto sono riferiti
alloggetto di quelli di essenza. Non meno assurda la percezione dellessenza (percepita) esistente, come
quella dellesistenza che non sia (percepita) di unessenza. La percezione concerne il singolare, che ci che
per noi anzitutto esiste: il singolare lautentico portatore tanto dellessenza come dellesistenza. facile da
ci arguire che lindividuazione fenomenologica dellessenza come dellesistenza del singolare, che lente
sa` .e, | deve coincidere con la stessa fon|dazione della percezione come conoscenza valida, anzi come la
conoscenza che realizza il primo ed il pi intimo contatto con la realt, da cui ha da partire ed a cui deve riferirsi
ogni ulteriore progresso che si voglia fare.
* * *
c) Apprensione di essenza e affermazione di esistenza
stato riconosciuto che latto di percezione esercitato dallintelligenza in quanto questa si continua con i
sensi, ne dirige le funzioni e le subordina alle proprie. Si deve dire allora che se lapprensione dei criter di
essenza e dei criter di esistenza compete in proprio allintelligenza, tale apprensione da essa esercitata in
continuazione ed in dipendenza dei sensi. Spiegare come avvenga questa continua dipendenza lo stesso che
spiegare come lintelligenza prenda contatto con la realt. La fenomenologia ha un autentico valore isagogico
per la metafisica in quanto pu mostrare che la nozione di realt strettamente solidale con le percezioni:
chessa si forma per loro mezzo, e che il suo contenuto riceve da esse il suo significato di ente reale. un fatto
che la nostra nozione di essere reale non prende il senso pieno ed esplicito che sul fondamento e per lo sviluppo
delle percezioni sensibili
5
.|
Il significato di ente reale vario e diverso, come quello di ente non reale
6
.
a) Un primo senso di non reale e reale nellordine logico: non reale ci che non si apprende da noi
nelle condizioni della sua esistenza naturale, ci che non si rappresenta nella mente qual nella sua propria
natura, o sotto forma diversa da quella che naturalmente gli appartiene. Ed allora cosa reale cosa vera ed ha
per contrapposto cosa falsa, fallace, illusoria. Realt in senso logico.
b) Si dice che non reale ci che non esiste, ci che non in atto ma solo in potenza. E allora cosa reale
cosa esistente, ed ha per contrapposto cosa possibile. Questa un intelligibile puro, quella un oggetto di
percezione. Diciamo: realt ontica (esistenziale).
c) Anche prendendo il reale nel senso di esistente, vi possiamo distinguere, in un senso pi ristretto,
come non reale ci che non esiste in s e per s, ma solo in un altro, la cui esistenza una inerenza. Ed allora
cosa reale cosa non solo esistente, ma sussistente per s. Senso quindi ristretto di reale e non reale quello di
sostanza ed accidente; realt ontologica (metafisica). Di qui le categorie.
d) Un ultimo senso, che in qualche modo determina il precedente, tiene come non reale ci che non
esiste fuori di noi, ma esiste solo come atto, effetto e forma del nostro pensiero. Cosa reale cosa esistente nel
mondo della natura, indipendentemente dal mondo del pensiero. Qui reale e non reale stanno come naturale e
psichico, esterno ed interno: realt fisica.
Adunque: onticamente reale lesistente e non reale il possibile: metafisicamente reale la sostanza e non
reale laccidente: fisicamente reale la natura e non reale il pensiero: logicamente reale la verit e non reale la
falsit.
quindi evidente che una stessa cosa pu ben essere| reale in uno o pi sensi, e non reale in qualche altro.
Per es. io penso che A B. Questo pensiero realt ontica, perch un pensiero in atto, e non soltanto in
potenza. Non realt metafisica, perch non un ente sostanziale, ma un atto accidentale. realt fisica come
azione del soggetto pensante; ma non realt fisica in quanto rappresentazione delloggetto pensato. o non
realt logica, secondoch vera o falsa la attribuzione di B ad A.
Lasciando da parte il senso logico che non interessa il problema della percezione, possiamo raccogliere la
seguente graduazione di forme o modi di percezione: percezione dellesistente, della sostanza e dellaccidente,
dellesterno (oggettivo) e dellinterno. Lesistente pu essere sostanza od accidente, e questi possono essere
percepiti tanto entro il soggetto come nel mondo esterno.
Lesistente risulta quindi essere loggetto proprio della percezione dalla quale non resta escluso che il
possibile, oggetto di considerazione astratta. Lesistente ci che , unessenza che ha lesistenza. Allora si ha
la percezione dellesistente quando si realizza una certa determinazione fenomenale di essenza e di esistenza.
Questa determinazione permette la comunione dellintelletto con la realt ed la condizione primordiale per una
riflessione che porti ad un sistema razionale della realt.
Ora, come alla critica appartiene in proprio la fondazione dellaffermazione di esistenza, alla metafisica
compete la concezione e penetrazione dellessenza come forma e soggetto reale dellessere. Per realt qui ormai
intendiamo non soltanto ci che di fatto esiste, ma ci che nellordine intelligibile condiziona lo stesso fatto di
esistenza. Del resto si sa che nellordine fenomenale la percezione di esistenza condizionata da quella di
essenza. Dopo aver considerato le condizioni fenomenali della prima, dovremmo fare qualche accenno intorno a
quelle che condizionano la seconda per cui appunto c distinzione di sostanza e di accidente, di esterno ed
interno, di proprio ed altrui; e, per la sostanza e gli accidenti, le varie classi, forme e gradi.
Per noi, intanto, sostanza ed accidenti sono due modi di realt, e ciascuno di essi pu dirsi in senso
fenomenologico| ci che unessenza, cio una forma di realt. Lessenza rispetto alla molteplicit
fenomenale per noi il contenuto radicale della realt che condiziona tutte le altre differenziazioni dellessere;
anzi queste altre non sono che diverse forme di realizzazione dellessere come essenza. Nessun essere pertanto
esiste, se non in quanto ha unessenza determinata: di conseguenza nessuna realt pu essere oggetto di
percezione se non in quanto rivestita di un contenuto essenziale determinato.
La metafisica, che ricerca i princpi ultimi della realt, ha per oggetto quindi la comprensione delle essenze
nel proprio contenuto di realt e secondo che hanno realt. Se compito proprio della metafisica la
comprensione della realt in s, la metafisica si sviluppa come penetrazione delle forme di essere, ove il fatto
pi importante quello dellessere; il contenuto per, per cui lo stesso fatto ha consistenza, lessenza.
Assolutamente parlando, lesse qualcosa di pi profondo, di pi primitivo e di pi intimo della essenza ed il
valore di entit ontologica dipende pi dallo esse che dalla essenza. Per noi per lesse sotto laspetto
fenomenologico solo un fatto e quindi un contenuto non dialettizzabile; cio un contenuto neutro, che si
colora, come per un mimetismo, secondo il fondo essenziale che attua. nella comprensione di questo fondo
essenziale che lintelletto tocca la realt, gusta il sapore del reale nei suoi contenuti originali.
In quanto si parla di penetrazione e di comprensione, si deve far appello allintelligenza e la metafisica
lattuazione naturale pi alta che possa avere lintelligenza.
La fenomenologia ha da restare quindi al di fuori, sullatrio, ai margini: non pu per esserne del tutto
esclusa. La metafisica, in tanto conoscenza di valore in quanto conoscenza del reale, secondo la piena
densit del significato di reale come essenza che esiste: ora la fenomenologia ricerca le condizioni secondo le
quali possibile tanto segregare unessenza, quanto affermare lesistenza.
La segregazione fenomenologica sta alla considerazione metafisica, come il concreto allastratto, ci che
intuito a ci che compreso. In tanto perci le classificazioni metafi|siche hanno un contenuto definito, in
quanto sappoggiano su classificazioni fenomenologiche; il valore poi della metafisica dipende, per noi, dalla
natura della detta corrispondenza fra i contenuti fenomenologici e quelli metafisici.
In questa posizione fenomeno e noumeno, e cos fenomenologia e metafisica, non sono n campi identici, n
estranei, ma corrispondenti e complementari. Il fenomeno per il noumeno e vale solo rispetto ad esso e questo
riceve la sua portata in riferimento a quello. Le determinazioni ontologiche hanno perci da sorgere da analoghe
determinazioni fenomenologiche e procedere pari passo con quelle: dal momento che lessere a noi si rivela
anzitutto nellapparire, le varie forme dellessere non possono non avere una corrispondenza nelle forme di
apparire e viceversa.
Come lessere si rivela nellapparire? La nostra posizione, in quanto dualistica, ritiene che lessere non si
identifica con lapparire; in quanto un realismo moderato, ritiene che lessere non coincide assolutamente con
lapparire; in quanto un realismo immediato, ritiene che lessere non estraneo e fuori dellapparire.
In conclusione: tutto il contenuto di realt immediata, tanto per lessenza quanto per lesistenza, ha da esser
fondato su qualche apparire. Daltronde per il fatto che lapparire pu interessare lordine sostanziale ed
accidentale, lambito interiore ed esteriore, queste prime distinzioni non derivano dallapparire in quanto
apparire, ma sono date in qualche modo nel darsi dellapparire stesso; e se non dipendono dallapparire
come tale, dipendono allora dal modo di darsi dei contenuti che appaiono. E poich lo studio della percezione
ci ha obbligati a distinguere un apparire adeguato che attinge cio lessere reale, ed un apparire inadeguato
che in tutto od in parte se ne allontana, lo stesso apparire non riceve il valore presentativo di realt se non
in base a certi criter che gli vengano espressamente riconosciuti. Tali criter devono esser determinati cos che
valgano per lapparire come manifestazione dellessere: essi devono cio restare fenomenali nel contenuto,
altrimenti non sarebbero in alcun modo| fenomenali; ed essere intelligibili, in quanto hanno un certo valore
manifestativo.
Possiamo quindi affermare, dopo tante cautele, che le qualificazioni ontologiche dellessere come tale sono
prima presentate come forme di apparire e, bench poi le trascendano, sappoggiano a parte ante su di esse.

* * *

d) Lessere nellapparire: segno ed espressione
Apparire ed essere sono, secondo diversi aspetti, luno per laltro. Il realismo critico o mediato ritiene
che lapparire in tanto rivela lessere in quanto un segno che leffetto di una causa, ed in quanto effetto
che il fenomeno rivela la causa, lessere. La superficie colorata, le forme sonore, tattili, ecc., non sarebbero in s
che pura parvenza, cosicch non ci offrono mai la realt propria secondo la sua essenza, perch noi la
tocchiamo sempre attraverso lesperienza; n ci mettono in contatto immediato con le cose esteriori, ma
sempre attraverso la struttura della nostra organizzazione soggettiva, le energie sensoriali specifiche e le
determinazioni formali della nostra facolt dintuizione spaziale. Noi non possiamo perci avere unapprensione
propria della realt che giace sotto le apparenze, n prendere conoscenza dei rapporti reali secondo cui stanno
fra loro ed influiscono a vicenda gli oggetti del mondo, poich le apparenze non sono gli oggetti, ma apparenze
soltanto, cio segni di realt e di rapporti reali sui quali saremo sempre alloscuro. Dallosservazione accurata
di questi segni noi possiamo passare ad una classificazione dei medesimi ed questo il compito speciale della
fisica; ma i contenuti e i rapporti che cos si vengono a determinare e che si pensano valere per la realt in s,
non costituiscono in alcun modo una presentazione percettiva della realt in s. Cos W. Helmholtz (115).
Noi non scambiamo lapparire con lessere, e qui siamo daccordo con lH.; e siamo pure disposti ad
accettare la terminologia secondo la quale i contenuti fenomenali sono se|gni dei contenuti ontologici, solo
che occorre precisare il senso da dare qui a segno e segnato. Husserl ha notato, reagendo allo psicologismo
a cui si ferm lHelmholtz, che segno ha un significato molto oscillante e pu essere inteso in sensi diversi.
Cos p. es. una parola pu esser segno di una certa idea: qui segno ha indicazione esteriore e simbolica; i
primitivi, nel loro modo grossolano di pensare, materializzano ogni atto spirituale ed identificano la parola con
il pensiero, attribuiscono ai nomi ed alle formule dei poteri magici puramente spirituali di espressione, di
creazione, di dominio sopra lessere. Bench sia un fatto che il pensiero concreto si eserciti in dipendenza,
spesso assai stretta, dei meccanismi verbo-motori, la parola non il pensiero, perch noi possiamo dire la parola
che vogliamo e pensare a cose che nulla hanno a che fare con le parole che diciamo, anzi possiamo pensare
senza proferire parola alcuna. I segni non sono tutti manifestativi della realt: gli arbitrar, come la parola e
tutti quelli propr della vita sociale esteriore, non sono che segni esteriori. Segni cio indicativi, non espressivi
7
.
Altra cosa il segno come puro indizio, altra il segno che lespressione della cosa stessa; non si pu
confondere Anzeichen e Ausdruck, Beweisen e Hinweisen. Quando io vedo il gorgogliare della pentola sul
fuoco, ho il segno che lacqua bolle: qui il segno veramente manifestativo del nuovo stato fisico acquisito
dallacqua, il calore: ne espressione, contiene in s il poich (weil), non soltanto lindicazione. Pu darsi
che nei casi particolari la distinzione fra i due significati di segno diventi meno netta e alle volte incerta;
tuttavia lesistenza di questo duplice uso o significato di segno fuori di dubbio. Helmholtz nelluso di
segno aveva certamente in vista il secondo significato, quello di espres|sione: le apparenze sensibili non sono
pure indicazioni della realt nascosta, come le parole per il pensiero o le frecce di un indicatore stradale
dellitinerario, ma espressioni e segnalazioni (Anzeigen) sue proprie in quanto contengono la motivazione
reale della persuasione di realt che suscitano nella coscienza: sono gli effetti che le cose sensibili producono in
noi, come il gorgogliare dellacqua leffetto (manifestativo) del calore sullacqua
8
.|
La realt del calore resta nascosta: essa presenta il gorgogliare, come la causa si rivela per leffetto: per
questo il realismo critico, e quella parte della filosofia moderna che fuori della tradizione conserva o ritorna al
dualismo, qualifica loggetto e la realt in s come trascendente, come mediato, almeno per lapplicazione che
vi si fa del principio di causa.
Ma il vantaggio che pu avere in sede critica luso fatto dallHelmholtz, sopra quello rozzo dei primitivi,
nella funzione semantica, svanisce in sede metafisica. Anzitutto non si sa come si possa far uso della causalit,
prima di aver raggiunto la realt in s che sta a fondamento della causalit; lo stesso rapporto di causalit,
considerato in se stesso, prescinde dalla funzione intenzionale, e la implica allora e soltanto in quanto
riconosciuto essere in precedenza connesso con la medesima. Senonch dipendenza e somiglianza, in sede
gnoseologica, non sono convertibili, e meno ancora la causalit precede percettivamente la realt assoluta, come
sostanza dei fenomeni; piuttosto la somiglianza fenomenale che precede e fonda la determinazione fenomenale
della causalit.
La digressione, che forse parr superflua, ha il vantaggio di renderci conto unaltra volta della portata
essenziale della intenzionalit, nel suo significato primario, per la fondazione di una possibilit della metafisica
del reale, come tale. I contenuti fenomenali sono anche contenuti reali, o meglio, possono esser riconosciuti tali
entro alcuni limiti. La realt nel senso proprio il contenuto che lintelligenza, nel suo atto originario di
apprensione, fa presente a se stessa; unicamente lintelligenza che afferra la realt. Ma lintelligenza stessa
non afferra la realt che nellesperienza; i contenuti di esperienza hanno, quindi, un riferimento immediato
allessere, in quanto e nella proporzione in cui restano sotto la presa dellintelligenza che deve oggettivare
nellesperienza i propr contenuti. Esperienza e realt non stanno quindi, anzitutto e come tali, nel rapporto di
effetto e causa, ma in un rapporto assai pi intimo: in quello appunto di segno e segnato nella accezione
pura dei termini che di immagine formale e realt, o meglio di presentante e presentato. La realt, che |
loggetto intelligibile e di cui si occupa la metafisica, non fuori di quella che loggetto dellesperienza, ma
dentro di essa. Qui il dentro non ha significato spaziale, ma gnoseologico. Gli oggetti di esperienza si
possono voltare, rivoltare, smembrare, sbucciare e daranno sempre contenuti sensoriali; lessenza di cui si
occupa la metafisica si trova subito l ove lintelletto apprende qualche aspetto di realt. Qualsiasi contenuto
sensoriale che si faccia presente alla mente, si offre ad essa come una forma e con un grado di realt; come una
essenza, qualcosa che . Tosto che qualche contenuto acquista, per lesercizio dellesperienza, una certa
consistenza nellordine fenomenale, ne acquista una corrispondente nellordine ontologico. Le determinazioni
oggettive fenomenali sono doppiamente solidali con quelle ontologiche: perch sono lunica via che, per noi, ad
esse conduce; e perch ricevono dalle medesime la garanzia definitiva dei propr contenuti.
Qualcosa che : ecco il primo contenuto che arriva allintelletto ed anche linizio della metafisica.
E come c una progressione fenomenale, cos c una progressione metafisica nellassimilazione
dellesperienza. Quella tende ad assicurare la consistenza della struttura esteriore, questa a rivelare la struttura
interiore intelligibile; quella si sviluppa con la conservazione dei caratteri riconosciuti come appartenenti,
mentre abbandona quelli estranei; questa avanza secondo una determinazione intrinseca alloggetto, secondo
che si rende sempre pi ragione di ci che , e del come esso sia e del come debba essere.
La progressione metafisica si sviluppa per un processo di apprensione distintivo-analitica; quella
fenomenale, piuttosto verso unapprensione distintivo-sintetica e la sintesi fenomenale il supporto per la
distinzione metafisica; e lo tanto per la determinazione del ci che , ovvero dellessenza, quanto del come ,
cio del modo di essere. La determinazione dellessenza avviene gradualmente a partire dalle qualificazioni pi
vaghe, fino a quelle proprie e poi, se possibile, fino alle essenziali intime. In questa progressione il ci che
si arricchisce semplificandosi; e pi si va sfrondando il complesso oggettivo| esteriore, pi simpone quasi in
trasparenza lessenza delloggetto. E lessenza, una volta afferrata, lo per sempre e si pone al centro
dellattivit conoscitiva come principio per nuovi approfondimenti, e come ragione di quanto lesperienza ha
trovato o pu trovare. a questo modo che per una coscienza matura lapparire di solito una rivelazione
dellessere come la espressione esteriore della natura in s. Ed i dati fenomenali, che sono dellesperienza
lespressione esteriore, suggeriscono alla mente il contenuto interiore immediatamente, cosicch la percezione
nel suo progredire tende sempre pi a spostare lattenzione mentale dal Blick-feld verso il Blickpunkt
intenzionale, dalle apparenze alla realt e dallesterno allinterno di essa.
Questa progressione noetica assai visibile nel linguaggio concreto che riferisce sempre situazioni di vita
vissuta e valori reali, e ben raramente qualit sensoriali neutre. Lo ha dimostrato il KLAGES in misura
abbondantissima.
In un capitolo intitolato: Qualit dimpressione al servizio della rappresentazione dellessere viene
presentato a quei lettori, per i quali in qualche modo riesce ancora nuovo il fatto della applicabilit simbolica fra
i diversi campi delle situazioni reali, un piccolo campionario di locuzioni caratteristiche il cui evidente senso
primitivo appare dalla sola considerazione dei termini. Di corte vedute, di ampie vedute, chiaro, acuto
indurito, ossificato, impietrito, inchiodato stravolto, matto, accecato teso, costante, sfrenato, dissoluto
mosso, scosso, commosso, vincolato raccogliersi, lasciarsi andare, compromettersi entrare in s, prendere
posto, ritornare in s, uscire di s, essere di buon umore stato danimo ondeggiante, animo volubile, facilit
allo sviamento, variabile secondo il tempo, raccolto volgere il proprio animo, concetto confuso pieghevole,
conciliativo, pieno di abnegazione, non inclinato, riservato, misurato, negativo, condiscendente, sdegnoso,
repellente sentirsi raffreddato, mostrare una faccia dura, voltare la schiena a qualcuno essere pettoruto,
millantatore, affettato, con aria dimportanza, gonfio, borioso irascibile, impetuoso, indignato simulazione
rozzo, incolto perdersi dietro ad| una cosa penetrare in qualcuno portare una spina nel cuore, aprire il
proprio cuore con qualcuno, prendersi a cuore qualche cosa, non aver cuore, senza cuore fare a modo proprio,
mettersi in testa qualche cosa, rompersi la testa, perdere la testa, senza testa, con la zucca vuota, testardo
pregiudiz ostinati...
9
.
La determinazione dei modi di essere senza dubbio parallela a quella delle essenze ed in un certo senso
provocata e fondata dalla medesima. Ai fini della vita e della scienza non basta sapere cosa c, ma interessa
non meno il decidere come c.
2. LA FENOMENOLOGIA DELLA SOSTANZA
a) Caratteri fenomenali della sostanza
Si visto che la divisione dellessere reale in sostanza e accidenti operata dallintelletto in dipendenza dei
dati fenomenali onde rendere intelligibile ci che secondo il modo di essere che ad esso compete. Il
carattere fenomenale di realt in generale (la Dinglichkeit) di terminare il pensiero e la conoscenza: il porsi
di contro al pensiero (dem Denken gegenberstehen - intenzionalit). Ma tale carattere nulla dice per s intorno
al modo di essere. Il modo di essere invece indicato dal carattere di fondamento, di sostrato; pi ancora in
quello successivamente e ontologicamente puro di sussistere: la fenomenologia della sostanza non quindi
che la continuazione immediata di quella di realt.
La realt in quanto si pone di fronte al pensiero ci che sta in s (An sich bestehen): ora ci che sta in s,
in senso pieno, la sostanza. La filosofia moderna ai suoi iniz ha una manipolazione propria della nozione di
sostanza, la quale responsabile non poco delle riduzioni successive sia ontologiche (Spinoza, Leibniz), sia
gnoseologiche (Locke, Berkeley,| Hume e infine Kant). Nelle riduzioni gnoseologiche la sostanza segue le
sorti della realt, come essenza; e cos doveva essere, poich in tanto possibile concepire una sufficienza nel
campo ontologico reale, in quanto dato un nucleo di sufficienza reale in quello ontologico formale.
Lempirismo ha soppresso questunit formale profonda quando ha negato le idee astratte; perduto cos il
principio di ogni consistenza nozionale e reale, per la smania di ridurre tutto alla evidenza di percezione, si
ridusse come tocc, per la sua confessa testimonianza, a Hume a distruggere i fondamenti della stessa
percezione. Noi conosciamo solo le apparenze, le propriet esteriori; la sostanza, che le sostiene dallinterno, ci
resta sconosciuta. Locke afferma, con Aristotele, che le nostre idee vengono dallesperienza, e conserva ancora
tutta la terminologia tradizionale, ma il contenuto dei termini allultimo limite di depauperamento. Berkeley
passa alla negazione esplicita delle idee astratte, ma ritiene per incongruenza ancora la persuasione sulle
sostanze, almeno in quelle spirituali, dellanima e di Dio. Tocc a Hume di raccogliere i frutti della coerenza
piena riducendo la sostanza alle propriet dellesperienza attuale, cio al fascio delle impressioni ed idee di
percezione secondo che lAssociazione le riunisce in gruppi fenomenali di una certa consistenza
10
.
Kant volle reagire contro tale nullificazione dellantica nozione di sostanza. vero, egli concesse a Locke,
che la sostanza non data dalla percezione; ma potrebbe darsi, come ha prospettato Hume, che la natura abbia
anche altre risorse oltre quelle che pu ricevere dallesperienza; la sostanza un contenuto di unificazione a
priori del molteplice che la mente aggiunge alle percezioni. La nozione di sostanza deve restare, a patto che
sia trasformata e non significhi pi un modo di essere che sia radice di unit reale del molteplice, ma un
modo di pensare lunificazione del molteplice disperso della percezione.
La posizione di Kant, vista da questo angolo, non regge| e va riveduta perch il suo punto di partenza,
lanalisi humiana della percezione, tuttaltro che indiscutibile; e se Kant la accett con un acquiescente come
Hume ha dimostrato, ci non depone a favore del suo acume critico.
Lanalisi fenomenologica tiene, come punto di partenza, la conclusione che la nozione di sostanza in tanto
oggettiva, in quanto lesperienza, sia interna come esterna, presenta dei contenuti appropriati che la fondano nei
suoi var aspetti.
Per il MAIER, la cosa che nel pensiero spontaneo si pone di fronte al pensiero, pu essere indicata attraverso
tre momenti:
a) come un tutto indiviso ed unitario nello spazio,
b) come ci che permane nel tempo,
c) come ci che sussiste di fatto; ove i contenuti qualitativi diffusi nello spazio e nel tempo sono
compresi come inerenza, come attuazioni inerenti, affezioni, propriet e forze
11
.
Fenomenologicamente questi contenuti, dato che il tempo e lo spazio si trovano ad un medesimo livello
percettivo, possono esser raccolti sotto il carattere comune di continuit che li abbraccia entrambi. Restano cos
due caratteri fondamentali, la continuit e la sussistenza. Fra i quali, per, da introdursi un terzo, la sostanza
come essenza principale: in quanto essa lessenza principale che continua nellordine fenomenale e
sussiste in quello logico-reale.
Con maggior finezza e senza residui kantiani, lo Stumpf qualifica la sostanza come:
a) il nucleo indiviso e unitario nella molteplicit della propriet.
b) ci che permane durante i cambiamenti.
c) il principio che porta e sostenta le propriet
12
. Comunque, le due classificazioni sostanzialmente si
combinano.
Unosservazione generale: queste tre caratteristiche esprimono tre aspetti originali di un unico contenuto; e
siccome| poi la sostanza il modo di essere perfetto rispetto a quello dellaccidente, perch la sostanza il
primo modo della realt, pi alto il grado di perfezione della realt, pi intima ed in s riunita la perfezione e
la sufficienza della sostanza. Losservazione ricca di sviluppi di cui si far un accenno a suo luogo.

* * *

b) La sostanza come continuit e permanenza
Il primo e pi fondamentale carattere che Aristotele ha dato alla sostanza quello di sostrato (u :es.t .|e|),
che egli aveva gi visto implicito nella speculazione degli Ionici intorno al primo principio della natura; perfino
Eraclito e gli atomisti, nonostante laffermazione del dinamismo universale evolutivo, avevano indicato nel
fuoco e negli atomi un contenuto pi profondo ed immutabile di realt
13
.
Sotto questo aspetto, nellaristotelismo detta sostanza la materia rispetto alla forma, perch quella resta e
questa si pu cambiare. Il significato di sostanza-sostrato resta per precario ed iniziale. La sostanza il modo
di essere pi perfetto, cio sufficiente nel suo ordine e non pu certo realizzarsi nella materia che il principio
puramente passivo ed insufficiente sotto ogni aspetto. Il permanere, di cui si parla, dice anche e soprattutto
perfezione e distinzione; ora, principio di perfezione o distinzione la forma; la forma dunque, intesa come il
contenuto ontologico della specie, pure sostanza bench non si attui in natura che sul sostegno della materia.
Il carattere di sostanza pi evidente per noi nel sinolo di materia e forma, lessenza concreta che dura
mentre cambiano i suoi caratteri esteriori
14
. Perci il permanere ed il| durare appartiene alle sostanze materiali,
considerate nella composizione di materia e forma assieme alle propriet, rispetto alle altre qualit pi o meno
labili. Si verifica cos, nella determinazione del primo carattere della sostanza, la tensione dialettica che
accompagna ogni posizione metafisica. La nostra mente porta in tutti i suoi concetti una zona chiara ed una
oscura: chiara quella che viene dalla emergenza del contenuto intelligibile, oscura quella ove lintelligibile si
riferisce al sensibile. Loscurit inevitabile per il fatto che lintelligibile ed il sensibile restano sempre
incommensurabili e se in noi luno esige di esser sostentato dallaltro, ci importa per il contenuto superiore una
degradazione o affievolimento dintelligibilit. Cos ogni nostro concetto metafisico, come esprime da un lato la
perfezione, cos dallaltro coimplica unimperfezione anche se questo dualismo possa essere transitorio e il
progresso della riflessione riesca ad attenuarlo od anche abolirlo. Si hanno allora le cos dette nozioni pure o
perfezioni assolute, le quali esulano dalla modesta competenza della fenomenologia. Laccenno che ne abbiamo
fatto per istruttivo, poich ha da metterci in guardia contro le semplificazioni a cui pu spingere il soverchio
ottimismo nella interpreta-zione dei dati immediati.
La sostanza, se u :es.t .|e|, anche, e soprattutto, sussistenza, sufficienza nellesistere.
Ci rivela lesigenza dualistica che intrinseca alla nostra nozione di realt. La continuit spazio-temporale,
vista sul piano fenomenale, gi labbiamo considerata bifronte. Dal punto di vista della specificazione essa
qualcosa di generico, e di potenziale, ed veramente il sostrato sul quale appaiono le qualit esteriori. Ci che
veramente latto, qui, sono le qualit sensibili differenziali, ed i sensibili comuni (il continuo) in tanto sono
percepiti, in quanto latto di natura sua e quindi anche sul piano fenomenologico inseparabile dal proprio
soggetto.
Dal punto di vista della consistenza fenomenale sono i sensibili comuni che simpongono, e perci il primo
problema della percezione (e della conoscenza) quello del continuo. Men|tre le qualit differenziali sono ci
che sono una volta per sempre, i sensibili comuni invece portano con s un certo grado di struttura interiore e
sono suscettibili di progressione fenomenale, in quanto a forme confuse e prive di significato succedono
forme sempre pi distinte e qualificate.
Ma come avviene questa progressione? Con il progredire dellesperienza: circolo vizioso! Non lo , se
facciamo intervenire lintelligenza, la quale per mezzo della cogitativa solidifica le strutture negli schemi
percettivi e opera le prime classificazioni di valore. In qual modo? non altrimenti che per un riferimento ai
contenuti di vita vissuta, nella quale soltanto giocano una parte notevole i sensibili propr, in quanto sono le
caratteristiche pi pregnanti e utili ai fini della vita; e soprattutto perch lo stesso atto del sussistere, come
esercizio attuale dellessere, ha per punto dappoggio gnoseologico il fatto sensoriale primario. Quindi anche
qui da richiamare il principio di complementarit.
La sufficienza nellessere la perfezione propria dellente sostanziale. Sussistente ci che sta ed esiste in
s; pi un essere sta a s ed in s, e pi ad esso compete la qualifica di ente sussistente. Sar perci al pi alto
grado di sussistenza lessere che sta completamente in s, nella semplicit assoluta di un unico contenuto; e
questo lEssere divino, sussistente per s. Gli altri esseri creati partecipano di questa perfezione del sussistere
secondo che realizzano una sintesi ontologica di minore composizione e di maggiore intimit, cosicch in questo
senso gli esseri, che hanno la materia ed hanno una maggiore complessit ontologica, meno partecipano della
sussistenza.
La digressione era necessaria poich qualcuno potrebbe esigere che la permanenza, che il carattere della
sostanza, debba necessariamente verificarsi secondo una estensione temporale rispetto ad ogni sostanza
individua, in modo che un essere che non fosse capace di durare, non sarebbe da dirsi sostanza. Gli esseri
materiali si distinguono dagli spirituali proprio per una maggiore labilit, che li riguarda come singoli; la natura
infatti sempre in una condizione di equilibrio instabile e gli esseri succedono agli esseri, le sostanze alle
so|stanze. Un essere pu durare perci un istante, nella sua individualit, p. es. una molecola di H, e sarebbe
ancora da dirsi sostanza: si dica altrettanto di un ente che fosse da Dio annientato nellistante seguente alla
creazione.
Il fondamento fenomenologico della sostanza, come continuit e permanenza, ha perci da abbracciare
ambedue gli aspetti, tanto di sussistenza, quanto di sostrato: e pi quello di questo.
La fisica generale si occupa dei cambiamenti di stato, p. es. di liquefazione, fusione, sublimazione... nei quali
una sostanza pu cambiare secondo alcune propriet esteriori, conservandone altre pi profonde: Cartesio
portava lesempio della cera che si scioglie al calore e nondimeno mantiene le caratteristiche della cera. La
fisica moderna parla di costanza delle forme di struttura (molecolare, atomica).
La biologia descrive lo sviluppo delluovo e dellembrione attraverso una complessit e variet di stad che
supera ogni immaginazione: eppure il risultato assicurato in modo infallibile. Bench sia quasi impossibile
precisare qui cosa rimanga, qualcosa deve rimanere che sia ragione dellinfallibilit del risultato. Certamente ci
che qui rimane e che continua non una materia numericamente una ed identica: non certo quella visuale,
soggetta com al potente ed irresistibile dinamismo del metabolismo embrionale. Dire che ci che permane
un contenuto ideale, qualcosa come ein Ding fr sich (Driesch), non ha un senso pi chiaro. Occorre fermarsi
al fatto: il tal uovo dar sempre il tal animale: bench muti la materia e la forma (fenomenale), qualcosa
continua che la sostanza; eppur questo qualcosa non fuori della materia e della forma che cambiano.
Mistero profondo: ma per ora procediamo.
Nellambito della vita ordinaria possiamo assistere al durare di qualit sensoriali, anzi produrlo noi stessi
come lo squillo di una tromba, il suono di una voce, anche della nostra. Le figure cromatiche e tonali restano
costanti, anche se si cambiano i colori od i suoni assoluti (Transponierbarkeit).
Possiamo sperimentare il durare dei nostri stati soggettivi con tale intensit, che nessuna distrazione esteriore
o intromis|sione di altri pensieri od immaginazioni riesce a sopprimerlo.
Lesperienza non pertanto meno ricca di fenomeni di continuit e permanenza, di quello che non sia per la
mutazione. Il principio fenomenista e razionalista secondo il quale lesperienza non ci fa assistere che ad una
successione caleidoscopica di atti istantanei, un luogo comune che sacrifica levidenza dellosservazione
spontanea e scientifica. I contenuti fenomenali sono soggetti alla contingenza e non sono eterni, tuttavia ci non
esclude che abbiano una propria dimensione esistenziale. Ma non sarebbe la dimensione esistenziale un dato
mediato, il frutto della sintesi psichica?
Secondo le analisi dello Stumpf e del Brentano, la percezione del continuo temporale, non diversamente da
quella del continuo spaziale, sorge per una funzione di contrazione e rientra in quella organizzazione primaria
che Aristotele attribuiva al senso comune ed alla fantasia. La funzione di questa contrazione rientra senza
dubbio nellambito dei processi psicofisici che fondano lapprensione dei sensibili per s e va distinta dal
riferimento temporale esplicito che si ha nella memoria, il quale appartiene alla organizzazione primaria ed
propriamente un processo psicologico. in questa seconda fase della elaborazione psichica che si stabiliscono
le costanti fenomenali, le invarianti o schemi i quali sono come virtualit permanenti secondo le quali gli oggetti
del mondo si segregano davanti alla mente in essenze e sostanze.

* * *

c) La sostanza come principio di unit nella molteplicit
Noi disponiamo di presentazioni fenomenali (Erscheinungen) le quali non sono un semplice fascio di
propriet, ma offrono spesso un tutto unitario intuitivo concreto
15
.|
La critica allatomismo psichico ha mostrato che le percezioni sensoriali non ci presentano qualit isolate,
come sono il colore dello zucchero e la sua dolcezza, ma un tutto percettivamente organizzato e fornito di
attributi costanti.
La teoria della monade che attribuisce alla sostanza, come primo costitutivo, la semplicit assoluta, potr
forse giustificarsi a priori: sul piano fenomenologico e non si sa perch quello metafisico abbia da contraddire
la monade unastrazione e deve lasciare il posto ad una forma di realt, realizzata per lunit nella
molteplicit come Gesamtsubstanz appunto per via della organizzazione. E la organizzazione fenomenale da
supporre che sia la manifestazione della organizzazione ontologica.
Gli attributi fenomenali formano un tutto percettivo, non una somma od un fascio, e solo lanalisi li pu
considerare a parte, per rilevarne i contenuti propr agli scopi dellindagine scientifica
16
.
Il sensismo, che ha voluto cavare tutte le nozioni dallesperienza, non ne ha scrutate a sufficienza le risorse; i
seguaci dellapriorismo sono passati sopra allanalisi fenomenale con troppa disinvoltura. semplicemente
falso che i sensi ci presentino sempre elementi dispersi, puri ammassi di impressioni senzordine e
connessione. Lo stesso campo visivo si presenta fin dallinizio come avente una organizzazione e non ci resta
altro da fare che rilevarne le parti e constatarne lordinamento intrinseco. La psicologia moderna ha da liberare
la teoria della conoscenza da non poche superstizioni, che molti si ostinano a credere intangibili. La principale
la distinzione kantiana di materia e forma nella percezione sensoriale: la dottrina che lordine nelle
percezioni sensoriali dipenda essenzialmente da forme a priori, non ha altra base che il concetto humiano della
percezione.
Lunit nella molteplicit attestata a suo modo, con pregnanza ancor maggiore nella percezione interiore,
nella unit| di coscienza. un fatto che possiamo aver presente allo stesso tempo una molteplicit di contenuti
e di stati di pensiero, sentimento, volere, i quali sperimentiamo esser dati tutti allidentica nostra coscienza. Qui,
a differenza dei complessi esteriori, lunit o inscindibilit non solo presentata, ma attivamente vissuta con
assoluta certezza. Nella vita immediata il tutto interiore presenta, in un vincolo di unit, quello della
coscienza, tanto che alcuni filosofi hanno visto in questa unit di coscienza il prototipo per la fondazione della
nozione di una sostanza
17
.
Il fatto caratteristico che fa della sostanza il principio unitario spiega anche come ad essa competa di essere il
portatore delle propriet. Ci ha molta connessione con quello di sostrato permanente e da esso si distingue
in quanto aggiunge alla pura funzione passiva di sostrato, quella di unificazione delle propriet nella sintesi
reale, in modo che la sostanza sia un tutto e non una somma od unaccozzaglia casuale. questo significato
che pi direttamente suggerito dalle costanze fenomenali e che insieme interessa pi da vicino la riflessione
metafisica.

* * *

d) La sostanza come lessenza della cosa
Se la realt ci che , un contenuto in atto, e la sostanza il primo modo di realt, la sostanza la prima|
essenza sulla quale si hanno da piantare tutte le altre categorie
18
. in quanto essa la prima essenza che appare
come un tutto unitario, ci che porta le altre determinazioni, ci che permane nei cambiamenti. Se la
fenomenologia pu venire in aiuto per lultima determinazione ontologica della sostanza, deve introdursi nella
comprensione di quel contenuto formale primario che radice e principio di specificazione intelligibile di
quanto si pu aggiungere allente in concreto.
Ora, si sa, lesperienza ammette varie descrizioni secondo che si parte dallanalisi spontanea o da quella
scientifica. evidente che il metodo adeguato ad una determinazione di essenza dovrebbe unire tutti i contributi
consistenti che si possono avere dalle varie analisi possibili di un oggetto, ed proprio qui che sorgono le
difficolt: poich nella scienza moderna lanalisi di un campo pare spesso in contrasto con quelle di altri. Da
Galilei in qua, la fisica moderna concepisce le qualit secondarie come reazioni soggettive di una unica realt
oggettiva, il movimento locale, cosicch lo stesso concetto di qualit, che fondamento per la determinazione
di essenza, viene a mancare. Si visto per che lagnosticismo fisico non pu avere in questa parte che un
significato metodologico e non ha alcun diritto di trasformarsi in criteriologico. Le qualit sensoriali sono
mantenute nella chimica, nella scienza degli organismi e nella stessa psicologia quando si descrivono le
propriet, le strutture, le abitudini e disposizioni, le indoli ed i caratteri.
Il complesso di tali propriet non si presenta con un ordinamento rigido ed uniforme, ma secondo gradi di
maggiore o minore appartenenza, che la logica aristotelica ha classificata nella dottrina dei predicabili con la
distinzione di caratteri essenziali, propr e accidentali. I primi sono costitutivi dellessenza; i secondi
laccompagnano necessariamente in quanto sono emanazioni dei primi; i terzi sono estrinseci tanto allessenza
come allessere, possono cio variare senza che la cosa venga intaccata nella sua essenza. La scienza ha trovato
una| classificazione simile. Si distinguono i caratteri es-senziali, quale la combinazione atomica p. e. nelle
molecole di H2O; le propriet, come la valenza chimica, il punto di congelamento, di fusione, la conducibilit
elettrica; infine le qualit accidentali, quali la tale e tanta quantit, la posizione nello spazio, le connessioni con
gli altri corpi
19
.
Si pu dire di conoscere una sostanza soltanto quando si riesce a percorrere di uno sguardo mentale
litinerario che si diparte dalle qualit esteriori e termina a quelle essenziali: a questo tende linduzione fisica.
La sostanza allora non soltanto e soprattutto il portatore delle propriet, come soggetto, ma un contenuto ad
esse anteriore ed in s pi reale; e la sostanza-essenza non propriamente il Tutto ovvero una molteplicit
unificata, ma il fondamento ultimo ed il nucleo di tale unit. Quindi le indicazioni fenomenali, siano esse
considerate nel piano dellesperienza come dellanalisi scientifica, non coincidono per s con la essenza
metafisica, ma ne sono soltanto espressioni ed indicazioni. Quando queste vanno intese, propriamente, come
espressioni adeguate e non come sempli|ci segni, allora si pu dire di aver afferrato il nucleo essenziale.
Di qualit in qualit e di propriet in propriet, si cerca di avanzare come si pu nel labirinto della natura.
Nella chimica moderna basta conoscere il posto che occupa un elemento nel sistema periodico per dedurne a
priori la struttura atomica e le propriet. Tale possibilit si ha in grado minore nelle altre scienze della natura, p.
es. nella biologia, nellanatomia comparata ed in genere nelle scienze descrittive e sistematiche che si applicano
alle classificazioni reali, e non certamente questa la condizione della conoscenza teoretica della sostanza. La
difficolt, come la dignit della conoscenza teoretica, viene da ci che essa non si pu limitare n ai dati
fenomenali, n a quelli dindagine scientifica che sono il risultato di unelaborazione combinata di contenuti
fenomenali, di osservazione pi raffinata, e di princpi sistematici; e tanto meno pu essere una sommazione
grossolana di ambedue
20
.
La conoscenza teoretica include un passaggio, o meglio un estendersi della mente al di l e al di sopra dei
contenuti fenomenali, tanto desperienza interna, quanto desperienza esterna, e sia danalisi spontanea, come
danalisi riflessa; passaggio che fondato, od anche suggerito, da tali analisi ma che insieme deve superare. Il
superamento ed il passaggio si ha quando la mente coglie nelle presentazioni fenomenali la ragione di essere,
per cui essa realt sta in s ed ragione delle altre determinazioni
21
. Di questa struttura ontologica, i con|tenuti
fenomenali non possono offrire che abbozzi e analogie, mai rispecchiarla adeguatamente: come se dicessimo
che la sostanza sta alle sue qualit, come lestensione al colore, come lunit di coscienza alla molteplicit
attuale e successiva degli stati ed atti psichici. Ma la sostanza non lestensione, n lunit di coscienza: fin
quando il meccanicismo ed il panpsichismo non riescono a fondare meglio il proprio punto di vista. Il fatto che
la conoscenza delle essenze non isolabile da quella delle propriet non significa n che tale conoscenza un
mito, come ritiene lidealismo dopo Kant, n che essa coincide e si disperde senzaltro con quella delle
propriet, come difende il fenomenismo.
Lanalisi fenomenologica e la scienza moderna rigurgitano di dati, di costruzioni, dinterpretazioni; la
considerazione filosofica trae da questi progressi dei vantaggi reali indubbiamente, ma non sempre
proporzionati al progresso scientifico. Per quello che riguarda il nucleo ontologico della realt, pare anzi che
lanalisi scientifica poco o nulla possa aggiungere a quella fenomenologica ordinaria: lessenza della vita pu
ben essere afferrata, in forma iniziale, anche senza la conoscenza delle funzioni vitali che la biologia,
lembriologia, la fisiologia e la biochimica oggi ci descrivono.
Tutto questo pu contribuire a portare le nostre prospettive fenomenali ad un livello di precisione maggiore e
ci potr anche aiutare per la classificazione in concreto delle varie sostanze e della loro storia; ma non pu
coincidere con lapprensione intelligibile della sostanza. Si ha qui veramente una certa| forma di
Wesensschau, un fissarsi immediato dellintelletto sopra la struttura dellessenza come atto intelligibile, per
cui essa compresa essere qualcosa in s dunitario e capace di sostenere in s, come atto proprio, latto suo di
essere e le qualit accidentali. Le cose stanno come se lo sguardo intelligibile, che apprende lessenza, la trovi
al di l della scorza fenomenale e si sforzi di vederla in trasparenza: Intellectus procedit ad cognoscendam
quidditatem uniuscuiusque rei... per ea quae quis sensu percipit; sicut cum per sensibiles qualitates alicuius rei
concipio illius rei quidditatem
22
. Per la mente la essenza si realizza come unarmonia intelligibile che sta al di
sopra delle strutture fenomenali di qualsiasi grado. dessa lapprensione della coerenza interna dellessere: per
comprendere che luomo un animale ragionevole non necessario lo studio sistematico della fisica e delle
scienze biologiche, psicologiche, filosofiche e teologiche, ma sufficiente uno sguardo, diligente certo ma non
straordinario, che diamo con gli occhi del corpo allesterno e con quelli dello spirito allinterno. Due sguardi
che sono alla portata di ogni coscienza normale, disciplinata tuttavia.
La conoscenza metafisica, come si dir con pi agio nella conclusione, si pone ad un livello o piano
concettuale, rispetto al quale tutte le altre conoscenze, pi che essere fondanti, appaiono fondate, se vero che
lessere, in quanto essere, precede e vale di pi dellessere in qualche particolare modo, come lo studia la
scienza.|

* * *

e) La progressione della nozione di sostanza
Finora la fenomenologia della nozione di realt e di sostanza ha dovuto limitarsi allanalisi delle funzioni, a
partire dalla presenza di contenuti percettivi ormai costituiti e che sono alla loro volta solidali dellambiente
soggettivo ed oggettivo in cui si vengono a trovare. Ma come vengono ad emergere la prima volta gli oggetti nel
campo della coscienza? quali sono i periodi e le crisi storiche pi salienti nel divenire?
Secondo le ultime ricerche del PIAGET, lo sviluppo della nozione di realt procede nel bambino, durante i
primi mesi dellesistenza, da una forma di solipsismo pratico iniziale alla costruzione di un universo di cui il
soggetto stesso si riconosce come elemento
23
. Allinizio manca ogni distinzione evidente di realt e di irrealt, di
soggetto ed oggetto: tutto si trova indeterminato e inafferrabile. Loggetto non ancora che il quadro
sensoriale che resta a disposizione degli atti; loggetto ci a cui termina lattivit soggettiva, non sentito e
percepito che in quanto si trova legato ai dati pi immediati e soggettivi dellattivit sensorio-motrice; un
prodotto dellazione. Al termine dello sviluppo (18 mese circa), al contrario, loggetto concepito come una
sostanza permanente, indipendente dallattivit dellio che deve anzi sottomettersi ed accettare le condizioni
delloggetto; il soggetto non occupa pi il centro del mondo assorbendolo; ma, allargando la prospettiva, pone
se stesso come un oggetto fra gli oggetti, cio come una parte integrante del mondo che egli ha percettivamente
costruito man mano che si venuto liberando dalla prospettiva propria. Cos, come per lo spazio, anche per la
realt si assiste ad una progressione fenomenale che una segregazione oggettiva che si matura nel commercio
e nella lotta che il bambino impe|gna per soddisfare i bisogni biologici fondamentali.
Nel primo contatto fra il soggetto e lambiente (stadio dei riflessi) non si pu ancora parlare di coscienza
delloggetto; vi si riscontrano, vero, dei processi di ripetizione, generalizzazione e di riconoscimento, ma tutto
questo non arriva a dissociare lazione stessa dal suo punto dapplicazione che loggetto. Il problema
dellindipendenza e della permanenza delloggetto comincia a porsi con lesercizio di ricerca degli oggetti
nascosti: un oggetto desiderato, che viene sottratto dal campo visuale, suscita presto il bisogno della ricerca
attiva e provoca lo sforzo di accomodazione e lattuazione degli schemi anticipati. Il mondo rappresentativo
comincia a perdere la sua rigidit e a farsi plastico, bench si tratti soltanto di tentativi elementari poich il
bambino non ricerca loggetto che al punto dove lha visto disparire senza portarsi oltre; loggetto resta ancora
legato allorigine soggettiva.
La dissociazione delloggettivo dal soggettivo e di conseguenza la permanenza delloggetto si accentua
quando (al III stadio) il bambino riesce a prolungare il movimento di accomodazione nella direzione e traiettoria
osservata: c ormai losservazione delloggetto in movimento, ma non si pu dire che ci sia ancora loggetto
indipendente e permanente. Ci si compie per lentrata in azione di un secondo processo, la considerazione
degli schemi primar multipli, nella quale gli schemi visuali sono controllati da quelli tattili; luso della mano, la
combinazione della prensione con la visione un avvenimento di eccezionale importanza per la nascita
dellintelligenza ed il dominio del mondo. Non si pu dire per ancora che il bambino abbia raggiunto la
nozione di oggetto, di sostanza, come di qualcosa di permanente e di segregato nello spazio: loggetto resta
assorbito dallazione, dalla praticit. Semplice ricerca, allinizio, senza tener conto degli spostamenti dei
gruppi oggettivi; poi ricerca implicante la rappresentazione degli spostamenti non percepiti. La permanenza
reale non sinizia che con questo terzo processo: la ricerca delloggetto scomparso in un universo spazio-
temporale intelligibile. Avendo realizzato la rappresentazione adeguata dello spazio, il soggetto pu| ormai
dominare gli oggetti cos da ritrovarli oltre i dati desperienza attuale e da pensarli perci permanenti,
autonomi (B, 91).
In questo stadio si hanno due fatti di considerevole importanza: il fatto anzitutto che il bambino riesce a
dissociare lazione soggettiva dalla realt a cui essa tende. Loggetto scomparso, nascosto dietro lo schermo,
presenta ostacoli e resistenze che impegnano seriamente tutte le attivit del soggetto e gli fanno sentire la forza
dellopposizione e quindi dellalterit. Di qui il secondo fatto, che lazione propria cessa di essere, come
avveniva nel solipsismo ed egocentrismo iniziale, la sorgente delluniverso esteriore, e resta semplicemente un
fattore fra gli altri: fattore senza dubbio importante, ma non esclusivo. Il bambino pone a questo punto i
movimenti delle proprie membra accanto a quelli dei corpi esteriori, e ritiene che anche questi siano dotati di
una propria attivit che pu essere complementare, antagonista o parallela alla propria.
La progressione fenomenale del mondo infantile conduce con piena evidenza ad una teoria dello sviluppo
che non pu essere rinchiusa in schemi di a priori o di puro a posteriori (associazionismo). Lo sviluppo
infantile procede a tastoni, per tentativi, per costituzione, evoluzione, complicazione di schemi onde si passa
dalloggetto pratico e indifferenziato alloggetto individualizzato e permanente; ci che importa un passaggio ed
acquisto da parte della coscienza. Daltra parte le tappe di questo passaggio non sono raggiunte per caso, per il
gioco di pure esperienze come vuole lempirismo; ma si tratta piuttosto di una comprensione progressiva
delloggetto, di unesperienza che diretta dallinterno in quanto che il bambino, per discoprire loggetto, ha da
organizzare i suoi schemi di movimento ed elabora delle relazioni operatorie, pi che lasciarsi plasmare
passivamente dalla pressione dei fatti.
La soluzione del problema non va cercata nellintellettualismo o nellempirismo puro, nella deduzione o
nella costruzione assoluta, ma in una soluzione intermedia, quella dice il Piaget (B, 94) di una deduzione
propriamente costruttiva. La permanenza delloggetto, per cui si ha la percezione distinta| della sostanza,
dovuta alla deduzione costruttiva che viene a stabilire, dopo il IV stadio, lassimilazione reciproca degli schemi
secondar fatti ormai mobili e che il soggetto pu coordinare a suo talento. Fino a questo momento loggetto
prolunga semplicemente lattivit del soggetto: la sua permanenza puramente pratica e non sostanziale poich
luniverso non ancora stato staccato dallazione, n oggettivato in un sistema di relazioni. Nel II stadio, la
coordinazione degli schemi primar, in particolare la coordinazione fra la visione e la prensione che d origine
alle reazioni circolari secondarie, ha certamente per effetto la esteriorizzazione relativa delle cose; ma fino a
tanto che gli schemi secondar restano globali e indifferenziati, la esteriorizzazione non procede a costituire una
permanenza sostanziale. Fin dallinizio del IV stadio invece, gli schemi secondar diventano mobili cos da
andar soggetti ad unassimilazione reciproca, da potersi combinare in tutti i modi possibili: questo processo di
dissociazione e di raggruppamenti complementar il quale, generando i primi atti dintelligenza propriamente
detta, permette al bambino di costruire un mondo spazio-temporale di oggetti, dotati di caratteristiche e di
causalit propria. Nel V stadio loggetto acquista una propria autonomia nello spazio, una consistenza reale
sostanziale, per cui il bambino va in cerca con sicurezza degli oggetti nascosti ed il piccolo mondo dei suoi
interessi si organizza in una totalit veramente coerente, da cui prende i suoi iniz il pensiero logico sistematico.

* * *

f) Il contenuto della nozione di sostanza
Lanalisi fenomenale ha mostrato che sia Locke come Kant hanno clto un aspetto reale del problema, ma
che la loro rispettiva soluzione ha fallito lintento per aver sacrificato laltro aspetto. La soluzione adeguata
quella che fa della sostanza un contenuto s intelligibile ed originale, ma insieme fondato e sostenuto dai
contenuti fenomenali. Il contenuto intelligibile| la ragione su-periore per cui il molteplice fenomenale
compreso essere unificato. Senonch il molteplice fenomenale non sarebbe suscettibile di unificazione
nellordine intelligibile se non fosse data una forma immediata di unificazione fenomenale, la quale sia vista
immanente ai dati come un contenuto dellordine e della struttura che essi presentano. tale unificazione
fenomenale percettivamente immediata il fondamento per la unificazione intelligibile, la quale a sua volta
vista immanente allunificazione fenomenale come condizione, anzi, ragione, del suo apparire, come dellessere
in s.
La nozione di sostanza rimasta per ancora a mezza via. stata infatti illustrata pi come forma di
essere, come essenza, che come modo di essere; ora, questo secondo aspetto non meno intrinseco di quello.
Anzi lo di pi, in quanto il significato pi proprio di sostanza quello di sussistere, di esercitare latto di
essere e non quello di essere il soggetto, il portatore del medesimo.
Riconosciamo, adunque, che le presentazioni fenomenali possono offrire un fondamento sufficiente, a volte
anche assai appropriato, per la nozione di sostanza come essenza ovvero realt principale. Per essere
nondimeno pienamente fondata, la ragione di sostanza esige che si riscontri nellanalisi fenomenale lesercizio
dellatto di essere, lenergia attualizzatrice dei contenuti formali. Abbiamo noi unesperienza di questo genere?
Senza dubbio: ma bisogna chiarire cosa sintenda o si possa intendere qui per atto di essere. In sede
fenomenologica ripeto che lesistenza il fatto dellesistere e del vivere attuale e di questo siamo certamente
consc, ne possiamo avere una certezza immediata. Latto di essere invece, che detto essere ci che vi di
pi intimo e profondo nelle cose, appunto perch tale, non pu affiorare direttamente nei dati fenomenali, i
quali a suo riguardo sorgono sopra una doppia composizione, di essenza e di esse e di sostanza e di accidenti.
Latto di essere perci contenuto nel fatto e nel dato ed il fatto come reale che percepito direttamente. Di
questo fatto noi abbiamo una percezione immediata. Noi siamo nella persuasio|ne di percepire tanto in noi
stessi, nellesercizio della vita, quanto negli altri esseri, lesercizio della realt; e la nostra conoscenza che
attinge il reale in tanto si distingue da una fantasmagora in quanto questa nostra persuasione, di sperimentare la
realt in atto, fondata.
Quanto stato detto intorno alle percezioni di realt esterna ed interna ed al come si arrivi alla persuasione di
realt criticamente fondata, introduce ora il problema circa la determinazione del contenuto di essere di tali
percezioni.
Occorre confessare che la fenomenologia questa volta ha ben poco da dire: essa si limita ad attestare
limmediatezza di presenza del fatto esistenziale ed il buon fondamento della persuasione di esistenza. In altre
parole lesistenza vista pi dallesterno che non dallinterno: bisognerebbe poter spingere il nostro sguardo,
non solo al di l dei dati fenomenali, ma della essenza stessa per portarlo sullatto in s, nella sua derivazione
dalla causa propria e nella inserzione che riceve entro lessenza che attua. Contemplazione suggestiva che potr
appartenere ad altre creature, ma che a noi negata.
Torniamo al fatto. Risulta che latto di esistere dato tanto per lesperienza esterna, quanto per quella
interna non diversamente dalla percezione di essenza, onde si parla appunto di essenze materiali e di essenze
spirituali, fisiche, biologiche e psichiche.

* * *

Ma il problema lascia ancora degli interessanti margini di indagine. I due mondi, lesterno e linterno, sono
egualmente immediati?
Distinguiamo unimmediatezza di essenza ed una di esistenza, una conoscenza diretta ed una riflessa. Pare di
poter rispondere che nella conoscenza diretta di essenza sia pi immediato il mondo esterno. La natura dellio
non si discopre che in dipendenza del suo autorivelarsi che fa negli atti di conoscenza e di tendenza rispetto agli
oggetti: onde si pu dire che la conoscenza della spiritualit non ha altro sfondo feno|menale che gli atti
spirituali e la specie conoscitiva. La natura dellio si rileva quindi in quanto lanima riflette di proposito sul
termine immanente della conoscenza e non prende un senso esplicito che molto tardi e soltanto presso coloro
che hanno acquistato una certa pratica nellanalisi interiore. Sotto questo aspetto, la corporeit, cio lessenza
delle cose esteriori, precede dico precede, non parlo di penetrazione ontologica cio si fa presente in
actu signato prima della nostra spiritualit, e fenomenologicamente questa, per emergere, ha bisogno di porsi
in contrasto con quella.
Quanto allesistenza pare il contrario. La nostra esistenza ci presente intuitivamente negli atti di
coscienza fin dal suo inizio; e se vero che latto in tanto possibile, in quanto si dirige alloggetto; ossia che il
soggetto in tanto si fa presente a se stesso in quanto si muove per assimilarsi loggetto, altres vero che per
avere la presenza del soggetto a se stesso basta il solo passare allatto e non occorre attendere il termine di esso,
cio lassimilazione come si richiede per loggetto. Essenza ed esistenza stanno quindi per loggetto e per il
soggetto in rapporto inverso dimmediatezza fenomenologica.
Qualcuno anzi ha pensato di dare al contrasto un parallelismo rigoroso: come lessenza del soggetto non
conosciuta che in un secondo tempo, per riflessione e non per presentazione fenomenale, com il caso
dellessenza corporea: cos di riscontro latto di essere della realt esterna non dato immediatamente sul
fondamento della presentazione fenomenale, ma viene ad essa attribuito in un secondo tempo, come per un
processo di proiezione che facciamo dellatto di essere, vissuto in noi, alla realt esterna. la teoria
dellinferenza applicata allatto di essere, propria del realismo critico e nella quale ricaduto il Brentano ed, a
mio debole parere, anche il Gaetano.
Se questa posizione vuol mettere in guardia contro il semplicismo di coloro i quali si fermano
allaffermazione che il nostro intelletto rispecchia la realt in tutta la pienezza del contenuto, e vuole invitare ad
uno studio accurato degli strati fenomenali della realt e delle condizioni che simpongono al|lintelletto per
impadronirsene, ci pare che possa coincidere con gli scopi ed i risultati della nostra ricerca. Non sono convinto
per che queste cautele debbano imporre un mediatismo per laffermazione dellatto di essere, ci che
porterebbe ad una forma sia pur attenuata di realismo critico. Per parte mia non vedo ancora perch anche
latto di essere non possa esser dato immediatamente. Se esso nella percezione inscindibile dallessenza,
deve seguire che ha da essere percettivamente vissuto assieme ad essa; non pu in concreto luna essere data
e laltro derivato: questo pu avvenire nel pensiero astratto, non in quello concreto. Ritengo pertanto che
anche lesistenza della realt esteriore in s percettivamente data, e questo non per via di processi misteriosi,
ma non altrimenti che nel fatto e nel modo che a noi data immediatamente la esteriorit degli oggetti di
percezione. E che lesteriorit sia data immediatamente non vi pu essere discussione. Orbene questa esteriorit
si fa percettivamente presente secondo un complesso di condizioni fenomenali, alcune dovute allesperienza
passata, le immagini e gli schemi, altre alla esperienza attuale.
Bench i contenuti di ambedue gli ordini contribuiscano insieme tanto allapprensione dellessenza, quanto
dellesistenza, tuttavia non pare infondato il ritenere che come la percezione di essenza dovuta principalmente
al riferimento immediato dei contenuti di esperienza attuale a quelli di esperienza passata funzione strutturante
degli schemi , cos la percezione-constatazione di esistenza sia dovuta principalmente al riferimento percettivo
dei dati di esperienza passata a quelli di esperienza attuale. Nella percezione di essenza si ha come un moto
regressivo dello spirito dal presente verso il passato sintende per quanto riguarda la funzione sintetica ; nella
percezione di esistenza il movimento intenzionale avviene nel senso inverso dal passato verso il pre-sente. Nel
primo movimento i dati fenomenali sintegrano per fondare la perce-zione dellessenza concreta, nel secondo si
precisano per qualificare lessenza come attuale; e siccome per il principio della complementarit e
dellemergenza i due momenti sono simultanei sotto laspet|to funzionale, lo sono parimenti i due aspetti della
percezione, lessenziale e lesistenziale. A questo modo le due tendenze estreme che hanno diviso a pi riprese
la Neo-scolastica, possono ammettere una soluzione intermedia la quale, se ben vedo, non si riduce ad una
semplice evasione di compromesso.
Tutta la questione dipende dal senso che si deve dare in fenomenologia al termine esistenza. Io mi sono
fermato su quello di fatto di esistere, cio sullaspetto esteriore fenomenale appunto dellatto di essere;
lesistenza di una essenza in atto che noi possiamo giustificare con unosservazione pi precisa, acuendo lo
sguardo per vedere, avanzando la mano per palpare; in una parola, noi certifichiamo lesistenza, certificando
lesperienza.
A questo modo possiamo venire a contatto anche con la energia attualizzatrice della realt esteriore, non
considerata isolatamente e dal di dentro, ma dal di fuori e per via dellattualit dellessenza. Perci lesistenza
non si fa presente nella percezione per un contenuto proprio, quasi fosse anchessa una essenza accanto alle
altre, ma si d allo spirito in dipendenza della situazione psichica generale che vien creata nel soggetto
dallazione attuale del mondo esterno. I dati di coscienza immediata non dicono di pi. Chi invece tratta
lesistenza percettiva espressamente come latto di essere, di cui si occupa la metafisica sistematica e di cui si
dice che realmente distinto dallesistenza, ecc., si mette in una via senza uscita per le sorti del realismo ed
imposta la questione in termini che in sede fenomenologica non possono avere alcun senso.
Il punto della soluzione che qui si vuol prospettare intorno alla fondazione della metafisica come dottrina del
reale, si riduce ad una concezione dialettica del pensiero umano nella quale gli oggetti si pongono a coppie:
qualit esteriori e propriet, propriet ed essenza, essenza ed esistenza, esterno ed interno, soggetto ed oggetto.
Ciascun termine, in s considerato, ha un fondo di contenuto assoluto e per questo la relazione non la prima
categoria ed possibile la metafisica come teoria della realt in s. Ma di fatto ognuno di questi contenuti
assoluti non si pu rendere presente che sullo| sfondo dellaltro, secondo una funzione combinata di contrasto e
dintegrazione fenomenale. In quanto la fenomenologia si occupa di tali funzioni e ne descrive le caratteristiche
di forma e contenuto, in tanto pu contribuire alla fondazione della metafisica come teoria assoluta del reale ed
anche, bench in varie guise, a tutto lo sviluppo dei problemi dellessere.
3. LA FENOMENOLOGIA DELLA CAUSA
a) Lesigenza humiana: forme e vicende
La fenomenologia considera le nozioni di sostanza, causa, spazio, tempo... come un plesso nozionale in
divenire, ove i singoli contenuti non si pongono luno appresso e fuori dellaltro, ma luno per laltro ed entro
laltro, quali colonne di sostegno dellunico edificio che la nozione di realt. Nella filosofia moderna, che si
diparte da Kant, la nozione di causa comanda dallinterno la risoluzione dialettica dei sistemi: ma una
nozione ormai stravolta la quale, prolungando la scepsi di Hume e Kant, si risolve nellinaspettata, quanto
dogmatica affermazione di una assoluta coincidenza fra realt e causalit, essere e divenire nellidentit dellIo
trascendentale.
bene ricordarlo: questi sviluppi imponenti sono sempre legati alla famosa critica humiana, alla
fenomenologia scettica e preconcetta operata dal grande Scozzese nei secreti riposti del nostro spirito. Pu la
Fenomenologia rifare questa strada che tante volte si rivelata piena di agguati, ove sembrano darsi convegno i
princip dellerrore e della confusione delle lingue?
nota la dichiarazione di Kant che lo scopo della critica era di riprendere il problema di H., dando al
medesimo unestensione ancor pi universale di quella che avesse nella impostazione dello Scozzese ove era
rimasta limitata ad una sola categoria (quella di causa), affinch, con una fondazione aus Prinzipien di tutte le
condizioni del pensiero (categorie), si potesse rompere il cerchio scettico in cui stava rin|chiuso
24
. Ma a questo
modo la ricostruzione kantiana parte da preoccupazioni nuove e si svolge in un campo di considerazioni affatto
diverse da quelle che fossero presenti a H., e per questo qualche storico del parere che Kant non abbia
afferrato lintimo significato della critica di H. e lappello chessa lanciava, e dessersi messo su una direzione
di pensiero, nella quale H. avrebbe rifiutato di fare anche un sol passo.
Pi toccati invece dallesigenza humiana sono quelli, come il nostro Cosmo Guastella (1854-1922), i quali
attaccandosi agli ultimi motivi di quel pensiero, la teoria del Belief, arrivano alla negazione di qualsiasi
valore razionale.
Risoluto di star fedele alla concezione fenomenistica assoluta del pensiero, come passaggio o successione
pura da immagine ad immagine, il Guastella si compiace, in tutta la sua opera filosofica, di mettere in evidenza i
contrasti stridenti fra le pretese del linguaggio metafisico e i dati dellesperienza immediata. Non che il G. neghi
la spontaneit e la naturalezza delle nozioni metafisiche, anzi, a suo parere, appunto questo carattere il loro
tallone dAchille , svelandocene la vera origine come pseudo-concetti e nulla pi
25
.
Se teniamo ai soli dati dellesperienza non v differenza reale fra una nozione astratta ed una concreta, e fra
le proposizioni universali e quelle che non lo sono; la tendenza alla predicazione universale nelle prime un
fenomeno puramente psicologico, che consiste nellestendere qualche carattere proprio di fenomeni familiari ad
altri fenomeni meno familiari e non osservati od osservabili per quel carattere, ma creduti in tutto simili ai
primi per altri caratteri di somiglianza osservati e osservabili. questa tendenza innata a familiarizzare
26
| la
ragione di tutto il processo, la quale con la ripetizione dellesperienza finisce per trasformarsi in istinto
invincibile; con landar del tempo ci dimentichiamo delle primitive esperienze che furono a muover il pensiero
in quella certa direzione, e non resta che il solo effetto, la tendenza, che scambiamo per evidenza razionale.
Ma chiaro che non si tratta che di unillusione, ingiustificata dal punto di vista teoretico e incosciente sotto
quello psicologico; si deve tener fermo che le esperienze passate non possono esser riferite che a se stesse, e non
a quelle presenti in atto o possibili nel futuro. Con questo metodo il G. riduce notevolmente la complessit degli
edifici speculativi a pochi concetti fondamentali, e questi ad effetti ibridi di un processo incosciente: questa
anche la sorte della nozione di causa, per la quale il filosofo siciliano nutr unantipatia profonda.
Luomo crede di conoscere almeno due fatti, forniti di indubbio carattere causale e percepiti come tali:
lazione volontaria in s, e lurto fra i corpi materiali; da essi, secondo il G., si sono dipartite le due principali
direzioni del pensiero umano, la filosofia volizionale (Realismo metafisico) e la filosofia impulsionista
(Meccanicismo)
27
.
un fatto che lesperienza immediata, quale ordinariamente vissuta da ciascuno, porta a considerare nella
stessa luce, con la quale sono presenti in noi, i fenomeni di successione osservati al di fuori di noi, nei nostri
simili od in altri corpi. Ma il processo cos poco critico che la verit va cercata invece nella direzione
contraria, nella riduzione cio anche delle due classi di fatti citati alla sola successione temporale o spaziale; e
qui il G. ha buon agio di ripetere le negazioni humiane della percezione di qualsiasi potere o connessione fra le
cose
28
.
Se osserviamo infatti la realt da vicino e con criteri| scientifici, quelli che per noi sembrano fatti di piena
evidenza diventano incomprensibili e oscurissimi, ponendo nuovi problemi senza soluzione; e pi la scienza
progredisce, pi dobbiamo riconoscere che dopo tanto lavoro stiamo ancora a rodere la scorza del reale. Per
questo la scienza moderna ha sostituito il termine causazione a quello antico di causalit, per indicare con
esso un semplice rapporto funzionale che astrae da qualsiasi accenno ad una dipendenza reale ed esprime una
pura sequenza, invariabile di fatto pi o meno, secondo la maggiore o minore probabilit di eccezioni nel futuro.
La legge di causalit nel significato tradizionale va considerata come un fatto psicologico che ha tutta la sua
ragione dessere dal soggetto: ha avuto origine soltanto per quella inferenza incosciente, descritta da Hume, e
riposa su di essa; essa non che una forma primitiva, prescientifica, di interpretare lesperienza, e la filosofia
volizionale che ha preso limpegno di difenderla, e su di essa fondarsi, non pu restare che assurda e illusoria
29
.
D. Hume, dopo la sua demolizione critica, pur abbandonando con rammarico gli studi speculativi, aveva fatto
ritorno e si era affidato con fiducia al pensiero spontaneo che scorre dolcemente spinto dalla gentle force del
Custom o Belief e riusciva a consolarsi, alla fine, che lAutore della natura, in materia tanto importante,
non ci avesse lasciato in bala dei nostri poveri ragionamenti, ma avesse posto nella nostra mente un principio
infallibile, per il quale il corso delle nostre idee procedeva sincrono, in piena uniformit, come per unarmonia
prestabilita, con quello della natura.
Secondo Guastella anche questa ultima roccaforte della certezza deve rovinare, poich invece dessere quel
preteso principio infallibile, non anchessa che una fonte, e la pi comune, di tutto il complesso delle
illusioni di cui risulta intessuta la nostra vita, perch non solo deve cadere il realismo metafisico, ma anche
quello fisico e spontaneo
30
.|
Ma se i due filosofi non saccordano nel valore da riconoscere alla persuasione spontanea, tengono sempre in
comune lindagine critica fondamentale: lesperienza pura non , e non pu essere, che dellatomo psichico
(impressioni o idea), e non pu spingersi oltre il contenuto presente nellistante indivisibile della sua
apparizione; e la nozione di causa (potere, connessione) ri-volta intrinsecamente al passato e al futuro esula del
tutto dal suo ambito.
Concordano anche nellaffermare, a causa dellagnosticismo causale, limpossibilit in cui ci troviamo
daver qualsiasi informazione propria sui princip e sulla struttura delle cose in s. chiaro allora che soltanto
con la disamina a fondo di questi princip si potr pretendere di vincerne la conseguenza, ci che la reazione
antihumiana degli Scozzesi e di M. de Biran sembra non sia riuscita a fare.

* * *

La scepsi humiana sorge dalla pretesa di una fenomenologia pura della causalit: assicurata questa,
sarebbe anche assicurata la consistenza della realt, dellidentit sostanziale e dellesistenza del mondo esterno.
Non soddisfano la esigenza critica del grande scettico coloro che ricorrono, come Kant, ad una deduzione
trascendentale: ci a cui Hume mira non sono le forme possibili di fondazione a priori del reale, ma quelle che
dnno il contatto immediato, il sentimento (feeling) della realt. Egli ha il diritto di attendere una risposta,
almeno iniziale, dalla fenomenologia e questo avevano ben capito gli Scozzesi anche se poi essi si limitarono
a voler trasportare sul piano della riflessione, senza soverchio discernimento, le persuasioni spontanee e
pratiche. Maine de Biran fu pi accorto per aver isolata nella coscienza matura una esperienza privilegiata, lo
sforzo volontario: tuttavia fin quando anche lo sforzo volontario e lIo in atto sono considerati a s, restano
sempre un elemento fra gli elementi e non resistono alla corrosione del principio humiano dellesperienza: lo
sforzo non pu essere presentato come unesperienza immediata senza circolo vizioso.|
Molti psicologi e filosofi del secolo scorso hanno voluto individuare lesperienza cercata in una sensazione
specifica, la quale si fa presente, secondo essi, alla coscienza ogni volta che il soggetto esercita la sua attivit
muscolare.
Lesercizio di questattivit, a sentire il pi autorevole rappresentante della teoria, W. WUNDT,
accompagnato da sensazioni proprie che dipendono da condizioni particolari dei muscoli in attivit, come
lesioni, stanchezza, pressione..., e che sono dovute alle modificazioni prodotte negli organi periferici di senso.
Insieme e accanto a queste sensazioni, di carattere chiaramente passivo e che possono esser chiamate con
termine proprio sensazioni di movimento (Bewegungsempfindungen), noi abbiamo coscienza della stessa
attivit muscolare, della quantit dellenergia richiesta e dellambito e della celerit dellazione antecedente
allesecuzione della medesima. Si tratta qui di una sensazione fornita di un contenuto qualitativo proprio, di un
sentimento specifico di movimento presente come efferente nella sua origine centrale e nella sua direzione
centrifuga che pu esser chiamato sentimento della forza (Kraftgefhl) od anche, e pi esattamente, sentimento
dinnervazione (Innervationsgefhl). Mentre le sensazioni di movimento sono gi un effetto dellazione, nelle
sensazioni dinnervazione invece dato come immediatamente presente lo stesso flusso nervoso, la forza attiva
clta nella sua fonte e nella sua direzione attuale dai centri alla periferia: da questa sensazione ha origine la
nozione di forza attiva.
In seguito lesercizio dellattivit muscolare, incontrando allesterno resistenze e passivit, cinforma con
sensazioni afferenti della forza morta e concorre a formare limmagine completa di movimento, la quale dipende
e dalla rappresentazione della quantit di resistenza da vincere, rivelata dal tatto, e soprattutto dalla
rappresentazione dello sforzo, rivelata immediatamente dal sentimento centrale dinnervazione: altrimenti
lesplicarsi dellazione sarebbe lasciato in bala del caso
31
.|
Altri psicologi furono per di tuttaltro parere, ed rimasta classica la critica che William James, nel saggio:
On the Feeling of Effort, fece alle pretese della teoria nuova dei Tedeschi. Secondo lo psicologo americano,
di una sensazione efferente, che anche nellenunciazione sembra una contradictio in adjecto, non si d
alcuna prova certa n a priori, n a posteriori
32
.
a) Non a priori. La coordinazione dei movimenti nellesercizio muscolare assicurata sufficientemente
dalle immagini cinestetiche, e dagli schemi motori anticipanti; immagini e schemi di natura complessa che
dipendono interamente dalla esperienza passata e vanno soggetti a continue modificazioni e adattamenti con
lesperienza nuova, per finire di fissarsi nellanimo come vere abitudini operative; noto che tali abitudini,
quando siano allinizio disciplinate, possono raggiungere un elevato grado di precisione anche per azioni molto
complicate (arti belle e manuali, atletismo...). Quando pertanto avviene il fiat volontario, che d il via
allazione, appare nella coscienza limmagine (complessa), relativa ai movimenti da eseguire, ed del tutto
superflua una speciale sensazione efferente, che dovrebbe essere mirabilmente adattata alla esperienza.|
b) Non a posteriori. Di una sensazione semplice dinnervazione non abbiamo prova alcuna per
introspezione diretta; sembra, al contrario, che dellintensit della forza impiegata e della tensione muscolare
noi siamo informati da sensazioni varie, e limpressione dello sforzo abbia origine allestremit dei muscoli in
azione e dalla tensione concomitante di quelli della faccia, della laringe... e un po dalla partecipazione di tutto
il corpo
33
; da un tal complesso di sensazioni centripete e da frequenti osservazioni circa leffetto ottenuto, pu
ben risultare lo stato danimo di cui si parla. N sembrano decisivi alcuni fatti clinici, portati dal Wundt in
favore della sua opinione, sia per il carattere patologico dei medesimi, sia perch si pu ammettere la possibilit
di altre spiegazioni. Il W. portava lesempio di pazienti, i quali, colpiti da paralisi parziale ad un braccio o ad
una gamba, quando volevano muovere larto infermo, lo sentivano molto pi pesante di quando era sano ed
esigeva da parte del soggetto uno sforzo sensibilmente maggiore; altri pazienti poi, colpiti da paralisi completa,
potevano sentire di esplicare un grande sforzo per muovere il membro offeso, che in realt neppure si muoveva
n poteva pi muoversi: sembrava quindi chiara in questi casi la presenza di sensazioni dorigine centrale.
Ma per lo James (che segue qui il Ferrier) anche nei casi citati si tratta di sensazioni afferenti e centripete. Il
vivo senso di sforzo provato dai paralitici, ha origine, probabilmente, dalle forti contrazioni dei muscoli
respiratori che accompagnano di solito lesercizio dellattivit muscolare e che nel soggetto normale si fondono
insieme per dare origine ad ununica impressione; si comprende perci come nellassenza delle sensazioni che
partivano dai muscoli delle membra in movimento, possa rimanere la seconda serie di sensazioni (dellapparato
respira|torio), che possono prendere nella coscienza completamente il posto delle prime e produrre lillusione di
oggettivare ancora nel modo abituale
34
.
Anche ricerche recenti sembrano confermare la mancanza di sensazioni efferenti qualsiasi nei paralizzati;
secondo gli esperimenti del Weber sembra inoltre che alla produzione e allesaltazione del sentimento di sforzo
contribuisca notevolmente laumento della pressione vascolare che si nota in quelle condizioni
35
.
Anche se tutto non stato posto in chiaro in questa sottile controversia scientifica, essa non pi oggetto di
discussione fra gli psicologi che hanno finito per dar ragione al geniale pensatore americano; checch sia per
della questione, essa pu restare del tutto estranea agli interessi della nostra ricerca e lo stesso Maine de Biran
era contrario ad unevoluzione della teoria dellef-fort musculaire nel senso dellInnervationsgefhl
36
.
Lepisodio della teoria dellInnervationsgefhl istruttivo come lultimo sforzo della psicologia analitica
per affermarsi e costruirsi in teoria scientifica dei processi spirituali. La sua insufficienza giace nel principio
stesso che linizio dello sviluppo psichico sia dato da elementi e non da totalit, da sensazioni e non da
percezioni: anche qui tutta la difficolt consiste, come per la percezione della realt e della sostanza, nel far
convivere il carattere di totalit della percezione assieme a quello della immediatezza. La sensation pure,
notava il P. Kremer, est une simple impression, un lment brut de la vie psychologique; par elle-mme (la
sensation) elle est ni active| ni passive
37
: ben detto, ma resta sempre da vedere come lintelletto faccia i primi
passi, se cio vi sia e quale sia la conoscenza concreta della causalit che sta a fondamento sperimentale della
nozione di causa.

* * *

b) Limmediatezza fenomenale della causalit
1) Lesperienza reale della causalit. Cerchiamo di orientarci sullo stato reale della questione. Hume,
quando discute il problema della causalit, si mostra preoccupato di fondare il valore dei giudiz desistenza in
relazione allesperienza (futura). Egli sa, per esperienza ordinaria
38
che allapparire di un fatto o alla sua
presenza, il nostro pensiero corre spontaneamente a concepire e ad aspettare un altro fatto, che deriverebbe, di
necessit, da quello presente, e vuol sapere anzitutto perch noi pensiamo in generale che ogni cosa che
incomincia ad esistere debba avere una causa. Non riuscendo a risolvere il problema per pure considerazioni a
priori (relazioni filosofiche), lo fa scendere dal piano speculativo puro a quello psicologico: perch noi
diciamo che certe particolari cause devono avere di necessit certi particolari effetti?.|
Qualcuno potrebbe essere tentato di vedere nellinsoluto problema hu-miano la conseguenza di un abbaglio
che il filosofo prese, riducendo il pro-blema di tutta la conoscenza reale a quella causale, e questa ai giudiz
particolari sulle cose di fatto: nella gnoseologia di H. per la riduzione legittima, poich come lidea in tanto
vale in quanto pu esser riferita ad una impressione corrispondente analogamente il principio generale che
enuncia una relazione, valida per tutti i casi, esige che sia conosciuta immediatamente la relazione in qualche
caso particolare, onde, come dichiara anche H., la risposta al problema particolare fonda implicitamente anche
la soluzione di quello generale.
Per i princpi da cui ha origine, il problema di H. non identico senzaltro a quello particolare dellinduzione
scientifica, e non va confuso neppure con una questione di psicologia sperimentale, come neanche con
unesigenza di logica astratta (analiticit del principio), ma resta il problema della conoscenza valida in
generale in quanto giustificabile con i princpi dellempirismo puro, senza tacite concessioni al razionalismo
(cfr. Locke).
H. pone in discussione, per combatterlo, lideale razionalista della scienza, come conoscenza perfettamente
adeguata al suo oggetto e analitica nel metodo, la quale esaurisce, per una penetrazione ab intra, tutta
lintelligibilit del medesimo. Sotto questo punto di vista la questione psicologico-critica del perch noi
allapparire di un fenomeno pensiamo di necessit ad un altro, converge con quello metafisico del perch ad
una certa causa debba necessariamente e sempre seguire un dato effetto. Hume contro lequivalenza
razionalista: ragione = causa, chiede che gli venga mostrato in antecedenza, prima di qualsiasi esperienza, il
perch del nesso fra i due termini; come uomo ordinario, egli resta sempre persuaso che quel nesso esiste di
fatto, desidera soltanto di poter giustificarlo in sede filosofica: vuol sapere che cosa colleghi il mondo reale nel
suo intimo, quale sia la natura degli elementi di quella relazione e il punto preciso in cui entrano nella
medesima, quale sia la mirabile qualit delloggetto che produce, in natura,| leffetto, e, nella nostra mente,
linferenza dalluno allaltro. Conosciuta, per questi modi, la connessione reale, fondamento ontologico della
sequenza, la medesima sarebbe diventata, nel pensiero riflesso, la ragione logica, che giustificherebbe
linferenza che facciamo nei giudiz e ragionamenti sulle cose di fatto
39
. Anche se, quindi, nella posizione finale
del problema, laspetto psicologico quello pi apertamente accennato, esso gi un problema generale, poich
esso non si comprende se non riferito a quello logico-critico da cui derivato, ed ambedue, infine, richiamano
quello ontologico della cosa in s e della causa in s, al quale, secondo H., restano ordinati. Legittima nella
sua coerenza interna, la posizione humiana, nellambiente storico in cui sorse, pot rappresentare una
requisitoria contro le pretese della filosofia a priori, ed insieme anche della filosofia corrente dellempirismo,
che, per evidente mancanza di logica, condivideva con la prima alcune verit di valore generale e di contenuto
soprassensibile (princpi generali, esistenza dellA-nima, esistenza di Dio...).
Ognuno vede che una risposta adeguata al problema, posto da Hume, pu esser data soltanto risalendo
immediatamente ai princpi gnoseologici e metafisici che ne comandano la soluzione: metodo questo certamente
solido, ed anzi lunico sicuro, ma che pu anche esser condotto in var modi. Ci si pu limitare a cogliere i lati
deboli e le falle che si aprono ai lati del sistema, oppure passare al confronto dei princpi e delle conclusioni
della posizione avversaria con i princpi e le conclusioni del proprio sistema, ormai organizzato; si pu inoltre
cercare, seguendo passo passo lo svolgersi del problema, di penetrarne il senso e di discernere le esigenze reali
del medesimo| da quelle fittizie: fin qui noi ci siamo attenuti a questultima forma di discussione e vogliamo
ancora conservarla poich con essa il lavoro riesce critico, a un tempo, della posizione avversaria e costruttivo
della propria.
Riprendiamo pertanto il problema di Hume allultima sua tappa, quando, affinch sia giustificata la nozione
di causa, si chiede e pretende che venga mostrata unimpressione corrispondente, cio unesperienza concreta
nella quale il contenuto di quella nozione (attivit, energia, potere, connessione...) sia vissuto immediatamente e
si differenzi di per s dagli altri contenuti fenomenici e chiediamoci:
a) Pu essere legittima in s questa pretesa? e qualora la risposta fosse affermativa:
b) Quale il modo e quali sono le condizioni per potervi soddisfare?
Non pochi difensori moderni del pensiero tradizionale alla prima questione rispondono in senso affermativo,
ma lasciano laffermazione in termini molto generali e vaghi e non si preoccupano di passare alla seconda fase,
quella costruttiva della soluzione.
Alcuni invece rispondono in modo risolutamente negativo, ed incolpano il procedimento di Hume di sofisma
poich ha preteso di avere dallesperienza quello che lesperienza, anche interna, non pu dare e che non
neppure necessario che dia. Certamente si deve denunziare lesagerazione delle pretese di H., ma non si deve
andar tantoltre, per non finire di perdere, anche noi, il vero discernimento dei problemi.
Se infatti guardiamo le cose un po da vicino, troviamo che la nostra persuasione sulla causalit comprende
almeno tre elementi: le nozioni anzitutto di attivit e passivit da collocare rispettivamente nei due termini della
relazione; il nesso che ne viene ai termini, ed infine luniversalit e la necessit del nesso. pacifico che
lultimo elemento pu essere visto e trovato dallintelletto soltanto, in quanto riesce a superare la particolarit
del fatto e a costituire la legge; ma non appare altrettanto, sotto ogni aspetto, per gli altri due elementi e
soprattutto per lorigine delle nozioni di attivit e passivit, che| formano il nucleo della nozione di causa, per le
quali, almeno in parte, lesigenza di H. devessere soddisfatta. Le nozioni di attivit (potere, energia,
connessione reale) e passivit hanno un contenuto proprio e primitivo, esprimendo modi di essere fondamentali
(predicamenti). Pertanto, anche se prima di esse si possono supporre delle altre nozioni (in quanto sono
accidenti, quella di sostanza, ed in quanto esprimono un rapporto, quella di relazione), per un intelletto
radicalmente passivo com il nostro, non sono derivabili senzaltro da queste per via analitica: devono quindi
sorgere a posteriori, cio dalla esperienza.
Di pi, e per la stessa ragione, anche quando una volta queste nozioni siano sorte e siano stati stabiliti i
rapporti fra i termini della relazione, lesistenza di fatto dei termini, almeno di uno di essi, non pu esser
raggiunta e determinata da soli concetti, ma devessere data per un ricorso allesperienza attuale.
Ancora, lintelligibilit stessa della relazione, anche se assicurata in s per considerazioni a priori, se resta
rinchiusa in queste, si riduce ad un puro schema formale di carattere vago, il quale invece per noi si chiarisce e
definisce quando pu essere riferito a dei contenuti desperienza presente o passata. Ne consegue che il cercare
lesistenza e la natura di un dato sperimentale per la nozione di causa nel pensiero tradizionale non soltanto
lecito, ma di particolare interesse speculativo, per mostrare lavvenuta fusione fra la priori o la posteriori, o
meglio per verificare la solidariet e la continuit naturale fra i due modi di conoscere dellunico soggetto.

* * *

Possiede luomo unesperienza reale della causalit, dellattivit e della passivit? Quando la domanda
posta nei termini ora definiti, la risposta categorica e non ammette dubb: risposta che del resto era ben
conosciuta anche da H., il quale per dal punto di vista preconcetto, nel quale sera messo, si accontent dun
accenno superficiale e affrettato, senza pren|derne in esame il ricco contenuto; noi cercheremo di riferirla con
maggior cura
40
.
Siccome la nostra vita non si svolge entro ununica esperienza ma attraverso una grande variet di forme e di
modi, la coscienza ha riflessa in s questa variet, e non fa quindi meraviglia che anchessa, quando nella
riflessione spontanea tenta di discernere le fasi che assume lesistenza concreta, si trovi non di rado di fronte a
complessit inafferrabili, a casi nuovi che non si lasciano analizzare nel modo ordinario e tanto meno
descrivere.
Ma, checch sia della natura di queste circostanze privilegiate, nella vita ordinaria ciascuno di noi incontra di
continuo forme di attivit e passivit, almeno quelle che fanno capo in qualche modo alla propria persona.
Cominciando dalle certezze pi evidenti, la realt e la portata della propria efficacia, dellio posso e
soprattutto dellio voglio, cos radicata in noi che sidentifica senzaltro con laspetto stesso personale della
vita intera
41
. In determinate circostanze infatti non restiamo semplici spettatori della natura, o puri elementi
della medesima, ma ci sentiamo capaci di inserirci in essa, come centri autonomi denergia, per modificarne il
corso od arrestarlo o per suscitarne uno nuovo. Questo esercizio di attivit non impersonale, ma va unito alla
persuasione di esserne NOI i responsabili, perch autori, e dicendo NOI sintende il soggetto concreto
particolare, quello che si sente in s un piccolo mondo, in parte attuato, e in parte in via dattuazione, impegnato
in compiti e fini da realizzare con le proprie risorse. Fini| e compiti che possono essere in s molto var: quelli
spirituali della formazione morale e scientifica allinterno di s, e realizzazioni pratiche nel mondo esterno in
relazione ai nostri simili o agli oggetti materiali; fini che possono esser raggiunti immediatamente, e fini
condizionati da intermediar: di qui la variet nei modi di comportarsi del soggetto, ed anche, la diversit delle
sue attitudini di coscienza.
V qualche fine, di carattere totalitario che esige la adesione immediata e incondizionata (felicit, fine
ultimo...) dal quale quindi ci sentiamo attratti, presi e incapaci di impedire questo possesso su tutto il nostro
essere. Vi per una gran parte di fini meno esigenti, di fronte ai quali possibile, ed anzi si pone, la nostra
scelta, ed allora siamo noi, e noi soltanto, a superare il punto morto dellindifferenza: in questi casi, per
complessa che possa presentarsi la situazione psicologica, sappiamo di esser noi a pronunciare il fiat, e,
ulteriormente, a muovere il corso dei nostri pensieri nella direzione conveniente per rendere possibile quella
decisione. Il volere lattivit propria della persona, la quale nellesercizio regolato di esso mantiene il suo
essere oggi, conservandolo e difendendolo, e prepara con nuove realizzazioni quello di domani
42
.
Se i mezzi ed il fine sono collocati nel mondo materiale, allora non basta il solo esercizio delle attivit
interne, ma occorre esercitare unazione esterna, che sia capace di modificare lo stato fisico dei corpi; in questi
casi lazione personale non resta pi semplice, ma si raddoppia di due momenti o contenuti, quello spirituale
della decisione e dellattuazione volontaria, e quello corporeo, o, pi esattamente, psicomotorio della attivit
muscolare.
Osserviamo: sto preparando la lezione e voglio fissare le mie idee in maniera da poterle comunicare. Potrei
limitarmi ad ordinarle nella mia mente con alcuni minuti di riflessione; ma siccome temo che laffidarmi alla
sola memoria del momento| mi possa giocare qualche sorpresa, mi decido a prender penna e carta per appuntare
in modo ordinato le mie riflessioni, e scrivo.
Nello svolgersi di questo fatto ordinario compaiono chiaramente tre specie di causalit: quella spirituale
pura, volontaria, della decisione, della direzione delle idee; quella della mano che scrive, e infine i movimenti
della penna che traccia i caratteri sulla carta. Se nellesperienza ordinaria noi attribuiamo in blocco la scrittura
allazione del soggetto, arriviamo anche con facilit alla distinzione ora accennata, e siamo persuasi della
esistenza di tre princpi e forze distinte a un tempo, ma che, per la produzione dellatto indicato, si connettono,
si interpenetrano: lesercizio della terza (la penna) dipende da quello della seconda (braccio-mano), e
lesercizio muscolare dalla decisione volontaria.
I corpi della natura esteriore li vediamo spesso in moto senza il nostro concorso: ma la penna hic et nunc si
muove solo per il mio concorso e la mia attenzione si porta simultaneamente sulla scrittura con locchio e sulla
continuazione dellatto di volont con la coscienza.
Anche le membra possono muoversi e alle volte di fatto si muovono senza lintervento della volont, ma per
forze estrinseche (violenza), o per pure cause organiche (riflessi), o per impulsi improvvisi della sensibilit
inferiore (moti primo-primi dei moralisti): sono per certissimo che il movimento attuale della mia mano che
scrive dipende unicamente dalla mia volont e posso sospenderlo o continuarlo a mio piacere.
Abbiamo la doppia constatazione e della dipendenza di tutte e tre le attivit dal soggetto ed insieme del fatto
che sono appercepiti con un grado diverso di meit, di presenza e di appartenenza allIo. Le mie membra
possono essere mosse dallestrinseco, contro mio volere, ed allora sento che il movimento in me, ma non da
me e soffro; possono muoversi spontaneamente ed io restarmene anche del tutto alloscuro (riflessi); possono
muoversi per gli impulsi dellappetito inferiore ed il soggetto sentirsi puro spettatore non responsabile.
Certamente un gran mistero la nostra organizzazione psico-fisica! ma per me altrettanto certo che delle
parole che| ora scrivo sono io lautore anche fisico, e me le attribuisco e le segno con il mio nome.
certo anche che gran parte degli effetti di cui io sono causa reale e fisica non potranno mai entrare nel
campo della mia coscienza, che si limita quindi a cogliere atti frammentari e di una sfera molto ristretta, ma
questa misteriosa economia del nostro essere non tocca per nulla le convinzioni circa gli atti di cui ci
sentiamo certamente gli autori
43
.
Si noti ancora nelles. cit. che le specie di attivit non sono rimaste estranee e disparate, e tanto meno
antagoniste, ma saldate e coagenti: interpenetrate, dicevamo, per il raggiungimento di un unico effetto, la
scrittura con senso (si suppone). Siamo qui in presenza di una subordinazione nellesercizio delle tre causalit,
che doppia: della terza (la penna) dalla seconda (la mano) e della seconda dalla prima, e per questo anche se
vediamo che la scrittura tracciata dalla penna, mossa dalla mano, e lattribuiamo in qualche modo alluna e
allaltra, sappiamo per che anzitutto essa dipende dallattivit spirituale, che d linizio e realizza lo
svolgimento dellazione. Cos lesercizio dellattivit psicofisica non propriamente (per la coscienza) quello
di attivit parallele, ma si ha una dipendenza della serie fisica da quella psichica: possiamo dire, che anche in
questi comportamenti complessi la nota dellattivit compete anzitutto e per s al volere, che si presenta come
lattivit stessa della persona.|
Riassumendo: attivit immediatamente percepita, nella determinazione dei fini, nella scelta dei mezzi, nella
messa in opera dei medesimi con strumenti adatti; coscienza pure diretta, nelladulto, dellesercizio volontario
dellattivit sensoriale, e del movimento attivo proprio delle membra, come del movimento che ricevono
dallestrinseco (violento), da cause organiche o da impulsi passionali e dalle pressioni e resistenze che
incontrano.
Pare che questo complesso sperimentale della vita ordinaria sia sufficiente per servire di base e di
giustificazione al contenuto della nozione di causa, tanto sotto laspetto dellattivit come di quello della
passivit, senza ricorrere esplicitamente ad esperienze privilegiate di uno sforzo volontario che abbia origine per
lantitesi fra Anima e Corpo, o per una lotta fra lIo e il non-Io (Rosmini). Anche se si pu riconoscere che le
esperienze acute della vita dnno maggior chiarezza al contenuto di quelle nozioni, come allIo una maggior
coscienza di s, non sembrano per necessarie per sostenere la persuasione nelladulto: le tensioni spirituali e
gli stati di angoscia, anche se, in qualche individuo o in certe circostanze, possono essere rilevanti, non
rappresentano mai il corso normale della vita
44
.|
Abbiamo anche coscienza (e conoscenza) diretta in senso gnoseologico, cio immediata ed intuitiva, della
causalit degli altri uomini, degli animali, degli esseri inorganici?
I frequenti errori in cui incorriamo nelloggettivare, ed i progressi delle scienze naturali ci testificano che le
nostre percezioni in questo campo sono di natura complessa, e pongono dei problemi di critica della conoscenza
scabrosi e delicati, per la soluzione dei quali non basta lo scalpello ed il maglio della coscienza evoluta
delladulto, ma si deve far uso del bulino di un saggio discernimento. Qui limmediatezza fenomenale dipende
dallintimit dellassimilazione che il soggetto, nellesercizio della vita, ha potuto fare degli oggetti: vi sono
abitudini percettive anche della causalit
45
.|
Dal punto di vista fenomenologico in cui ci siamo posti, lapparire a noi dellesperienza esterna pu
avvenire in due modi: o il fenomeno esterno subisce qualche assimilazione, viene cio interpretato con
qualche riferimento, allesperienza personale (di attivit o passivit), oppure lasciato nella sua completa
esteriorit. Mentre nel primo caso il soggetto pu essere portato alla corrispondente oggettivazione della
causalit (come attivit, potere, connessione reale...), non si vede come possa esser fondata senzaltro
lattribuzione nel secondo caso, ove, se si pu avere del fenomeno qualche percezione, il suo contenuto
ontologico dovr essere per la mente ancora molto indeterminato. Tutto dipende dagli indiz che rendono
possibile lassimilazione, e secondo il grado di evidenza di questi proceder loggettivazione ontologica che
potr passare dalla percezione della successione pura, descritta da Hume, fino a quella della causalit certa.
Soltanto si pu osservare che nella vita ordinaria le percezioni di successione pura devono essere molto rare, per
la tendenza spontanea, sotto la spinta delle preoccupazioni pratiche, a superassimilare alla esperienza nostra
immediata i fatti del mondo circostante (cfr.: vita dei primitivi e dei bambini).
2) Discussione dellesperienza. Pertanto, anche se negli ultimi casi citati la causalit (Attivit e
Passivit) sia alle volte pi creduta o supposta, che percepita in s, essa vista| cio appercepita, in modo
spesso inequivocabile, nei fatti nei quali il soggetto stesso prende una qualche parte reale con lazione o
passione (= esperienza diretta), o psichica con lassimilazione e linterpretazione soltanto (= esperienza
indiretta). chiaro che i fatti dellesperienza causale diretta possono essere tanto di esperienza interna qua
talis, ed allora ambedue i termini della relazione sono nel soggetto; oppure di esperienza esterna quando uno
dei termini va riferito fuori del soggetto; e se psicologicamente i primi, per la loro immanenza (e spiritualit),
sono pi adatti ad essere penetrati, anche i secondi, nelle dovute condizioni, non lo sono di meno. Fu quindi
poco scharfsinnig Hume quando nella sua analisi, senza prendersi la briga di alcuna distinzione, accomun
esperienza interna ed esterna: senza neppure accorgersi che fra le due esperienze estreme v anche, ed la pi
frequente nella vita ordinaria, una intermediaria fra il puro esterno e il puro interno, quella nella quale vivono
insieme Soggetto e Oggetto, Io e Mondo.
Possiamo passare ora alla discussione dellesperienza riferita, discussione che deve essere sempre mantenuta
nellambito strettamente fenomenologico. Si presenta anzitutto la obiezione classica dellignoranza degli
intermediar, che costituisce largomento irrefutabile degli anticausalisti da Hume a Guastella, che stata
gi riferita
46
.
Lobiezione pu rivestire anche una forma molto speciosa, che supposta nellesposizione humiana.
Loperare va considerato come latto secondo, che si fonda e deriva da un atto primo, la forma o natura
dellessere, ed con lattivit soprattutto che le cose si mettono in relazione e prendono realmente il posto che
ad esse spetta nel mondo. Loperare si presenta cos come una sequela, unestrinsecazione di unattualit che ha
raggiunto la sua perfezione e che ha la tendenza a diffondersi in un modo ed in un grado proporzionato al modo
e allintensit propria dellessere. La causa adunque piena ed unica ragione delleffetto come tale, e leffetto|
non pu essere conosciuto se non per i princpi dai quali sorto. Ora, si afferma la causalit della volont sulle
membra, la causalit della volont sopra la mente e limmaginazione, mentre ignota ci la natura intima dello
spirito, ignota quella del corpo, ignota la relazione che dovrebbe unire nelloperare due princpi cos opposti,
ignoto il modo con il quale lattivit corporea si deve inserire in quella spirituale: come giustificare allora la
persuasione e laffermazione della causalit?
Lobiezione, nella parte di errore che contiene, nata da un equivoco e dallabuso del principio: o tutto o
niente
47
. Si pu riconoscere che la scienza perfetta delle cause del tipo descritto, analitica, deduttiva e
perfettamente adeguata (propter quid). Ma con ci non esclusa la possibilit e la validit di una conoscenza
induttiva, la quale, per il fatto che ha origine a posteriori, non segue che sia sempre confinata ai giudiz di
probabilit; a meno che in precedenza non sia stata impedita, con i postulati del fenomenismo, lelaborazione
dei dati e la generalizzazione (induzione e astrazione). Certamente il fatto dellesistenza non pu esser per noi
visto a priori, per concetti astratti, ma soltanto dato in rapporto allesperienza. Rester sempre il mistero
ontologico del perch ad una possibilit o pura capacit ad un certo momento venga aggiunta la realt, e quello
fisico (di Hume) del perch ad un dato fenomeno debba seguire sempre e di necessit un altro fenomeno
determinato: ma queste, o simili difficolt, anche se fanno toccare con mano limperfezione della nostra
conoscenza circa lessenza delle cause, da sole non possono scuotere la certezza, che per tanti segni abbiamo,
dellesistenza, ed anche di alcuni caratteri reali delle medesime. Se H. aveva intenzione di liquidare la
concezione razionalista della scienza, qui non si ha alcuna intenzione di difenderne le pretese assurde, solo si fa
notare che fra le concezioni estreme o tutto o niente c posto per una interme|dia, che si presenta anche
come la pi conforme ai dati di fatto.
Tale concezione ritiene che la percezione della causalit non si limiti a constatare una successione regolare
lurto delle palle da biliardo n consiste in una penetrazione diretta dello svolgersi delle forze naturali
allinterno delle sostanze
48
. La regolarit nella successione non ha come ammetteva anche Hume alcuna
importanza nella determinazione della causalit perch non ne un criterio esclusivo, altrimenti si dovrebbe dire
che la notte causata dal giorno... Essa pu diventare un criterio ausiliario che riceve un proprio valore dal
trovarsi in unione con i criter primar dellazione e della passione: spesso anzi la regolarit della successione
non neppure avvertita, quando anche non vi ripugna, come nelle situazioni che portano alle esplosioni
passionali, nelle quali tuttavia la causalit vissuta al suo acme.
da avvertire insieme che il contenuto fenomenale della causalit, come quello della sostanza, un
contenuto grezzo, iniziale appena; tocca alla riflessione metafisica precisarne il contenuto ed operare la
segregazione oggettiva nel campo dellessere. Per noi rester sempre misterioso, in tutto lambito della vita
vissuta, anche nella posizione dellatto volontario da parte dellIo, il come ultimo della produzione dellessere
per il quale la realt zampilla nel creato come polla da sorgente e lazione sinnesta sulla sostanza come fronda
su tronco. La causalit, che diffonde lessere, troppo profonda perch ne possiamo avere un contatto
sperimentale: ha infatti la sua radice nel principio stesso dellessere, cosicch lo sviluppo della realt quaggi
un riflesso ed un effetto dello sviluppo o di uno sviluppo della vita del Principio primo dellessere, il quale
sfugge per ora a qualsiasi nostra presa. Alla pretenziosa affermazione giobertiana che la prima conoscenza
quella dellENTE che crea, la fenomenologia risponde di esserne purtroppo completamente alloscuro; e la
coscienza, in tutto il suo frugare, non apre lo sguardo che su di una porzione, e questa assai ridotta, dellente
finito.|
Pi pertinente alla discussione fenomenologica unobiezione, poco nota, di Harald Hffding
49
. Secondo
lH. il punto critico e decisivo non sta nellIo voglio o nel fiat, ma molto prima e in un punto del tutto
diverso. Per poter parlare di unesperienza immediata della causalit (Attivit), bisogna che lefficacia
(Ttigkeit) sia una qualit elementare dellesperienza, in modo da trovarla in condizioni di coscienza del tutto
semplici, come le altre qualit elementari note. Ma nel caso non cos: noi conosciamo lefficacia non in s,
direttamente, ma dai risultati, ed sempre per riguardo a questi che ci pronunciamo su quella. Il fatto della
decisione volontaria non avviene per il solo concentrarsi dellattenzione su di un unico contenuto, isolato, ma
per un concentrarsi dal quale si cerca di derivare conseguenze interne od esterne: questo suppone che oltre il
dato immediato di coscienza noi badiamo anche a ci che da esso segue. Ma se noi troviamo il criterio
dellAttivit in ci che segue: allora non si tratta di coscienza del fatto immediato: occorre una comparazione ed
una riflessione, insomma una specie di conclusione. Se la causalit si lascia scoprire soltanto dalle conseguenze,
non pu esser data per intuizione, la quale, poich limitata al dato presente, ci mostra soltanto una relazione di
successione e non di causalit
50
.
Per parte mia confesso che la difficolt reale e che| tocca, sotto laspetto psicologico, la radice
dellinterminabilit delle dispute sulla genesi della nozione di causa. Si pu intanto ripetere losservazione che,
anche per la filosofia realista, non si pu dare una sensazione della causalit, come si d una sensazione di
rosso, di caldo, di freddo...; per questo abbiamo sempre parlato di percezione dellattivit e passivit e mai di
sensazione o dintuizione in senso stretto.

* * *

c) Limmediatezza dellesperienza causale
1) Dialettica della percezione di causalit. Anche i fautori della Gestalt difendono labbiamo visto
nella Fenomenologia la percezione diretta della causalit, tanto nellesperienza interna, come in quella
esterna: di fronte allanalisi humiana, a cui si riduce anche listanza di H. Hffding, essi si limitano a dichiarare
che laporia poggia tutta sul fondamento dellatomismo psichico. Losservazione esatta, ma lespediente pare
troppo sbrigativo: anche rigettando il principio associazionista, non si pu sfuggire alla necessit di considerare
il problema dal punto di vista genetico, quello della costruzione fenomenale. I Gestaltisti lo respingono, perch
non riconoscono la funzione totalizzante della coscienza che ha il suo termine nella determinazione del
significato
51
.
Abbiamo visto che il significato sorge per emergenza dai contenuti della vita vissuta, dallinterdipendenza
fra soggetto ed oggetto per cui si diceva che ad ogni nozione metafisica im|manente un processo dialettico. Il
processo dialettico sorge con lapprensione percettiva delle relazioni che sono immediatamente date, e termina
allapprensione astrattivo-intuitiva di unessenza. Come, per la nozione di sostanza, i poli della dialettica erano
il substare ed il subsistere, ed il subsistere tende nello sviluppo della metafisica a primeggiare fino a
sostituire del tutto il substare che presenta un contenuto ontologico di ordine secondario: analogamente per la
nozione di causa.
La nozione di causa, che riferisce lessere nel suo sviluppo esteriore, anchessa consta di due contenuti
nozionali in qualche modo antagonisti e che in primo tempo, nel momento cio fenomenologico puro, appaiono
inscindibili: essi sono lattivit e la passivit. Lesercizio di unattivit non comprensibile, n percepibile che
nella supposizione di un soggetto a cui si applichi lazione che si dispiega; e parimenti il ricevere suppone la
presenza dellazione e di un principio che la produce. La fenomenologia della nozione di causalit, ridotta ai
suoi termini elementari, in altro non consiste allora che nellindicazione delle esperienze pi evidenti, degli
Urphnomena tanto di passivit come di attivit. Quindi sono molto semplicisti tanto coloro che credono di
doversi fermare allanalisi della sola attivit, come quelli che credono essere propria dei contenuti di esperienza
interna lattivit, e della esterna la passivit. Di fatto noi le riscontriamo, luna e laltra, in ambedue le zone
dellesperienza. Noi operiamo sulla materia esteriore, come ora mentre scrivo: qui lattivit sta dalla parte del
soggetto e la passivit da parte delloggetto. Ma quando sento un forte tuono od un allarme aereo, provo una
scottatura, gusto la dolcezza dello zucchero o lamarezza dei sali di Montecatini, non v dubbio checch sia
della natura ultima delle qualit secondarie che colui che soffre e patisce sono io e ci che opera, gli oggetti
del mondo esterno. Pertanto la comprensione globale e la percezione della causalit, al suo stadio maturo, hanno
da ritenere compresenti ambedue gli aspetti: non percepirei la mia attivit nello scrivere se non percepissi, oltre
la direzione attiva dellattenzione sulle idee e sui movimenti della mano, anche il successivo muoversi della
penna, e limpregnarsi della carta secon|do le parole che prima avevo pronunciate interiormente. Similmente la
percezione della mia recettivit nellaudizione del tuono o dellallarme, nellavvertire la scottatura, la dolcezza o
lamarezza di bevande solidale della persuasione che la causa per s e propria di tali situazioni una realt
esteriore: tanto che spesso, per quanto mi sforzi di evitare i suoi effetti e per quanto interesse abbia ad evitarli,
non mi riesce di farlo e mi tocca bon gr, mal gr di rassegnarmi a subirli.
Considerata allinterno del soggetto, la causalit non rinuncia ancora alla sua dialettica; tanto la fantasia,
come la intelligenza e la volont, non si mettono in rapporto che rispettivamente secondo uno dei due aspetti
antagonisti: luna muove e laltra mossa, nel campo sintende in cui luna pu muovere e laltra pu essere
mossa.
Questa tensione dialettica il segreto per ogni penetrazione della vita interiore ed uno dei risultati pi
indiscussi della fenomenologia: per suo mezzo che si attua lassimilazione in tutto il campo della conoscenza
ed in ogni sua fase, ed per essa che, come si d una certa percezione immediata della sostanza esteriore, cos
ritengo debba ammettersi parimenti anche per la causalit.
Allobiezione dello Hffding noi possiamo contrapporre qualcosa di pi di un semplice principio sistematico
come fanno i Gestaltisti: noi rimandiamo alla teoria dellintelligenza che abbiamo fondata di sopra. La
percezione, sia della causalit, come della sostanza e di ogni contenuto ontologico, opera della intelligenza
diretta, sopra il fondamento di una appropriata preparazione fenomenale. Questa preparazione ha per termine la
formazione degli schemi percettivi, i quali sono le sintesi virtuali onde si verr organizzando lesperienza
futura sul fondamento o stimolo dei dati di esperienza attuale. Gli schemi percettivi hanno perci due direzioni
funzionali: una a parte ante, come organizzazioni unitarie dellesperienza passata, unaltra a parte post, come
princpi o virtualit di sintesi per la esperienza futura. Luna e laltra funzione sintetica sono nellanimo un
atteggiamento semplice che abbraccia tanto il molteplice dei dati, quanto lestensione nel tempo (gi vissuto) in
un| con-tenuto attuale che comprensivo del molteplice e dellesteso senza disperdersi nella molteplicit e
nellestensione.
Brevemente: un fatto che la nostra condotta percettiva, come non si iniziata da elementi disparati e
sconnessi, ma da forme primitive di sintesi: cos funziona nella coscienza evoluta, per il passare allatto di
virtualit fenomenali che sono le ricapitolazioni della struttura reale delloggetto nella forma maturata
nellesperienza (organizzazione primaria e secondaria). Una volta formate, le abitudini percettive cadono
nella subcoscienza, come armature inutili ed ingombranti, e restano i processi di formazione (le induzioni
percettive), cosicch la coscienza passa immediatamente alla strutturazione dellesperienza attuale, senza alcun
riferimento esplicito allesperienza passata. I risultati di questa sono vissuti come presenti e lattenzione si pu
concentrare sullintera attitudine di coscienza, in cui data la causalit, come su di un tutto unitario
immediatamente dato: poich sono immediatamente dati tanto i contenuti, come le relazioni, come anche lo
sguardo unificante dellocchio interiore. Ed per questo che la percezione della causalit, come ogni altra
percezione, anche se pu involgere, nella sua preparazione remota, processi comparativi e integrativi, nel suo
presentarsi attuale coglie il suo oggetto nella sua integrit ed attualit senzargomentare. Limmanenza nel
contenuto concreto di percezione del contenuto intelligibile, che la mente raccoglie per emergenza, assicura
lunit oggettiva, mentre la continuit e la semplicit unificante della coscienza assicura quella soggettiva.
2) Levoluzione genetica della causalit. Le ipotesi antagoniste di Hume e M. de Biran non hanno alcun
riscontro nel comportamento primitivo: lo studio regressivo della genesi del pensiero presenta delle
constatazioni assai utili per valutare la unilateralit delle visuali sistematiche di ogni colore.
Secondo il PIAGET, la costruzione degli schemi causali interamente solidale con quella dello spazio, degli
oggetti e delle serie temporali (B, 310 e segg.). Infatti in tanto il bambino arriva a costituire delle serie causali
indipendenti dellio, in| seno alle quali il proprio corpo interviene allo stesso titolo delle altre cause e senza
privilegio alcuno, in quanto si viene organizzando uno spazio temporale nel quale i quadri visuali di
percezione acquistano la permanenza di oggetti. Lo sviluppo della causalit appare quasi parallelo, in quanto
insieme condizionato e condizionante, allo sviluppo dello spazio, del tempo e della sostanza. A questo modo il
processo di evoluzione della causalit, nei primi stad, quello di una dissociazione graduale, a partire da uno
stato iniziale di indifferenziazione, nel quale lefficacia reale e fenomenica sono indissolubilmente unite (B,
290).
Luniverso primitivo di questi stad un insieme confuso di quadri sensoriali di cui ciascuno apparisce al
soggetto come legato a certe regolarit date (Fenomenismo), e insieme come un prolungamento di certe
attitudini di desiderio e di sforzo (efficacia). Quando nel terzo stadio il bambino comincia ad agire sulle cose
con lintermediario della prensione, la situazione ancora non cambia; eccetto che i due poli cominciano ad
opporsi luno allaltro entro le sequenze causali di cui il soggetto prende coscienza. Lefficacia si presenta al
grado massimo nelle relazioni interessanti direttamente il proprio corpo, ed il fenomenalismo nelle relazioni
interessanti le cose fra di loro. Ma si tratta ancora di due poli indissolubili, poich ogni sequenza partecipa
insieme tanto dellefficacia come del fenomenalismo: le sequenze relative al corpo proprio sono semplicemente
percepite come dipendenti senzaltro dalla propria iniziativa e le sequenze esteriori come meno dipendenti, ma
tuttavia anchesse vi restano collegate.
A partire invece dal quarto stadio e soprattutto dal quinto, si produce una rottura di equilibrio. Alcune
sequenze causali cominciano a dissociarsi sia in parte (IV stadio), sia completamente (V stadio) dalla propria
iniziativa, in quanto la causalit si oggettiva e si spazializza, simultaneamente. Allora il fenomenismo si
differenzia dallefficacia e si trasforma perci in causalit fisica. Il P. ha cura di aggiungere che lefficacia non
scompare del tutto per gli oggetti esteriori; essa si confina solamente nellambito nelle connessioni di cui il
bambino prende| coscienza, fra le sue iniziative ed i movimenti del suo corpo e senza dubbio anche fra queste e
quelle dei corpi altrui.
La causalit di efficacia diventa cos causalit psicologica, non potendo questa affiorare che per opposizione
alla causalit fisica. Infatti nella misura in cui il bambino scopre che certe relazioni si costituiscono fra gli
oggetti senzalcuna sua ingerenza, egli prende coscienza tanto pi chiaramente dei poteri particolari che le sue
iniziative, i suoi desider od i suoi sforzi hanno su questo corpo centrale e perpetuamente presente che il corpo
proprio: lefficacia, che fino allora era attribuita alla propria attivit, viene limitata, e limitandosi si precisa e
si ferma, nellambito di tutti i movimenti percepiti dallorganismo. Il sopravvenire nel IV stadio della causalit
rappresentativa, cio della capacit di dominare lesperienza con gli schemi dellesperienza passata, distingue
maggiormente ed assicura la specificit ed insieme la connessione fra i contenuti soggettivi ed oggettivi. Ora,
secondo il Piaget, la teoria humiana, del tutto inadeguata per queste ultime forme, non priva di qualche
verosimiglianza nellambito delle forme incoative. Pare del tutto verosimile infatti che il bambino, appena ha
superato il livello dei puri riflessi e prende ad elaborare i suoi schemi in funzione dellesperienza, comincia
anche ad associare qualunque cosa con qualsiasi cosa; vi manca ogni connessione razionale, lassociazione resta
puramente fenomenista e tale perdura fin quando i quadri visuali non presentano la permanenza sostanziale.
Anche il proprio corpo scoperto un po alla volta, secondo che le necessit biologiche ed i contatti con il
mondo esterno obbligano a fissare parti determinate. Segue, da questi fatti, che tutta la persuasione sulle
causalit sia da attribuirsi, come vuole Hume, allabitudine? Seguirebbe al pi che il meccanismo interiore delle
reazioni circolari primarie e secondarie che sono nella nostra terminologia le organizzazioni primarie e
secondarie fosse riducibile alla sola abitudine: ma non cos.
Invero la reazione circolare primaria implica, secondo il P., un fattore di organizzazione o di ripetizione
attiva che supera ormai labitudine e che gi una forma di assimilazione la| quale tende a riprodurre un
risultato interessante, a ritrovare cio un effetto identico a quello percepito in precedenza: questa
assimilazione produttrice che spiega il sorgere dellabitudine, e non viceversa come pensa Hume. Allorch il
bambino, avendo provocato per caso un fenomeno interessante, si affatica a ripetere il suo gesto ed a ritrovare il
risultato desiderato, si pu ammettere che questo sforzo, il quale generer in seguito unabitudine, costituisce la
forma pi elementare della relazione causale. Solo che la costituzione di questo schema suppone gi fin
dallinizio, che il soggetto stabilisca un legame fra il risultato percepito poco importa che tale risultato sia
collocato nel mondo esterno o sia inerente al proprio corpo e una certa attitudine della attivit stessa.
dunque la percezione di questo legame, e non lautomatismo che passa in abitudine, ci che definisce per il
bambino la causalit. Un tale legame suppone certamente una sanzione sperimentale e su questo punto
lempirismo ha ragione (nellaristotelismo la teoria della . :a,a, assicura appunto tale sanzione); ma esso
implica anche la capacit di connettere, per cui si ha lassimilazione riproduttiva e generalizzante ed in generale
lorganizzazione intrinseca degli schemi. Hume non ha descritto che la corteccia esterna dei fatti. Il fatto su cui
egli insiste, cio che anche il proprio corpo scoperto ed appreso gradualmente, dimostra che la
differenziazione di qualsiasi oggetto, per immediato che questo possa essere, non si acquista che grazie ad una
elaborazione sempre pi complessa degli schemi: lorganizzazione degli schemi e lintervento della
intelligenza elementare per mezzo della cogitativa che costituisce la causalit percettiva, e non la sola
esperienza.
Lintroduzione dellattivit del soggetto nelle strutturazioni pi primitive della percezione causale porta a
riconoscere la parte di verit che spetta alla posizione biraniana: solo che questa, considerata nel suo insieme,
serve a descrivere al pi qualche situazione privilegiata delladulto e non certamente adatta a ritrarre la vita
infantile nei suoi primi passi. Noi sappiamo oggi dai lavori di J. M. Baldwin, dice il Piaget, quanto sia difficile
attribuire al bambino unintuizione diretta, esplicita| del suo io od anche una delimitazione fra il soggettivo e
loggettivo (B, 313). Si visto sopra, per la sostanza, che il primo presentarsi della realt secondo il contenuto
pi vago di qualcosa ; cos la causalit si presenter secondo la formula binaria anche unificata: qualcosa
agisce, qualcosa patisce senza poter subito distinguere ci che compete alloggetto ed al soggetto. Ci che
dato, allinizio, al pi il legame fra tale risultato e un sentimento di tensione che interessa lintera sfera del
soggetto. Ma lungi dal costituire lintuizione della volont propria o dellazione dellio, vale a dire lintuizione
di una corrente di energia che si porta dal soggetto sulloggetto, questo legame costituisce una presa di
coscienza piuttosto in senso centripeto, dellattivit assimilatrice che incorpora loggetto allazione propria. La
vita non si inizia quindi con lintuizione della causalit soggettiva, ma le cose si svolgono, come si dimostrato
contro la scepsi humiana, per una presa di coscienza delle relazioni che si vengono a costituire progressivamente
fra gli schemi di assimilazione, prima di ogni distinzione esplicita di un esterno ed interno. In altri termini la
coscienza si sviluppa nel contatto con le cose, ma in luogo di opporre un oggetto ed un soggetto, percepiti
anteriormente in se stessi, essa sappoggia e si sviluppa dalle relazioni mutue, date nei primi contenuti, per
differenziarli successivamente ciascuno per s. La causalit quindi essenzialmente percepita in seguito ad una
elaborazione intellettuale che ha per punto di appoggio, come si diceva, lunit di coscienza da parte del
soggetto, e la costanza fenomenale degli schemi percettivi da parte delloggetto: sono esse che rendono
possibile il passaggio al limite dellapprensione intellettuale da cui la percezione riceve lultimo e proprio
fondamento di unit e di significato.
E la fenomenologia elementare pu fermarsi qui.
Le precedenti riflessioni avrebbero bisogno di ulteriori approfondimenti. Tuttavia anche cos, come sono
state presentate, mostrano a sufficienza, credo, come soltanto in una filosofia schiettamente realista e
sostanzialista si possa pretendere ad una esperienza reale della causalit, se, come mi parso, lesperienza della
causalit pu sorgere soltanto in un soggetto gi| costituito come realt e sostanza, in quanto esso si mette in
comunione reale (fisico-ontologica) con oggetti o situazioni oggettive che sono parimenti da riferire ad altre
realt e sostanze.
Il primo problema metafisico quello dellessere e della sostanza, non quello della causalit; come,
rispettivamente, i primi contenuti di coscienza riguardano lessere e la sostanza, e soltanto in seguito, ed in
dipendenza della sostanza, il tendere e lagire. Segue da ci che impossibile tentare una giustificazione della
causalit tanto come rapporto ontologico, quanto come esperienza del soggetto, senza passare prima attraverso
una determinata concezione della realt e della sostanza.
E valga come conferma storica la condotta stessa di Hume, che pass alla critica e alla negazione dellidea di
potere e di connessione reale, soltanto dopo aver svuotato di ogni contenuto ontologico lidea di sostanza e lIo
stesso: lIo sfornito, privo di ogni consistenza interna, sidentifica di volta in volta con gli atti del momento
presente e con essi si frantuma e scompare, per riapparire nellistante successivo un altro sotto altri atti
52
.|
C quindi un doppio errore, ed una doppia radice dinsufficienza nel metodo biraniano; la pretesa anzitutto
di poter fondare criticamente lorigine (psicologica) e la derivazione delle categorie, prescindendo
dallassicurare le condizioni metafisiche della medesima, e poi il far passare (contro Cartesio) la causalit
innanzi alla sostanza; per questo hanno visto acutamente quei critici che negano che Maine de Biran sia riuscito
a porre nel centro dellanima una potenza capace di possedersi e di dominarsi, onde potersi presentare, come si
pretendeva, un focolare di causalit (Brunschvicg).
Litinerario per raggiungere la realt deve essere diretto, quello del pensiero classico, secondo il quale il
volere segue al conoscere e questo allessere del soggetto e delloggetto; le vie oblique riusciranno al pi a
calmare linquietudine spirituale di chi si messo a percorrerle, ma non potranno mai pretendere allevidenza
razionale.
La sostanza, e parimenti la causa, non sono n contenuti al tutto separabili dalle percezioni, n si riducono
allinsieme delle percezioni: sono invece forme e modi dunit intelligibile che la mente discopre entro i
complessi fenomenali, presenti alla coscienza. Come di fatto la mente li discopra, stato gi detto e verr ora
precisato, da un punto di vista strettamente comprensivo di tutto il lavoro, nella conclusione.|


CONCLUSIONE
SOMMARIO. Fenomenologia e Metafisica: apprensione e percezione dellente, lintegrazione percettiva, percezione ed astrazione,
gradi dintegrazione percettiva e di elaborazione astrattiva. Fenomenologia della Metafisica: presentazioni fenomenali e
determinazioni reali, la segregazione interiore dellente, processi fenomenali e processi reali, progressione fenomenale e comprensione
globale. La Metafisica della Fenomenologia: lessere proporzionale allapparire, la dialettica dellessere, la dialettica del conoscere.
1. FENOMENOLOGIA E METAFISICA
a) Apprensione e percezione dellente
Oggetto e compito della metafisica la determinazione di alcuni concetti e rapporti fondamentali che
valgono per lessere in quanto essere, rispetto ai quali tutti gli altri concetti e rapporti che formano i campi
specializzati del conoscere si pongono come casi particolari ed inadeguati. La conoscenza metafisica lunica
penetrazione intelligibile dellessere che sia adeguata, e le sue determinazioni non sono quindi preterparticolari
evito il termine universali solo e soprattutto perch valgono per tutti gli esseri nella loro universalit,
ma piuttosto perch esse abbracciano nel proprio contenuto ci che lente contiene come essere. Gatto, mosca,
tiglio, zolfo, uomo... sono contenuti nozionali chiusi in se stessi ed in tanto si determinano come soggetti in
quanto si segregano ciascuno per s e separano la propria causa da quella degli altri. Cos si pu conoscere bene
cos lo zolfo senza alcuna adeguata| conoscenza del tiglio, del gatto, della mosca o delluomo; e non neppure
necessario il conoscere a fondo tutto il regno minerale a cui appartiene lo zolfo. Ma una volta conosciuto il
contenuto dellessere in quanto essere e la sua struttura concettuale e reale, si conosce la struttura ed il
contenuto di ogni essere e di tutto lessere. La conoscenza metafisica importa per lo spirito lelevarsi ad un
punto di considerazione assoluta della realt, la quale possa restar consistente tanto rispetto alla molteplicit
degli esseri quanto rispetto alla variabilit dellente singolo, non per via di un eclissamento di tali condizioni
reali dellessere, ma perch ne contiene in s le ragioni supreme.
Ci fa supporre che ciascuna nozione particolare resta immanente allessere in quanto essere, e la nozione di
essere resta a tutte trascendente come ultimo principio di risoluzione intelligibile di qualsiasi contenuto, forma o
modo di essere. La trascendenza di predicazione della nozione di ente, ammesso ormai che non una semplice
universalit logica, suppone che essa non abbraccia solo i contenuti formali dellessere (lessenza), ma anche i
contenuti esistenziali da cui la determinazione dellessenza obbligata a prescindere. una trascendenza, quella
della nozione metafisica, di ricchezza e non di povert.
Questa sua opulenza, poi, non si fonda tanto sulla quantit o densit del contenuto, quanto sulla qualit del
medesimo; mentre ogni conoscenza specializzata, volgare o scientifica, abbraccia un particolare aspetto
dellente, perci stesso si preclude la conoscenza dellente in quanto ente: ne ritiene solo una possibilit. Se
ogni essenza particolare solo una possibilit dellente, la conoscenza dellente come ente, supera la
conoscenza dellessenza in quanto, sopra la possibilit, aggiunge la considerazione dellattuazione reale ovvero
della sua realizzazione di fatto come sinolo di essenza e di esistenza.
La realizzazione di fatto dellente non consta alla mente umana che sul fondamento dellesperienza
immediata o percezione. Si pu allora ritenere sia che la percezione non si fa presente nei suoi oggetti alla
coscienza se non per una qualche integrazione metafisica, sia di riscontro che la stessa posizione metafisica
del reale include un riferimento esplicito alle| condizioni fenomenali che ha loggetto nella percezione.
vero adunque come vuole Aristotele che la metafisica si costruisce e sta salda nella sua assolutezza perch
si regge sui princpi non di questa o di quella forma di essere, ma dellessere in quanto essere; ma non men
vero che la mente non arriverebbe ad alcuna concezione dellessere, in quanto essere, se la percezione non
mettesse lanima a contatto immediato dellesercizio dellessere. Perci la Fenomenologia, quale teoria generale
della percezione, un prolegomeno della fondazione stessa della metafisica in genere, come dei problemi
metafisici in ispecie. La posizione fenomenologica dei problemi metafisici non pretende di darne in anticipo la
soluzione, ma piuttosto di suggerire con la sua forma di struttura, nella quale la molteplicit fenomenale appare
unificata, la possibilit e la direzione di quellunificazione intelligibile comprensiva ch la soluzione
metafisica. La Fenomenologia e la Metafisica, cos intese, si corrispondono come lesterno e linterno di un
medesimo edificio: per noi, che possiamo penetrare la realt soltanto dal di fuori, la fenomenologia fornisce un
primo ed indispensabile punto di appoggio per linterpretazione metafisica del reale.
opportuno, dopo aver delineato, sia pur in forma elementare, i contenuti e le funzioni presenti nellatto
percettivo, il rilevare per quale modo nella percezione gli oggetti si fissino nellanima cos da farsi presenti
secondo la propria attualit di essere, e come la nozione di essere e le prime sue determinazioni ottengano un
riferimento immediato alla realt.

* * *

b) Lintegrazione percettiva
Sensazione e percezione il binomio della controversia contemporanea richiamano rispettivamente il
binomio di conoscenza specializzata e conoscenza metafisica. La sensazione e la scienza specializzata si
limitano ad un contenuto escludendo gli altri, non solo quelli di sfere conoscitive diverse, ma della stessa sfera;
anzi solo per via di questo isolamento che| si possono affermare nel proprio contenuto. La percezione e la
metafisica invece saffermano come conoscenze totalitarie e totalizzanti, come plessi unificati di contenuti
fenomenali, nel senso che in essa propriamente si compie il fine del nostro |eu ; di diventare in qualche modo
tutta la cosa nella percezione e tutte le cose nella conoscenza metafisica
1
. Come la percezione la
conoscenza integrale sul piano della sensibilit, cos la metafisica lo su quello dellintelligibilit pura. La
conoscenza metafisica presenta il reale nella sua totalit intelligibile; la percezione realizza la totalit dellessere
qual dato nella sua concretezza. Sotto ambedue gli aspetti, metafisico e percettivo astratto e concreto
lapprensione dellessere caratterizzata dalle qualit opposte ma non direttamente contrarie, almeno
nellinterpretazione qui tentata, che sono limmediatezza fenomenale e la costruzione funzionale. Loggetto
della percezione e della metafisica si pone nella mente come una unit strutturata dal molteplice sperimentale o
intelligibile che sta a fondamento dellapprensione globale in ambedue gli ordini.
Messa ormai fuori di contesa limmediatezza fenomenale, raccogliamo per qualche istante lattenzione
attorno allintegrazione a cui attendono le funzioni.
Lempirismo ammette lintegrazione, ne fa anzi un onnipotente deus ex machina che raduna dallestrinseco i
pezzi dispersi dellesperienza per formare indifferentemente qualsiasi sintesi: integrazione al tutto estrinseca che
sopprime lunit intrinseca delloggetto.
Anche lapriorismo, nelle sue varie forme da Kant allattualismo, introduce lintegrazione; ma essa o vi resta
una pura proiezione esteriore dellintelligibile e da esso non si distacca (idealismo), o ne resta del tutto
eterogenea cos che non viene a realizzare con esso quella corrispondenza per cui c unit nellintegrazione del
molteplice (dualismo kantiano).
C vera integrazione soltanto quando lesperienza pu lasciarsi penetrare dallintelligibile e lintelligibile
pu essere incorporato allesperienza. E c integrazione non solo di espe|rienza ed intelligenza, ma allinterno
stesso dei piani oggettivi dintelligenza e desperienza, onde resta aperta, non solo la possibilit di una
corrispondenza in generale fra lesperienza e lintelligenza, ma di una ancor pi particolare fra campi o forme di
esperienza e campi o forme di conoscenza sistematica. Le scienze, ed a loro modo anche alcune parti della
filosofia, organizzano tali corrispondenze regionali dellessere; alla metafisica invece non interessa che la
corrispondenza di massima tra lapparire e lessere, come tale. Essa lascia alla presentazione fenomenale la sua
nativa integrit e nulla esclude dallinflusso benefico della sua penetrazione intelligibile. Si arriva cos alla
conclusione, quanto mai interessante per il realismo anche se pu suonare strana, che il dato non mai cos
integralmente ed immediatamente dato, come quando esso si presenta allelaborazione metafisica. Lessere
dato proporzionato allessere considerato; per la metafisica che considera non questa o quella forma,
questo o quel modo di essere, ma lente nella totalit della integrazione fenomenale, lessere ha da offrirsi senza
restrizioni e parentesi, secondo la sua piena espansione.
Essere dato ed essere appreso appaiono correlativi: non questo un circolo vizioso ed un altro deus ex
machina? Per niente, poich le condizioni, per cui lessere dato in un ordine ed appreso nellaltro, non sono n
del tutto identiche e coincidenti, n del tutto diverse o disparate, ma distinte ed intercomunicanti; perci resta
salva la distinzione dei gradi funzionali e dei piani oggettuali ed assicurata la corrispondenza fra percezione ed
intelligenza, fra integrazione fenomenale ed integrazione ontologica.
Lintegrazione fenomenale o percettiva pu essere considerata sia come processo storico, a partire cio dal
primo svegliarsi della coscienza fino alla sua maturit; sia come atto che si pone ogni qualvolta la mente si
applica al concreto. Tanto il processo come latto avvengono per integrazione.
A) La percezione, considerata come processo storico, suppone un collegarsi sempre pi adattantesi di
processi molteplici che, nellincontro del soggetto con loggetto e nella presenza| che il soggetto ha di s e dei
suoi contenuti nello sviluppo della vita, provocano la integrazione che stata indicata come crisi di sviluppo,
emergenza e passaggio di limite. In questi incontri il primo processo funge da fondamento principale non
sempre esclusivo ; il secondo come attuazione nuova ed espressione propria delloriginalit della vita e della
conoscenza. Indico di questi incontri i principali, secondo coppie comunicanti:
1) Processi fisici (intenzionali) e processi fisiologici nella stimolazione sensoriale. Purtroppo siamo del
tutto alloscuro intorno alla natura di ambedue i processi che causano il primo risveglio della coscienza.
Abbiamo per, in generale, la certezza del fatto; ed oggi sappiamo in particolare che il processo fisico va riferito
se lontano, solo mediatamente al corpo esteriore, immediatamente alle modificazioni che lo stimolo
produce sulla superficie (di contatto) dellorgano di senso. A questo modo loggettivazione, anche di queste
qualit schiettamente sensibili, ha le sue cautele ed esige a rigore la messa in opera dellapprensione
delloggetto come tale, come per le altre qualit percettive (critica alla Konstanzannahme).
2) Processi fisiologici e processi psichici. Il fatto della connessione reale e corrispondenza messo fuori
di dubbio dalla psicologia normale e patologica fin dai tempi di S. Tommaso
2
. La natura e le modalit della
corrispondenza sono e probabilmente, come le prime, lo saranno sempre pressoch ignote (critica al
principio delle forme fisiche di W. Khler).
3) Processi di qualit sensoriali specifiche e di organizzazioni primarie. Il modo di presentarsi e di agire
dello stimolo fisico, come anche lanatomia degli organi periferici dei sensi particolari non riescono a dar
ragione della percezione evidente del continuo, il quale dal punto di vista funzionale ha unorigine propriamente
centrale (la contrazione spaziale e temporale del senso comune e della fantasia, o memoria primaria).
questo uno dei problemi pi ardui ed oscuri su cui possono gettare qualche luce le soluzioni aristotelizzanti
moderne| (STUMPF, LINDWORSKY, SELZ e WEIZSCKER): lo stesso Filosofo ne aveva con ardimento prospettato
il punto cruciale con la sua teoria della fantasia e del fantasma come st |ct; ,t,|e. |.
4) Processi di organizzazione primaria e di organizzazione secondaria. Molti di essi possono cadere
nellambito della coscienza, nella quale, almeno una volta, tutti hanno da presentarsi. Come lo stadio precedente
portava alla percezione del continuo come tale, il presente spiega la segregazione di questo continuo nei suoi
oggetti. In esso operano, dopo esserne stati un effetto, gli schemi percettivi e si delinea un primo grado di
incommensurabilit oggettiva, quello di forma e contenuto concreto (teoria della cogitativa).
5) Processi di organizzazione secondaria e processi intellettivi. Il momento iniziale della connessione
dato ancora dalla funzione collativa della cogitativa la quale, da una parte, conferisce agli schemi la struttura
definitiva e dallaltra, sotto la direzione dellintelligenza, organizza i contenuti di percezione in corrispondenza
delle classificazioni nozionali. Il momento centrale dato dalla subordinazione attiva che esercita lintelligenza
sulle funzioni conoscitive inferiori, ed in particolare sopra la cogitativa (teoria della conversio ad
phantasmata).
Tali sono i processi che formano lambiente psichico necessario ed abituale della percezione.
B) Latto della percezione hic et nunc dipende da una funzione di compromesso ove i momenti pi
salienti sono da vedere nellimpressione sensoriale attuale, nellintegrazione dello schema percettivo e nella
conversio ad phantasmata della intelligenza
3
. Limpressione sensoriale fonda la persuasione di| esistenza;
lintegrazione dello schema dispiega lessenza in concreto; la conversio ad phantasmata obbiettiva lessenza
in concreto secondo un contenuto definito nel campo dellessere.
Ciascuno di questi tre momenti, mentre accentra in s un contenuto inderivabile, a sua volta condizionato
dagli altri, appunto perch un momento di una situazione psichica globale. Il campo della percezione non
perci del tutto in bala alla eea, come voleva Platone, ma pu cogliere il vero ed essere conoscenza vera in
quanto in esso si diffonde una qualche irradiazione dellintelligenza. Ci avviene quando il compromesso fra i
tre momenti cruciali si fa secondo le proporzioni dimostrantisi praticamente adeguate.
Come lente concreto un sinolo reale, cos la percezione del concreto un sinolo gnoseologico che
contiene, secondo gradi var di unificazione, loggetto come un dato. E come ci sono in natura sinoli reali pi
o meno perfetti, cos ci sono nellanima sinoli gnoseologici pi o meno adeguati: e fra questi i pi soggetti
allinadeguatezza sono, per evidenti ragioni, i sinoli percettivi.
Comunque sia, il fatto che la percezione pu essere vera e lo su ampia scala per alcune classi di oggetti
ed il fatto che la stessa apprensione intellettiva si richiama alla percezione, ci obbliga ad approfondire in modo
pi sistematico il concetto dintegrazione gnoseologica. La percezione risulta esser vera quando avviene la
sutura fra il concreto e lastratto, fra la presentazione fenomenale e il contenuto intelligibile che ad essa viene
incorporato. Ora il contenuto intelligibile che unifica la percezione sorge nel suo seno per astrazione. Una
gnoseologia della percezione non pu prescindere dalla gnoseologia dellastrazione.|
* * *
c) Percezione ed astrazione
Percezione ed astrazione quanto differiscono nelloggetto proprio, singolare per luna, universale per
laltra altrettanto si corrispondono rispetto alle funzioni. Ci che stato detto sullintima connessione fra
percezione ed astrazione, nel processo genetico dellinduzione che porta agli universali ed ai primi princpi, vale
non meno per la costituzione in s degli universali. Il pensiero tomista mostra unaderenza cos viva ai problemi,
che anticipa, perfino nei termini, alcune preoccupazioni della fenomenologia contemporanea.
Il comprendere per astrazione proprio della prima operazione della mente nella quale appresa la natura
della cosa secondo il suo grado ontologico, e ci perch in essa soltanto si pu mentalmente prescindere da altri
contenuti che di fatto possono essere congiunti.
Il giudizio invece che ha da riferire la verit formale, le cose unite ha da riferirle per modum
coniunctionis; le cose distinte per modum separationis, per cui secondo San Tommaso al giudizio non
compete labstractio ma la separatio. Lastrazione propria della prima apprensione.
Sic ergo intellectus distinguit unum ab altero aliter et aliter secundum diversas operationes; quia secundum
operationem qua componit et dividit, distinguit unum ab alio per hoc quod intelligit unum alii non inesse; in
operatione vero qua intelligit quid est unumquodque, distinguit unum ab alio, dum intelligit quid est hoc, nihil
intelligendo de alio, neque quod sit cum eo neque quod sit ab eo separatum. Unde ista distinctio non proprie
habet nomen separationis, sed prima tantum. Haec autem distinctio recte dicitur abstractio, sed tunc tantum
quando ea quorum unum sine alio intelligitur, sunt simul secundum rem. Non enim dicitur animal a lapide
abstrahi, si animal absque intellectu lapidis intelligatur
4
.|
Tale astrazione per non si pu esercitare per tutti i contenuti indistintamente: vi sono alcune complessioni
oggettive ed alcuni rapporti immediati che vanno necessariamente appresi nella loro insiemezza.
Prima quidem operatio (intellectus) respicit ipsam naturam rei, secundum quam aliqua res intellecta
aliquem gradum in entibus obtinet: sive sit res completa ut totum aliquod, sive incompleta ut pars vel accidens
(...). (Sed) secundum primam operationem potest (intellectus) separare ea quae secundum rem separata non sunt;
nec tamen omnia, sed aliqua. Cum enim unaquaeque res sit intelligibilis secundum quod est actu, ut dicitur in IX
Metaph., oportet quod ipsa natura vel quidditas rei, intelligatur vel secundum quod est actus quidam, sicut
accidit de ipsis formis et substantiis simplicibus; vel secundum id quod est actus eius, sicut substantiae
compositae per formas suas; vel secundum id quod est ei loco actus, sicut materia prima per habitudinem ad
formam, et vacuum per privationem locati; et hoc est illud ex quo unaquaeque natura suam rationem sortitur
5
.
La ragione che apporta lAngelico in sostanza il principio della Totalit, trasportato nel mondo intelligibile
ed approfondito secondo tutte le esigenze delloggettivit. Compito dellastrazione di portare alla
contemplazione della essenza, la quale quando, come per la conoscenza umana, implica una complessit di
contenuti, si pone secondo un plesso di abitudini o rapporti sia allinterno come allesterno di s. Il nucleo
essenziale fonda le abitudini esterne e perci non ne dipende: da tali abitudini lessenza non contrae alcuna
modificazione costitutiva; a loro riguardo si pu quindi operare unastrazione perfetta che attinge il solo nucleo
essenziale.
Non possibile invece operare lastrazione a riguardo di ci che ha un ordine intrinseco allessenza.
Per lAngelico sono connessioni intrinseche soltanto le connessioni strettamente naturali: le artificiali
restano estrin|seche, e quindi separabili e trasportabili. La prima forma di connessione intrinseca quella della
parte al tutto: seguono la connessione che ha la forma alla sua materia e laccidente al suo soggetto. Non si
pu apprendere una parte se non entro il tutto, n la forma se non con la sua materia, n un accidente se non
assieme al soggetto a cui inerisce. Lapprensione una comprensione di quanto si presenta come
naturalmente connesso e vicendevolmente condizionato. Il modo di apparire non che un riflesso od
espressione del modo di essere.
Quando ergo secundum hoc per quod constituitur ratio naturae per quod ipsa natura intelligitur, natura ipsa
habet ordinem et dependentiam ad aliquid aliud, tunc constat quod natura illa sine alio intelligi non potest; sive
(a) sit coniuncta coniunctione illa qua pars coniungitur toti sicut pes non potest intelligi sine intellectu animalis,
quia id a quo pes habet rationem pedis, dependet ab eo a quo animal est animal; sive (b) etiam sit coniuncta per
modum quo forma coniungitur materiae, sicut pars comparti vel accidens subiecto, sicut simum non potest
intelligi sine naso; sive (c) sint secundum rem separata sicut pater non potest intelligi sine intellectu filii
quamvis illae relationes inveniantur in diversis rebus. Si vero unum ab altero non dependeat secundum id quod
constituit rationem naturae, tunc unum
6
potest ab altero abstrahi per intellectum ut sine eo intelligatur: non
solum si sint separata secundum rem ut homo et lapis, sed etiam si secundum rem coniuncta sint, sive ea
coniunctione qua pars et totum coniunguntur, sicut littera potest intelligi sine syllaba, et animal sine pede, sed
non e converso (loc. cit. 358-359).
I modi fondamentali di connessione naturale sono ridotti a due: parte e tutto, forma e materia, poich anche
gli accidenti stanno al soggetto come forma e materia. Di fronte alla psicologia contemporanea divisa fra i
sostenitori del principio della totalit e quelli del principio della forma, S. Tom|maso riconosce, con
Aristotele, che i due princpi sono irriducibili e che vanno ambedue conservati, se si vuol assimilare il contenuto
degli oggetti secondo la ricchezza ed intrinsecit strutturale che li caratterizza. Vi sono perci due forme di
astrazione.
Unde cum abstractio non possit esse, proprie loquendo, nisi coniunctorum secundum rem secundum duos
modos coniunctionis praedictos, scil. qua pars et totum coniungitur, sive forma et materia; duplex est abstractio:
una qua forma abstrahitur a materia, alia qua totum a partibus (...); una quae respondet unioni formae et
materiae, vel accidentis et subiecti, et haec est abstractio formae a materia sensibili, alia quae respondet unioni
partis et totius et huic respondet abstractio universalis a particulari, quae est abstractio totius, in qua
consideratur absolute natura aliqua secundum suam rationem essentialem ab omnibus partibus quae non sunt
partes speciei sed sunt partes accidentales (loc. cit., 360).
Viene qui da pensare che la connessione di forma e materia sia pi primitiva di quella di parte e tutto, e
che essa corrisponda al principio della Gestalt, ed abbia quindi unapplicazione ristretta alle forme
immediate; mentre il principio della totalit riguarderebbe le complessit ontologiche (o percettive) ove
possono fungere da parti le strutture di ordine elementare, quali la mano rispetto al corpo intero, un ramo
rispetto allalbero. E cos, come la percezione dellalbero intero implica lapprensione della organizzazione
immediata (primaria) delle parti in s e di quella (secondaria) che le parti ottengono nel tutto, la percezione di
una forma semplice emerge di per s con il solo riferimento alla materia.
Linterpretazione non mi pare esuli del tutto dal testo tomista ed ha il vantaggio di soddisfare, anche nei
termini, alle esigenze attuali del problema. Tuttavia pi probabile che le due connessioni (parte-tutto, forma-
materia) non si corrispondano n si subordinino direttamente, ma che esprimano due forme di costituzione
dellessere inderivabili: la costituzione essenziale di materia e forma e la costituzione integrale delle parti nel
tutto.|
Non autem inveniuntur abstractiones eis oppositae, quibus pars abstrahatur a toto per intellectum, si sit de
partibus materiae, in quarum definitione ponitur totum: vel potest etiam sine toto esse, si sit de partibus speciei,
sicut linea sine triangulo, vel littera sine syllaba, vel elementum sine mixto (loc. cit., 360-361).
Si viene perci ad affermare nella maniera pi esplicita che alla molteplicit esteriore corrispondono nella
nostra conoscenza forme immediate di segregazione degli oggetti e che gli oggetti di conoscenza si
stabiliscono come complessi interiormente unificati per due vie: o come tutto da parti, o come forma in materia.
I tutti e le forme sono da ritenere gnoseologicamente immediati l dove le parti, secondo la terminologia
gestaltista, risultano appartenenti, cio solidali, nellessere e nella natura, ciascuna del suo tutto naturale: l
ove la forma risulti intrinsecamente legata alla materia e la materia costituisca con la forma un unico oggetto
di conoscenza come di essere.
Lastrazione a questo modo non pi quella deprecata forma di separazione che si vuol far credere:
lAngelico distingue espressamente astrazione e separazione, tanto che ascrive al giudizio la separazione e
riserva allapprensione lastrazione; questa piuttosto un elevarsi alla contemplazione della struttura degli
oggetti che il lume dellintelletto ha in s assicurata al di sopra della contingenza e della provvisoriet della
esperienza. Quelle cose che sono per natura congiunte restano congiunte cos nella percezione, come
nellapprensione intellettuale; e come questa sorge sul fondamento di quella, cos la stessa percezione, quando
lapprensione intellettuale stata fissata, ne riceve di riverbero una maggior consistenza e incisivit
fenomenale, quella che il Michotte attribuisce alla incorporazione del significato.
La nozione classica di astrazione dice soprattutto il fissarsi definitivo nellanima degli oggetti, lunificazione
intelligibile, non la separazione dei princpi della realt. A differenza per delle teorie moderne essa distingue,
nel costituirsi delle sintesi oggettive, lappartenenza di fatto da quella di diritto: solo| questultima che
giustifica la conservazione delle parti nel tutto e della forma nella materia. Siccome gli oggetti nel campo
ontologico hanno una sola natura ed una forma sola di totalit e poich lessere si fonda sullunit e sulla
indivisione, altre possono essere le insiemezze fenomenali, altre quelle intelligibili. La struttura
fenomenale, che fondata sulle dualit esteriori dellessere (quantit e qualit), soggetta a un certo ambito di
variazioni, che lo stato attuale dei cambiamenti fisici pu determinare negli oggetti; la struttura intelligibile
invece immutabile (cfr.: polemica con lOrestano).
Le insiemezze fenomenali di uno stesso oggetto, preso isolatamente, possono perci essere molte e varie;
la struttura intelligibile unica e soggiace a tutte egualmente. Come poi dallunit ontologica dellessenza
possa venire la molteplicit delle attuazioni fenomenali, e come dalla molteplicit delle attuazioni fenomenali si
possa raggiungere lunit dellessenza intelligibile, non lo possiamo dire a priori, ma a posteriori soltanto, cio a
partire dai contenuti di percezione. Per noi tanto il problema metafisico dellattuarsi dellessere finito, come
quello gnoseologico della determinazione dellessenza, si dipartono dal fatto della percezione e poi procedono
insieme con esso sorreggendosi a vicenda in modo che quanto in un campo appare acquisito, diventa il sostegno
di un possibile progresso nellaltro campo. La percezione non ha alcuna determinazione o valore di fatto senza
lastrazione, n questa ha contenuto alcuno di realt senza la percezione a cui pi o meno direttamente possa
riferirsi. Una fenomenologia pura ed una metafisica (come Wesensschau pura) non si dnno.

* * *

d) Gradi dintegrazione percettiva e dapprensione astrattiva
Astrazione e percezione vivono luna nellaltra, ma non tanto compenetrate che lintelligenza non possa
rompere il circolo e raggiungere alloccasione, per suo conto, i valori intelligibili puri: altra cosa infatti la
percezione dellintelligibile| concreto che Callia, altra lapprensione dellastratto luomo. Nella percezione,
lintelligibile tanto immerso nella concretezza che si tratta pi di un atto proprio della cogitativa, che
dellintelligenza. Latto proprio dellintelligenza lapprensione del necessario e dellimmutabile e di quanto
forma la struttura interiore dellessere. Percezione ed intellezione stanno quasi come conoscenza materiale e
conoscenza formale, conoscenza di fatto e conoscenza di diritto. Luna non si potr mai ridurre allaltra: nella
seconda luomo raggiunge loperazione specifica della sua specie che tanto nobilitata da trascinare ad un
grado superiore anche la cogitativa che segna il limite estremo della conoscenza sensibile.
Tuttavia nelluomo la emergenza dellintelligenza non raggiunge che unautonomia relativa e per questo si
parla dinscindibilit di percezione ed astrazione e di coessenzialit fra pensiero vissuto e pensiero astratto
(Varisco), fra categorie materiali e categorie formali (Carlini). Come vanno intese la inscindibilit e la
coessenzialit? Come sinserisce lunit intelligibile entro lunit fenomenale?
La connessione fra il contenuto percettivo e quello intelligibile pu avvenire in due forme o, meglio, a due
piani: nel processo iniziale che d origine allintelligibile; e nel processo terminale che oggettiva lintelligibile
nei contenuti di percezione. Il primo il piano della conoscenza immediata, il secondo quello della conoscenza
riflessa. Ora, in quanto laristotelismo tomista non platonismo o razionalismo, esso sostiene che il principio di
qualsiasi conoscenza nel senso; almeno in questa vita la continuit del senso ed intelligenza non meno salda
di quella fra anima e corpo, di cui un riflesso. Ma in quanto lAristotelismo non un empirismo, esso sostiene
che il termine del conoscere, ovvero la sua fondazione oggettiva, pu essere fatta in modi diversi a seconda
della natura degli oggetti. Un altro mirabile articolo di S. Tommaso prospetta con ogni evidenza il problema: In
qualibet cognitione dice lAngelico duo est considerare: scil. principium et terminum. Principium quidem ad
apprehensionem pertinet, terminus autem ad judicium; ibi enim cognitio perficitur. Prin|cipium igitur cuiuslibet
nostrae cognitionis est in sensu, quia ex apprehensione sensus oritur apprehensio phantasiae quae est motus a
sensu factus, ut dicit Philosophus: a qua iterum oritur apprehensio intellectiva in nobis, cum phantasmata sint
intellectivae potentiae ut objecta, ut dicitur in III De Anima. Sed terminus cognitionis non semper est
uniformiter: quandoque enim est in sensu, quandoque est in imaginatione, quandoque in solo intellectu
7
.
V una forma di conoscenza che ha un riscontro adeguato con i contenuti della percezione e questa si
costruisce con un riferimento esplicito e proprio ai dati fenomenali immediati: tale il campo delle scienze
fisiche, le quali considerano la natura secondo le qualit sensibili ed i suoi molteplici cambiamenti. In questa
prima sfera di conoscenza lintelletto non pu fare passi importanti per proprio conto e deve appoggiarsi con
assoluta docilit allesperienza. LAngelico enunzia qui il suo principio del realismo delle scienze sperimentali:
Quandoque enim proprietates et accidentia rei, quae sensu demonstrantur, sufficienter exprimunt naturam rei,
et tunc oportet quod judicium de re vera, quod facit intellectus conformetur his quae sensus de re demonstrat; et
huiusmodi sunt omnes res naturales, quae sunt determinatae ad materiam sensibilem; et ideo in scientia naturali
terminari debet cognitio ad sensum, ut scilicet hoc modo judicemus de rebus naturalibus secundum quod sensus
eas demonstrat, ut patet in III Coeli et Mundi; et qui sensum negligit in naturalibus incidit in errorem. Et haec
sunt naturalia quae sunt concreta cum materia sensibili et motu et secundum esse et secundum considerationem
(l. c., 216).
La conoscenza fisica costituisce il I GRADO di astrazione. Vi si prescinde soltanto dalle caratteristiche
individuali; si ritengono le qualificazioni sensibili e le modificazioni naturali (alterazione, aumento e
diminuzione, generazione e corruzione)| le quali caratterizzano lessenza delle cose materiali.
Un grado superiore di astrazione ed un piano pi stabile di conoscenza dato dalla matematica, la quale
considera la natura sensibile oltre la sensibilit dei suoi attributi, fissandosi sopra la quantit pura, come oggetto
del calcolo e di propriet spaziali intelligibili. Poich la quantit sempre un attributo della corporeit,
loggettivazione della matematica abbisogna di un riferimento fenomenale, non per ai dati di percezione, la
quale offre sempre delle quantit qualificate, ma nelle costruzioni e rappresentazioni pure della fantasia. Nei
ragionamenti matematici ci aiutiamo con rappresentazioni di figure che constano di linee e dimensioni pure. La
matematica non abbisogna di concretezza di dati, ma di correttezza nelle illazioni mentali: Quaedam vero sunt
quorum judicium non dependet ex his quae sensu percipiuntur, quia quamvis secundum esse sint in materia
sensibili, tamen secundum diffinitivam rationem sunt a materia sensibili abstracta. Iudicium autem potissimum
de unaquaque re fit secundum eius diffinitivam rationem. Sed quia secundum eius diffinitivam rationem non
abstrahunt a qualibet materia, sed solum a sensibili; et remotis sensibilibus condicionibus adhuc remanet aliquid
imaginabile, ideo in talibus oportet quod judicium sumatur secundum id quod imaginatio demonstrat.
Huiusmodi autem sunt mathematica (l. c., 379).
Altra perci la forma dintelligibilit della quantit naturale e di quella matematica: in matematica, la linea
retta ed il piano toccano la sfera soltanto in un punto; ci che non avviene in fisica perch in natura non si dnno
punti, linee e superfici, ma corpi tridimensionali i quali si toccano secondo superficie continue limitanti. Et
ideo in mathematicis oportet cognitionem secundum judicium terminari ad imaginationem non ad sensum, qua
judicium mathematicum superat apprehensionem sensus: unde non est idem judicium quandoque de linea
mathematica quod est de linea sensibili; sicut in hoc quod linea recta tangit sphaeram solum secundum punctum:
quod convenit lineae separatae, non autem rectae lineae, ut dicitur in I De Anima (l. c., 216).|
Il TERZO ed ultimo grado di elevazione intellettuale la conoscenza di quelle cose che non dipendono dalla
materia in alcun modo, n quanto allessere, n quanto alla considerazione. La conoscenza di tali cose altissime,
come sono le divine, non pu riferirsi ai dati dei sensi o della immaginazione; lesperienza sensibile non ci pu
garantire che il punto di partenza. Quaedam vero sunt quae excedunt et id quod cadit sub sensu, et id quod
cadit sub imaginatione; sicut illa quae omnino a materia non dependent neque secundum esse neque secundum
considerationem, et ideo talium cognitio secundum iudicium neque debet terminari ad imaginationem neque ad
sensum. Sed tamen ex his quae sensu vel imaginatione apprehenduntur, in horum cognitionem devenimus (...
con i tre metodi dello Ps. Dionigi: causalit, rimozione ed eminenza). Uti ergo possumus in divinis sensu et
imaginatione, sicut principiis nostrae considerationis, sed non sicut terminis, ut scilicet talia judicemus esse
divina, qualia sunt quae sensus et imaginatio apprehendit (l. c., 216 s.).
Cerchiamo di cogliere le linee maestre di questa complessa gnoseologia. Ogni conoscenza rigorosa si compie
nellapprensione di unessenza ovvero nellastrazione dellintelligibile dal sensibile concreto: i gradi di certezza
e dintelligibilit delloggetto sono i gradi di astrazione dalla materia che radice di contingenza nellordine
esistenziale e di limitazione in quello essenziale. A questo punto la concezione tomista non distante da quella
husserliana. La percezione, che tutta vlta al concreto esistente, la prima forma di conoscenza, ma non
scienza; concretezza pregna della contingenza a cui la materia abbandona gli enti. La fisica, o scienza
sperimentale, segna il primo sforzo di liberazione da questa schiavit, in quanto viene lasciata fra parentesi
lesistenza che appartiene agli individui. La liberazione si stabilita pi decisamente nella fisica moderna con
lapplicazione della matematica al metodo fisico: applicazione che era stata forse prospettata dallo stesso
Dottore Angelico
8
. La matematica concepisce lesperimento, e la fisica lo verifica con materiali appropriati. La|
conoscenza delle cose divine si stabilisce pi per contrasto che per assimilazione ai contenuti fenomenali.
Si ha pertanto che i gradi di astrazione corrispondono alle tappe di una liberazione progressiva
dellintelligibile dallimmagine, o meglio dalle condizioni dellimmagine, nelle quali si riflette intenzionalmente
la contingenza della materia. A questo modo per un fenomeno curioso di convergenza spirituale si ha che quanto
pi ci allontaniamo dalle condizioni immediate del dato, tanto pi afferriamo la realt nei suoi contenuti pi
consistenti e profondi e ce la rendiamo presente. Tale conoscenza avviene solo allora che lapice della mente
pu esercitare il contatto intenzionale con il fondo intimo delle cose mutevoli poich solo lanima, la mente e
lessenza sono stabili, non la percezione e limmagine sensibile. Il concorso dellimmagine concreta
predominante sul piano fisico, quello dellimmagine pura in quello matematico.
E, per la metafisica, come arriva limmagine a dare il punto di partenza? la metafisica come si assicura poi la
emancipazione?
Il problema di una possibilit materiale della metafisica sempre quello della determinazione degli
Urphnomena che stanno allinizio dei primi contenuti ontologici. La eidetica husserliana meno legata al
sensibile della fisica, ma lo assai di pi della metafisica tomista e questo perch lo Husserl non ha concepito
che una forma unica ed uniforme dintenzionalit: cosicch questa, restando chiusa in se stessa tanto in basso
verso la presentazione concreta, come in alto verso la fondazione metafisica delle essenze, non ha potuto
salvarsi dallidealismo. Il tomismo ammette ben tre forme dintenzionalit distinte sia quanto al processo, come
per il contenuto, ed il circolo intenzionale perci non si chiude.

* * *|

2. FENOMENOLOGIA DELLA METAFISICA
a) Presentazioni fenomenali e determinazioni reali
Al terzo grado di astrazione appartengono, assieme alla metafisica da cui dipendono, la logica e la morale. La
logica realizza la forma pi pura di conoscenza poich rimane chiusa nel campo dellideale: essa si occupa
infatti dei rapporti che hanno fra loro i contenuti mentali e del modo di combinarli per ricavarne nel pensiero
deduttivo conoscenze nuove. Ci che alla logica interessa non lordine ed il modo di essere delle cose, ma
lordine delle idee e il modo di significare. La logica la conoscenza riflessa che la mente esercita sulle nozioni
della metafisica ed anche delle altre scienze le quali si dirigono immediatamente allessere reale delle cose.
Logicus enim osserva lAngelico considerat absolute intentiones (...). Sed naturalis et philosophus primus
considerant essentias secundum quod habent esse in rebus; et ideo ubi inveniunt diversum modum potentiae et
actus et per hoc diversum modum essendi, dicunt esse diversa genera
9
.
Matematica e logica, filosofia naturale e metafisica formano due gruppi teorici a s di cui luno si concentra
sullessenza isolata, laltro sullessenza e sullessere, secondo lappartenenza delluno allaltro. Non v dubbio
allora che mentre la matematica e la logica potranno svolgersi, almeno entro certi limiti, per un dinamismo
autonomo e al di fuori di preoccupazioni per una corrispondenza con il reale; la filosofia naturale e la metafisica
formano invece due tappe o forme di contemplazione della realt secondo che essa si presenta nellesistenza. La
fenomenologia che ricerca come si presenti nellesistenza la realt, non pu esser estranea alla metafisica: non
facile per mostrare in particolare come la fenomenologia introduca i problemi metafisici.|
Sbarazziamo un po il terreno. Anzitutto, se astrazione penetrazione ed unificazione di contenuti, la fisica e
la metafisica, che si sviluppano a gradi diversi di astrazione, abbracciano sintesi di contenuti di diversa densit:
di conseguenza i complessi fenomenali che le riguardano hanno da differire nel modo di presentarsi. Il botanico
che ha da classificare e definire le piante, ed il biologo le varie forme della vita organica, abbisognano di
determinazioni fenomenali estese ed accurate perch lo scienziato ha da raggiungere la essenza particolare, la
species specialissima. Ci obbliga il fisico a considerare la sola essenza, lasciando fuori il modo di essere;
anzi della stessa essenza lo scienziato non ne abbraccia che un aspetto ed oggi la specializzazione crea di
continuo nuove esigenze e limitazioni. Limitazione allessenza ed a determinazioni particolari dellessenza,
cosicch ladeguatezza che la scienza acquista in un campo comporta il sacrificio della comprensione globale
dellessenza anche per i campi affini a quello della propria specializzazione. (Si pensi, nella biologia, al gruppo:
Chimica organica, Fisiologia, Embrio-logia, Anatomia comparata, Botanica, Zoologia, Anatomia normale,
Antro-pologia, Genetica...).
La metafisica invece ha da considerare lessenza nella sua totalit ed in quanto una capacit di essere.
Mentre la fisica si diffonde attorno alle manifestazioni fenomenali, la metafisica tende a fissare il nucleo di
essere che ragione e fondamento ultimo di tutto il complesso fenomenale. Siccome le ragioni ultime sono le
pi universali nellintenzione e le pi intime nelloperazione, esse sono presenti, o possono esser rinvenute,
anche nelle presentazioni fenomenali pi ordinarie. In altre parole: lesperimento tecnico proprio della
scienza; per la metafisica possono bastare anche le presentazioni immediate, purch siano fondate come
oggettive. Di qui si comprende come il progresso della tecnica, mentre pu avere ripercussioni rilevanti, anzi
rivoluzionarie, nella scienza, non porta di per s alcun contributo diretto alla metafisica; ma piuttosto, in quanto
contribuisce ad allargare il campo della specializzazione, pu da essa allontanare perch frantuma quella visione
di insieme di cui la metafisica si alimenta.|
Le presentazioni fenomenali da cui si eleva la metafisica sono adunque complessi percettuali immediati nei
quali si mira a cogliere non il contenuto estetico, formale, utilitario o tecnico, ma lespressione di una forma e
di modo di essere che si fa presente allesterno con atteggiamenti e strutture da ritenersi simili, analoghi,
corrispondenti a quelli dellessere in s. Stringiamo un po il problema.
Fra i contenuti metafisici, alcuni hanno rispondenza fenomenale propria. Teniamo come nozioni metafisiche
fondamentali: ente, essenza, atto di essere, gli altri quattro trascendentali, la sostanza e le categorie, atto e
potenza, materia e forma, causa ed effetto; saggiungano Dio e le cose divine dellordine naturale. Per questa
ultima classe S. Tommaso ha gi escluso una adeguata corrispondenza fenomenale.
Nellaltra classe la prima nozione, lente, come ci che ha lessere, ha per proprio sostrato fenomenale,
sufficiente ed adeguato, tutta lesperienza e ciascuna percezione: in ogni percezione c qualcosa che si d
nellesercizio dellesistenza; qualcosa che ha latto di essere, sostanza od accidente. Linizio della metafisica si
confonde con il primo risveglio della coscienza quando lanima la prima volta avverte che qualcosa c.
Latto di essere, nel senso gi indicato, non ha un proprio riferimento nozionale ed un contenuto
dialetticamente vuoto per la nostra mente, la quale non partecipa della conoscenza dei decreti divini ai quali
subordinata lesistenza.
Il campo di analisi dellindagine metafisica lessenza, lens nominaliter sumptum, in quanto soggetto
reale che ha latto di essere: non in quanto tale o tal altra, corpo, vegetale, animale, ma in quanto sostiene in s
lessere e manifesta le propriet dellessere.
Lessenza, presa nella sua trascendenza, ha lampiezza dellente; la presentazione fenomenale dellessenza
non pone perci alcun nuovo problema: lessenza si trova dovunque c dellessere, in qualsiasi forma
realizzato. Senonch per lessenza si fa evidente una inadeguatezza fra pensiero e contenuto fenomenale che
nellente non era ancora manifesta. Lente, nel senso participiale, importa lesercizio dellatto di essere;
les|senza dice solo il soggetto che o pu essere. Ora, le presentazioni fenomenali si riferiscono direttamente a
ci che esiste attualmente e nulla possono assicurare intorno alla struttura fenomenale di ci che pu esistere. Il
contenuto metafisico invece di ci che pu esistere non meno consistente nel suo interno di ci che di fatto
esistente. Questo fa pensare che la presentazione fenomenale resta esteriore al contenuto metafisico come tale;
pi ancora, se il contenuto metafisico pu stare in s consistente, anche nellassenza di un contenuto fenomenale
proprio; e poich la struttura dellente possibile, come essenza, non da meno dellessenza dellente reale, ci
segno che la struttura dellente reale ha un suo proprio fondamento nei rapporti interni dellessenza, non nel suo
riferimento fenomenale. Il riferimento dellessenza quoad judicium si visto che resta interno allintelligibile e
per questo pu trascendere lesperienza.

* * *

b) La segregazione interiore dellente
Se lente come essenza abbraccia tutto ci che o pu essere, non v alcuna determinazione dellessere la
quale cada fuori dellessenza. Sostanza ed accidenti, atto e potenza, materia e forma, ed in generale tutti i
princpi determinativi dellessere, rientrano nellessenza e sono anche suoi princpi determinativi. Il dire
pertanto che la metafisica coesistente alla vita umana e che abbraccia tutte le manifestazioni dellessere; che il
bambino, il primitivo, lincolto vivono una metafisica elementare, pu avere un certo fondamento se si vuol
indicare che ad ogni stadio o forma di pensiero presente in qualche modo la coscienza della inadeguatezza fra i
contenuti fenomenali ed i valori intelligibili. Prese per in senso rigoroso tali espressioni sono improprie, poich
la metafisica non si pone che nel pensiero riflesso quando si ha la conoscenza esplicita dellente in quanto ente,
alla quale ben pochi hanno la capacit e la possibilit di potersi elevare.
Il dire pertanto che la metafisica sistematica preceduta| da una metafisica spontanea e rudimentaria non
vale pi per la metafisica che per la fisica, o la matematica. Pi ancora: siccome la metafisica segna il culmine
dellelevazione spirituale e daltra parte essa sorregge e dirige i problemi centrali della persona, da aspettarsi,
come di fatto avviene, che il turbine degli interessi immediati e le deviazioni culturali, razziali, storiche
introducano nel cosiddetto pensiero spontaneo tali soprastrutture che falsificano od almeno danneggiano
gravemente il contenuto metafisico del pensiero spontaneo. Il far credito alle capacit naturali della mente non
significa che qualunque suo prodotto sia fior di farina. Se nessuna scienza democratica, meno di tutte lo la
metafisica.
Questa riserva va accompagnata da una seconda che la bilancia. Se la metafisica lappannaggio di pochi,
ci dipende non da parte delle presentazioni fenomenali, ma piuttosto della disciplina mentale. Per fare della
buona metafisica si richiede uno spirito sano e disciplinato nei sensi e nellintelligenza, e nulla pi: non
certamente un laboratorio scientifico, e neppure le astruserie di raffinate analisi; i cospicui contributi della
fenomenologia contemporanea servono solo ad una penetrazione pi intima del suo oggetto, supposto gi
presente. lultimo e decisivo rifiuto che qui si fa dello psicologismo, mentre si tende a trarre tutti i vantaggi
che oggi pu offrire il metodo fenomenologico.
Il significato principale dellessenza quello di sostanza perch pi importante lessere in s sufficiente
che lappoggiarsi ad altri. La sostanza, come prima categoria dellessere, mostra allevidenza la tensione
nozionale che incontra la mente nella determinazione dellente finito. La principalit di essere pu affermarsi
come permanenza contro il variare, come unit contro la molteplicit e si gi visto come la sostanza affermi
sul piano fenomenologico questi attributi. Tuttavia il fatto stesso che il variare e la molteplicit accadono
nellambito della sostanza, porta alla supposizione che nella stessa sostanza vi sia un fondamento di tali
oscillazioni o degradazioni di essere. La sostanza, come categoria, non perci intelligibile che come sinolo
di due princpi, di cui luno fonda la sostanza come| efficienza e perfezione, laltro d ragione delle variazioni, o
delle degradazioni. Variazioni e degradazioni che sono dati fenomenali.
Diciamo allora che perfezione e capacit di perfezione (essere), atto e potenza, materia e forma non sono
senza un appropriato contenuto fenomenale: linizio di questa posizione metafisica stimolato dal modo di
presentarsi fenomenale della realt.
Il dualismo ontologico potrebbe fondarsi anche staticamente, a partire dalla sola molteplicit degli esseri od
anche dalla complessit delle determinazioni reali di ciascun ente; di fatto per stato il dinamismo che ha
suggerito la concezione dualista. Il metodo fenomenologico raggiunge in Aristotele una trasparenza concettuale
che mantiene con dovizia signorile la promessa fatta nella conclusione degli Analitici Posteriori e ripetuta con
maggior forza nellintroduzione alla Metafisica.
Come vi sono forme artificiali e forme naturali, cos si dnno processi di divenire artificiale e di divenire
naturale: il marmo grezzo diventa statua, e il vivente nasce, si sviluppa e muore; quello pu essere ben un
adombramento di questo. Vediamone il modo.
Dal marmo informe, dal legno, dal bronzo Policleto spinto dalla gloria o dalla cupidigia cava un Ercole
imponente. Abbiamo i due estremi: il marmo, od altra materia ancora grezza, e la statua rifinita. Lintervallo che
li separa colmato dallazione di Policleto alla nostra presenza, se cos ci aggrada: sotto il preciso incidere del
suo scalpello, lidea vagheggiata del semidio comincia a trapelare prima a linee vaghe, come di una arte arcaica,
poi sempre pi decisa fino a trasfigurare tutta la materia. LErcole di Policleto Ercole ed marmo: il marmo
grezzo era marmo, non Ercole, lidea era Ercole e non marmo. Lessere dellErcole di marmo, in quanto Ercole,
ha la sua ragione nellidea, ma lidea non ha consistenza reale che nel marmo. Dunque lErcole lidea
marmorizzata, una realt che consta del marmo cos e cos formato: sinolo di materia e forma, di perfezione e
della sua capacit, di potenza ed atto.
Certamente in questa analisi ha parte il ragionamento, ma| esso pu mantenersi cos aderente alla
presentazione fenomenale, che i due ordini intuitivo e concettuale si corrispondono punto per punto.
Il divenire naturale ha manifestazioni analoghe. Il seme germina la piantina la quale cresce in arbusto od in
albero che fiorisce e lascia cadere i semi, i quali saffondano nel terreno a rinnovare il ciclo perenne della vita.
Luovo si agita nellinterno, si scinde e si sviluppa in animale, che a sua volta originer altri individui. La natura
tutta pervasa dal fremito di essere, di affermarsi nella realt e di riuscire a plasmarla in idee che sono le specie
naturali. Raccogliamo un po lo sguardo della mente nella contemplazione del prodigio ch la costituzione, il
divenire di un essere. Qui lidea e la forma non vengono da ci che fuori della materia, come per lErcole,
ma si rivelano immanenti: comunque, ogni sviluppo di vita come ogni forma di realt fisica suppone un
sinolo di materia e forma. Le forme di vita per accentuano maggiormente nel loro sviluppo la pregnanza
dellidea.
Non v forse spettacolo che possa dare un contatto pi penetrante con la realt, dellassistere al microscopio
allo sviluppo di un uovo: la natura che viene sorpresa nei suoi segreti e nelle sue forze pi potenti. Luovo
fecondato indiviso, dopo un certo tempo, che nelle condizioni ambientali ottime relativamente breve, mostra
una forte contrazione ai poli appiattendosi sullequatore; di l a poco appare il segno di una lieve incisione
longitudinale che saffonda fino a dividere luovo in due parti esattamente uguali e corrispondenti, delineando la
simmetria bilaterale dellorganismo. La seconda divisione avviene di l a poco allo stesso modo; la terza, che
porta alla formazione di 8 cellule o blastomeri, avviene, non pi secondo lasse longitudinale, ma equatoriale; la
quarta divisione passando sopra ad altre particolarit presenta spesso una differenziazione in grandezza dei
blastomeri in mesomeri (8), micromeri (4) e macromeri (4) accompagnata di solito dalla rotazione della massa
evolutiva di 180. Con lavanzare delle divisioni ha inizio il periodo figurale che comprende in successione le
forme di mrula, blstula, gstrula e nurula: con la nurula| si gi iniziato il processo organo-formativo e pi
propriamente embrionale. La nascita dellanimale e quanto esso potr fare allesterno sono ben poca cosa al
confronto della ricchezza di forme che la natura aveva in precedenza realizzata con materna prodigalit
10
.
Riprendiamo lanalogia dellErcole. La forma dellErcole fa del marmo una statua, come la forma vivente fa
di unaltra materia la potenza prossima della vita; e come la statua pu essere frantumata e non resta che un
aggregato scomposto di materia, cos la vita pu abbandonare la materia che ritorna alle sue forme inferiori di
sintesi.
La presentazione fenomenale dei due processi non v dubbio che presenti unanalogia sorprendente.
Quando Aristotele ne ha tratto lo schema intellettuale di materia e forma, di atto e potenza, egli soddisfaceva,
con una assoluta docilit alla natura, allideale dellanima greca e dellumanit stessa di vedere nello sviluppo
della realt circostante la realizzazione dei piani di unintelligenza, di cui la nostra un riflesso ed una
imitazione nelle costruzioni dellarte e della vita.
Da questa fenomenologia del divenire reale, la nozione di sostanza come essenza e forma esce rinnovata;
essa non pertanto il sostrato permanente e la unit intelligibile, ma il principio e la ragione dello sviluppo
reale che essa provoca, domina e conduce. lessenza come natura.

* * *

c) Processi fenomenali e processi reali
Il divenire e lessere dellopera darte simile, non identico, al divenire ed allessere delle sostanze naturali;
nel primo| ci che diviene non lessere, ma una sua forma esteriore, nel secondo lessere e la sostanza stessa
che sono in divenire. Come?
Il divenire della statua tutto alla sua superficie; il divenire sostanziale del vivente invece allinterno, e
lesterno non ne d che lavviso delleffetto conseguito. Il marmo, che diviene statua, l si modifica dove arriva
lo scalpello; il plasma, che diventa organismo, si organizza in complessi, sistemi, organi, tessuti, elementi
cellulari, connettivi e di sostegno... Insomma lessere dellopera darte nella esteriorit, quello delle sostanze
naturali nella interiorit: di qui, lopera darte mostra forza, sdegno, dignit...; la sostanza reale ha tutto
questo. Luna una apparenza di realt, laltra la realt: difatti lErcole di Policleto potr essere il tipo
pi ideale della forza, ma il suo gesto sempre fermo; linfante, che ancora vive solo di riflessi,
incomparabilmente pi forte dellErcole. Perch linfante, sotto la gracile esteriorit del suo fiore che sboccia,
ha organi, tessuti ed un prodigioso complesso di forze vitali sorrette dallanima che saffaccia sul mondo;
lErcole al di l della superficie non offre che marmo, marmo e marmo... che, qui, la solitudine dellessere.
La fenomenologia pertanto dellopera artificiale si esaurisce nella esteriorit e pu risultare adeguata. La
fenomenologia dellessere naturale, comincia l ove si arresta la prima. Dove pu arrivare? compito delle
scienze analitiche descrittive portarla a termine, poich nei suoi sviluppi sistematici non interessa direttamente il
concetto metafisico di realt. Riprendiamo perci la considerazione del divenire biologico per tentare se ci
riesce di mettere in risalto i rapporti fra lessere e lapparire.
Sono stati descritti alcuni fra i principali stad figurali dellembrione: tutta qui la fenomenologia del
vivente?
Ho detto sopra che tali figure sono qualcosa delleffetto; quindi vi manca ci che pi importante, la
causa. Le figure embrionali seguono a profonde modificazioni chimiche del plasma, a vasti spostamenti e
slittamenti di interi gruppi di cellule, come lo mostrano le schematizzazioni del Vogt e che| vengono messe in
evidenza dalla tecnica moderna delle colorazioni vitali. Questi mutamenti profondi non hanno minor diritto di
far parte dello sfondo fenomenale che condiziona la comprensione dellessere.
Eppure anche i processi meccanici e biochimici non paiono i pi importanti, perch essi stessi, se possono
essere causa delle figure esteriori che lessere vien prendendo, sono effetto di forze, od almeno di una certa
situazione dinsieme, che li specifica irrevocabilmente per alcuni effetti e non altri, mentre per parte loro restano
a tutti indifferenti. Quale significato abbia lo slittamento di gruppi di cellule o unaccelerata proliferazione nei
pressi del blastoporo, non si comprende che in vista del processo dinvaginazione con il quale si accenna ormai
la simmetria bilaterale e sinizia la differenziazione degli organi: lesercizio normale della vita implica processi
della stessa natura. Ci significa ed il risultato dellindagine che lessere, come tale, ed i processi
dellessere, non sono lapparire ed i processi dellapparire. Gli uni non sono gli altri, ma neppure possono essere
senza degli altri: qui lapparire dellessere, e lessere non fuori dellapparire: e questo vale per tutti i
processi naturali. E ci tanto vero che lo stesso apparire riceve il significato ed una struttura intelligibile dal
riferimento allessere. Saffaccia a questo punto una constatazione di valore conclusivo per il punto di vista che
si vuol prospettare.
La consistenza dellessere reale finito, adeguato alla nostra conoscenza, dipende dal sinolo di atto e potenza,
di materia e forma nel quale si opera lunificazione dellessenza, e lunificazione essenziale il fondamento
dellessere.
Nel divenire dellopera darte i due princpi, materiale e formale, hanno unevidenza fenomenologica diretta
intuitiva: allinizio materia e forma sono separate, poi savvicinano, si uniscono, possono anche separarsi. In
ogni momento che io colga lopera darte, non faccio fatica ad individuarne la materia e la forma.
Nel mondo della natura non cos. Se mi metto a frugare nellesiguo volume di un infusorio o di qualunque
vivente non| v dubbio che io ho davanti un sinolo di materia e forma, di atto e potenza. Ma, nei dati che ho
davanti a me, come si riferiscono gli elementi di queste coppie? Non v organo, porzione di organo, tessuto o
cellula che sia materia e non forma, forma e non materia, perch in ciascuna parte del tutto c la vita in atto, c
quindi il sinolo di materia e forma in atto. Io posso scendere pi profondamente nel sondaggio dellessere,
penetrare nella cellula e distinguervi citoplasma e nucleo, e nel nucleo, cromatina, linina, succo nucleare,
membrana; nella cromatina, i cromosomi ed infine anche nei cromosomi i geni. Forse si andr avanti ancora. Ma
ho trovato forse lo sfondo fenomenale isolato che cercavo? No, ogni porzione del vivente in atto ha le
medesime esigenze reali e concettuali di qualsiasi parte od organo: una porzione che vive della vita del tutto,
cosicch tanto materia come forma o meglio anchessa si trova a partecipare del sinolo di ambedue.
Pi ancora. Lo scendere ai limiti estremi fenomenali, consentiti dalla scienza, mallontana piuttosto che
avvicinarmi allessere: difatti una delle cose pi certe che si sappiano attorno ai geni, che essi operano a
gruppi ed allora ci che importa di sapere la ragione che presiede alla formazione dei gruppi. Parimenti i
cromosomi della specie, che sono presenti in numero costante in ogni cellula dellorganismo, si originano per
complicati processi di ripartizione (la meiosi) il cui esito sfugge ad ogni indagine e previsione. Eppure ben
questo il momento pi importante nel divenire del vivente, fino a che si ritenga come i fatti pare continuino a
confermare che i cromosomi sono i portatori delleredit, e quindi della forma specifica e della forma
particolare di essere. Gli stessi cromosomi, tuttavia, sono il soggetto, non la causa e la ragione di tale
ripartizione. Dobbiamo quindi risalire oltre ancora e vederne lintima ragione nello stato complessivo
dellambiente vitale; espressione vaga, che ha il solo vantaggio di affermare che la realt della vita, che
investe tutto il vivente come totalit, non si spiega che per mezzo di princpi che abbracciano lessere in modo
totale e questi sono atto e potenza, materia e forma. La materia il soggetto della forma di essere e, nei viventi,
della| vita; la forma il principio dellessere in quanto essere ed in quanto tale essere.
Questa ricerca, nonostante la sua forma elementare ed per questo che pu esser considerata
fenomenologica ha messo in chiaro, credo, due risultati non trascurabili:
a) Che lessere, la sostanza, lessenza ed i loro princpi, atto e potenza, materia e forma, non
corrispondono aritmeticamente a determinate e proprie presentazioni fenomenali
11
.
b) Che tali presentazioni fenomenali sono da cercare e collocare sul piano della totalit dellessere e
della sostanza, e non su parti od aspetti isolati. La fenomenologia contemporanea, nella sua opposizione
allAssocia-zionismo del sec. XIX, ha ritrovato adunque la via del realismo. Questa via come pu essere
percorsa?

* * *

d) Progressione fenomenale e comprensione globale
Lessenza il costitutivo dellente. Si visto che le intimit fenomenali non sono le intimit dellessere,
n le possono manifestare; per renderci conto della consistenza oggettiva dellessere dobbiamo risalire e cercare
uno sguardo dinsieme. C ormai una constatazione significativa: lessere e la essenza, che si raccolgono
attorno ad una unit intelligibile, si| fanno presenti e si manifestano di necessit solo a traverso una molteplicit
fenomenale. Daltra parte questa stessa molteplicit non potrebbe fondare alcun riferimento, se in qualche modo
essa stessa non apparisse unificata nei suoi contenuti; lunificazione viene dalla subordinazione allo stesso
contenuto intelligibile. Ed eccoci di nuovo in un cerchio senza uscita!
Il cerchio invece aperto: basta che si ponga il problema nellampiezza che ad esso compete. Si potr allora
riprendere e precisare la fondazione fenomenologica del dualismo metafisico.
Il riferimento fenomenale di materia e forma nellErcole di Policleto immediato e traslucido, quasi una
seconda intuizione che il fascino dellopera darte eccita nellanima contemplante. La forma qui resta sempre
forma e sempre quella forma: la clava del semidio non si muover mai di un millimetro e da essa nessuno
ha da temere; parimenti la materia si conserva inalterata, fin quando non intervengano forze od altri processi
fisici soverchianti. Materia e forma restano immutate come e fino a quando lo sono i rispettivi contenuti
fenomenali. Nel mondo della natura le cose vanno in un modo alquanto diverso.
Infatti una delle prime tendenze del filosofare, la quale tende a ripetersi ciclicamente, che la realt sia
abbandonata ad un cambiamento perenne come lacqua del fiume che mai ritorna nel letto una volta percorso.
Il divenire naturale non sadatta per n agli schemi di Eraclito, n a quelli di Parmenide. Nel divenire
artificiale c una sola forma fenomenale, la quale pu imporsi nel campo desperienza senza concorrenti, con
un riferimento traslucido, si detto. Il divenire invece del vivente soggetto ad un intero ciclo di forme
fenomenali, dalluovo fecondato indiviso al feto maturo, le quali viste dallesterno sono ciascuna una figura
che pu stare a s e che pu fondare un riferimento fenomenale distinto di materia e forma. Le diverse figure di
sviluppo dovrebbero fondare fondazioni diverse di materia e forma e perci diverse determinazioni ontologiche:
i diversi stad embrionali starebbero fra loro come diversi esseri e diversi animali? Evi|dentemente ci non si
pu ammettere: la morfologia immediata adunque non sufficiente a caratterizzare lessere nellambito
fenomenale.
Qualcuno potrebbe tentare una sortita della difficolt facendo appello alle forze interiori dellessere. Ci che
qualifica lessere del vivente non sono le forme fenomenali, ma le forze interiori, quelle che la biologia
contemporanea insinua con le sue ricerche intorno alle localizzazioni germinali e agli organizzatori (H.
Spemann). Che le forze interiori dellessere siano pi importanti delle forme esteriori e che le precedano come
causa, per s ammissibile ed evidente; ma ci non fa avanzare il problema, non solo perch le due teorie
accennate sono ancora in via di elaborazione, ma anche perch le stesse forze a cui si fa ricorso esigono alla lor
volta una spiegazione dinsieme. Potr ben essere che lattuale configurazione del plasma sia leffetto di
unorganizzazione dinamica del plasma stesso e che una data porzione di embrione, p. es. il tetto
dellarchenteron, presieda alla formazione di determinati organi: ma come mai queste forze, dopo aver dato
origine ad una data struttura ed organo, prendono una direzione nuova per originare altre strutture che possono
differire fenomenalmente dalle precedenti pi di quanto si differenzia allo sguardo una specie animale da
unaltra?
Non possibile adunque oggettivare la dualit ontologica di materia e forma n in alcuna delle forme
fenomenali presa per s e neppure in alcuna struttura dinamica che sia soggiacente a particolari forme
fenomenali. Concludiamo: n i minimi fenomenali della fisica e della microbiologia, n i complessi
fenomenali o dinamici, singolarmente presi, possono fondare loggettivazione del dualismo metafisico
dellessere.
Come uscire dimbarazzo? Allargando ancora lo sguardo. vero che ciascuna fase e forma di sviluppo
isolata non suggerisce, a priori, n quale fu la base precedente, n quale sar la seguente, e da sola quindi non
pu informare sulla vera struttura dellessere: per tale inadeguatezza non ha luogo se si prende in
considerazione tutto lo sviluppo dellessere nel suo insieme. La legge biogenetica di Haeckel la conseguenza
della| applicazione del principio atomista in biologia. Potr ben essere che le forme embrionali di esseri diversi
sassomiglino fra loro, e potr essere che le forme in successione di una stessa specie sassomiglino poco o
niente: ma un fatto che lo sviluppo intero di un essere si ripete ogni volta con una regolarit infallibile di fasi e
processi e secondo un ciclo che resta assolutamente identico per ogni individuo della specie. La sostanza
vivente, per essere adeguatamente compresa e fondata, ha da essere abbracciata con uno sguardo che possa
estendersi non soltanto nello spazio, in cui prende posizione la Gestalt attuale, ma anche nel tempo nel quale
le singole Gestalten spaziali si configurano in una unica ed originale Gestalt dinamica di tutto lo sviluppo.
La forma complessiva di sviluppo allora ben pi importante delle forme isolate, e mentre queste possono
sembrare equivoche o indifferenti, quella non lo mai. Il valore che spetta alla forma complessiva non di
natura sommativa, ma emergente. Esso non va quindi apprezzato per un riferimento allo sviluppo visto
dallesterno delle sue forme, ma piuttosto per la considerazione della forma finale dello sviluppo nella quale si
afferma la specie propria dellessere. da essa che lo stesso sviluppo dinsieme prende la sua originalit. Due
uova, due mrule o gstrule possono presentare allesame fisico, fisiologico ed anche morfologico unassoluta
identit di caratteri, ma alla fine da una parte si avr un riccio di mare, dallaltra una medusa, sempre e soltanto
un riccio ed una medusa.
Le forme finali di riccio e medusa sono nettamente caratterizzate e possono ben fondare loggettivazione
di tutto il processo nel dualismo metafisico: levoluzionismo ed il monismo biologico invece pretesero di
spiegare lessere con il divenire, la forma con il suo sviluppo, il determinato con lindeterminato, latto con la
potenza. Nel vivente, ad una fase di sviluppo isolata, pu esser detta forma ed atto la struttura che esso ora
presenta e materia ci che stato tratto a questa struttura; in tutto il complesso di sviluppo, materia il
complesso stesso delle forme ed forma la legge di sviluppo che caratteristica della specie. Nellespansione
reale dellessere costituito, forma| il principio che caratterizza, assieme alla struttura corporea degli organi, il
risultato dellazione ovvero il rendimento reale delle funzioni dellessere, onde il gatto miagola e fa le fusa ed il
cane abbaia. Altrettanto si dica per le manifestazioni dellessere nellordine fisico, antropologico, etnico e
culturale
12
.
Nellaccingersi a determinare lo sfondo fenomenale dellessere e della sostanza, della materia e della forma,
dellatto e della potenza, non parte a parte, settore a settore che sono da mettersi in corrispondenza, ma il tutto
che determinato con ci che determina il tutto. La fenomenologia che ci pu far assistere al primo sviluppo
dellessere nel suo costituirsi ed al suo affermarsi, come per un individuo di una data specie, assolve il suo
compito in quanto anchessa pu organizzare i suoi contenuti per una presentazione globale. Fenomenologia
globale e comprensione globale dnno alla mente umana il contatto con lessere.

* * *

3. LA METAFISICA DELLA FENOMENOLOGIA
a) Lessere proporzionale allapparire
Considerato in una forma od aspetto isolato di presentarsi, lapparire pu risultare vago, inadeguato e per
nulla corrispon|dente allessere; considerato per nel suo insieme, lapparire ha da corrispondere in qualche
modo allessere, poich esso la unica finestra che apre lo sguardo dellanima sullessere. In qual modo? Urge
perci che stringiamo pi da vicino il problema della determinazione dellessere come sinolo reale di atto e
potenza, di materia e forma.
LHERBART, riassumendo la critica moderna al pensiero classico, ha negato la possibilit della
corrispondenza fra fenomeno e noumeno nella forma che qui si vuol prospettare. Il quid delle cose egli dice
non ci reso noto dai sensi. Poich, primo: tutte le propriet delle cose, date nella percezione, sono relative. Le
circostanze non soltanto si mescolano nella percezione (come ha mostrato lo scetticismo) ma la determinano
siffattamente che le cose non avrebbero punto queste propriet senza queste circostanze accidentali. Un corpo
ha colore; ma non senza luce: che cosa dunque questa propriet nel buio? Esso risuona; ma non senza aria: che
cosa questa propriet nello spazio privo di aria? pesante, ma soltanto sulla terra; sul sole il suo peso sarebbe
maggiore; nello spazio vuoto infinito non sussisterebbe pi [...]; e in questo modo neppure una sola propriet
indica ci che il corpo, lasciato tutto tranquillo, per se stesso
13
.
Cosa vuol dire lo H. con lespressione il corpo lasciato tutto tranquillo? Una posizione assoluta del
corpo il quale non dovrebbe avere alcuna relazione con il sistema degli altri corpi?
Ma questo il postulato leibniziano della monade senza finestre, dalla quale bandita ogni possibilit di
azione e passione, ogni assimilazione reale ed intenzionale. Che lessenza del corpo non sia n il colore, n il
suono, n la pesantezza od altra qualit sensibile..., pacifico; com pacifico che lessenza non data dai sensi.
Lessenza dei corpi, ontologicamente considerata, antecedente a quelle propriet; non per realmente, e meno
ancora gnoseologicamente. Il corpo, ed ogni sostanza, non si pone nel mondo che come un centro di azione e
passione| e la sua essenza la radice sia reale come intelligibile che specifica lagire ed il patire. Il corpo
colorato, risuona, pesante: cos il corpo senza luce, senza laria che trasporti il suono, senza lattrazione
terrestre? ci che capace di riflettere la luce con una vibrazione di una certa forma e lunghezza
corrispondente a dati colori, ci che pu far vibrare laria con unaltra forma e lunghezza di vibrazione, ci che
soggiace alla attrazione terrestre in determinati rapporti. Il fatto che non vi sono colori e suoni senza vibrazioni
di un mezzo, n peso senza lattrazione terrestre, non significa per nulla che il corpo sia indifferente a queste
propriet, ma soltanto che le qualit del corpo producono nel mezzo una corrispondenza di s secondo la natura
propria del mezzo, come il mezzo a sua volta produce una corrispondenza di s sopra il complesso psicofisico
che condiziona la percezione. La luce e laria sono le cause intermedie della comunicazione fra il corpo ed il
soggetto percipiente e non si vede perch nel corso normale della natura debbano essere esse i princpi unici e
radicali nella specificazione delle qualit percettive. Herbart per incalza subito con una seconda aporia. La
pluralit delle propriet non si concilia con lunit del soggetto. Chi vuol rispondere alla domanda: che
qualche cosa? risponde con la somma dei suoi segni caratteristici; secondo la formula, questa cosa a e b e c e
d ed e. Se si volesse prendere questa risposta alla lettera, essa sarebbe assurda poich sera discorso di uno,
dunque non di pi, che si possono riassumere soltanto in una somma, ma non fondere in unit. Ma la risposta (si
dice) va intesa cos: essere la cosa posseditrice di quelle propriet e riconoscibile da esse. proprio per ci che
fa duopo riconoscerla da ci che ha, e non da ci che ; ci si vede costretti a confessare che la cosa stessa,
posseditrice di queste caratteristiche, rimane ignota.
Herbart sa bene che non serio pensare che la essenza sia la somma delle propriet, e perci un po pi
avanti sente il bisogno di precisare maggiormente la sua obiezione. A suo parere noi siamo spinti a considerare
la cosa come posseditrice ignota di pi propriet dalla forma enimmatica, ma tuttavia innegabile, del dato,
secondo cui la materia dello stesso (cio le sensa|zioni semplici) non si incontra singolarmente, ma in gruppi
determinati che sono forme di combinazione stabili ed incondizionate nel proprio genere, le quali sono perci
effettivamente date (H. non atomista assoluto). Messo in chiaro che non conosciamo le cose se non per mezzo
delle loro note e che le molte note non indicano una sola cosa se non prese insieme, ne segue che il concetto
sopraddetto della cosa, come ignota posseditrice di pi propriet, deve pur conciliarsi con la pluralit delle note
affinch il principio e la fine della rappresentazione non vengano in contrasto lun laltro. Ora, gi un cattivo
segno che le note medesime, per le quali sappiamo che una cosa sussiste, non possano punto indicare che cosa
sia questa cosa. Ma dal postulato che la cosa debba possedere le molte note, si sviluppa addirittura una
contraddizione. Il possedere e lo avere le note, va pure ascritto in ultima analisi in una maniera qualsiasi alla
cosa come alcunch di peculiare alla sua natura, come una determinazione del suo quid: perch di lei
medesima vien detto possedere essa od avere quelle molte note. Alla fine non resta che ununica e semplice
risposta, che la essenza esclude ogni pluralit
14
.
Laporia ha origine dal mettere sullo stesso piano e dal voler far corrispondere direttamente contenuti
fenomenali e contenuti ontologici. La molteplicit certamente non pu spiegare lunit nello stesso ordine; si
pu anche ammettere che la comprensione adeguata dellessenza, come tale, non pu avvenire che per via
diretta, cogliendo senza intermediar la differenza costitutiva. Ma non si comprende perch la molteplicit non
possa portare alla concezione di ununit in un altro ordine ed offrire a questo modo una concezione propria e
sufficiente, anche se non adeguata, dellessenza. E questo il caso.
Contenuti fenomenali e contenuti reali si corrispondono proporzionalmente. Si vuol dire che non il singolo
fenomeno od un singolo gruppo di fenomeni preso a parte che indica lessenza, ma piuttosto lintero insieme
dellesperienza che riguarda un dato oggetto in quanto essa esperienza presenta una| organizzazione e stabilit
sufficiente di contenuti in cui trasluce, nellunit e stabilit di struttura, lunit e la stabilit dellessere. La
molteplicit delle note a questo modo non esclude lunit dellessere, purch sintenda ununit imperfetta,
diminuita: quella che risulta dalla composizione di due princpi complementari, atto e potenza, forma e materia.
E la molteplicit, mostrando nel suo seno le classi fondamentali di propriet attive e passive, di estensione e di
qualit, introduce appunto con un riferimento proporzionale allessere soggiacente che consta di un
principio radicale di azione e di uno di passione. E si parla di riferimento proporzionale per due ragioni: a) in
quanto lessenza, od un principio dellessenza, son fatti corrispondere ad un gruppo di fenomeni e non ad un
fenomeno singolo; b) ed in quanto ciascun fenomeno o gruppo di fenomeni porta in s il carattere sia delluno,
come dellaltro principio, e non indica precisamente luno di essi che in funzione del punto di vista assunto nella
considerazione globale del complesso percettivo.
Chiarifichiamo: i contenuti fenomenali primar sono i sensibili propr ed i sensibili comuni. Se si tiene conto
della efficacia operativa non v dubbio che i primi indicano latto e la forma, i secondi la potenza e la materia:
di fatto i sensibili comuni sono modificazioni della quantit che la propriet dellessere in quanto materiale.
Ma se si considerano la struttura delloggetto e la sua differenziazione, allora sono i contenuti qualitativi ad
indicare la materia, ed i sensibili comuni indicano la struttura (esteriore) e richiamano quindi la forma
sostanziale che il principio della struttura intelligibile. Il che significa che sul piano fenomenologico c s una
dualit fondamentale di contenuti, ma la posizione ontologica di tale dualit non data direttamente, ma
mediata dalla comprensione globale. Brevemente: sul piano percettivo atto e potenza, materia e forma sono
reversibili e soltanto sul piano intelligibile sono irreversibili.
La ragione intima della inadeguatezza fra lordine fenomenale e quello intelligibile soggettiva ed anche
oggettiva: non dipende cio dalla sola condizione del conoscere umano,| ma anche dalla eccedenza ontologica
che ha la specie sopra le sue realizzazioni individuali e perci fenomenali. Le essenze naturali non possono
essere forme senza materia; ora lessere esse ricevute nella materia limita ogni volta lintensit della perfezione
propria della specie, cosicch ogni presentazione fenomenale inadeguata a manifestarla nella sua pienezza
15
.

* * *


b) La dialettica dellessere
Lintroduzione del concetto di una corrispondenza proporzionale fra il contenuto dellessere metafisico e
quello della presentazione fenomenale ha portato a riconoscere alla metafisica il massimo grado di assolutezza,
la quale di contraccolpo si accompagna con una dialettica interiore ai suoi stessi contenuti. Cos lente? una
certa essenza che ha latto di essere. E lessenza cos? Ci che fa che una certa cosa sia ci che . Ed una cosa
come si rivela essere ci che ? Da ci che fa e manifesta al di fuori.
Ora ci che la cosa fa e manifesta di s non porta alla concezione di un contenuto semplice indivisibile, ma
ad un sinolo di (due) princpi opposti, la materia e la forma, la sostanza e laccidente ed in genere latto e la
potenza. Lessere, che concepito come sinolo di atto e potenza, si prospetta perci sul piano reale in funzione
di un equilibrio di princpi anta|gonisti; sul piano concettuale in funzione di una subordinazione di contenuti,
come una forma partis e una forma totius. In ambedue i casi il sinolo si regge per la dialettica di princpi
contrar che vengono fatti convivere insieme.
1) C una prima forma di dialettica, quella fra la forma totius (lessenza) e latto di essere: la
dialettica metafisica pura sulla quale, a mio parere, la fenomenologia non ha quasi alcuna presa. Per questo
stato attribuito alla fenomenologia solo un compito propedeutico materiale, non formale.
2) C una seconda forma di dialettica, quella fra la forma totius e la forma partis: la dialettica logico-
metafisica nella quale si fanno espliciti i rapporti fra concreto ed astratto nellordine predicamentale, e si dice
che lente naturale composto di materia e forma ed il vivente di anima e corpo e luno e laltro di sostanza ed
accidenti. in questa seconda dialettica che la fenomenologia ha da compiere la sua funzione di sostegno
materiale alla progressione delle determinazioni concettuali.
3) C infine una terza dialettica, quella fenomenologica, fra sensibili propr e sensibili comuni, fra
sensibili per se e sensibili per accidens: questa, poich resta fuori dellordine intelligibile, non ha una
portata speculativa definita. La riceve quando viene subordinata come costitutivo materiale, ovvero quando
viene assunta come uno dei poli della seconda forma di dialettica.
La seconda dialettica, di cui sono state prospettate, un momento fa, le caratteristiche, occupa il centro nello
sviluppo del pensiero umano, come la prima nel pensiero angelico puro, e la terza nella psichicit animale. La
prima dialettica non ha alcun bisogno del riferimento fenomenale; la terza resta essenzialmente materiale e
perci concentrata attorno al concreto, sotto laspetto del rendimento biologico immediato. Solo la seconda pone
il problema del passaggio o della corrispondenza fra lapparire e lessere.
Moltissimi uomini, osserva lo Herbart, rimangono durante tutta la loro vita al punto di vista dellesperienza
volgare; altri se ne sollevano pi o meno; i pi trovano comprensibile, senza| nessun ostacolo, un mondo
materiale, mutevole, e perfino la mutazione nella loro persona
16
.
Lessere mobile o immobile? La fenomenologia pu fondare ciascuna delle due parti dellalternativa con
eguale evidenza e non vero che lesperienza mostri soltanto la mutazione. Le soluzioni speculative che hanno
soppressa luna delle parti per riferire esclusivamente allaltra linterpretazione del reale, non possono trovarsi
in accordo con i dati primar del conoscere. vero che alcune classi di qualit possono cambiare; tuttavia altre,
non meno reali delle prime, restano: se cambiano i sensibili propr, restano i sensibili comuni; se cambiano
anche i sensibili comuni, restano i sensibili per accidens. Il camaleonte, alcuni pesci ed alcuni insetti si
mimetizzano con il colore dellambiente, ma non cambiano figura. Lembrione cambia in molte guise la sua
figura; parimenti gli insetti assumono, nel ciclo evolutivo, delle forme di vita libera le quali tanto dal punto di
vista morfo-biologico come da quello degli istinti non hanno alcun punto di contatto: si pensi al bruco, alla
crisalide ed alla farfalla.
Tuttavia tali complessi fenomenali, apparentemente tanto eterogenei, si riferiscono sempre ad una unica
sostanza ed essenza, perch nello sguardo dinsieme formano, per la mente, un ciclo evolutivo unico che si
ripete sempre infallibilmente al medesimo modo. La unificazione fenomenale in cui dato il valore concreto
dellessere con riferimento al suo svolgersi reale ed a quello del soggetto conoscente, quanto stato designato
come sensibile per accidens e costituisce la sfera della cogitativa. La zona dei sensibili per accidens
costituisce la prima emancipazione cosciente dalla tirannia della concretezza attuale, come la percezione del
continuo ci libera dalle limitazioni spaziali della stimolazione periferica.
Stabilit e variazione sono attributi che competono con pari diritto alla realt di cui c esperienza, e c da
meravigliarsi perch lHerbart non abbia qui sviluppato una terza| aporia, come ha fatto per la relativit e la
molteplicit delle qualit sensibili.
Senonch anche questa non avrebbe un esito pi conclusivo delle altre due.
Difatti se lessere appare mutabile ed appare stabile secondo contenuti diversi, ci un segno che alcuni
princpi dellessere si conservano stabili, mentre altri mutano; nelle mutazioni esteriori mutano gli accidenti e
resta la sostanza; in quelle pi profonde muta la forma e resta la materia
17
. Il criterio per determinare se siamo di
fronte ad una mutazione accidentale oppure sostanziale non pu esser trovato che nella osservazione
fenomenologica. Ma siccome lordine fenomenale e quello ontologico si corrispondono soltanto
proporzionalmente, soltanto rispetto ai casi pi frequenti e di ordine pi generale che si pu essere informati
con assoluta certezza dellavvenuto trapasso: un mucchio di ceneri ed un corpo in decomposizione portano in s
il criterio indiscutibile della combustione e della morte. Ma la combustione e la morte ed ogni comportamento
dellessere in quanto essere, noi non li sperimentiamo direttamente, ma sempre ad una certa distanza e sotto
una certa trascrizione, quella fenomenale. Le cose stanno come se lessere e lessenza si presentassero allanima
trasportati di tono. Lessere procede al suo sviluppo ed al suo decremento per mezzo di un dispiegamento od
involuzione graduale di energie di cui noi avvertiamo nellesperienza soltanto le anse in cui termina un processo
e sorigina un altro, quei punti cio che riescono ad interferire con la nostra vita. Ci che non devessere molto,
rispetto alla densit ontologica del reale.
Noi ci troviamo di fronte alla realt come dinanzi ad una proiezione cinematografica che venga girata con
velocit oscillante fra il movimento Opt e quello Sim, ove passati i primi| minuti di stordimento, riusciamo a
fermare (nella percezione) qualche quadro e poi un altro e tentiamo di metterli in connessione. Per molto tempo,
ed in non pochi settori per tutta la vita, il reale batte alle porte della coscienza con un ritmo superiore alle sue
capacit di assimilazione.
Ancora qualche chiarificazione. Lessere e la essenza, che nel momento logico del conoscere offrono un
contenuto rigido ed immutabile, sul piano reale si presentano come princpi e termini dello sviluppo che la
mente constata nellesperienza. La presenza degli accidenti nella sostanza porta la mente a concepire lessenza
come finita nellordine dellessere, e genera la prima dialettica che si conchiude con laffermazione di una
derivazione reale dellente finito da quello infinito e di una composizione reale di essenza e di atto di essere
nellente finito come tale. Il compito propedeutico della fenomenologia in questa dialettica si limita a presentare
la molteplicit degli accidenti e la concretezza della sostanza. Ci costituisce, secondo S. Tommaso, solo
linitium della dialettica metafisica, la quale poi procede con le sole risorse dellevidenza intelligibile e
termina ad una conclusione, laffermata dipendenza causale del finito dallinfinito e la composizione reale di
essenza e di atto di essere, per la quale non possibile, n daltronde concepibile, un qualsiasi riferimento
fenomenale.
Non cos per la essenza, che sinolo di materia e forma, e per lente predicamentale, che sinolo di sostanza
ed accidenti: qui il riferimento fenomenale sorregge, non solo linizio, ma anche lo sviluppo e la stessa
conclusione della dialettica. Si detto per che li sorregge a distanza, proporzionalmente: che si vuol dire?
Nientaltro che affermare in generale linadeguatezza fra il contenuto fenomenale di ogni grado e natura ed il
contenuto intelligibile. Il contenuto fenomenale, ed intendo il contenuto di percezione unificato ed integrato,
non la sensazione-elemento, anzitutto legato alla contingenza e poi il frutto di un compromesso fra i
contenuti dei piani oggettuali. Lessere legato alla contingenza si deve allo stesso oggetto, il quale nellesercizio
dellesistenza va soggetto alle oscillazioni di essere che lo fanno instabile in forme ed aspetti| var. La mente,
che nellastrazione si eleva alluniversale e conferisce alloggetto la universalit e necessit, non si allontana
dalloggetto ma piuttosto si fa ad esso pi vicina della natura stessa, in quanto che nel sinolo logico-metafisico
loggetto riprende quella densit e necessit ontologica che la natura affievolisce e disperde nella molteplicit e
nella contingenza. Ma, daltra parte, poich ci che veramente non sono le specie separate, ma gli
individui contingenti, laffermazione dellessere lasciata in braccio della contingenza e la percezione dellente
reale, su cui sappoggia laffermazione di esistenza, non pu essere che un compromesso fra i contenuti sensibili
ed intelligibili e fra gli stessi contenuti sensibili (principio della costanza). Alle cause oggettive della
contingenza percettiva vanno aggiunte quelle soggettive che non sono meno interessate al sorgere del
compromesso.
questa irriducibilit ed opposizione nei contenuti fenomenali, su cui sono fondate lapprensione di essenza
e laffermazione di esistenza, la determinazione dellindividuo e la concezione della specie, che fonda a mio
modesto avviso linizio della dialettica dellessere ed apre la possibilit per una ripresa integrale della
metafisica aristotelico-tomista sul piano della cultura contemporanea.

* * *

c) La dialettica del conoscere
Non v dubbio che, in linea assoluta, i gradi dellintensificazione ontologica sono anche i gradi della
conoscibilit, di modo che pi conoscibile Dio della creatura, la sostanza spirituale pi della corporale, la
specie pi dellindividuo e la sostanza pi dellaccidente. Ma per una coscienza, come lumana che si
sviluppa obbligata allesperienza, la progressione conoscitiva tiene un ordine quasi esattamente inverso a quello
ontologico: laccidente che conosciuto prima della sostanza, lindividuo prima della specie, la sostanza
materiale prima di quella spirituale e la creatura prima di Dio. Tale il risultato della fenomenologia di cui
bisogna ora precisare la| portata, se non si vogliono impaniare gnoseologia e metafisica in difficolt inestricabili.
Una prima osservazione, che simpone, riguarda il rapporto esatto fra i membri delle due serie ora elencate.
Quale significato da attribuire alla precedenza gnoseologica affermata dalla seconda serie? esso assoluto o
relativo?
Per la prima coppia: creatura e Dio, non v alcun dubbio che la precedenza attribuita alla creatura assoluta
e non ammette attenuazioni e reciprocit; nessun intelletto finito, non soltanto lumano, pu avere unintuizione
naturale di Dio ed superfluo il ricordare che nella conoscenza umana non v possibilit alcuna per un
riferimento fenomenale dellEssenza che supera ogni senso.
Per le altre coppie, la fenomenologia consiglia unattitudine guardinga ed in grado di suggerire alcune
riserve che non sembrano inutili. Essa afferma, in linea generale, che nello sviluppo della coscienza i membri di
ogni coppia hanno da esser dati insieme, poich impossibile, una volta che fossero dati separatamente, il
passare dalluno allaltro. Laccidente non si pu conoscere senza qualche riferimento alla sostanza, n
lindividuo senza qualche riferimento alla specie, n la sostanza materiale senza un riferimento alla sostanza
spirituale e viceversa. questo riferimento che fonda la dialettica del conoscere nellambito predicamentale:
vediamone il modo.
indiscutibile, e si pu constatare nellesperienza, che la sensibilit la prima a conseguire dei risultati
espliciti: ma siccome la sensibilit praticamente non si esercita mai, n si sa come possa esercitarsi,
separatamente dallintelligenza, da ritenere che ai contenuti espliciti della prima corrispondano di riflesso
nellanima contenuti impliciti della seconda. vero pertanto che i primi oggetti espliciti di conoscenza sono gli
accidenti e lindividuo; ma questi riescono a fissarsi nella coscienza nella misura secondo la quale in essa
vengono riferiti alla sostanza ed alla specie che lintelligenza stessa apprende immediatamente, bench in
confuso, negli accidenti e negli individui. Parimenti non men vero che loggetto proprio e proporzionato| del
nostro intelletto sono le essenze delle cose corporali, ma la corporeit stessa non potrebbe avere il pieno risalto
di ci che la caratterizza, se non venisse messa in contrasto con la spiritualit. E la spiritualit appresa
direttamente nella specie intelligibile in ogni atto del conoscere, e lopposizione di essere che essa presenta con
la specie sensibile lunico fondamento dellopposizione esplicita che in seguito sar posta fra la realt
materiale e quella spirituale.
Il conoscere umano cos, preso nel suo insieme, avanza per processi di convergenza degli accidenti verso la
sostanza, degli individui verso la specie, del materiale verso lo spirituale: convergenza, sintende bene, non
aggiunta dal di fuori, ma che coesistente e coessenziale al conoscere come tale. Allinizio non si presentano,
tanto al senso come allintelligenza, che contenuti confusi: appena lesercizio della vita porta a chiarezza alcuni
contenuti percettivi, si differenziano anche i contenuti intellettivi corrispondenti. La convergenza ottiene
propriamente leffetto di mettere in chiaro la corrispondenza e di offrire allintelletto il fondamento per
lastrazione scientifica. A questo modo, alla primitiva universalit di confusione dei contenuti mentali succede
la universalit logico-metafisica di predicazione, ed alla generalit di confusione dei primitivi contenuti
fenomenali succede la particolarit e densit caratteristica degli oggetti di percezione della coscienza matura. In
ambedue i casi di convergenza, il punto di sutura fra i due piani conoscitivi pu avvenir soltanto per il
riferimento dei contenuti intelligibili ai contenuti fenomenali della percezione, nella quale lessere e lessenza
sono dati come realizzati secondo una propria forma e struttura.
Quale forma e struttura? Latto di essere nella forma dellessenza, e lessenza nella struttura intelligibile di
cui la struttura fenomenale una espressione esteriore pi o meno adeguata: una volta per che la segregazione
fenomenale porta a riferire una struttura percettiva ad una essenza intelligibile, lintelletto ha di questa
unapprensione il cui contenuto resta, nel suo fondo, immutabile. Lessenza, cos compresa, diventa, secondo la
potente espressione aristotelica, la linea di resistenza| che lanima oppone allirrompere di fenomeni, luno fra i
molti (e . | :aa a :ea : Post. Anal. II, 19, 100 a, 7).

* * *

A questo punto la fenomenologia arrischia due ultime osservazioni. Luna, che in tanto possibile che
laccidente gnoseologicamente ritenga in s implicita la sostanza e lindividuo la specie, in quanto e laccidente
e lindividuo vanno riconosciuti a parte rei subordinati alla sostanza ed alla specie. Di quale subordinazione? Di
subordinazione reale, poich essa sola pu render ragione del dualismo e della dipendenza che si vuol
affermare. Ma non deve trattarsi solo di una subordinazione reale esteriore: allora i termini potrebbero essere
conosciuti almeno uno di essi del tutto indipendentemente dallaltro cosicch il riferimento di cui si parla
non sarebbe pi coesistente e coessenziale al conoscere, com stato provato. Si tratta quindi di una
subordinazione reale. La metafisica esprime la subordinazione reale, nella sua nozione pi assoluta, con il
termine di partecipazione: laccidente implica gnoseologicamente la sostanza e lindividuo la essenza perch
laccidente partecipa lessere della sostanza e lindividuo realizza non dico una partecipazione
dellessenza.
E la sostanza materiale va detta una partecipazione della sostanza spirituale? In linea assoluta, cio
trascendentale, senzalcun dubbio, poich tutti gli esseri fanno capo allUno che spirito. Nellambito
predicamentale, una risoluzione metafisica di tal natura non si impone, anzi viene direttamente esclusa. Poich
la convergenza gnoseologica di sostanza materiale e spirituale non della stessa natura di quella fra laccidente
e la sostanza, lindividuo e la specie: questa una convergenza essenzialmente di ordine integrativo, quella si
esaurisce nel contrasto. Ed il contrasto non avvicina, ma respinge.
La seconda osservazione riguarda le funzioni della coscienza. Nello sviluppo psichico loggetto saccresce
nellanima, in quanto lanima a sua volta saccresce in esso: la dialettica delloggetto non pu darsi adunque
senza una corrispondente dialettica delle funzioni conoscitive.|
1) Lapprensione sensoriale primaria si genera dalla convergenza dialettica delle funzioni dei singoli
sensi e del senso comune con la fantasia; questi secondi assicurano, alloggetto dei primi, la unit di coscienza e
la continuit fenomenale che quelli da soli sarebbero incapaci a fondare.
2) Lapprensione sensoriale secondaria sorge dalla convergenza del rendimento fenomenale proprio
dellorganizzazione primaria e della determinazione di valore la segregazione oggettiva propria della
cogitativa.
3) La percezione intelligibile avviene per la convergenza dellidea con i contenuti della cogitativa
(conversio ad phantasmata) nella quale, da una parte, loggetto contingente salvato dal relativismo proprio
della sfera sensoriale, e dallaltra lintelligibile astratto riceve la sua incorporazione al reale. Evidentemente i
sensi esterni non potrebbero subordinarsi nella sintesi oggettiva alla fantasia ed al senso comune, n questi e la
memoria alla cogitativa, n la cogitativa allintelligenza, se le coppie confluenti di funzioni non fossero ordinate
luna per laltra e ciascuna funzione di ogni coppia per la sua complementare. Per questo si pu parlare di una
partecipazione dei sensi esterni al senso comune ed alla fantasia, di questi due alla cogitativa ed alla memoria, e
della cogitativa e della memoria allintelligenza.
Partecipazione reale dice dipendenza e somiglianza: come di fatto si verificano queste due esigenze della
partecipazione nellambito gnoseologico degli oggetti e delle funzioni? Problemi questi profondi e ardui, non
meno di quelli della partecipazione reale, di cui si detto a suo luogo, entro i limiti di una fenomenologia
elementare.
Lanima vive degli oggetti che assimila nella conoscenza, nei quali essa stessa si realizza trasformando
progressivamente la sua infinit potenziale e virtuale in infinit attuale: lo stesso Essere divino non resta al di
fuori di questa potenzialit, ma piuttosto ne il fastigio. La sua vita ordinaria per si aggira nei due modesti
settori della conoscenza del mondo e della conoscenza di s.
La prima la conoscenza diretta. Imponente per la va|stit dei suoi materiali, essa resta circoscritta ad aloni
pi o meno esterni di propriet che racchiudono i nuclei essenziali, i quali per non possono avere da parte
dellanima che una comprensione astrattiva. Nessuno pu dire di conoscere quidditativamente alcuna cosa
sensibile, di averne unintuizione: del resto ci non costituisce un grave male, poich lanima si beatifica
soltanto negli oggetti superiori.
La seconda, bench condizionata, penetra pi a fondo. Lanima nella riflessione su di s conosce
adeguatamente la propria differenza specifica, intuendo la spiritualit della specie intelligibile, dei suoi atti e
delle funzioni superiori. Questo tenue lume rompe la monotonia della corporeit ed apre lorizzonte di un
mondo nuovo, nel quale lanima pu dire di trovarsi con gli spiriti e con lo stesso Iddio. Lente assolutamente
immateriale forma infatti loggetto della metafisica classica platonizzante, ed in buona parte anche di quella
tomista.
Certamente lanima pu essere pi presente a se stessa di quanto non lo siano ad essa gli oggetti del mondo
esterno; e Iddio pi presente allanima che essa a se stessa. Tuttavia nelle condizioni della vita presente
lanima non pu sperimentare immediatamente il contatto beatificante della divina presenza e si deve
accontentare di arguirlo dalle similitudini e partecipazioni che si offrono nelle cose e nella sua stessa vita. Dio
viaggia con lanima in incognito e quaggi non suole svelarsi.
La stessa conoscenza che lanima ha di s, bench sia la pi propria fra tutte le conoscenze, non
comprensiva appieno. Invero la sua determinazione ontologica non si compie che per argomentazioni nelle quali
sincontrano oscurit ed aporie non lievi. Non intuitivo n facile a spiegare come la stessa anima, che
sostanza spirituale, sia ad un tempo anche radice della vita vegetativa e sensitiva e perci forma sostanzialmente
del corpo: eppure sta qui la ragione ultima di quellunit nella molteplicit che si rivela in ogni nostra
conoscenza e particolarmente nella percezione.
Nella coscienza sperimentiamo di continuo la presenza dellanima, in ogni atto e negli atti ed oggetti
intravvediamo| la sua spiritualit; ma il muro del corpo cimpedisce di contemplarla in viso e camminiamo con
essa a ridosso di questo muro, entro il quale lanima si degna di farci sentire i suoi impulsi e cinvita a
presagirne la fisionomia. questecclissi dellanima alla coscienza che fa di noi nella vita terrestre un continuo
mistero a noi stessi. per la sua mancata trasparenza che le epoche della nostra vita spesso si staccano e quasi si
sfaldano, lasciando sopravvivere nella coscienza attuale e nella memoria appena pochi residui; anzi ogni
intervallo di sonno traccia un vallo, e perfino le stesse situazioni della veglia si possono scindere in isole sparse
che affiorano per proprio conto alla coscienza.
Problemi profondi anche questi. Ma forse Dio ha rimandato alla fine lintuizione dellanima, come quella di
S, perch vivendo essa degli oggetti e nobilitandosi solo per le partecipazioni superiori della scienza e
dellonesto vivere, oggi la sua contemplazione sarebbe forse per molti di noi una ben misera cosa. meglio
allora che sia stata rimandata ad una occasione che si spera migliore.|



[APPENDICE] CAPITOLO SESTO

PENSIERO ASTRATTO E PENSIERO VISSUTO
SOMMARIO. Coessenzialit di pensiero logico e pensiero vissuto secondo B. Varisco: necessit del pensiero vissuto, empiricit del
pensiero logico, sviluppo del pensiero vissuto, il fondamento del p. v. (la priori e Dio), pensiero-azione e collaborazione, raffronti
critici e conclusione. Categorie materiali e categorie formali secondo A. Carlini: realismo e dualismo (ritorno a Rosmini), il
sentimento corporeo fondamentale e le sue determinazioni (le categorie materiali), percezione intellettiva (le categorie formali), la
sintesi percettiva in Rosmini, Aristotele e Kant. Contenuti desperienza e contenuti categoriali secondo F. Orestano: la soggettivit
dellesperienza, la dimensione trascendentale e loggettivit, problematicit del reale e costanti dellesperienza. Conclusione:
superrealismo, fenomenismo o relativismo?
I. COESSENZIALIT DI PENSIERO LOGICO E VISSUTO IN B. VARISCO
Io sto alla finestra e vedo una casa, degli alberi, il cielo. La mia percezione, e la proposizione che la
esprime, bench siano contenuti particolari, implicano i concetti universali di casa, albero, cielo. Nella
percezione gli universali sono appresi in concreto come questi casa, albero, cielo dati a questo soggetto
in questo istante. Vien subito da rilevare allora che lattuazione normale della funzione percettiva implica la
confluenza della sensibilit e del pensiero: verit che stata frequentemente riconosciuta anche in filosofia, ma
la cui fondazione teoretica pare ancora ben lungi dallessere messa in chiaro.
La filosofia moderna ha oscillato fra la risoluzione monistica di una forma di conoscenza nellaltra ed il
rigido dualismo parallelista. Kant aveva ben visto che si trattava invece di spiegare la continuit e la
interdipendenza delle due forme: senonch, per aver conservato il fondo dei preconcetti| di ambedue le direzioni
contrastanti, la sua riusc una posizione di falso equilibrio.
La dottrina della cogitativa pone alla base del pensiero verbale un pensiero preverbale; si suppone cio a
fondamento del pensiero esplicito, sia ordinario come scientifico (fisico, matematico, metafisico, etico,
religioso...), un pensiero implicito, immediato nel suo ordine, cio induttivo che , pi che concepito, vissuto. Il
pensiero vissuto il termine estremo a cui arriva la sensibilit umana ed il punto di partenza a parte ante, (come
anche di risoluzione oggettiva a parte post) per il pensiero organizzato.
Il pensiero italiano contemporaneo, nella sua effervescenza che lo caratterizza come epoca di transizione,
arrivato per altre vie, che non sono quelle classiche, ad alcune interessanti concezioni del pensiero vissuto,
che mi pare possano costituire un punto dincontro fra il vecchio ed il nuovo ed un possibile piano di
discussione.
Mi limito a tre indirizzi pi spiccati: Varisco, Carlini, Orestano. Lespo-sizione e la discussione hanno da
servire come conferma e commento critico alla teoria della cogitativa, a cui io affido la soluzione dei punti
cruciali della gnoseologia.
a) Necessit del pensiero vissuto
Del Kantismo il Varisco ritiene il principio cardinale della funzione unificante ed oggettivante della
coscienza, ma contrario allopposizione dualista di fenomeno e noumeno, materia e forma, esperienza e
concetto. Esperienza e concetto in realt sono inscindibili e compenetrati: la massa caotica delle sensazioni da
cui partito Kant una posizione spiegabile solo storicamente, ma insostenibile di fatto e di diritto.
Lesperienza, quale a noi si presenta, ha sempre un certo ordine
1
; lordine suppone la regola e la regola
lintelligenza, e non mai possibile parlare di alcuna esperienza al di fuori di un ricorso a fattori razionali. Per il
Varisco, come per la psicologia contemporanea, il fatto contro cui si infrangono le ambizioni tanto
dellEmpirismo come del Razionalismo, la segregazione immediata degli oggetti di esperienza: essa esclude
un trattamento a parte delle sensazioni e dei concetti. In realt| lesperienza che d la concretezza al nostro
pensiero. Il nostro sentire (vedere, toccare, ecc.), il soffrire o godere, il desiderare o temere, il fare... , son tutti
elementi costitutivi della nostra esperienza e perci anche del nostro pensiero. Lesperienza considerata sotto
questaspetto integrale appunto il pensiero vissuto.
Quali le relazioni fra lesperienza concreta ed il pensiero universale, fra il pensiero vissuto e quello logico? I
due pensieri differiscono inconfondibilmente per molti aspetti.
I costitutivi dellesperienza sono fatti; e ciascun fatto ha sempre molti caratteri dei quali impossibile che ne
manchi anche uno solo. Per es., un rosso chio veda, ha una gradazione, una forma e una collocazione
determinata.
Costitutivi del pensiero logico sono i concetti. Il concetto sempre indeterminato; se diciamo questo panno
rosso, non indichiamo quale sia la gradazione, la forma e la collocazione del rosso.
I contenuti desperienza, le sensazioni, sono inseparabili dai singoli, sono individuali. Ogni concetto invece
universale, pu essere cio comune a quanti singoli si vogliano, anche a tutti. Uno stesso pensiero pensabile da
tutti: se cos non fosse, gli uomini non potrebbero mai intendersi, mentre pure sintendono. Di pi, se vero che
ciascuno vede e sente per suo conto, per via dei concetti gli uomini si possono comunicare, almeno fino ad un
certo punto, anche le proprie esperienze.
Lesperienza connessa causalmente con s medesima, quindi variabile; inoltre ci si presenta sempre come
accidentale e contingente, anche se tale non fosse.
Al pensiero invece compete la universalit, e la universalit implica sempre una qualche necessit. Tra i
concetti passano solo relazioni logiche, e mentre dallesperienza possiamo bens concludere che il tale fatto si
realizzato, ma non che dovesse realizzarsi, una proporzione riferentesi a certi concetti od a certe relazioni fra
concetti, non pu esser vera o falsa accidentalmente; sia qualsivoglia il carattere che le compete, le compete
sempre necessariamente
2
.|
Le sensazioni sono costitutive del pensiero vissuto; invece i concetti sono costitutivi del pensiero logico: il
pensiero vissuto per conseguenza, cio lesperienza, altra cosa dal pensiero logico: anzi luso comune non lo
considera neppure come pensiero. Perch allora lesperienza stata detta pensiero vissuto? Per il fatto che,
senza valutare quella distinzione, le relazioni tra il pensiero logico e lesperienza sono tali e tante, da non
permettere di considerare luno o laltra come separati o separabili ed eterogenei: quasi sono, almeno a primo
aspetto, come il vetro e il legno di cui si compone una invetriata; sono bens forme o determinazioni distinte, ma
non essenzialmente diverse, dun medesimo procedimento. Non prescindiamo dalle differenze accennate,
sosteniamo bens che non lecito n possibile fermarsi a queste differenze. Ne segue che lesperienza, per
essere una conoscenza, include i costitutivi del pensiero logico, ed il pensiero logico, per avere un senso
determinato, include il pensiero vissuto.
Nellesperienza, p. es. in quella indicata dal Wertheimer, noi riconosciamo un ordine intrinseco, ed anche il
Varisco, come il capo della Gestalttheorie, riconosce che stando alla finestra noi non abbiamo le tali
sensazioni ottiche, bens la casa, degli alberi, il cielo... : ho riportato allinizio del I Volume la sua descrizione
dellesperienza. Evidentemente le sensazioni ci si presentano collegate fra loro e anche per quello che
sappiamo circa le sensazioni altrui secondo certi concetti, cos da formare un sistema ordinato; lordine del
sistema, essendo causale per certi elementi, logico per alcuni altri. E se il sistema si dissolvesse, le sensazioni
cesserebbero per noi davere il significato che hanno.
Il V. arriva allimportante conclusione che non da spiegare in un modo il sensibile, in un altro la priori, ma
i due sono coessenziali e si riducono ad uno e questuno la REALT. Cerchiamo le tappe della riduzione
varischiana (C, 56).
Per distinguere gli elementi fondamentali del pensiero logico necessaria la riflessione sullesperienza.
Questo fu affermato anche da Locke, se non che egli ammise come necessaria e sufficiente la riflessione, cio
una rielaborazione dellesperienza. Che la riflessione sia necessaria non chi non veda, ma perch sia possibile,
non che sufficiente, non potrebbe darsi | osserva il V. che essa debba includere un a priori? Alla tesi che pu
essere ritenuta esattamente aristotelica secondo la quale lesperienza, ovvero i contenuti desperienza, sono un
costitutivo essenziale, come lo lidea universale, del pensiero oggettivo, in cui entrambi convivono e non
altrove, ed il pensiero svanirebbe con lo svanire cos delluno come dellaltro, il V. nellignoranza della
posizione aristotelica non vede, al disopra di Locke, che la soluzione della coscienza trascendentale (A, 5).
Per renderci conto della posizione varischiana dobbiamo chiarire come egli spieghi da una parte lempiricit
del pensiero logico, il suo sviluppo, e dallaltra lorigine ovvero il fondamento della priori che lo costituisce.

* * *

b) Lempiricit del pensiero logico
Tale empiricit data, secondo il V., dal fatto che il pensiero logico non si realizza nei singoli, se non per
lattivit dei medesimi; e lattivit dei singoli, come i singoli stessi, qualcosa di empirico e di empiricamente
determinato. Consideriamo un teorema di matematica, o un principio astrattissimo, come per es. quello di
contraddizione. Un uomo determinato pu conoscere queste verit, od anche non conoscerle. Ma per conoscere
un uomo deve affermare; ora latto, con cui egli afferma, un pensiero vissuto da lui. Infatti, mentre Tizio
afferma, Sempronio passa oltre, senza curarsi daffermare, senzaccorgersi di passar vicino, per cos dire, a un
tesoro prezioso (A, 6).
Latto, poi, dellaffermare deve essere preparato; come e a pi forte ra-gione, quello dellassentire; e la
preparazione, bench includa sempre dei procedimenti razionali, ne include non meno, e forse pi, dempirici.
Tanto vero che senza luso del linguaggio in matematica sostituibile fino ad un certo segno dai simboli
nessuno riesce a ragionare.
Infine, ogni giudizio ed ogni ragionamento suppongono dei concetti. Ora, ogni concetto una costruzione
complicata, e il procedimento, con cui si giunge a tale costruzione, sottintende bens, nel soggetto che lo
compie, luso di princip razionali esplicitamente noti o no; ma si effettua sempre mediante operazioni di cui fu
messa in evidenza lempiricit.|
Questo, ammonisce il V., non empirismo, quasi che si attribuisse allesperienza ci, in ordine a che non
lecito astrarre dalla ragione. Poich lesperienza resta, come si detto, pregna di razionalit; ed in quei
procedimenti con cui si costruisce il concetto, la razionalit entra in doppio modo. Cio primo, in quanto
implicita in ogni esperienza; secondo, in quanto ha unefficacia direttiva, sia pure subconscia, sulle operazioni
empiriche di cui risulta la costruzione. (Lanalogia con la teoria tomista della cogitativa ha qui perfino delle
coincidenze verbali: per giudicare, per, della struttura teorica delle due concezioni dobbiamo seguire il V. fino
in fondo nei suoi schiarimenti).
Ritiene egli che ogni forma di sapere organizzato, cio scientifico, contiene, insieme fusi in diverse
proporzioni, elementi sia di pensiero vissuto, come razionali; in alcune di esse, p. es. la chimica, pi in
evidenza la funzione degli elementi empirici o vissuti; in altri, come la matematica, quella degli elementi
razionali. Ma non v alcun sapere a costituire il quale non concorrano elementi cos delluna come dellaltra
classe. Quello che stato detto pensiero vissuto non dunque di certo, diciamolo ancora, qualcosa di eterogeneo
al pensiero logico, perch in tal caso non si avrebbe quella zona o formazione intermedia che si chiama il
pensiero comune o scientifico. impossibile pertanto che il pensiero umano abbia quei soli caratteri, per cui lo
riconosciamo come pensiero logico. Il pensiero logico di un uomo implica dei caratteri per cui lo riconosciamo
come vissuto. Il mio pensiero di un teorema un pensiero mio, essenzialmente incluso come tale nellunit e nel
sistema totale di quei pensieri, che dico similmente miei. E il mio conoscere il teorema implica bens un
procedimento logico, ma implica insieme dei pensieri vissuti, senza dei quali svanirebbe come pensiero logico
mio.
Viceversa, ripetiamo, non c pensiero vissuto che non implichi dei caratteri logici. Pensieri umani soltanto
logici, e pensieri umani soltanto vissuti, sono parole assolutamente prive di significato: noi abbiamo e la
nozione logica ed un senso vissuto della realt.
Il V. arriva a dire che il pensiero astratto, se lo si considera indipendentemente dal pensiero vissuto, irreale
ed as|surdo. Certamente si pu fermare lattenzione sul pensiero in quanto connesso logicamente in s
medesimo. Un matematico non svilupperebbe un calcolo se in qualche modo non lo vivesse: ma il modo con cui
lo vive non ha a che fare necessariamente col procedimento logico di cui gli importa ed a cui attende. Ma daltra
parte il pensiero cos ridotto ai soli suoi caratteri logici gli si presenta come astratto: in altri termini, come
irreale. Perch lo si dice irreale? Perch, risponde V., lo stesso pensiero logico riconosce, grazie alla sua stessa
logicit, che senza la connessione con dei pensieri vissuti e senza certi suoi caratteri vissuti, si ridurrebbe ad un
assurdo. Per esempio: logicamente impossibile che un triangolo non sia n isoscele, n equilatero, n scaleno.
Intanto: quando si dimostra, p. es., che nel triangolo le tre bisettrici concorrono in un sol punto, si astrae da
ciascuna di quelle determinazioni; cio si pensa come il triangolo non ne avesse alcuna. Dunque il pensiero
logico, in quanto astratto, assurdo; e quindi non niente, neanche pensiero logico
3
.
da ritenere perci come indubitato che il pensiero logico pur sempre in una connessione essenziale con
dei pensieri vissuti; e a questa connessione si deve appunto il suo non essere assurdo. Non da pensare per che
il pensiero logico esiga, per esser possibile, sempre lo stesso pensiero vissuto: la connessione fra i due pensieri
presi in particolare resta accidentale. Il pensiero logico svanirebbe se non si connettesse con qualcuno dei
pensieri vissuti: poco importa con quale, purch sia uno di quelli. Per es., poco importa che un libro sia letto al
lume di una candela, o alla luce del sole, purch si abbia lilluminazione sufficiente; e ad uno che voglia
scrivere una lettera occorre un foglio di carta che pu essere qualsivoglia, ma che devessere sempre un foglio di
carta.

* * *

c) Lo sviluppo del pensiero vissuto: la cogitativa varischiana
Ci che appartiene in proprio al singolo il pensiero vissuto: esso opera del singolo e si sviluppa entro di
esso e vi rimane. importante sapere quali siano i fattori che lo costrui|scono. Il V. nomina il sentimento,
linteresse, leducazione, la cultura, il linguaggio (A, 10; C II, 16, 57).
Lelemento pi vissuto del pensiero vissuto il sentimento: piacere, dolore. Nelluomo ingenuo (e gi,
fino ad un certo segno, nel bimbo) il piacere soprattutto che d il senso della realt interna soggettiva: per esso
pi esattamente fruisce se stesso. Nel dolore sente invece il proprio vivere turbato da una forza che gli risulta
esterna, perch la sente ostile; come il piacere non ammette il dubbio della realt interna, cos il dolore non
ammette il dubbio della realt esterna. Si noti per altro: appunto perch mi turba e mi costringe a riconoscere
una realt esterna, il dolore ha una ripercussione anche sul senso della realt interna. Io, che sono turbato, non
sono meno reale di ci che mi turba, perch il potere da me riconosciuto alla realt esterna si riferisce a me. Il
dolore ha dunque una funzione importante, anzi essenziale, nel dare alluomo il senso della sua realt.
Inoltre, il pensiero ha un senso in quanto una rappresentazione prende un movimento determinato fra molti
possibili, e per questo ci vuole una ragione. Del pari ci vuole una ragione perch tra le tante rappresentazioni di
cui occupata la coscienza in un dato momento, soltanto alcune poche mettano in movimento, ciascuna quella
serie. La ragione di ci va riscontrata nel fine che la volont si propone, ed il fine legato allinteresse.
Linteresse, cio quello di che cimporta: ecco la causa da cui dipende che soltanto le rappresentazioni dei fini e
dei mezzi mettano ciascuna in movimento una determinata serie di rappresentazioni simili, dovendosi dir simili
quelle rappresentazioni che hanno la stessa importanza pratica
4
. curioso che il V., cos sottile nellanalisi
speculativa, saccontenti di cos poco per quella psicologica.
Se una coscienza per non poggiasse che sulla propria esperienza, resterebbe chiusa in un ambito ben
modesto, al tutto insufficiente agli stessi scopi della vita. Luomo ha bisogno di assimilare anche lesperienza
altrui. Il fatto che al neonato, privo di ogni cognizione, preesiste la cognizione razionale degli adulti, e che il
neonato ha lattitudine ad assimilare la cognizione razionale de|gli adulti, appartiene allordine razionale che
intrinseco ai fatti onde son possibili appunto leducazione e la cultura. Una cognizione razionale, sotto qualsiasi
forma e comunque sviluppata, inseparabile dalla collettivit. Luomo non razionale se non in quanto la sua
vita una convivenza
5
.
Affinch poi dalle vite individuali risulti una vita collettiva, conviene che ciascuno, di quei molti, eserciti
unazione sopra gli altri e sopra s medesimo. La cognizione razionale, non essendo possibile che in una
collettivit, implica necessariamente dei processi pratici; e il suo sviluppo necessariamente in correlazione con
lo sviluppo dei processi pratici collettivi.
Ma il solo processo pratico collettivo, in cui la cognizione razionale si realizza, luso del linguaggio.
Luomo il solo animale che abbia un vero linguaggio; il solo che abbia una vita collettiva e una cognizione
razionale sviluppabili collettivamente. Due, che si parlino, tendono al fine di stabilire una comunicazione tra le
loro coscienze individuali: sono tentativi non molto felici daccordarsi anche la disputa e lingiuria. E ciascuno
dei due sviluppa un suo processo psicofisiologico: nella sua coscienza un succedersi continuo di sensazioni, di
rappresentazioni, di ricordi, di sentimenti, di aspettazioni, di volizioni, cio di fatti psichici causalmente
connessi, e con fatti psichici altrui. Che il discorrere sia un lavorare, anzi un collaborare, non dubbio
6
.
questa una condizione imprescindibile dello sviluppo psichico. Poich lazione individuale realizza sempre
in qualche modo un pensiero astratto, non difficile comprendere che la collaborazione realizzer un pensiero
anche pi astratto. E tanto pi se il fine principale, anzi unico, della collaborazione fosse, come o dovrebbe
essere, di perfezionare il reciproco intendersi fra i collaboratori: cio di render sempre pi esplicita in ciascuno
la coscienza di quegli elementi comuni al pensiero di tutti, che sono i presupposti essenziali di ogni
collaborazione.| Luso del linguaggio appunto un collaboratore diretto a questo fine.
per via di questi fattori e processi che il pensare non un puro contemplare, ma anche un fare ed il fare
a sua volta un pensare, quello che il pensiero vissuto (C, cap. II, 28, 67).

* * *

d) Il fondamento del pensiero vissuto: la priori
stato detto che non v pensiero astratto che non sia in connessione essenziale con qualche pensiero
vissuto: lesperienza quindi di per s razionale e suppone la razionalit a suo fondamento. Come avviene
linserzione del pensiero logico nel pensiero vissuto o piuttosto di questo in quello? Ecco il problema cruciale
che torment fino agli ultimi giorni lalta mente del Varisco: ne considereremo solo laspetto gnoseologico e nei
limiti del problema della percezione.
Resta saldo intanto che il pensare un fare, la verit non si conosce se non operando: lesperienza, come
conoscenza, presuppone lattivit come realizzazione di fini per via di mezzi acconci. Il fondamento di ogni
verit necessaria (non essendo soltanto lesperienza) da cercare nellattivit. In quale attivit?
Non certo nellattivit del singolo come tale. Il pensiero necessario universale, Platone lha ben visto,
quello che vale per tutti e per sempre: supera per ci la capacit dei singoli. Lattivit, fin quando
caratterizzata individualmente, resta sempre incapace di fondare la verit necessaria universale: lammettere
questo giustificherebbe come verit le pi impensate stramberie e come norme i pi sfrenati capricci a cui
purtroppo i singoli possono andar soggetti (C, cap. I, 2, pag. 21).
Il pensiero universale necessario, considerato nella sua pura necessit universale facendo astrazione dalle
particolarit con cui fosse anche inseparabilmente associato, ma che tuttavia se ne possono distinguere quali
sono p. es. il suo essere nella coscienza di pochi o di un solo individuo non pu derivare che da unattivit
numericamente unica. Siamo cos ridotti a riconoscere dichiara il Varisco che il pensare| di ciascun uomo
non , per la sua parte veramente conoscitiva, dovuto a nessun individuo in quanto altro da un altro: il nostro
pensare nel detto senso una costruzione umana, ma che si deve non a quei caratteri per cui un uomo singolo
differisce da un altro, bens a un elemento comune, a tutti gli uomini, cio a un elemento numericamente unico,
nel quale dobbiamo riconoscere un elemento costitutivo essenziale di ciascuno... Il detto elemento unico pu
essere, per ora, denotato col nome di Spirito
7
.
La distinzione tra uomo e uomo incomprensibile, assurda, nel pensiero necessario universale puro: questo
noi lo pensiamo come se il pensante fosse il medesimo in tutti (B, 79). Lattivit-pensare, con cui io compio
la mia ricerca, perch abbia un costrutto universale, devessere universale anchessa. Deve, in altri termini,
essere un pensiero di cui ognuno sia capace: un pensiero cio rispetto al quale non c pi n modo, n motivo
di mantenere le distinzioni tra un uomo ed un altro. Vale a dire: luomo, in quanto il suo pensiero ha il carattere
di universalit necessaria, non pi quel tale soggetto singolo, ma soggiace ad unattivit unica e fondamentale,
lAttivit in maiuscolo.
Rimane stabilito, con largomento della universalit, che unattivit fondamentale esiste, assolutamente
unica. Essa la radice unica e imprescindibile della verit necessaria ed in essenziale connessione con ogni
pensante. Identificando lAttivit con Dio, si ha che lelemento universale necessario sempre inerente, malgrado
la loro empiricit materiale, ai processi del pensiero vissuto, si fonda, e potremo dire che si riduce, alla
coscienza che luomo ha della sua connessione con Dio (A, 9, pag. 13; B, IV, 6, pag. 117).
Altro argomento, non meno decisivo per lunicit della Attivit, quello tratto dalla esistenza di soggetti
subconsc e di stati di subcoscienza nei sog-getti dotati di coscienza. Si affaccia qui il grave problema della
Memoria che di tanto in tanto, nella storia del pensiero, posto al centro delle esigenze speculative.|
Nel pensiero del Varisco laccadere mondano sarebbe impossibile se non ci fossero delle variazioni
causalmente indeterminate. Ma una variazione causalmente indeterminata, non pu essere, a suo parere, che
latto spontaneo, liniziativa con cui si realizza una coscienza. Da tutto ci bench il V. si scagioni dallaccusa
di ritornare alla monade leibniziana da concludere che tutto il mondo vada risolto in un sistema di soggetti
elementari subconsc. Ma questa nozione di soggetto elementare sembra contraddittoria. Se infatti liniziativa
sempre il realizzarsi di una coscienza, i soggetti elementari, le cui iniziative sono i veri costitutivi del mondo,
non dovrebbero esser subconsc. Nellaccadere fisico non c indizio che sia necessaria una moltitudine di
coscienze (C, VIII, 14, pag. 238).
Senza dubbio, liniziativa non pu essere subconscia: pu esser per dimenticata. Linfante, che pure non
un soggetto elementare, la dimentica pressoch subito: ladulto stesso ne dimentica molte, anche tra le pi
importanti: in altre parole, la coscienza manca di unit nella successione. Essenziale al ricordo che un passato
e un presente siano in parte un medesimo unico essere. Il pensiero dimenticato non dunque completamente
annullato: pu almeno in parte ripresentarsi: dunque sussiste sempre, almeno in parte.
Ma dove sussiste? Noi diciamo: nella subcoscienza. troppo evidente che il termine di subcoscienza non
spiega nulla; esprime tuttavia unesigenza logica del pensare conscio, che ricorda: e in questo caso esso ha un
significato e un valore imprescindibile.
Tuttavia il pensiero inconscio, in quanto un pensare senzaccorgersi che si pensa, impossibile. Eppure la
subcoscienza ineliminabile. Che fare?
Ogni singolo, avverte il V., avendo uniniziativa, pensa per suo conto: liniziativa , come tale, un pensare
non riferibile che al singolo. Il singolo non ci sarebbe se Dio non lo avesse creato: ma Dio lha di fatto creato
rendendolo capace di attivit. Il singolo cos pensa per suo conto; cos pure liniziativa del singolo non si attua
mai senza interferire con delle altre iniziative o con dei fatti riferibili a un precedente interferire. Linterferire,
modificando liniziativa, introduce nel pensiero del singolo degli elementi che non si possono dire| pensati per
suo conto. Ora tutte le iniziative, nonch tutto lo interferire, con tutte le sue conseguenze, in quanto si
realizzano, sono ipso facto pensieri divini. Vale a dire: Dio pensa tutto ci che ogni soggetto elementare o
sviluppato pensa attualmente. In altre parole: il soggetto elementare, bench sia conscio delliniziativa che
realizza, conscio soltanto di questo. Insomma la sua coscienza manca di continuit nel tempo:
conseguentemente il soggetto elementare si risolve in una successione di soggetti, che hanno bens qualcosa di
comune, ma non sufficiente a costruire una coscienza dellunit; sicch lunit senza mancare del tutto, , non
consapevole, ma subconscia (C, VI, 4, pagg. 157-158).
Ma Dio non dimentica.
Il nostro dimenticare si deve infatti alla nostra limitazione o, come suol dirsi, alla ristrettezza della coscienza
individuale: un uomo non pu, di fatto, attendere con chiarezza e fortemente a pi di una cosa per volta. Chi si
concentra in un ordine di pensieri, diviene pressoch del tutto inconsapevole ai pensieri di un altro ordine, cio
dimentica pi o meno completamente, pi o meno a lungo.
La coscienza divina, essendo creatrice, non ha limiti rispetto alla moltitudine delle cose create, non pu
neanche aver limite in una legge interna, perch la vera legge si riduce alla unit divina: per conseguenza Dio
non dimentica. A Lui dunque presente tutto il pensiero umano passato, compreso quello che per noi (in parte
o in tutto, per sempre, per un tempo) dimenticato. Quel pensiero che per noi subconscio, in Dio conscio. Il
pensiero attuale dun uomo incluso e nella sua particolare coscienza e in quella divina. Luomo dimentica un
suo pensiero significa: il tale pensiero svanisce dalla coscienza particolare a quelluomo, restando nella
coscienza divina. Luomo ricorda, sia pure soltanto in parte, quel pensiero significa: il pensiero medesimo
riappare nella sua coscienza divina, in cui era sempre attualmente presente con tutte le sue determinazioni.
Questo ridiscendere dun pensiero dalla coscienza divina, in cui era, perch un uomo laveva pensato,
alluomo che anteriormente laveva gi pensato, non ha niente n dinverosimile, n di soprannaturale secondo
il Varisco. La discesa di cui si| parla spiegabile con le note leggi del pensiero. La subcoscienza umana si
riduce semplicemente allessere il pensiero umano connesso da certe leggi, non soltanto in s, ma col pensiero
divino (C, VI, 5, pag. 139). Il suo connettersi col pensiero divino si risolve in queste leggi medesime, che
determinano la connessione intrinseca del pensiero di un uomo e la connessione del pensiero di un uomo con
quello di un altro, come risulter dal terzo argomento.

* * *

e) Pensiero, azione e collaborazione
Uno dei fattori pi importanti del pensiero vissuto stato indicato nella comunicazione reciproca dei
soggetti, per la quale alcuni elementi di tal pensiero passano dalluno dei partecipanti allaltro, sicch il pensiero
di ciascuno gli in parte comune con quello dellaltro. Questo collaborare, prima che per il linguaggio, avviene
per segni pratici: il bimbo sorridendo alla madre, che gli sorride, ha con lei una prima comunicazione spirituale
imperfetta, ma capace di perfezionarsi (C, VII, 3, pag. 173).
Per il collaborare e linterferire dei soggetti, possibile soprattutto la comunicazione del pensiero discorsivo,
cosicch lo interferire di due spontaneit costituisce unesperienza comune ai collaboranti, cio una sola in
entrambi. Quando un uomo comunica con un altro, c sempre qualcosa di comune, cio di numericamente
unico, nei rispettivi pensieri vissuti, altrimenti un uomo non potrebbe mai accorgersi di comunicare con un altro.
Il pensiero altrui , come il nostro, pensiero; i due pensieri hanno questo di comune, che sono pensieri; la
possibilit che in seguito interferiscano e che qualcosa dellaltrui pensiero diventi mio senza cessare dessere
altrui, e viceversa, prova che tra i due pensieri non v differenza specifica.
La comunicazione fra i soggetti singoli ha perci a fondamento lAttivit nella quale tutti siamo inclusi e
tutto incluso e per la quale comunichiamo. Il tutto si riduce a ritenere che la necessit ha per vero unico
fondamento lAttivit, che i singoli soggetti si trovano in essenziale relazione con lattivit| e che linterferire
dei soggetti si fonda su tale relazione e comunicazione, come lo prova anche luso del linguaggio.
Il singolo non esiste, che in connessione essenziale con la Attivit creatrice dogni cosa: se vero che in Dio
tutti viviamo, ci muoviamo e siamo, ne segue che il singolo non pensa, neanche a sproposito, che in quanto la
connessione con lattivit il suo costitutivo essenziale (C. VII, 8, pag. 185).

CONCLUDENDO: Ogni singolo, in quanto creatore dellesperienza, soggetto ad unintrinseca necessit,
non riducibile alla sua unit; quindi non il creatore della sua esperienza. Ci si fa ancor pi evidente se io
penso al fatto che oltre la mia c anche lesperienza degli altri, la quale in qualche modo ordinata ad integrare
ed ordinare la mia: laltrui esperienza e la mia costituiscono un tutto inscindibile: Donde si conclude che c un
solo creatore di tutta lesperienza: questo creatore sar lelemento universale incluso in ogni soggetto.
Ma qual la natura del Creatore? quale la sua relazione col singolo?
Anzitutto: il Creatore dellesperienza tutta possiede una esperienza totale dellesperienza creata? S, risponde
il Varisco. Il singolo non pu essere il creatore dellesperienza, perch ha il pensiero per buona parte
subconscio: ha delle relazioni con tutto il pensiero, ma non tutto il pensiero. Quel pensiero che non ha bisogno
daltro, e di cui tutto il resto ha bisogno, deve essere pienamente consapevole; ci prova che la coscienza e il
pensiero sono in ultimo unum et idem (C, X, 7, pagg. 276 e 277).
Poi: la coscienza del Creatore si risolve nelle coscienze dei singoli? Contro lattualismo dialettico, bisogna
rispondere di no.
Tra il pensiero dun singolo, e di un altro, c sempre una differenza innegabile: se la coscienza del creatore
si risolvesse nellinsieme delle singole coscienze, se cio le singole coscienze fossero i modi con che il Creatore
si rende consapevole di s, la subcoscienza che in s un assurdo e che stata riconosciuta ineliminabile dalle
coscienze dei singoli, sarebbe assolutamente ineliminabile. Il pensare umano complessivo un mare magnum
di opinioni discordi e discordanti. Se il pensiero umano fosse tutto il pensiero, il pensiero nella sua totalit, esso|
mancherebbe di unit assoluta; dovremmo rinunziare a comprendere come vi sia possibile il dominio delle leggi
necessarie, altre da quelle ricavabili dalle singole unit soggettive. E non sarebbero comprensibili neppure le
singole unit, poich la connessione con altri uomini un costitutivo necessario essenziale di ogni singolo.
Questa connessione non sarebbe possibile se il pensiero complessivo mancasse dunit (C, loc. cit., pag. 278).
Quindi: anche il pensiero delluomo implica di certo, cio sottintende, il pensiero divino; ma non il
pensiero divino, ne piuttosto una formazione reale. Quindi anche le caratteristiche del pensiero umano sono
reali; ossia c qualcosa che, nonostante la sua connessione col pensiero umano, essenziale a questo, gli
nondimeno esterno.
Ammesso infatti che luomo (ogni singolo) sia una creatura e quindi che le distinzioni, dalluomo
riconosciute nel suo pensiero, siano reali, si conclude che il pensare umano sia un fare, precisamente in quanto
pensare; cio Dio, creando luomo, ha creato (subordinatamente a s) un creatore: il pensiero del singolo in
parte fattura del singolo e quindi non ammissibile che luomo tragga da Dio soltanto il suo pensiero (C, X, 8,
pag. 280).
La coincidenza fra i due termini non dunque totale, e resta dimostrato che la coscienza del Creatore non si
risolve nelle coscienze dei singoli, come viceversa ciascuna di queste non si risolve in quella.

* * *

f) Pensiero vissuto tomista e pensiero vissuto varischiano
Guardata dallesterno, la descrizione data dal V. del pensiero vissuto non priva di punti che mostrano una
reale per quanto strana ed insospettata coincidenza con la teoria tomista. Tali punti possono esser ridotti a
tre:
a) Esistenza di un pensiero concreto (vissuto).
b) Esistenza di un pensiero astratto (necessario).
c) Inscindibilit di fatto dei due pensieri, concreto e astratto.
Eppure, guardate dallinterno, ricondotte cio ai princip che le ispirano, le due posizioni malgrado la
somiglianza dei termini mi sembrano nel loro fondo inconciliabili: su| questo probabilmente avremmo il
consenso dello stesso Varisco, bench alloccasione anchegli amasse frequentare le opere dellAngelico.
Brevemente: la nozione stessa di conoscenza che diversifica i due sistemi. Laristotelismo tomista fa del
conoscere certamente un operare, ma non qualunque. Esso un operare per assimilazione formale quale
compete alla sostanza spirituale: il Varisco fa del conoscere nientaltro che un operare, tenendo fermo al dogma
che dogma del pi intransigente dogmatismo della coincidenza assoluta di atto ed oggetto della coscienza.
Da ci, mentre nel tomismo il conoscere importa lascesa dialettica di forma in forma di collo in collo, diceva
Dante per integrazioni sempre pi dense ed universali ad un tempo, secondo il Varisco invece una dialettica
dellatto a partire dai particolari, dai subconsc, dai dispersi... verso lAtto ininterrotto. Limportanza essenziale
che il V. ha dato ad un problema psicologico, innegabilmente particolare e che ammette ben altre e pi plausibili
soluzioni, qual quello della subcoscienza, tradisce ancora in lui una mentalit empirica, curiosamente
combinata col razionalismo pi genuino. Il V. portato a ritenere che, nel fondo, pensiero vissuto e pensiero
logico sono un UNICO pensiero (A, 10, pag. 16): affermazione di straordinaria gravit, che a mio parere
compromette la funzione gnoseologica stessa del pensiero vissuto, checch sia di quella, controvertibile al pari,
del pensiero astratto. Difatti per il V., il pensiero vissuto non va detto propriamente pensiero e neppure
coscienza in alcun modo. Il suo pensiero vissuto consiste, e logicamente deve consistere, nellattivit ovvero
comportamento pratico del singolo, i cui elementi sono prima il sentimento, linteresse dati irrazionali
radicalmente poi linterferire delleducazione, della cultura del linguaggio: dati esteriori e che comunque
presuppongono, per ambedue i termini della relazione, il pensiero gi presente.
Ed il V. riconosce esplicitamente che il pensiero logico precede quello vissuto e lo condiziona, ci che
compromette seriamente la funzione del pensiero vissuto o lo riduce ad un puro espediente.
Nel tomismo ritenuto, come vero, proprio il contrario, perch nel tomismo, in quanto esso un
Aristotelismo, con|servata la profonda e veramente umanistica nozione di natura, quale principio di sviluppo
autonomo e autosufficiente. Il pensiero organizzato segue al pensiero vissuto, e luniversale esplicito nasce
come si visto da un universale ancora grezzo che lesperienza individuale ha preparato.
Il problema centrale di ogni posizione filosofica, orientata alla valorizzazione delluomo; quello di
giustificare teoreticamente, senza sopprimerla o passarvi sopra, lesperienza intima presente ad ogni coscienza
sviluppata, quella che il singolo che pensa, quando pensa: hic homo intelligit opponeva San Tomaso ad
Averro ed a tutte le forme dellAverroismo latino. Come Averro, anche il Varisco attribuisce al singolo, come
suo costitutivo, il pensiero vissuto, cio la cogitativa, mentre lintelletto unico per tutti gli uomini. La
coincidenza fra il monopsichismo arabo e il coscienzionalismo varischiano per solo parziale: per Averro le
cogitativa conosce veramente e conosce proprio lo stesso universale in quanto concreto (intentiones
individuales decem praedicamentorum), per il V. invece la sua funzione si esaurisce nei preparativi esteriori e
nei fattori irrazionali. Per Averro lintelletto separato, che intende i fantasmi della cogitativa dei singoli,
lultima intelligenza, per il Varisco lAttivit, cio Dio stesso. Sotto questo secondo aspetto la posizione
varischiana non senza analogia con quella di molti Scolastici augustinizzanti, francescani soprattutto, che
ritenevano esser Dio stesso lintelletto agente, principio dellastrazione delluniversale, mentre S. Tomaso
fedele alla nozione aristotelica di natura lo ritiene, non meno dellintelletto possibile, moltiplicato con la
moltiplicazione dei singoli. Laccostamento tuttavia non collima, anche se non ci pare al tutto superfluo.
Intorno al pensiero vissuto il V. ha detto delle cose molto profonde, ma la nozione di esperienza sensoriale
da cui egli parte ancora rozza, antiquata: la nozione humiana e kantiana, quella del manicheismo
gnoseologico che la psicologia contemporanea ha bandito ormai una volta per sempre. Per il V., come per Hume
e Kant e per tutto lIdealismo, contro i quali egli ha pure egregiamente lottato, lesperienza ha un ordine solo in
quanto sussunta nelle leggi che hanno la ragione altrove che nelloggetto, cio dallinterno: solo a questo
modo| la sensazione non una massa caotica. Per i fautori dellAttualismo, il pensare non un ricevere e
vivere la forma oggettiva assimilata, ma un operare la sintesi del fenomeno secondo la legge e la connessione
che scaturisce dal di dentro. Anche per il V. tutto questo pacifico ed acquisito: anche per lui le sensazioni,
come tali, non hanno alcun ordine immanente, sono dei pezzi staccati, un caos, se considerati antecedentemente
alla funzione unificante e universalizzante dellAttivit.
La critica progressiva che lindagine psicologica moderna ha fatto allEmpirismo alla luce dei fatti e lanalisi
rigorosa dei contenuti di esperienza hanno mostrato allevidenza che tale caos un mito, avvolto nella polvere
sollevata dallopposizione kantiana di noumeno e fenomeno. Ma lincantesimo che essa ha gravato per pi di
due secoli nel pensiero occidentale, va considerato rotto per sempre. Le percezioni nelluomo, anche
antecedentemente allesercizio riflesso della mente, hanno sempre un certo ordine, che sicuramente abbisogna
di differenziarsi e precisarsi: si differenzia ai due livelli dellorganizzazione primaria e dellorganizzazione
secondaria. Altro lesserci una organizzazione, altro lessere essa compresa nella sua piena portata: quello
percezione sensoriale, questo concetto e, alloccasione, percezione intellettiva. Lorganizzazione intellettuale
che sopraggiunge alle altre due, non le sopprime; si pone invece accanto ad esse, o meglio al disopra; e da una
parte contribuisce ad esplicitarle e dallaltra vive di esse: nessun settore della nostra vita in s sufficiente,
considerato separatamente.
La mente non pu operare la funzione della connessione giudicativa se prima non vede: una certa
intuizione intellettiva od apprensione immediata di contenuti intellettuali presupposta alla funzione sintetica. Il
fatto che lesperienza non un caos e che il soggetto singolo dotato del lume intelligibile che fa luniversale in
atto, permette allintelletto umano di vedere lastratto nel concreto, luniversale nel particolare, il necessario
nel contingente, come si dir nella sezione sintetica.|
2. CATEGORIE MATERIALI E CATEGORIE FORMALI SECONDO ARMANDO CARLINI
a) Realismo e Dualismo
Negli ultimi suoi lavori il Varisco, in cerca di Dio, amava considerare la sua dottrina come uno sviluppo di
quella rosminiana
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. Non so di preciso quanto i discepoli autentici del Rosmini possano gradire lavvicinamento:
pare che lente ideale a cui questi aveva ridotto tutto la priori della nostra mente, ed il sentimento fondamentale
a cui aveva ridotto la priori della sensibilit, siano ben altra cosa dallAttivit e dal pensiero vissuto varischiani.
Comunque dal momento che il Varisco stesso non ha voluto dire in cosa consista di fatto tale concordanza, tanto
meno io mi sento autorizzato a farlo: il tutto forse si riduce allaffermazione della solidariet fra senso e
intelligenza nellatto esistenziale del conoscere, e alla continuit dei due processi rispettivi del pensiero astratto
e pensiero vissuto.
Ha avvicinato i due princip del Roveretano con pi attenta penetrazione e maggiore aderenza alla
ispirazione del sistema, Armando CARLINI nello sforzo che caratterizza questa ultima fase della sua attivit
speculativa, protesa alla fondazione di un realismo spiritualista, che tenga fermo e si pianti sul principio
moderno dellautocoscienza. Latteggiamento del Carlini ricco di interessanti suggestioni: in certi momenti
nei momenti, a nostro parere, pi essenziali esso pare rasentare e fenomenologicamente quasi coincide con la
nostra posizione. Esso poi il chiaro indizio del clima spirituale nuovo che si va di giorno in giorno allargando
nella cultura filosofica italiana, ove non pochi suoi rappresentanti, di fronte alla minaccia terrificante del
solipsismo, cercano di vogare a grandi bracciate verso la sponda della realt. Che il Rosmini in essa si trovasse,
malgrado le indubbie risonanze kantiane del suo pensiero, ci pare cosa non difficilmente dimostrabile, come
invece il caso di quanti, come il Carlini stesso, partono da un con|cetto della priori che pi definito ed
intransigente ancora di quello stesso kantiano.
Un primo passo di valore positivo nella posizione del Carlini la sua franca affermazione di realismo, di
un realismo non qualunque come quello ostentato sia dallidealismo, come dal positivismo, che della realt
fanno un problema intellettuale prima dindagare il senso del reale. La pazzia inconfutabile dellidealismo
(non soltanto quella di Berkeley) confutata, senza tanti ragionamenti, da quel senso del reale che il senso
comune e buon senso di ogni uomo che vive nel mondo. Come pazzia inconfutabile anche quella del
positivismo che sacrifica linteriorit alla esteriorit e vuol far apparire questa come la vera realt.
Filosoficamente, a suo parere, i due realismi si muovono entro gli stessi termini. Lidealismo, con una rapidit
piena di presunzione, passa a traverso i termini di questa equazione: realt = sensibilit = coscienza =
autocoscienza = pensiero, per concludere che la realt prima quella del pensiero. Ma il positivismo, con non
minore leggerezza, passa per i termini della stessa equazione in direzione inversa, per conchiudere che la realt
prima quella che si pone per prima, indipendentemente dalla coscienza e dal pensiero (B, 243).
Il Carlini ritiene, e qui sta il merito ed il reale progresso della sua autocritica, che il problema della
conoscenza, e per esso quello della realt, non si spiegano risolvendo il senso nellintelletto, il corpo nello
spirito, la materia nella forma, o viceversa, come vogliono fare rispettivamente lattualismo e lempirismo, ma
ritenendo luno e laltro dei termini vincolati insieme in una imprescindibile funzione di complementarit.
Questa professione di dualismo gnoseologico e metafisico in lui assai pi franca di quella del Varisco e
dispone favorevolmente.
Tale complementarit era stata intravista ed affermata dallo stesso Kant, ma fu il Rosmini che ne mise in
chiaro il vero senso, liberandola dalle incertezze che lhanno fatta scivolare nel monismo gnoseologico dei
postkantiani. Il Rosmini ha mantenuto il concetto della priori e della sintesi a priori, ma li ha ridotti ad un
minimum, tanto per la sensibilit quanto per lintelletto; di pi, mentre in Kant senso e intelletto| rimanevano nei
propr contenuti rigidamente chiusi e irriducibilmente estranei, malgrado gli sforzi erculei della dottrina dello
schematismo, qui invece luno e laltro ammettono uno sviluppo dallindeterminato al determinato, sviluppo che
si concretizza proprio nellatto del percepire.
Brevemente: per il Rosmini c una condizione fondamentale per lesercizio del sentire, il sentimento
fondamentale: per esso avvertita la corporeit del corpo proprio e per mezzo di questa poi quella del mondo
esteriore, onde si ha la percezione sensitiva. E c una condizione trascendentale per lesercizio dellintendere,
la idea dellessere; per essa possibile lunificazione dei dati di esperienza e la loro oggettivazione.

* * *

b) Il sentimento corporeo fondamentale e le sue determinazioni:
le categorie materiali
Il Rosmini nel problema dei rapporti fra senso ed intelletto vede quello dei rapporti fra anima e corpo: il
sentimento corporeo fondamentale il sentimento che lanima ha di s nella sua unione con il corpo; in tale
sentimento che lanima si d al corpo ed il corpo allanima ed ambedue si unificano, bench non sidentifichino.
Qual il corpo che in questo sentimento fa tuttuno, pur senza identificarsi, con lanima? Rosmini avverte di
non credere che sia il corpo studiato dal fisico e dal fisiologo. Questo un corpo gi fatto esteriore, e perci
oggetto e non soggetto, come qualsiasi corpo esteriore che cada sotto i sensi e vi produca sensazioni. Il corpo
compreso nel nostro sentimento fondamentale quello che sindividua con noi, sentito come consenziente
con la nostra anima. Il Rosmini chiama estrasoggettivo il primo modo di percepire il nostro corpo, soggettivo
il secondo. Il primo rientra nelle categorie delle funzioni derivate e non ha interesse particolare. Il secondo
invece si pone alla radice come funzione primaria della coscienza: in esso che si attua il sentimento corporeo
fondamentale, nella sua immediatezza. Ma anche in questo sentimento soggettivo il Rosmini distingue due modi
di considerazione che raccomanda di non confondere: luno il puro sentimento fondamentale della corporeit;
laltro questo stesso sentimento ormai deter|minato nelle modificazioni e mutazioni dei sensi particolari. Il
Carlini chiama il senso rosminiano autocoscienza, sensus sui: sentimento e insieme intuizione (ossia
consapevolezza) fondamentale dellesistenza di noi stessi (B, 230, 236).
Egli dichiara di ritenere della dottrina rosminiana due punti essenziali: il primo quel senso dinteriorit che
distingue il nostro sentire dallesteriorit del suo soggetto: laltro il carattere di fondamentalit, ossia di
trascendentalit, che quel sentire mantiene come presupposto delle molteplici sensazioni in cui di fatto si attua.
Come avviene questattuazione?
Lasciamo per ora da parte il momento della interiorit che pare in s chiuso e consideriamo il sentimento
fondamentale nel secondo momento, in quanto il sentimento della nostra corporeit nel quale e per il quale
si determina la nostra sensibilit. Qui il sentimento tutto vlto alle differenziazioni del di fuori: il senso
dellesteriorit, sentimento corporeo vero e proprio. il sentimento per il quale sentiamo la vita essere in
noi, e per esso con la vita comincia e con la morte finisce, che , come si detto, quasi bifronte.
Considerato dallinterno verso lesterno, esso una specie di tatto interiore, che si determina nel tatto
generale per cui il sentimento si espande nel termine corporeo sentito, e genera il senso originario della
spazialit: visto dallesterno verso linterno, in quanto un sentimento che viviamo, pur nel suo riferimento al
termine corporeo, abbiamo il senso della temporalit (B, 240).
Spazialit e temporalit, riprese alla loro origine, sono, dunque, non forme della sensibilit in generale
come voleva Kant, ma alcunch di derivato in quanto sono le forme della sensibilit determinate nella nostra
corporeit: attributi, possiamo dire, della nostra sensibilit corporea, di cui i particolari spaz e tempi, onde
misuriamo ogni cosa, sono i modi.
Il molteplice delle sensazioni tale qualitativamente, oltre che quantitativamente; ma un molteplice,
tuttavia, che ha gi in s qualche determinazione e non si pu trattarlo, come fece Kant, quale una moltitudine
caotica che preme alle porte, daltronde inesistenti, della coscienza per ricevere ordine e significato. Questo
preteso caos imaginario: unimagine di quel| che sa-rebbe il mondo delle sensazioni, se il sentimento
corporeo fondamentale fosse assente: in un corpo, cio, senzanima.
In realt nel mondo delle cose lautocoscienza sensibile trasporta la sua alterit e dualit fondamentale (di
spazio e tempo), e l, nel contenuto fornito dalle sensazioni, la svolge. Lo svolgimento dellautocoscienza
sensibile nel suo riferimento alle cose duplice: svolgimento di ognuno dei suoi atteggiamenti fondamentali
ed svolgimento del loro raffronto (B, 237-238).
Conoscitivamente, perci, il molteplice delle sensazioni si organizza in conformit delle determinazioni date
al punto di partenza dellorganismo corporeo si raduna in unit-totalit qualitative, che lesperienza vien sempre
pi consolidando e stabilizzando in quelle che chiamiamo le cose: le cose e le loro relazioni.
Da ci il Carlini cava lessenziale conclusione che le kantiane categorie dellintelletto sono gi,
germinalmente, in quanto categorie della conoscenza oggettiva, forma dellattivit della autocoscienza sensibile
che porta lidea della corporeit nel mondo delle sue sensazioni e ne unifica con essa il molteplice sempre
mutevole e vario.
Il nuovo risultato che le categorie formali sono precedute e si fondano sopra le categorie materiali nelle
quali si differenzia il sentimento originario.
Questo risultato che modifica tutto limpianto della costruzione kantiana, raggiunto dal Rosmini con
lintroduzione di un altro criterio fondamentale per la distinzione del corpo nostro dagli altri corpi, di cui in
Kant non traccia. Sappiamo che il nostro corpo pu far tuttuno con noi: non cos con gli altri corpi. Nello
sforzo dellazione la nostra Attivit si impadronisce del corpo; ma la nostra attivit lo subisce, anche: come si
vede nelle modificazioni del sentimento corporeo, le sensazioni, le quali avvengono bens in noi, ma non da noi.
Di qui il senso di passivit: di dipendenza del nostro corpo dagli altri corpi.
Questo senso di dipendenza che il soggetto prova rispetto agli stimoli o forze del mondo esterno (calore,
colori, suoni...) ci che fa del puro sentire un percepire: la percezione sensitiva dellestrasoggettivo (C, 392).|
Lo spirito umano, pertanto, in quanto legato ad un corpo, comincia il suo sviluppo con un primo barlume o
vagito che dir si voglia. Quel primo barlume o vagito possiamo esprimerlo con limagine felice del Kierkegaard,
cara al Carlini, come lo spirito nello stato ancora di sogno.
La veglia, egli dice, pone una differenza fra me e il non io, che nel sogno si presenta come un vago niente.
presente tuttavia ch, se no, cesserebbe la differenza fra il sonno e il sogno, o come meglio si direbbe fra
lanimale e luomo. Quella una coscienza ancora dormiente, incapace di svegliarsi. Cos questo vago
niente? per Carlini lo stesso sentimento fondamentale del Rosmini, in quanto contiene il riferimento al
problema del reale. Il passaggio dal sogno allo stato di veglia avviene in quanto lautocoscienza sensibile dalla
sua pura indifferenziata formalit diventa attivit organizzatrice dellesperienza, e da puro senso della corporeit
diventa senso della esteriorit.
Spazialit e temporalit, attivit e passivit sono, dunque, le CATEGORIE della sensibilit corporea
fondamentale, dalla quale derivano tutte le altre, come la mobilit, la divisibilit, ecc., costituenti le forme della
forza nello spazio e nel tempo. Anche la sostanza o sostanzialit, come permanere della durata, e la causalit
come rapporto fra attivit e passivit, sono da ritenere, contro Kant, categorie non originarie, ma derivate. Le
categorie della sensibilit sono dette dal Carlini, categorie materiali della corporeit, in opposizione a quelle
dellintelletto che sono formali (B, 325; cfr. 59).

* * *

c) Percezione sensitiva e percezione intellettiva: le categorie formali
La percezione sensitiva, per il Rosmini, non ancora conoscenza: essa offre solo la materia della
conoscenza. Le categorie materiali, in quanto sono appunto forme della sensibilit corporea non hanno ancora
valore gnoseologico: esse dnno lestrasoggettivo, non ancora loggettivo. la percezione intellettiva che
trasforma il soggettivo-estrasoggettivo della sensazione nelloggettivo, come tale. Come possibile questa|
trasformazione? Essa fatta possibile dalla presenza dellintelligenza, la quale vien definita quale facolt
integratrice, il cui ufficio di completare la percezione della coscienza. Lintegrazione, si sa, possibile
secondo Rosmini in quanto lintelletto dotato originariamente dellidea dellessere che sta allintelletto e agli
intelligibili, come il sentimento fondamentale al senso ed ai sensibili. Solo che il Rosmini si ferm qui facendo
dellidea dellessere lunica categoria formale, senza ulteriori determinazioni; cosicch egli rest al di qua del
problema gnoseologico, senza poter dire di aver superato lantinomia realismo-idealismo.
Egli ebbe il merito grande, per, di rimettere a nuovo lesigenza della logica tradizionale la quale resta
astratta fin quando applica lintellectus allelaborazione dei concetti generici; si fa concreta, invece, se svolge
lintelligibilit immanente allatto concreto della percezione. Ma Rosmini, osserva il C., non saccorse che
lidea rispetto alle idee (o concetti specifici) in cui si determina, incomparabile, restando essa al centro e
muovendosi quelle alla circonferenza (C, 397). Difatti quella oggetto dintuizione immediatamente, queste
sono oggetto del pensiero nella sua dialetticit.
Si tratta di spiegare lincontro di materia e forma in cui si realizza la percezione, latto conoscitivo completo.
Materia e forma sono, infatti, le due categorie supreme di quel sinolo, ch latto conoscitivo, sintesi di
sensibilit e dintelligenza, che latto della percezione porta in seno al mondo dellesperienza. Nella sintesi
percettiva gi Aristotile, fondatore del suo concetto, non pens mai che i due termini potessero star separati: la
forma sempre forma di una materia e la materia sempre una materia informata. La logicit immanente
allesperienza come la materia alla forma, ed il conoscere-percepire, che lapprendere una forma nella materia
e luniversale nel singolare, consiste nella sintesi di ambedue.
La logicit, a cui si fermato il Rosmini e che innegabile, mette in evidenza soltanto laspetto noetico
della percezione, la quale un pensare nel giudicare. vero, nota il Carlini, che si percepisce questa cosa, ma
appena vogliamo rendercene conto, ecco che essa si scioglie nelle sue relazioni particolari e generali con le altre
cose.|
E tuttavia pur sempre in questa cosa che noi sperimentiamo quelle relazioni, la cui totalit sottintesa
costituisce, non luniversale astratto dei logici, ma la concretezza del mondo, come questo mondo a noi
presente. Il giudicare, pertanto, implicito nel percepire, sempre un pensare lesistenza quale data alla
sensibilit umana, ossia quale data, dalla percezione sensitiva, nelle categorie della corporeit. La percezione
intellettiva offre cos due aspetti, luno propriamente percettivo, laltro propriamente logico: verit di fatto,
verit di ragione (C, 398).
Allora nellatto unitario della percezione le due condizioni trascendentali del conoscere, il senso della
corporeit (il trascendentale materiale), e lidea dellessere (lintelligenza oggettivante) sincontrano per dare
allatto un valore gnoseologico immanente. Non bisogna quindi irrigidire latto percettivo in una dualit astratta
di materia e forma, che poi lidealismo con la sua dialettica o il realismo con la sua ontologia ci proporrebbero
di risolvere a favore esclusivo delluno o dellaltro termine. I due termini invece si trovano entrambi
nellinteriorit stessa dellatto conoscitivo, inquantoch mi pare di dover aggiungere lautocoscienza
sensoriale, da cui scaturisce il senso della corporeit, che a sua volta soggetto alle determinazioni sperimentali
del proprio corpo e dellaltrui, originando le quattro categorie materiali (spazio, tempo, attivit, passivit), si
prolunga nellautocoscienza intellettiva che fa capo alla Idea dellessere, per la quale c la sintesi a priori del
concreto o giudizio esistenziale che costituisce la percezione.
Latto della percezione mostra la confluenza di sensibilit e intelligenza, di essenza e di esistenza, di materia
e forma, di categorie materiali e di categorie formali. I due momenti sono inscindibili e qui forse sincontra,
per quanto si pu incontrare, il Rosminianesimo che si ha nel pensiero vissuto del Varisco : il giudizio
esistenziale talora pu dar maggiore rilievo allesistenza, talaltra alla essenza, ma si tratta di sola accentuazione
di un momento rispetto allaltro, non disolazione. Per cui nel momento formale da comprendere non soltanto
la considerazione logica, la eu cta come essenza il concetto ma anche quella che riassume il molteplice
sensi|bile della percezione attuale, leu cta come esistenza, nella totalit della rappresentazione.
Viceversa, il momento materiale include non soltanto la considerazione e lindagine dei fatti, ma anche
quella, come la matematica, che prescinde dallesistenza per ricercarne le ragioni in via del tutto a priori. Quelle
che sono state dette le categorie materiali sono perci comuni ad ambedue gli aspetti.
E le categorie formali? Il Carlini le riduce a tre, cio: quantit, qualit e re-lazione, quante sono necessarie
per determinare il giudizio nella funzione unificatrice del molteplice percettivo. Non c esperienza, se non c
molteplicit: e questa non d esperienza se non molteplicit, non soltanto quantitativa, ma anche qualitativa, e
non c conoscenza se del molteplice quantitativo e qualitativo non si compone lunit del giudizio per mezzo
della relazione (C, 399).
Il fanciullo e luomo ordinario, presi come sono dalle necessit concrete della vita, mostrano e sviluppano in
prevalenza le categorie materiali: quanto il C. dice dellinterferire fra i sentimenti e la conoscenza, la pratica e la
teoria, collima con la posizione varischiana bench i termini siano pi blandi.
Ed il Carlini concorda col Varisco anche nellammissione che il pensiero scientifico altro non che una
continuazione di quello volgare, da cui essenzialmente non differisce se non per una maggiore esattezza dei dati
e purificazione nei contenuti. Non c scienza, fra quelle fondamentali, che non abbia ricevuta la prima, sia pur
rozza ed ingenua, elaborazione nella esperienza comune a ogni uomo. La prima elaborazione, anche delle
categorie materiali, si deve per lappunto alla forma soggettiva del conoscere. In questa lo spazio non pi
loriginario senso della spazialit, ma uno spazio concreto che ha gi ricevuto le prime determinazioni, per le
quali fatto possibile il movimento dellazione. Cos il tempo, in questa rappresentazione, strettamente legato
al senso psicologico della durata. Ma pi di tutte sono ricche le categorie derivate dal senso originario di
attivit-passivit per le quali ogni cosa, secondo che lesperienza progredisce, riceve il suo nome per la sua
sostanzialit e per le sue propriet, per i rapporti quantitativi e qualitativi con le altre cose, per le prime relazioni
causali suggerite dallesperienza. Il tempo uniforme e lo spazio mate|matico, come le altre categorie pure, sono
frutti del pensiero riflesso pi tardivo (C, 403-406).
Le categorie formali il C. le chiama con Kant i concetti puri originar e non si ferma che per alcuni
istanti sulla relazione. Questa, nel suo aspetto puramente formale, si risolve secondo lui nel principio di non
contraddizione, il quale cos considerato altro non che una norma puramente negativa, confinata al campo
logico.
Esso principio, per offrire un criterio di una relazione positiva entro il molteplice; deve trasformarsi nel
principio di distinzione, per il quale a, in tanto pu essere un termine di relazione con b, in quanto a non b.
Solo che lo stesso principio di distinzione resta ancora astratto fino a quando non concepito tradursi nel
sistema intero dei concetti e delle rappresentazioni. Cos in-teso il principio di distinzione si sdoppia nei princip
di complementarit e dintegrazione: per luno i distinti particolari possono integrarsi nel proprio genere; per
laltro vogliono essere tutti organicamente connessi, s da costituire una viva totalit. A questo modo la
relazione permea i dati dei molteplici distinguendoli e facendone ad un tempo la sintesi unitaria che loggetto
(C, 401).
Il Carlini, pur difendendo la validit dei tre princip logici (non contraddizione, identit, terzo escluso), che
la scolastica trasse dalla dottrina aristotelica, li trova troppo astratti e di scarsa utilit per la comprensione della
realt concreta, da cui prescindono. Invece il principio di distinzione, in quanto da solo distingue ed unisce,
ha presa immediata nella molteplicit della esperienza umana: senza questa molteplicit non indeterminata,
ma in quanto stata gi determinata nelle forme e categorie sopra indicate non c il conoscere proprio
delluomo. E lunit di tale molteplicit costituisce il problema insieme del conoscere e del suo soggetto, il tde
ti aristotelico. Poich anche per Aristotele, conchiude il Carlini, non diversamente da Kant, le categorie hanno
una portata logico-gnoseologica e non puramente astratta. Aristotele respinge tanto lEssere unificato,
parmenideo e platonico, perch separato e quindi indeterminato, come quello atomistico, perch polverizzato e
parimenti indeterminato. Lessere, come solo per la unificazione (sinolo) di materia e forma, cos dato solo|
nella integrazione di condizioni materiali e formali, di concreto e astratto in modo che luno la condizione
trascendentale per lesserci ed il darsi dellaltro.

* * *

d) La sintesi percettiva in Rosmini, Kant e Aristotele
Bisogna tener presente che Carlini filosofo moderno, egregio studioso della metafisica aristotelica e
convinto cattolico. Egli presenta la propria posizione come una integrazione del pensiero di Aristotele, Kant e
Rosmini: in essa hanno da scomparire gli elementi sistematici che differenziano storicamente i tre sistemi cos
da lasciare emergere le sole esigenze primordiali del problema.
difficile, in un programma cos ardito, giudicare dei risultati, e lo stesso pensiero del Carlini ancora in
cammino. Ad ogni modo non si pu non riconoscere che in questo sforzo egli abbia dato delle indicazioni di
valore positivo che meritano desser segnalate e che vanno attentamente pensate.
Sono esse, a mio parere:
a) il dualismo di corpo e spirito, di senso e intelletto, di materia e forma, contro ogni risoluzione
dialettica;
b) la complementarit, nellatto percettivo, di senso e intelletto, di categorie materiali e formali mentre
il Varisco, affermando la coessenzialit del pensiero vissuto e del pensiero logico, considerava quello come
azione e solo questo come conoscenza;
c) la necessit di sviluppo delle due cognizioni fondamentali, il senso della corporeit e lintelletto della
realt, e dellincontro che i due princip fanno per via di questo sviluppo, in quanto appunto le categorie
materiali condizionano il sorgere di quelle formali.
Queste indicazioni toccano i punti pi sensibili del problema e vanno ben ponderate. Qualunque possa essere
la consistenza interna del realismo spiritualista e critico del Carlini, esse esprimono di per s, anche come
processo di autocritica, un abbandono significativo del monismo gnoseologico ed offrono la possibilit di una
discussione su di un piano comune con il realismo tradizionale.|
Al punto per in cui oggi resta questa discussione vi sono ser dubb intorno ai risultati che il Carlini si
ripromette. La ragione di questa incertezza sta anzitutto in quella pretesa continuit di pensiero che egli
intravede fra Aristotele, Kant e Rosmini: coloro che sapplicano ad una penetrazione dallinterno del pensiero di
ciascuno di questi pensatori non sono certo disposti a ritenere insufficiente la posizione del proprio Autore, e
tanto meno a concedere la possibilit o necessit dellibridismo che qui si vuol tentare.
Per quanto ci riguarda, noi ci fermiamo ad Aristotele, lasciando ai kantiani ed ai rosminiani di prendere in
merito, se credono, la propria parte.
Egregiamente il C. ha reagito contro il concetto o la presunzione kantiana della massa caotica delle
sensazioni: la molteplicit non mai assolutamente unificata ch sarebbe perduta come molteplicit n mai
del tutto dispersa ci impedirebbe ogni fondata unificazione , ma ha sempre un certo ordine. Lordine di fatto
viene allesperienza in quanto il sentimento corporeo, che prima il principio unificante del proprio corpo, si
differenzia, per suo mezzo, rispetto ai corpi estranei.
I due princip fondamentali dellordine dellesperienza, la spazialit e la temporalit, sono dovuti al senso.
Lespressione, cos com, sembra coincidere con la teoria aristotelica dei sensibili comuni: anchessi, a
differenza dei sensibili propr, costituiscono in qualche modo i contenuti della sensibilit fondamentale e
indifferenziata. La doppia funzione attribuita dal C. al senso fondamentale del Rosmini di autocoscienza
sensitiva e di principio unificatore del molteplice di esperienza ha una corrispondenza abbastanza prossima con
la teoria aristotelica della set| at cct;.
Tale corrispondenza per , a mio giudizio, forse pi esteriore che reale; poich fra la nozione kantiana del
conoscere che il C. vuol conservare ad ogni costo e quella aristotelica, c incompatibilit insormontabile, a
confessione dello stesso Kant. NellAristotelismo il conoscere sempre un assimilare ed un assimilarsi, non un
puro ricopiare (Democrito) od un puro strutturare (Platone), che il soggetto fa rispetto alloggetto. La presenza
che i contenuti hanno nella coscienza, certamente| dovuta alla funzione della coscienza, ma non derivata da
essa o da una sua funzione presa in senso trascendentale: questo termine da solo sufficiente ad impedire
qualsiasi accostamento. Per Aristotele non c conoscenza, senza lattuarsi della coscienza; solo che questo
attuarsi tutto vlto alla realizzazione delle condizioni che rendono possibile lassimilazione delloggetto,
cosicch nella coscienza si ripetono intenzionalmente i contenuti ed i tratti che primariamente e per s
competono alloggetto in modo reale. Per il fatto che lintenzionalit data dalla coscienza, questa da una parte
soggettiva loggettivit e dallaltra oggettiva la soggettivit, affinch luno degli aspetti non consumi laltro con
lannullare latto o loggetto.
La sintesi, come atto, posteriore e suppone la presenza ormai delloggetto nel soggetto, che trae il motivo
della connessione predicativa, non sviluppando a priori la propria spontaneit, ma attuandola secondo una
progressiva presa di possesso del soggetto. Spazio e tempo perci, se appartengono ai contenuti fondamentali
della sensibilit e sono princip di unificazione del molteplice, non lo sono in quanto siano funzioni derivate
della funzione primitiva di conoscenza che appunto la coscienza come avvertire puro, ma in quanto
apprensioni di un organismo psico-fisico animato, il quale, appunto perch soggetto allestensione e alla durata,
pu assimilare lestensione e la durata esteriore. La passivit formale oggettuale cio del conoscere in
generale, e del sentire in particolare, una tesi che non ammette incertezze nellAristotelismo. Essa, come si
detto nel primo capitolo, non perci meccanizza la conoscenza: infatti ritiene integralmente laspetto di attivit
vitale. Solo che lo fa dipendente e successivo al momento della passivit; trasporta poi coerentemente il
rapporto, che ha il senso allo stimolo esteriore, nel campo dellintelletto rispetto ai contenuti dei sensi. Come
spazio e tempo sono prima nelloggetto ed in quanto sono in esso, possono anche essere nella nostra coscienza;
parimenti le categorie intellettuali e formali non si stabiliscono se non a partire da categorie materiali
corrispondenti, gi presenti al senso interno sintende giunto che sia il soggetto alla maturazione dei suoi
contenuti.
La dottrina carliniana delle categorie, cos come ho po|tuto comprenderla, tradisce chiaramente lequivocit
del tentativo. Le categorie aristoteliche sono certo anche contenuti predicabili categorie per lappunto ma
intanto possono essere predicati di un soggetto che loggetto nel caso in quanto sono riconosciuti
appartenere a tale soggetto-oggetto (soggetto ontologicamente, oggetto gnoseologicamente).
Per il Carlini la categoria si pone e si esaurisce nella funzione sintetica. E come la categoria materiale si
esaurisce nellordinare attivamente il molteplice di esperienza, cos la categoria formale, non in s un
contenuto, ma si esaurisce nellordinare attivamente i contenuti quali sono dati nella prima organizzazione delle
categorie materiali. Che tutto questo costituisca un ritorno a Kant, e fino ad un certo punto anche a Rosmini,
non vi pu esser dubbio; neghiamo che possa significare un ritorno ad Aristotele o possa rappresentare uno
sviluppo compatibile del suo pensiero.
Latto conoscitivo per Aristotele, come afferma lo stesso C., un atto intuitivo (C, 397), e Kant nega
esplicitamente una intuizione al nostro intelletto
9
. Rosmini pare meno distante dallammettere latto intuitivo;
persiste per in lui leredit kantiana dellincommensurabilit assoluta dei contenuti sensoriali con quelli
intelligibili: vi manca cio la concezione, prettamente aristotelica, dello spirito umano come natura, cio
soggetto a sviluppo reale. Ci che del resto il Carlini ha ben visto per il fatto che nella derivazione delle
categorie e nellaccenno alla loro solidariet, dichiara di procedere per proprio conto.
Questo spunto personale in realt tocca lessenza del problema: in Carlini per esso necessariamente rimane
sterile. Per via della riduzione kantiana del conoscere a sintesi attiva del molteplice, la connessione fra categorie
materiali e categorie formali resta necessariamente indispensabile s, ma sempre estrinseca. La solidariet
affermata in tanto possibile in quanto sia i contenuti della sensibilit, come quelli dellintelletto sono
omogenei nel contenuto e differenti soltanto per il valore: particolari gli uni, universali gli altri. Solo la teoria
averroi|sta-tomista della cogitativa rende conto esplicito di tale solidariet nella quale Carlini, giustamente,
pone lultima ragione per una soluzione realista del conoscere umano. E la cogitativa rende appunto possibile
latto intuitivo, il quale di per s , e non pu non essere, che apprensione immobile dellousia indivisibile. La
molteplicit e processualit in cui il C. risolve latto intuitivo, per ci stesso lo distruggono: la molteplicit e
processualit appartengono per s alla cogitativa, e qui il Rosmini, che sera fermato allintelligibile immobile,
aveva visto meglio, e sotto questaspetto mi pare che il suo pensiero non ammetta lo sviluppo carliniano.
Infine, come si vedr fra poco, la teoria tomista circa la conoscenza del concreto, fa di questa una conoscenza
sui generis, semplice quanto allatto, ma mista quanto al processo ed al contenuto. Latto della percezione,
bench psicologicamente immediato e gnoseologicamente essenziale per il realismo, non il costitutivo
primario del nostro conoscere: esso una forma derivata, risultante appunto dalla collaborazione attuale fra i
contenuti attuali del senso comune, della cogitativa e dellintelletto.
Lapprensione unificante ultima propria dellintelletto. Essa resa possibile anche per S. Tomaso bene
che gli Idealisti lo sappiano in quanto lintelletto la coscienza suprema a cui stanno presenti anche la
coscienza sensitiva ed i suoi contenuti: lintelligibile contiene la forma di essere unitario che lintelletto si fa
presente di tali contenuti.
Per questo la forma e lessenza loggetto primario dellintelletto, ed lessere nella sua sufficienza
ontologica, quale sostanza, che il primo predicamento. Quantit e qualit la suppongono, come le
modificazioni suppongono ci che modificano; e la suppone la relazione, che il Carlini sembra fare la categoria
universale, poich la relazione, in quanto media fra i termini, li suppone e non li crea. Tutto questo era gi salvo
nella nozione rosminiana dellessere, senza dover neppure ricorrere ad Aristotele, ed il Carlini non ha fatto
alcun passo positivo verso il realismo. Il dualismo gnoseologico, quando resta legato alla negazione
dellintuizione, riduce la speculazione ad un lavoro di Sisifo. Quanto alla processualit dellatto| e alla
concretezza delloggetto, si vedr che la posizione tradizionale non si trova in svantaggio rispetto alla moderna.
3. CONTENUTI DESPERIENZA E COSTANTI CATEGORIALI IN F. ORESTANO
Ha reso solidale il problema della realt con quello di processualit anche F. Orestano, il quale, a differenza
degli Autori precedenti, partito con il programma di andare oltre Kant, poich questi, a suo parere, a torto
giudicato ancora oggi lalfa e lomega del pensiero moderno. Egli chiama la propria posizione superrealismo,
sperimentalismo o realismo costruttivo: in realt i tre termini si chiarificano a vicenda, come si vedr subito. Per
parte sua lO. dichiara di rifarsi, pi che agli altri pensatori moderni, al Leibniz; per parte nostra, la sua
posizione, bench ci lasci dei dubb non lievi intorno alla pretesa di realismo, rappresenta il tentativo forse pi
interessante per accostare il pensiero moderno a quello della metafisica classica.
LO., che viene dalle scienze matematiche, esprime il proprio pensiero con un linguaggio inusitato: mi
limiter ai soli accenni che interessano il problema della percezione; del resto, lO. scrittore luminoso e ci
tiene assai ad esprimere il suo pensiero con raffinata eleganza e trasparenza, cos didee come di termini.
Il problema centrale del pensiero moderno, egli osserva, quello della realt: c una realt che resti
indipendente dalle esperienze che la rivelino a un oggetto (un Objekt ohne Subjekt, un Nicht-Ich-ohne Ich)?
Lo pretendeva la metafisica classica, ma la critica fattane dal pensiero moderno non permette pi di ritornare a
quella posizione
10
.
Va aggiunto subito, per, che la filosofia moderna quella kantiana in particolare fece un passo non meno
arbitrario, quando dallaffermata soggettivit della esperienza, ovvero dal carattere soggettivo della realt,
proclam senzaltro la impossibilit di uscire dallesperienza. Il pensiero dellO. si sviluppa attorno a questi due
punti.|
a) La soggettivit dellesperienza
Questo principio non viene allO. per esigenze sistematiche, ma piuttosto lenunciazione di un fatto che
simpone alla prima riflessione. certo che lesperienza dipende dalla nostra struttura psicofisica (B, 51).
Lesperienza condizionata dalla qualit dei nostri nervi (legge della energia specifica del Mller), e ci era
noto anche alla filosofia antica, ad Aristotele ed anche a S. Tomaso, secondo il quale: quidquid recipitur ad
modum recipientis recipitur. Ammette qui lO. una prima limitazione che la realt riceve per la sua
assimilazione da parte del soggetto: una seconda la ricever per via della classificazione categoriale.
Contrariamente al meccanismo galileo-cartesiano, che riduceva tutte le qualit reali allo sfondo uniforme del
moto locale, lO. ammette che vi sono delle qualit reali, le quali non trovano corrispondenza nei nostri sensi.
La nostra esperienza allora costituita, n pi n meno, dalla dotazione sensoriale propria della nostra
specie: non sperimentiamo se non ci che pu essere abbracciato dai sensi e dai nostri sensi; la nostra
rappresentazione del mondo non si pu muovere che entro questambito. Se noi avessimo un senso di pi o di
meno, tutta la nostra concezione della realt ne sarebbe mutata in modi inimmaginabili. Privi ad esempio del
nostro senso muscolare, noi vivremmo in un mondo in cui vigerebbero le leggi della cinematica, ma non quelle
della meccanica, perch a noi mancherebbero del tutto le nozioni di massa e di forza viva. E se noi
possedessimo un senso elettrico, che ci facesse rilevare anche le differenze tra elettricit positiva e negativa,
tutta la nostra visione e nozione delle cose, delle masse, del cosmo, dei suoi movimenti e fenomeni, ne sarebbe
profondamente modificata
11
.
I moderni apparecchi scientifici arrivano oggi molto pi in l dei nostri sensi, e ci riguarda non solo il grado
delle| grandezze osservabili, ma anche la qualit delle sensazioni che occorrerebbero per rilevare direttamente i
fenomeni studiati. Se pensiamo, poi, che tutta la nostra ideazione fondata sulla esperienza macroscopica dei
nostri sensi, mentre lelettrodinamica e la nuova fisica e chimica e quanto costituisce fisicamente la
microstruttura della realt, hanno per fondamento i fenomeni elettrici, facile arguire quanto grossolana e
congetturale debba ridursi la nostra rappresentazione della realt.
Nessun dubbio, adunque, per la soggettivit dellesperienza. Soggettivit lo stesso di soggettivismo e
fenomenalismo? AllOlgiati che ne lo aveva incolpato, lO. rispose in modo decisamente negativo, avvertendo
che egli d al termine di esperienza e a quello di soggettivit un significato nuovo che non va confuso con quelli
correnti, qualcosa come la absolute Position di Herbart (C, 122-123). Laffermata impossibilit di uscire
dallesperienza da lui intesa nel senso che lesperienza il fatto necessario ed universale per cui ogni
momento, fatto o stato della realt assoluta, incide nella nostra coscienza di essere, di vivere, di patire, di agire;
e dicendo necessaria la soggettivit dellesperienza, non sintende con ci affatto di dichiarare la totale
soggettivit di essa. Il fatto che lesperienza sempre un dato o uno stato soggettivo, non vuol dire che
lesperienza sia soltanto soggettiva, valga solo soggettivamente, dipenda dal soggetto o sia comunque rinchiusa
nel soggetto. Per esperienza lO. intende lo stato od atto di coscienza immediatamente vissuto in quanto ha in s
un oggetto di cui ci si pu formare anche una coscienza riflessa, la quale segna od introduce un secondo
momento, quello della economia, stabilizzazione e direzione delle esperienze anteatte e successive, che il
momento categoriale, come vedremo.
Lesperienza nel primo momento, bench sempre cosciente, non ancora per ci stesso e per ci solo che
cosciente, lesperienza di un soggetto, in un soggetto, entro un soggetto, autocoscienza ed eterocoscienza. Come
il sentimento corporeo del Rosmini, fin quando resta indifferenziato, puro senso della vitalit dellanima nel
corpo e del corpo nellanima senza posizione a parte di un corpo e di unanima e tanto meno del corpo proprio e
dei corpi estranei; cos per lO. nellavvertire, apprendere, constatare, insorgere, nel porsi di una esperienza|
quale che si sia, nessuno sa ancora se esista un soggetto della esperienza o un oggetto dellesperienza. una
anticipazione metafisica il dire che ogni esperienza la modificazione di un soggetto. Lesperienza non
necessariamente un procedere del soggetto verso il suo oggetto, o lagire di un oggetto sul soggetto. Bisogna
spostare questi due termini. Il procedimento tipico ed essenziale, avverte lO., va non dal soggetto alloggetto
per il tramite discendente ed ascendente dellesperienza, ma si parte dallesperienza, posizione assoluta e va
tanto verso il soggetto, quanto verso loggetto (C, 125).
Fatto empirico si badi bene ed i suoi valori metafisici, cio di fenomeno e noumeno, dimmanenza e
trascendenza, si saldano puntualmente per tutta intera lestensione dellesperienza, dalla pi umile e familiare
alla pi complessa e rara.
Torna il tema varischiano della coessenzialit fra pensiero vissuto e pensiero astratto, o linscindibilit
affermata dal Carlini fra categorie materiali e categorie formali? S e no: sotto un aspetto linseparabilit dei due
momenti nellO. ancora pi intima, ma sotto un altro in essa parimenti insita la esigenza della trascendenza.
Si noti che per trascendenza da intendersi qui il necessario riferimento dellesperienza alloggetto in s o
noumeno.

* * *

b) La dimensione trascendentale e loggettivit
Dalla soggettivit dellesperienza, Kant aveva cavato il soggettivismo delle forme della sensibilit e
dellintelletto: ma questa conseguenza andava oltre e contro la premessa.
Oltre la premessa: perch dato e sia pur concesso che vi sono forme della subiettivit, le quali condizionano
lesperienza, nulla autorizza ancora lillazione in campo ontologico che tali forme abbiano un ufficio e valore
soltanto soggettivo.
Contro la premessa: perch la subiettivit, una volta stabilita, vieta di affermare, ma vieta anche di negare
ogni e qualsiasi rispondenza tra le nostre esperienze e una sia pur ipotetica realt transubiettiva e
pretersubiettiva. Chi la nega, viola il principio della subiettivit quanto chi lafferma. Le determi|nazioni di
soggetto ed oggetto appartengono ad un secondo momento di sviluppo, nel quale per lesperienza si svolge
secondo la sua spinta naturale, determinando i suoi elementi per approssimazioni che si fanno sempre pi
definite.
Infatti se noi, nel momento della esperienza indifferenziata, non possiamo n affermare, n negare valori di
realt, cio valori dellesperienza nei suoi significati trascendentali, lunica conseguenza legittima che se ne
desume, non quella di sopprimere qualunque riferimento trascendentale che si faccia delle nostre esperienze
ad una realt in s, ma di rispettare lesistenza e la problematicit di cotali riferimenti (D, 453-454).
Lesistenza del riferimento dellesperienza alla realt trascendentale, contro cui sappuntano gli attacchi dei
settori pi rappresentativi della filosofia moderna, non dovrebbe in realt essere che una sequela naturale della
stessa nozione desperienza: perch, una volta dichiarata, con limmanentismo assoluto, lassolutezza
dellesperienza, bisogna accettarla cos com, e il proporsi di amputarla nei suoi riferimenti ontologici, anche
solo mediante una riserva mentale come sarebbe la . :e, dei Fenomenologi sarebbe un procedimento tanto
inefficace, quanto arbitrario. Tale riferimento di fatto, appena tolto via, riaffiora ed emerge ad ogni passo, in
quanto che ogni contenuto desperienza non mai completamente chiuso o interamente saldato, ma sintegra
secondo tutto il complesso dinerenze e dipendenze secondo una doppia direzione, soggettiva ed oggettiva.
Cio non nasce esperienza senza un riferimento ontologico, senza che essa sia ontologicamente orientata,
tanto verso il soggetto in s, quanto verso loggetto in s: lO. ha trovato il miele nella bocca del leone e queste
dichiarazioni hanno soddisfatto anche lOlgiati (C, 143-144).
Lesigenza che ha lesperienza di essere integrata con un riferimento al noumeno, sia esso soggetto come
oggetto, detta dallO. dimensione trascendentale (od ontologica) od anche senso vettoriale ontologico. Essa
quella componente costante e insopprimibile di tutta lesperienza particolarmente presa, che ne addita i
riferimenti ad una realt in s, ad un ipotetico sfondo noumenale, quando assunta come il substrato, lo sfondo,
la| ragione e la misura dellesperienza, trascendente sempre tutti i dati contenuti nellesperienza stessa
12
.
La dimensione trascendentale lasse di tutta la nostra ontologia.
Tale dimensione biunivoca, cio, di tali dimensioni trascendentali o riferimenti ontologici ve nha
normalmente almeno due, cio in due sensi: luno verso un non-io (localizzazioni fisiche, riferimenti ad altri
soggetti, ecc.) e laltro verso il nostro stesso io. Invero lio, ontologicamente cio nominalmente preso, non pi
conosciuto e pi immediato del non io. Ci che dato immediatamente lauto-coscienza, che la condizione
universale dogni avvertimento, non la diretta e piena conoscenza di s. stata una ingenuit della filosofia
romantica dare per ignoto e inconoscibile il mondo, e per noto ed interamente noto il soggetto a se stesso. Il
soggetto si conosce tanto poco, quanto poco conosce qualsiasi altra realt non sua. Lio psicologico non coglie
mai se stesso, ma conosce solo esperienze e proiezioni parziali e discontinue di un proprio io trascendente. Nel
modo pertanto che lO. intende lesperienza, si ha che per via della dimensione trascendentale essa implica il
riferimento necessario tanto alluno come allaltro, ma in s non li contiene, n fa una posizione di favore
alluno pi che allaltro.
Il fenomenismo si fatto solipsismo in quanto faceva la esperienza una semplice modificazione dellio, il
quale nella esperienza nientaltro conosce che le proprie modificazioni autogene od eterogene, ma tale pretesa
assurda e irrealizzabile anche in base allo stesso principio immanentista. Lio-soggetto delle esperienze od
oggetto di date esperienze non un dato di esperienza immediata e non meno misterioso, inaccessibile,
indefinibile, inadeguabile di qualsiasi altra realt assoluta che si ponga come Altro in noi, come non io (C, 126).
Tentare di conoscersi in modo diretto e totale mettersi sulla via di un regressus in infinitum, perch da ogni
nuova sintesi esulerebbe sempre lio, autore della sintesi.|

* * *

c) Problematicit del reale e costanti dellesperienza (categorie)
La discussione intorno alla dimensione trascendentale, se da una parte ha assicurato per sempre lesistenza
del noumeno, dallaltra, e per gli stessi motivi, ne pone la problematicit. Si vuol dire che la conoscenza, che
nasce nellesperienza e si muove da essa, tende necessariamente al noumeno e nella riflessione pu terminare
anche ad esso, tanto come oggetto, quanto come soggetto, senza per adeguarne mai il contenuto, una volta per
sempre. E questo perch ogni esperienza insorge sempre come un certo complesso di relazioni, nessuna delle
quali chiusa in se stessa, n totalmente saldata in altre. Nel complesso relazionale che non mai semplice, n
interamente esauribile a qualsiasi analisi, composto anzi di serie, e di serie di serie, multiple, variabili,
discontinue, si distinguono delle relazioni orientate ontologicamente verso un io soggetto trascendente e
delle altre orientate pure ontologicamente verso dati oggetti che parimenti trascendono lesperienza.
Direttamente ripetiamo, ch importante immediatamente, integralmente lesperienza non conosce n lio, n
il non io.
Lio, in quanto il soggetto di tutta lesperienza, pertanto una entit non fisica osservabile, ma metafisica,
indotta e adombrata sempre parzialmente e relativamente, sullappoggio dei riferimenti ontologici soggettivi:
cio della dimensione trascendentale rivolta al proprio io abditus; al modo stesso che il mondo oggettivo
viene edificato mediante laddizione algebrica dei riferimenti ontologici oggettivi positivi e negativi cio
sullappoggio della dimensione trascendentale rivolta verso un non-io direttamente inaccessibile (D, 456). Io e
non-io, in quanto noumeni, restano sempre inesauribili.
La filosofia tradizionale silluse di chiudere la realt nelle categorie come in una unit di misura precisa,
ideale, assoluta: un tale uso e concetto di categoria non si d, n si pu dare; irreale soprattutto la rigida
tripartizione kantiana delle funzioni conoscitive in sensibilit, intelletto e ragione.
Non che lO. bandisca senzaltro luso delle categorie; vuole soltanto avvertire che il progresso che ai nostri
tempi hanno fatto le scienze, e fra esse soprattutto la matematica, sug|geriscono una nuova nozione di categoria
pi duttile e perci anche pi realista di quella tradizionale. Le categorie sono da intendersi come costanti,
schemi prototipici, coordinate massime, gruppi dinvarianti, dellesperienza in quanto sono relazioni invarianti
e covarianti rilevate e stabilite, tanto in seno alle presentazioni fenomeniche, quanto nei rispettivi riferimenti
trascendentali. in quanto sono tali costanti che le categorie costituiscono il costrutto stabile, quanto lo sono
quelle della realt da noi appresa s in senso soggettivo, che oggettivo; s in senso empirico che metaempirico
(C, 151).
Si potrebbe, credo, dire che le categorie dellO. restano a mezza via tra lesperienza immediata da cui prende
il movimento la dimensione trascendentale, ed il noumeno nel quale essa si appunta. Di qui due caratteri, molto
importanti, delle categorie. Luno, che le categorie contro Kant intervengono con funzione costitutiva gi
nella stessa attivit percipiente, poich anche il percepire un giudicare ed un giudicare per categorie. Pare che
lO. individui questa presenza delle categorie, fin nellesperienza, nella formazione degli schemi categorici, i
quali verrebbero cos ad essere il tramite e lintermediario fra lesperienza detta fenomenale e le categorie dette
fenomenali, e le une hanno da vivere, secondo lefficace espressione dellO., in simbiosi con le altre. Da ci,
laltro carattere che un dato di fatto: non vi sono strati categoriali come ponevano Kant e i neokantiani ed
oggi ancora il Carlini, come si visto ma una struttura mentale unitaria, un solo complesso di forme logico-
categoriche, schemi, coordinate, funzioni, costanti, le quali operano continuamente e congiuntamente, per lo pi
in gruppi, a diversi gradi di una relativa concretezza e di una relativa astrazione. ci che lO. dice contesto
concettuale (D, 452).
Per lesigenza insita nella dimensione trascendentale, ognuna di tali strutture, o forme, o schemi, non un
sistema chiuso e coerente, ma un insieme imperfetto e in corso di formazione. Esse categorie si determinano e si
fortificano secondo che maggiormente si procede, tanto nelluno come nellaltro senso della dimensione
trascendentale. Pi che imporsi ai fatti e alla penetrazione analitica, le categorie vi nascono, vi crescono e vi si
stabiliscono, cosicch alla opposizione kantiana, da| sostituire la mutua complementarit di immanenza e
trascendenza, di fisica e metafisica, di azione e conoscenza; ognuno dei membri delle coppie si sostiene
sullaltro, senza assorbirlo come vuole il monismo gnoseologico, senza lasciarlo a s estraneo come si ha nella
coppia kantiana di fenomeno-noumeno.
stato lerrore pi grave di Kant, dichiara lO. (D, 460) di sostenere che le categorie non abbiano alcun
impiego e non dicano pi nulla oltre il fenomeno. vero proprio il contrario. Le nostre categorie non hanno
impiego e significato, se non in senso trascendentale, cio se non sono riferite a tutta la realt, alla realt in s,
al noumeno, pi ancora che al fenomeno. Le categorie sono gli schemi relativamente stabili, bench sempre
ipotetici, alla stregua dei quali noi tentiamo di congetturare, formulare e organizzare laccordo della nostra
mente con una vera e non illusoria realt. La funzione vera delle categorie adunque quella di ipotesi
trascendentali e pi precisamente di ipotesi di lavoro, da conservare finch sono utili, pronti ad abbandonarle se
sostituibili con altre pi feconde. Secondo lO. si trovano ancora in una fase arcaica le categorie di sostanza e
causa, in quanto derivano dai concetti, parimenti arcaici, di materia e di forza, foggiati sullesperienza
macroscopica dei dati visuali, tattili, muscolari.
Un vero arricchimento, secondo lO., venuto invece agli schemi universali del pensiero e quindi anche alle
forme della cosidetta logica pura, dai progressi della matematica, vale a dire dallapprofondimento e sviluppo
delle categorie di quantit e grandezza. Da queste constatazioni lO. passato a tracciare nuovi piani per la
logica pura e per la logica che egli chiama categorica o logica per categorie, e ad una riforma degli schemi
delle idee generali, alla stregua dei modelli matematici di gruppo, insieme, serie, funzione, variabile, limite, ecc.

Invece di seguire lO. nello sviluppo analitico di questo programma, a noi preme di pi il renderci conto della
natura propria e della portata che egli ascrive alle categorie.
Pare anzitutto che lO. venga a trovarsi in accordo col Carlini nel ritenere che la categoria fondamentale, o
categoria delle categorie, la relazione, poich tutte le altre ne derivano e da| essa, cio dalla possibilit di
istituire una relazione qualsiasi
13
. Nella determinazione, per, delle categorie egli segue una propria via. Una
prima specificazione, secondo lui, della pi indeterminata categoria della relazione si ha nella distinzione fra
relazioni ordinate e relazioni non ordinate: la categoria dellordine restringe cos quella di relazione e contiene
in germe tutti i gruppi delle altre categorie. Per lO. le categorie vengono ad essere come i punti di emergenza
dellesperienza. Da ci due conseguenze importanti: a) che le categorie sorgono dallo sviluppo combinato
dellagire e del conoscere, onde egli chiama il suo sistema anche attivismo integrale; e b) che non c un limite
assegnabile a priori n alle funzioni ordinanti della mente, n agli schemi escogitabili e concettualizzabili di
relazioni ordinate.
Lazione ed il pensiero, il regno delluomo e quello della natura, lo sviluppo individuale combinato con
quello collettivo e quello di unepoca con quelli di altre epoche possono offrire una concezione adeguata della
realt come sistema. Il quale, appunto per questi elementi, porta in s la problematicit di cui si voleva parlare,
perch, anche nel pensare, la vita una conquista mai finita, ma che va assicurata ed ampliata ogni giorno (D,
451, 461).

* * *

d) Superrealismo, fenomenismo o relativismo?
I punti di contatto che la gnoseologia dellO. pu avere con quella tradizionale non sono saltuar e quasi
preterintenzionali, come nel Varisco e nel Carlini, ma continui ed a volte esplicitamente intesi.
Qui non la sola descrizione fenomenologica pu coincidere con quella aristotelico-tomista, ma c, nella
frequente comunanza dei termini, qualcosa di pi sostanziale: la caratteristica nozione di esperienza, in cui
affermato il vincolo indissolubile fra sensibilit e pensiero, la prassi e la conoscenza, feno|meno e noumeno, pu
essere ricondotta senza gravi sforzi alla teoria della cogitativa. A bandire ogni timore per un qualche
idealismo segreto, lO. ha espressamente dichiarato allOlgiati che egli nella discussione dei problemi parte in
posizione di realismo, in esso si muove e ad esso arriva nella soluzione finale (C, 52).
La dimensione trascendentale o senso vettoriale ontologico di cui imbevuta lesperienza, non solo
impedisce lannegamento della realt nel fenomeno, od apre al pi la possibilit di un dualismo empirico come
in Varisco o di un dualismo ancor problematico come in Carlini, ma pone di necessit e subito il non-Io accanto
allIo ed il noumeno accanto al fenomeno
14
.
Da tutto questo lO. pu contestare allattualismo e rifiutare come postulati arbitrar: a) La risoluzione di
tutte le infinite relazioni, inerenze e dipendenze dellesperienza concreta, in pensiero; b) lassunzione di un io
assoluto come un quid primo di tutta lesperienza; c) la negazione aprioristica di qualsiasi realt trascendentale
negazione che non pu essere in alcun modo dimostrata e che, fatta in nome del soggettivismo dellesperienza,
contraddice al soggettivismo stesso e ne vola le frontiere nellatto medesimo di affermarle.
Questo franco riconoscimento, annulli esso o no la portata delle osservazioni che seguono, mi parso
doveroso.
Pi che avanzare critiche formali al pensiero dellO. intendo solo di esporre qualche dubbio, forse molto
elementare, ma di cui non sono riuscito a persuadermi che fosse privo di qualche importanza od estraneo al
problema del realismo.
Anzitutto, se fosse permesso di manifestare una impressione si tratter forse solo dimpressione che mi
colpiva| di frequente nella lettura dei Nuovi Princip, dovrei dire che non di rado mi sembrava davvero di
trovarmi al di l di Kant, ma a parte ante, cio in pretto ambiente lockiano. Lesperienza, infatti, vi presentata
come la coscienza od avvertenza diretta, ed il pensiero quale unesperienza di secondo grado, o coscienza
riflessa: in questo senso naturale che il pensiero sia appunto un risultato, come abrg e schema sintetico
approssimativo, che le condizioni attuali della cultura individuale e collettiva possono offrire delle cose.
Da questa posizione, su cui lO. non fa misteri, mi venuto il dubbio se egli ammetta o no lintelligenza nel
senso tradizionale del termine, non soltanto in quello moderno kantiano di processo e principio di
unificazione della molteplicit degli atti e dei contenuti. Tomisticamente direi: dubito che lO. si sia fermato alla
teoria della cogitativa senza raggiungere lintelligenza, in quanto questa facolt apprensiva dellintelligibile
nel sensibile, del necessario nel contingente e dellindivisibile nel molteplice. Losservazione che faccio allO.
collima perci con quella fatta ai pensatori precedenti: a suo riguardo essa, per, ha un significato pi
pregnante, non puramente critico, ma anche costruttivo rispetto al problema che vengo conducendo.
Lomissione di una dottrina soddisfacente dellintelligenza si pu arguire da tutta la dottrina delle categorie e
dal primato esplicito che anche in essa attribuito alla relazione; ci che pone la questione in termini molto
gravi. Quando lO. viene a parlare di categorie, del loro contenuto, funzione, derivazione..., egli d a questo
vocabolo, ormai sacro al pensiero, un significato che sprizza modernit da tutti i pori e che, a mio parere,
imbarazza non poco la sua professione di realismo. Le categorie conservano una portata realista fino a quando si
muovono nel clima spirituale fissato da Aristotele che per primo introdusse quel termine. Per Aristotele, le
categorie sono certamente anche dei contenuti di direzione del pensiero e, per suo mezzo, dellesperienza onde
hanno una funzione essenziale nella sintesi predicativa, in quanto ne sono i termini indispensabili. Ma questo
solo laspetto logico delle categorie, le quali, prima di essere forme e princip organizzativi del conoscere, sono
forme dellessere ed i modi del suo realizzarsi ed organiz|zarsi. La priorit reale che Aristotele d di continuo al
concreto sullastratto, e allordine reale sullordine logico non ha altro significato, ed strano che lO. indirizzi
al Filosofo e allAristotelismo laccusa kantiana del deprecato argomento ontologico (C, 120). Se volessimo
essere parimenti decisi, noi dovremmo lanciare allO. almeno laccusa di empirismo, ma prima vogliamo
indicarne i motivi.
Pare, invero, che per lO. la categoria sia postulata e si esaurisca tutta come connessione esistenziale, come
un modo di apparire prima, e poi di connettere lesperienza secondo una certa costanza di schemi, tipi,
invarianti: quella costanza che data dal confluire, interferire ed integrarsi reciproci fra i due termini o poli
della dimensione trascendentale, fenomeno e noumeno, io e non io. Le categorie sono allora i modi di apparire,
e conseguentemente di rappresentare e concepire le connessioni fenomenali, la costanza e variabilit dei quali
ha ripercussione immediata sulla costanza e variabilit delle categorie. Da ci si comprende bene come lO.
possa chiamare le categorie costanti desperienza ed ipotesi trascendentali, ed attribuisca alle medesime,
come carattere intrinseco, la provvisoriet, e le concepisca in un superamento continuo delle une rispetto alle
altre, quelle di una civilt pi progredita rispetto a quelle di una che lo meno.
Pare allora che la categoria dellO. altro non sia che una forma di concepire lapparire della corteccia delle
cose, ma che non raggiunge la realt che la corteccia nasconde. Difatti, sopratutto questo modo di apparire e
di organizzare concettualmente lapparire che preme alla scienza e che la scienza per pone in condizioni nuove
rispetto a quelle precedentemente note; come si ha, per la cultura contemporanea, nel passaggio dalla
concezione macroscopica a quella microscopica della realt fisica. In questo senso si potranno certamente
rivelare come insufficienti ed ipotetici, e perci bisognosi di essere sostituiti, gli schemi percettivi ed anche
quelli intellettuali che direttamente ne dipendono, perch fondati in condizioni di esperienza e di cultura
dimostrate inadeguate: le categorie, come tali, cio come forme dellessere, no. La situazione gnoseologica
dellessere reale, e delle categorie, che ne sono le forme particolari, quella| dellessere parmenideo: lessere, se
cangia, si annulla come essere. Essa obbedisce alla non contraddizione.
Lessere reale e la categoria in cui esso si attua consiste in un contenuto indivisibile e che ferme
restando le condizioni naturali , come in s immutabile, tale lo anche gnoseologicamente. Cosicch bisogna
cercare pi intimamente: ci che importa la proposizione, accettata anche dallO., che lessere o lo si ha subito o
non lo si raggiunger mai. Quel subito ha un significato inequivocabile: non dice solo una vaga coesistenza di
contenuti desperienza e di contenuti dintelligenza, ma dice il fatto che quello che si ha la prima volta pi
prezioso di quanto potr venire in seguito e si pone come ragione giustificativa del supposto aggiungersi di
questo.
Il possibile mutarsi, pertanto, delle condizioni gnoseologiche non pu avere una presa diretta sullessere e
sulle categorie, ma indiretta soltanto e di secondaria importanza rispetto al contenuto metafisico della categoria
presa come forma dellessere reale e come contenuto intelligibile.
Riconosciamo volentieri allO. che lapprensione dellessere e delle categorie sorge dallesperienza, e non
data a priori. Possiamo essere ancor pi espliciti e riconoscere che lesperienza, oltre che essere la matrice
dellintelligenza, ne anche la culla, anzi il grembo materno a cui ha da restar attaccata se vuol crescere: questo
infatti il significato della teoria dello experimentum. Possiamo perci riconoscere che gli oggetti
dellintelligenza soprattutto quelli fondamentali tanto del sapere in generale, come delle singole scienze
sono omologhi, termine caro allO.
15
, a quelli dellesperienza. Ma nonostante tutto questo, il realismo si vanifica
se non si ritiene che lintelligenza cava dallesperienza un proprio contenuto che dato dallessere e dalle
forme dellessere ; il quale potr trovarsi insufficiente a sussistere da solo nella coscienza, ma che sempre
qualcosa di quiescente nellanima, ed intrinsecamente incommensurabile con i soggiacenti contenuti
desperienza. E ci tanto vero, che se in un primo tempo lintelligibile si fonda sullesperienza, poi questa
che nellatto percettivo ordinario ha da fondarsi su quello, come ammette anche| lOrestano. La dottrina
aristotelica dellintelletto, sdoppiato funzionalmente in due facolt di cui luna il nos poietics ricordato
anche dallO. bench in altro senso fa appunto lintelligibile e laltra se lo assimila per viverlo in s, esprime
efficacemente che il sorgere del pensiero segna una emergenza di vita nellanima, non solo quanto al modo di
apparire e di rappresentare ed ordinare i contenuti preesistenti, ma quanto al fatto che ne introduce di nuovi e
di ben altro valore.
Per il nostro conoscere a posteriori mi pare che lintelligibile umano sta, per usare un paragone, al contorno o
alone di esperienza, come la veste al corpo vivo che si copre. Noi vediamo il corpo vivere e muoversi sotto la
veste, ma altro il corpo, altro la veste. La veste pu essere qualsiasi, elegante o rozza, ricca o povera: ci non
importa molto; ci che vale il corpo che si agita dentro. Il cambiare delle vesti non pu certo cangiare il corpo
che c sotto: al contrario proprio esso che fornisce il criterio naturale per giudicare della convenienza e
adattamento delle vesti. Un corpo deforme potr essere un po attenuato nella sua bruttezza se coperto
opportunamente di abiti ricchi, ma non diventer mai bello. Come un corpo aggraziato non potr nascondere lo
splendore delle membra e la eleganza delle movenze anche sotto miseri cenci: anzi vi brillano con insistenza pi
fresca e pura. Il paragone non strampalato, bench non sia adeguato.
Non adeguato: perch i contenuti desperienza non sono semplici vesti della realt noumenale, qualcosa di
estraneo alla medesima; in verit sono i suoi modi di apparire, radicati in essa, emananti da essa ed aventi perci
con essa quella dimensione ovvero corrispondenza necessaria e rivelatrice che lO. dice trascendentale. I
contenuti desperienza hanno perci anche gnoseologicamente un ordine per s proprio alla realt sostanziale e
costituiscono litinerario normale, anzi unico, per cui luomo arriva alla medesima. Si pu dire con fondamento
che lesperienza fenomenale ha una dimensione od un vettore ontologico verso la sostanza.
Il paragone non per strampalato: perch fin quando tutta la conoscenza del noumeno si riduce a quel
vettore ed al riferimento al noumeno da esso importato, ancora non si pu dire se il noumeno sia conosciuto in
s: esso si esaurisce nel|lesser termine del riferimento. Siccome in questo riferimento conosciuto il primo
termine, il complesso dei contenuti fenomenali, e siccome i contenuti fenomenali possono per varie ragioni
apparire ed essere concepiti diversamente, non senza fondamento che ho portato quel paragone e che sospetto
la posizione dellO. affetta da relativismo scientista.
La scienza moderna si applicata con ardore allo studio delle vesti e delle stoffe che coprono la realt, e sta
bene fin quando sono tenute per vesti o stoffe: guai per quando sono prese per la realt stessa o quando non si
riesce a distinguervi dentro il corpo che vive.
S. Tomaso, alloscuro dei prodig della moderna tecnica scientifica, non descrisse molto le vesti del cosmo, e
fu fortuna, perch ci permise, al suo sguardo daquila, di penetrare con sicuro intuito i contenuti intelligibili
delle cose ed i rapporti necessar delle essenze per cui egli venuto a quellorganizzazione dei problemi dello
spirito di cui ancora viviamo.
Anche allO. perci rischia di mancare lapprensione dellintelligibile e con essa la metafisica e lautentica
posizione di realismo: senza tale apprensione manca il pilone di ancoraggio nel flusso scomposto dei fenomeni.
Le variazioni di cultura, sia individuali come collettive, appunto perch interessano le vesti, possono ampliare,
integrare, correggere in parte, mai intaccare totalmente il fondo di una essenza, una volta che sia stata appresa. Il
bambino che ha capito cosa significhi la parola mamma e sappia distinguere, come dice il Filosofo (Physic. A,
1, 184 b, 12), questa persona dalle altre che lo circondano, potr in seguito approfondire sotto aspetti molteplici
(biologico, sociale, religioso) quel senso primitivo, ma in tutti questi prolungamenti od integrazioni resta un
nucleo centrale intelligibile, non dico visivo, inattaccabile. Lammettere allora il carattere ipotetico ed uno
sviluppo indefinito delle categorie, come tali, non pu che portare alla negazione delle stesse categorie, come
tali, e con esse dellessere che incorporano e portano.
Con perfetta coerenza alla sua idea fondamentale anche lO. ha fatto centrale la categoria della relazione ed
ha posto in secondo ordine quella di sostanza: solo che questo costituisce la conferma pi chiara della mia
interpretazione: non| esser la sua posizione che una variante sia pur interessante e quanto si vuole bene
intenzionata del soggettivismo moderno.
Ma se vero come lo deve essere che le relazioni poggiano sui termini e li presuppongono, allora lente
nella sua assolutezza e sufficienza che esiste prima delle sue modificazioni, cio la sostanza.
Gnoseologicamente, a pari, intorno alla conoscenza della categoria essenza-sostanza che si muove lo sviluppo
del pensiero, sia volgare come scientifico: intorno e non oltre, poich lammettere un oltre della categoria gi
acquisita, altro non che un coinvolgere i valori eterni e necessar nel flusso delle apparenze, il quale non poi
cos tragico e bizzarro, od almeno non lo in tutto e non lo sempre, come i fenomenisti si tramandano leredit
di descriverlo.
Stando cos le cose, come mi sembra, non poi vero che la sostanza (e, con essa, la causa) sia una categoria
invecchiata. Mentre invecchiata di molto la pretesa che per afferrare il concreto sia necessario accettare
linstabilit assoluta del pensiero come vuole lOrestano. Nei capitoli che seguono si vedr che si pu ben
ammettere una certa instabilit del pensiero ed una certa dialettica del concreto, in un senso per ben diverso da
quelli usuali; tale cio che salvi, nei limiti di un oculato realismo, le esigenze dellastratto ed i limiti del
concreto in quella particolare forma di conoscenza che lumana. Si vedr insieme che il termine
trascendente applicato dallO. al noumeno rispetto al fenomeno, non solo improprio, ma fatto apposta per
mettere sulle false strade del platonismo e del kantismo. Il realismo aristotelico si defin appunto nella battaglia
sferrata al platonismo per la difesa dellimmanenza, nel concreto, dellessere e dellessenza contro la
trascendenza.|
Note

Note al Capitolo Primo
1
In Archiv fr die ges. Psychologie, Bd. 44, 203-266. Le suggestioni del W. sono state accettate da Bruno PETERMANN, A, 264.
Il W. nella sua accusa allAristotelismo tomista di spiegare la conoscenza come una recezione passiva di forme fisiche era stato
preceduto dal Malebranche (cfr.: Recherche de la Vrit, lib. III, P. II, cap. II) e se poche accuse hanno contribuito tanto, come questa, a
screditare il pensiero aristotelico, poche ancora sono pi infondate di essa. Purch sintenda sempre il pensiero originale e personale di
Aristotele e S. Tommaso.
2
Man sollte meinen dass dieser unkritische Realismus heute keine Anhnger mehr fande. Fr ihn hat jedenfalls Kant seine Kritik der
reinen Vernunft vergebens geschrieben (211).
3
Art. cit., 211. Le citazioni del W. fanno sospettare di una conoscenza molto approssimativa e di seconda mano dei testi tomisti.
4
Art. cit., 208, n. 3. Avvicina il principio dellIsomorfismo alla teoria delle a :e eat di Empedocle, Democrito, Epicuro anche E. G.
BORING, C, 574 e segg.
5
TEOFRASTO, De Sensu, 1, 231. Questi Filosofi si richiamavano al fatto che la maggior parte delle cose si conosce per similitudine e
dallosservazione che tutti gli animali sono portati, per naturale istinto, a conoscere quelli che sono loro affini: cosicch il sentire
sempre un portarsi del simile verso il simile per via di una emanazione: . t e` a ; e . | at ca |.cat a :e eta ,t |.at e` e ete|
|. .at :e ; e ete|.
Lesposizione analitica di Democrito data da Teofrasto nei paragrafi 49-79 dellop. cit. (v. unottima trad. it. in: V. E. ALFIERI, Gli
Atomisti, Frammenti e testimonianze, 142 e segg.).
Sarebbe questo stesso principio che lidealismo come filosofia dellidentit ha posto a proprio fondamento ma in senso capovolto (...
Naturerfahrung ist so Geisteserfahrung: il primo principio ...Erkennen ist Erschaffen. (Cfr. Io. HOFFMEISTER, Goethe und der
deutsche Idealismus, Eine Einfhrung zu Hegels Realphilosophie, Philos. Bibliothek 66 a, Leipzig, 1932, p. 5 ss.).
6
J. I. BEARE, 15 e segg.; cfr. 204-205.
7
ARISTOTELES, De Gen. et Corr., II, 1, 329 a; ibid., 3, 330 b; Metaph., I, 4, 984 a, 8.
8
Tet ; . | eu | ees.t :a c,.t| . sace| eta t|a| :e a| .t cte |e; :eu :eteu |e; . c,a eu, sat eu e| e | e :e| sat e a | sat
a seu.t| a ; |act sat a ; a a; at c c.t; at ca |.c-at :a ca; . t e. ea cat eta . a. e; sat u eae; sat a | eta|a|a |, eta eu ;
:e eu; . ,.t| a ea eu; . | eta ctse a, :us|eu ; e. saa cet ,e|, sat a e| . ,.t| a eta|a| a e|. 0t . | eu | . :t t|a|
eu a eta tca|, a c:. sat `E:.ees ;, s., De Gen. et Corr. A. 8, 324 b, 26.
Pi concisamente Teofrasto: `E:.ees ; |ct a . |ae .t| (a ; a :e ea ;) .t ; :e eu; ; . sa c; (at c c.a;) (at ca |.cat), De
Sensu, 7, ed. cit., 322.
9
In un frammento di Empedocle conservato da Plutarco si ha: Eaa a ; cu.ta; a | :e a| a ; saa . e; at c c.t; ,t |.cat, a |
at ca | . sa c a e ,e|e; (Phil., IV, 9, apud: L. PHILIPPSON, \AH ANOP.EINH, 178).
10
J. I. BEARE, 24 e segg.; cfr.: 205-206. TEOFRASTO, De Sensu, 49, pone qualche dubbio, che il Beare non reputa giustificato,
sullopinione esatta di Democrito.
11
V. E. ALFIERI, 53. Cfr.: ARISTOTELE, De Anima, I, 2, 404 a, 27 tradotto ed annotato con erudizione dallAlfieri (op. cit., fr., 101; pagg.
126-127), circa la controversia se lidentificazione materialista di anima ed intelletto, di sensazione e pensiero, esprima la mente autentica
di Democrito o sia una tendenziosa interpretazione di Aristotele.
12
... A. ,.t ^e ste;, .t eaa sat a :e ea ; at ta .|e; ARISTOTELES, De Divinatione per Somnium, 2, 464 b 6. Cfr.: TEOFRASTO, op.
cit., 50-51, che afferma aver D. scritto unopera speciale dal titolo non si sa se, :.t .t ea a| come vuole lo Schneider che corregge il
:.t .t ea | dei Mss. (cfr. E. V. ALFIERI, 144 n.).
13
J. I. BEARE, 37; cfr.: 208; vedi anche: TEOFRASTO, De Sensu, 27. Secondo Aristotele la maggior parte di filosofi si son trovati
daccordo nel ritenere con Anassagora che e e ete| u :e e et eu :a | a :a. ; . ct. De Gen. et Corr., A, 7, 323 b, 3. Poi diventa principio
ermetico.
14
De Anima, II, 11, 424 a, 2 e segg.
15
De Anima, II, 4, 416 a, 29 e segg.; sviluppa: ibid.: 4, 416 b, 32-418 a, 4.
16
Te e` at ctse | eu|a .t . ct | ete| e at ce | e . |..,.ta , saa :. .t at :a c,.t . | eu | eu , e ete| e |, :.:e|e ; e`
a et aat sat . ct| ete| . s.t |e. De Anima, II, 5, 418 a, 4-6.
Le varie forme di movimento e mutazione sono ampiamente trattate da A. nel V e VII libro della Fisica (224 b, 3 e segg.; 243 b, 1 e
segg.) e nella Metafisica (XI, 11-12, 1067 b, 1 e segg.). Quattro sono i generi di mutazione: sostanziale, quantitativa, qualitativa, locale.
La mutazione qualitativa la et act;, quale .ae saa :ete | che avviene fra i termini contrari entro uno stesso genere. Essa
propria dei corpi fisici (a ca aa) i quali per lindeterminatezza radicale| che hanno dalla materia corruttibile, sono soggetti allacquisto
od alla perdita di alcune qualit accidentali, le qualit passibili (:atsat :ete .;, cfr.: Categ. 8, 14). Gli stimoli propri del sentire
sono queste qualit passibili, le quali sono principio, ad un tempo, e dellalterazione fisica esercitata sullorgano come anche
dellalterazione interiore che latto del sentire.
17
... e` at cct; . | a st|.t cat . sat :a c,.t| cuat |.t, saa :. .t at ees.t ,a a et act ; t; .t |at. De Anima, II, 5, 416 b,
33-35. Cfr.: ibid., 4, 415 b, 24; 410 a, 25.
18
`A|e .et . | (chi semplicemente uomo, e chi ha gi labito della scienza) eu | sat :a et saa eu |at| . :tc e|.;, a ` e . |
eta a c.a; a eta.t ; sat :ea st; . . |a|ta; .aaa | ..a;, e e. . s eu . ,.t| | at cct| | ,aats |, . |.,.t |
e` .t ; e e` . |.,.t | a e| e :e|. eu s . ct e` a :eu | eu e. e :a c,.t|, a a e . | |ea t; u :e eu . |a|t eu, e e. ca.t a
a e| eu eu|a .t e |e; u :e eu . |..,.ta e |e; sat e et eu eu a; a ; eu |at; . ,.t :e ; . |.. ,.ta|. De Anima, II, 5, 417 a, 30 - b,
5.
19
O.aeu | ,a ,t ,|.at e . ,e| | . :tc |, e :. eu s . ct| a eteu cat (.t ; au e ,a . :t eect; sat .t ; . |.. ,.ta|) . .e|
,. |e; a eta c.a;. ete eu saa ; . ,.t . ,.t| e |e|eu |, e a| |e| , a eteu cat, a c:. eu e. e | et seee e| e a| et seee . e . |
eu | .t ; . |.. ,.ta| a ,e| . s eu|a .t e |e; saa e |eeu | sat |e|eu | eu eteacsata| a ` . . a| . :a|uta| . ,.t| et sate|. De
Anima, II, 5, 417 b, 5-12.
La concezione naturalista di Empedocle e Democrito per i quali il conoscere non differisce dallalterarsi che si ha nei processi fisici
ordinari rigettata espressamente da Aristotele nella Metafisica (Metaph., l, 5, 1009 b, 11-33), quale sensismo materialista. Il Ross pensa
che Aristotele abbia ecceduto in questo giudizio e sta per uninterpretazione razionalista di quegli Autori (cfr.: W. D. Ross, C, 1,
Commentary, 275): ma listanza dellillustre esegeta non convince.
20
Te e. t :a c,.t| .t :.| .t |at eu e |.t .cat, a a e ca ,.cat sat . | . :tee c.t ,.|. cat sae . ,.t u :e eu . |.,.t a e |e;
sat e et eu. ,a saa | .t| sat etau | eu |at| . |. ,.ta ..te ; eu ca ; ..a; eu saa | .t ; eu |a |te| .ae |
,t ,|.at, a a saa | eu au eu . a ,ta; .t ; . |. ,.ta|, s. ALEXANDER APHROD., `A:etat sat Au c.t;, ed. BRUNS, 83, 35-84, 4.
21
... ete set|e .e| at cct; a et act;. ALEXANDER APHROD., op. cit., 84, 18.
22
... '0 e. |eu ; eu e. | .a.| e.t at, a ` au e ; .aue | :ea ,.t (...). e e. |eu ; a | sae eu a |taa |.at, a e. sae eu e ,et, eu
et e. eu s .a.|, a a . | .au (u, JOANNIS PHILOPONI, De Anima, II, 306, 36-307, 3.
23
AVERROIS CORDUB., Comm. in II De Anima, tc. 57, Tomo VI, fol. 79 rv. Marco Antonio ZIMARA (ib., fol. 221 vb) nella II contrad. ad
lib. III ha messo bene in luce questaspetto caratteristico dellAristotelismo la natura particolare della passivit nel sentire e
nellintendere. Respinta come insufficiente la spiegazione scoti|sta che fraintendeva laspetto di attivit che compete al soggetto nel
conoscere, egli afferma che il senso e lintelletto restano, rispetto alloggetto, facolt propriamente passive. Potentiarum passivarum
proprium est moveri ab objecto cui attribuuntur, et quia sensus movetur a sensibili et intellectus ab intelligibili, ideo intelligere est sicut
sentire. Nota quod in passione vera duo sunt: unum est contrarietas, merito cuius est aliqua corruptio; secundo autem est receptio formae.
Sentire et intelligere de passione non habent nisi receptionem quia tantum in eis non est vera contrarietas merito cuius comitetur aliqua
corruptio et ideo est alterum genus alterationis et passionis ipsa sensatio, quam sint verae alterationes quae fiunt secundum veras
passiones et patibiles qualitates. Lo Zimara cita per la stessa esegesi i maggiori Aristotelici: Temistio, Alessandro, Averro; e v. anche S.
Tommaso, I, q. 79, a. 2. Di Averro bisogna leggere anche il celebre tc. 5 del III l. del De Anima ed il tc. 14 dello stesso libro, ov
riassunta polemicamente questa dottrina.
24
AVERROIS CORDUB., In III De Anima, tc. 5, ed. cit., Tomo VI, fol. 148 va.
25
Cfr.: S. Th. I, q. 14, a. 1; v. anche: De veritate, q. II, a. 2.
26
CAJETANUS, In I P., q. 14, a. 1. Ha raccolto in maniera sistematica i testi tomisti intorno allessenza del sentire G. SIEWERTH, 44 e segg.
Credo che lAngelico aggiunga poco di suo, in questa parte, a quanto avevano detto lo stesso Filosofo ed il Commentatore arabo. - Pi
utile, per la informazione storica, che accompagna lesposizione delle dottrine, riesce: Y. SIMON, spec. c. II, 57 e segg.
27
'.; ; at c c.a; ete| .ce e ; t|e; ; . | et ; at cet ; . |a|ta c.a; sat eta eu e st |.t a at ca . e ,a . ce|
sttse |, De Anima, II, 11, 424 a, 4-6. Le piante non sentono, bench ricevano gli stimoli, perch mancano della .ce ; (cfr.: De
Anima, II, 12, 424 a, 32).
28
De Anima, II, 5, 417 b, 6-7; cfr. pi sotto la negazione esplicita che il sentire sia un patire od un alterarsi: De Anima, III, 7, 431 a, 5.
29
Ed anche il senso a suo modo tocca luniversale, Post. Anal., II, 19, 100 a.
30
Il Joachim osserva che nella concezione che Aristotele si fa della sensazione come eu |at; st-ts essenzialmente, cio quale facolt
di discriminazione fra contrar o (meglio) fra gli intermediar che sono sintesi di contrar, il principio generale deve potersi applicare al
campo di ognuno dei cinque sensi. Infatti il gusto, ci dice Aristotele, discrimina fra il dolce e lamaro; ludito fra lacuto e il basso; il tatto
fra caldo e freddo, duro e morbido. Non pare possibile per condurre a termine la concezione di una scala sensoriale in tutti i campi con
la stessa precisione come in quelle del colore e del suono (JOACHIM, H. H., De Generatione et Corruptione, Comm. 151).
31
Cfr.: J. I. BEARE, 239.
32
In quanto fra le qualit sensoriali si costituiscono delle contrariet. Riporto un lucido riassunto di questa ardua dottrina fatta da un
maestro dellaristotelismo moderno, H. H. JOACHIM, che esamina lapprensione dei colori Each intermediate colour is relatively . |a|t e|
i. e. functions as an . |a|t e| relatively to any intermediate and to either extreme. The intermediates are therefore said . |a|t act| . ,.t|
(De Generatione 323 b, 30-31). Since Aristoteles conceives at cct; as essentially a eu |at; stts i. e. a power of discrimination
between . |a|ta, the general principle ought to apply to the field of each of five senses. Taste, we are told, discriminates between sweet
and bitter: hearing between treble and bass: touch between hot and cold, and hard and soft. But it does not seem possible to work out the
conception of a scale in all the fields with the same precision as in those of colour and sound (H. H. JOACHIM, De Generatione, 151).
Non meno dimostrativo, come si visto, per il caso del tatto.
33
... (u, a e |a :a ; . ct| :a |a. De Anima, III, 8, 431 b, 21; cfr. la espressione: sat e |eu ; .t ee; .t ea | sat at cct; .t ee;
at ca |. Ibid., 432 a, 2.
34
De Anima, III, 4, 429 a, 27.
35
W. D. ROSS, I, 136.
36
Post. Anal., II, 19, 99 b, 23 e segg.; Metaph., A, 1, 980 a, 21 e segg.
37
HEGEL, Vorlesungen ber die Geschichte der Philosophie, II, 251-252 (corsivo mio); sulla esegesi di H. ad Aristotele ritorno alla fine
di questo capo.
38
But Aristotle cannot be said to hold successfully to the notion of sensation as a purely mental activity having nothing in common with
anything physical. He is still under the influence of earlier materialism (ROSS, W. D., A, 136).
39
Op. cit., 137. Simile osservazione in O. HAMELIN, Aristote, 378, il quale per si giustamente accorto che la teoria aristotelica del
sentire dipende dal principio di gerarchia ontologica.
40
Anche M. de Corte trova che i testi aristotelici, nonostante alcune incertezze, non giustificano laccusa del Ross ed aggiunge che in
questa dottrina il faut se souvenir que la mthode aristotlicienne vise moins transposer la description de la sensation en termes qui
suggreraient son pouvoir de connaissance, lequel, proprement parler, ne se trouve que chez lhomme, qu tendre son explication la
totalit des tres dous de sensibilit. Or la sensation ne produit pas chez lhomme une connaissance au sens philosophique du mot, elle
dclanche simplement une srie de ractions motrices qui sont, si lon veut, une connaissance analogique et larvaire, mais non pas un acte
mental (M. de CORTE, 150).
Che la motilit abbia una parte notevole, anzi preponderante, nella vita animale, pare fuor di dubbio ed ammesso anche dal Filosofo
che mette nella fantasia il principio del movimento. Ma il tendere a ridurre tutta la vita animale ad una scarica di riflessi motori non
conforme ai fatti (spec. per gli animali superiori) e non stato ammesso da Aristotele che ha descritto con acume di naturalista i gradi
della conoscenza negli animali (cfr.: Post. Anal., II, 19; Metaph., I, 1).
41
Cos riferito il pensiero di Alberto dal Sanseverino (cfr. il compendio Elementa Philo-sophiae Christianae, trad. fr., 1876, t. I, 308).
In realt, bench la citazione sia esatta, il pensiero del Santo riveste una formula assai pi complessa, che vale la pena di indicare nei suoi
punti essenziali. Si fa anzitutto il Santo unobbiezione, di origine probabilmente averroista, secondo la quale, per la proporzione che deve
passare fra causa ed effetto, si deve ammettere una prima causa speciale per lattuazione sensoriale, e lobbiezione gli pare tuttaltro che
spregevole: Sed forte objiciet aliquis, quod cum sensatorum species non moveant sensum secundum esse materiale quod habent in
sensibili extra, sed potius secundum quod est intentio spiritualis in sensu accepta, oportet quod habeat motorem unum qui in omnibus
causa est illius esse spiritualis, sicut intellectiva habet motorem unum, qui in omnibus causat formam simplicis intelligibilis (...) Haec
autem dubitatio magna indiget consideratione (Opera O., ed. Jammy, t. III, 73 b; De Anima, lib. II, tract. III, c. 3). Il Santo rimanda la
risposta definitiva dopo lesposizione sistematica della teoria aristotelica del sentire (cc. 4-5). La sua risposta si riduce a respingere
lipotesi di un primo principio agente oppure quella affacciata da alcuni di un senso agente, e a distinguere nella causalit naturale
lagens formam in materia e lagens formam tantum: ma secondo Alberto anche questa altra causalit, che quella intenzionale,
emana dalla forma stessa e non viene dallestrinseco, poich lanima, egli avverte, certamente in potenza al sensibile, ma non in potenza
materiale, bens in potenza formale ed efficiente. Riporto il testo centrale affinch possa servire allapprofondimento di questo delicato
punto dellAristotelismo. Et quod dicitur, nellobbiezione, quod id quod est in potentia non educitur in actum nisi ab alio quod est in
actu, non est dictum nisi de eo quod est in potentia esse materialis et non de eo quod est in potentia esse formalis et efficientis; esse autem
spirituale generatur a re generante tantum secundum formam. Esposta la nozione aristotelica di sensibile per se prosegue: Oportet
igitur quod color et odor et sonus et caetera sensibilia per proprias operationes aut essentias causa sint sensibilitatis et semper secundum
actum facti: non ergo adhuc habent motivum extrinsecum. Dicimus autem aliud esse agens formam in materia, in qua ipsa ligata| cum
materia habet esse materiale; est agens quod transmutat materiam, sicut calidum, frigidum, humidum, siccum. Agens autem formam
tantum, non est agens materiale, sed potius ipsa forma: et sic agit per hoc quod ipsa est essentia simplex suipsius multiplicativa; et sic
omnis forma multiplicat intentionem suam: et cum forma sit essentia simplicior omni corpore, non potest inveniri aliqua forma corporalis
quae posset ei aliquod esse intentionale conferre: et quia quidam ignorarunt quod forma sic multiplicat se, dixerunt quod oportet eam
habere agens praeter ipsam. Poco prima aveva dichiarato che non occorre una corrispondenza assoluta fra agente e paziente, ma basta
che sia proporzionale: Quod autem dicunt quod communicantiam habent agens et patiens, verum quidem est, sed non oportet quod
habeant communicantiam ita quod sint eiusdem naturae et essentiae, sed quod habeant proportionem ad invicem sicut propria materia ad
propriam formam et proprium agens et sensus patiens: et sic communicantiam habent forma sensibilis agens et sensus patiens in eo, quod
sicut sensus spiritualiter patitur, ita etiam forma sensibilis spiritualiter agit in ipsum (loc. cit., IV, ed. cit., 77 b - 78 a).
42
I, q. 79, a. 3 ad 1; Q. De Anima, a. 4 ad 5.
43
De Potentia, q. V, a. 8. Cfr.: In II De Anima, lect. 14, n. 418; In IV Sent., Dist. 44, q. II, a. 1, Sol. III e ad 2; ibid., q. III, a. 1, Sol. III ad
2; De Veritate, q. II, a. 5; q. XXVII, a. 4 ad 4; S. Theol., I, q. LVI, a. 2 ad 2; Ibid., q. LXXVIII, a. 3. Va notato per che in S. T.
convivono o meglio ricorrono espressioni che sembrano contraddittorie sulla natura del sentire. Afferma p. e. che oportet quod sensus
corporaliter et materialiter recipiat similitudinem rei quae sentitur, e pi sotto nella stessa opera dice: in re sensibili (forma) habet esse
naturale, in sensu autem habet esse intentionale et spirituale (Comm. in II De Anima, lect. XII, n. 377; lect. XXIV, n. 553). Questa
diversit notevole di terminologia ha la sua ragione, credo, nella preoccupazione che diversa nei due contesti: nel primo si tratta di
distinguere il sentire dallintendere, nel secondo di elevarlo sopra i processi fisici e biologici. Pi conciliante il De Veritate, q. II, a. 5 e
ad 2.
44
Kae eu e. :.t at c c.a; e.t a.t | e t . | at cct ; . ct e e.stse | a | at ca | .t ea | a |.u ; u ;. De Anima, II, 12,
424 a, 17; cfr.: ibid., III, 2, 425 b, 23-b, 3; ibid., III, 8, 432 a, 11 e segg. H. Cassirer ha giustamente messo in evidenza la
soprammaterialit del processo di cui qui si tratta: Es ist nun ganz deutlich, da der Begriff der Aufnahme des .t ee; die Wahrnehmung
als etwas bezeichnen soll, da ausserhalb aller bloen Materialitt liegt. Das .t ee; des Weien, Warmen, Sen erfassen, ist so wenig
identisch mit wei werden, warm werden, s werden (in modo fisico), da in diesem .t ee; die Wahrnehmungssein erkennt und
beurteilt. Tutti i Commentatori antichi convengono su questo ed il C. cita il Filopono (De Anima, 439, 9) e Temistio (De Anima, 78, 7)
(H. CASSIRER, 86).
45
0u ,a e t e; . | (u, , a a e .t ee;, De Anima, III, 8, 432 a, 29; di questa dottrina ha dato un buon ragguaglio J. DE
TONQUDEC, 482.
46
Il sensorio, per via della .ce ;, come uno strumento accordato che disposto, indifferentemente, a suonare rettamente tutti i temi e
le arie che si vogliono. Lespressione di J. I. BEARE, 233. Sulla funzione gnoseologica della specie si ritorner nella sezione sintetica.
47
Cfr. per tutti: FRANZ BRENTANO, A, 79 e segg.
48
HEGEL, Vorlesungen, 352-354.
49
Ibid., 355-356.

Note Capitolo Secondo
1
E. BARBADO, Introduccin a la Psicologa experimental, 278.
2
PEILLAUBE, E., A, 474-475. Pi recentemente il P. descriveva la percezione synthse de sensations prsentes et passes, cest--dire,
une sensation prsente accompagne dune escorte de sensations passes ou dimages. Cest une connaissance complexe, labore,
reprsentant un objet permettant de la classer, de lextrioriser, de la localiser et de la nommer (B, 37).
3
MAHER, M., 127.
4
Ibid., 102-103; 125.
5
H. GRUENDER, B, 272.
6
J. LINDWORSKY, D, 67. Il L. vede nel Gestaltismo una nuova variante del Parallelismo psico-fisico materialista, al quale vuol sostituire
un proprio Parallelismo psico-fisico metodico (ib. 8-9). Mi sembrata pi convincente la critica che il L. faceva della Gestalttheorie in B,
116 e segg., di cui ho dato un sunto nel I vol., Sez. III. Pi moderato invece latteggiamento del FRBES (B, I, 150).
7
Das Einheitsproblem, mit dem sich seit Aristoteles auseinandersetzt ist als Ganzheits- oder Gestaltproblem zur zentralen
Gegenwartsfrage der Psychologie geworden (JULIUS BAHLE, 209).
8
HECTOR, J., 255-320. Vedi anche: DWELSHAUVERS, G., A, 94-95.
9
GEMELLI, A., spec. F, 46 e segg: Le conclusioni di Michotte e Gemelli sullimportanza del significato sono state recentemente
confermate da W. JABLONSKI, 80, e da COSSETTI, G., 71-160. Cfr. 153 segg.
10
MICHOTTE, A., 169. Cfr.: vol. I, Sez. III.
11
MOORE, THOMAS WERNER, A, 66.
12
MOORE, THOMAS WERNER, A, 67; GEMELLI, A., F, 46. sintomatico il richiamo che fanno a questa teoria aristotelica anche psicologi
non scolastici, come W. STERN, 157 n; C. SPEARMAN, t., II, ch. XXXII, 2.
Il Wheeler di altro parere: Both Aristotle and Thomas began with unity and struggled bravely in an effort to retain it: both assumed
differentiation, but in the end locked their unity and plurality into separate boxes at the expense of that differentiation. Thomas Aquinas,
of ex., conceived of the common sense following Aristotle, as an agent whose function was to guarantee a position, in a unified whole,
for the contents of five discrete senses. The sense impressions, did not, however, differentiate from this common sense. They were
received by the sensorium from the outside, in such a way that, by the time they were perceived, they were organized. Differentiation
was merely a mystical fact, not a principle (WHEELER, R. H., B, 223. Cfr.: A, 112 e segg.).
Anche il W. confonde la posizione aristotelico-tomista con quella di Democrito e passa a lato della teoria cos profonda e
fenomenologicamente salda della assimilazione: sempre il caso di quanti studiano il pensiero classico-medievale from the outside.
13
GEMELLI, A., F, 48. Cos anche J. FRBES (B, I, 156), che combatte con buone ragioni la teoria delle relazioni.
14
FERRI, L., La psicologia di Pietro Pomponazzi, 30.
15
PHILIPPSON, L., \AH ANOP.EINH, 235. La esegesi del Ph. una novit, almeno rispetto alle fonti greche. Egli esprime in questi
termini il punto controverso: Quum vero sensile illud sit, quod efficiat ut sensorium patiatur: sensile pariter ac sensus differt, aut
peculiaris aut communis. Peculiare autem pertinet ad unum sensum, ut color, sonus: commune ad communem, ut motus, quies, numerus,
figura et magnitudo. Cfr.: ZELLER, E., Die Philosophie der Griechen, II, 2
3
, 542-544 e n.; SAISSET, ., Sens. Sensation, in Dictionn. des
sciences philos. di A. Frank, ed. II, 1885, affermazione ripetuta sotto Sens commun a p. 1585 b; BEARE, J. I., Greek theories of
elementary cognition, 235-236; BAEUMKER, CL., Des Aristoteles Lehre von den usseren und inneren Sinnesvermgen, 62; ROSS, T. G.,
De Sensu et Memoria, 14; CASSIRER, H., Aristoteles Schrift von der Seele, 91 e segg.: HAMELIN, O., Aristote, 381; RODIER, G., Trait de
lme, 252-265-268; DE| CORTE, M., Notes exgetiques sur la thorie aristotlicienne du sensus communis, 212-213, art. molto erudito
che stato ristampato nella pregevole monografia: La doctrine de lIntelligence chez Aristote, 251 e segg.; ROSS, W. D., Aristotle, 197;
HICKS, R. D., Aristotles De Anima, Comm. sup. 418 a, 19, pag. 362. Vedi anche ROBIN, L., nota sopra Sens commun, in: Vocabulaire
technique et critique de la Philosophie, t. II, 749; cfr. per: ibid., 761 b; anche WALLACE, E., La Psychologie..., LXXIV; v. 253. Il
Gomperz va tantoltre da affermare che la percezione dei sensibili comuni, anche da parte della vista, soltanto mediata e per
argomentazione (... eine nur mittelbare, auf Schlussen) e che Aristotele si trova al tutto daccordo con Berkeley! (Cfr.: GOMPERZ, TH.,
Die griechische Denker, t. III, 148).
16
Cfr.: SERTILLANGES, A., t. II, 129; SIWEK, P., A, 112; BRENNAN, R. E., 207.
17
Comm. in Aristotelis Lib. De Anima, lib. II, lect. 13, nn. 389-390.
18
Ista autem potentia (scil. sensus communis) est animali necessaria propter tria. Primum quod est apprehendere omnia sensata
communia... Sensus communis per se apprehendit sensibilia communia (ed. De Maria, t. I, 443). Questop., non va confuso con un altro
dello stesso titolo, attribuito, a torto, da alcuni ad Alberto Magno (cfr.: LOTTIN, O., Lauthenticit du De Potentiis animae dAlbert le
Grand, 238).
Non comprendo perch il P. Brennan abbia voluto ancora sostenere senza portare argomento alcuno, che il De Potentiis Animae
undoubtedly represents the genuine psychological theory of Aquinas even to the extent of exactly implicating| modes of expression that
are found in other sections of his work (207-208). Al contrario gli altri testi concordano con quello del De Anima ora riportato; cfr.: In
IV Sent., dist. 49, q. II, a. 2; S. Theol., I, q. 79, aa. 3-4.
19
TRENDELENBURG, A., In libros tres De Anima, 302-353. BRENTANO, F., Die Psychologie des Aristoteles..., 83 e v. la lunga nota a pagg.
96-98. NEUHAEUSER, J., Aristoteles Lehre von dem sinnlichen Erkenntnisvermgen und seine Organe, 36; il N. ribatte la tesi contraria del
Baeumker. CHAIGNET, A. ED., Essai sur la psychologie de Aristote, 371; cfr. per pag. 384 ove appare qualche oscillazione.
WADDINGTON, CH., The Psychology of Aristotle, trad. ital., 43-44: la trad. contiene delle note detestabili redatte con pertinace
incompetenza dalla moglie del W.
Ha accettato le conclusioni, che qui ripropongo in maniera pi completa (cfr.: Bollettino Filosofico, IV, 1), corredandole di ampi
testi MLLER-THYM, B. J., The common Sense, perfection of pure sensibility, 321 e segg.
20
Cfr.: TOLETO, F., Comm. in tres ll. De Anima, lib. II, q. XV, fol. 83 ra. Si tratta di Apollinare Offredi, averroista pavese e discepolo di
Paolo Veneto, intorno al quale v.: FERRI, L., B, 12 n. Ho potuto vedere alla Bibl. Naz. Vittorio Emanuele (segnato: 70, 6, C. 11) un
Commento testuale ed uno in forma di questioni di Apollinare al De Anima; nella q. XV (fol. 33 ra e segg.) egli difende con acutezza e
lusso di ragioni la propria posizione in contrasto con altre tendenze averroiste concilianti. Spero di poter ritornare in altra occasione, con
maggior agio, sullargomento, che stato finora poco studiato.
21
Iam autem putaverunt aliqui hominum, quod haec sensibilia communia habent sensum exercentem in animalibus, in quo conveniunt et
a quo apprehenduntur, sed non est ita. Tu enim scis quod quaedam ex his apprehenduntur per colorem, quod si non esset non
apprehenderentur, et quaedam apprehenduntur per tactum.... AVICENNE PERIPATHETICI, De Anima (Liber sextus Naturalium), ed. Veneta
1508, fol. 17 rb.
22
A. Quid? corporum formas, magnas, breves, quadras, rotundas, et si quid huiusmodi est, nonne et tangendo et videndo sentimus, et
ideo nec visui proprie, nec tactui tribui possunt, sed utrique? E. Intelligo. A. Intelligis ergo et quaedam quosdam habere communia?. D.
AUGUSTI-NUS HIPP., De libero arbitrio, lib. II, c. 3, n. 8 (P.L. 32, col. 1244). Per i Padri greci baster citare S. Giovanni Damasceno,
aristotelico e bene informato. Afferma egli che locchio sente anzitutto il colore; ma con il colore conosce insieme il corpo colorato, la
grandezza, la figura, il luogo, lintervallo, il numero, il movimento e la quiete, il ruvido ed il lene, il retto e lobliquo, lacuto e lottuso, e
la consistenza... (DAMASCENI, J., De Fide Orthodoxa, l. II, c. XVIII, De Sensu, P.G. 94, 936 D; cfr.: per il tatto, 936 D-937 A).
23
ALBERTI (S.) MAGNI, Summa de Creaturis, Pars secunda De Homine, q. 36, art. 1, Borgnet, 35 (1896), p. 320 a. Consta che la Summa
de Creaturis stata composta prima del Comm. di S. Tommaso al De Anima.
Non da credere che Alberto abbia sostenuto questa posizione sul fondamento di unesegesi diretta del testo aristotelico, o di
unanalisi metafisica della sensibilit, o di osservazioni personali; piuttosto essa deriva come conseguenza della sua teoria intorno
allessere. questa la conclusione dellaccurato esame dei testi fatto da B. MLLER-THYM, 325 e segg.
24
ALBERTI (S.) MAGNI, Summa de Creaturis, Pars secunda De Homine, q. 35, art. 1, 309 ab.
Il Geyer, nella edizione della Philosophia Pauperum, attribuita ad Alberto M. ma che probabilmente di Alberto di Orlamunde, ha
notato che le dottrine appaiono in due redazioni distinte che alle volte importano delle vere differenze dottrinali. Posso dire che ci si
verifica allevidenza per la nostra questione: la recensione A difende la genuina posizione aristotelica, bench ne veda le difficolt; la rec.
B riporta la posizione albertista.
(A) Apprehendere autem communia sensata non est actus eius proprius (s. communis), immo convenit sensui particulari... Est autem
difficile videre quomodo quilibet sensus possit apprehendere omnia. Unde quidam posuerunt quod hoc solum erat sensus communis. Sed
hoc est contra Aristotelem in libro De Anima. (La fonte diretta qui Avicenna).
(B) Commune est autem illud quod a pluribus sensibus percipitur et hoc per naturam sensus communis existentem in eis... Haec
(sensibilia communia) sunt| proprie sensus communis...; primo tamen quia sensus communis non est separatus secundum rem a
particularibus, ideo haec a particularibus percipiuntur. Unde dicimus videre magnitudinem, longitudinem, latitudinem, profunditatem et
brevitatem et tangere dicimus et videre motum rei vel quietem, unum vel duo animalia in alto et in imo, quae sunt differentiae loci per se
et per accidens. (La posizione moderata, ma evidente linflusso di Alberto M.).
Cfr.: GEYER, B., Die Albert dem Grssen zugeschriebene Summa Naturalium (Philo-sophia Pauperum), 52, 78. Lo pseudo-tomista
De Potentiis Animae, citato di sopra, ha una simile derivazione albertista (cfr.: GRABMANN, M., 150).
25
De Anima, II, 6, 418 a, 8. Il testo greco dato di solito secondo la recensione dellHICKS.
26
e` at cct; . | a st|.t cat . sat :a c,.t| cuat |.t, De Anima, II, 5, 416 b, 32; cfr. ib. 427 a, 12-16; ib. b, 18.
27
De Anima, ib. 418 a, 17.
28
De Anima, ib. 418 a, 17-18. Cfr. III, 1, 425 a, 14 ss.
29
Ibid., 418 a, 23.
30
Ibid., 418 a, 26.
31
De Anima, III, 1, 424 b, 22 ss.: la discussione per i sensibili propr si protrae fino a 425 a, 13.
32
De Anima, ib., 425 a, 13 ss.
33
425 a, 13-18. Leu stato restituito dal Torstrick; ma i critici pi moderni lo rifiutano perch non appare in alcun codice (cfr: HICKS,
110, apparato critico, e pp. 426-427 del Commentario). Esso per si trova nella versione latina, seguita da S. Tommaso nel suo
Commentario (Super lib. III De Anima, lect. 1, n. 575), e nello stesso testo aristotelico alcune righe pi sotto: a | e. set|a | e . ,e.|
at cct| set| |, eu saa cu.se ; (425 a, 27).
I commentari moderni, e lHicks in particolare, hanno preso la palla al balzo per dimostrare da ci che i a set|a at ca sono oggetto
proprio della set| at cct;, ma tali determinazioni sono delle novit arbitrarie e fantastiche rispetto allesegesi aristotelica tradizionale,
ed in evidente contrasto con il testo e con la dottrina pi certa del Filosofo. Questi Commentatori hanno stranamente combinato lassenza
delleu con la frase apparentemente equivoca 425 a, 27, ora citata, per ridurre i sensibili comuni a sensibili per accidens: ma basta leggere
il Commentario dellHicks per vedere quali contorcimenti venga a subire tutto il testo aristotelico nellesegesi medesima. Il
Trendelenburg che non ammette leu del Torstrick, osserva che il saa cu.se ; pu avere in Aristotele almeno tre significati: pu
indicare il rapporto di concomitanza delloggetto di un senso con quello di un altro senso, di oggetti intelligibili allapprensione sensibile
ed infine in senso vago il rapporto di qualche contenuto ai sensibili propri per s. In questo terzo senso il s. c. significa in genere
indirettamente percettibile ed in questo terzo senso che anche sensibili comuni possono essere detti: s. cu.se ; (Cfr.: BRENTANO,
F., A, 98).
Alcune righe pi sopra Aristotele aveva detto: eu e. a | set|a | ete | ` .t |at at c te | t t ete|, a | . sa c at c c.t at ca|e .a
[eu | saa cu.se ; (425 a, 14-15). Lasciando da parte la questione delleu , qui troviamo laffermazione doppia: a) che non si d organo
(e senso) proprio per i sensibili comuni e b) che i sensibili comuni sono percepiti da ogni senso (. sa c ). Il ricorrere al doppio significato
di at cct; come facolt e come atto, per sostenere che qui si tratta dellatto soltanto, va contro tutto il contesto che vuole sintenda di
facolt; del resto, anche ritenendo at cct; come atto di sentire, la fondatezza della nostra interpretazione resta intatta, e nulla guadagna
la posizione dei Commentatori moderni.
34
Si non sensuum instrumentis (i. e. si non singulis sensibus) perceptiones communes attribuuntur, omnino non sentit, osserva il
Dembowski, sed habet innata sibi ipsi ea quae dicit Aristoteles pariter sensibus omnibus percipi. Itaque si a ; set|a ; at c c.t; a set|a
at c-t a quae est communis illa sentiendi facultas proprie adscribere volumus, eo pervenimus, ut Kantii, lucis nostrae (sic), mirabile
et novum inventum Aristoteli concedamus. DEMBOWSKI JOHANNES, Quaestiones Aristotelicae duae, I - De set|eu at ct eu natura et
notione, 20-21.
35
Differentiam autem circa immutationem sensus potest aliquid facere dupliciter. Uno modo, quantum ad ipsam speciem agentem; et sic
faciunt differentiam circa immutationem sensus sensibilia per se, secundum quod hoc est color, illud autem est sonus, hoc autem est
album, illud vero nigrum. Ipsae enim species activorum in sensu, actu sunt sensibilia propria; et propter hoc secundum aliquam
differentiam horum sensibilium diversificantur sensus.
Quaedam vero alia faciunt differentiam in transmutatione sensuum, non quantum ad speciem agentis, sed quantum ad modum actionis.
Qualitates enim sensibiles movent sensum corporaliter et situaliter. Unde aliter movent secundum quod sunt in maiori vel minori corpore,
et secundum quod sunt in diverso situ, scilicet vel propinquo vel remoto, vel eodem, vel diverso. Et hoc modo faciunt circa immutationem
sensuum differentiam sensibilia communia (Super l. II, De Anima, lect. 13, n. 394; cfr.: I, q. 78, a. 3 ad 2). Qualche discepolo di S.
Tommaso ha pensato di determinare maggiormente il modo di questa immutazione fatta dai sensibili comuni, e merita desser citata per la
sua originalit quella del MARTINEZ, autore di un prezioso, quanto raro, Commentario al De Anima sulla fine del sec. XVI. Secondo
questo Autore tanto il sensibile proprio come il comune concorrono ex aequo nellimmutazione del senso, ma il primo ratione formae et
speciei, il secondo ratione generis (cfr.: PETRI MARTINEZ TOLETANI, Super libros Aristotelis De Anima, 165 a).
36
AEGIDII COLUMNAE, Super libros Aristotelis De Anima, Venetiis, apud Octavianum Scotum, 1496. Riferita con un aliqui lopinione
di S. Tommaso, Egidio aggiunge: Possumus tamen aliter distinguere inter sensibilia communia et propria, nam in prosequendo patebit
qualiter ipsa sensibilia communia aliquo modo imprimunt suas species, fol. 48 va.
37
SIGER DE BRABANT, Oeuvres indites, t. I, Quaestiones de Anima, lib. II, q. 21, p. 88. Invece JO. DE JANDUNO, Super ll. Aristotelis De
Anima, Venetiis apud Octav. Scotum, 1561, q. XVIII (lib. II), 166-167, critica la soluzione tomista e pende verso quella egidiana;
similmente CAJETANUS THYENENSIS, Super ll. Aristotelis De Anima, Venetiis, 1522, fol. 30 ra, ci fa sapere che haec via (scil. S. Thomae)
a plerisque solet morderi....
38
Cfr.: CAIETANUS (Th. De Vio), In libros Arist. De Anima, Bononiae 1617, pag. 119 b - 120 a; IAVELLI, Quaestiones naturales de
Anima, lib. II, q. XXIII, Opera, Lugduni 1580, t. I, pp. 645 b - 646. TOLETUS, Super libros De Anima, Venetiis 1600, fol. 125;
FERRARIENSIS, Quaestiones luculentissimae in tres libros Arist. De Anima, Venetiis 1593, lib. II, q. XI fol. 40-41. RUBIUS A., In libros
Arist. De Anima, lib. II, c. 6, q. X, 223-324; MARTINEZ, op. cit., 163-164; CONIMBRICENSES, De Anima, Lugduni 1600, 334. Per
loccamista Marsilio di Inghen i sensi|bili comuni... percipiuntur circumflexe, implicite. Cfr. G. RITTER, Studien 3. Sptscholastik, I
Marsilius von Inghen, Sitzb. d. Heidelb. Akad. d. Wiss. - 1921, 4 - Philos. hist. Kl. Heidelberg 1921, p. 56.
LAristotelismo della Rinascenza non pensava diversamente. Cfr.: BERNARDO SEGNI, Il trattato sopra i libri dellAnima di Aristotele,
(postumo), Firenze 1583, lib. II, capp. 3-4, pag. 119; HERMOLAUS BARBARUS, Compendium scientiae naturalis ex Aristotele, lib. V, fol.
43 r. Per Zabarella v. infra (115 s.), PACIO, Doctrinae Peripatheticae, 1606 t. II, De Anima, 492.
39
Contradictio est in co. 65. Dicit Commentator quod sensibilia communia sunt propria sensui communi. Huius oppositum patet infra
co. 133, ubi dicitur quod non sunt propria alicui sensui. Solvitur; per sensum communem non intellexit hic virtutem aliquam distinctam
ab aliis sensibus, sicut imponit sibi S. Doctor hic: sed intellexit communitatem sensuum, quia sensibilia communia possunt sentiri a
pluribus quam ab uno sensu, et ideo dixit quod sunt propria sensui communi... Et sic argumenta S. Doctoris nulla, et sic etiam patet quod
nulla sit contradictio. MARCI ANTONII ZIMARAE, Solutio contradictionum Averrois, Opera Aristotelis cum Commentariis Averrois
Cordub., ed. Veneta 1562, t. VI, p. 217 vb. Vedi unosservazione simile anche di CAJETANUS THYEN., op. cit., tc. 64 (lib. II) fol. 37 vb. Lo
Zimara non fa che riassumere la lucida discussione di J. DE JANDUNO, lib. II, q. XVIII, ed. cit. coll. 164-172, che meriterebbe di essere
almeno riassunta, per rendersi ragione come anche da parte degli esponenti pi in vista dellAverroismo si era fatto molto cammino verso
la posizione tomista.
40
Il tc. 133 non lascia dubb: Et etiam impossibile est aliud sentiens esse a quinque sensibus ita quod sensibile eius sit aliquod unum
sensibilium communium sub quibus sunt sensibilia propria unius cuiusque sensus, nisi sensibilia essent communia unicuique sensuum
accidentaliter, quia si essent eis accidentaliter, contingerent ut essent alicui sensui essentialiter. (Sed) sensibilia communia non sunt
comprehensa a quinque sensibus accidentaliter... omnia ista sentiuntur a quinque sensibus per ali(qu)am motionem et passionem, et quod
est ita necesse est ut sit essentialiter. AVERROIS CORDUB., Super lib. II. De Anima, ed. Veneta cit., fol. 119 r.
41
De Anima, III., 1, 425 a, 27. Cfr.: De Memoria 1, 450 a, 12.
42
In lib. III, De Anima, lect. 1, n. 580.
43
CAJETANUS THYEN., op. cit., fol. 37 vb.
44
DEMBOWSKI IO., Quaestiones aristotelicae duae, 1, p. 47; RODIER, op. cit., 252.
45
Anche il GAETANO (Th. de Vio) pensa che il Filosofo parli di distinzione pi di atti che di facolt (op. cit. 185 a), ed rimbeccato con
vivacit dal BANNEZ, In I.am, q. 78, art. 4, ed. Veneta 1591, col. 993.
46
HARRY AUSTRYN WOLFSON, A, 69-133; questart. fondamentale ricco di importanti informazioni testuali e filologiche, ma appare
scarso e impreciso nella valutazione teoretica, soprattutto per quanto riguarda il pensiero di S. Tommaso (cfr.: 121-124).
47
DEMBOWSKI, IO, 27.
48
De Anima, III, 2, 425 b, 15-17.
49
Esso dice: . :.t e` u :a ,.t sa` . sa c| at cct| e . | t t ete| e e. t set|e |, t ete| . | et e| e (.t e e a |, e` a se e
a seu.t|, at ; e` a at; . sa c saa e | au e | e :e|. . ct e. t; sat set| eu |at;, a seeueu ca :a cat;, sat e t e a sat a seu .t
at ca |.at. eu ,a e ,` e (.t e a e t e a , sat st |.t e sat eu |aat st |.t| e t . .a a ,us.a a | .usa |, eu . ,.u c.t eu `
e (.t eu ` a |et |, a a t|t set|a et a a | at ct a| a :a |a|. De Somno, 2, 455 a, 12 segg. Il significato immediato del testo
sembra ovvio: ogni senso ha due atti, uno proprio, p. es. il vedere, ludire...; un altro comune, non in quanto il tal senso, ma in quanto
senso, cio il sentire che si vede; in quanto un senso specifico una t eta eu |at;, in quanto a ciascun senso conviene la propriet
comune del sentire set| eu |at;. Ma questa seconda funzione partecipata ai singoli sensi dal senso comune (interiore) nel quale
latto di coscienza si attua in modo perfetto e ad esso si aggiunge latto superiore del giudizio discrimina|tivo fra i var sensibili. I singoli
sensi avrebbero, a questo modo, come una coscienza imperfetta dei loro atti, coscienza per diretta e non riflessa. Cos intese Aristotele il
GAETANO (op. cit., p. 175), seguito anche dal MARTINEZ (op. cit., p. 284). Questa coscienza imperfetta e diretta che ciascun senso ha del
suo atto riguarda solo lan est dellatto, e credo sia da distinguersi dalla conscientia concomitans di cui parlano i moderni che
dipendono da Suarez. S. TOMMASO nel Commento al De Anima (lib. III, lect. 2, n. 588), fedele al testo aristotelico ammette che la vista
non videt solum colorem, vel sentit, sed sentit etiam visionem coloris; nella S. Theol. I, q. 78, art. 4 ad 2, e q. 88, art. 3 ad 2, sembra
riferire latto di coscienza al solo senso comune. Il P. BARBADO ha mostrato che i due testi non sono in contraddizione (La conciencia
sensitiva segn Santo Toms, 182 segg.).
Il Brentano ha criticato aspramente la teoria tomista del senso comune che esclude ai singoli sensi latto di coscienza poich
porterebbe al processo in infinito, dato che anche latto del senso comune bisogna pure che a sua volta sia oggetto di coscienza ed a ci
bisognerebbe postulare un altro senso comune pi profondo e cos via (Cfr.: BRENTANO, F., B, I, 176-179 nota).
Quanto ad Aristotele, il Siebeck nega che fra i due testi (De Anima, III, 2, 425 b, 17 e De Somno, 2, 455 a, 15-17) vi sia
contraddizione; nel primo si ha un uso pi ampio, nellaltro pi stretto dello stesso termine e (t;: il secondo distingue pi espressamente
la funzione comune della coscienza (SIEBECK, H., Abhandlungen: Aristoteles, 352-353). Li trova invece in contraddizione H. CASSIRER,
Aristoteles Schrift Von der Seele, 104: la seconda teoria, quella definitiva, anche per S. Tommaso, segnerebbe un notevole progresso
sulla prima. I commentatori greci, ad eccezione di Alessandro che forse tiene la seconda posizione di Aristotele, ascrivono la funzione
della coscienza sensitiva alla sola e,ts (u, . Cos fa Plutarco e con lui il Filopono che lo cita (De Anima, 464, 23 segg.): questultimo
polemizza espressamente con il Filosofo: eu s e a ; . ,.t `Atce. ; (ibid., 466, 34). La difficolt avr la sua soluzione nella
metafisica tomista delle facolt.
50
Chiama (Aristotele) comune la sensazione dei comuni (sensibili), non come quella che opera nel raduno dei pi secondo contrazione,
ma come quella che presente a ciascuno dei pi secondo la comunione che hanno fra di loro: infatti non si distinguono cos che anche
non comunichino; perci c un oggetto proprio a ciascuno e conoscono certi altri. In un modo si dice sensazione comune quella che
giudica dei pi che si trovano insieme, che lo stesso oggetto dolce e giallo... la chiamiamo sensazione comune quella che giudica i pi
nel trovarsi insieme dei propr. Altrimenti si dice comune la sensazione che apprende i (sensibili) comuni; come ciascuna potenza ha
assieme alloggetto proprio, uno comune, cosicch diciamo che appartiene in comune alluomo di esser bipede, perch appartiene a
ciascun uomo; similmente predichiamo in comune laver cinque dita come assieme per tutti secondo la collettivit. SIMPLICIUS, Super ll.
Aristotelis De Anima, 185, 5; cfr.: 126, 27 e segg., 128; 13; 182; 29. Su questa distinzione tutti gli altri Commentatori greci sono
daccordo: ALEXANDER, De Anima l. cum mantissa, 40, 20-41, 5 e 62, 2; PHILOPONUS, In ll. Anima, 315, 9; 455, 6; 457, 7; 460, 15;
THEMISTIUS, Super ll. De Anima, 83, 2 - 5; 57, 15.
Secondo i Commentatori i sensibili comuni sono sensibili per s perch fanno immutazione sul senso: essi infatti, come intese S.
Tommaso, intendono st |ct; della frase au a :a |a st| c.t at ca|e .a... come :a e;. (Cfr.: SIMPLICIO, 183, 5-20; FILOPONO,
455, 6; 457, 26-33).
C invece un po di controversia intorno allestensione della comunit di tali sensibili: se siano comuni a tutti i sensi; od alcuni a tutti,
altri ad alcuni. Lo stesso Aristotele, si visto, mentre nella prima redazione (P, 6) li aveva detti comuni a tutti, nella seconda (De Sensu,
4, 442, 5 e segg.), tiene che soltanto il tatto e la vista apprendono tutti i sensibili comuni. I Commentatori non sono| andati pi in l e la
moderna fenomenologia, sotto limpulso della Gestalttheorie, pare bene che rimetta a posto la sobria posizione del Filosofo. Il Benussi
infatti, la Scuola di Milano ed altri ricercatori hanno verificato nel campo tattile pressoch tutti i fenomeni di forma conosciuti nel
campo visivo.
51
Cos HICKS p. e. distingue the special separate senses e the sense as a whole; questo percepisce i sensibili comuni ed often
called sensus communis; ed essendo il principio di unit dei sensi esso giudica anche dei loro oggetti, e prende coscienza degli atti
esattamente come Alberto Magno (HICKS, Introduction, I, LII. Similmente HAMELIN, 377).
52
Secondo S. Tommaso i sensibili comuni stanno in mezzo fra i sensibili propr e i sensibili per accidens; essi immutano il senso non
primo et per se, ma per la qualit a cui vanno congiunti, come la superficie per il colore. Nec tamen sunt sensibilia per accidens (come
vuole lHicks) quia huiusmodi sensibilia aliquam diversitatem faciunt in immutatione sensus (I, q. 78, art. 3 ad 2).
53
Cfr.: a seeueu |a sat set|a (De Anima, III, 1, 425 b, 5); a seeu.t | a et; a a ,a a sat . ,.e; (ib. b, 2); a | set|a | sat
. :e. |a| et ; cu. sect| st |ct; sat . ,.e; et ; at cet ; (ib. 3, 428 b, 22-23).
Giova riportare, a conferma della esegesi di Simplicio e di S. Tommaso, la conclusione netta ed acuta al solito, del principe degli
Aristotelici della Rinascenza, Giacomo Zabarella: Ex his igitur patet, omnia sensibilia communia eiusmodi esse, ut singulum pluribus
sensibus sentiatur per se, non tamen singulum omnibus sed aliquid omnibus, aliquid non omnibus. Aliqui etiam fuere qui dixerunt haec,
sensibilia dici communia, quoniam sentiuntur a sensu communi, tamquam propria eius objecta, quae sententia approbanda non est quia
sensus communis non habet aliquod proprium objectum distinctum ab objectis propriis sensuum externorum, ut patet legentibus
proprium tractatum de sensu communi,| in calce huius secundi. Quod si haec sensibilia communia essent proprium eius objectum,
debuisset Arist. aliquam horum mentionem facere in tractatu de sensu communi, quia in singula animae facultate necessarium est
considerare eius proprium objectum; de his tamen in ea parte nulla fit mentio (ZABARELLA, J., In tres ll. Aristotelis De Anima, Venetiis
1605, tc. 64, fol. 113 ra).
54
BAEUMKER, CL., Witelo, ein Philosoph und Naturforscher des XIII. Jahrhunderts, 1908. LOttica di A. ed il commento del W. sono
frequentemente citati da Galileo e sono fondamentali per i secoli, XIV-XVII. Alla mostra Leonardesca di Milano del 1939, nella vetrina
dei libri appartenuti allAutore della Cena, si ammirava un magnifico codice dellOttica di Witelo. Cos il Rinascimento si congiunge al
M. Evo.
55
ALHAZENI ARABIS, Opticae Thesaurus, libri septem nunc primum editi, Basileae per Episcopios, 1572; lib. II, 15, p. 34. Per un breve
studio sulla psicologia di Alhazen cfr.: HANS BAUER, Die Psychologie Alhazens, 1911. Non posso dire se S. Tommaso abbia conosciuto
lOttica di A.; per quanto mi consta, le dottrine dei Perspectivi non hanno lasciato unorma visibile nel suo insegna|mento, forse per il
loro accentuato matematismo. Ma un argomento che va precisato.
G. FILOPONO nel Commento al De Anima, 425 b, 2 osserva che il Filosofo non ha insistito come si conveniva sullimportanza dei
sensibili comuni nella costituzione dei campi oggettivi delle scienze, come invece aveva insistito Platone. Il moto locale e la quiete infatti,
formano loggetto dellastronomia; la figura e la grandezza, della geometria; il numero, in quanto immateriale, loggetto
dellaritmetica: in quanto materiale, concretizzato nelle proporzioni dei suoni, loggetto della Musica (cfr.: 461, 24-34).
56
Nella esegesi dei testi il B. non meno disinvolto. P. es. la diversit fra 425 a, 27 che ha leu s. cu.se ; e 425 a ove esso manca,
secondo lui is nearly removed observing that the set|a which to each special at cct; are (a, 15) s. cu.e ;, are not so but are strictly
proper to set| at cct;. Similmente, dopo aver riferito: 428 b, 22 set|a | sat . :e. |a| et ; cu-. sect et; u :a ,.t a t eta,
s., egli fa lequivalenza di a cu.se a, che nel contesto appare evidentemente descrittivo con a s. cu.e ; che sempre tecnico,
concludendo: All the concrete things perceived by us in space are (to the special sense) cu.se a in this way: they are subjects of
movement and rest, magnitude, number etc., so far as they are objects of set| at cct; (Cfr.: BEARE J. I, 284, note 1-2).

Note Capitolo Terzo
1
Unesposizione completa sia dal punto di vista dellanalisi, come della critica del Nativismo e dellEmpirismo stata offerta da M.
PRADINES, lib. II per intero, 80-170: ove bibliografia accurata.
2
Fin dal primo lavoro Intorno allorigine psicologica della rappresentazione dello spazio (1873) che comp per la libera docenza sotto
la guida dello stesso Brentano, lo St. analizzando la percezione visuale mostr che colore ed estensione non sono associati per forza
dabitudine, come voleva lEmpirismo, ma per necessit di natura. Pi tardi, nellopera maggiore La psicologia dei suoni (1883-1890),
egli poteva mostrare anche nel campo acustico lesistenza di sintesi sensoriali immediate, cio date e non costruite, come pretendeva il
sintetismo del Bain e la stessa teoria degli oggetti che lo St. ha sempre espressamente rigettata.
3
STUMPF, C., D, t. I, 157.
4
La teoria aristotelica si trova in una fase propizia di risveglio. Anche il BLANSHARD: The togetherness of colour and space is not like
the togetherness of colour and softness: colour can be disjoined from softness: it cannot from space. There is something like an abuse of
language in describing merely as an associate something that makes possible the very existence of what goes with it. (BLANSHARD, B., I,
76; cfr.: 123).
5
STUMPF, C., B. 4.
6
Lerrore di Kant stato di confondere spazio percettivo reale e spazio astratto geometrico, o piuttosto di considerare come reale questo
invece di quello. Le cose secondo Aristotele e lo St. stanno al contrario: Ausdehnung und rtliche Bestimmtheit sind uns nur in
untrennbarer Verbindung mit Sinnesqualitten als Attribute einer einheitlichen Empfindung anschaulich gegeben. Sie gehren
infolgedessen ganz ebenso wie die Sinnesqualitten zum Inhalt (der Materie) unserer Wahrnehmungen und sinnlichen Vorstellungen.
Lo spazio visuale colorato e non uniforme, finito, non infinito, n isotropo come quello della fisica classica (D, II, 3 Abschn. 26,
pag. 610).
7
A questo punto lo St. si diparte coraggiosamente dalla posizione, che egli giudica assurda, del Brentano e dei suoi editori (Kraus) i
quali, combattendo in difesa dellinesistenza mentale delloggetto, avevano finito per ridurre la conoscenza al solo atto del giudizio.
8
Il Bhler distingue le Gestalten, come triangoli, quadrati, cerchi..., e gli elementi delle medesime come linee rette e curve; lo
Stumpf e cos il Gelb e il Marty identificano ogni Gestalt con la relazione (nel caso, relazione immediata); altri, come Cornelius, Husserl,
Kreibig ed i Gestaltisti, distinguono. Il B. cerca di combinare ambedue le teorie (Cfr.: BHLER, K., I, 2 Absch., Gerade und gekrummte
Linien als Gestaltelemente, 66 e segg.).
Il B. chiama la propria teoria, che nellessenziale coincide con quella dello Stumpf, Proportionslehre; la percezione della forma
Proportionswahrnehmung e le forme o Gelstalten sono Komplexe von Zusammenhangsrelationen. Sulla coincidenza fra le teorie
dello Stumpf e del Bhler, v.: STUMPF, C., D, I, 15, pag. 254.
Il progresso di queste teorie, le pi vicine alla posizione aristotelica, sulla posizione della Scuola di Graz, consiste nellaffermata
immediatezza ed immanenza delle relazioni nel dato: immanenza di relazioni materiali le quali diventano formali con il progredire
dellassimilazione e lintervento dellintelligenza riflessa.
9
Potrebbero, queste Gn, esser dette Gn di II ordine, ma lo St. ha riservato questo termine per indicare lapprensione di una relazione di
relazioni, come la percezione di differenza fra due accordi (cfr. D, I, 18, 3).
10
PALAGYI, M., Wahrnehmungslehre, 1925.
11
Ja, es gibt ohne Phantasie auch keine Kenntnisnahme von dem, was uns in Wirklichkeit umgibt, also kein Sehen von Farben und
Gestalten, kein Hren von Tnen und Melodien, keine Beobachtung krperlicher Dinge durch Tasten und Greifen, mit einem Worte:
keine sinnliche Wahrnehmung und keine Akt irgendeiner niederen oder auch hheren geistigen Ttigkeit (PALAGYI, M., VIII, 69).
12
Die Fhigkeit, in der Einbildung Bewegungen oder (...) virtuelle Bewegungen zu vollziehen, bildet die Grundlage unseres ganzen
Phantasielebens (...) Wenn wir sagen, da wir einen Krper an einem ganz bestimmten Orte des Raumes wahrnehmen, so ist damit
zunchst gemeint, da wir in der Einbildung eine Bewegung nach jenem Orte hin ausfhren, an dem sich der Krper befindet. Virtuelle
Hinweisungen sind es, durch welche wir die Orte der Dinge und Erscheinungen im Raume fixieren, und durch virtuelle Bewegungen
lngs der Flchen und Umrisse der Krper erfassen wir deren Ausdehnung, Lage und Gestalt (PALAGYI, M., 75-76. Per lo sviluppo della
teoria della fantasia, v. 94 e segg.; per quella dei movimenti virtuali, v. 87 e segg.).
13
KLAGES, L., Pref. allOp. di Palagyi, XXI.
14
VON WEIZSCKER, V., Einleitung.
15
GEMELLI, A., C, 3-4.
16
Ibid., 5, 14.
17
GELB, AD., A, Kap. IV, 37 e seg.
18
LINDWORSKY, J., A, 116-117.
19
SELZ, O., B, 27-45: lesposizione data secondo questo art. Cfr.: dello stesso Autore: C, 346-347; D, 92-96 che lultima esposizione
divulgativa della teoria.
20
Nel Saggio del 1941 si parla di due modi fenomenali di congiunzione percettiva, accrescimento graduale (o descrescimento, di qualit
o grado di qualit) e integrazione (p. 13 ss. Gradsteigerung e Wiederholung).
21
MUSATTI, C. L., C, 21-22. Questart. con altri minori stato rifuso nel vol. universitario: La Psicologia della forma, Padova 1938, dal
quale prendo le riferenze (D).
22
MUSATTI, C. L., D, 17, pag. 110 e segg.
23
Accetta la riduzione, fatta dal Musatti, PURDY, D. M., 409.
24
MUSATTI, C. L., B, 329 e segg.; cfr. anche: C, 21, n.
25
De Sensu, 6, 445 b, 3-446 a, 22.
26
0u e. |e.t e |eu ; a . se ; .` at c c.a; De Sensu, 6, 445 b, 15-16.
27
questa sostanzialmente la posizione di Alhazen, ma non so perch S. Tommaso saccontenti di un cenno cos veloce: forse perch
non conosceva la teoria dello Ottico arabo di prima mano?
28
S. THOMAS, In De Sensu et Sensato, lect. XV, n. 218.
29
De Sensu, 6, 449 a, 9; cfr.: De Generatione et Corruptione, I, 10, 328 a, 27 e segg.
30
De Sensu et Sensato, 6, 446 a, 10.
31
S. THOMAS, In De Sensu et Sensato, lect. XV, n. 221.
32
Cfr.: De Sensu, 7, 447 a, 13 e segg. Nella psicologia moderna il problema della fusione percettiva stato particolarmente
approfondito nel campo visivo (colori complementari) e nel campo acustico (consonanza e dissonanza). La fusione stata definita dallo
Stumpf il rapporto di due contenuti, specialmente di due contenuti sensoriali, per via del quale non si forma una semplice somma, ma un
tutto. Da questo rapporto risulta che pi i suoi gradi si elevano, pi limpressione totale savvicina restando inalterate le altre condizioni
a quella di una unica sensazione per cui lanalisi diventa sempre pi difficile (STUMPF, C., A, t. II, 125). Oggi conosciamo fatti e leggi
in abbondanza tanto per la fusione visuale quanto| per quella acustica, ma lintima natura del processo ancora in bala delle teorie e
nulla sappiamo di preciso. (Cfr. la lunga discussione sulla fusione dei suoni in: LALO, CH., 122 e segg.).
33
Sappiamo gi dalla teoria generale del sentire, che il senso una facolt giudicativa (cfr.: Sez. I, C. 1 3); per Aristotele: Post. Anal. B,
19, 99 b, 35; De Anima, III, 9, 432 a, 16. Il sentire, in quanto un motus animae per corpus implica due aspetti o momenti, luno
come :a e; per via del corpo, laltro come st ct; per via dellanima.
34
In de Sensu et Sensato, lect. XVII, n. 260.
35
A questo si riduce sostanzialmente la teoria aristotelica del sensibile per accidens nel campo sensoriale (cfr.: De Anima, III, 1, 425 a,
14 e segg. la discussione se i sensibili comuni siano da dirsi sensibili per accidens).
36
da leggere per intero lo smagliante articolo di H. VON HORNBOSTEL, Die Einheit der Sinne, Melos, IV, 290-297. LA., che un
pioniere della Gth. ha presentato una visione dellimmediatezza fenomenologica e dellunit dei contenuti di coscienza, dei sensi fra loro,
dei sensi e dellintelletto, con novit di concetti e di analogie ardite e suggestive.
37
\. ,.e; e` a |a,sat e| ,|at ,.t| sat st |ct| a sat ,e |e| sat e |a |aca ; set| ; at c c.a; :a e; . ct |. De Memoria, 450
a, 10-12. Il testo lascia comprendere che per Aristotele la funzione fondamentale dellorganizzazione primaria assolta dal senso
comune, dal quale ricevono lintegrazione percettiva i sensibili comuni: grandezza, moto, tempo, cio i tre generi del continuo, di cui
luno come suppone il precedente nella realt, cos anche nella conoscenza. Il senso comune qui ha una centralit volta allesterno ed
allinterno, mentre nella psicologia arabo-tomista essa soltanto volta allesterno ed inizia lelaborazione psichica.
38
Sono da distinguere almeno tre generi di fusione percettiva nel campo sensoriale: di qualit dello stesso genere (p. e. i colori dello
spettro), di qualit di diverso genere, dei sensibili comuni; la prima fusione pu assurgere in alcuni campi, come appunto in quello
visivo, ad unimpressione psichica semplice ove lo stesso termine di fusione non ha alcun senso allinfuori di un riferimento fisico; nel
campo acustico possono coesistere la fusione percettiva e lavvertenza della molteplicit dei contenuti. Pare comunque che la fusione
percettiva in questo primo grado sia dovuta in gran parte ai processi fisiologici propri di ciascun senso.
La fusione di qualit sensibili eterogenee non propriamente una fusione, ma probabilmente si riduce ad unassociazione;
questassociazione dovuta al senso comune per il quale si possono stabilire le analogie percettive di cui si fa questione (i colori caldi
e freddi, i suoni chiari, vellutati...).
Pi importante la fusione dei sensibili comuni. probabile infatti che ciascun senso principale abbia una propria apprensione dei
sensibili comuni, cosicch lo spazio percettivo delladulto il risultato di un processo di assimilazione dei vari spazi iniziali (tattile,
acustico, visivo, ecc.), caratterizzato nellindividuo integro dal predominio dello spazio visivo. chiaro che anche questa fusione
competa al senso comune, ma assai probabile, come si vedr, che la sua ragione ultima sia da ricercarsi in funzioni superiori.
39
S. THOMAS, In De Memoria et Reminiscentia, lect. II, nn. 318-319.
40
De Anima III, 3, 428 a, 1 e segg. Su quanto segue v., anche: BEARE J. I., 291 e segg.
41
1a|acta a | .t st |ct; u :e ; at c c.a; ; sa` . |. ,.ta| ,t,|e. |. De Anima, III, 3, 429 a, 1-2; cfr. De Insomn., 459 a, 17.
Ha del tutto frainteso Aristotele il Freudenthal, prendendo st |ct; come processo fisico dellorgano (FREUDENTHAL, J., 27 n., 58): non
v dubbio che per A., come lanima atto del corpo e la potenza dellorgano, il processo fisico non solo non assorbe quello psichico ma
secondario a suo riguardo. Del resto st |ct; assai generico in Aristotele ed indica qualsiasi processo di sviluppo.
42
ROSS, G. R. T., Aristotles De Sensu et Memoria, 36. Sul senso di st |ct; in Aristotele, cfr. anche uneccellente nota di HAMILTON W.,
On the history of mental Association, in Reids Works, t. II, 892-893.
43
Quid super hoc senserit Aristoteles confessava un egregio tomista del Rinascimento non constat quia quasi penitus indistincte
loquitur de eis (sensibus). Similiter intellige de eorum organis et situatione in capite... (JAVELLI, CR., QQ. in II De Anima, q. LIX, ed.
veneta 1555, fol. 127 r). Aristotele infatti pare ammetta un unico organo :a e| at c te| (il cuore), per tutta la sensibilit interiore.
44
Comunque ha da esser assimilata cos come anche integrata dal soggetto sia la diversa qualit nella trama continua di un oggetto unito,
sia rispettando lunit delloggetto nonostante le molteplici esperienze di una stessa qualit. Infine c la qualificazione globale
delloggetto come tale. (Cfr. FRIEDMANN, H., Die Welt der Formen, System eines morphologischen Idealismus, Mnchen 1930, spec. 406
ss.).

Note Capitolo Quarto
1
Kat e |a |aca ; set| ; at c c.a; :a e; . ct |. (De Memoria, 1 450 a, 11-12).
2
Scholastic (meglio: thomistic) philosophy distinguished between the functions of the sensus communis and the vis aestimativa (in
animals) or the vis cogitativa in man. It may be pardonable in the present state of psychological analysis to discuss both functions under
the heading: synthetic sense (T. W. MOORE, B, 238 n. Losservazione rivolta alla soluzione che prospettavo in The Scholasticism).
Sono invece i dati dellanalisi moderna che riportano alla concezione arabo-tomista della doppia organizzazione sensoriale.
3
AVICENNAE, Opus egregium De Anima, Pars I, c. 5, ed. veneta 1508 fol. 5 ra. Pi sotto detto: Quod apprehendit visus vocatur forma,
quod apprehendit existimatio vocatur intentio, P. IV, c. 1, fol. 17 vb. Identica nozione in: ALGAZEL, Destructio philosophorum, d.
Bouyges, 299.
4
AVERROIS CORDUB., Paraphrasis in l. De Memoria et Reminiscentia, ed. veneta 1562, t. VI, pars II, fol. 22 ra. Nella parafrasi al De
Sensu et Sensato A. si limita per ragione del Commento ad indicare i primi tre ordini (cfr.: ed. cit. fol. 16 va). La distinzione di forma e
intentio una dottrina acquisita nellAverroismo.
5
MOORE, TH. V., B, 256 e segg.; ad esso si riferiscono le seguenti citazioni nel testo.
6
La divisione fatta dal Liepmann delle agnosie in dissoluzione delle qualit sensoriali e disgiunzione degli attributi ed accettata
anche dal P. MOORE, una conferma equivalente della divisione che intendo di suggerire (Cfr.: Vol. I, sez. II, cap. VI, 1).
7
La citazione che il P. MOORE fa (244) da H. WERNER (Lunit des senses, Journ. de Psych. 1934, 190-205) di una distinzione fra una
couche objective (sensibilit spcifique) e una couche vitale, subjective (sensibilit synestsique) corrisponde ancora alle due sintesi
a cui presiedono rispettivamente il senso comune e la cogitativa. Poich il senso comune organizza solo i contenuti figurali, la cogitativa
organizza i contenuti reali nello spazio e nel tempo: deve quindi unirli, tenendoli distinti, nei contenuti propr.
8
De Veritate, q. XVIII, art. 8 ad 5.
9
Nei Parva Naturalia detto che il giudizio sopra i fantasmi ed il loro divenire appartengono a potenze diverse: at te| e. eu
cuat |.t| au a, e saa | au | eu |at| st |.t| e su te| sat a |a|a caa ,t ,|.cat. De Insomn. 460 b, 16. in questa
distinzione di due fantasie che da vedere il nucleo della teoria averroista della cogitativa.
10
WOLFSON, H. A., A, 129; Id.: B, 585 e segg.; Id.: C, 451.
11
CALOGERO G. 20. Per unesposizione ordinata della funzione della eta |eta aristotelica, cfr. NEUHUSER, J., 9 e segg. e Cl. BAEUMKER,
A, 7-9. Secondo il B. la eta |eta distinta dal |eu ; va intesa come das praktische Denken des gewhnlichen Lebens (7, n. 2): gli animali
non lhanno (De Part. An. 641 a, 30). Il N. vede nella e. das Vermgen des Nachdenkens oder Reflectierens und des Urtheilens e
conclude per unesegesi assai vicina a quella tomista: Darin ist denn mit voller Deutlichkeit ausgesprochen dass das eta|e.t cat nicht
der sensitive Seele als solche zukommt, sondern dass es ihr nur zukommt, durch den Einfluss des |eu ;, dass also im Menschen zu der
sensitiven Seele nur der |eu ; in ganz anderen Weise hinzukommt (12, polemizza con Baeumker). I testi aristotelici non dicono tuttavia
se, nel caso, si tratti di atto o di facolt nuova con oggetto proprio.
12
Cfr.: LANDAUER S., 401-405, n. 6. Il L. giustamente osserva: Das Wesen und die Bedeutung dieser inneren Sinne ist bisher nirgends
richtig dargelegt worden (403, n. 9): a me, per, premeva questa volta non di fare la storia, ma di dare il solo svolgimento essenziale dei
problemi. V.: HICKS R. D., Comm. in 427 b, 16, pag. 457, che cita dalla sua il Bonitz (Index Aristotelicus, 186 a, 60). Con ogni
probabilit la u :. indicava per Aristotele la conoscenza pratica e contingente che lintelletto si fa delle sostanze singolari desperienza, e
non una funzione sensoriale o intermedia: ci si pu rilevare da Metaph., Z, 14, 1039 b, 27-1040 a, 5 e cfr.: REGIS, L. M., 123. Cos pensa
anche G. R. T. ROSS (n. seg.).
13
'\:e (t; is here (De Memoria, 1, 449 b, 27) used in its widest sense as equivalent to conceptual thought (...). In its more restricted
application u :. is the poorest of the intellectual faculties (ROSS G. R. T., De Sensu et Memoria, Comm., 246).
14
Richiamo, di passaggio, lattenzione al notevole Proemio che G. Filopono ha posto al suo Commento del De Anima, che un denso
compendio dei problemi psicologici pi discussi. Vi si trova allinizio una divisione accurata delle potenze dellanima nella quale
domina, mi pare, linflusso platonico e nel proemio Platone spesso citato. Come le potenze animali conoscitive (eu|a .t; (u,tsat
e,tsat ) sono elencati la eea, la eta |eta, il |eu ;, da cui si arguisce, e dal contesto che segue, come il F. distingua eea e eta |eta e che la
prima una facolt sensitiva, la seconda razionale anzi la stessa ragione discorsiva (PHILOPONUS IO., De Anima, 1, 11 e segg.). Ma
ripeto che non intendo di dare la storia del problema.
15
Li ha messi in luce H. A. Wolfson negli artt. gi citati (170 n. 1).
16
Cfr.: Contra Gentiles, II, 60, 73.
17
AVERROIS CORDUB., In III De Anima, tc. 6, ed. Veneta 1562, fol. 154 r.
18
'0 e. :atse ; |eu ; |ae ; De Anima, III, 5, 430 a, 24.
19
ID., In III De Anima, tc. 20, ed. cit. fol. 163 r.
20
ID., In III De Anima, tc. 20, ed. cit., fol. 164 rv; cfr. ibid. tc. 33, fol. 173 r. Sulla nozione di intellectus materialis che lintelletto
possibile di S. Tommaso v.: In III De Anima, tc. 5, initio, ed. cit. fol. 138 v.
21
ID., In III De Anima, tc. 7, cit. fol. 155 r. Altrove: Investigatio per rememorativam est acquisitio cognitionis et facere cogitativam
laborantem in repraesentatione illius agnitionis Paraphrasis in lib. De Mem. et Rem., ed. cit. t. VI, II pars fol. 21 ra; ibid. 22rb.
22
Cio, Aristotele: Metaph. VI, 4, 1027 b, 29-30.
23
ID., In II De Anima, tc. 63, ed. cit. fol. 82 v. Il testo decisivo per la posizione tomista nella quale loggetto adeguato della percezione
dato dai sensibili per accidens che sono attribuiti in proprio alla cogitativa.
24
ID., In III De Anima, tc. 57, ed. cit. fol. 198 r.
25
ID., Paraphrasis in lib. De Divinatione per Somnium, ed. cit. t. VI, pars II, fol. 32 rb.
26
ID., In II De Anima, tc. 65, ed. cit. fol. 83 v.
27
Ha ripreso in modo egregio la teoria averroista della cogitativa, oltre S. Tommaso e Sigeri, Joannes de Janduno, che su questo punto
non pu fare alcun accenno polemico contro il Dottore Angelico. (Cfr.: In De Anima, II, q. 37, coll. 225-226; III, q. 15, coll. 315-318; mi
dispiace di non poter riportare questi testi veramente luminosi e di viva attualit).
28
KEELER, L. W., 35-36.
29
Contra Gentiles, lib. II, c. 60; cfr. ibid. cc. 73, 80, 81; I, q. 78, art. 4. Q. De Anima, art. 13. La cogitativa arriva a giudicare dei
sensibili comuni e dei sensibili per accidens (cfr. Q. De Veritate, q. I, art. 11). Espressioni molto simili alle tomiste sulla cogitativa si
leggono nel francescano ROGER MARSTON ( 1303): Quia igitur intellectus noster non intelligit aliquid actu nisi per hoc quod cogitativa
est in actu suo, de communi lege intelligendi non potest aliquid ordinate intelligere nisi ipsa cogitativa ordinate repraesentet. Ordinata
igitur conversio cogitativae ad intentiones sensatas et non sensatas est dispositio congrua ut ipse intellectus ordinate ad talia se convertat
(QQ. Disputatae De Anima, Q. VI, Quaracchi 1932, p. 286). Hac igitur cogitativa offerente intellectui intentiones quae sunt apud eam
ex collatione singularium, apprehendit intellectus in eis primitus rationem universalis, ex naturali subministrat, et ipse intellectus in seipso
similitudinem format speciei oblatae... (ibid., q. IX, p. 423).
30
Comm. in lib. II De Anima, lect. 13, n. 396; cfr.: n. 395; n. 397-398; De Veritate, q. X, a. 5; a. 7 e ad 2, ad 4; I, q. 78 a. 4.
RUGGERO BACONE ammette, in luogo della collatio, che la sostanza, come tale, possa mandare una specie di se stessa, la quale
sarebbe raccolta dalla aestimativa o cogitativa: Unde bene potest anima sensitiva percipere substantiam per speciem suam, ... licet pauci
considerent hoc, cum velit vulgus naturalium quod substantialis forma non immutet sensum (R. BACONIS, De Multiplicatione specierum,
ed. Bridges, 419-420; cfr.: Perspectiva, c. IV, ed. Bridges, 7-9). da ricordare che Bacone ha una teoria schiettamente democritea della
specie, come di unemanazione materiale dei corpi.
31
Q. De Anima, a. 20 ad 1 secundae seriei.
32
II
a
II
ae
, q. 47, art. 3 ad 3 (cfr. CAJETANUM in h. l.); In IV Sent., d. 50, q. I, a. 3 ad 3; In IV Ethic., lect. 1 n. 1123; ibid. lect. 9, n. 1255.
La cogitativa muove lappetito: v.: I, q. 81, a. 3; q. 111, a. 2 ad 2, ove si dice che resta soggetta alla volont e sfugge alle istigazioni del
diavolo.
33
Come per lorganizzazione primaria, cos per quella secondaria, Sigeri si trova del tutto daccordo con S. Tommaso e qui tanto pi
facilmente, trattandosi di dottrina tipicamente averroista (Cfr.: In II De Anima, Quaestio XXIII, 91). Accetta integralmente la teoria
tomista il Pomponazzi: cfr.: FERRI, L., B, 43-45; 54-56, 223). Tra la memoria della sensazione o il fantasma espone il Ferri e la
intellezione della specie sta la cogitativa, che mediante una duplice operazione, cio quella di astrarre i semplici e quella di unire i simili e
separare i diversi, costituisce con sintesi di astratti le specie ed i generi e la loro gerarchia, e cos somministra le specie intelligibili, le
quali ricevute nellintelletto sono finalmente intese, ossia nella veduta intellettuale vengono considerate universalmente (56). A questo
modo viene realizzata, come acutamente osserva il Ferri, la fusione fra la priori e la posteriori.
34
In IV Sent., Dist. 49, q. II, a. 2; t. VII, 1201 b - 1202 a. Gli esistenzialisti parlano di qualit terziaria. (Cfr. WAHL, tudes
kierkegaardiennes, Paris 1948, p. 475).
35
I, q. 77, 6 ad 3.
36
Q. De Anima, art. 13 ad 7.
37
I, q. 77, art. 7.
38
I
a
, q. 77, art. 7 ad 1.
39
I, q. 77, art. 4.
40
In III Sent., Dist. XXIII, q. II, a. 2 ad 3, Parm. VII, 249 a; Mand. III, 727.
41
I, q. 77, art. 7; cfr.: De Veritate q. XIV, a. 2 ad 9.
42
In II De Anima, lect. 13, n. 397; cfr.: I, q. 79, a. 4 ad 5.
43
In II De Anima, l. 13, n. 398.
44
Natura communis in unoquoque operatur secundum conditionem ipsius: unde anima sensibilis habet in diversis animalibus diversas
operationes et etiam in diversis organis sentiendi In I Sent., Dist. VII, q. I, a. 2 ad 3, Parm. VI, 62
a
. Si anima sensibilis quae est in
brutis, et anima sensibilis quae est in homine, collocarentur secundum se in genere vel specie, non essent unius generis, nisi forte logice,
secundum aliquam intentionem communem De Anima, a. XI ad 14. Intorno| a questo aspetto del realismo tomista v.: La nozione
metafisica di partecipazione, II, sez. 2, 4, 162 e segg.
Accenni a questa dottrina non mancano certo anche in Aristotele. Cfr.: Topic., V, 8, 137 b, 23.
45
(In homine) pars sensitiva ex coniunctione ad intellectum efficitur virtuosior I, q. 85, a. 1 ad 4. Anima sensibilis est nobilior in
homine quam in aliis animalibus, quia in homine non tantum sensibilis est, sed etiam rationalis Q. De Anima, a. X ad 12; cfr.: ib. ad 19.
Vedi anche: RAHNER, 152; anche IO. DE JANDUNO, In III De Anima, q. XXIX, col. 405.
Ha tentato una critica inconcludente della cogitativa tomista il SAITTA (36): inconcludente, perch altro il sillogismo concreto della
cogitativa, altro quello formale astratto dellintelletto; anche il primo qualcosa e vale nel suo campo, perch una preparazione e
imitazione del secondo.
46
Cfr.: GOTTLIEB SHNGEN, Thomas von Aquin ber Teilhabe durch Berhrung, 5: Neupla-tonischer Einschlag der thomistischen
Anthropologie, 127-129. Alla funzione che hanno i princpi neoplatonici nellaristotelismo tomista ho dedicato il saggio: La nozione
metafisica di partecipazione secondo S. Tommaso, Torino 1950, spec. P. III, Sez. II, 281 ss., ove si discorre della partecipazione
gnoseologica.
47
Metaph. III, 5, 1010 a, 12.
48
Cfr.: In III Sent.; Dist. 26, q. 1, a 2: Pars illa in hominibus, in quibus est perfectior propter coniunctionem ad animam rationalem,
dicitur ratio particularis, quia confert de intentionibus particularibus; in aliis autem animalibus quia non confert, sed ex instinctu naturae
habet huiusmodi intentiones apprehendere, non dicitur ratio sed aestimatio (P. VII, 279 a).
49
AVERROIS CORDUB., Paraphrasis in De Sensu et Sensibilibus, ed. cit., t. II, Pars II, fol. 17 r ab.
50
SALZI, P., 171; cfr.: 81-82, 127, 131.
51
PRADINES, M., I, 9.
52
Ibid., 15-16.
53
Cfr.: CARD. MERCIER, B, t. I., 238: sono ammessi solo il senso comune e la memoria come facolt realmente distinte.
54
F. SUAREZ, De Anima, lib. III, c. 30, 1856, t. III, il S. riduce la fantasia al senso comune, laestimativa e la memoria alla fantasia; (cfr.:
706 b). Per altri v.: CONIMBRICENSES, De Anima, lib. III, q. I, a. 2, 273 e segg. Anche lo Zabarella: Ego autem in hac re arbitror non
esse ab Aristotele recedendum, qui praeter sensum communem, phantasiam et memoriam non posuit aliam internam animae facultatem
(ZABARELLA, J., De Facultatibus Animae, c. XII, in De Rebus Naturalibus libri XXX, Venetiis 1590, pag. 504).
55
De Anima, lib. III, c. 30, n. 87, ed. cit. t. III, 705 a.
56
Wir Modernen heien die betreffende Begabung Instinkt (...). Ein eigen|tliches Urteilen kommt dabei wie bei der Sinnesttigkeit
berhaupt nicht vor. Das Urteil ist nun einmal ein Denkakt, in welchem ein Begriff von einem andern bejaht oder verneint wird. Die
Sinnesttigkeit kann blo Sinneseindrcke aneinander fgen. Man gebraucht dafr den Ausdruck Assoziation. (SCHWERTSCHLAGER, F.,
41). Lo S. troppo sbrigativo: anzitutto lAquinate ha cura di distinguere sempre fra laestimativa o istinto animale, che pu ben
trasmettersi per eredit, e la cogitativa umana che invece acquista i suoi oggetti per gli atti di comparazione concreta. Solo la cogitativa
esercita la collatio, cio largomentare ed il giudicare in concreto, e la esercita non in quanto facolt sensitiva, ma in quanto per
lunione sostanziale di anima e corpo partecipa la natura e linflusso dellintelligenza. Dottrina ardua lammetto, ma ben pi aderente ai
dati fenomenologici del sepolto principio di associazione a cui ricorre lo S., senza dire poi della sua robusta struttura metafisica a cui si
gi accennato e che apparir da tutto il seguito di questa ricerca.
Similmente stato obiettato ancora che la cogitativa, poich al dire di S. Tommaso non transcendit genus animae sensitivae (C.
Gentiles, lib. II, c. 73) non pu cogliere lessere che un contenuto proprio dellintelletto. LAngelico in verit pi fine: lessere in
universali clto soltanto dallintelletto, lessere in particulari nella concretezza individuale, cio i predicamenti nella loro
realizzazione di fatto, dalla cogitativa in quanto un senso (= conosce lindividuale) che partecipa dellintelletto (= conosce la ragione
concreta delluniversale). (Cfr.: S. THOMAS, In IV Sent., Dist. 49, q. II, a. 2).
57
Segnalo con viva soddisfazione, oltre il Shngen ed il Rahner gi citati, alcune, poche purtroppo, eccezioni di Autori moderni, perch i
Tomisti del sec. XV-XVI sono concordi in materia. Vedi perci: G. M. A. VACANT, A, III-me sect., 176-185; IDEM: B, I VIII, 56 e
segg., X, 136 e segg.; 194-197. Il V. mette bene in risalto lopposizione fra S. Tommaso e Scoto, ma ha il torto di spiegare la funzione
della cogitativa ricorrendo allassociazione delle idee. Si riferisce al V. la trattazione di M. DOMET DE VORGES, 94 e segg., 205. Brevi
accenni in: Z. GONZALES, t. I, 310-311; F. SALIS SEEVIS, I, 310-311. Meglio L. SCHUTZ, Die vis aestimativa sive cogitativa des hl.
Thomas. Jahresbericht d. philos. Sektion d. Grresgesellschaft 1884, e Thomas Lexikon, II ed., 120.

Note Capitolo Quinto
1
La funzione dello schema sta quindi alla base di ogni forma di pensieri: Das theoretische wie praktische Denken bedient sich des
Schemas zur Verdeutlichung und Veranschaulichung bestimmter Verhltnisse und Zusammen|hnge, zur bersichtlichen Darstellung und
Zusammenfassung, bzw. Heraushebung des Wesentlichen, zur raschen Orientierung, mglichst deutlichen und augenflligen Sonderung
und Abhebung, als Leitfaden namentlich durch relativ komplizierte und nicht ungefhrliche Verhltnisse wie technische Schaltanlagen
usw. (F. WEINHANDL, Die Gestaltanalyse, p. 255). Pi sotto lA. esprime egregiamente i rapporti fra schema e Gestalt: Schema ist somit
nicht Gestalt schlechthin, sondern Zeichen, also eine Gestalt, die ein Darstelltes bedeutet, von dem sie das nach irgendeiner Hinsicht
Wesentliche, Charakteristische hervorhebt (p. 326 s.).
2
K. stesso confessa che la teoria dello schematismo dellintelletto, unarte celata nel profondo dellanima umana, il cui vero maneggio
noi difficilmente strapperemo alla natura per esporlo scopertamente innanzi agli occhi (162). Tuttavia egli riesce a dire molte cose di alto
interesse.
3
Cos la rappresentazione del metodo per porre dei punti luno in seguito allaltro, oppure per battere regolarmente, uno schema del
concetto di numero. I punti stessi sono una figura del numero in questione: lo schema naturalmente pi generale della figura; giacch il
metodo identico, sia che io raffiguri il numero cinque oppure il numero cento. Onde lo schema , per cos dire, la regola generale,
secondo la quale possono essere costruite innumerevoli figure simili, triangoli, animali, ecc.. (A. MESSER, 92).
4
Come il Cassirer, anche P. Lachize-Rey ritiene che la thorie kantienne de lexprience est exactement thorie de la perception e che
cette thorie de la connaissance est immdiatement transposable sur le plan psychologique par une effectuation directe de tous les actes
de construction ou de position dont elle a formul lexigence (P. LACHIZE-REY, 15).
5
Riconosce limpaccio di questo punto veramente critico del Kantismo anche C. CANTONI nel suo: Emanuele Kant che, per
invecchiato che sia, si legge sempre con frutto (cfr.: 180-181 della II ed.). A. RIEHL arriva a dire che gli schemi sono le stesse idee (lib.
II, c. 4, 5, 533).
6
P. LACHIZE-REY, 18. Losservare poi, come fa il L.-R. che, per Kant, spazio e tempo allinizio sono indeterminati e che si determinano
per la motricit del corpo (ibid.), pu dire una cosa molto sensata e aderente ai fatti. Dal punto di vista fenomenologico questa teoria
kantiana e quella aristotelica dei sensibili comuni, non sono molto distanti; dal punto di vista psicologico e gnoseologico che esse sono
divergenti.
7
GANCIKOFF, L., 238.
8
V.: KANT, B, 651.
9
Vanno segnalate per un approfondimento dei rapporti fra pensiero e intuizione rispetto alla funzione degli schemi le osservazioni del
Trendelenburg (A. TRENDELENBURG, Logische Untersuchungen, II Aufl. Leipzig 1862, Bd. I, p. 314 ss.). Il Tr. mette, a principio genetico
degli schemi, il movimento formativo (bildende Bewegung) con un preciso richiamo a Schelling e conclude: Nach der durchgefhrten
Ansicht ist die Bewegung, einerseits als That der Imagination, Anfang und Bedingung alles Denkens, und andererseits als That der
erzeugenden Natur, Ursprung und Gesetz aller Ausdehnung und Figur (p. 317).
10
TAINE, H., t. II, 220. Sulla posizione del T. cfr.: REVAULT DALLONNES, A, II, Critique de Taine.
11
Il R. DA., ha riassunto i suoi numerosi lavori sullo schematismo nel Cap. La Schmatisation, del Nouveau Trait de Psychologie, t.
IV (1934), 161-264; esso costituisce oggi la monografia pi completa sullargomento. noto come la Denkpsychologie facesse ricorso
allo schematismo (das antizipierende Schema) per spiegare la sintesi percettiva (cfr.: SELZ, O., A, II Abschn., 2, Ergnzung auf Grund
eines Schema, 115-119).
12
Va notato che le varie forme e graduazioni del pensiero sistematico hanno ciascuna metodi var di schematizzare ed compito della
psicologia analitica di classificarli e studiarli. (B, 212, 261).
13
BURLOUD, A., 5 e segg.
14
PIAGET, J., C, 181.
15
P. JANET, Les dbuts de lintelligence, 1935; Lintelligence avant le langage, 1936: li indicher con A e B.
16
CASSIRER, E., 393.
17
mon avis osserva egli al Khler il faut ajouter (ai fattori fisiologici) deux facteurs psychiques, lacte perceptif suspensif qui
donne aux perceptions leur unit, et un acte intellectuel lmentaire qui distingue la forme dans cet acte total de la perception (JANET, P.,
A, 253). Pi che distinguere la forma, lintelligenza rileva il significato al quale pu essere subordinata la stessa forma; comunque i due
atti dello J. sono assai vicini, se non del tutto identici alla cogitativa ed intelligenza della soluzione tomista.
18
Post. Anal. II, 19, 99 b, 23-100 b, 15; Metaph. I, 1, 980 b, 25-981 a, 30; cfr.: anche Ethic. Nic. I, 1, 1098 b, 3; VII, 3, 1139 b, 28-31;
Physic., I, 184 a, 21.
19
Metaph. I, 9, 991 a, 20-21.
20
Post. Anal. II, 19, 99 b, 23 e segg.
21
Ea ca eteacsata sat a ct; . s :eu :a,eu c; ,t |.at ,|a c.a; (Post. Anal. II, 19, 99 b, 29; cfr. ibid., 7, 71 a, 1). V.
TRENDELENBURG, Elementa log. arist. 69.
22
`Es . | ,a eu | at c c.a; ,t |.at | , . s e. | ; :ea st; eu au eu ,t|e. |; . :.tta at ,a :eat | at a a ta
. :.tta ta . ct | . s e. . :.tta; . s :a |e; . ca|e; eu sae eu . | (u, , eu . |e ; :aa a :ea , e a | . | a :act| . |
. | . s.t |et; e au e , . ,|; a , sat . :tc ; (100 a, 4-8; cfr.: Metaph. A, 1, 980 b, 28-29).
23
lt ,|.at e. . ,| e a| . s :ea | ; . :.tt a; . ||ea a| ta sae eu ,t |.at :.t a | e et a| u :e (t;, s. (Metaph. I, 1, 98
a, 5-7).
24
Post. Anal., II, 19, 100 a, 4; cfr.: ibid., 100 a, 15.
25
JAEGER, W., 227-228. Secondo il Cassirer le due pericopi Post. Anal., II, 19 e Metaph., I, 1: differiscono in un punto notevole, in
quanto la prima parla di un processo continuo dal senso fino allintelletto, mentre la seconda oppone la conoscenza empirica a quella
scientifica (CASSIRER, H., 147 e segg.). Ai fini della nostra ricerca per le due descrizioni si equivalgono, anche se si pu riconoscere che
quella della Metaph., suppone un pensiero pi maturo come pare rispetto a Post. Anal. P.
26
MERCIER, D., A, 20-21. v. anche B, 315; cfr.: J. ST. MILL, A, Bk. II chrss. V-VII, 290 e segg.
27
SIEBECK, H., A, 221-222; SOLMSEN, F., 84-85. Secondo il Siebeck la teoria aristotelica non che lesposizione della teoria platonica
della reminiscenza esposta nel suo contenuto psicologico e spogliata della veste mitica (SIEBECK, H., B, 356. Riferenze pi ampie ho
date in: Knowledge and Perception, 347-348 n.). Negano la diretta dipendenza da Platone: H. MAIER, A, 414-415; GEYSER, J., A, 231.
28
Ci ammesso anche dal P. Bremond, cos poco tenero per Aristotele. Tuttavia, qualunque possa essere la consistenza delle altre sue
critiche, la presentazione che egli fa di Post. Anal. II, 19, citato per disteso, quanto mai personale e punto fondata; secondo lui qui La
thse de lAssociationisme empirique nest nulle part chez les Modernes expose dune manire plus persuasive et plus forte (BREMOND,
A., 72). Che lAssociazionismo nel capo suddetto non centri per nulla, si pu persuadere chiunque abbia la pazienza di seguirne la
progressione delle idee. Altrove (De Memoria, 2, 451 b, 26 e segg.) Aristotele, vero, enunzia le leggi dellassociazione stato anzi il
primo a farlo ma il significato e luso dellassociazione presso il Filosofo ha ben poco in comune con quello moderno, che stato
riferito nel I volume. Si senta uno specialista: The laws of Association here formulated by Aristotle (Contiguity, Similarity, and
Contrast) are obviously merely principles governing the reinstatement of ideas previously experienced.| Hence their scope is much
narrower than that assigned to them by modern psychology. Aristotle certainly held no Associationist Theory of Knowledge, but for that
the recent theorists are hardly likely to blame him (G. R. T. Ross, 39; corsivo mio).
29
In II Sent., Dist. 24, q. II, a. 3; De Veritate, q. X, a. 6 ad 6; ibid. q. XI, a. 1 corpus e ad 1.
30
Comm. super l. I Metaph; lect. 1, ed. Cathala n. 15. Quanto il Santo dice in S. Theol., I
a
-II
ae
, q. 45, a. 4 circa lexperimentum nella sfera
sensitiva, non pu esser contrario a questa dottrina.
31
W. D. ROSS, A, ch. II.
32
SCOTUS, Metaphysica, lib. II, q. I, 2, q. IV 3-5; Oxon., lib. I, dist. 3, q. IV, 8, 12, 13. Riferenze prese da HAMILTON, W., On the
philosophy of common sense, Nota A. (A, t. II, 777 b).
33
ANTONIUS ANDREA, Quaestiones super XII libros Metaphysicae, Venetiis 1523, Lib. I, q. V, Fol. 6 vb.
34
THOMAE DE VIO CAJETANI, Comm. in libros Poster. Anal. Aristotelis, Venetiis MDLVI, lib. II, c. 13, fol. 111 a.
35
Fa eccezione lart. di P. HOENEN, 153 e segg., ove per manca lambientazione aristotelica della teoria tomista.
36
ROSSI, A., 105.
37
Per parte mia confesso francamente due dubb. Il primo riguarda il Gaetano. Mentre Aristotele e S. Tommaso ammettono la necessit
dello experimentum, sia per lapprensione delle nozioni universali, come per la formazione dei primi princpi, il Gaetano invece, forse per
eccesso di polemica contro lavversario scotista, nega che per lapprensione delluniversale si richieda un experimentum quod
collationem et collationem sonat ed afferma che pu bastare una multiplicata apprehensio termini in parte sensitiva (ibid., fol. 111 va).
Il secondo riguarda il significato immediato di un testo di Aristotele, secondo il quale noi conosciamo prima luomo e poi passiamo alla
conoscenza pi universale, allanimale (. a; ,a e|..., Post. Anal. II, 19, 100 a, 15 e segg.), che pare contrario alla posizione tomista
secondo la quale si conoscono prima i contenuti pi indeterminati ed universali. Il contrasto per, se c, mi pare solo apparente. Quella
posizione tomista vale in generale per la conoscenza spontanea e confusa; in particolare, cio nella conoscenza riflessa e scientifica, si
deve procedere come dice Aristotele.
38
Merita di essere qui ricordato anche J. M. BALDWIN che nella sua logica genetica ha sviluppato fra i primi una teoria completa dello
schematismo che una descrizione, analitica alleccesso, della formazione e della funzione gnoseologica degli schemi. Il B. concepisce la
determinazione delloggetto di percezione come una individuazione la quale avrebbe le tappe seguenti: apprensione prima in un
insieme (wholeness), il vagamente generale, a cui succede la pluralit sentita che fa vedere le relazioni di differenza e somiglianza;
segue lunit conosciuta dello schema la quale d origine al significato generale ed a quello particolare; il significato singolare,
quello proprio della percezione allo stadio perfetto, segue per ultimo come la forma pi matura della conoscenza in un dato momento
della vita. Il B. parla di un pensiero prelogico e dintelligibili materiali che sono allorigine del pensiero logico, esattamente come i
sensibili per accidens aristotelici, ed avrei esposto ampiamente questa dottrina se essa non fosse gi stata messa a punto in quella del
Piaget; solo che il B. ha creduto erroneamente che la sua teoria collimi con quella kantiana, mentre in realt ne una continua
contestazione. (Cfr.: J. M. BALDWIN, capp. VIII, 6; X, 4).
39
LOTZE, H., System der Philosophie, zweiter Teil, Metaphysik; dritter Buch: vom dem geistigen Dasein, 3 Kap. von dem beziehenden
Vorstellen, 538-539.
40
Es ist sogar, wie wir schon bei den logischen Axiomen erwhnten, die Evidenz der allgemeinsten Schemata, in die wir solche
Erkenntnisse fassen, berhaupt nicht an diese Leerformen geknpft, die an sich gar keinen Sinn haben, sondern vielmehr gerade an die
einzelnen Beispiele. berall ist es das konkret-anschauliche Material, an und aus welchem uns das Allgemeine einleuchtet (...). Wenn
man will, kann man alle unmittelbar apriorische Erkenntnis zusammen mit der unmittelbaren Erfahrungserkenntnis in dieser Rcksicht
auch mit dem alten| Ausdruck Intuitive Erkenntnis bezeichnen (...). Vor allem mu man sich gegenwrtig halten, da nicht das bloe
Hinstarren auf das Anschauungsmaterial zur Erkenntnis fhrt, sondern gar viele damit verbundene geistige Operationen (STUMPF, C., D,
I, 13, 3, pag. 178).
41
Per approfondire lindagine dei rapporti fra schema e pensiero, si pu ricordare che lEhrenstein nello studio della genesi del fenomeno
di figura-sfondo si richiamava espressamente al principio aristotelico: Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu,
commentando: Dieser Satz gilt nicht nur in dem Sinn, da die Vorstellungen frher einmal als Wahrnehmung im Bewutsein waren,
also im Sinne einer materialen bereinstimmung zwischen den Inhalten der Wahrnehmungsschicht und Vorstellungsschicht, sondern
auch in dem Sinne einer bereinstimmung in den Gesetzen des formalen Verlaufs des Geschehens in beiden Sphren (W. EHRENSTEIN,
B., 318).

Note Capitolo Sesto
1
JAEGER, W., Aristoteles, Grundlegung einer Geschichte seiner Entwicklung, 1923; BIGNONE, E., LAristotele perduto e la formazione
filosofica di Epicuro, 1935-1936.
2
CARLINI A., D, 3. In questo saggio del C. sono riportati (pag. 5 e segg.) alcuni fra i pi significativi frammenti dellAristotele platonico.
3
Metaph. VII, 3, 1029 a, 33 b, 12.
4
JAEGER, W., Aristoteles, 265.
5
Metaph. VI, 1, 1025 b, 31-1026 a, 5; cfr.: ibid. VII, 5, 1030 b, 14; De Anima, III, 4, 529 b, 10 e segg.
6
Metaph. VII, 4, 1030 a, 17 ss.
7
Cfr.: OGGIONI, E., 131-133.
8
Te . | ,a sae eu saa e | e ,e| ,|a te|, e e. sa` . sace| saa | at cct|, Physic., I, 5, 189 a, 5-6 (rec. W. D. Ross,
Oxford 1936). Altrove (cfr.: De Ver. II, 6; ibid., X, 5) si rimanda a Boezio che dice lo stesso: Singulare est dum sentitur, universale dum
intelligitur (BOETHII, In Praedic. Porphyrii, P. L. 64, col. 85).
9
De Anima, III, 4, 429 b, 10-22. La versione che ho data si fonda sul testo recensito da R. D. Hicks, e ho tenuto conto della parafrasi e
delle indicazioni che vi ha portate recentemente DE CORTE, M., Glose sur un passage du De Anima (III, 4, 429 b, 10-22), 276 e segg.
10
Cfr. TRENDELENBURG, A., ad h. l., 391; HICKS, R. D., 492. Secondo il Filopono, che riassume lesegesi greca, Aristotele afferma
(. :tst |.t) che lintel|letto conosce il singolare, poich non sarebbe superiore al senso se non conoscesse ci che anche il senso conosce;
chi pu il pi, pu anche il meno: lintelletto conosce lastratto (a au a), conoscer anche il concreto materiale (a . |ua) (De Anima,
529, 10-19). Se lintelletto poi non raggiungesse anche il concreto, la sua apprensione sarebbe incompleta e ci contrasta con la
perfezione dellintelligenza: fin qui Aristotele (20-25).
Il F. aggiunge per conto suo losservazione che se lintelletto non conoscesse il singolare, non potrebbe correggere le illusioni dei
sensi, come quella del remo immerso in parte nellacqua che appare spezzato e del sole che appare pi piccolo della terra (25-29). Intanto,
conchiude a ragione il F., lintelletto pu giudicare della differenza delle cose in concreto, in quanto le conosce cos come sono nella
condizione di fatto. per questa ragione gnoseologica che mi pare essenziale alla causa del realismo lammettere una conoscenza
immediata del singolare da parte dellintelletto.
11
Poich Dio sta alle cose create come lartefice alle cose artificiate, ne segue che tutto Egli causa per via della Sua intelligenza e quindi
per Idee. Essendo Causa prima ed assoluta, cio creatrice, Dio ha in qualche modo anche lidea della materia prima e per questo vi sono
nella Mente divina le Idee proprie e adeguate di tutti i singolari esistenti, come esige il dogma della Provvidenza (cfr.: In I Sent., Dist. 36,
q. I, a. 1).
12
De Ver., q. II, a. 6; cfr.: ibid., q. XIX, a. 2; Q. De Anima, a. 20; Comp. Theol., c. 133.
13
Singulare non repugnat intelligi, in quantum est singulare, sed in quantum est materiale; quia nihil intelligitur nisi immaterialiter. Et
ideo si sit aliquid singulare et immateriale, sicut est intellectus, hoc non repugnat intelligi. I, q. 86, a. 2, ad 3; I, q. 79, a. 6, ad 2; cfr.:
ibid., q. 56, a. 1, ad 2, a. 2, ad 3; C. G., II, 75; De Spirit. Creaturis, a. 9, ad 15; De Anima, a. 2, ad 5, a. 17, ad 5.
14
ROBIN, L., D, 472-475, ove la nozione di individuo sviluppata come . c,ae| .t ee; e a eta|ee| a .t e.t, in base a quanto nel De
Part. Anim. I, 4, 644 a, 23 e ss. Socrate e Corisco sono detti . c,aa .t e. Il Robin, qui come in altri lavori precedenti, parte dal principio
che nel pensiero aristotelico c una forma che individuata per se stessa, per indi conchiudere: Il faut admettre que la Forme pouvant
tre, une fois et pour un tre (= Dio), le principe de lindividualit, peut ltre, une fois et pour tous les tres. Les formes ou les
intelligibles, contenus dans la Pense qui se pense elle-mme, deviennent par l des individus et ont dans la distinction de leur quiddits
la raison mme de leur individualit. Ainsi donc, dans lAristotlisme, la forme se trouve tre principe dindividuation, en tant
prcisement quuniversel, et au moins lgard de lIntellect divin et de ses objets (B, 209. Cfr. anche: A, 100 e segg.).
15
Intorno alla battaglia che la Scuola francescana augustinista ha fatto alla posizione di S. Tommaso, v.: SIMONIN, H.-D., 289-303
(Guglielmo de la Mare, Matteo ab Aquasparta, Riccardo de Mediavilla, Vital de Four).
16
ROMEYER, B., 23; il P. R. cita dalla sua parte G. Picard (Lintelligible infraspcifique, Arch. de Phil. I, 1); P. Descoqs (Arch. de Phil.
IV, 2) e tutti fanno capo al Suarez, il quale qui, come spesso altrove, pare abbia voluto raccogliere leredit dellantitomismo di Scoto che
a sua volta con il suo forte ingegno era riuscito a dare corpo e sistema allopposizione tumultuosa iniziata dai Correctoria. Ma il P. R.
ha il merito di avere condotto la disamina con coerenza e sincerit e di non aver provato alcun rossore nel respingere la teoria tomista
dellastrazione e dellintelletto agente (ibid., 41 e segg.) come antiquate e superflue! La tesi del P. R. stata ripresa recentemente dal P.
Santeler, il quale da un meticoloso esame della gnoseologia tomista ha cavato la conclusione che il tomismo resta in questa parte
impigliato mani e piedi nellultrarealismo platonico. Partico|larmente egli pensa che vanno rigettate le basi fondamentali
dellinconoscibilit della materia e della passivit dellintelletto: la prima perch contraddice la verit che la materia stata creata da Dio,
la seconda perch nega la spontaneit dellintelletto. (SANTELER, J., 66, 223 e passim).
17
ROMEYER, B., 32 e cfr.: 39 e segg. Il Robin e gli Scolastici filoscotisti, che difendono lintelligibilit diretta dei singolari, sono
vivamente preoccupati di salvare il valore ontologico del concreto. Che il singolare materiale abbia come tale un certo valore ontologico,
credo si possa ammettere anche nella metafisica tomistica soprattutto per quanto riguarda la specie umana; ma poich, come si vedr,
anche S. Tommaso ammette la possibilit di una conoscenza intellettuale propria e distinta dellindividuo, bench indiretta, le
recriminazioni dei critici sono veramente eccessive e infondate.
18
I, q. 86, a. 1; cfr.: In II Sent., Dist. 3, q. III, a. 3, ad 1; In IV Sent., Dist. 50, q. I, a. 3; De Ver., q. II, a. 6; ibid., q. X, a. 5; ibid., q. XIX,
a. 2; Quodlib. VII, q. I, a. 3; II
a
-II
ae
, q. 47, a. 3 ad 1; Q. De Anima, a. 20 ad 1 (secundae seriei); Quodlib. VII, a. 1; Quodlib. XII, q. VIII.
a. 11.
19
Cfr.: De Ver., q. II, a. 6; In IV Sent., Dist. 50, q. I, a. 3 ad 3; De Ver., q. X, a. 5 ad 2, ad 4. Pare che il famoso art. 9 della q. 1 De
Veritate si occupi di una riflessione indiretta soltanto, e quindi non ancora critica.
20
R. Allers ha trovato notevole il divario fra le espressioni di IV Sent., Dist. 50, e De Veritate: considerando phantasmata... reflexio
super phantasmata... (ALLERS, R., 108; v. 115 per reflexio ad potentias sensitivas di Quodlib., VII, a. 1): in realt il processo
psicologico resta identico, n giova sottilizzare alleccesso. Lart. di R. A., istruttivo per la posizione attuale del problema e ricco
dinformazioni, a nostro parere si lascia sfuggire (cfr.: III) la coesione intima dei princpi della soluzione tomistica.
21
In IV Sent., Dist. 50, q. I, a. 3 (ed. Parm. VII, 1250 b); Cfr.: De Ver., q. II, a. 6; ibid., q. X, a. 5.
22
In II Sent., Dist. 3, q. III, a. 3 ad 1; De Ver., q. XIX, a. 2; Q. De Anima, a. 20 ad 1 (secundae seriei).
23
Et ideo oportet, quod utrumque cognoscatur: sed ad hoc sufficit cognitio arguitiva; concipientes enim in nobis hominem et
singularitatem, et quod homo non subsistit per se, etc., arguitive et concluditur ab intellectu in rerum natura res quaedam singularis, etc.
differens ab universali sibi oblato per differentiam inco|gnoscibilem quidditative, scilicet Socrateitatem, ut de deitate exemplariter
manifestum est. Concipitur ergo singulare ab intellectu nostro, non proprio sed alieno conceptu, qui tamen est aliquo modo, scilicet,
confuse et arguitive eius, non repraesentative, quemadmodum deitas concipitur in alieno conceptu, qui est tamen deitatis conceptus non
repraesentative sed arguitive. CAJETANUS, In I
am
P., q. LXXXVI, a. 1, n. VII. Il Gaetano rimanda, per fondare la sua opinione, alla Q. De
Anima, a. 20 ad 1 (secundae seriei), ma a torto, come si vedr.
24
Cfr.: D. LORENZELLI, II, 386. F. SATOLLI, 261 e segg. Fra i contemporanei v.: J. MARCHAL, 169.
25
Si oppose per primo con franchezza alla conoscenza del singolare per alienum conceptum arguitive il FERRARIENSIS, In I C. Gentiles,
c. 65, n. XII. Il Bannez che riprende, contro il Gaetano, questa sentenza cita per la medesima D. Soto, Capreolo e Javelli (D. BANNEZ,
Scholastica Commentaria, In I
am
P., q. LXXXVI, a. 1, Dub. I, ed. Veneta 1591, t. II, col. 1493). Nella Q. De Veritate, q. II, a. 6 ad 3, S.
Tommaso aveva dichiarato... quod homo cognoscit singularia per imaginationem et sensum, et ideo potest applicare universalem
cognitionem, quae est in intellectu, ad particulare; non enim, proprie loquendo, sensus aut intellectus cognoscunt, sed homo per
utrumque, ut patet in I De Anima. Secondo Bannez haec solutio (che pare assai vicina a quella del Gaetano!) est difficilis intellectu, et
iuxta illam non haberet efficaciam illa analogia Aristotelis de iudicio sensus communis... (loc. cit.: col. 1500). In verit pare si tratti di
una frase sporadica, a cui non va dato peso eccessivo in merito alla nostra questione, poich in opere dello stesso periodo il Santo afferma
esplicitamente che etiam intellectu conosce il singolare (cfr. In IV Sent., Dist. 50, q. I, a. 3, ed anche De Ver., q. X, a. 5; ibid., q. XIX,
a. 2, ecc.). Tali frasi sono suggerite per la preoccupazione di escludere la conoscenza diretta; altrettanto si dica del termine di
conoscenza per accidens che si ha nel De Veritate (q. II, a. 6; q. VIII, a. 11; q. X, a. 5): espressioni che scompaiono nelle opere
successive.
26
Cette conception dune connaissance immdiate du singulier ne va pas contre la thorie de S. Thomas. Ce dernier oppose beaucoup
plus le processus de la connaissance singulire celui de la simple apprhension que la connaissance elle-mme. Dans la simple
apprhension, il y a saisie directe de luniversel dans le phantasme; dans la connaissance dopinion il y a saisie immdiate de lexistence;
et comme le singulier nest pas dans lesprit, quil est contenu dans le phantasme commun comme la partie dans le tout, lintelligence
naffirme lexistence de telle essence singulire quaprs avoir reconnu, par rflexion sur son phantasme, que ce singulier y tait contenu
implicitement (REGIS, L.-M., 132).
27
S. Tommaso afferma chiaramente che lintelletto non pu conoscere il singolare se non con laiuto della cogitativa: cfr. In IV Sent.,
Dist. 50, q. I, a. 3 ad 3 qua mediante...; In IV Ethic., lect. 1 n. 1123 mediantibus potentiis sensitivis...; De Veritate, q. X, a. 5
mediante ratione particulari... e ibid., ad 2, ad 4. Nel testo invocato dal Gaetano non si dice altro che Haec reflexio compleri non
potest nisi per adiunctionem virtutis cogitativae et imaginativae Q. De Anima, a. 20, ad 1 (secundae seriei), ove chiaramente si d a
comprendere che lopera della cogitativa non esclusiva, ma preparatoria dellapprensione intellettuale, come sostengono con ragione gli
altri Tomisti.
Non so perch il P. F. SLADECZEK, che ha fatto un meticoloso spoglio dei testi tomisti nellart.: Die intellektuelle Erfassung der
sinnfalligen Einzeldinge nach der Lehre des hl. Thomas von Aquin, non abbia neppure un accenno alla cogitativa.
28
J. WBERT O. P., Reflexio, 310, nota.
29
Intellectus qui singulare cognoscit, alio modo cognoscit quam sensus. Sensus enim singulare cognoscit per formam quodammodo
materialem: unde per illam formam non potest se extendere eius cognitio ultra singulare; sed intellectus singulare cognoscit per formam
immaterialem, quae potest esse principium cognoscendi universale et singulare. In IV Sent., Dist. 50, q. I, a. 3 ad 3 (ed. Parm. VII, 1250
b). Cfr.: De Ver., q. II, a. 6 ad 4; ib. q. X, 5 ad 5 altiori modo. La cogitativa (e il senso) apprendono la concretezza qua talis com
vissuta dal soggetto; lintelletto la conosce facendosi una nozione di quanto si opera nella cogitativa: descrizione che pare non sia difficile
confermare con lesperienza personale di ciascuno (v. Q. De Anima, a. 20, ad 17).
30
In III De Anima, lect. VIII, nn. 712-713; dottrina ripetuta in Quodlib. XII, q. VII, a. 11.
31
Cfr.: BANNEZ, op. cit. l. c., col 1491 e coll. 1500-1501. Per S. Tommaso v. Q. De Anima, a. 20, Sed contra 1: Formare propositiones
non est nisi intellectus. Sed anima, etiam coniuncta corpori, format propositiones cuius subiectum est singulare, praedicatum est
universale; ut cum dico Socrates est homo; quod non possem facere nisi cognoscerem singulare, et comparationem eius ad universale.
32
I, q. XXVII, a. 1: Quicumque intelligit, ex hoc ipso quod intelligit, procedit aliquid intra ipsum quod est conceptio rei intellectae ex
vi intellectiva proveniens et ex eius notitia procedens.
33
In I C. Gentiles, c. 65, n. XII, 2. Il P. Wbert passato sopra alla difficolt del verbo forse con troppa facilit: Mais il na pas lieu
de sembarrasser dune vue a priori si lon a un fait psychologique bien attest (art. cit., 310).
34
BANNEZ, op. cit., l. c., Dub. II, col 1502: pi sotto al Dub. III, si nega che tale specie sia propria e adeguata (col. 1503).
35
In IV Sent., Dist. 50, q. I, a. 3. La negazione si ha in Q. De Anima, a. 20 ad 2: Anima separata non cognoscit singularia per species
prius acquisitas dum erat corpori unita, sed per species influxas.
36
I, q. 89, a. 4. Nella Q. De Anima, a. 20, bench si ammetta linsufficienza delle specie infuse non si fa alcun accenno alla praecedens
cognitio e allaliqua affectio della Somma, ma si dice solo in modo vago: Sed tamen huius modi species determinantur in ipsa anima
ad cognitionem aliquorum singularium ad quae anima habet aliquem ordinem specialem vel inclinationem, sicut ad ea quae patitur, vel ad
ea ad quae afficitur vel quorum aliquae impressiones vel vestigia in ea remanent. Cosa possono essere queste impressiones e
vestigia che restano nellanima separata per le quali pu conoscere i singolari? Nel De Veritate, q. XIX, a. 2 e nel Quodlib. III, q. IX, a.
21 il testo ancora molto pi secco e nulla dice intorno al modo secondo il quale pu essere determinato a tali e tali singolari il contenuto
delle specie infuse. probabile quindi che il pensiero del S. Dottore abbia qui progredito, almeno nella chiarezza dellesposizione.
37
De Anima, III, 7, 431 a, 15 e segg.
38
De Anima III, 7, 431 a, 16; 8, 432 a, 7-8. De Memoria 1, 449 b, 34; Il t. pi significativo al quale allude S. Tommaso De Anima III,
7, 431 b, 2: a . | eu | .t e e |etse | . | et ; |a|a cact |e.t .
39
Essi sono stati messi in vista dal Rahner nellop. cit. la quale altro non se non un commento critico-dottrinale allart. 7 della q. 84.
Con altro spirito ha interpretato questo celebre art. il P. Santeler (pag. 138 e segg.) il quale pensa che lunica posizione possibile a
partire dai princpi tomisti quella del Gaetano: la negazione di una conoscenza intelligibile del singolare; daltra parte le interpretazioni
di Jo. a S. Thoma e del P. Sladeczek fanno poco o nessun conto della cogitativa a cui S. Tommaso affida una funzione centrale: quindi il
Tomismo in questa parte si disperde nel vuoto... Una confutazione in anticipo della conclusione del P. S. ci pare sia stata fatta dal suo
confratello, il Rahner, con il quale anchio ritengo di riprendere, quasi sine glossa, la posizione di S. Tom|maso, ammettendo la funzione
di fondamento della cogitativa, ed insieme tenendo che il singolare pu esser oggetto per s dellintendere e questo due volte: una prima
implicita e confusa nello stesso processo di astrazione (reflexio exercita) ed una seconda, esplicita e distinta, nellazione pratica, sotto
limpulso della volont e la direzione dellintelletto (reflexio signata).
40
Sed tamen mens per accidens singularibus se immiscet, inquantum continuatur viribus sensitivis, quae circa particularia versantur.
Quae quidem continuatio est dupliciter. Uno modo in quantum motus sensitivae partis terminatur ad mentem, sicut accidit in motu qui est
a rebus ad animam; et sic mens singulare cognoscit per quandam reflexionem, prout scilicet mens cognoscendo obiectum suum, quod est
aliqua natura universalis, redit in cognitionem sui actus et ulterius in speciem quae est actus principium, et ulterius in phantasma a quo
species est abstracta, et sic aliquam cognitionem de singulari accipit Alio modo secundum quod motus qui est ab anima ad res, incipit a
mente et procedit in partem sensitivam, prout mens regit inferiores vires; et sic singularibus se immiscet mediante ratione particulari...
(De Ver. X, a. 5). Secondo il P. Sladeczek (art. cit., 213) nei primi scritti del Santo, allora anche lui un po agostinizzante, si avrebbe che
lintelletto conosce prima luniversale e poi, indirettamente, il singolare, mentre secondo gli scritti della maturit luniversale compreso
in e con (in und mit) il singolare; il testo del De Veritate qui ora citato ci pare contrario ad una cos netta divisione fra i due periodi.
41
Quidam putaverunt quod species rei naturalis sit forma solum et quod materia non sit pars speciei. Sed secundum hoc in definitionibus
rerum naturalium non poneretur materia. Et ideo aliter dicendum est quod materia est duplex, scilicet communis et signata vel
individualis. Communis quidem ut caro et os; individualis autem ut hae carnes et haec ossa. Intellectus igitur abstrahit speciem rei
naturalis a materia sensibili individuali, non autem a materia sensibili communi; sicut speciem hominis abstrahit ab his carnibus et his
ossibus, quae non sunt de ratione speciei, sed partes individui ut dicitur; et ideo sine eis considerari potest. Sed species hominis non
potest abstrahi per intellectum a carnibus et ossibus. I, q. 85, a. 1 ad 2. Cfr.: ibid. q. XL, a. 3; De Ver. q. II, a. 6 ad 1. In VII Metaph.,
lect. 9, n. 1469.
La soluzione della controversia intorno alla conoscenza intellettuale dei singolari non pu essere pertanto delineata che a partire dai
principi metafisici accettati intorno alla struttura del concreto, onde stupisce non poco il sentire il P. Sladeczek affidare la decisione
definitiva fra lattitudine agostinista e la tomista alla Psicologia sperimentale (art. cit., 214)!
42
IO. A S. THOMA, Logica, II Pars, q. IV, a. 2, t. I, 347 b. E prima ancora: Haec (abstractio positiva) non est aliud quam abstractio facta
cum cognitione positiva termini a quo, qui relinquitur, et naturae, quae ab illa accipitur (ibid: q. III, a. 5, 335 a). Per questa prima
conoscenza del singolare non occorre una specie particolare, ma sufficit species universalis cum reflexione super phantasma
(Philosophia Naturalis, Physica, Pars IV [De Anima], q. X, a. 4, t. III, 331 b). La prima riflessione nella quale lintelletto conosce
indirettamente il singolare, ci che avviene in ogni conoscenza diretta delluniversale, si opera per mezzo della specie espressa e non per
quella impressa (ibid., 327 b-328 a), come invece fa credere il P. Marchal (168).
43
IO. A S. THOMA, Philosophia Naturalis, Physica, Pars. VI, q. X, a. 4, ed. cit. III 328 a. Cfr. anche: Logica, Pars II, q. XXII, a. 1, ed. cit.
t. I, 701 ab.
44
Sono ricordati dal Bannez (l. c. Dub. I, col. 1493) e da Sladeczek (art. cit. p. 185 n.).
45
Q. De Spiritualibus Creaturis, a. 3.
46
Lintelligence reflchissante rencontrera donc, dans la species, autre chose que lexpression pure de la spontanit immatrielle: elle y
rencontrera une relation de lintelligible de l extrinsque matriel, impntrable et tyrannique; quelque chose qui serait exig comme
un complment ncessaire de la species, mais ne serait dfinissable intellectuellement quen ngatif, comme une lacune dintelligibilit. Il
semble que notre rflexion ne puisse aller plus loin: exprimentant du dedans limmatriel, elle se heurte au matriel, et le peroit comme
une condition restrictive du jeu autonome de limmatriel! (MARCHAL J., 168). Del resto il P. Marchal, che ha accettato ad occhi
chiusi, ed ha anzi esagerato la posizione del Gaetano, non si neppure accorto dellaltra corrente tomista.
47
IO. A S. THOMA, Philosophia naturalis, Pars I, q. I, a. 3 (ed. cit. II, 32 b) Et in sententia D. Thomae intellectus non habet speciem
directam singularium,| et tamen potest res singulares corporeas intuitive videre, quando sunt praesentes per sensum (Logica, Pars II, q.
XXIII, a. 1, ed. cit. t. I, 723 b; cfr.: ibid. a. 2, 739 ab).
48
R. GARRIGOU-LAGRANGE, O. P. Dieu
6
, 110.
49
M. DE PETTER, Impliciete intuitie, 94 e segg.
50
Il P. Roland-Gosselin, in un accurato studio intorno allintuizione, osserva che questo termine nel tomismo riservato alla sola...
sensation considre en elle-mme, cest--dire indpendamment des images, des souvenirs, des ides, qui intgrent chacune de nos
perceptions, in quanto... la sensation est tablie par lespce qui dtermine le sens, en relation immdiate avec le sensible qui est son
object propre. Cosicch lorsquil sagit dune sensation vritable et non pas dune illusion ou hallucination..., lobjet senti est toujours
un objet existant et individualis: il est ceci, en cet instant. Concludeva: il faut remarquer cependant que ni lexistence, ni le lieu, ni
linstant, ne sont lobjet propre du sens: livrs matriellement ou accidentellement avec lobjet propre, dont ils sont insparables, ils ne
sont connus que par lintervention dautres facults et la suite dune laboration complexe. Les habitudes contractes et la rapidit ou
mme linstantanit de nos perceptions journalires, ne doivent pas donner le change; si lon veut ici parler dintui|tion..., ce ne sera
jamais que dans un sens driv, et par analogie avec la signification dfinie plus haut (M.-D., ROLAND-GOSSELIN, A, 723).
Il P. R.-G., parla qui della sensazione con il candore di un convinto assertore della Konstanzannahme che pi tardi, a giudicare dagli
appunti pubblicati postumi della II parte della sua Critica, egli stesso avrebbe abbandonata alla presenza dei progressi dellanalisi
fenomenologica. Anchio ritengo che per luomo non si pu parlare dintuizione che in un senso derivato, ma pare oggi assicurato che la
sensazione pura praticamente non si d; ed anche se si desse, essa gnoseologicamente neutra, vale a dire il suo contenuto non ha alcun
valore oggettivo fin quando non visto inserito nella trama globale di un oggetto determinato. E ci avviene nella cogitativa per la
percezione sensitiva, e nella conversio ad phantasmata per quella intellettiva: sostenere questo non mi pare sia un uscire dal tomismo, ma
piuttosto un allargare il tomismo storico e renderlo speculativo. Del resto gli stessi testi ora citati del P. R.-G., mostrano il disagio di
questo tomismo nel quale lintelletto rischia di essere estromesso dal concreto.

Note Capitolo Settimo
1
VICTOR DELBOS, 1097-1110.
2
M. DE BIRAN, Essai sur les fondements de la psychologie, sect. I, chap. 2, 26-27 (ed. Tisserand).
3
M. DE BIRAN, Essai..., sect. II, chap. 1: Analyse des faits du sens intime, 187.
4
NOGU, G., 13, 222 e segg. Il N. si accosta molto, mi pare, alla psicologia inglese della Conation (Ward, Stout, Mc Dougall) nella
quale lorganizzazione primaria e quella intelligibile sono sotto il dominio di quella secondaria della cogitativa.
5
Kat au e ; (e |eu ;) e. |ee ; . ct| a c:. a |ea , De Anima, III, 4, 430 a, 2-3.
6
`Eaue | e. |e.t e |eu ; saa .a (t| eu |eeu , Metaph., XII, 7 1072 b, 20.
7
`E:t . | ,a a | a |.u u ; e au e . ct e |eeu | sat e |eeu .|e| De Anima, III, 4, 430 a, 3-4.
8
Mens ergo ipsa sicut corporearum rerum notitias per sensus corporis colligit, sic incorporearum per semetipsam. Ergo et semetipsam
per seipsam novit, quoniam est incorporea (D. AUGUSTINI, De Trinitate, lib. IX, c. III, n. 2, P. L. 42, col. 962-963). Intorno allinneismo
che questasserzione pu importare nellideologia agostiniana, cfr. GILSON, ., A, 102. Per lo sviluppo storico di tutta la questione
sempre utile il vol. di L. BLANCHET: Les antcdents historiques du je pense, donc je suis , Paris 1920. Id., La prparation du cogito
cartsien dans la philosophie grecque, in Rev. de mtaph. et de morale 1933, pp. 187-230.
9
D lanalisi di De Veritate, q. X, a. 8. Lart. della Somma (I, q. 87, a. 1) per la sua concisione si presta meno allanalisi, bench la
dottrina sia la medesima.
10
Cfr. In I Sent., d. 19, q. V, a. 3 ad 4: Non potest intelligi res sine actu intelligendi, unde si actus intelligendi non esset, nihil posset
intelligi, unde non potest intelligi actus intelligendi non esse. Se il diavolo pu conoscere meglio delluomo lessenza dellanima, poich
puro spirito, luomo conosce pi direttamente lesistenza: Duplex est cognitio animae. Una quidem qua cognoscitur de anima quid est,
discernendo ipsam ab omnibus aliis; et quantum ad hoc melius cognoscit animam daemon, qui intuetur eam in seipsa, quam homo, qui
investigat naturam ipsius per actus ipsius. Alia autem cognitio est animae, qua cognoscitur de ea quod est; et hoc modo homo cognoscit
animam percipiendo ipsam esse ex actibus suis quos experitur; et ad hunc modum cognoscendi pertinet illa cognitio qua cognoscimus nos
aliquid cogitare. Quae autem sit natura cogitationis humanae, melius cognoscit daemon quam homo (De Malo, XVI, 8 ad 7).
11
Ethic. Nic. IX, 9, 1170 a, 30.
12
Led. veneta ha: ... Oportet si intellectus in eo est ipsum intellectum, ut sit intellectum per se non per intentionem in eo, et si fuerit
aliud aliquo modo, ut sit intellectum per intentionem in eo, incepit (Arist.) declarare quod est intellectum per intentionem in eo, sicut
aliae res intellectae: sed differt ab eis in hoc, quod illa intentio est in se intellectus in actu et in aliis rebus est intellectus in potentia
(AVERROIS CORDUB., In III De Anima, tc. 15, ed. cit. 1562, t. VI, fol. 159 v).
13
Secundum hoc scientia de anima est certissima, quod unusquisque in seipso experitur se animam habere et actus animae sibi inesse;
sed cognoscere quid sit anima difficillimum est (De Veritate, q. X, a. 8 ad 8). Ad secundam cognitionem de mente habendam (= quid
sit) non sufficit eius praesentia, sed requiritur diligens et subtilis inquisitio (S. Theol., I, q. 87, a. 1). Gi prima: In I Sent. d. 3, q. II, a. 2
ad 3: Anima sibi ipsi praesens est; tamen maxima difficultas est in cognitione animae. Ancora l. c. q. IV, a. 5: ... ad quam
[cognitionem] vix magno studio pervenitur.
14
Dicendum quod principium humanae cognitionis est a sensu: non tamen oportet quod quidquid ab homine cognoscitur, sit sensui
subjectum vel per effectum sensibilem immediate cognoscatur; nam et ipse intellectus intelligit seipsum per actum suum, qui non est
sensui subjectus: similiter et interiorem actum voluntatis intelligit (Q. De Malo, q. VI, art. un., ad 18).
15
Ex positione sua (= Averrois) sequitur quod homo non intelligat, sed intelligatur magis (Quaestiones in libros tres de Anima, III. 7,
ed. Van Steenberghen 133). Questopera, ma non certo che sia di Sigeri, mostra con ogni evidenza linflusso benefico del Tomismo
sopra il maestro brabantino e non ci sarebbe pi ragione di litigare circa lopportunit dellelogio dantesco. V. la dimostrazione in: F.
VAN STEENBERGHEN, spec. 154 e segg.
16
De Veritate, q. XXI, a. 4.
17
Ibid., q. X, a. 9.
18
E| . a e,tctsa ,a eu ct; ,t |.at De Anima, III, 9, 432 b, 5.
19
S. Theol. I, q. 87, a. 4, Utrum intellectus intelligat actum voluntatis. Cfr.: anche De Malo, q. VI, art. unic. ad 18.
20
Vale per sempre, in ogni realismo aristotelico, quanto osserva il Pradines: La vrit est que la perception externe est le problme
fondamental de la psychologie et que cest perdre sa peine den aborder aucun autre, si lon se donne licence dluder dabord celui qui
les commande tous et o ils sont tous impliqus (PRADINES, M., I, 83).
21
Ratio illa (... Nihil cognoscitur ab intellectu, nisi sit aliquo modo praesens in intellectu. Sed actus voluntatis non est praesens in
intellectu, cum sint diversae potentiae...) procederet, si voluntas et intellectus, sicut sunt diversae potentiae, ita etiam subjecto differrent;
sic enim quod est in voluntate, esset absens ab intellectu. Nunc autem cum utrumque radicetur in una substantia animae, et unum (scil.
intellectus) sit quodammodo principium alterius, consequens est ut quod est in voluntate, sit etiam quodammodo in intellectu (S. Theol.,
I, q. 87, a. 4 ad 1).
22
Contra Gentiles, lib. III, c. 46. Cfr. anche: De Veritate, q. X, a. 8 ad 8; S. Theol. I, q. 88, a. 1: Ex illa auctoritate Augustini haberi
potest quod illud quod mens nostra de cognitione incorporalium rerum accipit, per seipsam cognoscere possit. Et hoc ideo verum est, ut
etiam apud Philosophum dicatur quod scientia de anima est principium quoddam ad cognoscendum substantias separatas. Per hoc enim
quod anima nostra cognoscit seipsam, pertingit ad cognitionem aliqualem habendam de substantiis incorporeis, qualem eam contingit
habere; non quod simpliciter et perfecte eas cognoscat cognoscendo seipsam.
Il testo aristotelico a cui si allude (De Anima, I, 1, 402 a, 4-6) molto vago e non v menzione delle cose divine. Questa sembra sia
stata unestensione dovuta ad Averro, come riconosce altrove lo stesso S. Tommaso (Comm. in I De Anima, lect. I, n. 7).
23
S. Theol., I, q. 88, a. 2 ad 3. La conoscenza analogica di Dio (e degli Angeli) ha quindi per noi due momenti, luno pi fondamentale,
delle nozioni trascendentali (ens, verum, bonum...); laltro pi proprio, delle perfezioni della vita spirituale, di cui usa di preferenza la
teologia tomista (cfr.: I, q. 27, a. 1). Tuttavia, nella vita presente, il nostro intelletto vlto alla conoscenza delle cose materiali, come ad
oggetto proporzionato (I, q. 87, a. 1 ad 2).
24
De Veritate, q. X, a. 8. Limportante ad 2
m
precisa: Cum enim intelligimus animam, non confingimus nobis aliquod animae
simulacrum quod intueamur, sicut in visione imaginaria..., sed ipsam essentiam animae consideramus; e ad 9
m
:| Anima non cognoscitur
per speciem a sensibus abstractam, quasi intelligatur species illa esse animae similitudo; sed quia naturam speciei considerando, quae a
sensibus abstrahitur, invenitur natura animae, in qua huiusmodi species recipitur, sicut ex forma cognoscitur materia.
25
De Spiritualibus Creaturis, a. 10. Et hoc experimento cognoscimus, dum percipimus nos abstrahere formas universales a
conditionibus particularibus, quod est facere actu intelligibilia: I, q. 79, a. 4. Ne segue che lumen intellectus agentis per seipsum a
nobis intelligitur, in quantum est ratio specierum intelligibilium, faciens eas intelligibiles actu (De Veritate, q. X, a. 8 ad 10
2
).
26
Cfr.: ROGERI MARSTON O.F.M., QQ. De Anima, q. I; riferita la posizione tomista allinizio, essa subito dal M. criticata con
largomento che non possibile avere simultaneamente nellanima latto di conoscere la sostanza sensibile e latto di conoscere se stessa,
perch lanima e la sostanza sensibile sunt penitus disparata, et ideo simul ab anima cognosci non possunt (ed. Quaracchi, 1932, 210).
Ma largomento non tiene. La sostanza sensibile si fa presente nellanima per la specie che spirituale come latto, cosicch loggetto in
quanto presente allanima e lanima in quanto si fa presente loggetto non sono per niente oggetti disparati, ma simili e son dati luno
per laltro. Sono disparati soltanto nella conoscenza scientifica, ma di questa ora non si parla.
27
Convengo quindi con il Romeyer, che si rif al P. Gardeil ed al grande Sanseverino, che S. Tommaso ammette una conoscenza
propria dello spirituale; non convengo per sullinterpretazione che il R. d dellastrazione tomista, n nella posizione che lo spirito
abbia una percezione dei suoi atti, della realt e dellesistenza in modo autonomo e che trasporterebbe in seguito, in qualche modo, tale
conoscenza agli oggetti sensibili (ROMEYER, B., 137-148).
Per la posizione di P. Gardeil, cfr.: La perception exprimentale de lme par elle-mme, in Mlanges thomistes 219-237; larg.
stato ripreso in: La structure de lme et lexprience mystique (1927, P. IV, q. I, t. II, 94-122). Ma lo stesso P. G., nellart.: propos
dun cahier da R. P. Romeyer, 1929, non accett laccostamento che il P. R. voleva fare. Mentre per il P. R. la conoscenza delle quiddit
sensibili soltanto eccitatrice per la conoscenza che lanima prende di s, secondo il P. G. come per S. Tommaso da ammettere
uninfluenza intrinseca e formale della quiddit materiale (astratta) per lattuazione di questabito conoscitivo (523, ove rimanda a La
Structure... II, 115).
La controversia stata oggetto di unaccurata ricerca sperimentale da parte del compianto Prof. Dwelshauvers allIst. Catt. di Parigi su
soggetti ben addestrati, professori e studenti universitar. I risultati furono molto sobr ed in pieno accordo con la posizione tomista, qui
delineata: I soggetti hanno descritto strutture complesse...; hanno avvertito la presenza delle abitudini mentali della Scuola di
Wrzburg...; hanno notato i piani della coscienza descritti da Bergson...; in certi momenti sono arrivati fino alla coscienza di un certo
potere, unappercezione di ci che potrebbe realizzare il loro pensiero: ma niente di pi (DWELSHAUVERS, G., A, 543; cfr. lanalisi
degli esperimenti in: Ltude de la pense, lect. XVII e segg. pag. 153 e segg.; le conclusioni, assai sobrie, a pagg. 175-176, ove si
ammette una| intuition par rflexion). - Sembra anzi che le ricerche della Scuola di Wrzburg siano state guidate da preconcetti
filosofici: Il ny a pas de preuves directes de lexistence dune pense pure; et, secondement, on reconnat que, pour isoler les attitudes
pures, le pur savoir, on a soumis les constatations exprimentales une interprtation dont nous aurons bientt apprcier la valeur
(SPAIER, A., p. 80).
28
Il Brentano, nella sua ripresa della dottrina aristotelica della intenzionalit, con il progredire degli anni, diede allesperienza interiore
un compito sempre pi preponderante. Nel I vol. della Psychologie (180-181) si dice che loggetto primario delludire il suono,
loggetto secondario latto delludire il suono; nella percezione diretta allora il suono percepito modo recto, latto del percepire il
suono modo obliquo. V un doppio oggetto perci in ogni atto di percepire ed un doppio modo di percepire. Nella riflessione il rapporto
viene invertito: quando con laiuto della memoria rifletto sullatto del percepire il suono, latto del percepire loggetto primario ed
percepito modo recto, il suono loggetto secondario ed perce|pito modo obliquo. Comunque, qui ci che pi rispondente il
suono, latto del percepire compercepito nel percepire il suono. La rappresentazione del suono, dice Br., senza la rappresentazione
delludire non impensabile; una rappresentazione delludire senza la rappresentazione del suono contiene unaperta contraddizione.
Ludire, come ha ben detto Aristotele che Br. invoca espressamente, percepito accanto (nebenbei), . | :a. ,a (Metaph., A, 9. 1084 b,
36) come unaggiunta. Nel II vol. (138 e segg., Von der psychischen Beziehung auf etwas als sekundres Object) si mostra che per
oggetto secondario dellattivit psichica non da considerare solo la relazione del soggetto alloggetto primario, ma tutta lattivit
psichica stessa, in cui con la relazione primaria (p. es. la relazione al suono) inclusa anche la stessa relazione secondaria (la coscienza
delludire). Secondo questo sviluppo, accentuato nel III vol. (postumo), il Br. concepisce la percezione delle qualit sensibili come la
percezione di noi stessi in una particolare relazione verso loggetto esterno, cosicch ogni percezione da ritenersi una percezione
interna, una Selbsterkenntnis in senso ampio. Le qualit sensibili, in quanto sono percepite, sono unattivit psichica (die psychische
Ttigkeit). Per via della coscienza secondaria, pensava il Br., assicurata la relativa impossibilit che ci che psichicamente in atto, cos
comesso , esista, e loggetto dellattivit psichica non esista per il fatto che ci che psichicamente in atto, come tale, identico con
loggetto di chi in atto psichicamente, poich lattivit che percepita inclusa nellattivit del percipiente (Cfr.: Psychologie, III, 1,
Vom sinnlichen und notischen Bewusstsein, I Absch., kap. I 8, pag. 6 e nota di O. Kraus, pag. 131 e 5, pag. 37 e segg. II Absch., kap.
I, 2, pagg. 53-54).
29
Il Lassen non mi pare lontano da questa concezione quando parla del dualismo percettivo come di una relazione polare fra lio ed il
mondo nel trovarsi originario davanti al mondo (zur-Welt-sein; termine di Heidegger), di una grundstzliche Zweipligkeit der
ursprnglichen Erscheinungswirklichkeit, die stets korrelative Ich-Gegenstandsspannung, die den entscheidenden Wesenszug allen
unmittelbaren Phnomen-seins ausmacht (LASSEN H., 4).
30
E quel che le recenti dialettiche dellesistenzialismo cos detto teologico (Kierkegaard, Buber, Ebner, Cullberg...) hanno cercato di
fondare, capovolgendo la dialettica feuerbachiana di Io-Tu (Cfr.: FEUERBACH, Grundstze der Philosophie der Zukunft, 62: Die wahre
Dialektik ist kein Monolog des einsamen Denkers mit sich selbst, sie ist ein Dialog zwischen Ich und Du; ed. Bolin-Jodl, II, 319).
31
LLOYD MORGAN, C., 2-4. Cfr.: 302 e segg. Il concetto moderno di evoluzione secondo le ultime vedute sul comportamento dei
cromosomi un esplicito ricorso alla emergenza.
Il Khler ha confessato espressamente nellultima sua opera che la teoria della Gestalt una conseguenza diretta dalla teoria
dellevoluzione. The principle of evolution postulates that certain process, of which the organism is capable, have the structural
characteristics of mental operations. Thus mental operations and their neural counterparts must structurally resemble each other, viz. the
principle of psychophysical isomorphism follows from the principle of evolution (KHLER, W., L. 396).
32
LLOYD MORGAN, C., 26-28; a. 236: For me, in the good company of Spinoza and his followers, mind is within one of the two
attributes of nature .
33
La nozione metafisica di partecipazione
2
, 1950; cfr. 278 e segg.
34
De Spiritualibus Creaturis, a. 2.
35
De Spiritualibus Creaturis, a. 2.
36
Invece per R. Allers: The reference to the particular reason (vis cogitativa) is no explanation. This power, notwithstanding its peculiar
dignity, is material, and its relation to the immaterial faculties is not easy to understand (ALLERS, R., 129). Che la dottrina della
cogitativa sia ardua, sono disposto a riconoscerlo perch lho provato: tuttavia mia intima convinzione che senza di essa ogni
gnoseologia, e non solo quella tomista, si disgrega e rovina.

Note Capitolo Ottavo
1
stata ripresa, di recente, in forma molto persuasiva dal Garnett. Lo spazio, quale considerato nella Aesthetica, empirico nella
origine e necessario nella sua natura. La sua natura necessaria, bench derivata dallesperienza, da considerarsi indipendente dagli
oggetti e dai processi della percezione sensoriale. Lo spazio non precede temporalmente la percezione o lesperienza, solo che la sua
origine da collocarsi nelle porzioni non sensoriali della percezione: si tratta perci di priorit logica soltanto. Lo spazio determina
logicamente ovvero formalmente i materiali del senso in tal modo che nel processo di percezione la mente pu venire in contatto degli
oggetti reali che esistono indipendentemente. With these modifications conclude il G. far-reaching though they may seem, the
Kantian theories of spaces would provide a cornerstone for a realistic theory of perception (GARNETT, CHR., BR., 204, cfr.: 219-222).
LAnalitica invece parla di sintesi intellettuale (229).
2
Il P. Marchal arrivato ad una conclusione simile partendo da un altro genere di considerazioni: Lacte explorateur mesure quil se
dveloppe, conserve et accumule le butin des moments prcdents, selon lordre mme des acquisitions successives. Comme les qualits
sensibles, si lmentaires soient-elles, nous apparaissent toujours lies une tendue dfinie, il faudrait, dj, pour raliser lunit de leur
perception immdiate, lintervention dune sorte de mmoire rudi|mentaire, prconsciente (MARCHAL, J., V, 112).
Il P. M. a questo modo portato a far dipendere la totalizzazione della forma spaziale dal tempo, tanto da arrivare a concepire il
modo spaziale come funzione del modo temporale e imitando la terminologia kantiana egli ha presentato la formula: synthse pure de
lespace par le temps (V, 113). Questa formula, che ha messo in apprensione il P. Roland-Gosselin (cfr.: Bulletin Thomiste, IV, 1
[1927], pag. 6 e nota) non ci pare necessaria. La teoria del continuo che essa vuol suggerire si pu salvare, come si visto, entro lo stesso
ambito dei princpi e delle formule aristoteliche (teoria della fantasia, cfr. supra: Sez. I, cap. III).
3
Die Scheidung von Form und Materie ist in der Schauung lediglich ein Ergebnis der Abstraktion, denn in der Tat sind im Gesicht die
formale Beziehungen derart mit dem materialem Gefge wesensverwandt, dass alle formale Grundeigenschaften des Raumes nur
abgelesen werden knnen an den ursprnglichen formal-sinnlichen Einheit der Welterschauung (LASSEN, H., 77; per lo spazio originario
a tutti i sensi, v. II Hauptteil. 7: Der sinnliche Raum und der Raum als Form der Sinnlichkeit, 52-53, anche 49-51. Intorno allo spazio
visuale nei| ciechi nati ed ad una revisione fenomenologica rigorosa del dualismo fittizio kantiano, v. II, 11, Die Blindheit, 88 e segg.,
ove sono riportate ed integrate le ricerche del WITTMANN, Raum, Zeit und Wirklichkeit, in Die Formen der Wirklichkeit, Leipzig 1924,
e di VON SENDEN, Die Raum-auffassung d. Blindgeborenen vor und nach d. Operation, Kiel 1931).
4
La percezione del tempo stata spiegata dallo Husserl ricorrendo alla Retention, cio allaccumularsi dellesperienza passata che
funziona poi come un tutto immediato. La Retention la stessa memoria primaria che stata introdotta per la percezione del
continuo spaziale e si avrebbe a questo modo uno sfondo funzionale comune alle due percezioni. Il Lassen ammette che la durata sia un
attributo comune anche allesperienza esterna; il tempo sarebbe pi proprio delludito che della vista (cfr. Beitrge ecc. III Abteil., 151 e
segg.).
5
Natalina Frster, studiando i rapporti scambievoli fra la vista ed il tatto nella percezione dello spazio, ha trovato che il movimento
presenta una direzione ed una forma in quanto connesso alle forme visuali: psicologicamente, quindi, la forma che condiziona il
movimento. Die fhrende Rolle conclude la F. bei der Formwahrnehmung gehrt dem Gesichtssinne. Der Gesichtssinn unterordnet
sich gnzlich die Bewegung. Die Form wird ausschliesslich optisch bewusst. Die Bewegungen, welche der entsprechenden optischen
Bilder ermangeln, nehmen keine Form an (FRSTER, N. 64).
La posizione del Lassen, molto affine del resto a quella del Piaget che egli ignora, di uno spazio percettivo iniziale proprio ad ogni
senso e di uno spazio organizzato prevalentemente visuale e mutuato dagli altri sensi dalle percezioni visuali, mi pare che potrebbe essere
un punto di partenza ben fondato anche per una fenomenologia analitica in senso aristotelico.
6
Non sembra pensare diversamente lo Hegel: Alla scienza dello spazio, alla geometria, non fa riscontro una scienza del tempo. Le
differenze del tempo non hanno quellindifferenza dellesteriorit, che costituisce limmediata determinazione dello spazio, per non sono
capaci, come questo, di figurazioni. Siffatta capacit il principio del tempo lottiene solo quando viene come paralizzato e la sua
negativit dallintelletto abbassata allunit (Enzyklopdie d. phil. Wissensch., 259).
Pi che la ragione portata da H., la ragione della mancanza di una scienza ed anche di una propria fenomenologia del tempo va
cercata nel fatto o constatazione che il tempo pare abbia ununica dimensione, poich il continuo temporale, anche se rivendica una
maggiore intimit (nellanima) di quello spaziale, suscettibile anchesso di particolari forme di oggettivazione, a seconda della natura
degli oggetti stessi e non del soggetto. Le ricerche del Brentano e di Husserl, e quelle pi recenti di H. Lassen, pare abbiano portato
qualche contributo positivo, di cui per questa volta non ho potuto tener conto. Agli scopi teoretici del lavoro pu bastare la ricerca per la
fondazione del continuo spaziale.
7
PIAGET, J.: La construction du rel..., 97 e segg.; v. prima: 83, 86-87; poi: 107, 150, 169, 183. Nel testo mi limito a riassumere i risultati
principali delle ricche analisi del Piaget.
8
Post. Anal., II, 19, 100 a, 7.
9
Prius igitur occurrit intellectui nostro cognoscere animal, quam cognoscere hominem. Et eadem ratio est si comparemus quodcumque
magis universale ad minus universale. Et quia sensus exit de potentia in actum, sicut et intellectus, idem etiam ordo cognitionis apparet in
sensu. Nam prius secundum sensum diju|dicamus magis commune quam minus commune, et secundum locum et secundum tempus.
Secundum locum quidem, sicut cum aliquid videtur a remotis, prius deprehenditur esse corpus quam deprehendatur esse animal; et prius
deprehenditur esse animal quam deprehendatur esse homo, et prius homo quam Socrates vel Plato. Secundum tempus autem, quia puer a
principio prius distinguit hominem a non homine, quam distinguat hunc hominem ab alio homine (...). Et sic patet quod cognitio
indistincta media est inter potentiam et actum. Est ergo dicendum quod cognitio singularium est prior quoad nos quam cognitio
universalium, sicut cognitio sensitiva quam cognitio intellectiva. Sed tam secundum sensum, quam secundum intellectum cognitio magis
communis est prior quam cognitio minus communis. S. Theol., I, q. 85, a. 3; cfr.: a. 5.
La dottrina tomista non che uno sviluppo della dottrina aristotelica: Physic. I, 1, 184 a, 19, 184 b, 12-13 (i bambini chiamano
allinizio tutte le donne madre, e tutti gli uomini padre ed in seguito li distinguono). La dottrina accettata integralmente da STRAUS,
E., 105.
10
JO. A S. THOMA, Philosophia Naturalis, Pars. I, q. 1, a. 3, t. II, 25 a.
11
JO. A S. THOMA, Philosophia Naturalis, Pars. I, loc. cit.: ad argumenta, t. II, 29 a.
12
Indeed, what judgement means to epistemologist and logician is the assertion of something as true, and the possibility of error is taken
as the best test of its presence. This way of using the term is useful and well established.| Suppose we refuse to apply it to perception;
what is the alternative? Apparently direct apprehension in sense. Let us assume, then, that the apprehension of a tree as a hundred yards
away or a weight as a hundred-pound one is taken as a case of direct sensation. It will then be necessary to say that some sensations are in
error. But obviously not all sensations are in error (...). Now the contention of those who hold the judgement or inference theory is here
simple enough. They say: if a process has all the logical features of judgement, then judgement it should be called. (BLANSHARD, BR.,
106-107).
I pasticci od imbarazzi, prospettati dal Bl., seguono per la teoria gestaltista, non per la nostra. stato dimostrato che per S. Tommaso
lapprensione del concreto immediata oggettivamente quanto al contenuto , mediata quanto alle funzioni cio psicologicamente ,
che sono la collatio della cogitativa e la conversio ad phantasmata della intelligenza. Queste funzioni, allinizio, possono essere dette
argomentazioni materiali ed induzioni: una volta stabilite, operano immediatamente la sintesi, come tutti gli abiti operativi.
13
SPENCER, H., t. II, 315. Traduco dalla versione francese di Ribot e Espinas, t. II, 135-136.
14
JAMES, W., t. II, 112. Simile argomento in: PRICE, H. H., 154-155; anche in: BROAD, 151, 153, il quale combatte la tesi delle inferenze
inconscie che il pezzo maestro di questo associazionismo larvato.
Quanto alla posizione del BLANSHARD (t. I, 79-120), che difende a spada tratta la teoria dellinferenza, non credo sia molto distante da
quella che qui da noi si prospetta. Se ho letto bene, egli, appoggiandosi sulla coesistenza del pensiero alla percezione, concepisce la
percezione come un giudizio implicito, secondo il quale ci che dato hic et nunc al senso, preso come parte di un tutto pi grande
(165). Di qui si passa allintegrazione: The taking of a given datum as part of a large structured whole, the completion of a given
fragment in accordance with intelligible form or necessity, is indeed a peculiarly fine example of what we mean by perceptual
inference (111). Tale giudizio implicito ci pare sia immediato, e non il risultato di una inferenza, per due ragioni principali:
a) perch gli schemi dorganizzazione operano in modo totalizzante ed immediato;
b) perch i contenuti sensoriali ed intelligibili sono presenti insieme, alla coscienza intellettiva.
15
BLANSHARD, BR., t. I, 94-96, e vedi sopra: 425 nota.
16
DEHOVE, H., 57.
17
Fa al caso un testo esplicito di JO. DE JANDUNO: Virtus autem phantastica quam Aristoteles ponit esse principium motus cum appetitu
non est illa virtus, quae solum reservat imagines aut species, sed est virtus cogitativa modo praedicto, et illa est cogitativa virtus in
hominibus et aestimativa in brutis. Et sic manifeste apparet quod Arist. accipit phantasiam pro cogitativa et aestimativa. Adhuc, cum ipse
dicit quod intelligentem quemcumque necesse est phantasma aliquod speculari, puto quod per phantasma intelligit actum cogitativae. Et
similiter in aliis verbis in quibus assignat virtutem ministrantem intellectui (In II De Anima, q. XXXVIII, col. 229).
18
M. HEIDEGGER: Sein und Zeit, par. 42, p. 196 ss. Rendo Dasein (lett. esistenza) con essere umano o realt umana, ch il senso
preciso inteso da H. - Prescindo qui dal riferimento a Kier-kegaard, fondatore dellesistenzialismo, perch la sua prospettiva
dellesistenza decisamente metafisica e teologica (Cfr.: Dallessere allesistente, Brescia 1957, spec. p. 127 ss., 241 e ss.).
19
Op. cit., par. 39, p. 180.
20
Nellesistenzialismo francese, che segue pi da vicino Heidegger riportandolo nellalveo cartesiano, il Sartre parla di un Cogito
preriflessivo a fondamento del cogito cartesiano: esso costituirebbe una regione dessere (il pour-soi...) assolutamente separato (la
soggettivit, lIo...) dallessere del fenomeno (lo en-soi come loggettivit, il mondo...), del tutto incomunicabile (Cfr.: J. P. SARTRE,
Ltre et le nant, Paris, 1943, p. 16 ss., 30 ss.). - In un contesto simile, ma orientato pi direttamente alla problematica della percezione
M. Merleau-Ponty parla di attivit, unit prelogica (Cfr.: Phnomnologie de la perception, Paris, 1948, p. 269. Il termine prelogico,
com noto, era stato avanzato da L. Lvy-Bruhl per distinguere la mentalit dei primitivi dai civilizzati: ma nei postumi Cahiers il L.-B.
attenu notevolmente questa tesi). Pi avanti lA. parla, nello sviluppo della coscienza, di uno stadio preriflessivo nel quale luomo
comprende se stesso e le sue riflessioni per un ritorno alla percezione: Quand je me tourne vers ma perception et que je passe de la
perception directe la pense de cette perception, je la r-effectue, je retrouve une pense plus vieille que moi loeuvre dans mes
organes de perception et dont ils ne sont que la trace (Op. cit., p. 404. Cfr. sul Cogito, p. 423).
21
Sein und Zeit, par. 40: Die Grundbefindlichkeit der Angst als eine Erschlossenheit des Daseins.
22
Sein und Zeit, par. 41: Das Sein des Daseins als Sorge.
23
Nellesistenzialismo cosiddetto positivo, p. es. in G. Marcel, si parla, a questo proposito, di impegno (engagement) a cui porta
lavvertenza del mistero dellessere (Cfr.: G. MARCEL: tre et Avoir, Paris, 1935, p. 60 ss., 169 e passim).
24
Sein und Zeit, par. 42: Die Bewhrung der existenzialen Interpretation des Daseins als Sorge aus der vorontologischen
Selbstsauslegung des Daseins.
25
riportata prima nel testo latino edito da Bcheler (Rhein. Museum 1886) e poi nella versione tedesca del Burdach, in Op. cit., p. 197
s.
26
Esso, nota Heidegger (l. c., p. 199 s.) corrisponde al termine . t|a degli Stoici che ricorre anche nel Nuovo Testamento ed reso
dalla Volgata proprio con sollicitudo.

Note Capitolo Nono
1
Qui si pone la questione gnoseologica radicale, anteriore cio alla distinzione del Katz fra Oberflchenfarben e Flchenfarben, cio
quella della Farbe come tale.
2
Circa le connessioni fra lidealismo e la fisica, cfr.: NOL, L., 5 e segg.
3
Il fenomenismo assoluto ne sarebbe, secondo il Dilthey, la logica conseguenza. Die Subjek-tivitt der Empfindungen ist ein gesichertes
Ergebnis der Wissenschaft; sie wurde gleicherweise durch Physik, Physiologie und philosophische Analyse dargetan. Nun ist uns das
Verhltnis der Empfindungen zu etwaigen, sie hervorrufenden Ursachen gnzlich unbekannt. Ebensowenig kennen wir das Verhltnis der
in unserem Bewutsein auftretenden Formen von Verknpfung der Empfindungen in den Wahrnehmungen und Denkvorgngen zu etwas
auer uns. Sowohl die Empfindungen als diese Beziehungsformen sind innere Tatsachen. So scheint sich eine Wirklichkeit, die aus ihnen
besteht, in lauter Erscheinungen auflsen zu mssen. (W. DILTHEY, C, 92).
4
GALILEO, Il Saggiatore, num. 48, 347-348. Il Saggiatore, come si sa, una vivace replica del G. a Lotario Sarso Sigensano cio al P.
Orazio Grassi gesuita, prof. al Collegio Romano, che aveva aspramente criticato il Discorso sulle Comete. Il Saggiatore rese soddisfatti i
Gesuiti, ad eccezione del Grassi (cfr.: Avvertimento, 6-7).
5
Eppure J. Mller nellenunziare la sua legge si ispira direttamente al principio aristotelico della .ce ;, almeno a giudicare dai testi che
riporta G. H. LEWES (185); v. anche il PRADINES (48 n.).
6
Secondo il Dehove, il meccanismo dei fisici non che unimmensa astrazione reificata ed un rovesciamento dello stato reale delle cose.
Au lieu de dire que le monde de la qualit nest que la projection dans la conscience du monde mcanique, seul objectif, il faudrait bien
plutt dire que cest le monde mcanique qui nest quune projection, dans la mathmatique pure, du vrai monde rel, la fois
mouvement et forme, quantit et qualit tout ensemble... (DEHOVE, H., 107).
7
Ha difeso recentemente con vivacit la soluzione galileiana anche un tomista, D. SALMAN, 27 ss. Secondo il P. Gaetani, anche nella
posizione di quegli Scolastici, che ritengono la soggettivit delle qualit secondarie, resta ancora salva la oggettivit della conoscenza
sensibile come tale (GAETANI, F. M., Adnotationes..., 47-70: ove c una esauriente posizione del problema, sotto ambedue gli aspetti,
psicologico e critico). ben lontana adunque la posizione qui prospettata da quella di Galileo e degli altri soggettivisti, per la diversa
natura della soggettivit, come dico nel testo.
8
Credo perci che il Brentano sia andato troppo avanti quando ha ridotto la conoscenza delle qualit sensibili alla conoscenza
dellattivit psichica in atto: Die Erkenntnis der phnomenalen Existenz von Farben usw. ist jedoch nur die Erkenntnis unserer selbst als
Farben-Sehende usw. So ist denn, was als Gegenstand erkannt wird, nicht wahrhaft anerkannt, sondern nur der psychische Ttige
(BRENTANO, F., B, III, 6, corsivo mio). Il nur non per nulla giustificato: altra la presenza dellatto, altra quella delloggetto; altra la
Erscheinung, altra la Funktion come ha ben messo in chiaro lo Stumpf, pi fedele del suo Maestro allaristotelismo.
9
MARTINETTI, P., 47-50 passim.
10
Lop. cit. del Martinetti del 1904, la ristampa del 1929. Che nel 1904 si possa far appello al Wundt e ad H. Hffding per la
psicologia moderna, passi, bench lart. di von Ehrenfels e lattivit della Scuola di Graz siano del 1890; ma incomprensibile tale
appello nel 1929.
11
La seconde hypothse la sua attribue lenfant une sorte de solipsisme pratique tel que les tableaux externes ne soient pas
dissocis dmble| des activits qui les utilisent, et tel que le moi signore comme sujet, pour fondre dans les choses elle-mmes les
impressions deffort, de tension, de dsir et de satisfaction qui accompagnent les actes (PIAGET, J., B, 45; a pag. 17 detto: cet univers
primitif demeure phnomniste. Cfr.: 66, 85, 90-92, 219..., 311).
12
Il Maier confuta egregiamente il realismo critico o mediato (Helmholtz, Klpe) sul fondamento che in ogni percezione incluso un
giudizio di realt empirica trascendente: non abbiamo alcuna coscienza dei cosiddetti processi di argomentazione (MAIER, H., B, II, 1: Die
Realitt der physischen Welt, 71).
13
OTTAVIANO, C., 269-273, ove si riassumono polemicamente le idee sviluppate nellart.: Gnoseologia e Metafisica, Sophia VI, I
(1938), 1-32.
14
HAMILTON, W., On the doctrine of species, as held by Aristotle and the Aristotelians, Nota M. (A, II, 951 e segg.).
15
Fra gli altri, dallo stesso Baeumker, nonostante la sua adesione allAristotelismo. Bekanntlich ist in der Psychologie des Aristoteles
eine der schwchsten Partien die Art und Weise, wie nach ihm das Sinnbild vom Objekte zum Organ gelangen und hier neben der
physiologischen auch psychologische Bedeutung gewinnen soll. Worte, die ja genug vorhanden sind, klren die sachlich Schwierigkeit
nicht vollig auf. Auch die mittelalterliche Zeit geht im allgemeinen ziemlich rasch und leicht ber diese Schwierigkeit hinweg. Nicht
selten begegnet uns sogar eine Vergrberung der aristotelischen Theorie, die bedenklich an die Anschauungen Epikurs von den
wandernden Bildern (.t eaa, species) erinnert (BAEUMKER, CL., B, 189). Con buona pace dellillustre storico, Epicuro non fa che
riprendere la concezione di Democrito che Aristotele aveva espressamente confutata, come si detto allinizio di questo volume. Il
Filosofo intendeva quindi di dare una teoria originale, intermedia, difficile ma non materialista. Piuttosto mi pare accentui laspetto
spiritualista, in certi momenti almeno (p. es. De Anima II, 5 e 12).
16
HAMILTON, W., The cartesian theory of perception and ideas, Nota N. (A, II, 961 e segg.).
17
Nulla di meglio conosco sullargomento, nel campo tomista, dellart. del compianto P. GREDT, G., O.S.B. ( 1940), B, 303-319. V.
anche: SIMON, Y., chap. I.
18
Per le linee 450 b, 24-25 la versione data secondo la modificazione proposta da P. SIWEK, B, 267-271: essa si trova daccordo con la
tradizione, la logica del testo e la filologia; senza dire della maggior trasparenza che vi ha la nozione dintenzionalit.
19
De Memoria, 450 b, 23-34. I moderni indicano la posizione aristotelica con il termine di Abbildtheorie, Abbildrealismus. (Cfr.:
MAIER, H., B, II/1, 56 e segg.). Che la intenzionalit non sia un privilegio delle immagini di memoria, ma che sia una propriet della
rappresentazione, come tale, si ricava da De Insomn., 461 a, 21-26.
20
De Veritate, q. VIII, a. 3 ad 18. Cfr.: anche: In I Sent., Dist. 27, q. I, a. 3; In II Sent., Dist. 4, a. 1 ad 4; In III Sent., Dist. 9, q. I, a. 2 Sol.
II; Quodl., VII, a. 4; In IV Sent., Dist. 49, q. II, a. 7 ad 8. S. Thomas maintient toujours que la connaissance per speciem (que celle-ci
soit intelligible ou sensible) est une connaissance immdiate. Il ny a vraiment, pour lui, mdiation, que lorsque lobjet se fait connatre
soit par une autre ralit, qui lui est semblable, soit par l espce dun autre objet (ROLAND-GOSSELIN, M.-D., Peut-on parler
dintuition dans la philosophie de S. Thomas?, Festgabe Geyser, Philosophia perennis, II, 720).
21
Cfr.: AUSONIO FRANCHI, 373. - Verrebbe da pensare che lintenzionalit appartenesse al se-condo momento del conoscere, quello della
assimilazione attiva, e che fosse ad esso direttamente proporzionale: appena abbozzata nella sensazione, ove prevale la passivit,
lintenzionalit si delinea con riferimento esplicito al concreto nella funzione della cogitativa (e memoria), per affermarsi in modo
definitivo nella percezione intellettiva (del singolare).
22
Lindagine genetica circa loggettivit coincide esattamente con quella fenomenologica qui abbozzata e che la critica ha da sviluppare.
La solution laquelle conduisent nos observations conclude il Piaget est que les seules fonctions de lintellect (par opposition aux
structures) sont communes aux diffrents stades, et par consquent servent de trait dunion entre la vie de lorganisme et celle de
lintelligence (PIAGET, J., A, 374).
23
V.: NOL, L., 17; BLANSHARD, BR., t. I, chap. XII, 416 e segg.
24
HAMILTON, W., Of presentative and representative Knowledge, Nota B., (A, II, 804 e segg.).
25
Cfr.: LA VIA, V., 138-139; v. 145, 153. Vedi anche: RABEAU, G., ch. III, la polemica intorno alla nozione dintenzionalit.
26
Contra Gentiles, lib. I c. 53. I maggiori tomisti convengono su questo punto senza discussioni: non cos i moderni. Per alcuni il
verbum medium in quo prius cognito lintelletto conosce loggetto: in quanto il verbum limmagine delloggetto, ha da essere
conosciuto nellatto diretto con il quale raggiunto loggetto. Intellectus unico actu precisa il P. Gaetani quidditatem attingit et in
verbo et in re physica, in verbo per prius et directe, in re concreta et singulari indirecte et per posterius (GAETANI, F. M., B, 73, ove la
posizione pi franca che in: A, 108-109). Per gli altri il medium quo non conosciuto nellatto diretto, con il quale la mente conosce
loggetto: tuttavia oggi questa posizione va perdendo sempre pi terreno. Storicamente essa rimonta, pare, a Suarez.
27
Cfr.: GREDT, J., A, 163 e segg.; 193 e segg. Il principio invocato di Aristotele, De Anima, III, 2, 426 a, 2; S. Tommaso nel suo
Commento si limita a confutare il materialismo dei priores naturales, quia opinabantur nihil esse album aut nigrum, nisi quando
videtur..., distinguendo per le qualit sensibili un essere in potenza ed un essere in atto, secondo che sono nel corpo o nel soggetto
senziente quando attuato dallo stimolo esteriore (In III De Anima, lect. 2, nn. 592-596. V. anche: DEHOVE, H., 110).
28
C un testo abbastanza esplicito di S. Tommaso: Cognitio sensus exterioris perficitur per solam immutationem sensus a sensibili;
unde per formam quae sibi a sensibili imprimitur (specie impressa), sentit; non autem ipse sensus exterior format sibi aliquam formam
sensibilem: hoc autem facit vis imaginativa, cuius formae quodammodo simile est verbum intellectus (Quodl. V, q. V, a. 9.).
29
ROLAND-GOSSELIN, M.-D., B, 10-11.
30
Due sono, credo, le difficolt a carico della posizione del P. Gredt: a) la (relativa) soggettivit, pressoch certa, delle qualit sensibili,
nel senso che gi stato detto; b) il fatto che il conoscere sensibile avviene per percezioni e quindi per costruzioni fenomenali e non
per sensazioni elementari. Daltra parte non si comprende come si possa avere, nel senso, una nuova specie espressa, oltre il phantasma.
Per questo inclino a ritenere che la conoscenza umana graviti tutta attorno al phantasma che perci si presenta soggetto a due
movimenti intenzionali: a) in quanto si trova in connessione con i processi attuali di sensazione, realizza la costruzione fenomenale del
tutto percettivo e fonda la persuasione di esistenza; b) in quanto soggiace allintelletto, ordina i propr contenuti rappresentativi in
modo da far rilucere in essi le propriet che fondano prima lastrazione dellessenza e, poi, la percezione del singolare.
Il testo che questi Autori citano di preferenza: Species quae est in visu, non est quod videtur, sed est quo visus videt: quod autem
videtur est color qui est in corpore (De Anima, III, lect. 8, n. 718, cit. da TONQUDEC, J. DE, 48) non mi pare escluda la possibilit della
interpretazione che si vuol suggerire; altrimenti non vedo come si possa soddisfare alle esigenze reali che pone oggi la fenomenologia
della percezione sia per le qualit sensibili, come per loggetto nel suo insieme dato che non v percezione alcuna senza il concorso
della fantasia e della cogitativa.
La posizione che nel testo si vuol suggerire non va perci confusa con quella suareziana, poich anche noi distinguiamo con S.
Tommaso la specie dallatto. Nella nostra posizione resta saldo nellambito criteriologico il contatto diretto della conoscenza
sensibile con la realt; soltanto si osserva che nellambito psicolo|gico la fenomenologia moderna porta a concludere che il presentarsi
delle qualit sensoriali non in funzione dellattuarsi soltanto nel senso particolare, ma dipende dalla situazione globale che esso eccita
nella coscienza. Quindi, pi che ammettere una specie espressa propria dei sensi esterni, si vorrebbe piuttosto suggerire una doppia
funzione della specie espressa dei sensi interni (qui, della cogitativa): una rispetto alla elaborazione delloggetto (= costruzione) ed
unaltra per lapprensione e determinazione attuale dei contenuti singoli di sensazione.
31
Secondo il Dilthey: Die Behauptung von der Unmittelbarkeit dieser Erfahrung entspringt nur dem Mangel grndlicher
psychologischer Analyse (...). Das Wissen von einem unabhngigen Bewutseinstranszendenten ist nicht unmittelbar gegeben (DILTHEY,
W., C, 128; corsivo del D.). Ma il D. si ferma allanalisi helmholtziana dei fenomeni ottici ed acustici, quella che stata pi colpita dalle
critiche della Scuola della Gestalt.
32
Voglio dire che non vi sono illusioni od allucinazioni rispetto al fatto di esistere dei miei stati psichici, come ve ne sono non poche
per lesistenza| degli oggetti esteriori; la ragione che i miei stati e atti si fanno presenti entro e per via della causalit che
immediatamente vivo, mentre gli oggetti esteriori si fanno presenti per via di constatazioni, quali princpi o termini di alcuni miei stati di
vita vissuta. Pertanto, rispetto allimmediatezza fenomenale, esistenza ed essenza sembrano procedere in senso inverso, bench luna non
possa mai scindersi dallaltra. Per il P. Roland-Gosselin: Lexistence relle immdiatement atteinte et discerne par lesprit, comme
existence relle, semble ne pouvoir tre que lexistence de ses actes, ou, ce qui revient au mme, lexistence donne par ses actes au
contenu de la connaissance: image ou sensation (...). Nous aboutirions donc ce rsultat dapparence assez paradoxale: je ne connais mes
actes que si dabord ils sont dtermins par leur objet (...). Mais en revanche, je ne connais ltre rel, lexistence de lobjet, que par
lexistence perue de mon acte (M. D. ROLAND-GOSSELIN, B, 9). Se a immdiatement si sostituisce directement, la posizione del P.
R. G. non molto distante da quella che mi sforzo dindicare. Ritengo che lesistenza dei corpi esterni pu essere appresa
immediatamente, bench indirettamente, in quanto la persuasione di esistenza per lesterno condizionata dalla messa in atto della
attitudine complessiva di coscienza, in dipendenza dellazione degli stimoli, da cui sorge come fondata la persuasione di esistenza.
33
RABEAU, G., 131: Nous tenons pour tre lacte lui-mme qui connat ltre: rien de plus juste, cet acte est. Cfr.: anche 127.
34
questa espressamente la posizione di un egregio tomista, Domet de Vorges, che il Rabeau avrebbe dovuto citare. De mme que dans
la ralit ltre actualise lessence, de mme dans la pense la vertu intelligible actualise la notion qui est conforme lessence. Si la
notion intelligible reprsente lessence, lacte de la vertu intelligible sera donc la reprsentation toute naturelle de ltre. Comme ltre
pose la chose dans le monde rel, lacte de lintelligence la pose dans le monde intelligible (...). La vertu intellectuelle par laquelle nous
dclarons que la chose est, est prcisment la ressemblance de la vertu par laquelle la chose existe, et son opration est la ressemblance de
lexistence (DOMET DE VORGES, 132-133; cfr.: a pagg. 138-140 un accenno a Rosmini). Forse la posizione del Realismo mediato non
molto dissimile da questa, che non mi pare lontana dalla concezione gaetanista dellens participialiter sumptum, ma ripugna alla nozione
tomista autentica di ens nominaliter sumptum (Cfr.: La nozione metafisica di partecipazione
2
, 188).
35
RABEAU, G., 206-207.
36
Contro il Mach espressamente ed a mio parere pu applicarsi bene anche al Brentano (cfr.: sopra note di pagg. 370-371 e 457). H.
Maier nega che la percezione esterna abbia un oggetto fisico da una parte, e dallaltra sia la percezione interna dello stesso oggetto che
collegato ad essa. La coscienza immediata, laver coscienza che immanente ad ogni atto di percezione, non immaginare, pensare ad
unesperienza interna. Non si d un immaginare, pensare o percepire che possa riferirsi nello stesso tempo alle modificazioni psichiche
(psychische Erlebnisse). Con ci non si vuol negare la esperienza interna. Si vuol soltanto dire che noi non abbiamo una controparte per
la percezione nel campo psichico. La percezione interna, secondo il Maier, una pura finzione (Die innere Wahrnehmung ist nun
einmal ein Phantom). Lunica via che ci porta alla conoscenza dei fatti psichici e del loro portatore (Trger) immediato, lio psichico, la
coscienza mediata o riflettente (...). Questa coscienza riflettente in tutti i casi un fare a s presente in modo retrospettivo, un portarsi
allindietro ai fatti psichici passati, pi precisamente: un rivivere della coscienza legata ai fatti, diventata immediata un rivivere
rappresentativo in cui al posto della coscienza immediata fatto intervenire il rappresentare. (MAIER, H., Philosophie der Wirklichkeit, I,
Wahrheit und Wirklichkeit, 175-176; cfr.: 573).
37
La posizione del problema presa da: ROLAND-GOSSELIN, M.-D., C, 5 e segg.
38
Cos MAX SCHELER, Wesen und Formen der Sympathie
2
, 1923. Lo Scheler distingue come gradi diversi: Einsfhlung, Nachfhlung e
Mitgefhl (cfr.: 112 e seg.).
39
ROLAND-GOSSELIN, C, 11.
40
Si sa quanto siasi esagerato dalla fantasia popolare in questa parte (magie, incantesimi, filtri... ed oggi lo spiritismo). C un testo
curioso di S. Tommaso intorno ai malefiz delle streghe: In fascinatione daemonum non transmutatur materia corporalis ex sola vi
apprehensionis, ut Avicenna posuit, sed ex eo quod propter vehementem apprehensionem invidiae vel irae seu odii, ut plerumque accidit
in vetulabus, inficiuntur spiritus; et haec infectio pertingit usque ad oculos, ex quibus inficitur ar circumstans, ex quo corpus alicuius
infantis propter teneritudinem recipit aliquam infectionem, per modum quo speculum novum inficitur ad aspectum mulieris menstruatae,
ut dicitur in lib. De Somno et Vigilia (De Malo, q. XVI, a 9 ad 13. Cfr.: I, q. 117, a. 3 ad 2). Com fine lanalogia dello specchio
nuovo che sappanna ad ogni soffio, applicata al tenero infante che entra nel mondo ove hanno tanto gioco le passioni umane!
41
Secondo il Petermann non sono le presentazioni ottiche, nella loro esteriorit, che dnno la conoscenza della psiche altrui, ma i segni
espressivi che appaiono nel corpo, considerato come portatore vivente e polo delle relazioni scambievoli. La presentazione
esteriore non resta pi limitata al dato di percezione esteriore attuale, come per le cose morte, ma lapparenza corporale mostra qualcosa
al di sopra e al di fuori di s: vale a dire, nel suo processo totale essa si differenzia in un intero cerchio di linee e di relazioni, come di
qualcosa (secondo il grado di evoluzione del campo) che esso abbraccia, mostra, comunica, che funge come polo di un mondo proprio
che sirradia da s. Esattamente, prima nel suo ambito mondano, nel quale laltro brama qualcosa e nella maniera come esso si trova in
relazione con il mondo e sincontra con le relazioni verso il mondo che escono da noi, che lio conosce laltro anzitutto come simile a me,
e non sul fondamento di una certa qual confusa apprensione della sua anima isolata, data in unimmagine espressiva statica, o per un
entrar dentro alla sua interiorit pura per mezzo di un mistico contatto sentimentale (lEinsfhlung di M. Scheler). Il mondo costituisce
la circonferenza, il soggetto, il centro: la conoscenza si attua e si determina oggettivamente secondo le linee e le direzioni di convergenza
fra i due poli, soggetto-oggetto, centro e circonferenza (Cfr.: PETERMANN, B., C, 92-132, riassunto da LASSEN, H., Beitrge..., 17 n.).
Lintegrazione soggettiva indispensabile senza dubbio, e si pu anche ammettere che avvenga per il processo che il P. chiama di
fondatezza scambievole fra lio ed il mondo (se permesso tradurre cos il termine Umgangsfundiertheit) purch si ritenga che, nel
loro nucleo, soggetto ed oggetto, come anche spirito e materia, sono inderivabili e perci possono anche esser dati come poli in questa
tensione dialettica.
42
ROLAND-GOSSELIN, M.-D., C, 19.
43
Intorno alla complacentia e coaptatio, intese come intermediarie fra la conoscenza e linclinazione, cfr.: S. Theol., I
a
-II
ae
, qq. 26-27.
44
ROLAND-GOSSELIN, M.-D., C, 22.
45
Per accidens autem sentitur illud quod non infert passionem..., sed coniungitur his quae per se sensui inferunt passionem, sicut
Socrates, et filius Diaris et amicus et alia huiusmodi: quae per se cognoscuntur in universali intellectu; in par|ticulari autem in virtute
cogitativa... Huiusmodi autem tunc sensus exterior dicitur sentire quamvis per accidens, quando ex eo quod per se sentitur, vis
apprehensiva, cuius est illud cognitum per se cognoscere, statim, sine dubitatione et discursu apprehendit (In IV Sent., d. 49, q. II, a. 2).
46
Anche secondo il Duret, per lesteriorit non esiste il gran problema che si crede e che unaltra eredit kantiana. Per il pensiero
volgare lio praticamente identificato al corpo proprio vivente; ora lesteriorit dei corpi estranei rispetto al corpo proprio chiara come
lesteriorit mutua degli altri corpi... Per il pensiero riflesso che distingue le funzioni mentali dallorganizzazione non c bisogno di
porre il problema dellesteriorit (DURET, R., B, 119). V. ancora: PRADINES, M., 74-75: lesteriorit immanente alla percezione.
47
LASSEN, H., 7. Il L. sviluppa qui la nozione heideggeriana di Zur-Welt-sein (cfr.: 9), ma cos com enunziata esprime lesigenza di
ogni realismo immediato.
48
BLANSHARD, BR., t. I, 154 e segg. Pi comunemente si indicano i sentimenti di attivit e passivit, come criter dellesterno oggettivo
e dellinterno soggettivo (DILTHEY, W., Beitrge zur Losung..., 130 e segg. Similmente H. MAIER, Philosophie der Wirklichkeit, Die
physische Wirklichkeit, erste Abteilung: die Realitt der physischen Welt, 75).
A mio debole parere ciascuno di questi criter, preso a parte, risulta artificiale e nulla conclude. Di fatto, attivit e passivit sapplicano
allesterno come allinterno e noi riferiamo i due aspetti ad ambedue i mondi. Attivit e passivit, poi, prendono un significato di valore
solo se riferite ad un oggetto e ad un soggetto, come di... qualcosa, su... qualcosa: quindi in funzione di unapprensione globale che
possono avere un valore gnoseologico, come dico nel testo. Anche per il Piaget, loggettivit e la soggettivit nella percezione dipendono
da una dduction densemble (v.: C, 87).

Note Capitolo Decimo
1
LA VIA, V., 108.
2
Cfr.: LA VIA, V., 142.
3
In Boeth. De Trinitate, q. VI, a. 2 ad 5, corsivo mio; cfr.: I, q. 84, a. 7. Il phantasma che detto fondamento delloperazione
intellettuale, nel quale lintelletto vede tutto ci che vede, non pu certamente riferirsi alla fantasia in senso stretto, ma la specie
espressa della cogitativa in atto e che poi conservata dalla memoria. Perci lintelletto in atto condizionato dalla cogitativa in atto.
4
La realt, di conseguenza come si esprime lOlgiati nel significato che il realismo d a questa parola, implica una proporzione, una
sintesi, un rapporto tra lessenza e lessere, tra ci che una cosa e quellelemento costitutivo dellente, quel suo principio intrinseco,
quella sua attualit realizzatrice, quellactus essendi per cui una cosa esiste (OLGIATI, F., C, 68).
5
La nostra una fenomenologia elementare delle categorie, non una derivazione completa e tanto meno una Kategorienlehre: al pi
una introduzione materiale ed anche questa parziale perch ci si limita alle nozioni di realt, sostanza e causa. Qui si dovrebbe
prospettare fin dove la filosofia moderna sia rimasta fedele alla esigenza aristotelica di risolvere il problema dellessere con una
elaborazione di tavole categoriali e come essa di preferenza abbia dedotto le categorie quali forme del pensiero (Kant e kantismi di tutti i
generi) o dalloggetto in s (Gegenstandstheoretiker e fenomenologi puri). Ma tutto questo appartiene allanalisi sistematica e non
interessa la nostra fenomenologia, se non in quanto la distinzione categoriale ha il senso immediato e principale di una divisione
dellessere, ed anche del pensiero, considerato nel suo immediato riferimento allessere. Mi limito perci a quelle che i moderni dicono
Sachkategorien (MAIER, H., Philosophie der Wirklichkeit, II, 2, Der Aufbau der physischen Welt, I Absch., 429 e segg.).
6
Cfr.: ARISTOTELE, Metaph. V, 7, 1017 a, 22 e segg.; VI, 2, 1026 a, 35; VII, 1, 1028 a, 10; IX, 10, 1051 a, 35: classificazioni varie per le
quali v.: La nozione metafisica di partecipazione, 190, 356; qui le adatto allindagine fenomenologica. V. anche: FRANCHI, A., 328
sempre penetrante, da raffrontare con il Dictionnaire critique, del Lalande
4
, t. II, 689-690.
7
HUSSERL, E., Bd, II, cap. I, 1-3: Ein Doppelsinn d. Terminus Zeichen, 23 e segg. V. accurata discussione in: LASSEN, H., 10 e segg.
Nonostante gli ardimenti della fenomenologia formale, lambiente psicologico di HUSSERL resta quello classico dellAssociazionismo
(cfr.: 4, Exkurs ber die Entstehung der Anzeige aus der Assoziation, 29 e seg., op. cit. Bd. II, 1). In questo mi pare che H. resti pi
addietro di tutti gli altri discepoli del Brentano.
8
Nel tomismo detto segno in generale: Id, quod potentiae cognoscitivae aliquid aliud a se repraesentat; e da S. Agostino in senso
pi ristretto: Signum est, quod praeter species, quas ingerit sensui, aliquid facit in cognitionem venire. (De doctrina christiana, II, c. 1,
n. 1, P. L. 34, col. 35). Nella nozione di segno sintende anzitutto che esso sia manifestativo o rappresentativo, e poi che dica relazione
alla cosa che rappresentata, ci che costituisce il suo aspetto intenzionale. E siccome il segno si trova a mezza via, come intermediario,
fra la potenza conoscitiva e la cosa conosciuta, si distinguono vari generi di segni. Rispetto alla potenza conoscitiva si distinguono: segno
formale e segno strumentale. Il primo la specie intenzionale che lanima e la facolt hanno presente delloggetto e che coincide, quanto
al contenuto, con lo stesso oggetto: cos i verbi mentali per gli oggetti intelligibili ed i fantasmi per quelli sensibili. Il secondo non
coincide con loggetto, ma porta la mente alloggetto dalla cognizione previa che essa prende del segno: nel caso il segno un vestigio,
come il fumo, o le ceneri, del fuoco: ci che nel linguaggio corrente si dicono tracce, orme (Spuren) di cose, animali, fatti umani. Per
esso vale la nozione agostiniana.
Questo stesso segno strumentale il solo che pu intervenire nella relazione alla cosa rappresentata, essendo il segno formale
immanente al soggetto. Rispetto al modo di manifestare la cosa, il segno strumentale si divide in naturale, arbitrario, consuetudinario; le
parole nel loro impiego grammaticale proprio alle singole lingue, lindicatore stradale... sono segni arbitrari; la tovaglia sulla tavola
segno consuetudinario del pranzo imminente; il fumo segno naturale del fuoco e cos il gorgogliare del bollore dellacqua ed in genere
la propriet naturale desperienza. La distinzione husserliana di Anzeichen e Ausdruck savvicina perci a quella tradizionale di segno
strumentale arbitrario-consuetudinario e di strumentale naturale. La metafisica gnoseologica dei segni assai complessa e costituisce
un pezzo maestro del realismo tradizionale. Per il nostro scopo basti il ricordare che il segno strumentale comporta per s una
conoscenza immediata: il passaggio dal segno al segnato quello di un oggetto ad un altro oggetto, e non di una conoscenza che causa
unaltra come nel sillogismo. Io. a S. Thoma ribatte espressamente la teoria discorsiva: Ad usum signi non requiri duplicem cognitionem,
nec quod ex una cognitione deveniatur in aliam, sed sufficit quod ex uno cognito ad aliud cognitum deveniatur. Aliud autem est per
unum cognitum attingere alterum, aliud ex una cognitione causare alteram. Ad rationem significationis sufficit, quod de uno cognito
deveniatur ad alterum, sed non est necesse, quod de una cognitione ad aliam (IO. A S. THOMA, Logica, q. XXI, a. 6 ad argumenta, t. I,
689 a). La connessione fra segno e segnato opera dinduzione e perci il riconoscimento pu essere immediato.
9
KLAGES, L., Geist als Widersacher der Seele, cap. 21, t. I, 186; cfr.: LASSEN, H., 16.
10
Per una sommaria impostazione storica del problema della sostanza, v.: OLGIATI, F., A, 19 e segg.
11
MAIER, H., Philosophie der Wirklichkeit, II Die physische Wirklichkeit, 2, Abt., Der Aufbau der physischen Welt, 577.
12
STUMPF, C., D, t. I, 19.
13
Cfr.: Metaph., I, 3, 983 b, 8 e segg.; VII, 4, 1029 a, 11-28. Sui presocratici v.: laccurata ricostruzione di GENTILE, M., spec. 23, 27, 47,
72, ove sindicano le caratteristiche delle varie scuole.
14
Metaph., VII, 7, 1032 b, 1: .t ee; e. . ,a, e t | .t |at . sa ceu sat | :a | eu cta|.
15
STUMPF, C., D, t. I, 22. Lo Stumpf indica i contenuti isolati come entia rationis cum fundamento in re; evidentemente la terminologia
non va presa in senso rigoroso, dato che anche lo St. ammette che le parti non sono meno reali del tutto.
16
Un esempio insigne dellatomismo psichico razionalista si legge in: HERBART, G., F, 25, pag. 141.
17
C, od almeno si pu distinguere, una unit di coscienza attuale, ed una che si estende nel tempo. La prima semplice e inderivabile
sotto ogni aspetto; non cos la seconda come dimostrano le dissociazioni di personalit. Questa seconda ha per sfondo fenomenale
immediato la continuit della memoria; non quindi qualcosa di semplice, ma abbraccia una totalit di disposizioni, di abitudini e
situazioni vissute pi o meno organizzate e riferite con evidenza pi o meno sicura al comune soggetto, lIo. Di qui si possono spiegare le
oscillazioni dellIo che appaiono anche nelle coscienze normali.
Tutto questo sta a mostrare che la sostanzialit o personalit psicologica, come quella morale, cresce, si organizza, si ramifica e si
sviluppa come la vita ma ci non intacca il nucleo unitario di permanenza e di coesione che salvato dalla coscienza attuale e da quella
che abbia una qualche durata. Del resto la scissione psichica, anche nei casi gravi, non pare mai completa.
18
MAIER, H., Philosophie der Wirklichkeit, II, 2, Die physische Wirklichkeit, 746.
19
S. Tommaso distingue anche una forma di propriet individuali di cui oggi abbiamo un chiaro riscontro nella teoria dei gen e dei
cromosomi in biologia e nella tipologia o caratteriologia in psicologia: Tria sunt genera accidentium: quaedam enim causantur ex
principiis speciei; et dicuntur propria sicut risibile homini; quaedam vero causantur ex principiis individui; et hoc dicitur vel quia habent
causam permanentem in subiecto, et haec sunt accidentia inseparabilia, sicut et masculinum et femininum et alia huiusmodi; quaedam
vero non habent causam permanentem in subiecto, et haec sunt accidentia separabilia, ut sedere et ambulare (Q. De Anima, a. 12 ad 7).
La specie non pu essere compresa senza gli accidenti propri, e lindividuo senza gli accidenti inseparabili: lindividuo Pietro o Sofia,
cio anzitutto uomo o donna.
Il rapporto gnoseologico fra sostanza ed accidenti stato delineato nel 1 del cap. VII: esso caratterizza il pensiero pi maturo di
Aristotele, che lAngelico ha accettato senza riserve. In definitione commenta oportet non solum cognoscere principia essentialia,
sed etiam accidentalia. Si enim recte definirentur et possent cognosci principia essentialia, definitio non indigeret accidentibus. Sed quia
principia essentialia rerum sunt nobis ignota, ideo oportet quod utamur differentiis accidentalibus in designatione essentialium: bipes
enim non est essentiale, sed ponitur in designatione essentialis. Et per eas, scilicet per differentias accidentales, devenimus in cognitionem
essentialium (In Arist. ll. De Anima, I, lect. I, n. 15). La fenomenologia ricerca le tappe di tale devenire in cognitionem essentialium.
20
Cognitio nostra est adeo debilis quod nullus philosophus potuit unquam perfecte investigare naturam unius muscae; unde legitur quod
unus philosophus fuit triginta annis in solitudine ut cognosceret naturam apis (THOMAS AQ., In Symb. Apost. expositio, ed. Parm. XVI,
135). Il tomismo, in questa parte, lantitesi del razionalismo, bench molti per pigrizia intellettuale preferiscano accomunarli.
21
Nella fenomenologia hegeliana invece le cose procedono allopposto. Lelemento della filosofia il processo che crea e percorre i
suoi momenti: e questo intero movimento costituisce il positivo e la verit del medesimo positivo. Cos la verit racchiude in s anche il
negativo, ossia ci che si chiamerebbe il falso, qualora potesse venir considerato come alcunch dal quale si debba far astrazione. Ci che
sta dileguando deve anzi venir considerato esso stesso come essenziale: esso, cio, non da considerare nella determinazione di un
alcunch rigido, che, tagliato via dal vero, debba venir abbandonato, dove che sia, al di fuori| di questo; n daltronde il vero da
considerare come un alcunch positivizzato e morto giacente dallaltra parte. Lapparenza un sorgere ed un passare che n sorge n
passa, ma che in s e costituisce leffettualit [Wirklichkeit] e il movimento della vita della verit (Die Phnomenologie des Geistes,
Vorrede, III, 3, pag. 40).
La citazione un po lunga ma in compenso significativa per caratterizzare lopposta natura delle due fenomenologie, la nostra realista
e quella idealista: luna che considera lapparire veramente come un primo momento della realt, laltra che trasforma dialetticamente
questo momento dellapparire nellessere stesso, annullando anche lultimo residuo di ontologicit che il noumeno kantiano conservava
rispetto al fenomeno. Cos il sacrificio stato consumato.
22
Quodlib. VII, q. II, a. 4. Quello che si vuol qui suggerire, e da cui la fenomenologia trae il suo posto nella fondazione del reale, si
riduce alla teoria della conversio ad phantasmata enunziata dal Filosofo (De Anima, III, 7, 431 b, 2; 8, 432 a, 8 e segg.) e sviluppata
con pienezza dallAngelico (I, q. 84, aa. 4, 6-7; cfr. De Veritate, q. X, a. 11). Si ritenga lespressione schiettamente fenomenologica:
Quando aliquis conatur aliqua intelligere, format sibi aliqua phantasmata per modum exemplorum, in quibus quasi inspiciat quod
intelligere studet (I, q. 84, a. 7); e laltra ad essa simile: Mens nostra naturali cognitione phantasmata respicit quasi objecta... (De
Veritate, q. X, a. 11).
23
PIAGET, J., La construction du rel... (B), 97. Cfr.: PREYER, W., spec. 382 e segg.; anche: PEREZ, B., 225 e segg.; il Perez, a differenza
del Preyer, si lasciato per dominare dalla psicologia associazionista.
24
KANT, Prolegomena..., Einleitung, 12.
25
ALBEGGIANI, F., Il sistema filosofico di C. G., 217.
26
COSMO GUASTELLA, Tomo I, p. I, Sez. I, 2, pagg. 16-18. In questopera, molto prolissa, il G. fa lesposizione completa del suo
sistema, gi abbozzato nei precedenti: Saggi sulla conoscenza, specialmente Saggio II, Filosofia della Metafisica.
LAlbeggiani (54) nota che anche Mill (System of Logic, II, c. V, 9) aveva parlato di una tendenza dello spirito umano a ridurre i fatti
non familiari a quelli che son tali; ma i princip si trovavano gi nella teoria humiana del Belief-Custom.
27
Cfr. soprattutto: Le ragioni del fenomenismo, I, Sez. II, c. II. La filosofia volizionale, 1-5; cfr.: c. III per il movimento.
28
Ibid., c. V, 1-2.
29
Ibid., c. VI.
30
La triplice distinzione preparata nel vol. I diventa loggetto particolare del vol. II, che sintitola: Il realismo.
31
WUNDT, W., B, cap. IV: Qualitt der Empfindungen, e specialmente cap. XII: Tast-u. Bewegungsvorstellungen, 488 e segg.: Die
Innervationsgefhle, die fr die Bildung unserer objectiven Vorstellungen von eminenter Wichtigkeit| sind, werden in den Muskeln nur
localisiert, gehren aber ihren Ursprung nach zu den Empfindungen aus centraler Reizung, wie aus der Erfahrung hervorgeht, dass sie
von dem Zustande der Muskeln und ihrer Nerven ganz und gar unabhngig sind, dagegen zu der Strke der auf eine Bewegung
gerichteten Willensinten-tion in directer stehen. Die eigentlich Muskelgefhle schliessen sich vollstndig den Organ-empfindungen
an, cap. IX, 316. Il primo a proporre la teoria sembra sia stato JO. MLLER nel suo Handbuch d. Physiologie d. Menschen, Bd. II, 500.
Ha difeso di recente lesistenza di una sensazione specifica dinnervazione, nella quale siamo direttamente coscienti della corrente
nervosa centrifuga nella sua origine, decorso ed applicazione, E. GALLI con argomenti che meritano di essere presi in esame (cfr.: vol. II,
117 e segg., ove si ha una utile esposizione delle opinioni e dei rispettivi argomenti).
32
In: Anniversary Memoirs of the Boston Society of Natural History, 1880, riprodotto in francese: Le sentiment de leffort nella:
Critique Philosophique dei suoi amici Pillon e Renouvier (a. 1880). Lo JAMES riprese la questione nei suoi Principles of Psychology
trattando della volont, vol. II, 492 e segg.
33
... The degree of strength of our muscolar contracting is completely revealed to us by afferent feelings coming from the muscles
themselves and their insertions, from the vicinities of the joints, and from the general fixation of the larynx, chest, face and body, in the
fenomenon of effort, objectively considered... (II, 500).
34
JAMES, II, 504-505.
35
Per questi recenti sviluppi della questione e per uninformazione generale e prudente della medesima vedi: THOMAS WERNER MOORE,
C, p. IV: Volitional control, specialmente c. V, 362 e segg. Vedi anche: FRBES, J., Lehrbuch d. exper. Psychologie, I, zweite Abschnitt,
c. V, 2.
36
Cfr. testo decisivo in: L. BRUNSCHVICG, 28. Lo stesso Hume aveva criticato qualche forma di teoria dello sforzo in due note aggiunte
nelle edizioni posteriori dellInquiry (v. Sect. VII, p. I, SB 67, e p. II, SB 77-78).
37
KREMER, R., 236, il quale seguito da altri Neoscolastici. Questi AA. estendono losservazione anche allesperienza interna.
Il P. A. VALENSIN in una Note sur la causalit, dichiara quivoques, et, prises en rigeur condamnables... (pag. 223) le espressioni che
la volont sia causa del suo atto e che questo ne sia leffetto, mentre qualche pagina prima (pag. 225) dichiarava che ces ides nous sont
fournies par lexprience du vouloir. Nel paragrafo seguente abbiamo cercato di dare alla questione un orizzonte pi vasto e pi
oggettivo, nel quale possono coesistere ambedue quelle posizioni.
38
Anzi dei buoni intenditori di cose scettiche come C. GUASTELLA e G. RENSI hanno visto coesistente in H. la concezione realista accanto
a quella scettica (Vedi: GUASTELLA, C., Saggi sulla conoscenza, II; Filosofia della Metafisica, 524-525; RENSI, G., 94-95).
In questo senso si esprime anche G. DELLA VOLPE, il quale va anche pi in l ed afferma che H. non fu uno scettico, neanche moderato
o accademico, poich la scepsi della ragione in lui connessa al Dogmatismo del sentimento e ne un aspetto funzionale non
dissociabile (cfr.: op. cit., I, c. VI, 188-189; il corsivo mio, ma il termine con il quale il D. V. vuol caratterizzare la filosofia
humiana).
39
Treat., I, III, sect. XIV, SB 162; e nellInq., Ess. IV, p. II, SB 33: Cosa importa che i sensi informino del colore, del peso e della
consistenza del pane, quando n i sensi n la ragione possono mai informarci di quelle qualit che ne fanno un cibo adatto come
nutrimento e sostentamento del corpo umano? La vista e il tatto ci dnno unidea del moto attuale dei corpi, ma non possiamo neppur
lontanamente concepire quella meravigliosa forza o potere, che manterrebbe un corpo per sempre in continuo moto, e che i corpi non
perdono mai se non col comunicarla ad altri (trad. it., 38-39; cfr. anche: Inq., Ess. VIII, p. II).
40
Buone analisi si possono leggere in SIGWART, CHR., 115-211, e Der Kampf gegen den Zweck, 24-27. Meno sistematico e pi
fenomenologico del S. il GEYSER, Das Gesetz der Ursache, c. VII: Die innere Wahrnehmung der Kausalitt, 81-95; OESTERREICH, K.,
Die Phnomeno-logie des Ich in ihrer Grundproblemen, Leipzig 1910, Bd. I, p. 208 ss.: Der Wille in seinem Verhltnis zum Ich.
41
In termini di coscienza perci ben definita dal GEYSER lessenza del volere im Setzen eines bestimmten Zieles durch das Ich und
dem Sicheinsetzen fr die Verwirklichung dieses Zieles (op. cit., 83).
Per laffermazione dellattivit come carattere intrinseco del volere G. si vale dei recenti risultati della psicologia sperimentale. Segue il
G. in questa parte: KRAMPF, W., 71.
42
Non sarebbe possibile riscontrare nelle esperienze acute un grado eminente e indubbio di causalit, se questa, in esperienze
precedenti, non fosse stata presente in modo ordinario; per la questione nel bambino si vedr fra poco.
43
Ed il mistero veramente profondo. Le potenze vegetative, quelle che sono pi propriamente attive in noi, compiono le loro prodigiose
sintesi e strutture al di l del limite della coscienza: attuazioni di enormi energie, quali sono quelle implicate nei processi digestivi,
assimilativi, nella elaborazione degli elementi germinali, sono compiute dalla natura in una zona nella quale vietato laccesso
allindividuo, il quale soltanto ora, dopo lunghi secoli, tenta di prospettarne dal di fuori e astrattamente la natura. Nello stesso ambito
della coscienza, lo sguardo dellocchio interiore si esercita in modo frammentario, discontinuo: immagini si succedono ad immagini,
emozioni ad emozioni, pensieri a pensieri... Se la pratica della vita ed il rigore scientifico riescono a porre ordine e continuit in questo
pullulare multiforme della vita spontanea, ci un segno che per noi, in qualche modo, lintelligibile esige sempre un certo sacrificio
rispetto alla conoscenza integrale del reale. E questo mistero.
44
Per MAINE DE BIRAN lattivit dellIo nello sforzo rivelata dalla sua libert con cui riesce a prendere liniziativa di fronte alla
regolarit necessaria dei processi naturali; si sa che anche per BERGSON la libert est... un fait et parmi les faits que lon constate, il nen
est pas de plus clair (Essai sur les donnes immdiates de la conscience).
Anche per alcuni scolastici e tomisti moderni la libert un dato immediato di coscienza e secondo qualcuno se non fosse tale,
lobiezione determinista resterebbe insolubile. Ma questi autori, per quanto conosco, non possono portare in favore della loro tesi alcuna
dichiarazione esplicita dellAngelico. S. Tommaso ammette bens la coscienza immediata del proprio vivere, agere, intelligere e anche del
velle, ma altro il conoscere lan sit di questi atti, altro il conoscere il quid sit; solo il primo pu dirsi immediato in senso psicologico.
Poich la libert una propriet intrinseca dellatto umano, sotto questo aspetto, pu esser con certezza conosciuta soltanto per
dimostrazione, a partire dallessenza che funge da medius terminus nella dimostrazione propter quid delle propriet; solo quindi per
una riflessione comparativa sugli atti, e non per lintuizione di un solo atto, che arriviamo alla conoscenza adeguata della natura e del
modo di procedere dellatto. (Intellectus) etiam et interiorem actum voluntatis intelligit, in quantum per actum intellectus quodammodo
movetur voluntas, et alio modo actus intellectus causatur a voluntate... sicut effectus cognoscitur per causam, et causa per effectum...
Sicut... materia prima, quae est in potentia ad diversas formas, cognoscitur a nobis| per successionem formarum, quae tamen non sunt
simul in materia; ita et potentia voluntatis ad opposita se habens cognoscitur a nobis, non quidem per hoc quod actus oppositi sint simul,
sed quia successive sibi invicem succedunt ab eodem principio (De Malo, q. VI, art. un. ad 18).
Ritengo quindi che il carattere di attivit del nostro operare sia sufficientemente rivelato dalla sua nota di personalit, cio dalla
coscienza che esso dipende dallIo, senza fare un ricorso esplicito alla libert; lexistence de la libert personnelle nest pas un fait: cest
un problme, lun des plus difficiles de la philosophie (P. TISSERAND, Lanthropologie de Maine de Biran, 50).
Giustamente il P. de la Vaissire notava: Illud argumentum tam simplex et immediatum (coscienza diretta della libert) ignotum fuit
antiquis doctoribus et Aristoteli et S. Thomae et Suarez.... Anche a suo parere: In actu voluntatis nulla est realitas qua distinguatur
actus liber ab actu necessario: illud enim accidens, quod est actus voluntatis praecisive spectatus eamdem habet realitatem intrinsecam in
casu libertatis et in casu necessitatis; voluntas vero informata actu, vel etiam eliciens actum, nullam possidet aliam realitatem ac
voluntatem et actum: quaeritur ergo quaenam realitas attingatur ab actu libero quae non attingatur ab actu necessario. Dicetur attingi
ipsam facultatem voluntatis liberae, sed intellectus humanus... non attingit habitus et facultates nisi in actibus et ceterum prorsus falsum
est libertatem esse habitum voluntatis, sed est tantum proprietas metaphysica voluntatis (DE LA VAISSIRE, J., Philosophia naturalis, t.
II, n. 228, 146-147).
45
Alcuni Autori, che pur ammettono una percezione immediata della sostanza estrasoggettiva, rifiutano in linea di principio una
percezione immediata della causalit esteriore. A me sembra che i due problemi siano essenzialmente solidali e la soluzione delluno
comandi anche quella dellaltro. Si dice che c maggiore interiorit ed immediatezza degli atti e delle modificazioni dellesperienza
interna, non cos per il contenuto dellesperienza primaria, considerata a s: passi, osservo per che di fatto lattuazione fenomenale
sempre globale e quella che condiziona la percezione dei contenuti ontologici (intentiones decem praedicamentorum...) non la nuda
esperienza primaria, ontologicamente neutra, bens quella secondaria| che conseguente alla elaborazione della cogitativa.
Ora nellesperienza secondaria sono dati immediatamente, assieme alle situazioni soggettive, anche le situazioni oggettive che le
condizionano e quindi anche gli stessi oggetti che stanno a fondamento e dnno un significato alle situazioni soggettive: questa
lessenza della intenzionalit.
Laccettare pertanto ad occhi chiusi la tesi di Hume, nellambito della esperienza esterna, non mi pare giustificato. La fenomenologia
pu distinguere una diversit di grado nella immediatezza delle due esperienze, ma si rifiuta di opporle come conoscenze luna immediata
e laltra mediata. La netta separazione, che si vuol introdurre, dipende ancora dal concetto fenomenista di esperienza, quale
assembramento di elementi psichici; tali elementi non si dnno in alcuna forma di esperienza: in particolare, lesperienza interna nelle
sue funzioni fondamentali e spontanee non si chiude in s e poi guadagna il mondo, ma si volge tutta e subito a rendere presenti le
totalit percettive del mondo esterno, che quello degli interessi biologici immediati e pi urgenti.
46
Cfr.: HUME, Treat., I, III, sect. VI e XIV; Inq., Ess. VI e VII.
47
Es erklrt sich dies daraus, da er (= Hume) von der Wahrnehmung mehr verlangte, als sie tatschlich uns gibt. Was sie nmlich in der
inneren Erfahrung uns gibt, ist das Bewutsein, da das Entstehen des nachfolgenden Vorganges mit dem vorausgehenden Vorgang
zusammenhngt, und nicht blo auf ihn mit Regelmigkeit zeitlich folgt (GEYSER J., B, 91).
48
Cfr.: GEYSER, J., B, 92.
49
HARALD HFFDING, B, IV art.: Ueber den Begriff der psychischen Aktivitt, 30-33, 301 e segg.
50
Was die active (wollende) Seite des Bewusstseins betrifft, so folgt es nun von selbst, dass hier von unmittelbarer Wahrnehmung
derselben nicht die Rede sein kann. Denn Activitt und Causalitt entdecken wir durch Folgerungen aus den der Wahrnehmung
gegebenen Successionsverhltnissen; in einer einzelnen Wahrnehmung, einem unmittelbaren Zustand knnen dieselben nicht gegeben
sein. Dies gilt auf dem psychischen Gebiet ebensowohl, als auf dem physischen. In den der Selbstwahrnehmung gegebenen
Bewusstseinserscheinungen zeigen sich stets die Resultate der Activitt, nicht aber die Activitt selbst. (H. HFFDING, B, 308). Anche
secondo il VALENSIN, lefficacia dellatto volontario oggetto di scienza e non di coscienza: car lefficacit de cause ne se rvle que par
lapparition de son effet, et leffet comme tel est distinct de la cause (Nota cit., 226). Ma molti dei fatti da noi riferiti, per la loro
completa immanenza, sono oggetto di coscienza, prima che di scienza, di coscienza in senso psicologico sintende, non humiano. Inoltre,
come risulter dalla conclusione, una certa persuasione dellefficacia necessaria per porre in modo cosciente e ragionevole latto
volontario.
51
Ha difeso energicamente limmediatezza dellesperienza causale nella percezione dellattivit libera, come una realt di fatto
indipendentemente da ogni preoccupazione metafisica o religiosa, il Weinhandl secondo il quale la percezione del momento dinamico
della causalit sta al fondamento della percezione della forma in quanto essa sta a fondamento allapprensione del suo significato: Es
bedarf wohl seiner ausdrcklichen Erwhnung, dass Aufhellung Verdeutlichung, Blickrichtung auf das zugrundeliegende Schema,
Beachtung und Verfolgung der dynamischen Momente und was sonst noch an hufigsten gestaltanalytischen Operationen genannt
werden knnte, kaum je isoliert, sondern vielmehr meist in innigem Verein miteinander auftreten wird (F. WEINHANDL, Die
Gestaltanalyse, p. 241, cfr. p. 244 s.).
52
Cfr.: A. CARLINI, Lattualismo scettico del Trattato di Hume, vedi specialmente: 359 e: 366 e segg.
Hume stesso sentiva tutta la solitudine di questIo depauperato, e ritornava a parlarne nellAppendice al Trattato, confessando che
dopo una pi attenta revisione della sezione riguardante lidentit personale, mi trovo in un tal labirinto che confesso di non saper n
come correggere le mie opinioni anteriori, n come renderle coerenti. Compendia poi la sua posizione: Quando parliamo dellIo o della
sostanza, dobbiamo avere unidea unita a questi termini, se questi sono in qualche modo intelligibili. Ma ogni idea deriva da impressioni
precedenti. Ora, noi non abbiamo nessuna impressione dellIo o della sostanza, come qualcosa di semplice e individuale. Noi non
abbiamo, dunque, nessunidea di essi in questo senso... Quando rifletto su me stesso, non percepisco mai questo me, senza una o pi
percezioni. linsieme di queste, dunque, che forma lio (SB, 633-634). In H. importante notarlo, manca una esperienza del potere
dellenergia, della connessione reale, perch non riesce egli a fondare lidentit personale nel corpo dellesperienza, e questo perch
in antecedenza aveva dichiarato non aver la sostanza, in termini dimpressioni e didee, alcun contenuto intelligibile. La questione
centrale quindi, per la possibilit della esperienza causale, sta tutta nel vedere se sia vera questa ripetizione humiana dello HFFDING:
Wir selbst oder unsre Natur sind auf jeder gegebenen Stufe diejenigen Eigenschaften und Dispositionen, in deren Besitz sich unsre
Bewusstseinserscheinungen erweisen (B, 314; il corsivo dellH.). Il| corsivo smaschera il tacito presupposto di ogni filosofia che si
ispira a Kant: quello che la sostanza dovrebbe esser conoscibile soltanto a patto che fosse separabile dagli accidenti e cos il noumeno
rispetto ai fenomeni. Presupposto gratuito in via generale, assurdo nellambito metafisico e che stato poi sconfessato dalla
fenomenologia contemporanea sul terreno della esperienza immediata.

Note Conclusione
1
De Anima, III, 8, 431 b, 21-23.
2
S. Theol., I, q. 84, a. 7.
3
Per S. Tommaso, come ho riferito con insistenza trattando della percezione del concreto corporale e spirituale, lunit di coscienza del
soggetto fonda la stessa possibilit della unificazione percettiva, in quanto lintelletto tiene a s presenti e pu continuarsi nei fantasmi: il
termine di S. Tommaso che lus nella polemica averroistica ed il valore gnoseologico della sua istanza non stato forse valutato ancora
come merita a beneficio del realismo. Secondo una proporzione avanzata dallo stesso Filosofo, i fantasmi sono per lintelletto ci che
sono le specie sensibili (at c aa) per i sensi (De Anima, III, 7, 431 a, 14-15). LAngelico cos commenta: Sic species intellecta in actu
est forma intellectus possibilis, sicut species visibilis in actu est forma potentiae visivae, sive ipsius oculi: species autem intellecta
comparatur ad| phantasmata sicut species visibilis in actu ad coloratum, quod est extra animam(.)... Similis ergo continuatio est intellectus
possibilis per formam intelligibilem ad phantasma quod in nobis est, et potentiae visivae ad colorem qui est in lapide (Contra Gentiles,
II, 59; il contesto polemico, ma non sul fatto psicologico della continuatio, bens sulla pretesa averroistica).
4
In Boeth. De Trinitate, q. V, a. 3, ed. B. Decker, ad fidem Codicis Autographi, Leiden 1955, p. 183 s.: il denso art. da leggere per
intero.
5
In Boeth. De Trinitate, loc. cit., 182.
6
Qui le edizioni Parm., De Maria e Mandonnet hanno un non che mi pare distrugga il senso espressamente inteso. Esso manca
nellAutografo Vaticano.
7
In Boeth. De Trinitate, q. VI, a. 2, ed. cit. III, 378-379. Per la teoria aristotelica, a cui lAngelico si ispira, cfr.: De Anima III, 7, 431 b,
12 e segg. Altri testi importanti per raccogliere una teoria tomista dellastrazione: 1, q. 40, a. 2; q. 85, a. 1 ad 1, ad 2; De Veritate, q. X, a.
4, e ad 6; In III De Anima, lect. 8, nn. 716-717.
8
In Boeth. De Trinitate, q. V, a. 3 ad 6.
9
In Boeth. De Trinitate, q. VI, a. 3, ed. Decker, p. 222, 14.
10
Mi rivolgo alla fenomenologia del divenire artistico e biologico perch sono le forme di divenire pi osservabili ed anche perch le
preferite da Aristotele. Lo Jaeger del parere che tanto la eu |at; come la . |.. ,.ta abbiano un significato logico-ontologico e non
biologico (JAEGER, W., 524-525). Quanto questo punto di vista sia unilaterale e rompa lunit della speculazione aristotelica, lo ha
mostrato H. DONOVAN HANTZ (cfr.: 17, 24 e segg. 42).
11
Mi appoggio alla lontana, in questa fondazione gnoseologica, alla dottrina tomista secondo la quale soltanto le idee divine, perch sono
principio e causa dellessere come tale e le angeliche che ne sono una diretta partecipazione si riferiscono immediatamente tanto alla
forma come alla materia: le nostre idee, invece, poich si hanno per astrazione dalla materia, riferiscono immediatamente la sola forma; la
materia conosciuta in obliquo per la sua abitudine alla forma, in quanto ogni atto corporeo si attua in una materia (Cfr.: De Veritate, q.
X, a. 4).
Poich ogni contenuto conoscitivo, preso a s, si riferisce allatto e alla forma, da solo non offre alcun fondamento per la conoscenza
della materia, ma della forma soltanto. quindi nella totalit delle determinazioni formali che si possono in var modi segregare gruppi di
contenuti fenomenologicamente sotto qualche aspetto almeno antagonisti e contrar, p. es. lopposizione fra sensibili propr e comuni,
i quali nella via inventionis possono fungere da Urphnomena dei princpi sostanziali nel modo che stato detto.
12
W. Jaeger ripara qui, in parte, il precedente giudizio, troppo unilaterale: Nellevoluzione spirituale (di Arist.) lidea della forma passa
da concetto teoretico dellessere a strumento della scienza applicata, cio a principio della concezione morfologica e fenomenologica di
tutte le cose. Con ci A. mette la filosofia in grado di dominare scientificamente la realt: donde la signoria che essa viene ad esercitare su
tutte le provincie delle conoscenze, e che in tale ampiezza essa non ha mai pi avuta. Bisogna per insistere sempre nellavvertimento che
questo fatto ha le sue radici nella creativit scientifica della filosofia aristotelica dal cui gambo vengono alla luce sempre nuove scienze,
come quelle appartenenti allindagine biologica, morfologica e fisiologica della natura ed allo studio biologico e morfologico del mondo
culturale. Quando si parta soltanto dalla logica o dalla sistematica formalmente intesa, una simile posizione della filosofia in seno alla
scienza non pu essere giustificata, e tanto meno pu essere giustificata da unintuizione speculativa delluniverso, che venga proclamata
dogmaticamente dallalto (W. JAEGER, 551-552).
13
HERBART G. F., Einleitung in d. Philos., (A) 118, pagg. 147-148.
14
HERBART, G. F., A, 122, pag. 154-155.
15
Intorno ai fondamenti metafisici del concetto di partecipazione predicamentale, ho trattato in: La nozione metafisica di partecipazione,
143 e segg.
La soluzione, data nel testo, alla difficolt dello Herbart si ispira alla distinzione che S. Tommaso riprende da Avicenna, contro
Averro, di forma partis il principio = atto dellessenza e forma totius lessenza considerata come un tutto. Lunit intelligibile a cui
si oppone la molteplicit quella dellessenza come forma totius, ma questa non si riferisce immediatamente ai contenuti fenomenali, ma
alla dualit di materia e forma (forma partis) nella quale si rispecchia il dualismo dei contenuti fenomenali. Secundum hanc (opinionem)
forma totius, quae est ipsa quidditas speciei, differt a forma partis, sicut totum a parte; nam quidditas speciei est composita ex materia et
forma, non tamen ex hac forma et ex hac materia individuata. Ex his enim componitur individuum, ut Socrates et Callias (Comm. in VIII
Metaphys., lect. 9, n. 1459).
16
HERBART G. F., A, 117, pag. 147.
17
Dicendum quod omnis motus supponit aliquid immobile; cum enim transmutatio fit secundum qualitatem, remanet substantia
immobilis; et cum transmutatur forma substantialis, remanet materia immobilis. Rerum etiam mutabilium sunt immobiles habitudines;
sicut Socrates etsi non sempre sedeat, tamen immobiliter est verum quod quando sedet, in uno loco manet. Et propter hoc nihil prohibet
de rebus mobilibus immobilem scientiam habere (S. Th., I, q. 84, a. 1 ad 3).

Note Appendice
1
VARISCO, B., B, cap. I, 5, pagg. 17-18.
2
VARISCO B., C, cap. II, 14 pag. 55. Il cit. un rifacimento dellarticolo: Il pensiero vissuto, comparso nel Bollettino della Societ
filosofica italiana II, 2 (1928), pagg. 3-17.
3
VARISCO, B., A, 8; cfr.: C, 64, 67 e spec. 113.
4
VARISCO B., C, cap. II, 27 pag. 66; cfr.: cap. IV, 5, pag. 115.
5
VARISCO, B., C, cap. II, 22, pag. 62; cfr.: cap. I, 10, pag. 38.
6
VARISCO, B., C, cap. II, 23, pagg. 62-63: anche la chiacchiera pettegola si conclude un lavoro, soltanto un lavoro male speso.
7
VARISCO, B., B, cap. VI, 1, pag. 80. Questa riduzione (trascendentale) lelemento perenne del kantismo ed in esso consiste il rifarsi a
Kant (cfr.: ibid., capp. VII-VIII).
8
Cfr.: VARISCO B., A, 2, pag. 4 n.; B, cap. VIII, 6; C, cap. IV, 1, n. 1 pag. 107; cap. V, 11, pag. 149; cap. X, 4, pag. 274, n. 1.
9
KANT, B, zweites Buch: die transzendentale Logik-Einleitung, Kap. V von der Logik berhaupt: Der Verstand vermag nichts
anzuschauen und die Sinne vermgen nichts zu denken (50).
10
ORESTANO, F., B, 174. Per unesposizione limpida di tutto il pensiero dellO., v.: OTTAVIANO, C., Il pensiero di Francesco Orestano,
1933.
11
ORESTANO, F., D, 461. Lart. (da pag. 446 a pag. 473) contiene una densa esposizione delle vedute dellO. stesso, da cui ho tratto
sostanzialmente il mio schizzo, anche perch la pi recente. Tuttavia la lettura dei Nuovi Princip mi ha lasciato limpressione che il
pensiero del filosofo da allora (1924) non ha cangiato in cose dimportanza, almeno per il problema che ci riguarda.
12
ORESTANO, F., D, 455-456; Cfr.: C, 127. Sulla dimensione trascendentale, cfr.: A, 200 e spec. 215-216, 335.
13
... La relazione la categoria delle categorie, dappoich qualsiasi predicazione del soggetto esprimer sempre una relazione nella
quale il soggetto assunto come termine, sia pure come termine principale, cio in piena evidenza (ORESTANO, F., A, n. 41, pag. 89; la
derivazione analitica delle categorie che lO. fa seguire mi pare di evidente ispirazione kantiana).
14
A me piace assai la seguente dichiarazione dei Nuovi Princip. I riferimenti ontologici delle esperienze sono pure essi parte
insopprimibile della fenomenologia. La dimensione trascendentale una propriet di tutta lesperienza. Decifrarla, verificarla in qualche
modo una necessit non pure del pensiero, della vita, la quale deve di continuo cimentarsi con le incognite del mondo e risolverle in un
qualche modo intrinseco, ancorch imperfetto, per non perire. Trattare col massimo rigore la pura fenomenologia, per appropriarvi solo
concetti esatti, vuoi dire, in ogni caso, abbordare lin s, a cui ciascuna esperienza sempre riferita, e di cui tutta lesperienza contiene
rivelazioni pi o meno profonde, anche in rapporto della maggiore o minore penetrazione della nostra ideazione e dei nostri interventi
attivi (335).
15
Intorno al principio della omologia, cfr.: D, 452.

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