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GRANDE ANTRO
Lampia entrata di Grotta della Monaca durante una delle ultime campagne di scavo, con archeologi al lavoro nel settore ipogeo denominato Pregrotta. Lapertura si apre a strapiombo sulla sottostante valle del fiume Esaro. In tutta la cavit sono state individuate testimonianze di attivit estrattive di epoca preistorica.
l grande antro si apre a seicento metri di altitudine sulla sommit di un picco roccioso alle estreme propaggini meridionali dei monti dellOrsomarso, in Calabria, a poca distanza dal Tirreno. Siamo in provincia di Cosenza, comune di SantAgata di Esaro. Il maestoso ingresso domina la bella e selvaggia valle del fiume omonimo, principale subaffluente del Crati. Nel 1997 un gruppo di speleologi vi rinvenne alcune asce in pie-
tra levigata, percorse sul corpo da una scanalatura. Tali manufatti, dispersi al suolo, giacevano vicini ad affioramenti di minerali di ferro e rame. Quelle scoperte fortuite furono allorigine di unavventura archeologica appassionante, che nel giro di pochi anni avrebbe portato al riconoscimento di una tra le pi antiche miniere dEuropa. Oggi Grotta della Monaca si raggiunge con un comodo sentiero, ma un tempo quindi cos
anche in tempi preistorici per guadagnarne limbocco era necessario arrampicarsi dal fiume su pareti quasi verticali. Lingresso, enorme, visibile dal fondovalle, come un gigantesco occhio nero. Questo ampio squarcio nella roccia, che suscita naturalmente un senso di mistero e curiosit, dovette attrarre lattenzione dei primi gruppi umani che frequentarono a pi riprese la vallata percorsa dalle fresche acque dellEsaro. a p. ??
PALEOLITICI
Strumento da scavo in osso emergente dai depositi di goethite (minerale ferroso) presenti nellambiente della Pregrotta. La frequentazione di Grotta della Monaca da parte di gruppi paleolitici si data a circa 20 mila anni fa.
Nel magico mondo dei minerali. Un accumulo di massi di crollo occupa il suolo della prima galleria, la Pregrotta, per lungo tratto rischiarata dalla luce che penetra dallingresso. Al di sotto si apre un livello inferiore dellantro, anchesso percorribile, caratterizzato da muretti a secco allineati lungo
le pareti di alcune condotte. ci che resta di una miniera di et postmedievale, aperta per sfruttare, come gi avevano fatto gli uomini preistorici, i cospicui depositi di minerali ferrosi. Il minerale pi abbondante la goethite, un idrossido di ferro che si trova dovunque nella cavit, affiorante in filoni lungo le fratture della roccia calcarea. In fondo alla Pregrotta un tortuoso passaggio in salita permette di accedere ai settori ipogei pi interni, dove sono localizzati i cantieri estrattivi preistorici. Superato questo passaggio, si spalanca un ambiente enorme (60 metri di lunghezza per 30 di larghezza), denominato Sala dei pipistrelli perch popolato da una nutrita colonia di chirotteri. Il suolo, scivoloso per il guano, declina sul fondo verso i cosiddetti Cunicoli terminali, una serie di stretti passaggi, il pi lungo dei
quali si addentra nelle masse rocciose per una sessantina di metri. Allinterno dei Cunicoli terminali si osservano appariscenti mineralizzazioni di rame, dallintenso colore verde e blu: si tratta di carbonati, malachite e azzurrite, depositati dalle acque di stillicidio. In tutta la cavit sono state riconosciute testimonianze di attivit estrattive inquadrabili in et preistorica, dirette allo sfruttamento sia dei minerali ferrosi sia di quelli cupriferi. Se nella Pregrotta tali testimonianze sono meno evidenti e in generale pi disturbate a causa di successivi avvicendamenti umani, nella Sala dei pipistrelli e nei Cunicoli terminali esse appaiono straordinariamente conservate. Coltivazione dei minerali di ferro. Le prime attivit estrattive interessarono i minerali di ferro, di gran lunga pi abbon-
danti di quelli di rame e diffusi in ogni settore della grotta. Gi durante il Paleolitico superiore i depositi di goethite presenti allingresso del sistema sotterraneo dovettero essere sfruttati da gruppi di cacciatori-raccoglitori. Gli scavi condotti nella Pregrotta, infatti, hanno portato al rinvenimento di strumenti in selce e in osso conservatisi in prossimit di un potente filone di goethite. Il contesto datato da unulna umana deposta intenzionalmente sotto un macigno calcareo, che colloca la frequentazione paleolitica a circa 20 mila anni da oggi. Non sappiamo con precisione a quale uso fosse destinato il minerale ferroso: le sfumature cromatiche, variabili dal giallo pallido allarancione fino al rosso vivo, rendono credibile un impiego come sostanza colorante. Purtroppo le attivit minerarie postmedievali hanno ampiamente asportato il deposito della Pregrotta con le testimonianze preistoriche, che oggi resta circoscritto a unarea poco estesa. Maggiori attestazioni sulle coltivazioni preistoriche della goethite ci vengono dalla Sala dei pipistrelli e dai Cunicoli terminali. Quelle pi eclatanti sono state riconosciu-
te in due brevi diramazioni secondarie, note come Buca delle impronte e Ramo delle vaschette. La favorevole circostanza che queste diramazioni non sono ubicate in punti di passaggio ha permesso una sorprendente conservazione delle remote testimonianze estrattive. Alcune datazioni radiocarboniche collocano tali ulteriori attivit di scavo in un momento molto pi recente di quelle riconosciute in Pregrotta, tra fine V e inizi IV millennio a.C. Eccezionale stato di conservazione. Le migliori condizioni dei cantieri estrattivi preistorici sono riscontrabili nella citata Buca delle impronte, il cui nome deriva dalle centinaia di tracce di scavo conservate sulla superficie esposta di un ricco filone di goethite. Si riconoscono colpi di strumenti di varia tipologia, realizzati in palco di cervide ma anche in osso e, forse, in legno. Queste impronte si sono ben conservate a causa della natura della goethite, qui addirittura malleabile per la forte idratazione: basta premerla per lasciare unimpronta in negativo! Gli archeologi hanno osservato colpi di piccone in palco di cervo, di piccole
zappe in osso ma anche di palette ricavate probabilmente da scapole di grossi mammiferi. Uno scavo dellaprile 2010 ha individuato persino gli snodi di passaggio pi trafficati dagli antichi minatori, riconoscibili per la presenza di suoli fortemente compattati a seguito del continuo andirivieni.
Lingresso di Grotta della Monaca, simile a un gigantesco occhio nero che scruta i luoghi circostanti, visibile dal fondovalle e senzaltro richiam linteresse dei gruppi preistorici che frequentarono il territorio.
Terra battuta dal passaggio di minatori preistorici in uno svincolo della Buca delle impronte e (sopra) antiche tracce di scavo lasciate su un filone di tenera goethite: colpi dovuti alluso di un piccone in palco di cervo (vedi anche la ricostruzione dello strumento) e di una sorta di piccola zappa.
Alla luce delle torce. Un problema di non poco conto che gli antichi minatori dovettero affrontare visti lo sviluppo della grotta (in tutto lunga 355 metri) e loscurit completa fu quello dellilluminazione. A Grotta della Monaca non attestato limpiego di lucerne, come in altre miniere preistoriche, ma di torce realizzate con rametti di legno resinoso (le analisi sui carboni hanno riconosciuto il Pinus sylvestris tra le essenze pi ricorrenti). La
combustione di tali torce doveva creare molto fumo, particolarmente fastidioso negli ambienti angusti; nondimeno, a giudicare dalle migliaia di carboncini campionati, questo sistema era il preferito. Nel caso in cui le attivit di scavo si inoltravano in zone a rischio crollo, i minatori non asportavano tutta la goethite e ci portava alla formazione di piccoli pilastri per il sostegno della volta. I materiali di risulta dello scavo davano origine
ad accumuli lungo le pareti, in alcuni casi sistemati cos ordinatamente da creare veri e propri muretti a secco. Sfruttamento dei minerali di rame. Nel corso del IV millennio a.C. anche i minerali di rame presenti a Grotta della Monaca in modo particolare malachite e azzurrite divennero oggetto di sfruttamento minerario. La malachite, molto pi abbondante dellazzurrite, pu essere osservata ancora og-
gi sulle pareti e sulla volta dei Cunicoli terminali, facilmente riconoscibile per il suo colore verde intenso. Questo minerale, tuttavia, compare anche al suolo, inglobato nei depositi sedimentari e negli accumuli di frana, dove generalmente si rinviene fissato alle superfici di piccole pietre e grossi macigni calcarei. Lo sfruttamento dei minerali di rame sottolineato dalla comparsa di nuovi utensili da scavo in pietra levigata, come asce-martello, picconi e mazzuoli. Di tali strumenti ci pervenuta solo la parte litica, ma certo che, allorch furono usati, dovevano possedere anche unimmanicatura vegetale: le teste in pietra di asce-martello, picconi o mazzuoli recano larghe scanalature o tacche, utili per il fissaggio a manici in legno. Fino ad oggi sono stati rinvenuti cinquanta strumenti di questo tipo, sia integri sia frammentari, oltre a una gran quantit di schegge distaccatesi dagli stessi durante limpiego. Gli strumenti rotti sono stati recuperati soprattutto allinterno dei Cunicoli terminali mentre quelli integri erano concentrati al loro imbocco. Sembra chiaro che in questarea fu impiantato un campo-base da cui partivano spedizioni estrattive allinterno dei vari cunicoli. La prova delle attivit minerarie avvenute nei cunicoli offerta da una duplice evidenza: in primo luogo al loro interno, come gi detto, sono stati rinvenuti numerosi strumenti litici rotti, abbandonati perch non pi utilizzabili; in secondo luogo nei cunicoli esistono estesi muretti a secco allineati lungo le pareti, frutto dellaccumulo ordinato di detriti e scarti delle attivit estrattive. La relazione tra utensili scanalati e minerali di rame immediata: i primi sono stati recuperati quasi esclusivamente nelle zone della grotta in cui i secondi affiorano.
Come venivano estratte malachite e azzurrite? Finora sono state riconosciute due differenti tecniche estrattive dei minerali cupriferi. La prima consisteva nella scalfittura delle mineralizzazioni direttamente dalle pareti rocciose mediante luso di punteruoli probabilmente in osso (molte scalfitture sono ancora riconoscibili sulle velature di rame che ricoprono la roccia). Questa era per una tecnica che richiedeva tanto lavoro e procurava limitate quantit di minerale. Appunto per tale motivo dovette essere soppiantata da un nuovo metodo estrattivo, pi veloce e redditizio in termini di quantit di minerale recuperato: esso prevedeva lo sbancamento delle frane e dei depositi sedimentari accumulati al suolo, al cui interno erano inglobate numerose piccole pietre con spalmature di malachite e azzurrite in superficie. Gli utensili litici scanalati dovevano essere di grande aiuto nello
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smantellamento di tali depositi, spesso tenacemente cementati da estese colate di calcite. La scoperta di croste stalagmitiche fatte a pezzi, mescolate a strumenti litici scanalati rotti, costituisce la prova dellimpiego di questi ultimi per lo sbancamento dei depositi. In tal modo i minerali di rame venivano rapidamente acquisiti e trasportati in superficie, probabilmente allinterno di contenitori di natura organica.
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MINERALIZZAZIONI
Allinterno degli ambienti pi riposti e conservati di Grotta della Monaca: 1. frammenti di goethite; 2. associazione di malachite e azzurrite; 3. blocco di ematite; 4. concrezioni di aragonite; 5. yukonite; 6. spalmature di malachite su calcare.
STRUMENTI DA SCAVO
Una piccola asciamartello riportata in luce da un deposito sedimentario e un campionario di strumenti litici scanalati rinvenuti nei settori pi profondi di Grotta della Monaca, usati per lestrazione dei minerali di rame durante una seconda fase estrattiva collocabile nel IV millennio a.C. Le due ricostruzioni mostrano come dovevano apparire gli utensili con limmanicatura lignea impostata sulla scanalatura.
Un futuro per Grotta della Monaca. Lo sfruttamento delle risorse minerarie di Grotta della Monaca si esaurisce nel corso dellet del Bronzo quando, gi prima della met del II millennio a.C., la cavit viene utilizzata per motivi sepolcrali. Solo nel corso del tardo Medioevo si registrano nuove frequentazioni degli ambienti sotterranei, ma appaiono occasionali e non lasciano tracce consistenti. Grotta della Monaca rappresenta oggi una delle miniere preistoriche di minerali metalliferi
meglio conservate dEuropa. La vastit dei vuoti ipogei ha suggerito di recente lipotesi di una fruizione turistica. In un prossimo futuro questo straordinario monumento speleoarcheologico potr essere visitato, oltre che da studiosi e archeologi, da tutti coloro che amano leggere nellaffascinante passato delluomo.
Felice Larocca direttore scientifico insieme al professor Alfredo Geniola della missione di ricerca a Grotta della Monaca e coordinatore delle indagini nel sito ipogeo
Lo studio delle antiche attivit estrattive a Grotta della Monaca condotto da una missione speleoarcheologica dellUniversit di Bari, che opera su concessione del Ministero per i Beni e le Attivit Culturali, in sinergia con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria. Collaborano il Centro di Datazione e Diagnostica e il Laboratorio di Archeobotanica e Paleoecologia dellUniversit del Salento, nonch il Laboratorio di Archeo-Antropologia e Archeologia Forense dellUniversit di Ferrara. Il supporto tecnico al lavoro sotterraneo fornito dal Centro Regionale di Speleologia Enzo dei Medici, cui si devono le prime scoperte. Info: www.grottadellamonaca.it